|
A proposito delle "agevolazioni" di cui godrebbero tutti i detenuti...
Risposta di Ristretti Orizzonti all’interrogazione rivolta dal senatore Sergio Divina (Lega Nord) al ministro della Giustizia Clemente Mastella, circa i benefit e i privilegi goduti dai detenuti.
Di Graziano Scialpi – Redazione di Ristretti Orizzonti
Egregio Senatore, sentiamo il dovere di aggiungere la nostra risposta a quella che le fornirà il ministro Mastella, perché, come Lei ben sa in qualità di Senatore della Repubblica, quando si tratta di comuni cittadini, tra i quali annovero con ottimismo anche i detenuti, la verità non è mai una sola, ma sono sempre almeno due. E in particolare bisogna distinguere nettamente tra ciò che prevedono le normative e la realtà dei fatti. Da questo punto di vista il Ministro Mastella non potrà che confermarLe che le norme da Lei elencate esistono e sono tuttora in vigore. La realtà è ben diversa e per farglieLa comprendere, proverò a descriverLe il funzionamento di tali "benefici" se fossero applicati ai parlamentari. Ecco come sarebbe la sua giornata tipo: Innanzitutto, una volta raggiunto Palazzo Madama, magari un po’ affamato, si recherebbe alla mensa per fare colazione. Ma ci sarebbe poco da stare allegri perché una norma, questa sì rispettata in modo ferreo, stabilisce che per i suoi tre lauti pasti giornalieri si deve spendere al massimo 1,58 euro. Lo divida per tre e scoprirà che per la sua colazione più che una broda nerastra chiamata "caffè" non può pretendere. Così dovrebbe tirare fuori dalla sua borsa una brioschina, comprata e pagata da lei, per sfamarsi un po’. Risolto il problema della colazione, potrebbe decidere che ha bisogno di una spuntatina ai capelli e quindi andare dal barbiere (anche il Senato gode del servizio di barberia, non è vero?). Appena seduto sulla poltroncina scopre che il barbiere magari è un magrebino che ha preso per la prima volta le forbici in mano quella mattina, forbici peraltro piuttosto spuntate. Il povero ragazzo cerca di darsi da fare al meglio che può ma purtroppo, e non perché lui è extracomunitario e lei leghista, le riduce la testa a un roveto ardente. Lei allora si reca al bagno, si guarda allo specchio e decide che sarebbe meno impresentabile senza capelli. Così dalla sua capiente borsa tira fuori un regolabarba a pile (comprato con i suoi soldi allo spaccio) e con molta pazienza si rasa a zero o quasi. Mentre intorno a lei altri senatori si aiutano tra loro a sistemarsi i capelli con altri regolabarba o con le forbicine della Chicco, pur di non capitare sotto le mani del barbiere "ufficiale". La scomparsa dei suoi capelli le ha fatto venire un lieve mal di denti. Allora decide di fare un salto dal dentista fornito gratuitamente dal "Senato". Lo scrupoloso medico le guarda in bocca e scopre subito una piccola carie, ma le comunica che il trapano e le altre attrezzature sono fuori uso, però le pinze funzionano e se avrà la pazienza di attendere che la carie si aggravi glielo potrà estrarre senza indugi. Così, dato che non vuole perdere il dente, altrimenti a fine legislatura potrà mangiare solo brodini, si informa se è possibile rivolgersi a un altro dentista pagando di tasca propria. E’ fortunato: questo mese è possibile. Ma la scorsa legislatura erano solo tenaglie per tutti. Intanto è arrivata ora di pranzo, ma per il suo lauto pasto caldo hanno solo altri 50 centesimi dell’euro e 58, e lei quella cosa minuscola che chiamano braciola di maiale, anche se approvata dall’Istituto nazionale per la nutrizione, proprio non riesce a ingoiarla. Così dalla sua borsa tira fuori un contenitore con un po’ di spaghetti che si è comprato e cucinato da lei. Dopo il caffè, che si è fatto con la caffettiera e un fornello da campeggio (tutto pagato da lei, allo spaccio di Palazzo Madama, dove, guarda caso, i prezzi sono tutti molto più alti che nei negozi del circondario…), decide di fare un po’ di moto fisico. Dato che è il giorno previsto della settimana, raggiunge gli impianti sportivi, che sono costituiti da un campo da calcio spelacchiato. Davanti al cancello si accalcano rumoreggiando tutti e 315 i senatori. Sono tutti furibondi. Neanche questa settimana si può fare sport (e che sport in 315 su un campo da calcio!) perché anche questa volta non c’è un usciere disponibile per aprire il cancello. Questo ennesimo contrattempo le ha fatto venire il mal di fegato. Ma fortunatamente il Senato le garantisce assistenza sanitaria completa e gratuita, così raggiunge l’infermeria. Davanti c’è una fila di altri quaranta senatori. Attende pazientemente il suo turno. Il medico, da dietro la scrivania, chiede ad ogni paziente che sintomi ha e dà a ciascuno la stessa pillola. Anche lei, dopo aver spiegato di avere mal di fegato, riceve la sua pastiglia. Però mentre esce dall’infermeria, il senatore che la precedeva nella fila si accascia a terra, lei cerca di aiutarlo e gli pratica la respirazione bocca a bocca. Ma quando arrivano gli infermieri il suo collega, appena visitato, è ormai morto. Lei tuttavia non si sconvolge più di tanto: è risaputo che in "Senato" le cose funzionano così. Però si accorge che, nel cercare di aiutare il malcapitato, le si sono sporcati i vestiti. Ma si guarda bene dal rivolgersi al servizio di lavanderia. L’ultima volta le hanno fatto bollire i vestiti a 180 gradi, insieme a coperte lenzuola e chissà che altro, e ha dovuto buttare tutto. Così raggiunge di nuovo i bagni e con un detersivo (comprato a sue spese al carissimo spaccio di Palazzo Madama) si lava i vestiti a mano. L’acqua è fredda (il "Senato" non si è mai adeguato alle normative che prevedono l’acqua calda), ma almeno così i vestiti non si restringono. Decide di raccontare tutte le sue peripezie a sua sorella, che abita a Milano. Ma siccome non lo aveva previsto per tempo, non può telefonarle, dato che la richiesta per i suoi dieci minuti di telefonata alla settimana deve essere presentata almeno due giorni prima. Così, visto che il "Senato" prevede la distribuzione di francobolli e carta da lettere ai senatori, si reca all’ufficio apposito. Ma alla sua richiesta, l’impiegato le chiede di mostrargli il portafoglio, e siccome a lei sono rimasti due euro, l’impiegato le spiega che i bolli gratuiti le spettano solo se non possiede nemmeno un centesimo e che, anche se così fosse, in ogni caso non ne dispone. Lei esce costernato dall’ufficio e chiede ai suoi colleghi se esiste qualche organizzazione di volontariato che si occupa di senatori disagiati, che possa darle un francobollo. E’ ormai ora di cena, ma lei non va nemmeno alla mensa, quello è un posto per Senatori morti di fame, senza nemmeno una mamma, una moglie o una sorella che gli mettano un panino nella borsa. Lei non è così sfigato da dover sorbirsi quelle quattro lenticchie che galleggiano in un mare di acqua, lei ha potuto permettersi (a sue spese) lo sfilatino che tira fuori dalla borsa e mastica lentamente. Terminata la "cena" vorrebbe lavarsi i denti, però ormai ha capito l’andazzo. Le sono rimasti 40 centesimi e l’impiegato addetto non le darà mai e poi mai il dentifricio che le spetterebbe. Così va subito a cercare qualche caritatevole volontario.
Ma la cosa più divertente di tutte la scoprirà a fine legislatura quando, per tutti questi benefici di cui non ha goduto, lo Stato le presenterà il conto che dovrà pagare. Dovrà pagare tutto: i tre lauti pasti giornalieri, il servizio di lavanderia, il dentista che le ha strappato i denti invece di curarglieli, per l’acqua calda che non ha avuto, per i francobolli che non le hanno dato, per il dentifricio che non ha usato, per gli impianti sportivi sempre chiusi e per le cure mediche…
Spero di aver risposto esaurientemente alla sue interrogazione.
|