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Notiziario quotidiano dal carcere
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Edizione di lunedì 6 gennaio 2025
di Rosamaria Fumarola
Il Fatto Quotidiano, 6 gennaio 2025 Il giustizialismo sembra andare di moda e, anche se certe parti politiche da sempre sono forcaiole, non v’è dubbio che vi siano stati periodi nei quali esserlo non era cosa della quale farsi vanto: la stagione che ha portato alla chiusura dei manicomi e alle battaglie per i diritti civili degli anni 70, appartiene a quest’ultimo novero. Oggi assistiamo in Italia invece all’affermarsi di una tendenza che va in direzione diametralmente opposta: i cittadini invocano infatti quasi sempre il ricorso a pene più severe ed il carcere duro, ma la verità è che non sanno cosa sia quella prigione che esigono per gli altri.
di Marco Perduca
nicolaporro.it, 6 gennaio 2025 Un terzo dei detenuti non ha sentenza definitiva, in virtù della presunzione d’innocenza non dovrebbero essere in carcere. Per la stragrande maggioranza dei politici che fanno finta di interessarsi delle carceri, specie sotto le feste, il lavoro sarebbe la chiave di volta. Il lavoro in carcere non rende forse liberi, come quando c’era quell’altro, ma sicuramente occupa il tempo, fa arrivare qualche euro e prepara al futuro. Queste banalità sono offerte da parlamentari in carica e/o altre figuri apicali della Repubblica italiana, tipo il presidente del Cnel e sono figlie della totale mancanza di pensiero liberale nel nostro paese: il lavoro viene prima di qualsiasi altra cosa, prima della salute e della libertà.
di Massimiliano Nerozzi
Corriere della Sera, 6 gennaio 2025 La cassazione contro la Sorveglianza, annullato il “no” al detenuto per l’incontro intimo con la moglie. “Tali colloqui costituiscono una legittima espressione del diritto all’affettività e alla coltivazione dei rapporti familiari”. L’Osservatorio carcere della Camera penale: “Ora però gli istituti penitenziari devono adeguarsi”. È un diritto e non “una mera aspettativa”, da parte del detenuto, “la richiesta di poter svolgere colloqui con la propria moglie in condizioni di intimità”: riprendendo la motivazione della storica sentenza della corte Costituzionale del 26 gennaio 2024 (numero 19), la prima sezione penale della Cassazione ha ribadito che “tali colloqui costituiscono una legittima espressione del diritto all’affettività e alla coltivazione dei rapporti familiari”, e possono essere negati solo per “ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina”, ovvero per il comportamento non corretto dello stesso detenuto o per ragioni giudiziarie, in caso di soggetto ancora imputato.
di Giovanni Balugani
Gazzetta di Modena, 6 gennaio 2025 È un giovane marocchino di 29 anni. Il 31 dicembre un altro detenuto si era tolto la vita, e ora la Camera Penale lancia l’allarme. Un’altra vittima di suicidio al carcere Sant’Anna. È un giovane di origini marocchine nemmeno trentenne. A dicembre aveva tentato il suicidio ferendosi in modo gravissimo, finendo in terapia intensiva a Baggiovara. E qui sabato sera si è costatato il decesso. È il secondo morto in pochissimi giorni al Sant’Anna, dove il 31 dicembre è stato trovato privo di vita un 37enne macedone in seguito a inalazione di gas nella sua cella.
di Enzo Brogi*
La Nazione, 6 gennaio 2025 Suicidi a ripetizione. I tentativi di risanamento sono stati un fallimento. Scandaloso che accada in Toscana, da sempre all’avanguardia nei diritti civili- Nel carcere di Sollicciano il nuovo anno è iniziato nel peggiore dei modi. Giovedì pomeriggio un detenuto di origini egiziane si è suicidato nella sua cella. Nel 2024 invece sono stati 64 i tentati suicidi nel carcere fiorentino, e due i detenuti che si sono tolti la vita. Sempre l’anno scorso, il penitenziario è stato teatro di una rivolta dove due sezioni sono state date alle fiamme. Sul fronte giudiziario: alcuni mesi fa sono stati presentati cento ricorsi contro il carcere inumano da altrettante persone che stanno scontando una pena definitiva nella casa circondariale.
di Vittorio Ricapito
L’Edicola del Sud, 6 gennaio 2025 La situazione all’interno del penitenziario tarantino è diventata ancora più insostenibile, anche per le detenute della sezione femminile, che ieri hanno ricevuto la visita di una delegazione del Movimento cinque stelle, guidata dal senatore e vice presidente del movimento, Mario Turco. “Chi sta scontando una pena si ritrova a sopravvivere in condizioni disumane, in una condizione d’emergenza che si è cronicizzata in modo alquanto preoccupante”, dice Turco. “Se è vero che “chi sbaglia paga”, è anche vero che la pena deve essere scontata in maniera dignitosa e puntare alla rieducazione e al reinserimento sociale del reo.
di Francesco Martinelli
perunaltracitta.org, 6 gennaio 2025 Intervista a Vincenzo Russo, cappellano del “carcere fuori”. La vita mi ha condotto lì. Mi è stato chiesto come servizio da rendere nella comunità Cristiana, e ho accettato. Non avevo dubbi che questa sarebbe stata per me una scelta fondamentale, decisiva. Non ho esitato un momento nel dire sì, poiché sapevo che questa esperienza sarebbe stata per me l’opportunità più grande per comprendere realmente la vita e le persone. È nel carcere che si entra in relazione con la dimensione più profonda della vita umana, con le ferite e le luci che caratterizzano l’esperienza umana. Ciò che non va e occorre cambiare è proprio nel carcere che si rivela.
ansa.it, 6 gennaio 2025 “Sono stato tante volte a visitare le carceri, anche in Umbria. Ma la giornata di sabato al carcere di Maiano di Spoleto è stata davvero indimenticabile ed emotivamente intensa. Come Papa Francesco a Rebibbia, così monsignor Boccardo (arcivescovo di Spoleto e presidente della Conferenza dei vescovi umbri) ha voluto aprire una Porta santa giubilare in un istituto di pena”: a dirlo è Walter Verini, segretario della commissione Giustizia del Senato e capogruppo del Pd in Antimafia. “Una porta fatta dai detenuti, decorata con immagini dei Vangeli contornate dalle coperte termiche che si usano per salvare i migranti, ultimi della terra” ha aggiunto.
di Cristina Palazzo
La Repubblica, 6 gennaio 2025 C’è la birra “Pentita”, da bere senza rimorso. La Rubentjna, nata da luppoli “rubati” a Torino e portati ad Alessandria. E la Sbirra, agrumata, “illegale non berla”. Sono le birre nate dal luppoleto Galeotto, realizzato nel carcere di Alessandria nel 2021 e interamente curato dai detenuti. Luppolo in inglese si dice “hop”, quasi come la parola speranza (“hope”) e proprio con questa mission la cooperativa Idee in Fuga ha dato vita a Fuga di Sapori, il marchio che oggi racchiude un orto e una pasticceria in carcere, un bistrot sulla cinta muraria e anche la linea di birre.
AFFARI SOCIALI
di Massimiliano Panarari
La Stampa, 6 gennaio 2025 Una “riscoperta” quanto mai opportuna. Tornano a circolare nel dibattito corrente alcune riflessioni sulla speranza. Nel messaggio di fine anno il Capo dello Stato - esponente di quella tradizione del cattolicesimo politico democratico che con questa categoria ha una vera dimestichezza - vi ha fatto segnatamente riferimento quale orizzonte da abbracciare per superare <de divaricazioni che lacerano le nostre società”, e incamminarci con “fiducia verso il futuro”. Su queste colonne, Viola Ardone ha recuperato il significato della speranza quale “ultima dea” della cultura classica, aprendo alla necessità del suo ritorno in questi nostri tempi postmoderni, che l’hanno smarrita.
di Alessandro Rosina
Corriere della Sera, 6 gennaio 2025 Il problema principale non è l’invecchiamento e nemmeno la denatalità. I Paesi che vanno verso squilibri accentuati e sempre meno sostenibili, come l’Italia, non sono quelli con più anziani ma quelli con meno giovani. L’Italia continua ostinatamente a non essere un Paese per giovani e questo la rende sempre meno anche un Paese per anziani e per tutte le fasi della vita. Tutte le economie mature avanzate si trovano con anziani in aumento, grazie all’estensione della longevità, e con una natalità insufficiente a garantire un adeguato rinnovo generazionale.
di Lorenzo Borga
Il Foglio, 6 gennaio 2025 A dispetto delle preoccupazioni degli adulti (incluso il presidente Mattarella), la realtà rassicura: i giovani bevono e si drogano decisamente meno dei loro coetanei dieci o venti anni fa, e commettono lo stesso numero di reati. “Giovani alla deriva”, “emergenza droga e giovani”, “allarme baby gang fra i più giovani”. Quante volte i giornali si riempiono di titoli (reali) come questi, con un picco proprio a Capodanno e nelle feste. La sincera preoccupazione e compassione degli adulti e delle generazioni precedenti verso le scelte dei più giovani ha trovato spazio anche nel tradizionale messaggio di fine anno del Capo dello Stato Sergio Mattarella.
di Valentina Petrini
La Stampa, 6 gennaio 2025 Quando un presidente della Repubblica arriva a sorpresa in un quartiere di periferia soffocato da criminalità, droga, violenza e povertà, si siede come un comune cittadino ad ascoltare messa e alla fine sottolinea che l’augurio più grande è per “il futuro delle bambine e dei bambini” di quel quartiere, perché vengano garantiti loro “lavoro e diritti”, ecco quando ciò accade è un giorno importante. Lo Stato c’è. Per poche ore, ma c’è. Quel tempo poi però finisce e torna il grigio. Chissà per esempio se il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, entrando nella chiesa di Don Patriciello, a Parco Verde, ha visto Villa Andersen. È la villetta di quartiere, attaccata alla chiesa, su cui affacciano le finestre di 207 famiglie, 500 bambini.
di Zita Dazzi
La Repubblica, 6 gennaio 2025 Il cappellano del carcere minorile Beccaria e fondatore della comunità Kairos interviene sulle zone rosse e i rischi di ghettizzazione dei giovani di seconda generazione. Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria e presidente della Comunità d’accoglienza Kairos, conosce bene i ragazzi di seconda e terza generazione, coetanei di quelli che a Capodanno si sono “fatti notare” in Duomo per le urla e gli insulti. Ma sul piano delle zone rosse che vieta Duomo e stazioni a chi viene ritenuto molesto e pericoloso e ha anche solo una denuncia, ha più di una perplessità. “È chiaro che qualche problema sulla sicurezza in una città grande come Milano c’è. Quindi comprendo che si pensi a qualche contromisura. Sono tentativi di arginare pericoli che si possono creare in certe occasioni”.
di Youssef Hassan Holgado
Il Domani, 6 gennaio 2025 Oltre slogan e statistiche sugli arrivi: cantanti e artisti usano la musica per esprimere il dolore del distacco. La parola è “ghorba”. La narrazione della traversata che parte dal nord Africa è un mix di lingue e stili del mondo arabo e occidentale. Nella lingua araba ci sono tante parole per descrivere il “mal di casa”, il dolore nello stare lontani dal proprio paese di origine. Una di queste è “ghorba”, ovvero l’esperienza di sentirsi straniero nel luogo in cui si vive, di trovarsi ogni giorno a che fare con una cultura differente da quella d’origine e percepire un senso di alienazione per una lingua che si fatica a comprendere, almeno all’inizio.
di Francesca Fulghesu
Il Fatto Quotidiano, 6 gennaio 2025 Alessandro Piumatti è responsabile del mercato italiano e tedesco di una delle banche di semi più prestigiose al mondo. “Il nostro Paese sembrava promettente. Ma l’emendamento ideologico e anti-scientifico del pacchetto sicurezza rischia di annullare tutto. Tanti italiani lavorano qui e ci resteranno”. Una filiera agricola da mezzo miliardo di fatturato, circa 50mila pazienti in cura, almeno 800 negozi specializzati in prodotti derivati. Dopo l’introduzione del Ddl sicurezza e del nuovo Codice della strada, l’industria della canapa si sente sotto attacco, e con lei i fruitori di Thc e Cbd (due dei principi attivi della cannabis). E così i grandi imprenditori si preparano alla fuga, e chi già lavora nel settore all’estero vede sfumare la speranza di tornare in Italia.
di Giorgio Ferrari
Avvenire, 6 gennaio 2025 Ucraina, Medio Oriente e Sudan hanno segnato con il sangue il 2024. E i conflitti hanno tutti gli stessi attori: Russia, Cina, Iran e Paesi occidentali. L’avvento di Trump getta un sasso in piccionaia. Il richiamo potente di papa Francesco nella celebrazione della Giornata mondiale della pace su quella “guerra disumana che spezza il cuore delle madri e distrugge i sogni dei giovani” getta un pesante sigillo su quel 2024 che è stato inconfutabilmente l’anno delle guerre, anzi di quella che già un anno fa il papa aveva definito “una terza guerra mondiale a pezzi”. Tutto vero. Secondo il rapporto di Global Peace Index in questo momento il mondo è dilaniato da 56 conflitti, il più alto numero mai registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale.
di Giulia Cazzaniga
Il Domani, 6 gennaio 2025 Il giornalista che racconta la storia dei Wa, tribù birmana che gestisce il più potente narcostato del mondo: “Vivo a Bangkok da 16 anni e mi rendo conto che è difficile che gli occidentali capiscano ciò che accade qui”. Un’inchiesta corposa e piena di gusto. Particolare ed esemplare. Patrick Winn la racconta con il sorriso soddisfatto di chi ha realizzato con anni di lavoro da giornalista un racconto di oppio e metanfetamina, di foreste dove piovono fucili che si possono usare contro i comunisti, di uomini super e di altri così diversi. Questa è una storia di montagna e dedicata alla gente che ci vive, perché Patrick è nato in North Carolina in una piccola città industriale - Eden - dove le famiglie venivano dagli Appalachi e “alla gente di montagna piace fare le cose a modo proprio.
DOCUMENTI
Articolo. "La mediazione come strumento di terapia sociale", di Giovanni Cosi
Articolo. "Rems, dubbi e criticità: verso un ritorno ai manicomi?", di Giulia Calvani
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"Dialoghi abolizionisti". Ogni settimana un nuovo intervento di riflessione sulla prospettiva del superamento del carcere. (qui l'indice degli episodi)
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