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Notiziario quotidiano dal carcere
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Edizione di sabato 7 settembre 2024
CARCERI
di Maurizio Crippa
Il Foglio, 7 settembre 2024 Il 70esimo suicidio in otto mesi, anche sette agenti si sono tolti la vita. Situazione tragica, politica e società assenti. Italia fuori dallo stato di diritto. Una questione culturale e democratica che riguarda tutti. Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria, dando ieri l’annuncio che un detenuto 18enne di origini egiziane è morto carbonizzato nella sua cella a San Vittore, un materasso incendiato, ha specificato con prudenza “non crediamo possa parlarsi di suicidio”. Ha ragione ma anche tragicamente torto, per due motivi diversi. Il primo è tecnico, incendiare un materasso è mettere a rischio, per protesta, la propria vita.
di Susanna Marietti*
Il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2024 È agghiacciante, è tragico, è sconcertante, è annichilente: un ragazzino di appena diciotto anni è morto carbonizzato nella sua cella, la definitiva prigione dalla quale non è potuto uscire in tempo. È successo nel carcere milanese di San Vittore. Le fiamme che sono divampate e hanno avvolto l’intera stanza erano state probabilmente appiccate da lui stesso. Gli operatori del carcere non sono arrivati in tempo per liberare dal rogo Loka Moktar Joussef Baron, giovanissimo di origini egiziane. Il compagno di cella per fortuna è stato tratto in salvo. Capiremo nelle prossime ore come si sono svolti gli accadimenti, se sia stato un tentativo di suicidio o, come pare più probabile, un gesto estremo di richiesta di ascolto.
di Gaia Tortora
La Stampa, 7 settembre 2024 Lo Stato non comprende che non si risolve il problema buttando tutti dentro. Servono percorsi protetti e di recupero vero per superare il loro disagio. “Joussef era un po’ mattacchione ma tanto buono e con un cuore grande”. Quando arriva la notizia della morte di Joussef Barson Motkar Loka, appena 18 anni, a San Vittore in attesa di giudizio, in una chat di parenti e familiari di persone detenute compare questo messaggio. Joussef è morto bruciato dentro la sua cella, dove si trovava con un altro detenuto che ora è indagato per omicidio colposo. Nel tentativo di inscenare una protesta avrebbe dato fuoco al materasso. È finita male per Joussef e per i suoi 18 anni. Pochi ma tantissimi per chi come lui aveva già passato l’inferno della Libia, un viaggio sul barcone legato mani e piedi e un trauma che lo classifica con un “vizio totale di mente”.
di Adriano Sofri
Il Foglio, 7 settembre 2024 Spoon river. 5 settembre. Imperia. Detenuto italiano di 45 anni si impicca alle sbarre della cella, quando gli altri sono fuori all’aria. Non ho trovato il nome. Ho trovato il suo curriculum criminale. Era stato condannato in passato a un anno per reati minori, “furto, resistenza” (furto da poco, per una condanna simile in un regime così prodigo di anni). Ora stava scontando sei mesi: 6 mesi. Sarebbe uscito a gennaio. Era certificato il suo stato di malessere psichiatrico. A modo suo, si è impiccato nell’ora d’aria.
di Carlo Taormina*
Il Tempo, 7 settembre 2024 Se non vogliamo aspettare il prossimo suicidio o la prossima rivolta nelle carceri italiane per ricominciare a batterci il petto per la condizione incivile e violatrice dei diritti umani in cui vengono costretti a vivere i nostri detenuti in attesa di giudizio o condannati, occorre intervenire presto e bene, studiando provvidenze che si inseriscano in un armonico piano di più profonde riforme. Noi abbiamo un sistema penale in cui il carcere è sostanzialmente la sola sanzione; non solo, ma la risposta sanzionatoria del nostro paese è la più pesante in Europa: il codice penale è quello fascista del 1930 ed è rimasto invariato, salvo ad essere peggiorato in termini di gravità delle pene. A questa situazione si è aggiunta nel tempo un’autentica aberrazione: l’ordinamento penitenziario, nato per attuare il principio costituzionale della rieducazione del condannato, si è trasformato in una fonte di aggravamento della mano punitiva dello Stato.
di Simona Musco
Il Dubbio, 7 settembre 2024 “Bisogna vedere, bisogna starci, per rendersene conto”, diceva Pietro Calamandrei alla Camera il 27 ottobre 1948. E Sergio Sottani, procuratore generale di Perugia, sembra essere uno dei pochi magistrati ad aver raccolto quell’invito, ad aver scelto di vedere le carceri e andare oltre la teoria. Il tour negli istituti penitenziari umbri si è concluso nei giorni scorsi. Il procuratore generale ne ha riassunto gli esiti mercoledì, affiancato dai procuratori del distretto, i direttori ed i comandanti della Polizia penitenziaria, oltre ai vertici dell’Ufficio distrettuale di esecuzione penale esterna. Sovraffollamento, carenza di personale, elevato numero di reclusi con problemi di tossicodipendenza e affetti da disturbi principali sono le principali criticità rilevate nel corso delle recenti visite istituzionali del Procuratore Generale.
di Irene Famà
La Stampa, 7 settembre 2024 “Un aspetto del decreto carceri, su cui mi sono battuto in prima persona, è l’aumento dei colloqui telefonici”. Investire sul percorso rieducativo. Per i detenuti, per la comunità esterna e per diventare modello agli occhi dell’Europa”. Il senatore Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia, analizza la situazione carceri.
Il Dubbio, 7 settembre 2024 Il ddl sicurezza prevede, fra le varie misure repressive, la non obbligatorietà del rinvio della pena per le donne incinte e per le madri di bambini fino a un anno di età. Il rinvio non solo diventa facoltativo, con tutti i problemi inevitabilmente legati anche alle tempistiche per ottenerlo, ma può essere rifiutato laddove si ritenga che la donna possa commettere ulteriori reati. Abbiamo sempre affermato che nessun bambino e bambina dovrebbe stare in carcere, che il carcere non è luogo dove la relazione madre bambino possa essere serena, tantomeno può essere il luogo ove una donna possa portare avanti in condizioni di sicurezza e dignità la propria gravidanza e, infine, partorire. E neppure possono essere soluzioni congrue gli Icam, istituti a custodia attenuata, che sono pur sempre strutture carcerarie.
di Manlio Morcella*
L’Unità, 7 settembre 2024 Il 10 luglio scorso, l’aula della Camera abrogava il reato di abuso di ufficio. Così, dopo ben 12 ore ininterrotte di lavoro, veniva approvata la riforma Nordio. Risultato assai discutibile, conseguito ottimizzando anche la massiccia propaganda, incentrata sulla esigenza di tutelare i sindaci intimoriti di essere inquisiti per abuso e sulle poche condanne che avrebbero contrassegnato la vita del modello penale. Che propaganda fosse, è pacifico. L’abuso di ufficio non riguarda solo i sindaci, bensì tutti i pubblici ufficiali, responsabili di abusi: magistrati che favoriscono o danneggiano taluno, medici che non rispettano le liste di attesa, soprattutto amministratori di enti pubblici o para pubblici - di designazione partitica - che agevolano l’imprenditore o il professionista della stessa parte politica.
di Errico Novi
Il Dubbio, 7 settembre 2024 “È per il bene del Paese”. In genere negli slogan elettorali si dice così. Con un’enfasi a metà fra l’iperbole risorgimentale e il paternalismo da prima Repubblica. Ma sentirlo dire dai magistrati colpisce. Soprattutto dai magistrati impegnati “politicamente”. A pronunciare una frase così solenne è stata, nei giorni scorsi, la presidente uscente dell’Anm sezione Napoli, Ida Teresi. Una pm antimafia importante, con alle spalle diverse indagini delicate, ora in prima linea nella Procura guidata da Nicola Gratteri. Nel passare il testimone alla collega Cristina Curatoli, nell’augurarle buon lavoro, le ha appunto detto: “Sarà importante continuare a sostenere l’Associazione per dare voce alla magistratura italiana in un momento davvero complicato, con l’impegno di tutti e di ciascuno. Per il bene del Paese”.
di Valentina Stella
Il Dubbio, 7 settembre 2024 Dalla separazione delle carriere al caso Natoli, passando per il dramma carcerario: intervista a Rossella Marro, Presidente di Unicost: “I cittadini si sono già espressi sulla separazione delle carriere in occasione di un referendum e l’hanno bocciata. Non è l’attuale assetto dei poteri dello Stato a preoccuparli, anzi hanno in più occasioni dimostrato cautela quando sono state proposte modifiche sostanziali allo stesso attraverso iniziative referendarie”.
di Giacomo Puletti
Il Dubbio, 7 settembre 2024 È il tardo pomeriggio di ieri quando arriva la notizia del sostegno di Azione alla candidatura di Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia, perle Regionali in Liiguria, assieme a Pd, M5S, Avs e, chissà, Italia viva. Ne parliamo con il vicesegretario di Azione e vicepresidente della Camera, Ettore Rosato.
di Gennaro Grimolizzi
Il Dubbio, 7 settembre 2024 Il “Coordinamento nazionale dei direttori della Giustizia” ha annunciato una manifestazione per protestare contro quella che insiste nel considerare come una “soppressione” del relativo profilo professionale, e per chiedere l’ingresso nell’area delle cosiddette “elevate professionalità”. Appuntamento a Roma per martedì 10 settembre. L’iniziativa viene assunta nonostante il ministero della Giustizia avesse chiarito, in un comunicato diffuso nei giorni scorsi, che la questione sarebbe rimasta “devoluta al confronto con le organizzazioni sindacali per la stipula del nuovo contratto integrativo e la definizione delle nuove famiglie professionali”.
di Paolo Frosina
Il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2024 Precari, demansionati e ora pure lasciati per mesi senza stipendio. Assume contorni sadici il trattamento riservato agli addetti all’Ufficio per il processo (Upp), l’esercito di funzionari reclutati con i fondi Pnrr per velocizzare i tempi della giustizia e abbattere l’arretrato, supportando i magistrati nello studio dei fascicoli e nella stesura dei provvedimenti. Un esperimento in parte già fallito a causa delle condizioni offerte dallo Stato a questi lavoratori, spesso non più giovanissimi: nonostante la qualifica richiesta (laurea in Economia, Giurisprudenza o Scienze politiche) e le enormi aspettative caricate sulle loro spalle, sono stati assunti con contratti a termine della durata massima di due anni e sette mesi, prorogati solo di recente fino a quattro anni e spiccioli per i primi entrati in servizio ...
di Luigi Ferrarella
Corriere della Sera, 7 settembre 2024 “La condizione più adeguata alla situazione di salute del paziente” Renato Vallanzasca “è una Rsa, struttura residenziale per persone affette da Alzheimer/demenza”, perché il suo attuale stato “rende difficile la compatibilità con il regime carcerario, anche per la necessità di assistenza sempre più intensa e continuativa”. A dirlo non è più la difesa dell’archetipo di “bandito” degli anni 70-80, in carcere da 52 dei suoi 74 anni per scontare quattro ergastoli per omicidi, rapimenti, rapine ed evasioni: per la prima volta, invece, lo attesta una relazione al Tribunale di Sorveglianza di Milano dell’ambulatorio di psichiatria del servizio di medicina penitenziaria dell’Asst San Paolo, proponendo appunto “il differimento della pena in residenza sanitaria assistenziale” ...
di Paola Rossi
Il Sole 24 Ore, 7 settembre 2024 In un contesto di pregressa conflittualità e aggressività possono rilevare come atti persecutori anche due soli post sul profilo social “aperto” dell’autore facilmente riferibili da terzi alla vittima. La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 33986/2024 - ha confermato la condanna per stalking fondata su due post pubblicati su Facebook, non sul profilo della vittima, ma su quello dell’autore del reato.
di Damiano Aliprandi
Il Dubbio, 7 settembre 2024 Un detenuto di 18 anni, recluso da luglio in attesa di giudizio, ha perso la vita nella cella che condivideva con un compagno, per un incendio appiccato, sembrerebbe, da loro stessi. Nella quiete della notte, quando il nostro Paese si abbandonava al dolce respiro del sonno, il silenzio è stato rotto da un grido disperato che si è consumato tra le fiamme divoranti, dentro una cella che, ironia del destino, doveva essere un luogo di custodia e non una trappola mortale. Youssef Barsom, 18 anni, il volto giovane di una tragedia antica, è morto arso vivo nel cuore della notte, nella Casa circondariale di Milano San Vittore. Un’altra vittima del sistema carcerario italiano. Un sistema che sembra aver smarrito ogni umanità.
di Ilaria Beretta
Avvenire, 7 settembre 2024 L’ex tutrice: “Ragazzo con fragilità mentali, come poteva stare nel carcere più sovraffollato?”. Aveva compiuto 18 anni da pochi mesi ed è morto carbonizzato a Milano, nella cella del carcere di San Vittore - il più sovraffollato d’Italia - dove era recluso in attesa del processo. Tutto è capitato velocemente, di notte, tra giovedì e venerdì. Un incendio è divampato, probabilmente da un materasso, nella stanza che Youssef Mokhtar Loka Barsom, di origini egiziane, condivideva con un altro detenuto, che è riuscito a salvarsi ed è ora indagato. Forse le fiamme sono state innescate dai detenuti stessi per protesta o forse per un tragico incidente: la dinamica esatta - che presuppone anzitutto il capire come un accendino possa essere finito in cella - deve ancora essere chiarita dai pm di Milano ...
di Paola Fucilieri
Il Giornale, 7 settembre 2024 Il ragazzo arrivato in Italia da minorenne su un barcone. Nelle Rems 445 ospiti, in 675 aspettano di entrare. L’egiziano morto carbonizzato l’altra notte a San Vittore, il 18enne Youssef, come racconta il suo legale Marco Ciocchetta, era arrivato in Italia dall’Egitto, passando per la prigione in Libia, a bordo di un barcone quando era minorenne. L’avevano trovato legato nel bagno del barcone, punito per i suoi comportamenti respingenti verso gli altri. “Con un vizio di mente riconosciuto, Joussef non doveva proprio stare in carcere e la colpa principale non è da addebitarsi al sistema carcerario, ma a quello sanitario” interviene Giuseppe Moretti, presidente del sindacato della Polizia Penitenziaria Uspp.
di Simone Bianchin
La Repubblica, 7 settembre 2024 Youssef, diciotto anni appena, era stato dichiarato incapace di intendere e di volere. Il Garante dei detenuti: “Con questo sovraffollamento fatti come questi vanno messi in conto”. Le opposizioni in Regione: una seduta del Consiglio sul tema. “La morte di un ragazzo di diciotto anni nel carcere di San Vittore è un fatto gravissimo, inaccettabile: l’ennesima morte in un carcere italiano di una persona affidata allo Stato”, scrive l’assessore comunale al Welfare, Lamberto Bertolè. La morte è quella di Youssef Baron, deceduto nella notte tra giovedì e ieri nell’incendio della sua cella. La vittima, che in passato una perizia psichiatrica aveva certificato essere incapace di intendere e di volere e che attualmente assumeva psicofarmaci, potrebbe avere appiccato fuoco al suo materasso.
di Andrea Gianni
Il Giorno, 7 settembre 2024 Luigi Pagano, già nel numero due del Dap: “In Italia situazione esplosiva. Il decreto Nordio è un flop, necessaria una misura deflattiva”. Il ricordo di Luigi Pagano torna al ‘87 quando, la notte tra sabato e domenica 5 luglio, quattro detenuti morirono per un incendio a San Vittore. All’epoca Pagano lavorava a Taranto e, in seguito, avrebbe assunto la guida del carcere milanese, uno dei penitenziari italiani col peggior tasso di sovraffollamento, di cui è stato direttore per 15 anni. È stato provveditore regionale per la Lombardia, vice capo del Dap nazionale, ha lanciato sperimentazioni e progetti innovativi e ora, in pensione, osserva una realtà dove detenuti continuano a perdere la vita, nel silenzio delle istituzioni. L’ultimo episodio, la morte di un giovane detenuto egiziano, è avvenuto proprio nel carcere da lui diretto.
Il Resto del Carlino, 7 settembre 2024 Autopsia su Saddiki Abdeljalil, detenuto nel carcere della Pulce, non rivela segni di violenza. Indagini per suicidio in corso, famiglia dubita. il 54enne marocchino presumibilmente morto suicida la settimana scorsa nella sua cella dove era detenuto nel carcere della Pulce di via Settembrini - sul quale è stata effettuata l’autopsia. Sul fatto che si sia tolto la vita non ci sono molti dubbi, tant’è che il fascicolo aperto dal sostituto procuratore Maria Rita Pantani non è per omicidio, ma per istigazione al suicidio. L’uomo è stato trovato impiccato alle grate della finestra con dei brandelli di una maglietta. La famiglia però - tutelata dall’avvocato Giacomo Fornaciari - non crede al suicidio: l’uomo sarebbe uscito a breve per scontare la pena ai domiciliari e aveva già programmato una videocall coi parenti.
di Elisa Sola
La Stampa, 7 settembre 2024 Le donne del carcere Lorusso e Cutugno hanno iniziato la loro protesta più estrema. Angela, Letizia, Dezdemona e Adina sono state le prime ad annunciare il proclama. “Da oggi facciamo lo sciopero della fame”, hanno detto ieri mattina al medico penitenziario che ha letto, come da prassi in questi casi, i rischi che comporta la privazione del cibo. Dopo Angela e le sue compagne, sono arrivate tutte le detenute della prima sezione. Ad annunciare, al dottore e alle agenti, la stessa cosa: “Ci uniamo alla protesta. Smettiamo di mangiare”. Le hanno seguite Amanda, Katherine, Jessica e Agostina. Le recluse della seconda. Accompagnate da quelle della terza. Alla fine della mattinata le hanno contate: erano 57.
di Liborio La Mattina
giornalelavoce.it, 7 settembre 2024 Volontari e associazioni lanciano un appello alle comunità locali: “Insieme possiamo ridare dignità ai detenuti e costruire una società più sicura”. Incontro pubblico il 4 ottobre. È giunto il momento di parlare di un tema che spesso viene messo in secondo piano: il sistema carcerario italiano. Una lettera accorata e ben articolata ci arriva dall’Associazione Volontari Penitenziari “Tino Beiletti” e da altre realtà del territorio, che puntano i riflettori sullo stato critico delle carceri, in particolare quello di Ivrea. Il Presidente della Repubblica, nel marzo scorso, ha lanciato un appello importante: riformare il sistema penale, garantendo il rispetto della dignità delle persone recluse e migliorando la sicurezza delle comunità. Ma l’appello, secondo i volontari, è rimasto inascoltato.
di Federica Pacella
Il Giorno, 7 settembre 2024 Quattordici macchinari consegnati al Nerio Fischione. Contributo del Comune. Luisa Ravagnani garante dei detenuti ha portato avanti fino al buon esito l’istanza dei detenuti con la direzione del carcere. Sette lavatrici per il carcere “Nerio Fischione” di Brescia, ed altrettante asciugatrici. Sembra poco, ma per i detenuti vuol dire molto e non era scontato riuscire a raggiungere il risultato: basti pensare, che le lavatrici erano state una delle richieste che gli ospiti dell’ex Canton Mombello avevano rivolto all’amministrazione durante una commissione in carcere a novembre 2022. Ora i 7 macchinari sono stati consegnati, insieme a 7 asciugatrici, nell’ambito del progetto “Wash in”, acquistate grazie a un contributo di circa 15.200 euro stanziato dall’amministrazione comunale a giugno ...
di Loredana Pianta
rainews.it, 7 settembre 2024 Nell’estate calda dei penitenziari, segnata da rivolte, violenze e dal nuovo decreto del governo, l’incontro con un’associazione che opera a Brissogne. Lo sradicamento dal tessuto sociale, la lontananza dalle famiglie che, con più fatica, possono raggiungere il carcere di Brissogne, rispetto a strutture meno isolate in altre regioni. A volte l’autolesionismo viene visto da alcune persone detenute come un viatico per ottenere un trasferimento, ci raccontano alcuni volontari dell’associazione valdostana (Avvc) che dal 1983 opera nella Casa circondariale. A fine agosto al termine di un’ispezione, i Radicali italiani avevano parlato di “più detenuti con evidenti tagli sulle braccia”.
di Sandro Marotta
laguida.it, 7 settembre 2024 Nel fine settimana bancarelle, incontri, spettacoli e pranzo nel centro storico. Fino a domenica 8 settembre via Roma a Cuneo ospita “Art. 27 Expo”, una fiera che ha l’obiettivo di esporre e raccontare i prodotti fatti dai detenuti di diverse carceri italiane: in mostra abbigliamento, dolci, prodotti da forno e manufatti artigianali. Sabato 7 alle 15 sarà organizzato il talk “Parole evase, testimonianze dalle carceri: frammenti di storie raccontate da chi le ha vissute”. Si aprirà con lo spettacolo teatrale “Solo Andata”, con i detenuti del carcere di Fossano. Seguiranno gli interventi di Teo Musso (Baladin), Marina Maruzzi (Casa Circondariale di Sassari), Claudia Cagnile (Mosaico di Palermo), Matteo Marchetto (Pasticceria Giotto di Padova), Carla Chiappini (Verso Itaca di Piacenza), Alessia Bordo ...
di Vera Mantengoli
Corriere del Veneto, 7 settembre 2024 Lo stimolo del regista. Collaborazione con la Biennale. “Cerca il tuo sogno, non dividerlo con nessuno e fallo maturare. Trovalo prima che si spengano le luci della vita perché vivere senza un sogno significa vivere in un carcere”. Rimarranno scolpite nella memoria le parole di Pupi Avati che ieri, con estrema delicatezza, hanno raggiunto i detenuti del carcere di Santa Maria Maggiore che lo hanno incontrato in una sala dopo aver partecipato a un corso con Michalis Traitsis, storico regista teatrale.
AFFARI SOCIALI
di Paolo Fallai
Corriere della Sera, 7 settembre 2024 Sono più di mille i morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno; 30.200, secondo dati Onu, i morti e dispersi in mare dal 2014, molti dei quali minori. Qualche numero come promemoria: sono 44 i dispersi degli ultimi due naufragi davanti alle coste della Libia. Tra loro ci sono tre bambini di 5, 7 e 10 anni. Il primo era col papà. I due più grandi, invece, erano non accompagnati, affidati a conoscenti pur di raggiungere l’Europa. Secondo le dichiarazioni dei superstiti - per lo più siriani e sudanesi - avevano pagato 5500 euro per la traversata. Un’enormità.
di Alice Dominese
Il Domani, 7 settembre 2024 Nel confronto tra le immagini riprese da Seabird e quelle della guardia costiera si notano la stessa forma e colore della barca in legno naufragata a largo di Lampedusa e il simile abbigliamento di alcuni sopravvissuti. Anche il numero di persone a bordo, il volto di un uomo e il porto di partenza potrebbero combaciare: “Se fosse confermato saremmo di fronte a un grave caso di omissione di soccorso”, dice l’ong Sea-Watch.
di Anna Lisa Antonucci
L’Osservatore Romano, 7 settembre 2024 La popolazione carceraria continua ad aumentare in Italia come nel resto d’Europa. In nessun Paese e in nessun tempo più carcere ha garantito più sicurezza. Lo sostengono gli addetti ai lavori, quelli che in carcere lavorano o chi l’istituzione penitenziaria la studia e la conosce. Eppure la popolazione detenuta continua ad aumentare in Italia, così come nel resto d’Europa e il sovraffollamento è ormai una tragica emergenza. Poiché per costruire nuove carceri serve tempo e molto denaro, le celle si riempiono, lo spazio di vita si restringe e la pena perde il suo significato di recupero per diventare solo negazione della dignità umana.
di Enrico Franceschini
La Repubblica, 7 settembre 2024 La decisione riguarderà chi ha già scontato almeno il 40% della pena ed è stato incriminato per reati meno gravi. Al momento, negli istituti penitenziari di tutto il Paese, ci sono meno di cento posti liberi. Nel Regno Unito non c’è più posto in prigione. Per questo, con una decisione che sembra surreale ma è necessaria, il governo britannico ha deciso di rilasciare alcune migliaia di detenuti rinchiusi per reati meno gravi e che abbiano scontato il 40 per cento della pena.
DOCUMENTI
Inserto monografico de L'Osservatore Romano: "Atlante. La vita oltre le sbarre"
Campagna: "Madri Fuori, dallo stigma e dal carcere, insieme ai loro bambini e bambine"
APPUNTAMENTI DI RISTRETTI
APPUNTAMENTI
La Newsletter di Liberi dentro – Eduradio & Tv. Programmazione dal 9 al 15 settembre 2024
Webinar Human Foundation: "Dal carcere alla comunità: esperienze di reinserimento sociale delle persone detenute" (Online, 12 settembre 2024)
"Se io fossi Caino. Festival di teatro e arte dal carcere" (Gorizia, dal 9 al 25 settembre 2024)
Convention del Movimento No Prison: "Le carceri incostituzionali" (Assisi-PG, 17 e 18 ottobre 2024)
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