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Notiziario quotidiano dal carcere
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Edizione sabato 28 dicembre 2024
a cura di Ornella Favero*
Il Riformista, 28 dicembre 2024 È importante dare voce alle persone detenute e ai loro famigliari, ma anche alle vittime che non vogliono essere usate per giustificare odio e “vendetta di Stato”. Ospitiamo i racconti delle figlie di due ergastolani. Per chi come me si occupa di fare informazione dal carcere, dando voce alle persone detenute e ai loro famigliari, ma anche alle vittime di reati, il tema dell’ergastolo resta uno dei più spinosi. Quando ci sembra di aver compiuto un passo avanti nel far crescere nella società la consapevolezza che non è la pena cattiva quella che ci rende più sicuri, e che uno Stato che sappia esercitare una giustizia mite è più forte di uno Stato che si mette al livello del criminale e risponde alla violenza con pene disumane, basta un fatto di cronaca nera particolarmente efferato per far tornare più forte che mai la voglia di ergastolo.
di Sergio D’Elia*
Il Riformista, 28 dicembre 2024 Il solo dire “fine pena mai” è un castigo medievale, un marchio d’infamia che scolpisce un giudizio tremendo e senza appello: tu non cambierai mai. “L’ergastolo non esiste in Italia, massimo trent’anni ed esci”, è il luogo comune che circola nei bar, nelle trasmissioni televisive di “approfondimento”, financo nelle aule universitarie. Io ho conosciuto molte persone condannate alla pena infinita che è risultata davvero fino alla morte. Parlerò di alcuni casi di ergastolo applicato “in concreto”, anche se per me quello imposto “in astratto” è già concettualmente intollerabile. Perché il solo dire “fine pena mai” è un castigo medievale, un marchio d’infamia che sul corpo del condannato scolpisce un giudizio tremendo e senza appello: tu non cambierai mai.
di Susanna Marietti*
Il Fatto Quotidiano, 28 dicembre 2024 In un eccezionale discorso tenuto ormai dieci anni or sono di fronte alla delegazione internazionale dei penalisti, Papa Francesco metteva in guardia dal cedere a forme di populismo penale che, appellandosi a un falso concetto di sicurezza, puntano a dare in pasto all’opinione pubblica dei capri espiatori, scelti inevitabilmente tra le fasce più marginali, sui quali far ricadere tutti i mali della società. Oggi le carceri italiane, quelle dove il Papa ha deciso di aprire una Porta Santa giubilare, sono la fotografia esatta di quella ammonizione. Bergoglio ha scelto un gesto epocale per riportare l’attenzione del mondo su un universo dimenticato e rimosso. E per farlo tenendo a mente quella sua lezione del 2014 che è straordinaria per profondità, coraggio, incisività.
di Fabio Ranucci
conquistedellavoro.it, 28 dicembre 2024 La forza del gesto di Papa Francesco, la sua volontà di aprire, dopo quella della basilica di San Pietro, un’altra Porta Santa nel carcere romano di Rebibbia (prima volta nella storia di un Giubileo), rappresenta per più motivi un passaggio fondamentale. Ciò è avvenuto quando non si placano le violenze delle guerre, dall’Ucraina a Gaza. E poi, in una prigione, luogo da lui scelto e definito durante l’Angelus “cattedrale del dolore e della speranza”. Nei giorni in cui ha detto “basta alla colonizzazione dei popoli con le armi”. Di “lavorare per il disarmo”, augurando ai “fratelli ebrei” pace e serenità, e di condonare i debiti ai Paesi poveri. E quindi di aiutare chi deve scontare la sua pena.
di Diego Motta
Avvenire, 28 dicembre 2024 L’apertura della Porta Santa rilancia l’attualità di amnistia e indulto, nell’anno orribile dei suicidi e del sovraffollamento in cella. Pressing dell’opposizione su Nordio. Cosa pensano gli esperti. L’anno orribile delle carceri italiane si chiude con un gesto di speranza, che apre a nuove prospettive per il 2025. L’apertura della Porta Santa a Rebibbia da parte di papa Francesco, nel giorno di Santo Stefano, accompagnata dalle parole pronunciate nella Bolla di Indizione dell’Anno Santo, in cui il Pontefice evocava la necessità di “forme di amnistia o di condono della pena”, ha avuto l’effetto di risvegliare dal torpore in particolare il mondo politico, rimasto colpevolmente in silenzio negli ultimi 12 mesi. Eppure la situazione era sotto gli occhi di tutti.
di Giovanni Maria Jacobazzi
Il Dubbio, 28 dicembre 2024 L’idea del vicepresidente del Csm vede contrari da sempre Lega e Fratelli d’Italia. Forza Italia non ha preso posizione. Divise anche le opposizioni. “Auspico che le forze politiche, tutte insieme, ragionino sulla possibilità di un indulto parziale”, ha dichiarato in una intervista al quotidiano Avvenire il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, l’avvocato padovano Fabio Pinelli. L’indulto, ha sottolineato il numero due di Palazzo Bachelet che aveva partecipato all’apertura della Porta Santa da parte di Papa Francesco all’interno del penitenziario romano di Rebibbia, permetterebbe di affrontare l’emergenza del sovraffollamento carcerario che “incide sul rispetto della dignità delle persone”. Inoltre, ha proseguito Pinelli, serve “compiere una riflessione di politica giudiziaria più ampia, di largo respiro”, aprendo la strada alle sanzioni pecuniarie rispetto a quelle detentive.
di Tiziana Maiolo
Il Dubbio, 28 dicembre 2024 Era un secolo fa, il 14 novembre del 2002, quando dal popolo delle carceri partì l’urlo di gioia. I detenuti di tutta Italia avevano potuto vedere e sentire in diretta tv il Papa più intellettuale ma anche più umano, quel Karol Wojtyla poi diventato Giovanni Paolo II, il primo a varcare la soglia di Montecitorio con il Parlamento in seduta comune, chiedere al mondo della politica “un atto di clemenza per i detenuti”. Un fatto storico, quello che fungerà da detonatore per quel che succederà quattro anni dopo, quando sarà un ministro della Giustizia ex democristiano, Clemente Mastella, a convincere il secondo governo Prodi e il maggior partito della sinistra dei Ds a portare in Parlamento la proposta di indulto.
di Marica Fantauzzi
Il Dubbio, 28 dicembre 2024 Il 2024 si sta per concludere con 88 persone detenute e 7 poliziotti penitenziari che si sono tolti la vita. L’ultimo detenuto a morire era un ragazzo di vent’anni, nel carcere di Viterbo. Da sempre Gennarino De Fazio, segretario Generale del sindacato Uil-Pa Polizia Penitenziaria, denuncia la precarietà delle nostre carceri.
di Elisa Calessi
Libero, 28 dicembre 2024 Il ministro della Giustizia: “Il Papa guarda alle coscienze. Un indulto incondizionato sarebbe inutile. Tre mosse per ridurre i carcerati. Servono anche pene alternative”. “Amnistia e indulto” non sono la strada per risolvere i problemi delle carceri, a partire dal sovraffollamento ormai strutturale. Questi atti di clemenza, spiega a Libero il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha accompagnato il Papa al carcere di Rebibbia, durante la cerimonia di apertura della Porta Santa, “sono plausibili come segno di forza e di magnanimità, ma se vengono interpretati come provvedimenti emergenziali svuota-carcere sono manifestazioni di debolezza”.
di Luca Fazzo
Il Giornale, 28 dicembre 2024 Dopo il monito del Papa, così il viceministro della Giustizia: “Va limitata la carcerazione preventiva”. “Questo è il primo governo che si occupa seriamente di carceri. Nel 2015 ci fu un richiamo da parte del Papa che ebbe come risposta un assordante silenzio da parte dei governi di sinistra: noi, sul monito di Papa Francesco, invece rifletteremo ed agiremo”: parola di Francesco Paolo Sisto. A ventiquattr’ore dalla visita di Bergoglio nel carcere di Rebibbia è il viceministro della Giustizia a raccogliere dall’interno del governo il grido di dolore lanciato dal Papa aprendo la seconda “porta santa” del Giubileo. Un solo distinguo, ma rilevante, dalle richieste del Pontefice: di amnistia non si parla.
di Stefano Anastasìa
L’Unità, 28 dicembre 2024 “È un bel gesto quello di spalancare, aprire: aprire le porte” dice Papa Francesco davanti alle detenute e ai detenuti, agli operatori e alle autorità intervenute all’apertura della seconda Porta Santa dell’anno giubilare, nel carcere romano di Rebibbia nuovo complesso. Nelle parole del Papa, “aprire le porte” significa aprire i cuori alla speranza: “i cuori chiusi, quelli duri, non aiutano a vivere. Per questo, la grazia di un Giubileo è spalancare, aprire e, soprattutto, aprire i cuori alla speranza”. Non ci sono chiavi da buttare nella Chiesa del Pontefice che ha cancellato l’ammissibilità della pena di morte dalla dottrina ecclesiastica e che ha detto che “l’ergastolo non è la soluzione dei problemi, ma un problema da risolvere”. Non ci sono chiavi da buttare nell’insegnamento di Bergoglio perché la persona non è il suo reato.
di Marco Perduca
huffingtonpost.it, 28 dicembre 2024
Tanto rumore che ha generato il nulla legislativo di questi tanti anni. La lamentazione sulle carceri è ormai diventata una pappa talmente tanto riscaldata che anche chi continua a propinarla la vive come un inevitabile automatismo da cui, per educazione, immagine o “empatia”, non può sfuggire, ma che a nulla serve. Sono anni che la politica si straccia le vesti di fronte al sovraffollamento strutturale di cui è causa. E non passa giorno senza che l’ultimo arrivato lanci l’ennesimo appello affinché le cose finalmente cambino perché è “intollerabile”, “oltraggioso”, “insostenibile”, “barbaro” eccetera. “Una situazione del genere è indegna di un paese democratico”.
di Carmelo Palma
linkiesta.it, 28 dicembre 2024 Un tempo il ministro della Giustizia era favorevole alle pene alternative, a limitare la custodia cautelare e perfino a provvedimenti di indulto e amnistia. Ma in realtà è un giurista reazionario, come tanti a destra e sinistra, per cui la giustizia penale è solo la continuazione della politica con altri mezzi. Accogliendo il 26 dicembre a Rebibbia Papa Francesco, il ministro della Giustizia avrà pensato a quante rognose polemiche si sarebbe portata appresso questa corvée post-natalizia da portinaio delle galere, su cui comanda come incontrastato podestà il suo sottosegretario e superiore politico Andrea Delmastro Delle Vedove. Se l’è cavata con due battute, che avrebbe potuto sottoscrivere pure Fofò Bonafede, sulla necessità di portare in carcere sport e lavoro, arte e cultura.
di Mario Lancisi
Corriere Fiorentino, 28 dicembre 2024 Qualche giorno prima di essere consacrato nuovo arcivescovo di Firenze, il 24 giugno scorso, Gherardo Gambelli si è recato a Sollicciano a salutare i detenuti di cui era cappellano. Un saluto, il dono di una bibbia, molti abbracci. E sull’emergenza carceraria, intervistato dal Corriere Fiorentino, disse: “Serve investire sulle misure alternative, anche per diminuire il sovraffollamento delle carceri. Se non vengono attuate queste misure, è forse anche perché esiste un pregiudizio verso queste persone, ma non può esistere solo la giustizia vendicativa, serve anche quella ripartiva”.
di Cesare Burdese
L’Unità, 28 dicembre 2024 Ho visitato di recente la Casa circondariale La Dogaia di Prato in compagnia di esponenti di Nessuno tocchi Caino, avvocati della Camera penale, rappresentanti delle istituzioni locali e persone impegnate in attività di volontariato in carcere. Non tornavo a Prato dal 1988, quando ero stato al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, reduce da un convegno sul rapporto del carcere con la città, alla presenza del grande architetto toscano Giovanni Michelucci ed esponenti della Fondazione che porta il suo nome.
di Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale*
Il Dubbio, 28 dicembre 2024 L’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale (Aipdp) e l’Associazione tra gli Studiosi del Processo Penale “G. D.” Pisapia (Aspp), letto il report sui suicidi in carcere predisposto dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, aggiornato al 20 dicembre 2024, esprimono il proprio sconcerto per la sempre più allarmante realtà delle carceri italiane e richiamano l’attenzione della società civile e delle istituzioni su un prioritario problema di civiltà giuridica e di tutela dei diritti fondamentali nel nostro Paese.
di Mauro Gentile
La Voce e il Tempo, 28 dicembre 2024 Sono 86 caselle sottolineate con un pennarello rosso e indicano le giornate nelle quali una persona detenuta in una delle carceri italiane si è tolta la vita, mentre le sette segnate in blu ricordano le date in cui a suicidarsi è stato un agente della polizia penitenziaria. È il tragico calendario dell’anno che si sta concludendo con cui si chiudono le pagine del dossier “Morire di carcere - raccolta di riflessioni sui suicidi in carcere 2024”.
di Marco Pelissero
Il Riformista, 28 dicembre 2024 La riforma che dimentica la Costituzione e abbraccia il Codice Rocco. Una costante delle scelte di politica criminale in tema di sicurezza pubblica è costituita dall’inasprimento del trattamento sanzionatorio dei reati commessi a danno di soggetti esercenti funzioni pubbliche. In questa direzione va il recente disegno di legge in materia di sicurezza pubblica. Per comprendere il senso delle scelte che il Parlamento si appresta ad approvare (il testo, approvato dalla Camera dei deputati, è ora all’esame del Senato), è necessario fare un passo indietro e collocare le norme che si vogliono introdurre entro una chiara linea di sviluppo.
di Valentina Stella
Il Dubbio, 28 dicembre 2024 Dopo il parere negativo sulla riforma, la maggioranza reagisce: “Si rischia un’invasione di campo”. Secondo l’articolo 10 della legge 24 marzo 1958 - n. 195 “Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura” - il Csm “dà pareri al Ministro, sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario”. Ed è quello che si accinge a fare l’8 gennaio quando il plenum voterà tra le due proposte nate in seno alla VI Commissione: la prima contraria alla riforma costituzionale della separazione delle carriere (dei togati Antonello Cosentino, Roberto D’Auria, Roberto Fontana, Eligio Paolini, e del laico in quota Pd Roberto Romboli), la seconda favorevole (del laico in quota Fratelli d’Italia Felice Giuffrè).
di Riccardo Lo Verso
livesicilia.it, 28 dicembre 2024 Il 41 bis non può essere applicato senza scadenza. Bisogna valutare l’attuale pericolosità del detenuto anche se ha un cognome pesante. La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio il provvedimento con cui il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha prorogato il regime del carcere duro per Giovanni Riina, figlio ergastolano del capo dei capi. Giovanni Riina è in carcere da 28 anni per mafia e omicidio, dal 2002 è rinchiuso al 41 bis. Secondo il Tribunale di Sorveglianza di Roma, il secondogenito di Totò Riina merita il regime riservato ai boss più pericolosi. “Pur in assenza di riconoscimento processuale della qualità di capo o promotore della associazione mafiosa - scrivono i magistrati - è stata rappresentata una posizione di ‘sovraordinazione’ del Riina rispetto ad altri sodali”.
di Patrizia Maciocchi
Il Sole 24 Ore, 28 dicembre 2024 Non c’è un obbligo di richiedere informazioni integrative se alla luce dei fatti emerge che non è garantito il rispetto della dignità umana. La consegna di un condannato può essere rifiutata se le autorità dello Stato richiedente non garantiscono, per tutta la durata della detenzione, la possibilità per il carcerato di godere di spazi in linea con i parametri della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Né esiste un obbligo di richiedere informazioni ulteriori se, da quanto emerge dai dati acquisiti, non ci sono garanzie sufficienti che la persona da consegnare, nell’ambito di un mandato di arresto europeo, sia nella condizione di godere dei tre metri quadrati, al netto degli arredi fissi e “sospesi”, nella cella che gli verrà assegnata. Tre metri che devono diventare quattro nei periodi di esecuzione aperta.
TERRITORIO
di Jacopo Storni
Corriere Fiorentino, 28 dicembre 2024 Le carceri toscane continuano ad essere sovraffollate e questo costituisce uno dei problemi principali per chi vive e lavora tra le sbarre. L’ultimo rapporto dell’associazione Antigone relativo alla nostra regione riporta numeri chiari: su una capienza regolamentare di 3.162 detenuti, in Toscana sono recluse 3.270 persone. Il tasso di sovraffollamento è dunque del 103 per cento, ma questo dato non tiene in considerazione i tanti posti letto non utilizzabili nei penitenziari toscani: sono infatti 549 i posti non agibili per cause varie. Così il tasso di sovraffollamento reale è molto più alto e sale al 124 per cento.
di Maria Ducoli
La Nuova Venezia, 28 dicembre 2024 Il rapporto di Antigone scatta una fotografia sugli istituti di pena in Italia e in Veneto. A Santa Maria Maggiore tre detenuti si sono tolti la vita: ecco la situazione delle carceri a Venezia. Sempre meno spazio, sempre più detenuti. Nelle carceri italiane si fa fatica a respirare. Secondo Ristretti Orizzonti, sono 88 i suicidi in cella avvenuti in tutt’Italia nel 2024, ben tre nella casa circondariale di Santa Maria Maggiore, a Venezia. “Mai si era registrato un numero così alto, superando addirittura il tragico primato del 2022 che, con 84 casi, era stato fino ad ora l’anno con più suicidi in carcere di sempre”, si legge nel rapporto di Antigone con i dati principali raccolti nel 2024 negli istituti penali.
di Barbara Calderola
Il Giorno, 28 dicembre 2024 Attivisti e amministratori pubblici in visita nel carcere di Monza: 716 detenuti, ma i posti sono 411 “Molti hanno problemi psichiatrici o di droga e non dovrebbero essere rinchiusi in una cella”. Un suicidio e dieci tentativi, 411 posti, 716 detenuti: numeri che raccontano il sovraffollamento del carcere di Monza. Ieri, la visita della più numerosa delegazioni di attivisti e amministratori che sia mai entrata nelle sue celle, “per toccare con mano cosa voglia dire viverci”, dice Roberto Rampi, della segreteria di “Nessuno tocchi Caino”, ex senatore del Pd, in prima linea per la causa dei detenuti. Con lui Sergio D’Elia alla guida del gruppo. Per tutti, “un pugno allo stomaco” fra i tentativi di umanizzare una struttura che non riesce a garantire i diritti costituzionali e la speranza che nasce ...
palermotoday.it, 28 dicembre 2024 “La politica del buttate le chiavi per i detenuti non ha funzionato nemmeno quest’anno: i suicidi certificati fra i detenuti sono 88 e 7 fra gli agenti della polizia penitenziaria, un numero record. Ma non sono solo numeri, ci sono nomi e cognomi e nella maggior parte dei casi si tratta di giovani ed immigrati. Pannella definì il carcere discarica sociale e il Papa, in questi giorni, andando controcorrente con la politica che gioisce se un detenuto soffre, apre una seconda porta del Giubileo a Rebibbia e fa appello sul trattamento umanitario e sul principio del recupero della persona”. Lo afferma Pino Apprendi, Garante dei detenuti di Palermo.
di Marina Lomunno
La Voce e il Tempo, 28 dicembre 2024 Chi ha partecipato, nella mattinata di venerdì 20 dicembre, alla Messa di Natale all’Istituto penale minorile “Ferrante Aporti” ha compreso perché proprio qui don Bosco - come scrive nelle “Memorie dell’oratorio” - ha avuto l’intuizione del “sistema preventivo”. “Chi sa, dicevo tra me, se questi giovanetti avessero fuori un amico, che si prendesse cura di loro, li assistesse e li istruisse nella religione nei giorni festivi, chi sa che non possano tenersi lontani dalla rovina o al meno diminuire il numero di coloro che ritornano in carcere? Comunicai questo pensiero a don Cafasso, e col suo consiglio e co’ suoi lumi mi sono messo a studiar modo di effettuarlo”.
AFFARI SOCIALI
di Virginia Piccolillo
Corriere della Sera, 28 dicembre 2024 Palazzo Migliori fu messo a disposizione dei senzatetto alla fine del 2019, per volere di Francesco. Gestito dalla comunità di Sant’Egidio con i volontari, ha accolte e avviate a nuova vita più di 150 persone. L’attesa del Natale: Emilia, la “nonna” di tutti, il muratore romeno, la mamma che inventa Stati. Luciano apre le imposte e il colonnato del Bernini irrompe nella stanza pulita, ordinata, con tre letti dal copriletto blu. Di giorno condivide la libertà dolente e infreddolita con i senza fissa dimora, ma la notte lui una casa ce l’ha. In un palazzetto del Settecento con vista su San Pietro che mostra orgoglioso: “Ti piace?”.
emergency.it, 28 dicembre 2024 Nella notte tra il 28 e il 29 dicembre del 1999, dopo l’ennesimo tentativo di fuga, viene appiccato il fuoco ad alcuni materassi in una camerata, ed è l’inferno. La cella non viene aperta e nel rogo che ne scaturisce muoiono bruciati vivi tre giovani tunisini, altri tre moriranno in ospedale a causa delle ustioni riportate: Rabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti e Nasim. Sono passati 25 anni dalla strage del centro di detenzione amministrativa di Trapani. Le prime di una lunga serie di morti tragiche avvenute all’interno dei vari centri per i rimpatri forzati sparsi per l’Italia.
di Giuseppe Bonaccorsi
Il Dubbio, 28 dicembre 2024 Il suo avvocato, Giacomo Giuliano: “È in Italia da 30 anni ed è anche traduttore per alcune procure”. Il mediatore culturale curdo Abutalip Burulday, conosciuto col nome di Havel, immigrato in Italia dal 1997 e residente con la famiglia a Catania, è stato scarcerato dopo sette mesi di detenzione dal penitenziario di Piazza Lanza su disposizione del tribunale del riesame di Milano che, al termine di un lungo excursus giudiziario, ha ritenuto valide le richieste del legale, l’avvocato Giacomo Giuliano che, al termine di questa vicenda, ha dichiarato “Il mio assistito è stato scarcerato per insussistenza dei gravi indizi”.
di Agostino Giovagnoli
Avvenire, 28 dicembre 2024 I cinque morti e gli oltre duecento feriti del mercatino di Natale a Magdeburgo non possono essere archiviati in fretta. Sono le vittime di Taleb Al Abdulmohsen che ha colpito a caso cittadini tedeschi perché la Germania non odia abbastanza i suoi nemici, i musulmani. Un arabo ateo, dunque, che ha assunto i panni di un suprematista bianco, il quale però ha ucciso altri bianchi perché odiano troppo poco. Troppe contraddizioni. Quello che è avvenuto a Magdeburgo non ha senso, è tragico ma anche irrazionale. Va capito in profondità, esige una riflessione adeguata. Ma la politica ha fretta, la Germania è in campagna elettorale, il 23 febbraio si voterà per consultazioni cruciali per il futuro del Paese. Bisogna monetizzare subito - in termini di consenso - ciò che è accaduto.
di Mario Di Vito
Il Manifesto, 28 dicembre 2024 La giornalista da 10 giorni a Evin. Teheran sapeva del suo lavoro. Si muove la diplomazia, il governo chiede “discrezione” ai media. Sulle trattative pesa il caso di un ricercatore in prigione in Italia su mandato Usa. Era a Teheran da una settimana Cecilia Sala e lì aveva registrato diverse puntate del suo podcast Stories, prodotto da Chora Media. Poi, il 19 dicembre, un giorno prima del suo rientro in Italia, è stata arrestata dalla polizia iraniana, nonostante fosse provvista di regolare visto giornalistico e avesse preventivamente concordato le sue interviste con le autorità locali. Le accuse, al momento, sono ancora ignote e solo ieri l’ambasciatrice italiana Paola Amadei è riuscita a incontrarla nel famigerato carcere di Evin, dove vengono messi i nemici politici ...
di Luca Sofri
ilpost.it, 28 dicembre 2024 Il carcere dove è detenuta la giornalista italiana Cecilia Sala è la struttura in cui sono imprigionati oppositori politici e cittadini stranieri. La giornalista italiana Cecilia Sala è detenuta da oltre una settimana dal regime iraniano nel carcere di Evin, a Teheran. La prigione di Evin è nota per essere la struttura in cui sono imprigionati oppositori politici, giornalisti e cittadini stranieri. È operativa dal 1972 e già prima della Rivoluzione islamica del 1979 vi venivano rinchiusi dissidenti politici. Da quando il movimento antigovernativo guidato dall’ayatollah Ruhollah Khomeini portò alla fine del regno dello scià e alla creazione della Repubblica Islamica dell’Iran, una teocrazia guidata da religiosi sciiti, Evin è diventata un temuto simbolo del regime.
DOCUMENTI
Il Riformista-PQM: "Voglia di ergastolo. L’irresistibile successo popolare del Fine Pena Mai"
Articolo. "Natale in carcere: il senso delle Feste in assenza di libertà", di Marina Binda
Articolo. "Populismo e diritto penale del nemico nella legislazione del migrante", di Eliana Reccia
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"Dialoghi abolizionisti". Ogni settimana un nuovo intervento di riflessione sulla prospettiva del superamento del carcere. (qui l'indice degli episodi)
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