Giustizia: decreto-carceri; domiciliari anche ai recidivi, in carcere solo per reati gravi di Giovanni Negri Il Sole 24 Ore, 4 luglio 2013 Tempi più brevi sulla liberazione anticipata e l’affidamento in prova. Detenzione domiciliare anche per i recidivi e minori ostacoli alle misure alternative alla detenzione come pure al-la concessione dei permessi premio. Sono in vigore da poche ore le misure del Governo per affrontare l’emergenza carceri inserite nel decreto legge 1° luglio 2013 n. 78. Doppia la linea di intervento messa in pratica: da una parte la previsione di misure dirette a incidere in maniera strutturale sui flussi carcerari sia in entrata sia in uscita, dall’altra il rafforzamento delle opportunità alternative per i detenuti a ridotta pericolosità. In questa prospettiva vanno considerate le modifiche al regime della libertà anticipata: alla detenzione devono restare confinati i condannati per i reati più gravi, quelli contenuti nell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario (omicidio, associazione mafiosa, terrorismo), e chi si trova in custodia cautelare perché già ritenuto pericoloso da parte del giudice. Con la nuova versione dell’articolo 656 del Codice di procedura penale si bruciano i tempi nella concessione del beneficio della liberazione anticipata a un momento preliminare all’emissione dell’ordine di esecuzione. In sostanza, il pubblico ministero, prima di emettere l’ordine di carcerazione, verificherà se già preesistono le condizioni per la liberazione anticipata (tra gli altri, fino 3304 anni di pena da scontare) e ne chiederà la concessione al magistrato di sorveglianza. Per effetto della modifica, quindi, al passaggio in giudicato della sentenza, se il condannato deve scontare una pena non superiore a 3 anni, 4 nel caso di donna incinta o grave malattia o figli al di sotto dei 10 anni, il Pm sospende l’esecuzione e chiama in causa il giudice di sorveglianza, permettendo al condannato di aspettare da libero la decisione di quest’ultimo. Ridotto il campo di esclusione della sospensione della pena che rimane preclusa solo per i detenuti per i quali è accertata la pericolosità sociale. Detto dell’ampliamento della possibilità di usufruire dei lavori di pubblica utilità per i detenuti tossicodipendenti e del fatto che, in apparente contraddizione con lo spirito del provvedimento, viene stabilito un vincolo alla concessione degli arresti domiciliari con l’indicazione di un luogo in grado di assicurare la tutela della persona offesa, l’altro intervento di maggiore spessore riguarda le modifiche all’ordinamento penitenziario in materia di detenzione domiciliare. Così, la misura della detenzione domiciliare si applica anche ai detenuti che si sono “macchiati” di recidiva se la pena detentiva anche residua da scontare non supera i 2 anni. È poi soppresso il divieto di sostituire con altre misure in seguito alla revoca della detenzione domiciliare. Come pure in questa direzione, attenuando la stretta che negli anni passati aveva colpito i recidivi anche per reati di limitata gravità, vanno interpretate le abrogazioni sancite con il decreto legge. Cadono così i limiti alla concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà e il limite di una sola volta per l’affidamento in prova. In questo modo, vengono cancellati quegli automatismi che avevano impedito sinora alla magistratura di sorveglianza di effettuare una valutazione in concreto sulla base degli elementi forniti dagli organi di polizia e dal servizio sociale. Giustizia: con il decreto della Cancellieri misure di buon senso per ridurre gli ingressi di Lucia Castellano Il Sole 24 Ore, 4 luglio 2013 Il decreto legge 78 del 1° luglio 2013 raggiunge due obiettivi: da un lato evita l’ingresso automatico dei condannati negli istituti dì pena, dall’altro agevola l’applicazione delle misure alternative, favorendo l’uscita dal carcere. Sotto il primo profilo, c’è da sottolineare che dopo la condanna, e prima di rendere esecutiva la sentenza, il Pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di Sorveglianza per quella che diventa una decurtazione “anticipata” dei 45 giorni all’anno di pena da scontare per buona condotta, sconto già previsto dalla legge Gozzini. Con questo semplice accorgimento molte condanne a ridosso dei 304 anni di pena da scontare possono beneficiare degli effetti della legge Simeone (e cioè dell’articolo 656 del codice di procedura penale) evitando, di conseguenza, l’ingresso in carcere. Non meno importante, per gli effetti di svuotamento degli istituti di pena, l’aumento a 4 anni (oggi è invece di 3) del tetto di pena per accedere alla sospensione della pena finalizzata all’ottenimento della detenzione domiciliare. Importanti interventi sono stati previsti anche sul versante dell’accesso ai benefìci di legge, agendo sulle limitazioni all’accesso e sulla possibilità di lavoro sostitutivo. In particolare, per quanto riguarda il primo tema, vengono abrogate le limitazioni all’accesso ai benefìci (permessi premio, semilibertà, detenzione domiciliare) per i recidivi specifici, attenuando così le misure introdotte nel 2005. Quanto al lavoro fuori dalle mura del penitenziario, viene introdotta la possibilità di essere ammessi al lavoro all’esterno del carcere anche per attività di pubblica utilità e non solo per lavoro e formazione lavorativa. Viene previsto in sostanza anche il lavoro a titolo di volontariato. Un ulteriore intervento riguarda la possibilità, nel caso in cui la permanenza in carcere comporti grave pregiudizio alla persona, dell’applicazione provvisoria da parte del magistrato di Sorveglianza del beneficio della detenzione domiciliare. L’intervento del governo va a toccare, come era logico attendersi, anche la popolazione carceraria più numerosa, insieme a quella degli stranieri, ovverosia i tossicodipendenti. Questi potranno essere ammessi ai lavori di pubblica utilità anche per reati non legati allo spaccio dì droga. L’obiettivo di dare sollievo al le strutture carcerarie - e sotto la spada di Damocle dell’Europa che imputa all’Italia u n sovraffollamento patologico degli istituti di pena e delle case circondariali - non può però comportare un “taglio orizzontale” delle pene. Per questo motivo sono previste limitazioni di applicazione del decreto per i reati considerati indicativi di maggiore pericolosità sociale (articolo 4bis della legge 354/75). Il ministro della Giustizia sta in definitiva cercando, e non solo con questo decreto, di dare un segna le politico forte e di reale attenzione all’emergenza del carcere. È del tutto evidente che il problema va affrontato in sede legislativa, con interventi abrogativi di leggi che si sono dimostrate nei fatti “carcerogene” (dalla Bossi Fini alla ex Cirielli alla Fini Giovanardi). L’Esecutivo ha preso una posizione di serietà e di fermezza: oltre al decreto legge, ha istituito quattro commissioni ministeriali di esperti per affrontare e risolvere i temi della riorganizzazione dei nostri istituti. Per mettere finalmente a sistema, in tutto il Paese, quelle buone prassi che ancora purtroppo restano “sperimentazioni”, anche se in vita da decenni. Anche a limitare l’analisi agli ultimi venti anni di storia, è la prima volta il tema carcere viene affrontato in modo sistematico e con una visione politica d’insieme. Questo potrebbe essere il primo segnale di un definitivo cambio d’approccio, che non solo preservi il nostro Paese da future condanne europee, ma innalzi il livello di civiltà. Giustizia: Gozi (Pd) aderisce a digiuno radicali per amnistia e contro sovraffollamento Ansa, 4 luglio 2013 “Serve subito un provvedimento per l’amnistia e l’indulto contro il sovraffollamento delle nostre carceri, come primo tassello di un’ampia riforma della giustizia civile e penale e in attesa che nell’arco di qualche anno si possano adeguare le strutture ai requisiti minimi per il rispetto dei diritti umani. Per questo motivo oggi osservo il mio turno di digiuno a sostegno della battaglia dei Radicali e di Marco Pannella”. Lo afferma il deputato del Pd Sandro Gozi che aderisce ad una iniziativa nata nei mesi scorsi dalla volontà di alcuni attivisti impegnati a sostenere la battaglia radicale sul tema del sovraffollamento carcerario. “Senza amnistia e indulto - aggiunge Gozi - l’Italia rimarrà a lungo in una situazione di grave illegalità: il recente decreto del governo non è sufficiente per eliminare il problema. Il nostro paese è sotto sorveglianza speciale del Consiglio d’Europa da 12 anni, è stato più volte condannato dall’Europa e la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ci dà tempo fino a maggio 2014 per superare l’emergenza”. Giustizia: int. a Gozi (Pd); l’Italia è uno “Stato criminale”, tre riforme per liberarla www.ilsussidiario.net, 4 luglio 2013 Alla Camera è iniziato il dibattito sul disegno di legge che prevede l’introduzione nel nostro ordinamento di pene alternative al carcere. All’on. Sandro Gozi del Pd, che è promotore di una proposta di amnistia e indulto, abbiamo chiesto come si stanno svolgendo i lavori a Montecitorio. Proprio mentre era in corso la nostra intervista, in aula è scoppiata la lite tra alcuni parlamentari del Carroccio e di Sel e la seduta è stata sospesa. Onorevole Gozi, come sta andando il dibattito alla Camera? Bene, a parte l’ostruzionismo di Lega e M5S che in realtà non ha niente a che vedere con il provvedimento di cui stiamo discutendo. È un tema delicato... In realtà l’ostruzionismo di Lega e M5S su un provvedimento minimo come questo, ragionevole dal punto di vista giuridico, con un approccio umanitario che rispetta la certezza della pena, la dice lunga su quanto questo Paese debba ancora maturare sul tema delle carceri. Che novità introduce questo nuovo provvedimento? È un provvedimento positivo, che introduce finalmente in Italia l’istituto della messa alla prova. In pratica si comincia a ragionare su pene detentive alternative alla detenzione in carcere. È il primo tassello di una riforma più ampia. Quale riforma? Una riforma di struttura molto più ampia e importante, di cui ancora non si parla in aula. Oggi, intervenendo alla discussione lei ha detto che “un uomo non è il suo errore e anche a chi ha sbagliato va garantita la dignità”. Lo penso veramente. La cosa ha suscitato reazioni contrastanti nel centrodestra, con la Gelmini che ha detto di essere d’accordo e Corsaro che invece ha sostenuto che la vittima viene sempre prima... Fa piacere la reazione della Gelmini, vuol dire che il dibattito sta avanzando anche all’interno del Pdl. Ma non c’è modo di contemperare le due cose: la vittima e chi commette un reato? Non solo c’è il modo, ma abbiamo il dovere di contemperare le due cose. Siamo rimasti in pochi a sostenere l’amnistia e l’indulto, che erano provvedimenti a scadenza regolare fino al 1992-93. Poi, quando abbiamo alzato la maggioranza da semplice a due terzi, è diventato praticamente impossibile farli. Ma noi non proponiamo di fare semplicemente l’amnistia-indulto. Cos’altro proponete dunque? Una riforma più ampia della giustizia penale e di quella civile. Vogliamo garantire la certezza della pena attraverso processi più giusti e più equi, soprattutto per le vittime. Oggi la minaccia non è in tribunale, ma fuori. Sappiamo che le vittime sono sempre più svantaggiate. Cosa porterà questo nuovo provvedimento? Il provvedimento sgombererebbe il tavolo dei magistrati da circa 5 milioni e 300mila cause arretrate, estinguendo i reati. In questo modo si accelererebbero i processi civili e penali. Allo stesso tempo dobbiamo riformare la giustizia penale. Come? Attraverso un’ampia depenalizzazione. È assurdo avere il reato di immigrazione clandestina, o il carcere per chi detiene piccole quantità di sostanze stupefacenti. L’Italia è stata messa in mora dalla Ue. Abbiamo un anno per metterci in regola, ce la faremo? Senza amnistia e indulto, temo di no. A questo punto dell’intervista, nell’aula di Montecitorio scoppia la bagarre proprio sul provvedimento della messa in prova… Un momento, scusi, non si capisce più nulla. Gozi ci informa in diretta che gli onorevoli Buonanno e Allasia, entrambi della Lega, sono stati espulsi dopo aver esposto in aula cartelli con scritte provocatorie. L’intervista riprende. Questa riforma è un dovere nei confronti della Ue, perché siamo in uno stato di delinquenza recidiva. In che senso scusi? Siamo pluricondannati. L’Italia è uno Stato considerato criminale perché sottopone almeno 30mila persone a trattamenti inumani e degradanti in carcere. C’è una nuova interruzione… Aspetti… Hanno sospeso la seduta. Riproviamo... Abbiamo una decina di mesi per rispondere all’ultima condanna che riguarda il sovraffollamento delle carceri. Abbiamo 30mila detenuti in più di quelli che possono contenere le nostre carceri. In più... In più? In Italia c’è un abuso della custodia cautelare che è pari al 25% dei detenuti contro una media europea del 10%. Di fronte a una situazione del genere amnistia e indulto evidentemente non bastano. Senza di essi, tuttavia, non riusciremo a uscire da questa situazione di piena illegalità. Giustizia: Anm; amnistia rischia di essere scorciatoia non risolutiva Adnkronos, 4 luglio 2013 L’Associazione nazionale magistrati non esclude l’ipotesi di un ricorso all’amnistia per risolvere l’emergenza delle carceri, ma denuncia “il rischio che sia usata come una scorciatoia che non risolve il problema del sovraffollamento ma lo rimandi di alcuni anni”. A sottolinearlo sono stati il presidente e il segretario dell’Anm, Rodolfo Sabelli e Maurizio Carbone, a margine di un’audizione in Commissione Giustizia alla Camera sul decreto del fare. Quanto al decreto legge sulle carceri, recentemente approvato dal Consiglio dei ministri, per l’Anm “va nella giusta direzione, non determina una sensibile riduzione del numero dei detenuti ma è sicuramente un primo passo”. Giustizia: Edmondo Cirielli (Fdi); il provvedimento mortifica le vittime dei reati Ansa, 4 luglio 2013 “La nostra cultura di destra sociale non ci fa essere contrari in maniera astratta ad un sistema di pene non carcerarie, soprattutto per i piccoli reati. Crediamo profondamente nella funzione riabilitativa della pena e nella rieducazione in carcere, ma denunciamo l’incongruenza del Governo e delle forze di maggioranza, Pd e Pdl segnatamente, che già nel 2006 hanno dato vita ad un provvedimento di indulto con la scusa dell’affollamento carcerario, lo scorso anno al provvedimento Severino e quest’anno a questo provvedimento che si rivelerà inutile, perché tra due-tre anni il problema del sovraffollamento si ripresenterà”. Lo ha detto l’on. Edmondo Cirielli, deputato di “Fratelli d’Italia” e componente dell’Ufficio di Presidenza di Montecitorio, nel corso della discussione, durante il dibattito in Aula sulla delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili. “All’interno del provvedimento - spiega - non c’è nulla sul problema della rieducazione, sul lavoro in carcere, sul sistema della deflazione, sulla possibilità di far scontare il carcere agli stranieri nei loro Paesi d’origine. Non c’è nulla sulla vergogna della custodia cautelare. Un terzo dei detenuti è in attesa di giudizio. Su questo ci saremmo aspettati un provvedimento urgente, se non dalla sinistra che storicamente su questo pure ha detto tanto almeno finché non si è affacciato in politica Berlusconi, dal Pdl”. “Siamo molto preoccupati - conclude Cirielli - Si tratta di un’ennesima mortificazione per le vittime dei reati e di un provvedimento che metterà ancora una volta in difficoltà le Forze dell’Ordine. Purtroppo, non si fa altro che scaricare sui cittadini un’inefficienza dello Stato e questo è inaccettabile”. Giustizia: ok Camera a ddl messa alla prova, provvedimento passa ora a esame Senato Dire, 4 luglio 2013 Via libera della Camera al disegno di legge di delega al governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili. I sì sono stati 357, i no 123. A favore hanno votato Pd, Pdl e Scelta civica. Contrari Lega, Fratelli d’Italia e M5s. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato. In dissenso dal gruppo, il deputato Maurizio Bianconi (Pdl) ha votato contro il provvedimento. Giustizia: pene alternative e messa alla prova, questi i contenuti del disegno di legge Agi, 4 luglio 2013 Sono 15 gli articoli del ddl sulle pene alternative al carcere e sulla messa alla prova, che la Camera ha approvato e che, ora, passa all’esame del Senato. Con il provvedimento, il Governo è delegato a introdurre nell’ordinamento pene detentive non carcerarie, viene disciplinata la sospensione del procedimento penale con messa alla prova dell’imputato ed è disciplinata la sospensione del procedimento penale nei confronti degli irreperibili. Con l’articolo 1 si delega il Governo all’introduzione di pene detentive non carcerarie (reclusione e arresto presso il domicilio), di durata continuativa o per singoli giorni settimanali o fasce orarie, sulla base di specifici principi e criteri direttivi. I criteri di delega prevedono che, il giudice, tenuto conto dei criteri di gravità del reato come disciplinato dall’articolo 133 del codice penale, possa applicare la reclusione domiciliare (presso l’abitazione del condannato o altro domicilio) in misura pari alla pena irrogata per i delitti puniti con la detenzione fino a 6 anni; gli arresti domiciliari da un minimo di 5 giorni ad un massimo di 3 anni , come pena detentiva principale, in via alternativa, per tutte le contravvenzioni punite con la pena dell’arresto (indipendentemente, quindi, dall’entità), sola o congiunta alla pena pecuniaria. Per le detenzioni domiciliari, si prevede il possibile utilizzo di particolari modalità di controllo (braccialetti elettronici). Viene esclusa l’applicazione delle nuove misure detentive ai delinquenti e contravventori abituali, professionali, ed ai delinquenti per tendenza. Si prevede che reclusione ed arresti domiciliari possano essere sostituiti con reclusione o arresto sia nel caso di indisponibilità di un’abitazione o altro domicilio idoneo ad assicurare la custodia del condannato sia nel caso in cui il condannato non rispetti le prescrizioni impartite. L’allontanamento non autorizzato dal domicilio equivale ad evasione. Il provvedimento introduce la sospensione del procedimento penale con messa alla prova. La nuova disciplina si ispira alla probation di origine anglosassone ed estende l’istituto, tipico del processo minorile, anche al processo penale per adulti, in relazione a reati di minor gravità. Sono aggiunti al codice penale alcuni nuovi articoli. Il 168-bis cp. prevede che, nei procedimenti per reati puniti con pena pecuniaria ovvero con reclusione fino a 4 anni (sola, congiunta o alternativa a pena pecuniaria), nonché per il catalogo dei reati in relazione ai quali l’art. 550 cpp consente la citazione diretta a giudizio, l’imputato possa chiedere la sospensione del processo con messa alla prova. L’applicazione della misura comporta condotte riparatorie volte all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato e, ove possibile, misure risarcitorie. L’imputato è affidato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma di trattamento che può prevedere anche lo svolgimento di un lavoro di pubblica utilità e attività di volontariato; il programma contiene prescrizioni sui rapporti col servizio sociale o con una struttura sanitaria, oltre a possibili limitazioni della libertà di dimora o di frequentazione di determinati locali. Il lavoro di pubblica utilità è una prestazione non retribuita a favore della collettività della durata minima di 30 giorni, da svolgere presso lo Stato, regioni, enti locali ed onlus; la sua durata non può essere superiore ad 8 ore giornaliere. La sospensione del processo con messa alla prova non può essere richiesta più di due volte ; non più di una volta se si tratta di reato della stessa indole. Con il nuovo articolo 168-ter cp. si introduce la sospensione del corso della prescrizione del reato durante il periodo di stop del processo con messa alla prova. Se la misura si conclude con esito positivo, il giudice dichiara l’estinzione del reato, restando comunque applicabili le eventuali sanzioni amministrative accessorie. L’ articolo 168-quater del codice penale indica come motivo di revoca della messa alla prova la grave e reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte dal giudice. La messa alla prova può essere richiesta dall’imputato (oralmente o in forma scritta), personalmente o a mezzo procuratore speciale, ma entro determinati termini, che la norma specifica sia in relazione alla fase che al tipo di procedimento. Alla richiesta di messa alla prova va allegato un programma di trattamento che l’imputato elabora con gli uffici di esecuzione penale esterna oppure o una richiesta dell’imputato di elaborazione dello stesso programma. Sono previsti limiti massimi di sospensione del procedimento (2 anni, in caso di reati puniti con pena detentiva; 1 anno reati puniti con sola pena pecuniaria). Contro l’ordinanza è ammesso ricorso per cassazione da parte dell’imputato, del PM o della stessa persona offesa (che tuttavia non produce effetti sospensivi). Se la richiesta di messa alla prova è rigettata, potrà essere riproposta nel giudizio, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. In caso di esito negativo della prova che di revoca della misura, questa non è più proponibile. Obblighi di relazione al giudice , almeno trimestrali, sull’andamento della prova sono posti in capo agli uffici locali per l’esecuzione esterna. Giustizia: disegno di legge sulla messa in prova, i primi commenti dei politici Ristretti Orizzonti, 4 luglio 2013 Ferranti (Pd): messa alla prova passo storico nel sistema penale "Sono molto soddisfatta che la Camera, dopo una lunga discussione, abbia approvato il provvedimento sulle misure alternative al carcere e la messa alla prova ; è un provvedimento che incide sulla situazione emergenziale delle Carceri e permette di diminuire il carico dei procedimenti penali". Lo ha detto Donatella Ferranti, presidente della Commissione Giustizia della Camera. "Si tratta - spiega - di un primo passo per ripensare il sistema delle pene in attuazione della sentenza della Corte europea dei diritti dell'Uomo che ha condannato l'Italia per il problema del sovraffollamento carcerario. Le nuove norme mirano ad individuare una giusta proporzione della sanzione penale in relazione al bene violato, alla gravità del comportamento in concreto e alla pericolosità sociale dell'imputato. Un primo importante tassello di una riforma di sistema più ampia che dovrà risolvere le criticità della giustizia penale nel medio-lungo periodo". "Si è cercato di attuare un equilibrato rapporto - continua Ferranti - fra giustizia riparativa e pena tradizionale: il recupero di un condannato, oltre ad essere una questione umanitaria, ha un significato di prevenzione generale. Infatti le cifra sulla recidività ci dimostrano chiaramente che un condannato recuperato attraverso pene alternative difficilmente tornerà a delinquere, a differenza di uno che ha scontato la pena in carcere. Nessun indulto, nessuno sconto di pena, nessun automatismo; ma la pena, nel caso di reclusione ai domiciliari, sarà applicata dal giudice della cognizione e non più da quello della sorveglianza, solo se sarà esclusa la pericolosità sociale dell'imputato e per reati di non particolare allarme sociale. La misura alternativa al carcere diventa pena principale e si eviteranno così inutili passaggi in carcere che sono perlopiù dannosi e costosi per la collettività. Viene così garantito il principio costituzionale della finalità rieducativa e della proporzionalità della pena. Spero - conclude Ferranti - che adesso il Senato approvi il testo con la stessa celerità e il medesimo impegno che ha contraddistinto il lavoro della commissione della Camera e che ha portato a questo primo importante risultato per risolvere alcune criticità del sistema penale nell'interesse del cittadino". Verini (Pd): messa a prova provvedimento civiltà "Votiamo una legge di grande civiltà, di respiro europeo e di grande portata culturale". Lo ha assicurato Walter Verini, capogruppo Pd nella commissione Giustizia di Montecitorio, durante la dichiarazione di voto in Aula sul ddl di delega al governo in materia di pene detentive non carcerarie e di sospensione del procedimento con messa alla prova. "La nostra Costituzione non prevede la pena come vendetta, ma il recupero e il reinserimento: questa legge applica proprio questo importante principio, decongestionando un sistema processuale intasato e lento, alleggerendo il sovraffollamento delle carceri e investendo in sicurezza, a vantaggio di tutti i cittadini", ha spiegato. Per questo "il Movimento 5 Stelle ha perso l'ennesima occasione mentre la Lega e la destra, ancora una volta, hanno puntato tutta la loro opposizione sulle paure e su argomenti forcaioli e, quelli sì, di vero allarme sociale", ha sottolineato, "l'auspicio è che le nuove norme siano un primo tassello di intervento organico per rendere la giustizia più efficiente e le carcere più umane". Rossomando (Pd): con pene alternative sistema più civile "Un primo passo verso un sistema delle pene più civile e moderno". Così la deputata del Pd Anna Rossomando, membro della commissione Giustizia, commenta il via libera dell'assemblea di Montecitorio al ddl sulle pene alternative al carcere e messa alla prova dei detenuti, che passa al Senato per la seconda lettura. "Queste norme - aggiunge la deputata - avvicinano la legislazione del nostro Paese a quella dei sistemi anglosassoni, rafforzano il principio di certezza e di efficacia della pena e consentono di dare attuazione al principio per cui la detenzione in carcere costituisce un'extrema ratio da applicare solo quando non vi siano altre possibilità". "È demagogico affermare che pericolosi criminali si trovino in libertà dopo l'entrata in vigore della legge perché restano esclusi dall'applicazione di queste norme i reati che provocano allarme sociale: sia per i criteri a cui si deve attenere il giudice, sia per il limite di pena edittale previsto per l'applicazione della norma. Semmai, e questa è una novità, è prevista la possibilità, nell'esecuzione di queste pene alternative, di stabilire prescrizioni e cautele a tutela delle persone offese e commisurate alle condizioni reali dell'autore del reato", sottolinea. "Con questo provvedimento - conclude Rossomando - inizia finalmente una stagione di interventi strutturali, e non di mera emergenza, sui tempi e sull'efficacia dei processi. Si vuole così attuare pienamente il principio di legalità e giustizia, che mette al primo posto la tutela dei diritti di tutti i cittadini. Spiace che proprio su questo terreno anche il movimento 5stelle, che della rappresentanza dei diritti dei cittadini ha fatto un vessillo, non abbia condiviso l'approvazione del provvedimento". Cancellieri: soddisfatti ok camera. Ddl è buona norma Il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, esprime "soddisfazione" per l'approvazione da parte della Camera del ddl sulle pene alternative al carcere e sulla messa alla prova, che ora passa all'esame del Senato. "Siamo convinti che sia una buona norma e una buona legge. Ora andiamo avanti", dice il Guardasigilli. Marazziti (Sc): stupito da tono forcaiolo M5S Mario Marazziti ha commentano con soddisfazione il via libera della Camera al ddl per la messa in prova e ha stigmatizzato il voto contrario del Movimento 5 Stelle. Il provvedimento "è un primo passo importante per uscire da una bancarotta del sistema giudiziario che ha da tempo messo fuorilegge l'Italia", ha dichiarato il deputato di Scelta Civica, "è un cambiamento culturale, la fine di una idea carcerocentrica e di una idea di giustizia come vendetta". Ma se "mon è stata una sorpresa vedere amore per il carcere in Fratelli d'Italia e in chi ha sempre sostenuto - in maniera insensata - più reclusione", ha proseguito, "sono tuttavia stupito e addolorato, oltre che sorpreso, nel vedere il M5S votare, con tono a volte forcaiolo, contro una legge che umanizza il carcere, aumenta la sicurezza, rende più civile l'Italia". Formisano (Cd): ddl su pene alternative meglio di niente "Come sempre l'ottimo è nemico del buono: il provvedimento sulle Carceri, approvato oggi, era l'unico che si poteva adottare nelle condizioni date". Ad affermarlo, in una nota, è Nello Formisano (Cd), vicepresidente di Centro Democratico e capogruppo a Montecitorio del partito guidato da Bruno Tabacci. "Rispetto alle innumerevoli condanne comminateci dalla Corte di Giustizia Ue, e di fronte alle miserevoli condizioni dei detenuti nelle Carceri italiane, quella di oggi non è la soluzione al problema ma rappresenta l'unica strada percorribile, nell'immediato, per migliorare la vivibilità nelle strutture carcerarie del nostro Paese", aggiunge Formisano, il quale conclude. "Opporsi in modo demagogico a tale provvedimento significa non voler neanche cominciare ad avviare a soluzione i problemi". Buemi (Psi): le carceri sono primato della vergogna per l'Italia "Ridurre le misure cautelari in carcere, implementare le pene alternative nel caso di reati minori o di soggetti non socialmente pericolosi e depenalizzare alcuni reati del nostro codice penale in sintonia con le misure raccomandate dal Consiglio d'Europa sono misure essenziali, a costo zero, che aiuterebbero a risolvere una situazione di cui l'Italia deve innanzitutto vergognarsi". È quanto hanno detto i parlamentari socialisti incontrando oggi la ministra Cancellieri. La delegazione, formata dal capogruppo alla Camera, Marco di Lello assieme agli onorevoli Pia Locatelli ed Enrico Buemi, con il responsabile giustizia del PSI, Luigi Iorio e il consigliere regionale campano Corrado Gabriele, ha consegnato al responsabile del dicastero di via Arenula un dossier sul triste primato italiano per il maggior numero di condanne inflitte dall' UE per violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. I parlamentari socialisti hanno sottolineato come "con oltre 1.500 sentenze per le condizioni carcerarie e un sovraffollamento delle carceri che la pone al terzultimo posto in Europa davanti solo a Bulgaria e Serbia, l'Italia non può che vergognarsi". Pur riconoscendo alla ministra l'utilità delle recentissime iniziative per ridurre l'uso della detenzione, hanno anche ricordato che "gli impegni presi dai governi negli ultimi dieci anni sono rimasti quasi completamente disattesi" come testimoniano le drammatiche condizioni che si vivono in alcuni istituti di pena e che gli stessi parlamentari hanno potuto constatare in alcune visite ispettive condotte il 25 maggio, scorso, nell'ambito dell' iniziativa la "Rosa dei diritti". Nell'incontro con la ministra, la delegazione socialista ha ribadito l'impegno per "una vigilanza continua che serva a migliorare le condizioni di vita per migliaia di detenuti e a sostenere proposte di legge che possano concorrere a risolvere il problema". Possamai (Gd): importante puntare a recupero "L'ok della Camera al ddl sulle pene alternative al carcere va sicuramente salutata con soddisfazione. La situazione del nostro sistema carcerario, che ci è costata numerose condanne da parte della Corte di Giustizia Europea e continui richiami da parte delle istituzioni comunitarie, è una tra le pagine più tristi e vergognose del nostro Paese. Il ricorso e l'incentivo alle pene alternative è un piccolo passo nella direzione del recupero e reinserimento del detenuto, come previsto dalla Costituzione". E' il commento di Giacomo Possamai, vicesegretario nazionale dei Giovani Democratici-PD, sul Ddl relativo alle pene alternative, approvato oggi alla Camera. "Questo provvedimento - continua il vicesegretario - segna un cambio di prospettiva: da sola gestione dell'emergenza si passa a visione complessiva del problema. Ora si deve proseguire su questa strada: mettere mano alle leggi Bossi-Fini e Fini-Giovanardi, implementare risorse e misure della legge Smuraglia per costruire un piano strategico per il reinserimento lavorativo all'interno delle carceri. I dati, infatti, mostrano come in Italia la recidiva raggiunga il 68,4% tra coloro che hanno scontato la pena in carcere contro il 19% tra coloro che hanno potuto beneficiare di misure alternative. Cioè, degli circa 67 mila detenuti presenti oggi nelle carceri italiane, quasi 46 mila commetteranno almeno un nuovo reato entro cinque anni dalla scarcerazione. Al contrario, secondo i dati in possesso di imprese e cooperative, tra i detenuti che seguono percorsi di inserimento lavorativo registra un abbattimento molto significativo, scendendo fino all'1% se cominciato all'interno del carcere, e portato avanti all'esterno in misura alternativa o in art. 21 O.P." "Un dato è certo e incontrovertibile - conclude Possamai: solo con percorsi di rieducazione e reinserimento sociale attuati attraverso il lavoro è possibile ricostruire il rapporto tra ex detenuti e società esterna. E se pensiamo al valore economico di questo recupero (l'1% di recidiva vale tra i 35 e i 50 milioni di euro e che per ogni milione di euro investito nel lavoro carcerario se ne risparmiano circa 9), ci rendiamo conto di come il reinserimento è argomento che riguarda l'intero sistema Paese". Carfagna (Pdl): doveroso risolvere emergenza "Il decreto "svuota carceri" è un provvedimento che tenta di risolvere una situazione umanitaria. Perché - scrive Mara Carfagna su Think News, quotidiano di cui è direttore editoriale - a questo tipo di emergenza siamo arrivati con le carceri nel nostro Paese. Tuttavia sia questa l'ultima volta che si rende necessario votare un decreto di questo genere. Notizia positiva è che la Camera ha però oggi approvato un mio ordine del giorno che impegna il Governo "ad effettuare un attento monitoraggio per valutare gli effetti applicativi sui reati di grave allarme sociale, quali il reato di stalking". Questo perché continuo e continuerò sempre a dire basta. Basta ai reati contro le donne, alle violenza, allo stalking, alle morti. Tutti sappiamo - continua Carfagna su Think News - che nella maggioranza dei casi un femminicidio è sempre preceduto da un reato di stalking. Una donna morta è stata quasi sicuramente perseguitata prima di essere uccisa. Liberare i colpevoli di stalking, in un momento storico come questo e considerando che il Governo sta valutando un inasprimento delle pene per questo reato, potrebbe farci diventare tutti quanti colpevoli di concorso in femminicidio. Il sovraffollamento delle carceri è sicuramente una piaga, un problema serio e reale del nostro Paese, che va affrontato con urgenza e diligenza. Ma il problema è che c'è oggi in Italia un abuso del regime di carcerazione preventiva, decine di migliaia di detenuti che alla fine verranno dichiarati innocenti ma che oggi sono in carcere. Per risolvere il problema bisogna iniziare proprio da questo punto: una riforma della custodia cautelare preventiva. Ma non basta. E' necessario - conclude Mara Carfagna su Think News - che Governo e Parlamento tornino a parlare dell'ampliamento degli istituti penitenziari esistenti e della possibilità di costruire nuove carceri. Il problema va risolto dalla base e non con un provvedimento che rischia di farci ritrovare nella stessa situazione tra qualche anno". Sisto (Pdl): umanizzare le carceri non ha colore politico Il presidente della Commissione Affari Costituzionale alla Camera, Francesco Paolo Sisto, esponente del Pdl, ha diramato una nota in cui ha spiegato: "La legge sulla messa alla prova, approvata oggi, è un passo in avanti verso l'obiettivo di modificare la concezione carcerocentrica della pena, utilizzando uno strumento deflattivo duttile e moderno. Umanizzazione e funzione rieducativa della pena non hanno un colore politico, bensì il colore, neutro quanto affascinante, della Costituzione repubblicana". La Russa (FdI): ddl è un'amnistia, ricorreremo a Consulta "Non comprendo la necessità che questo provvedimento corresse a questa velocità spasmodica. Il governo finora ha rinviato tutto, dall'Iva all'Imu fino alla decisione sugli F35, ma sullo svuota carceri che riempie le città di criminali abbiamo riscontrato una fretta indiavolata. Siamo davanti ad una amnistia ed a un indulto conclamato, che stiamo votando a maggioranza semplice violando la Costituzione. Se davvero il testo serviva a svuotare le Carceri bastava usare le caserme dismesse almeno per chi doveva scontare l'ultimo anno di pena. Che senso ha poi, intervenire sui colpevoli acclarati facendo finta di non sapere che la larga parte dei detenuti sono in attesa di giudizio? La realtà è che si lasciano liberi i criminali e si tengono in carcere quelli che potranno essere dichiarati innocenti. Questo provvedimento mette in libertà chi commette crimini contro i più deboli, come gli scippati ed i truffati. Non capisco come questa Camera possa adeguarsi a tutto questo. Questo provvedimento è un'amnistia e un indulto. Fratelli d'Italia non solo vota contro ma farà un referendum e adirà la Corte costituzionale per rendere giustizia alle vittime innocenti della violenza altrui". Così Ignazio La Russa, presidente di Fratelli d'Italia intervenendo in Aula alla Camera nelle dichiarazioni di voto sul ddl messa alla prova". Giustizia: sos di Pannella al Pdl; che aspetti a firmare i referendum sulla giustizia? Il Giornale, 4 luglio 2013 “Silvio, firma i referendum, non ci sei ancora andato?”. Per una volta Berlusconi potrebbe dare retta a Marco Pannella, che ieri lo invitava, alla sua maniera, a sostenere la campagna referendaria dei radicali per una “giustizia giusta”. Come ricorda Pannella, il Cavaliere non ha mai preso sul serio i referendum (a parte quelli che, negli anni Novanta, riguardavano la chiusura delle sue tv). Ma stavolta ha l’opportunità di rimediare a una fesseria fatta 13 anni fa: “Silvio”, è l’esortazione diretta all’ex premier, “hai l’obbligo morale rispetto a te stesso di rimediare a quella cretinata, imbecille, stupida, irresponsabile che hai fatto nel 2000 quando, essendoci questi referendum sulla giustizia, facesti mancare tu il quorum, invitando gli elettori ad andare al mare, perché appena saresti andato al governo avresti fatto tu le riforme”. Tale e quale: “Ne stai pagando il fio. Ora lo devi. Che cosa stai a fare, non ci sei ancora andato?!”. Il Cavaliere ci sta pensando. Ma sul serio. Esclusa la possibilità di fare la riforma della giustizia in Parlamento (“Con questa sinistra è impossibile”), la via della democrazia diretta rimane l’unica strada. E questi referendum avrebbero ancora più sugo ove mai, in autunno, la Cassazione dovesse confermare l’interdizione di Silvio dai pubblici uffici. A quel punto Berlusconi avrebbe l’opportunità di un nuovo, indiretto, estremo, “prendi o lascia” sulla sua persona intestandosi la battaglia referendaria. Firmare si fa presto. E a Pannella interessa attirare l’attenzione dei media (“Quando dei politici importanti andranno a firmare i telegiornali lo dovranno dire”). Ma nelle intenzioni berlusconiane ci sarebbe anche la possibilità di un sostegno organizzativo ed economico all’iniziativa radicale. D’altronde, le manifestazioni “anti-giudici” costano care (per quella di Piazza del Popolo, il Cavaliere ha staccato un assegno di 3 milioni di euro) e hanno come unico risultato di allargare la platea di toghe che odiano l’ex premier. Meglio sostenere la campagne dei radicali. Perché i referendum, a differenza di un comizio, sono sì una spina nel fianco, toccano interessi vivi del potere giudiziario. Sono sei quesiti e sono l’anima di una campagna promossa dai radicali a 25 anni dalla morte e a trent’anni dall’arresto di Enzo Tortora. Riguardano: la responsabilità civile dei magistrati, i giudici fuori ruoli, la custodia cautelare, l’ergastolo, la separazione delle carriere. Molti temi che, a più riprese, i governi Berlusconi hanno provato a inserire in agenda senza mai riuscire effettivamente a portare a casa il risultato. Ma Silvio non demorde. Tornando nella mischia, a dicembre, aveva detto di volersi ricandidare anche per non mollare il Paese in balia della magistratura. Se dovesse subire nuove condanne nei prossimi mesi, è chiaro che l’ex presidente del Consiglio sarebbe ancora più motivato. Giustizia: Antigone; rapporto 2012 sugli Ipm, detenuti 1.251 minori, tanti stranieri Ansa, 4 luglio 2013 Nel 2012 i ragazzi detenuti nei 16 carceri minorili italiani erano 1.252, calati di un terzo rispetto al 1988. Consistente la quota di stranieri, con picchi del 70% negli istituti del Nordest, del 66% in quelli del Centro e del 57% nel Nordovest. I dati emergono dal secondo rapporto sugli istituti penali per minori dell’associazione Antigone “Non è una giustizia minore”, curato da Susanna Marietti (Collana Gli Ebook di MicroMega). Le ragazze hanno rappresentato nel tempo una percentuale tra il 17 ed il 15% dei minorenni denunciati alle procure, mentre in carcere sono circa il 6% circa. Le giovani detenute provengono soprattutto dalla Bosnia Erzegovina (6) e dalla Serbia (6). Nel periodo monitorato si sono verificati 100 episodi di autolesionismo e 26 tentati suicidi. Nessun suicidio realizzato. “Il quadro che esce dal rapporto - osserva Susanna Marietti - evidenzia, da un lato la tenuta nei numeri di un sistema penitenziario minorile che non è colpito fortunatamente dal sovraffollamento, dall’altro i rischi di un suo smantellamento come qualcuno invece vorrebbe nel nome di una assurda esigenza di sicurezza. La specificità della condizione minorile va non solo preservata, ma finanche sostenuta ulteriormente, approvando un ordinamento penitenziario per minori a prevalente se non esclusivo orientamento educativo”. Napoli: ancora un suicidio in carcere, detenuto 40enne si impicca in cella Ansa Un detenuto si è suicidato ieri sera nel carcere di Secondigliano, a Napoli. L'uomo si è impiccato nella cella mentre era da solo. A scoprire il cadavere sono stati gli agenti della polizia penitenziaria in servizio dell'istituto di pena. A dare la notiza il garante per i diritti dei detenuti della Campania, Adriana Tocco. Il suicida, un tunisino 40enne, stava scontando una condanna legata alla droga e non era in un reparto di alta sicurezza. La notizia getta ancora una volta una triste ombra sulla realtà delle carceri campane e italiane, come denuncia il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, Sappe, tramite il segretario nazionale Emilio Fattorello: "Si tratta della quinta morte all'interno delle carceri campane in pochissimo tempo (quattro suicidi e una morte per cause naturali ndr). Da tempo registriamo la completa invivibilità delle carceri in Italia e in Campania. I suicidi sono un campanello d'allarme che dimostrano il drammatico momento che vive il sistema penitenziario. La cosa impressionante - spiega Fattorello - è che anche un suicidio, un evento drammatico, doventa un numero, un dato statistico. Come Sappe siamo sicuri che lo svuota carceri non svuoterà le celle: stando ai nostri dati, infatti, solo il dieci per cento dei detenuti fruirà del provvedimento". Porto Azzurro (Li): il forno della speranza, i detenuti lavorano come panificatori Il Tirreno, 4 luglio 2013 La presentazione delle attività di panificazione all’interno del carcere è stato un modo per conoscere il nuovo direttore reggente dell’istituto penitenziario di Porto Azzurro. Da giorni, infatti, Francesco D’Anselmo ha assunto l’incarico di direttore in reggenza, subentrando al dirigente Paolo Sanna. Nel corso dell’iniziativa svoltasi nella zona delle officine del penitenziario Francesco D’Anselmo ha fatto gli onori di casa. Il funzionario che recentemente ha assunto la guida del carcere elbano è già direttore dei penitenziari di Iglesias e Lanusei in Sardegna. Due forni allineati, un’impastatrice e alcuni tavoli dove preparare il prodotto. Tanto basta, in un carcere come quello di Porto Azzurro, per riaccendere la speranza. Per rendere più vivibile il soggiorno forzato, in un istituto che - rispetto ad alcuni anni fa - ha a che fare con problemi crescenti di sovraffollamento. Ieri, all’interno del carcere elbano, il nuovo direttore reggente dell’istituto Francesco D’Anselmo ha organizzato una visita nelle officine e, in particolare, nel forno dove, ormai da mesi, sono al lavoro i detenuti assieme al personale della cooperativa Nesos, nell’ambito delle attività di panificazione di prodotti da forno. Pane di qualità, schiacce, dolci tipici come cantuccini e schiacce ubriache, prodotti grazie al lavoro dei detenuti (in tutto quattro unità coordinate dal responsabile della cooperativa Nesos Fabrizio Vergari) e venduti ai supermercati Coop e a clienti privati. “Produciamo il pane che serve all’interno del carcere - ha spiegato Vergari - le nostre vendite all’esterno sono in crescita. Abbiamo capito che possiamo stare sul mercato e, nonostante la crisi, le richieste sono di gran lunga maggiori rispetto alla nostra offerta. Grazie alla fatica e all’impegno dei detenuti questo progetto sta andando avanti e contiamo, in futuro, di ampliare la nostra attività”. Le attività di panificazione all’interno del forno del carcere sono state descritte in modo minuzioso, alla presenza del direttore Francesco D’Anselmo, del provveditore regionale Carmelo Cantone, del presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze Antonella Fiorillo e del sindaco di Porto Azzurro Luca Simoni. Il direttore D’Anselmo ha spiegato come l’intenzione del carcere sia quella di insistere su questo tipo di attività, aprendo a breve un nuovo forno nella zona delle officine, così da aumentare il livello di produzione dei prodotti da forno. Attività che tornano a vivacizzare le attività lavorative del carcere di Porto Azzurro, fino a pochi anni fa fiore all’occhiello per l’impiego di detenuti in attività lavorative che però, da tempo, sono diminuite in seguito al taglio delle risorse dell’amministrazione penitenziaria. “Porto Azzurro, come altri istituti nazionali, ha vissuto la crisi di un modello che ad oggi non esiste più - spiega Carmelo Cantone, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria - fino ad alcuni anni fa era la stessa amministrazione a garantire il lavoro all’interno del carcere con risorse proprie, oggi sono le aziende private che entrano nel carcere con progetti specifici, assumendo i detenuti e garantendo loro attività lavorative sia dentro che fuori dal carcere. L’esperienza con la cooperativa Nesos è un esempio: a Porto Azzurro si respira un clima di lavoro assolutamente positivo”. Un segnale positivo, dunque, in un contesto che tuttavia presenta profonde difficoltà, stando anche ai continui appelli lanciati dai sindacati di polizia penitenziaria, che denunciano il sovraffollamento del carcere a fronte di un personale di guardia scarso. “Il sovraffollamento è un dato di fatto - commenta Cantone - su questo tema è stato appena emanato un decreto legge del governo che punta - i tempi non saranno brevi - a una diluizione generalizzata dei detenuti nelle carceri italiane”. Cagliari: Sdr; Buoncammino verso nuovo record reclusi per trasferimenti Dap Ristretti Orizzonti, 4 luglio 2013 “Si profila un nuovo record sovraffollamento a Buoncammino. Dopo un periodo contrassegnato da una presenza “contenuta” (480 detenuti a fronte di 345 posti regolamentari), il continuo costante aumento di reclusi nella Casa Circondariale cagliaritana sta facendo raggiungere livelli di guardia. Attualmente nella struttura ci sono infatti 510 cittadini privati della libertà (15 donne)”. Lo rende noto Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento ai dati del Ministero della Giustizia che, fotografando la realtà carceraria al 30 giugno, evidenziano la presenza nei 12 Istituti Penitenziari isolani di 2097 ristretti (di cui 777 stranieri). “A determinare il maggiore disagio nella struttura del colle cagliaritano - sottolinea Caligaris - sono i trasferimenti operati dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che si aggiungono agli arresti effettuati giornalmente. I dati, che testimoniano una situazione drammatica anche per la presenza di detenuti con gravi patologie fisiche e psichiche, testimoniano la difficile condizione di vita anche dei diversi operatori penitenziari a partire dagli Agenti, il cui numero è inadeguato alle necessità”. “La situazione risulta particolarmente difficile - osserva la presidente di Sdr - nella stagione estiva. Le pur apprezzabili iniziative per contenere le tensioni non sono sempre sufficienti per far fronte a condizioni intollerabili dentro celle scarsamente aerate e con persone costrette a fare i turni anche per stare in piedi. Perfino gli spazi per i passeggi sono insufficienti e inadeguati per l’ampiezza. L’elevato numero dei detenuti costringe quindi ad aumentare i turni o di concentrarli anche per evitare le uscite nelle ore più calde”. “Il Dap sembra ignorare che per le caratteristiche storico-architettoniche, l’Istituto cagliaritano - conclude Caligaris - non si presta a lavori di ampliamento. L’unica soluzione praticabile è quella dei letti a castello che tuttavia costringono a convivenze molto difficili anche per la presenza, nella maggior parte delle celle, di servizi igienici in comunione con l’angolo adibito alla cottura dei cibi. Difficile in queste situazioni contenere il disagio psichico che spesso degenera in atti di autolesionismo una circostanza che si manifesta soprattutto tra i tossicodipendenti e gli extracomunitari senza famiglia”. Milano: la garante Naldi domani in visita a San Vittore con deputati Pd e Sel Ansa, 4 luglio 2013 Mantenere alta l’attenzione sui problemi dei carcerati e di chi lavora nei penitenziari: è questo il senso della lettera inviata nei giorni scorsi dal Garante dei diritti delle persone private della libertà del Comune di Milano, Alessandra Naldi, a tutti i parlamentari milanesi e lombardi con l’invito a visitare domani il carcere milanese di San Vittore. In queste ore - spiegano in una nota dal Comune di Milano - sono già arrivate le prime adesioni di deputati e senatori eletti nelle circoscrizioni lombarde che si aggiungono alle conferme già arrivate da consiglieri comunali e regionali. In particolare hanno già risposto alcuni parlamentari di Pd e Sel “ma sarebbe importante che aderissero tutti i gruppi - ha sottolineato la Naldi - Per questo invito deputati e senatori del centrodestra e del Movimento 5 Stelle a venire domani a San Vittore, esattamente come faranno esponenti dell’opposizione in Consiglio comunale, a cominciare dalla Lega”. La visita di domani sarà guidata dal magistrato di sorveglianza Maria Laura Fadda e vuole contribuire a tenere alta l’attenzione sui problemi che affliggono il sistema carcerario. Una iniziativa che arriva “proprio nelle giornate in cui il Parlamento è chiamato ad assumersi la responsabilità di dare risposte concrete al drammatico problema del sovraffollamento degli istituti italiani”, ha precisato il garante del Comune di Milano Alessandra Naldi che auspica “una partecipazione ampia e bipartisan” perché “sarebbe un segnale di attenzione non solo verso i detenuti ma anche verso chi nel carcere ci lavora”, ha concluso. Modena: lavori utili, quattro detenuti diventano bibliotecari alla Delfini La Gazzetta di Modena, 4 luglio 2013 Nel dissesto del sistema carcerario e nella mancata attuazione dei programmi di reinserimento per i carcerati, si distingue la piccola esperienza modenese. Ma le case lavoro restano un fallimento. Per i prossimi 6 mesi, quattro detenuti del carcere di S. Anna vedranno la loro pena convertita in impiego di pubblica utilità e si trasformeranno in bibliotecari. Come risultato del rinnovo del Progetto di collaborazione fra Comune di Modena e Direzione del Carcere, questa persone affiancheranno il personale della Delfini in tutte le mansioni tipiche del loro mestiere, dal lavoro di archivio al servizio di front-office ai cittadini. La collaborazione fra Amministrazione e carcere prosegue in realtà da molti anni ormai, specialmente sul settore bibliotecario, con il Comune impegnato anche nella biblioteca interna della struttura carceraria. E dopo le positive esperienze dei detenuti al lavoro nell’emergenza terremoto o presso la Caritas diocesana, si è voluto estendere questa esperienza di pubblica utilità. Va poi sottolineato che sul territorio modenese si trovano due delle quattro strutture “lavorative” dell’intera penisola, ma le condizioni di questi luoghi sono tristemente note. Saliceta fu evacuata in primavera 2012 per ragioni di sicurezza post sisma, i 65 internati furono trasferiti, e la struttura non riaprirà, restringendo ulteriormente la già poverissima risposta “all’obbligo del lavoro”, prevista dalla legge per gli internati. Ancor più inspiegabile l’inadeguato utilizzo della Casa di reclusione e lavoro di Castelfranco che, a chiusura 2012, conteneva 102 persone fra internati e detenuti, pochissimi dei quali impegnati in progetti di lavoro, nonostante questa sia una struttura di notevoli dimensioni e potenzialità: ma del tutto sottoutilizzate. Ma nella stessa giornata in cui è stato siglata al convenzione tra carcere e Comune - come ha voluto sottolineare la Cgil in una nota - è stata presentata la prima relazione annuale del “Garante dei detenuti” per l’Emilia-Romagna, attraverso la quale è stato illustrato il grande e crescente divario fra le poche e positive esperienze di penalità alternative al carcere e/o impegno lavorativo per i detenuti, ed una realtà che invece va in tutt’altra direzione. Un problema noto - insieme a quello del Cie - a cui si aggiunge il sovraffollamento delle strutture, cui proprio in questi giorni il Parlamento ha messo mano con diverse manovre di indulto. Como: fiamme nella cella, tre ustionati al Bassone, due di loro in gravi condizioni Corriere di Como, 4 luglio 2013 Tre ustionati, di cui due in gravi condizioni, nel carcere del Bassone per un incendio scoppiato in una cella. I feriti in condizioni più serie sono stati trasportati al Niguarda di Milano e all’ospedale Cto di Torino. Le fiamme, generate da due fornelletti a gas, sono divampate probabilmente a causa di una lite tra due detenuti. Non è escluso che il rogo sia stato provocato volutamente. I feriti sono gli stessi carcerati e un ispettore della polizia penitenziaria, il primo a intervenire per domare le fiamme L’incidente si è verificato attorno alle 16.30. Ancora da ricostruire che cosa sia accaduto. Dalle prime informazioni, sembra che due detenuti marocchini, entrambi trentenni e rinchiusi nella stessa cella, abbiano litigato. Nella concitazione, dai fornelletti a gas dei carcerati è scaturito un piccolo incendio. Tra le ipotesi al vaglio degli agenti anche la possibilità che i due detenuti abbiano appositamente alimentato le fiamme, forse per utilizzarle come “arma” o per attirare l’attenzione. Entrambi hanno riportato ustioni serie alle braccia e alle mani. Nella cella, per riportare l’ordine è intervenuto un ispettore della polizia penitenziaria. Per separare i due e spegnere le fiamme, l’agente, 43enne, è rimasto a sua volta ustionato alle braccia. Dal Bassone è scattata la richiesta di aiuto al 112. Al carcere sono state inviate l’automedica del 118 e tre ambulanze della Croce Rossa di Grandate, della Croce Azzurra di Como e della Croce Verde di Fino Mornasco. I due detenuti e l’agente ustionato sono stati trasportati al pronto soccorso del Sant’Anna. Due dei tre feriti, quelli in condizioni più serie, sono poi stati trasferiti a Milano e a Torino. Da tempo, i rappresentanti sindacali degli agenti di polizia penitenziaria denunciano una situazione ad alto rischio all’interno del Bassone, sovraffollato a fronte di un numero di agenti ridotto ai minimi termini. Nel recente passato, gli episodi di violenza tra detenuti sono stati molteplici e spesso a pagarne le conseguenze sono state le stesse guardie, intervenute per sedare liti e proteste. Biella: Osapp; un detenuto ha dato in escandescenze, due agenti contusi Ansa, 4 luglio 2013 Nei giorni scorsi nel carcere di Biella un detenuto ha dato in escandescenze e due agenti di polizia penitenziaria sono rimasti lievemente contusi. Lo riferisce l’Osapp, organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria. Il sindacato spiega che martedì intorno alle 14 un detenuto di 42 anni, già seguito per problemi psichiatrici, sostenendo di dover essere scarcerato ha reagito contro gli agenti che lo fermavano scaraventandogli addosso una stampante. Due poliziotti sono rimasti lievemente contusi. “È l’ennesimo episodio - ha commentato Leo Beneduci segretario generale dell’Osapp - Grazie alle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il Parlamento e la Guardasigilli Cancellieri sono rivolti alla piena “tutela” dei detenuti, ma i poliziotti penitenziari abbandonati a se stessi chi li tutela?”. Spoleto: “Open the door”, un film sui sogni e le aspirazioni dei detenuti www.tuttoggi.info, 4 luglio 2013 Il “Without Borders” Film Festival lo presenta in occasione di Spoleto 56, presso il cinema teatro Sala Frau. Il progetto nasce da un trio: il direttore del carcere di Spoleto Ernesto Padovani, che da 30 anni dirige il carcere in maniera esemplare e stimolante per i detenuti, l’artista iraniano Shahram Karimi, detenuto politico nell’Iran di Komeini da studente dissidente e Fiamma Arditi, che da sei anni organizza il Film Festival senza Frontiere. Quando Fiamma Arditi ha incontrato il direttore del carcere di Spoleto per proporre di portare il festival all’interno dell’istituto ha avuto la proposta del direttore di creare, invece, un film all’interno del carcere stesso. Così Sharham ha potuto realizzare il film in collaborazione con 15 detenuti, con l’ausilio del suo assistente il suo assistente Maziar Mokhtari. Il video, della durata di 21 minuti, non si basa sui soliti luoghi comuni o sui monotoni monologhi, ma fa raccontare ai carcerati i loro sogni. La realizzazione del video non è stata facile, perché inizialmente Shahram ha avuto mille limitazioni nel suo lavoro, dovute alla lingua, ai dialetti, ai limiti inevitabili all’interno di un carcere, ma una volta trovato il percorso per far convivere le strette regole del penitenziario con la libertà della creatività il risultato è stato fantastico. Questo è il primo passo di un progetto più vasto: Karimi ha in programma di lavorare in altri tre istituti, per realizzare un film che dissolva i pregiudizi monolitici nei confronti di chi è recluso facendo invece venire fuori, in quegli esseri umani che si sono macchiati dei peggiori crimini i sogni, le aspirazioni, la poesia e il bisogno di redimersi. Hanno partecipato i detenuti: Patrizio Corcione, Raffaele Iacovelli, Ettore Spagnuolo, Vincenzo Attanasio, Michele Cenicola, Salvatore Vicorito, Abramo Saulino, Giovanni Allagrante, Mario Trudu, Costantino Petito, Massimo Carderopoli, Dan Aham, Cosimo Cecconi, Rosario Di Bello, Gennaro Oliva. Immigrazione: giovane immigrato curdo ucciso in rissa al Cara di Bari Ansa, 4 luglio 2013 Un giovane immigrato curdo di 26 anni è stato ucciso la notte scorsa durante una rissa scoppiata tra gruppi di varie nazionalità nel Cara (centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Bari. Sul corpo del ragazzo sono state rilevate ferite da arma da taglio e numerose lesioni dovute a percosse. Secondo quanto accertato dalla squadra mobile, la rissa avrebbe coinvolto gruppi di immigrati curdi, afghani e pachistani. Altri tre ragazzi curdi hanno riportato ferite lievi ritenute guaribili in massimo dieci giorni. La polizia sta interrogando gli ospiti e il personale in servizio al Cara di Bari per ricostruire le cause della rissa che si è scatenata la scorsa notte nel centro di accoglienza e individuare le persone chi vi hanno preso parte. Le indagini, condotte dalla squadra mobile, sono coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari Renato Nitti. L’esame esterno del corpo del giovane ucciso è stato eseguito dal medico legale Biagio Solarino al quale nei prossimi giorni verrà affidata l’autopsia. Rissa tra due gruppi, coinvolti in cento Un centinaio di ospiti del Cara di Bari Palese, il centro di accoglienza per richiedenti asilo, avrebbe partecipato alla rissa nella quale la scorsa notte ha perso la vita un giovane di 26 anni e altri tre 20enni, tutti curdi, sono rimasti feriti. In queste ore gli investigatori stanno procedendo ad ascoltare, all’interno del Cara, tutti gli ospiti, circa 1300 (quasi il doppio rispetto ai posti ufficialmente disponibili), per tentare di ricostruire il fatto. Sembra che la rissa sia avvenuta al culmine di tensioni cominciate nei giorni scorsi. Alcuni dei migranti protagonisti dei disordini - hanno accertato gli agenti della squadra mobile, coordinati dal pm Renato Nitti - erano ubriachi e avrebbero reagito con violenza alle provocazioni di un gruppo rivale. Il litigio non ha provocato danni alla struttura di accoglienza. Sindaco Bari: già 2 anni fa denunciai malfunzionamento struttura “Questa notte è accaduto l’ennesimo fatto grave nel Cara di Bari. Già in occasione degli scontri sulla tangenziale, dove si consumò una vera e propria guerriglia, denunciai pubblicamente il malfunzionamento del sistema di protezione internazionale in generale, e della struttura di Palese in particolare. Sono passati due anni e nulla è cambiato, eccetto il fatto che un giovane immigrato di soli 26 anni ha perso la vita”. Lo afferma il sindaco di Bari, Michele Emiliano, a proposito degli scontri avvenuti questa notte nel centro accoglienza richiedenti asilo di Palese. “È una situazione che non possiamo più tollerare”, aggiunge. “Nel Cara, al momento, vi è un migliaio di persone a fronte di una capienza massima di 700. Voglio ricordare ancora una volta che la città di Bari sta pagando un prezzo altissimo in termini sociali ed economici. Chi ha commesso un reato così grave - prosegue Emiliano - va immediatamente arrestato e processato, senza però che ciò induca il Governo a prendere ancora tempo su questioni così rilevanti, come l’immigrazione e il diritto d’asilo”. “Non è possibile che a Bari arrivi un numero smisurato di richiedenti asilo, per i quali i tempi di verifica delle domande si allungano inevitabilmente. Così come non è possibile - argomenta il primo cittadino - che nulla sia stato fatto negli ultimi anni per potenziare le commissioni incaricate di vagliare la posizione dei singoli immigrati. Stiamo parlando di uomini, donne e bambini che scappano dai loro Paesi d’origine dove costantemente si violano i diritti umani. E quando si resta in un campo di accoglienza per mesi in attesa di un responso che non arriva mai, succede che i più facinorosi e violenti abbiano la meglio sugli altri. È bene che il Governo - conclude Emiliano - intervenga immediatamente rivedendo le procedure del sistema di protezione internazionale e sanando una situazione a dir poco opaca che mette a rischio la stabilità dell’ordine pubblico e l’incolumità dei richiedenti asilo, dei cittadini e delle forze dell’ordine”. Pakistan: condanne a morte, sospesa moratoria del 2008, critiche di Amnesty Ansa, 4 luglio 2013 Il Pakistan ha sospeso una moratoria sulle esecuzioni delle condanne a morte introdotta nel 2008 sollevando le critiche dei gruppi di difesa dei diritti umani. Lo riferiscono oggi i media locali. “Il nuovo governo ha deciso di riesaminare tutti i casi di condanna a morte” ha detto il portavoce del ministero degli Interni Umer Hameed escludendo la possibilità di una amnistia generale per questi detenuti. Secondo Amnesty International, in Pakistan ci sono circa 8 mila detenuti nel braccio della morte e molti di loro hanno esaurito i vari gradi di appello e potrebbero quindi finire sul patibolo. La moratoria era contenuta in un decreto del presidente Asif Ali Zardari che è scaduto il 30 giugno e che non è stato rinnovato. Va ricordato che il Partito popolare pachistano (Ppp), lo storico partito della famiglia Bhutto, ha perso le elezioni di maggio e il mandato dello stesso Zardari scade ad agosto. In un comunicato, Amnesty ha definito la decisione del neo governo guidato dal conservatore Nawaz Sharif come una “inquietante e retrograda tendenza” che “mette a rischio la vita di centinaia di persone”. Critiche anche dall’organizzazione non governativa Human Rights Commission of Pakistan (Hrcp) che ha fatto appello al presidente e al primo ministro perché rinnovino la moratoria. Giappone: Iwao Hakamada, quasi 50 anni nel braccio della morte Ansa, 4 luglio 2013 Nel 1966 Iwao Hakamada lavorava in uno stabilimento per lavorazione della soia non lontano da Tokio, quando fu arrestato e condannato a morte per l’omicidio del suo datore di lavoro e della sua famiglia. Hamada aveva 30 anni, l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti erano bloccati nella Guerra Fredda, Star Trek era alla sua prima stagione e il Giappone esportava televisori a colore. Dopo quasi cinque decadi, l’Unione Sovietica è ormai parte della storia, Star Trek è un franchise e il Giappone è una delle economie più solide dopo 20 anni di modesta crescita. Hamada è ancora nel braccio della morte, ha 77 anni e, come scrive il Japan Today, è il detenuto che attende da più tempo l’esecuzione della condanna. Il Giappone, insieme agli Stati Uniti, è l’unica democrazia industrializzata che ancora si serve della condanna a morte. Con una legislazione che ha suscitato più volte le proteste dei governi europei, il momento dell’imminente morte viene comunicato ai detenuti solo alcune ore prima della condanna, eseguita per impiccagione. Bolivia: la preoccupazione della Chiesa per la situazione delle carceri Radio Vaticana, 4 luglio 2013 “Le prigioni del nostro Paese sono magazzini umani sovraffollati con un affollamento superiore al 200% di quanto possono ospitare”, ha detto il responsabile della pastorale delle carceri in Bolivia, padre Leonardo Da Silva. La situazione delle carceri nel Paese è diventata una vera emergenza dopo la chiusura. in questi giorni, del carcere di San Pedro a La Paz e il trasferimento dei detenuti lì rinchiusi nelle prigioni della zona rurale. Padre Leonardo, riferisce una nota inviata a Fides, aveva da tempo denunciato le condizioni terribili delle prigioni, ed aveva proposto delle soluzioni per migliorare la situazione, ma non aveva ricevuto risposta dalle autorità. “Spostare le persone da un carcere all’altro non è una soluzione, tutti dovrebbero cercare dei profondi cambiamenti strutturali insieme con le autorità e con le istituzioni che operano in questo campo”, ha detto padre Da Silva. “Ci sono tanti problemi urgenti come il sovraffollamento, le persone che aspettano da anni una sentenza definitiva di condanna, la presenza di minori nelle carceri, la salute dei detenuti e altro ancora”, ha concluso Da Silva.