Rassegna stampa 22 aprile

 

Giustizia: come mai Berlusconi ha fretta di sfollare le carceri?

di Riccardo Arena

 

Pagina di RadioCarcere su Il Riformista, 22 aprile 2010

 

"Stiamo pensando a un decreto legge che preveda che coloro ai quali manca solo un anno di detenzione vengano consegnati alla detenzione domiciliare". Lo ha detto il Presidente Silvio Berlusconi, a proposito delle misure che il Governo intende intraprendere contro il sovraffollamento carcerario.

Una dichiarazione davvero inaspettata. Una dichiarazione inaspettata non per il contenuto, ma per la veste legislativa che ora si vuole dare al provvedimento annunciato. Infatti già da un mese pende dinanzi alla Commissione Giustizia della Camera un disegno di legge contro il sovraffollamento, identico a quello annunciato da Berlusconi. Un ddl voluto dal Ministro Alfano, che aveva anche proposto ai capi gruppo dei vari partiti di concedere, per abbreviare i tempi di approvazione, la sede legislativa al ddl in Commissione. Proposta però rigettata da Pd, tranne i Radicali, IdV e Lega Nord. Oggi tutto cambia, o almeno sembra. Il Presidente Berlusconi, muta la veste al ddl Alfano. Non più un disegno di legge, ma un decreto legge. Un decreto che potrebbe a breve essere approvato.

Ma perché ora tanta fretta? Perché quando si arriverà a quota 68 mila detenuti, ovvero tra pochi mesi, non ci sarà più posto per ospitare un solo detenuto in più. Neanche il più feroce tra gli assassini. Ed ancora. Con l’arrivo dell’estate, le rivolte saranno una facile previsione, e Berlusconi di certo non vuole far vedere in Tv le parie galere incediate. Sarebbe troppo. Ecco dunque l’idea: il decreto legge. Un decreto che risolverà poco, ma che sarà utile per rimandare tutto a settembre.

Giustizia: Csm al lavoro per parere sul ddl "messa alla prova"

 

Agi, 22 aprile 2010

 

La sesta Commissione del Csm ha avviato i lavori per mettere a punto un parere sul ddl che prevede la messa in prova per i detenuti per reati punibili fino a tre anni di carcere e i domiciliari per chi deve scontare una pena residua di un anno. A Palazzo dei Marescialli sono stati sentiti in audizione in proposito i presidenti di alcuni tribunali di sorveglianza. Il parere sul ddl, attualmente al vaglio della Camera, dovrebbe essere pronto per l’approvazione in plenum nei primi giorni di maggio.

Giustizia: una "guerra di nomine" tra Alfano ed il capo del Dap

di Giuseppe Lo Bianco

 

Il Fatto Quotidiano, 22 aprile 2010

 

Un generale nominato dal ministro, un altro nominato dal capo del Dap: al ministero della Giustizia, in via Arenula, c’è una poltrona per due, già assegnata, quella del vertice dell’Uspev (Ufficio per la Sicurezza Personale e per la Vigilanza) che gestisce le scorte istituzionali. Se la contendono due generali, Gianni Sanseverino e Mauro D’Amico, il primo nominato dal capo del Dap Franco Ion-ta, il secondo direttamente dal Guardasigilli, Angelino Alfano. La situazione pirandelliana, alla quale si sta cercando di provvedere con la revoca del provvedimento di Tonta, è il frutto della "guerra" ormai dichiarata tra il ministro della Giustizia a il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, per anni pm alla procura di Roma.

Uno scontro che si è acceso all’indomani della scadenza dell’incarico del precedente capo dell’Uspev, il generale Pierantonio Costantini, la cui esperienza è stata definita "triste" dal sindacato della polizia penitenziaria Osapp, che non ha lesinato critiche alla gestione dell’ufficio, "dove tutti - ha scritto in una nota l’Osapp - facevano di tutto e di più, esattamente come recita lo spot della Rai". Esercitando i suoi poteri, Ionta ha sostituito Costantini con il generale Gianni Sanseverino, probabilmente senza consultare il ministro. La scelta, evidentemente, non è piaciuta al Guardasigilli, che ha preso carta e penna nominando immediatamente un altro generale, Mauro D’Amico, indicato dall’Osapp come "già esperto al Gom, alla Super Scorta del ministro e della Vigilanza".

Ma la "guerra" non ancora conclusa paralizza la funzionalità di alcune carceri in attesa delle decisioni romane per sbloccare le nomine di vertice. Come il carcere di Pagliarelli, a Palermo, dove la reggente della struttura, Francesca Vazzana, è ancora in attesa di sostituire stabilmente la direttrice Laura Brancato, sospesa dopo la richiesta di rinvio a giudizio avanzata nei suoi confronti dalla procura di Palermo per truffa, falso e abuso di ufficio e l’installazione di apparecchiature atte ad intercettare".

Secondo l’accusa, il direttore, attraverso un centralino fantasma, avrebbe spiato tutte le conversazioni telefoniche in arrivo e in partenza dal carcere di Pagliarelli. Un accusa respinta dal suo legale, l’avvocato Vincenzo Lo Re, secondo cui quell’apparecchio non era in grado di intercettare nulla. Alla direttrice la Procura contesta anche di avere usufruito di esami e servizi sanitari gratuiti, previsti solo per i detenuti, grazie all’appoggio dell’ex dirigente sanitario del carcere, Sergio Cavallaro, anch’egli indagato. E come per i due generali anche le due direttrici sono costrette a condividere la medesima struttura: pur non esercitando le funzioni, là dottoressa Brancato continua a vivere nell’appartamento del carcere riservato al direttore.

Giustizia: Sappe; le carceri italiane sono sul punto di esplodere

 

Adnkronos, 22 aprile 2010

 

Preoccupazione è stata espressa da Donato Capece, Segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe) in merito all’aggressione e ferimento di un Commissario di polizia penitenziaria oggi e di due agenti ieri a seguito di un’aggressione ad opera di un detenuto nel carcere di Novara. "Sono preoccupato, non posso nasconderlo. L’aggressione ad opera di un detenuto del Commissario comandante del carcere di Novara, penitenziario in cui già ieri erano stati aggrediti altri due colleghi, e qualche giorno fa gravi episodi analoghi di aggressioni a poliziotti penitenziari avvenuti anche a Como e a Tempio Pausania e, prima ancora, a Trani, Piacenza e Pesaro - evidenzia Capece. Le carceri esplodono o stanno per esplodere, non ci sono altre parole".

"Sono 67.452 i detenuti presenti, 6 mila sono gli agenti di Polizia penitenziaria che mancano in organico, celle sovraffollate e ad alta tensione, un solo agente che controlla cento/centocinquanta detenuti. - sottolinea Capece - E allora risse, aggressioni, suicidi, tentativi di suicidio, atti di autolesionismo. Bisogna intervenire con urgenza e dare esecuzione al Piano carceri del Governo che a nostro avviso può dare una risposta salutare alle criticità del sistema".

"A tutti i colleghi aggrediti va la piena solidarietà del Sappe - aggiunge Capece. Bisogna contrastare con fermezza questa ingiustificata violenza in danno dei rappresentati dello Stato in carcere e punire con pene esemplari chi li commette: penso ad un maggiore ricorso all’isolamento giudiziario fino a fine pena con esclusione delle attività in comune ai detenuti che aggrediscono gli Agenti".

"Penso anche che si debba arrivare a definire, come sostiene da tempo il Sappe, circuiti penitenziari differenziati - afferma Capece - in relazione alla gravità dei reati commessi, con particolare riferimento al bisogno di destinare, a soggetti di scarsa pericolosità o che necessitano di un percorso carcerario differenziato (come i detenuti tossicodipendenti), specifici circuiti di custodia attenuata anche potenziando il ricorso alle misure alternative alla detenzione per la punibilità dei fatti che non manifestano pericolosità sociale".

"È allora necessario accelerare sull’entrata in vigore del Piano carceri del Governo, specie nelle parti in cui si prevedono interventi normativi che permettano l’assunzione di 2mila Agenti di Polizia Penitenziaria - prosegue Capece - e l’introduzione della possibilità di detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e di messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità. Ma bisogna anche contrastare con fermezza e con punizioni esemplari - conclude - le ingiustificate violenze in danno dei rappresentati dello Stato in carcere, dei poliziotti penitenziari".

Giustizia: Osapp; piano carceri sposta attenzione dai problemi

 

Dire, 22 aprile 2010

 

"Il piano-carceri, in gestazione dal 27 aprile 2009 e la cui prossima fase vedrà la consegna degli atti al ministro Alfano il 29 aprile del corrente anno, comincia a comportare danni evidenti soprattutto alla polizia penitenziaria perché distoglie l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica dalla reale portata degli attuali problemi". Lo dice Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp.

Il responsabile del sindacato sostiene che "per questo, anche attraverso le proteste in corso ed appena iniziate, vogliamo far comprendere che è assolutamente urgente che l’attuale capo dell’amministrazione Franco Ionta possa continuare nel proprio prolungato impegno di commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria in altre sedi e la gestione del dipartimento e delle continue emergenze sia affidata a chi possa occuparsi di detenuti e di personale penitenziario in maniera concreta e continuativa".

Intanto si estende anche alla Puglia la protesta della polizia penitenziaria: "Ieri è iniziato il volantinaggio davanti agli istituti penitenziari dei capoluoghi di provincia della Campania, analoghe iniziative proseguiranno nei prossimi giorni in Sicilia, Piemonte, Toscana, Lombardia e appunto Puglia".

"Da giorni a Regina Coeli, Rebibbia e Viterbo la polizia penitenziaria si astiene dai pasti ed applica alla lettera i regolamenti, mentre lunedì inizierà sempre a Roma un sit in permanente della polizia penitenziaria - prosegue il sindacalista - ma si tratta di proteste che abbiamo iniziato appositamente in sordina, visto che né Alfano né Ionta sembravano essersene accorti, solo per non aggravare gli attuali disagi e tenuto conto la rivendicazione è strutturale e avrà lunga durata nel tempo, investendo anche disattenzioni e incompetenze penitenziarie che durano da anni".

Conclude, quindi, Beneduci: "Gli esempi del nuovo istituti di Rieti dove dopo mesi dall’apertura i poliziotti penitenziari continuano ad essere 95 e non 171 e i detenuti 90 e non 350, ovvero e presto nonostante gli ingenti stanziamenti della provincia autonoma, per il nuovo carcere di Trento in apertura a luglio dove i poliziotti potranno essere al massimo 105/130 e non i previsti 280 per 400 detenuti, dovrebbero insegnare, in questo caso soprattutto a chi ha responsabilità di Governo, che nel penitenziario è ora di smetterla di improvvisare e di buttare i soldi dalla finestra. Da quello che vediamo non sembra che tale consapevolezza sia stata ancora raggiunta da chi dovere, mentre la calura e i disagi dell’estate penitenziaria iniziano ad incombere".

Lettere: i detenuti, da varie carceri, scrivono a Riccardo Arena

 

Pagina di RadioCarcere su Il Riformista, 22 aprile 2010

 

Il mio viaggio da detenuto in aereo. Caro Arena, ti descrivo l’ultimo viaggio che ho fatto dal carcere Pagliarelli di Palermo al carcere di Vigevano. Devi sapere che il 27 febbraio, verso le 8.30 di mattina, un agente all’improvviso mi ha detto di preparami perché sarei stato trasferito. Dopo poco mi sono trovato all’aeroporto di Palermo, dove c’era un grande aereo dell’Alitalia che era giunto da Milano e che era pieno di agenti di polizia penitenziaria e di detenuti che venivano trasferiti dal nord verso il sud. Le operazioni di imbarco sono state particolarmente lunghe, ma c’è un aspetto che mi ha colpito.

Salito sull’aereo mi sono accorto che c’erano tantissimi agenti della polizia penitenziaria. Agenti che avevano tutti un distintivo su cui vi era scritto: "Polizia Penitenziaria, servizio traduzioni e piantonamenti". È ovvio che si tratta di un corpo scelto o quantomeno di un settore specifico della polizia penitenziaria. Ma non è finita. Arrivati a Milano ci aspettavano altre decine di agenti e numerosi furgoni blindati, che ci avrebbero portato alle nostre rispettive carceri. Ora domando: quanto costeranno questi viaggi dei detenuti? Io credo non poco e credo anche che con una presenza normale di detenuti nelle carceri, si eviterebbero questi viaggi, con risparmio di tanti soldi pubblici.

 

Tonino, dal carcere di Vigevano

 

Io malato a Secondigliano. Cara Radiocarcere, mi trovo nel carcere di Secondigliano da dove uscirò tra poco, dopo aver scontato circa 5 anni di pena. Vi scrivo perché purtroppo soffro per un serio problema di salute. Ho un polipo nasale e, da ben 2 anni e mezzo, non riesco ad essere operato. Il fatto è che durante questi anni il polipo nasale è cresciuto di dimensioni, tanto che ora interessa anche il viso e causa continue ed abbondanti perdite di sangue. Non vi dico i tempi biblici che ci sono dovuti per fare una Tac e i relativi accertamenti.

La crescita del polipo nasale mi impedisce di respirare col naso e mi costringe a respirare con la bocca, il che mi provoca problemi anche alla gola. In poche parole, a causa dei tempi lunghi per riuscire ad essere operato, la mia malattia è peggiorata e così un domani sarà più complicato l’intervento chirurgico che da anni ancora sto aspettando. Per verità devo dire che la dottoressa del reparto Tirreno del carcere di Secondigliano si è fatta in quattro per aiutarmi. Ha chiesto continui solleciti e si è sempre impegnata molto per me. Ma i suoi sforzi sono valsi a poco. Ed io resto in cella abbandonato e nelle condizioni che vi ho descritto. Non mi sembra di chiedere tanto. Non chiedo la libertà, ma solo la possibilità di essere curato.

 

Aniello, dal carcere Secondigliano

Cagliari: per il Comitato anti-tortura Buoncammino è violento

 

La Nuova Sardegna, 22 aprile 2010

 

Buoncammino è uno di quei carceri dove si "pestano" più facilmente i detenuti in ingresso? Il direttore Gianfranco Pala è piuttosto perplesso davanti ai risultati dell’inchiesta condotta dal Comitato anti-tortura del Consiglio d’Europa nel settembre 2008. "Sì, ricordo la commissione in visita, ma non mi risultano denunce di questo tenore dai detenuti", replica il direttore Gianfranco Pala e aggiunge: "Sinceramente devo dire che qui l’atmosfera è buona, tra detenuti e agenti penitenziari le cose vanno abbastanza bene: non c’è bisogno di ricorrere a certi metodi"

 

Il direttore: Buoncammino violento? Non credo

 

Il carcere di Cagliari è uno di quelli dove si malmenano più facilmente i detenuti in ingresso? Il direttore di Buoncammino Gianfranco Pala è piuttosto perplesso davanti ai risultati dell’inchiesta condotta dal Comitato anti-tortura del Consiglio d’Europa nel settembre 2008. "Sì, ricordo la commissione in visita, ma non mi risultano denunce di questo tenore dai detenuti". "Sinceramente devo dire che qui l’atmosfera è buona, tra detenuti e agenti penitenziari le cose vanno abbastanza bene: non c’è bisogno di ricorrere a certi metodi.

E poi - continua il direttore - quel che succede a Buoncammino è sotto gli occhi di tutti, il carcere è quotidianamente frequentato da avvocati, magistrati, medici, operatori sociali, la minima cosa salterebbe fuori. Infine: tutto quello che succede viene segnalato alla procura della Repubblica". Nel rapporto si parla di colpi inferti al momento dell’arresto o subito dopo, maltrattamenti fisici anche tra le mura del carcere: la segnalazione è contenuta nell’ultimo rapporto sull’Italia del Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa pubblicato ieri in seguito alla missione effettuata nel nostro Paese nel settembre 2008.

"In quell’occasione - si legge nel documento - la delegazione del Comitato ha ricevuto numerose denunce di maltrattamenti, in particolare da persone arrestate da poliziotti e carabinieri nell’area di Brescia e da detenuti nel carcere di Cagliari. In molti casi i membri del Comitato hanno raccolto prove che confermano quanto affermato dai detenuti.

Nel rapporto vengono riportati due casi (che non riguardano il carcere di Buoncammino) su cui il Cpt, per la loro gravità, ha voluto concentrare l’attenzione. Il primo si riferisce a un uomo al quale, mentre era trattenuto presso la stazione dei carabinieri di Gardone Val Trompia, è stata sbattuta la testa contro il muro. Il secondo caso invece riguarda il pestaggio di un transessuale brasiliano da parte di sei agenti di polizia tra le mura del Centro di espulsione e di identificazione di via Corelli a Milano.

Pavia: 3 detenuti in celle da 8 mq, carcere bomba a orologeria

 

La Provincia Pavese, 22 aprile 2010

 

"Siamo al collasso". Così viene descritta la situazione nel carcere di Pavia. Torre del Gallo ha pochi agenti di polizia penitenziaria, ed è fallita la trattativa per spostare agenti negli uffici. E poi sono troppi i detenuti. Ora nelle celle si è deciso di aggiungere la terza branda. I sindacati Cgil e Sinappe non hanno firmato l’accordo che prevedeva di spostare alcuni agenti di polizia penitenziaria negli uffici.

"C’è già carenza di personale così - dice Massimiliano Preti, Cgil Funzione pubblica - il carcere di Pavia è una bomba ad orologeria". Gli agenti sono 182. "Nelle sezioni si rimane spesso da soli con 50 detenuti - spiegano Fabio Catalano e Massimo Ghiura, delegati al comparto sicurezza. Si fanno anche 35-40 ore di straordinari al mese, spesso non retribuiti".

La scelta della "terza branda" ha aumentato la tensione. Sono brandine da campeggio, da aprire solo per la notte. In cella si ritrovano in tre, stretti. La capienza regolare del carcere è di 247 persone, oggi ce ne sono 444. Quando il nuovo padiglione sarà pronto ci saranno altri 300 posti, "teorici, rischiano di raddoppiare - dicono i delegati - Non sappiamo a Pavia quanto personale arriverà. Sappiamo solo che in Italia nei prossimi tre anni sono state promesse 2mila assunzioni, che però non copriranno i 3.200 pensionamenti".

"Vogliamo coinvolgere il governo, il ministero, la prefettura di Pavia e i parlamentari per verificare la situazione", dice Preti. "La situazione di Pavia non è isolata - aggiunge Antimo De Col, segretario regionale Cgil Funzione pubblica - c’è una carenza cronica di personale al nord Italia e soprattutto in Lombardia".

"Quando il carcere è pieno c’è tensione", sottolinea Franco Vanzati, che lavora nell’ufficio politiche sociali della Cgil. Le proposte ci sono: "I detenuti tossicodipendenti o malati di hiv dovrebbero essere curati nelle strutture di accoglienza e non in carcere - spiega Vanzati - significa una cura più efficace ma anche svuotare il carcere". Di un terzo per Pavia. Vanzati porta avanti progetti sul lavoro con la falegnameria e il panificio. Per dare uno scopo ai detenuti. "Non vogliamo accusare il dirigente locale - aggiunge Preti - ma chiediamo ai parlamentari pavesi di fare da portavoce".

Milano: incendio al carcere minorile contro il sovraffollamento

 

Redattore Sociale, 22 aprile 2010

 

Oggi pomeriggio, intorno alle 13, un gruppo di ragazzi detenuti all’interno dell’istituto penale minorile "Cesare Beccaria" di Milano ha dato fuoco a materassi e stracci per protestare contro il sovraffollamento.

A mettere in atto la protesta un gruppo di 14 ragazzi. "È un periodo in cui ci sono diverse tensioni al Beccaria - commenta Angelo Urso, responsabile della segreteria nazionale Uil-Pa - c’è carenza di personale e sovraffollamento". Attualmente infatti uno dei due padiglioni del Beccaria è in fase di restauro e tutti i 56 ragazzi detenuti sono "stipati" nell’altra ala del penitenziario. Il fumo ha provocato l’immediato intervento degli agenti di polizia penitenziaria: tutti i ragazzi sono stati immediatamente fatti uscire dalle celle e sono stati poi trasferiti nel cortile dell’istituto.

Tre agenti, tra cui il Comandante di reparto, sono rimasti intossicati dal monossido di carbonio e trasportati dalle ambulanze del 118 all’ospedale San Carlo di Milano. "È il caso che i vertici dipartimentali prestino più attenzione agli allarmi dei sindacati. Appena tre giorni fa era stato sottoscritto un documento unitario nel quale si segnalava, tra l’altro, il pericolo di rivolte e tensioni", denuncia Eugenio Sarno, segretario generale Uil-Pa.

L’incendio è stato causato dagli stessi detenuti minorenni, molto probabilmente, si è trattato di una protesta per sottolineare le condizioni di disagio che si vivrebbero nell’istituto in particolare per il sovraffollamento. Secondo quanto si è appreso i detenuti hanno aspettato la pausa pranzo gettando nei corridoi, lenzuola, asciugamani e vestiario e materassi a cui hanno dato fuoco. Nelle scorse settimane una indagine dei carabinieri del Nas portò al sequestro di 200 chili di carne adulterata servita alla mensa del carcere.

 

Uil penitenziari: segnalato pericolo rivolte

 

"Appena tre giorni fa era stato sottoscritto un documento unitario nel quale si segnalava, tra l’altro, il pericolo di rivolte e tensioni. Auguriamo al personale ricoverato una pronta ripresa e consegniamo loro i nostri vivi sentimenti di vicinanza e fervida solidarietà".

Così il segretario della Uil penitenziaria, Eugenio Sarno, commenta l’incendio appiccato durante una protesta, dai detenuti del carcere minorile Beccaria di Milano. In una nota la Uil spiega che "in seguito dell’incendio sviluppatosi e provocato dai minori detenuti del Beccaria, tre agenti di polizia penitenziaria (tra le quali il Comandante) sono state ricoverate in ospedale per principio di asfissia e intossicazione. La situazione è stata riportata alla calma. I detenuti minori ora si trovano allocati all’interno del cortile passeggio per favorirne l’ossigenazione. È il caso che i vertici dipartimentali prestino maggiore attenzione agli allarmi dei sindacati".

Abruzzo: Responsabile Diritti Pd sospende sciopero della fame

 

Ansa, 22 aprile 2010

 

Il responsabile Dipartimento delle garanzie e dei Diritti del Pd per la provincia dell’Aquila, Giulio Petrilli, ha sospeso oggi dopo otto giorni, per motivi di salute, lo sciopero della fame avviato in Abruzzo, in concomitanza con quello della deputata radicale eletta nelle liste del Pd Rita Bernardini. "I tanti suicidi avvenuti negli ultimi tempi - scrive Petrilli -, sono purtroppo la tragica testimonianza di una invivibilità totale, dove anche l’assistenza sanitaria manca quasi del tutto e dove vengono drasticamente ridotte le misure alternative al carcere. Per esempio sarebbe importante approvare la parte del ddl Alfano riguardante la concessione degli arresti domiciliari per l’ultimo anno di pena, una misura parziale che può alleggerire la situazione". "I dati di oggi del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria parlano di 67.452 detenuti a fronte di una capienza massima consentita di 43.000. Anche nella nostra regione, in Abruzzo - conclude -, si trovano ad oggi 1.897 detenuti su una capienza di 1.000".

Roma: Polizia penitenziaria Regina Coeli in stato di agitazione

 

Asca, 22 aprile 2010

 

Scendono in agitazione gli Agenti di Polizia Penitenziaria del Carcere di Regina Coeli per protestare contro le carenze strutturali dello storico carcere romano. Lo rende noto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni che ha anche espresso la propria solidarietà agli agenti impegnati nella protesta. "Ormai da qualche settimana - ha detto il Garante Angiolo Marroni - gli agenti di polizia penitenziaria hanno avviato, con varie forme in tutta Italia, una serie di proteste per richiamare l’attenzione sulla situazione disastrosa in cui versano le carceri".

Le ragioni della protesta sono contenute in un documento firmato da diverse sigle sindacali (Sappe Osapp, Sinappe Cgil, Ugl, Cisl, Uil e Fsa-Cnpp) e inviato nei giorni scorsi al provveditore regionale del Lazio Angelo Zaccagnino, al direttore del carcere Mauro Mariani e al Prefetto di Roma. In particolare, gli agenti lamentano il mancato pagamento degli straordinari, la mancata corresponsione del Fondo efficienza incentivi del 2009, le condizioni di lavoro disumane con turni che durano anche 12 ore, pesanti carichi di lavoro con un rapporto agente/detenuti di 1 a 150 che diventa 1 a 300 nei turni pomeridiani e notturni, una pianta organica ormai inadeguata alle esigenze dell’istituto e, non da ultimo, le carenze strutturali di un carcere ormai inadeguato al ruolo che deve svolgere.

"Sono ormai anni - ha aggiunto Marroni - che diciamo che Regina Coeli non è più in grado di garantire gli standard che un carcere dovrebbe avere, e questo nonostante l’impegno degli agenti e della Direzione del Carcere che quotidianamente, cercano di garantire un minimo di vivibilità. Troppo spesso dimentichiamo che gli agenti sono parte integrante di questo sistema e che l’emergenza carceri non può essere affrontata con proclami di facciata e l’annuncio della costruzione di nuovi istituti. Prima che il sistema collassi occorre avere il coraggio di dire che serve investire nel personale e, soprattutto, puntare a cambiare un sistema legislativo che, così com’è, non fa altro che produrre carcere".

Siracusa: un Consiglio provinciale per la situazione delle carceri

 

Siracusa Notizie, 22 aprile 2010

 

Sabato mattina 24 aprile alle ore 10 presso l’aula consiliare di via del Laberinto avrà luogo il Consiglio provinciale aperto a conclusione dell’attività condotta dalla speciale commissione istituita per conoscere la situazione delle carceri in Provincia di Siracusa. In quella sede, sarà presentata ufficialmente la relazione finale condotta dalla commissione, presieduta dal consigliere provinciale Carmelo Spataro.

Parteciperanno alla seduta anche due scolaresche che hanno chiesto al Presidente del Consiglio provinciale, Michele Mangiafico, di poter essere presenti: si tratta dell’Istituto Alaimo di Lentini (con quaranta studenti accompagnati dagli insegnanti prof.ssa Maria Teresa Raudino e prof. Benedetto Lo Duca) e l’Ipsia Calapso di Siracusa (con quaranta studenti accompagnati dalle professoresse Angelico, Grande, Italia e Marchese). Parecchi gli invitati che hanno già dato conferma della loro presenza e della volontà di intervenire nell’occasione: il Senatore Salvo Fleres, garante dei diritti dei detenuti per la Regione Sicilia, la parlamentare radicale Rita Bernardini, i direttori delle strutture carcerarie Antonio Gelardi, Angela Lantieri, Angela Gianì, i funzionari dell’Asp dottori Michele Lo Magro, Antonio Cappello, Antonio Cappellani, Roberto Cafiso, la dott.ssa Maria Concetta Storaci e dott.ssa Rosalba Rizza che per l’Amp hanno curato una ludoteca presso il carcere di Cavadonna, la dott.ssa Denaro dell’Uepe, i rappresentanti degli agenti di polizia penitenziaria Giuseppe Argentino (Cgil), Christian Guarrasi e Calogero Navarra (Sappe), Massimiliano Di Carlo (Cnpp), Marcello Santoro (Cisl), Sebastiano Bongiovanni (Ugl), Massimo Angelico, Angelo Scarso (Osapp). Nella maggior parte dei casi, si tratta di interlocutori già ascoltati dai componenti della commissione, che è stata composta dai consiglieri Spataro, Iacono, Paci, Calvo, Amenta, Saggio, Schiavo e dallo stesso Presidente del Consiglio.

Sassari: detenuto ha un tumore al pancreas ma resta in carcere

 

La Nuova Sardegna, 22 aprile 2010

 

Nell’ottobre del 2008 gli è stato diagnosticato un cancro al pancreas. Da allora, nonostante i suoi disperati appelli e le lettere ai giornali, non ha potuto iniziare alcun tipo di cura. Jacques De Decker, infatti, è in carcere per droga.

Nonostante il parere favorevole del tribunale di sorveglianza, che il 24 febbraio 2009 aveva sospeso la pena per consentire al cittadino belga di andare a curarsi nel suo paese, il tribunale ordinario poco più di un anno fa ha rigettato la richiesta: si deve ancora celebrare, infatti, il processo d’appello. La data di inizio del nuovo processo, però, non è stata ancora fissata. E più tempo passerà, meno possibilità avrà De Decker di curare il male che giorno dopo giorno lo sta uccidendo. La neoformazione che gli è stata trovata nel pancreas, infatti, è passata da 2,3 a 3,8 centimetri di diametro in poco tempo.

"Se devo morire, voglio farlo accanto ai miei due bambini e a mia moglie, in Belgio" aveva dichiarato De Decker in una lettera pubblicata sulla nuova nel marzo del 2009. Il cittadino belga è stato condannato a sette anni e 4 mesi per traffico di droga. Nelle due pagine scritte a mano, aveva raccontato la sua vicenda personale, spiegando la gravità del suo caso.

"La condanna a sette anni e quattro mesi è stata sospesa dal tribunale di sorveglianza per motivi di salute - aveva spiegato De Decker -: ho un tumore al pancreas e devo farmi operare al più presto possibile. Inoltre, sono cardiopatico è ho avuto un ictus. Però, non posso andare a curarmi nel mio paese, dove vivono mia moglie e i miei due bambini, perché il tribunale ordinario ha disposto la custodia cautelare in carcere per un altro processo in cui sono imputato e non intende revocarla".

In effetti, il 24 febbraio 2009 (e successivamente all’inizio del 2010), il magistrato di sorveglianza aveva firmato il differimento della pena per Jacques De Decker e aveva disposto la scarcerazione, inviando gli atti al tribunale di sorveglianza. Due giorni dopo, il presidente del collegio aveva confermato il differimento della pena, ma non aveva potuto disporre la scarcerazione proprio perché era in corso un altro procedimento penale. In pratica, la pena era stata sospesa per consentire al paziente di curarsi, ma lui comunque non è mai uscito dal carcere.

Il magistrato di sorveglianza il 3 febbraio 2009 aveva affidato al dottor Antonio Pazzola, del reparto di Oncologia medica del Santissima Annunziata, una perizia per accertare da quali patologie fosse affetto il detenuto, se le sue condizioni di salute fossero di particolare gravità e se fossero o meno compatibili con il regime di detenzione in carcere.

Il medico incaricato era arrivato a queste conclusioni: "Il detenuto De Decker è affetto da neoplasia pancreatica complicata da pancreatite e da epatite colostatica. Le condizioni cliniche del detenuto non sono più compatibili con il regime di detenzione carceraria". Il 9 marzo 2009 il tribunale ordinario aveva respinto l’istanza di revoca della misura cautelare in carcere, presentata dal legale di De Decker, Giuseppe Onorato, e a distanza di un anno il cittadino belga è ancora a San Sebastiano. - Federico Spano

Novara: detenuto aggredisce agenti e comandante polizia pen.

 

Ansa, 22 aprile 2010

 

Due agenti della polizia penitenziaria sono stati aggrediti da un detenuto nel carcere di Novara. Per entrambi è stato necessario il ricovero in ospedale. A renderlo noto è il sindacato di polizia penitenziaria Osapp che, dopo l’episodio, "denuncia lo sfascio delle carceri piemontesi e valdostane e l’immobilismo e l’inerzia dell’amministrazione".

L’aggressione si è verificata nel pomeriggio, quando un vice sovrintendente è stato aggredito per futili motivi da un detenuto straniero. Un assistente capo è giunto in suo aiuto ed è stato a sua volta aggredito con calci e pugni. Il vice sovrintendente è stato medicato all’ospedale e dimesso in serata, mentre il suo collega si trova tuttora ricoverato.

‘Non si può rimanere inermi di fronte a episodi così gravi. Proprio ieri - ricordano il segretario regionale dell’Osapp Gerardo Romano e il segretario provinciale novarese Armano De Nunzio - le organizzazioni sindacali del comparto sicurezza hanno avuto un incontro a Novara con il provveditore regionale, al quale è stato chiesto l’immediato avvicendamento del direttore e del comandante di reparto della casa circondariale per le gravi disfunzioni e la cattiva gestione dell’istituto". Le stesse organizzazioni, ricorda l’Osapp, hanno dichiarato lo stato di agitazione "che si concretizzerà in eclatanti manifestazioni di protesta se non saranno assunti immediati correttivi".

 

Ferito Comandante polizia penitenziaria

 

Un marocchino di 22 anni, E.A., detenuto per rapina e lesioni, che già ieri pomeriggio aveva aggredito a calci e pugni due guardie del supercarcere di Novara, intervenute per sedare un litigio con il suo compagno di cella, ha aggredito oggi il comandante del reparto di polizia penitenziaria. Lo rivela in una nota il segretario generale della Uilpa penitenziari, Eugenio Sarno. "Durante l’ordinaria ispezione alle celle - spiega Sarno - il detenuto è andato in escandescenze e all’improvviso si è scagliato contro il comandante spingendolo a terra e provocandogli una sospetta distorsione al ginocchio". Secondo la Uilpa penitenziari, "era facilmente prevedibile che l’aumento esponenziale dei detenuti avrebbe alimentato atteggiamenti violenti e insofferenti. Tutti hanno il dovere di non sottovalutare i segnali precisi che vengono dall’interno delle carceri".

 

Il Sappe annuncia corteo di protesta

 

La situazione nel supercarcere di Novara, dove ieri due guardie, un sovrintendente e un assistente capo, sono stati aggrediti a calci e pugni da un detenuto straniero e dove i sindacati di polizia penitenziaria sono in stato di agitazione permanente da tempo, è definita esplosiva dal Sappe. La segreteria provinciale del sindacato autonomo, oltre a esprimere solidarietà ai colleghi aggrediti, annuncia interrogazioni da parte dei parlamentari locali e una manifestazione in Prefettura il prossimo 29 aprile.

Sanremo: topo morto nel ragù, scoppia la protesta dei detenuti

 

Agi, 22 aprile 2010

 

Protesta e indignazione nel carcere di Sanremo. Stava per infilare il cucchiaio in un piatto di gnocchi al ragù quando, tra un pezzo di pasta e l’altro, ha trovato un topo morto. A suon di posate sbattute forte contro piatti e pentole, i detenuti hanno protestato contro la direzione del penitenziario. È così intervenuto il direttore per far rientrare l’agitazione. Sul ritrovamento del topo è stata aperta un’inchiesta amministrativa. Sovraffollamento, mancanza di agenti, suicidi e ora un topo nella pietanza di un detenuto. I gravi problemi all’interno dei carceri liguri sembrano non finire mai.

Porto Azzurro (Li): 2 agenti arrestati 9 denunciati, per hashish

 

Ansa, 22 aprile 2010

 

Sono agli arresti domiciliari i due agenti di polizia penitenziaria, in servizio nel carcere di Porto Azzurro, arrestati dalla guardia di finanza nell’ambito delle indagini legate ad attività di spaccio di hashish. Altri nove agenti, oltre ai due già arrestati dalla guardia di finanza, sarebbero coinvolti a vario titolo nell’inchiesta e per questo denunciati a piede libero dall’autorità giudiziaria.

Le indagini, condotte dalla guardia di finanza e dalla stessa polizia penitenziaria con il coordinamento dalla procura di Livorno, vanno avanti nel massimo riserbo. Secondo quanto si apprende sembra esclusa, al momento, l’ipotesi di un coinvolgimento dei detenuti nelle attività di spaccio, che sarebbero avvenute fuori dalle mura del carcere di Forte San Giacomo. L’indagine è scattata la scorsa settimana con l’arresto di uno dei due agenti, trovato in possesso di 20 grammi di hashish nella zona del porto di Portoferraio, dopo un controllo dei finanzieri. L’operazione è proseguita ieri, con una decina di perquisizioni in abitazioni private e nella caserma di polizia penitenziaria che hanno dato esito positivo, portando all’arresto di un secondo agente.

"Si tratta di un episodio increscioso - commenta Aldo Di Giacomo, responsabile nazionale del sindacato Sappe - dobbiamo attendere l’evoluzione delle indagini per capirne bene la portata". Per Di Giacomo, inoltre, "il corpo di polizia è sano e non può essere sciupato dalla condotta di pochi". "Siamo di fronte a un fatto grave che non può essere giustificato", dice Eugenio Sarno, responsabile nazionale Uilpa. È opportuno intervenire subito per migliorare le condizioni nella casa di reclusione e, in particolare, degli agenti che operano al suo interno".

Milano: a Bollate debutta "compagnia" dei detenuti di Rebibbia

 

9Colonne, 22 aprile 2010

 

La compagnia di detenuti del carcere di Rebibbia debutta oggi al Teatro del Carcere di Milano-Bollate. Per la prima volta trenta detenuti attori si esibiscono di fronte al pubblico milanese con lo spettacolo "Viaggio all’isola di Sakhalin" di Esposito ed Andreini Salerno. Lo spettacolo è liberamente ispirato al reportage che Cechov scrisse alla fine del 1800 visitando la colonia penale all’estremo oriente della Russia. Alla descrizione delle condizioni di detenzione degli ergastolani reclusi, si intreccia il racconto di una delle più sorprendenti esperienze dello scienziato Oliver Sacks.

Libri: "La mia vita dentro", perché in 40 anni nulla è cambiato

di Tiziano Scolari

 

Varese Notizie, 22 aprile 2010

 

"È giusto scandalizzarsi per la morte di Matteo Cucchi, ma quello è solo l’effetto, ragioniamo sulle cause". La presentazione di "La mia vita dentro" che si è tenuta mercoledì 21 aprile a Busto Arsizio si è trasformata in una riflessione sul carcere di ieri, oggi e domani.

Cos’è il carcere? "Dal punto di vista gestionale rimane una macchina infernale che demolisce le persone deboli e sensibili e fa diventare i cattivi ancora più agguerriti".

Luigi Morsello sa bene cosa accade quando si chiudono i cancelli. In quarant’anni è stato direttore di sette carceri e funzionario dirigente in altre 22 strutture. Ieri era a Busto Arsizio per presentare "La mia vita dentro" un libro di memorie in cui racconta le facce e le storie di chi dietro le sbarre è costretto a starci. La realtà del carcere è oscura e nascosta agli occhi di chi sta fuori. "Ma non è vero!" si accalda Morsello. "Rimane oscura se i dirigenti decidono di tenere quel mondo separato da quello esterno. Ma la legge stessa prevede la partecipazione della realtà esterna all’attività educativa del carcere".

Morsello in quarant’anni ha cercato più e più volte di portare luce nelle celle. "Nel piccolo carcere di Lodi ho invitato la cittadinanza ad entrare. Sono venuti in cento". Nel 1972, un secolo fa, ha organizzato un pranzo con detenuti, personali e parenti. A quel tempo ai detenuti non era neppure permesso guardare il telegiornale e i programmi, concessi solo per tre sere a settimana, erano scelti dalle guardie carcerarie.

Situazione drammatica - Roberto Ormanni, curatore del libro, parla delle scelte che hanno portato alla stesura del testo. "Non è un libro di denuncia perché quelli non servano a nulla. Provocano l’indignazione che dura un solo giorno. Serviva invece un racconto, una favola". Ormanni è molto duro sull’attuale situazione delle carceri. "Da decenni si parla di emergenza, ma poi nulla cambia. È questa la cosa drammatica". Nonostante questo le carceri non scoppiano, o almeno non ancora. "La struttura delle carceri funziona perché le persone che ci lavorano dentro, nonostante tutto, la fanno funzionare". Anche grazie a una sorta di "carcerite" che prende le guardie che con passione fanno quel lavoro. "È giusto indignarsi perché Matteo Cucchi è morto. Ma quello è solo l’effetto di una situazione. Delle cause invece non si parla mai, perché è più comodo non parlarne".

Bossi-Fini legge criminogena - Le cause vengono individuate nell’incompetenza di molti direttori e capi dipartimento, nel sovraffollamento delle strutture "che si previene agendo sulla legislazione, non si combatte quando è già in atto" dice Morsello e con interventi legislativi. "Ci sono più di 200 reati che oggi non hanno più senso, ma che rallentano la giustizia" spiega ancora l’autore del libro "e ci sono anche leggi come la Bossi - Fini che hanno effetti criminogeni". Alla libreria Boragno era presente anche Salvatore Nastasia, direttore della Casa Circondariale di Busto Arsizio, la cui situazione non è diversa da quella degli altri carceri della penisola. Attualmente i detenuti presenti sono circa il doppio rispetto a quelli previsti. Questo nonostante la casa circondariale di Busto sia all’avanguardia per quanto riguarda tutta una serie di progetti, anche di inserimento lavorativo. 48 detenuti lavorano all’interno del carcere producendo cioccolato. "La più grande iniziativa a livello nazionale di lavoro all’interno di un carcere" sottolinea Rita Gaeta, responsabile dell’area educativa. Una piccola luce in un mondo che sembra buio.

Droghe: dal Dpa "primo passo" per liberare tossicodipendenti

di Patrizio Gonnella e Alessio Scandurra

 

www.linkontro.info, 22 aprile 2010

 

Riconoscendo il fatto che il congestionamento delle carceri è dovuto in buona parte dall’ingresso di tossicodipendenti detenuti per spaccio di lieve entità, il sottosegretario Carlo Giovanardi ha reso noto che il Dipartimento per le politiche antidroga ha inviato una proposta di emendamento al disegno di legge predisposto dal governo, che prevede la detenzione domiciliare per chi deve scontare un anno di pena e la messa alla prova per i reati puniti con una condanna non superiore a tre anni.

L’emendamento accoglie alcune delle proposte fatte dai rappresentanti delle associazioni che hanno promosso l’appello "Le carceri scoppiano, liberiamo i tossicodipendenti", ovvero Forum Droghe, Antigone, Gruppo Abele e Cnca, associazioni che da dicembre dell’anno scorso partecipano ad un tavolo di lavoro con il Dipartimento politiche antidroga allo scopo di migliorare l’attuale legislazione e le sue prassi applicative.

L’emendamento propone anzitutto di rivedere per i tossicodipendenti la legge ex Cirielli sulla recidiva, restituendo al giudice la possibilità di far prevalere per loro le attenuanti sulle aggravanti. Si prevede inoltre di portare da due a tre il numero massimo di affidamenti in comunità, e un monitoraggio dei posti disponibili nelle comunità terapeutiche, in modo da favorire per i tossicodipendenti lo svolgimento dell’ultimo anno di pena in detenzione domiciliare in comunità. Infine si chiede che per i tossicodipendenti la messa alla prova proposta dal governo possa essere applicata anche se imputati per reati puniti con pene superiori nel massimo ai tre anni (per il piccolo spaccio la legge 309 prevede da uno a sei anni).

Si tratta di una notizia che va accolta favorevolmente. Si prende finalmente atto della gravità della attuale situazione e della necessità di intervenire su due leggi, la ex Cirielli e la Fini-Giovanardi, che da tempo vengono indicate come le principali cause del sovraffollamento penitenziario. Altri interventi su queste leggi, così come sulla normativa sulla immigrazione, continuano a sembrarci indispensabili, ma un primo passo è stato fatto. Ci auguriamo che il tavolo di lavoro presso il Dipartimento politiche antidroga prosegua le sue attività fino a giungere in particolare al risultato che apparentemente tutti auspicano: garantire alle persone tossicodipendenti una modalità diversa ed utile di esecuzione della pena.

Iraq: detenuti torturati in carcere; Tv al-Jazeera mostra le foto

 

Ansa, 22 aprile 2010

 

La tv araba al-Jazeera ha mostrato oggi per la prima volta le foto di alcuni cittadini iracheni che sostengono di aver subito pesanti torture durante la loro detenzione nel carcere dell’aeroporto di al-Muthanna, a Baghdad.

Il racconto delle vittime. Uno di loro ha rivelato alla tv qatariota di aver subito torture da parte dei dirigenti del carcere e di essere stato rilasciato grazie all’intervento del ministero dei Diritti Umani. Un secondo ex detenuto sostiene che le torture avvenivano alla presenza dei familiari delle vittime in modo da spingere gli arrestati a confessare di essere collusi con il terrorismo. Le violenze, prosegue l’uomo, sarebbero proseguite anche dopo un’ispezione dei funzionari del ministero per i Diritti Umani di Baghdad.

La questione del carcere segreto di al-Muthanna, nella capitale irachena, è stata sollevata dal quotidiano Los Angeles Times, secondo il quale sarebbero stati torturati centinaia di detenuti sunniti. Il giornale statunitense ha pubblicato il 18 aprile un rapporto sulla prigione, parlando di prigionieri torturati con elettroshock, simulazione di soffocamento con buste di plastica e percosse, che avrebbero causato la morte di un detenuto a gennaio. Alla luce di queste notizie, Amnesty International ha chiesto alle autorità irachene di aprire un’inchiesta. Il premier Nuri al-Maliki ha dichiarato di non essere a conoscenza di questi abusi.

Pakistan: migliaia di detenuti incarcerati, senza incriminazione

 

Adnkronos, 22 aprile 2010

 

Migliaia di persone sono rinchiuse nelle prigioni del Pakistan senza incriminazione. L’ordine arriva dalle autorità militari del Paese che ritengono i detenuti responsabili di crimini contro lo Stato e che temono che la giustizia civile possa rimetterli in libertà. La maggior parte dei prigionieri, si legge in un articolo del Washington Post che cita fonti ufficiali pakistane e statunitensi, è in carcere da circa un anno e non ha avuto l’autorizzazione a contattare parenti, avvocati o rappresentante di gruppi per la difesa dei diritti umani.

Per le autorità pakistane non esiste una soluzione al problema, anche perché i tribunali non sono in grado di affrontare tanti casi complessi di accuse per terrorismo. Nella maggior parte dei casi delle persone detenute, si legge sul quotidiano, ci sono poche prove e le testimonianze sono difficili da ottenere. Così tutto gioca a favore dei Talebani, che da tempo fanno tesoro delle debolezze del governo e promettono alla popolazione la giustizia veloce che i tribunali non sono in grado di offrire.

"Non abbiamo un sistema come quello egiziano, dove un uomo viene mandato di fronte a un tribunale e la condanna a morte viene eseguita nell’arco di tre giorni", ha affermato Malik Naveed Khan, ufficiale di polizia del Pakistan nordoccidentale. Secondo il generale Athar Abbas, portavoce dell’Esercito pakistano, le autorità militari "sono molto preoccupate" del fatto che i detenuti possano uscire di prigione se verranno consegnati alla giustizia civile. Oltre 300 sospetti militanti islamici catturati durante l’operazione militare lanciata tre anni fa nella Valle di Swat, nel turbolento Pakistan nordoccidentale, sono stati poi rilasciati nell’ambito di un accordo di pace con il governo. E molti, secondo il generale Abbas, sono poi tornati a combattere con i Talebani.

È nel distretto di Swat che Human Rights Watch ha documentato almeno 300 omicidi extragiudiziali compiuti, secondo l’organizzazione, dai militari pakistani. L’Esercito ha respinto le accuse, sottolinea il Washington Post.

Gli Stati Uniti, si legge sul giornale, non hanno fatto pressioni sul Pakistan per una precisa soluzione del problema, ma hanno esortato le autorità di Islamabad a trattare i casi nel rispetto della legge. A Washington c’è comunque il timore che tutto si ripercuota sulla lotta contro gli insorti in Pakistan, sostenuta dagli Stati Uniti, e possa mettere a repentaglio i miliardi di dollari di aiuti Usa al Paese.

 

 

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