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Giustizia: e il potere si garantisce, soprattutto in caso di errori di Dario Fo (Premio Nobel per la letteratura)
L’Unità, 7 novembre 2009
La relazione è immobile e funziona sempre: se un cittadino commette errori il sistema può sventrare la sua privacy per metterlo in sicurezza alla luce delle sue responsabilità. Ma se è il sistema a commettere degli errori, ogni tentativo di penetrarne la dinamica viene cassato, respinto. Il potere si garantisce soprattutto in caso di errori. Ecco perché faremo molta fatica per sapere cosa è successo a Stefano Cucchi. Del resto, è un sistema sapiente, riesce perfino a passare dei copioni standard alle sue vittime, alle vittime del suo "temperamento", copioni che le vittime sono tenute a recitare, come una litania nel caso abbiano fatto i conti con la rituale violenza di una istituzione carceraria. Devono dire e ripetere: "Mi sono fatto male da solo cadendo per le scale", quando qualcuno chiederà spiegazioni per i lividi e le ossa rotte. Tutti lo sanno, ma tutti devono fingere di non saperlo, è una sorta di convenzione teatrale che impone soggezione e omertà a una società intera. Tanto, in cella finiscono solo i "residui" di quella società, gli "scarti", i "vuoti a perdere"; un patto non pronunciato regge così quella vecchia relazione di potere: a igienizzare il tuo ambiente di vita ci penso io, tu, però, non fare troppe domande, sennò quel lavoro te lo fai da solo e non lo sai fare. Poi, però, ci muore tra le braccia un ragazzetto lieve lieve di meno di quaranta chili, che non ha ucciso nessuno, non ha fatto resistenza all’arresto, non sa cosa voglia dire far del male a chicchessia. Uno che dice candido di essere caduto dalle scale di un edificio gestito dalle forze di sicurezza. Ma prima di morire minaccia: voglio il mio avvocato sennò non mangio e non bevo più. E allora è più difficile fingere che non sia successo niente: quel bersaglio ispira tenerezza e la tenerezza è una brutta bestia se si infila tra le maglie di una meccanica repressiva. Ecco: allora si può cercare di dare qualcosa al pubblico avvelenato dalla tenerezza, magari cercando le "mele marce", i responsabili della violazione sventurata di un codice non scritto ma che sappiamo a memoria e che disgraziatamente è venuto a galla. Questo è il vero errore. Insomma, conviene porgere qualche responsabile del pestaggio mortale: sarà sgradevole ma va fatto. Così come andrebbe fatto che ogni cittadino italiano - a partire dal presidente del Consiglio - fosse prelevato di tanto in tanto dalla sua casa e trasferito per qualche tempo in una cella del nostro sistema di sicurezza. Non per provare il peso della punizione, ma per sapere di che pasta è fatta la sua civiltà. Diceva Voltaire a un amico che voleva proporgli di trasferirsi, fuggendo, a Brema: "...perché io possa capire la civiltà e la democrazia che si respira nel tuo paese, parlami delle vostre carceri". E tuttavia, nessuno può oggi nascondersi l’evidenza: l’infamia, l’inciviltà del carcerare. La segregazione in un luogo che normalmente - senza annaspare in casi limite - insegna la violenza, la furbizia, la falsità, un vademecum esattamente contrario al senso di una positiva educazione alla vita. Un breviario che viene consegnato in prima battuta ai poveri diavoli che fanno uso di droghe e che, sulla base di una disgraziata legge di questa destra, intasano oggi le celle italiane. Ingiustamente. Lì impareranno che se fossero stati truffatori non sarebbero mai stati privati della libertà. Giustizia: Garanti; detenuti morti, colpa del sistema alla rovina
Dire, 7 novembre 2009
"Le morti di persone detenute rappresentano ormai la quotidianità e l’impotenza colpevole di un sistema alla rovina". Perciò i Garanti dei detenuti "denunciano con forza la paralisi che sembra colpire chi ha responsabilità di governo, politiche e giudiziarie, incapaci tutti di cominciare intanto ad usare gli strumenti già esistenti per invertire la rotta, preoccupati di non incrinare una concezione della sicurezza sociale che alimenta paura e separatezza, e che produce solo sofferenza e disagio". È la dura accusa dei Garanti territoriali dei detenuti, affidata alla coordinatrice nazionale Desi Bruno, Garante diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna. "Coloro che a vario titolo si occupano di carcere - ricorda Bruno - avevano espresso in tempi non sospetti, e continuano ad esprimere, la loro seria preoccupazione in ordine ai numeri delle presenze negli istituti di detenzione assolutamente insostenibili. Il dato nazionale è eloquente, tutte le carceri del paese sono al limite della resistenza a causa del sovraffollamento, con un aumento della tensione nei luoghi di privazione della libertà personale, e con tutto il corollario che ne può derivare in termini di violenza, disperazione, violazione della dignità della persone". Dunque, "il disumano e sempre più colpevole sovraffollamento rende arduo il lavoro delle professionalità che ruotano attorno al carcere. E se la situazione ancora non esplode - afferma la coordinatrice nazionale dei Garanti - è solo grazie al grande senso di responsabilità dei detenuti e allo spirito di servizio e l’abnegazione degli operatori penitenziari". Ma "il piano di edilizia penitenziaria, la cui presentazione sembra sempre essere imminente, non pare idoneo a tracciare la via per uscire da questa emergenza", afferma Desi Bruno, così come "nulla viene detto in relazione al personale, la cui carenza attualmente è cronica, che dovrebbe insediarsi nelle nuove strutture". "La soluzione per far fronte all’immediato passa - secondo i Garanti dei detenuti - attraverso una puntuale applicazione, per le persone condannate in via definitiva, della legge Gozzini del 1986, recuperando il senso delle misure alternative che, dati alla mano, concorrono ad abbattere i numeri della recidiva. Si tratta, innanzitutto, di una importante sfida culturale che il nostro Paese, prima o poi, non potrà esimersi dall’affrontare se davvero si vuole contribuire a creare sicurezza reale per la società tutta". Così come "un diverso uso della misura cautelare carceraria, coerente con la normativa vigente, impedirebbe a migliaia e migliaia di persone di entrare in carcere per pochi giorni, con oneri immensi per lo stesso e inutile impatto con la privazione della libertà personale e i drammi che ne conseguono". Dunque, conclude la coordinatrice nazionale dei Garanti, "solo interventi di riforma che siano strutturali rispetto al tema della pena potranno garantire un approccio tendente alla soluzione della questione, con una risposta punitiva nella forma della carcerazione che dovrebbe riguardare solo quei casi in cui vengono lesi beni di primaria importanza, con una riforma del codice penale tendente al superamento della centralità della pena detentiva, prevedendo una diversa tipologia di sanzioni, tra cui l’utilizzo dei lavori socialmente utili, o che comunque prevedano condotte riparative e restitutorie nei confronti dei singoli e della collettività". Giustizia; Cgil, governo garantisca risorse settore penitenziario
Asca, 7 novembre 2009
"Nel dibattito che si sta svolgendo sulla legge finanziaria 2010, apprendiamo da taluni organi di stampa che la prossima settimana al Senato il governo sarebbe intenzionato a dare un segnale importante sulla sicurezza". È quanto afferma in una nota il responsabile nazionale del comparto sicurezza per la Fp Cgil, Francesco Quinti. "Prendiamo atto - si legge nella nota - con favore dell’ipotesi da più parti ventilata ma forse, considerati i danni inferti al settore e i reiterati annunci senza effetto fin qui proposti dal governo e dalla maggioranza che lo sostiene, è ora che più che alle parole l’esecutivo si affidi ai fatti, come hanno chiesto 10 giorni fa i 40mila poliziotti che hanno manifestato a Roma". "Lavoratori giunti - aggiunge Quinti - da ogni parte d’Italia che chiedono rispetto per il proprio lavoro, risorse adeguate a garantire la sicurezza del Paese e delle carceri (173 i milioni tagliati anche da questa finanziaria al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), il rinnovo del contratto, assunzioni di personale e altro ancora". "Su quest’ultimo tema - prosegue il rappresentante Fp Cgil - crediamo sia anche opportuno segnalare che già oggi solo alla polizia penitenziaria mancano dal proprio organico circa 6mila unità, e che qualsiasi altra apertura di padiglioni, sezioni o interi carceri che il governo e il ministro della giustizia - piano carceri o meno - abbiamo intenzione di pianificare per contenere il sovraffollamento imposto alle strutture, questa dovrà necessariamente fare i conti con l’ineludibile, essenziale adeguamento del personale". "Del resto - sottolinea Quinti - quanto sta accadendo oggi in pressoché tutte le carceri italiane è sotto gli occhi di tutti: i tagli insostenibili agli stanziamenti del Dap e a quelli dedicati al personale di polizia penitenziaria stanno producendo il rapido decadimento dei mezzi e degli agli strumenti in uso ai servizi del corpo. E ancora, il sovraffollamento spaventoso delle strutture, e la fortissima carenza di personale sta causando la pressoché generalizzata inesigibilità dei diritti delle persone detenute e del mondo del lavoro in carcere, divenuto ormai illegale". "Una situazione - conclude il comunicato - resa esplosiva, che imporrebbe subito una svolta alle politiche penitenziarie, come dimostra quanto sta accadendo anche in queste ore rispettivamente a Cagliari e Lanciano, ove nell’uno sono stati accertati almeno sette casi di meningite e mancano i vaccini contro l’influenza (con possibile grave pregiudizio della salute dei poliziotti), e nell’altro gli operatori della polizia penitenziaria sono costretti ad auto consegnarsi per protestare contro il blocco imposto alle loro ferie". Giustizia: il Corpo cercava poliziotto... ha trovato un ingegnere
www.polpen.it, 7 novembre 2009
Con la nascita del Governo Berlusconi il mondo penitenziario aspettava con ansia un nuovo Capo del Dap per poter finalmente parlare di sicurezza. Ci si aspettava una sostanziale riorganizzazione dell’Amministrazione, i Direttori credevano nel loro primo contratto, I 39 psicologi vincitori di concorso speravano nell’assunzione, il Corpo era convinto in una riorganizzazione (riallineamento, riordino) e i Funzionari speravano di affrontare problematiche a loro vicine. Ed invece nulla di tutto questo. Tutte le speranze sono state disattese e le promesse non mantenute hanno trovato rifugio sotto il grande ombrello della crisi. Anche qualche altro ministro si è messo in mezzo. Per Brunetta siamo tutti panzoni e fannulloni. Con il passare dei giorni assistiamo ad un primo riordino: il Capo del Dap viene nominato commissario straordinario, va in giro per l’Italia, avvia numerose conferenze e illumina tutti con un progetto mai visto che riguarda il Corpo. Da lì a poco l’asse si sposta su un fatidico Piano per l’edilizia che prende il suo nome. A distanza di qualche mese un altro aggiustamento finalmente svela il mistero. La proposta si articola in più parti. Si occupa di misure alternative alla detenzione, del lavoro dei detenuti e soprattutto della realizzazione di nuove carceri. Prevede di edificare 17 nuove carceri "flessibili", dotate di misure di sicurezza e controllo sostitutive rispetto all’azione del personale di Polizia Penitenziaria (di cui 9 per deflazionare le strutture esistenti e 8 Case di Reclusione). Il costo di ogni strutture si aggira intorno ai 24 milioni di euro e si ottengono 7.650 posti letto. 7 nuove strutture da 88 milioni circa ciascuna per una capienza complessiva di 4.429 posti letto. 47 padiglioni detentivi in carceri esistenti di 200 posti letto per un totale di 470 milioni di euro. Tirando le somme si spende 1 miliardo e 490 milioni di euro per avere 21.479 posti letto in più, portando la capienza nazionale delle carceri italiane a 80mila posti detentivi. Per fare questo bisogna decretare lo stato di emergenza. Come in caso di terremoto o catastrofi naturali (con la differenza che nelle carceri il terremoto non c’è stato). Ed ecco, quindi, in arrivo un altro "riordino". Secondo voci ben informate la retribuzione, nel ruolo di commissario delegato, sarebbe destinata ad aumentare. Di quanto? Possiamo rifarci a un precedente: una legge del 2007, relativa alla gestione del G8, prevedeva, per il commissario delegato, un aumento mensile del 3,75 per cento, rispetto allo stipendio complessivo. Nel caso di Ionta, lo stipendio annuo, si aggira intorno ai 400 mila euro: il 3,75 per cento corrisponderebbe, quindi, a circa 180 mila euro annuali in più. E il Corpo? Cercava un poliziotto ed ha trovato un ingegnere. Giustizia: dietrofront di Alfano carcere di Pianosa non riaprirà
Adnkronos, 7 novembre 2009
Ieri l’annuncio del Guardasigilli che aveva proposto la riapertura dei supercarceri di Pianosa e dell’Asinara, provocando la netta reazione contraria di Matteoli e della titolare dell’Ambiente. Il carcere di Pianosa non riaprirà. Dopo le forti proteste dei ministri dei Trasporti e dell’Ambiente, Matteoli e Prestigiacomo, contro la proposta di riaprire i penitenziari di Pianosa e dell’Asinara per i detenuti soggetti al ‘carcere durò (41bis), il Guardasigilli Angelino Alfano fa retromarcia. "Il Caso Pianosa è risolto" afferma con soddisfazione Stefania Prestigiacomo. "Ho parlato con il collega Alfano - spiega il ministro - e abbiamo convenuto sulla opportunità di studiare soluzioni alternative che non coinvolgano gioielli naturalisti e paesaggistici". Il carcere di Pianosa tra l’altro si trova ora all’interno dell’area protetta del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano. La titolare dell’Ambiente raccoglie il plauso anche del Pd. "Bene Prestigiacomo - interviene Ermete Realacci -. Speriamo che la parola del ministro su Pianosa sia l’ultima e l’idea di riaprire il carcere di massima sicurezza nell’area protetta venga definitivamente archiviata". La Colonia Penale agricola di Pianosa, così si chiamava quando venne istituita dal Granducato di Toscana nel 1856, ospitò all’inizio i condannati destinati ad occuparsi dei lavori nei campi. Tra i detenuti nel 1932 si trovò anche Sandro Pertini, che era finito dietro le sbarre a causa delle sue attività antifasciste. Dopo la guerra, e con l’arrivo degli anni di piombo e le stragi di mafia, il carcere diventò una colonia penale per quello che in seguito sarebbe diventato il regime del 41 bis. Nel carcere esiste anche una zona di massima sicurezza, denominata Agrippa, voluta dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il carcere, attivo per oltre 140 anni, ha ospitato negli anni Ottanta alcuni terroristi e, dal 1992 al 1997, una sezione di massima sicurezza riservata ai mafiosi. Queste vicende hanno tagliato fuori ancora di più l’isola dal resto del mondo ma, al tempo stesso, hanno protetto ulteriormente il suo ecosistema marino, impedendo non solo un disordinato afflusso turistico ma anche la circolazione delle imbarcazioni private nel mare circostante. Le cronache di questi ultimi trent’anni ricordano il passaggio di detenuti come Francis Turatello, criminale della mala milanese, Pasquale Barra, Pietro Vernengo, e i boss di Cosa Nostra Pippo Calò, Michele Greco, Nitto Santapaola, Pippo Madonia, Giovanni Brusca. Tra i detenuti illustri, anche il fondatore delle Brigate Rosse, Renato Curcio. Il carcere è stato chiuso dopo 142 anni, nell’agosto del 1998. Attualmente l’isola non è permanentemente abitata, se non per pochi detenuti semiliberi che lavorano alla manutenzione dell’esistente e alcuni agenti di polizia penitenziaria, circa una decina in tutto. Il lavoro degli uomini della Penitenziaria è talvolta supportato dalle motovedette del Servizio Navale del Corpo, con base a Porto Azzurro e Marina di Campo nella vicina isola d’Elba. Giustizia: Osapp; Governo vuole privatizzare sistema carcerario
Ansa, 7 novembre 2009
"Si punta ogni giorno di più su situazioni che dimostrerebbero che i nostri agenti, se non violenti, cattivi e fuori di testa, non siano comunque più in grado di reggere. Dopodiché, e lo vedrete presto, per risolvere il problema penitenziario si indicano soluzioni che con la polizia penitenziaria e con l’istituzione non hanno nulla a che fare. Tra queste anche la privatizzazione". Lo afferma il segretario del sindacato della polizia penitenziaria Osapp, Leo Beneduci, che denuncia: "Voci, illazioni e sospetti servono solo a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica sulle reali intenzioni di qualcuno". "Nel piano carceri in corso di approvazione - dice Beneduci - si propone la realizzazione di 17 carceri leggere di 450 posti con un costo di 24 milioni di euro l’una. Strano: tale cifra è più o meno un terzo del costo effettivo di simili strutture. Chi metterà il resto dei soldi? E a che condizioni?". Nel piano, prosegue, "non c’è traccia della parola privatizzazione. Noi, però, abbiamo fatto due più due. I rischi di privatizzare il carcere e la polizia penitenziaria sono più per la collettività che nostri". Giustizia: Sappe; detenuti in protesta ad Asti, è brutto segnale
Il Velino, 7 novembre 2009
"Valuto con preoccupazione quanto sta avvenendo in questo ore nel carcere di Asti, dove è in un atto una protesta dei detenuti per contestare alcune concessioni e deroghe al regolamento penitenziario che la direzione dell’Istituto avrebbe concesso ai detenuti per fatti di terrorismo". È quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria, in relazione alla protesta in atto nel carcere di Asti. "Ci risulta infatti che - continua Capece - nel carcere astigiano è attualmente in atto una protesta, con battitura di vettovaglie sulle inferriate delle celle, scaturita dalla concessa differenziazione (rispetto agli altri ristretti) dell’orario relativo alla fruizione delle ore d’aria. E questo ha determinato la protesta degli altri detenuti, 41bis e comuni. Un segnale negativo, che ricade principalmente sulle già gravose, pericolose e stressanti condizioni di lavoro delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria, che lavorano a contatto con i detenuti e nella prima linea delle sezioni detentive 24 ore su 24, 365 giorni all’anno". "Quello di Asti - continua Capece - è un penitenziario con molte criticità, nonostante l’encomiabile lavoro che ogni giorno svolge il personale di Polizia penitenziaria. Infatti, a fronte di una capienza regolamentare di 297 posti, sono presenti oggi più di 310 detenuti, dei quali molti sottoposti al regime penitenziario di cui al 41 bis ed il 45 per cento sono stranieri. È ovvio che in questo contesto di sovraffollamento, ogni atto che va a modificare la vita penitenziaria a favore di una certa categoria di detenuti rispetto agli altri è foriera di problemi, soprattutto di sicurezza per chi nelle sezioni detentive lavora come i poliziotti penitenziari". Non vorremmo che questo episodio - aggiunge Capece - fosse un campanello d’allarme: per questo invitiamo l’Amministrazione penitenziaria nazionale e regionale a porre in essere gli opportuni accertamenti per comprendere le ragioni che hanno determinato questa protesta. La protesta di Asti, in atto in un carcere dove vi sono ristretti con molte e variegate fattispecie di detenzione, ci convince una volta di più sulla necessità e l’esigenza di definire i circuiti penitenziari differenziati in relazione alla gravità dei reati commessi, con particolare riferimento al bisogno di destinare, a soggetti di scarsa pericolosità, specifici circuiti di custodia attenuata e potenziando il ricorso alle misure alternative alla detenzione per la punibilità dei fatti che non manifestano pericolosità sociale". Cagliari: influenza A; nel carcere servono mille dosi di vaccino
Ansa, 7 novembre 2009
"Le condizioni di sovraffollamento del carcere di Buoncammino con diversi detenuti in condizioni precarie di salute e con deficit immunitario rendono urgente la somministrazione del vaccino AH1N1. Indispensabile inoltre se si vuole garantire l’incolumità e l’efficienza di Agenti di Polizia Penitenziaria, medici, infermieri e operatori". Lo afferma l’ex consigliera regionale socialista Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione "Socialismo Diritti Riforme" sottolineando che "è stato completato da diversi giorni il monitoraggio sulle necessità chiesto dall’assessorato regionale della Sanità ma ancora non sono arrivati i vaccini". "A Buoncammino, secondo una stima realistica sono indispensabili - afferma Caligaris - almeno 1.000 dosi di vaccino. La distribuzione del farmaco, anche in relazione all’andamento epidemiologico dell’influenza AH1N1, permetterebbe se effettuata in tempi brevi di creare una barriera sanitaria precauzionale utilissima. Nell’istituto cagliaritano infatti soggiornano oltre ai 500 detenuti altrettante persone con ruoli diversi". Firenze: detenuta in coma dopo overdose eroina, viene salvata
Adnkronos, 7 novembre 2009
Una detenuta nel carcere di massima sicurezza fiorentino di Sollicciano è stata trovata in fin di vita martedì notte, nella sua cella, a causa di un’overdose di eroina. Le agenti di polizia penitenziaria sono corse dopo che la compagna di cella della vittima, una 39enne, ha chiesto aiuto. Lei stava agonizzando nel suo letto ed era in crisi respiratoria, dava segni di miosi e spasmi, sintomi da overdose da eroina. La 39enne è stata portata d’urgenza all’ospedale di Torregalli, dove i medici le hanno somministrato il Narcan, l’antidoto all’avvelenamento da oppiacei, che blocca gli effetti dell’eroina. Poi le hanno dato ossigeno e lei ha iniziato a risvegliarsi. Una volta fuori pericolo è rimasta un giorno in osservazione ed è stata dimessa ieri. Durante la perquisizione della sua cella effettuata dagli agenti penitenziari la compagna, avendo paura di essere coinvolta, ha spiegato come era entrata la droga: le era stata consegnata poco prima, ai colloqui del pomeriggio. All’interno della loro stanza sono state trovate anche due siringhe. Agrigento: una detenuta tenta il suicido, dando fuoco alla cella
Agi, 7 novembre 2009
Ha dato fuoco al materasso della cella dove era rinchiusa nel carcere Petrusa di Agrigento e poi si è seduta, perdendo subito i sensi a causa del fumo acre che aveva invaso il locale. Una detenuta, straniera di 32 anni, è stata salvata in extremis dal personale della polizia penitenziaria in servizio nella casa circondariale di Agrigento. La donna è stata trascinata fuori e rianimata mentre lo stesso personale ha spento il fuoco. La donna era stata arrestata nel 2007 per spaccio di sostanze stupefacenti e si trova a Petrusa da ormai un anno e mezzo. Avrebbe finito di scontare la pena nel prossimo mese di aprile. Si tratta comunque, secondo quanto si è appreso, di una detenuta piuttosto "ribelle", tanto che sarebbe stata raggiunta più volte da sanzioni disciplinari inflittele dalla direzione del carcere. Non è ancora chiaro il perché la donna abbia tentato il suicidio. Cagliari: detenuta belga 21enne invia appello a Papa Ratzinger
Adnkronos, 7 novembre 2009
"Sono innocente e non riesco a comprendere parchè mi trovo ancora in cella dopo oltre quattro mesi di indagini. Qui sono sola e non ho nulla. Il processo per dimostrare la mia estraneità non è stato ancora fissato. La mia unica colpa è di essere stata ingenua a fidarmi di un uomo che mi ha potuto ingannare con facilità anche per la mia giovane età, ma non ho commesso alcun reato". Sono in sintesi le parole della lettera-appello al Papa di Melissa Sauvage, 21 anni, di Seraing (Belgio), una cittadina in provincia di Liegi, in carcere a Buoncammino per concorso in traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, dopo essere stata arrestata a Cagliari insieme ad un italiano, che trasportava droga. Melissa Sauvage non si dà pace e non riesce a farsi una ragione del perché non venga creduta perciò ha deciso di scrivere a Papa Ratzinger. "Lo riferisce - sottolinea Maria Grazia Caligaris, presidente di Socialismo Diritti Riforme - alle agenti di polizia penitenziaria, ai volontari dell’associazione che l’assistono insieme a suor Angela e Padre Massimiliano, agli interpreti, ai medici e agli educatori del carcere". Nutre molte speranze per l’incontro, previsto per l’1 dicembre prossimo, con un magistrato e due ispettori di polizia belgi, che "spero - riferisce le parole della Sauvage, Maria Grazia Caligaris - possa chiarire definitivamente la mia posizione. Sono incensurata e mi auguro che conoscendo la mia realtà possa cambiare radicalmente la mia posizione. Sono angosciata da questa condizione". Per lei si sono già mobilitati i concittadini belgi che in oltre 700 hanno sottoscritto una petizione alla Regina Paola di Belgio affinché la giovane donna possa attendere il processo accanto alla figlia ed alla madre e riprendere il lavoro che svolgeva prima dello sfortunato viaggio in Sardegna. "Non riesco a dormire - ripete Melissa in lacrime con un italiano appreso in cella, sempre con parole riferite dalla Caligaris - per la preoccupazione che mi suscita la condizione di mia figlia di quattro anni e di mia madre alcolista. Entrambe hanno bisogno di me e io di loro. Ho detto tutto quello di cui ero a conoscenza, ho fornito gli elementi per dimostrare la mia innocenza. Perché non vengo creduta? Non è più possibile per me restare dentro una cella, lontano dai miei affetti più cari, senza un motivo concreto. In questo modo rischio di impazzire". La giovane, incensurata, è stata arrestata il 30 giugno 2009 all’arrivo in Sardegna per una vacanza con Francesco Lombardo, 38 anni, di Palermo. Nell’auto del siciliano i Carabinieri avevano rinvenuto oltre un chilogrammo di cocaina. "Melissa è in una situazione psicologica difficile e molto delicata per un insieme di circostanze avverse. Una storia che - conclude Caligaris - risulta particolarmente coinvolgente sotto il profilo umano. Una giovane donna, illusa ed usata, con una problematica esperienza personale e familiare pregressa, sofferente per lontananza della figlioletta e per la solitudine dovuta all’impossibilità di poter contare sulla presenza dei familiari. L’auspicio è che i tempi della carcerazione preventiva non si prolunghino ulteriormente". Ferrara: arrivano "rinforzi" il carcere avrà cinque agenti in più
La Nuova Ferrara, 7 novembre 2009
Una boccata d’ossigeno per il carcere ferrarese dell’Arginone, dove i detenuti sono troppi (fino a 530 su una capienza ideale di 260) e il personale è scarso (166 agenti invece di 232, 66 in meno). La protesta dei sindacati di polizia penitenziaria non è rimasta inascoltata. Le sollecitazioni, verbali e scritte, del senatore ferrarese Alberto Balboni (Pdl) hanno fatto breccia nel governo. Ieri dalla voce del sottosegretario Maria Elisabetta Alberti Casellati è arrivata la notizia dell’assegnazione, a partire dal 16 novembre e fino al 31 gennaio, di cinque unità aggiuntive: un sovrintendente e quattro agenti. "In un momento di lacrime e sangue come questo ci siamo impegnati per fornire al carcere di Ferrara un aiuto per affrontare i prossimi mesi. È un primo passo, vuole essere un segnale di attenzione e interesse del governo nei confronti di un problema che ci sta a cuore. Da qui al 31 gennaio ci adopereremo per disporre trasferimenti non temporanei ma stabili". "Siamo consapevoli che il provvedimento non rappresenta una soluzione al 100% - commenta il senatore Alberto Balboni - ma si tratta di un segnale importante, che comporta un onere finanziario non indifferente in un momento che non è certo facile. Sono sicuro che il personale del carcere saprà apprezzare un aiuto che arriva in un momento di grande difficoltà. Sono soddisfatto di questo risultato: attraverso sollecitazioni verbali e scritte a più riprese ho fatto presente al governo la situazione critica in cui operava il personale del penitenziario ferrarese. E queste sollecitazioni sono state ascoltate e raccolte dal sottosegretario, che si è subito prodigato per ottenere i trasferimenti". Avellino: Uil; poliziotto penitenziario uccide la moglie e si suicida
Ansa, 7 novembre 2009
A sparare è stato un assistente capo della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Bellizzi Irpino. L’uomo, usando la pistola di ordinanza, ha ucciso la moglie e poi si è tolto la vita. Lo ha detto Eugenio Sarno, segretario della Uil Penitenziari, che conosceva l’agente di Monteforte Irpino. L’assistente capo - ha spiegato il sindacalista - aveva svolto regolarmente in mattinata il suo turno di servizio senza dare alcun segno di depressione o nervosismo. "Sono sconcertato e afflitto - dice Sarno -. Evidentemente c’è un male oscuro che colpisce la polizia penitenziaria. I nostri disperati allarmi sono caduti nel vuoto ed ora registriamo l’ennesima tragedia. Quando Ionta ed Alfano troveranno voglia e tempo per ragionare di questo dramma che si consuma all’interno dei penitenziari? Quando la stampa e la società capiranno che il personale penitenziario è oramai all’esasperazione assoluta?". Televisione: questa sera a Tg2 dossier "Storie fuori dal carcere"
Asca, 7 novembre 2009
A Tg2 Dossier un viaggio dopo il carcere, tra le storie difficili e il futuro incerto degli ex detenuti. Protagonisti uomini e donne che hanno saldato il proprio conto con la giustizia, alle prese con una sfida nuova: tornare a vivere. Una strada in salita, tra pregiudizi, mancanza di lavoro, solitudine e famiglie in cui molto spesso è difficile riconoscersi. Ne parlano al Tg2 ex carcerati, ma anche magistrati, sacerdoti, associazioni. Quanto sono determinanti le misure alternative per favorire il reinserimento sociale e a che punto è la capacità di rieducare al lavoro nei nostri istituti penitenziari. "L’altra prigione - storie fuori dal carcere", a Tg2 Dossier, a cura di Marcello Masi, sabato 7 novembre alle ore 23.20 circa, Raidue. Droghe: Bernardini; è il proibizionismo che favorisce il mercato di Toni Jop
L’Unità, 7 novembre 2009
Abbiamo chiesto da tempo di separare le droghe pesanti da quelle leggere La legge così com’è non funziona. Non regolamenta e crea ancora più danni. Maddai, anni di proibizionismo duro, di carceri piene di tossicodipendenti e il consumo di cocaina vola? Avranno compreso qualcosa queste teste d’uovo che ci organizzano la vita? "Mi piacerebbe chiederlo ai ministri di questo governo ma temo non mi risponderebbero, così come non hanno mai risposto ai miei tentativi di riportare un briciolo di ragionevolezza nella legislazione che si occupa di droghe. Eppure ora loro sono di fronte a un fallimento. Se non gli garba trovino un altro vocabolo per definire i dati che ci sono stati comunicati in proposito". Così parla Rita Bernardini, deputata radicale nel nostro Parlamento, da anni sulle barricate. Assieme a Pannella e ad altri del gruppo radicale è stata esclusa dal diritto di partecipare a competizioni elettorali di livello regionale, provinciale e comunale perché nel corso di una manifestazione di disobbedienza civile ha violato pubblicamente la legislazione sulle droghe.
Cosa c’è di sensato in questa situazione, Rita? Niente. A cominciare dal divieto che citavi. Perché se alle elezioni locali non possiamo partecipare, a quelle nazionali e a quelle europee possiamo prender parte. Sarà un delirio? Altra questione: cosa c’è di sensato nel proibizionismo che fin qui ha amministrato le cose? Cosa c’è di sensato nella morte di Stefano Cucchi? Nella sua detenzione? Quel povero ragazzo è stato ucciso e tutti ora tengono conto di quel che è accaduto, vogliono sapere. Ma chi si interroga se sia giusto mettere in cella uno che assume delle droghe?
Parli di tutto questo con il piglio di chi si sente piuttosto solo... Manno. Proprio sola no. Ma insomma... Ogni tanto, dai banchi dell’opposizione viene qualcuno a dirmi che è d’accordo con me. Cuperlo, per esempio. Ma Livia Turco non so se sia su questa linea; dall’altra parte, posso dire che Antonio Martino è certamente convinto che il proibizionismo sia del tutto dannoso... Cattiveria per cattiveria: aumentano i consumatori di droghe pesanti e quindi anche il mercato si allarga, ed è un mercato criminoso.
Chi devono ringraziare i mercanti di morte? Lo diciamo da sempre che il proibizionismo favorisce il mercato, il favore glielo fa questa politica folle. Lezione non nuova, del resto: è ben noto che il proibizionismo non solo aiuti il mercato illegale ma favorisca il dilagare della corruzione... Però, se ti trovano una piantina di marijuana in casa finisci dentro... Esatto. E a volte ci resti, com’è successo a quell’uomo messo in carcere in Umbria perché coltivava la sua erba.
Ne è uscito morto e nessuno sa perché. Cose che capitano? Che tristezza. Facessero qualcosa almeno in direzione della riduzione del danno, e invece no. Abbiamo chiesto di separare le droghe leggere da quelle pesanti, non ci sentono, eppure sarebbe di grande aiuto per regolamentare. Ecco noi siamo per regolamentare, mentre loro che si trincerano dietro il proibizionismo si battono evidentemente per la liberalizzazione. Non si spiega altrimenti il risultato che abbiamo tra le mani, e li sfido a sostenere che si tratta di un buon risultato, convincente, che dà loro ragione, che li spinge a proseguire lungo questa strada... Non è che abbiano tutte le colpe per quel che accade perché tutti hanno cincischiato su questo tema, ma certo questa legge in vigore è opera loro, vedessero un po’ dove li ha portati la loro ipocrisia.
Proposte, facciamo delle proposte e stiamo a vedere chi ci sta... Va bene. Ecco una proposta di legge per equiparare la detenzione per uso personale alla coltivazione di una piantina di marijuana... Ma, scusa, così fai crollare il mercato... Scherza pure. Ma c’è ragionevolezza in questa proposta. Si controllano i semi in vendita in modo che abbiamo i requisiti previsti e il fumo non comporti allucinazioni o altri effetti gravi. Sarà sbagliato? Poi: somministrazione controllata di eroina ai tossicodipendenti. Dove questa misura viene messa in pratica, i consumatori tornano alla vita, cessa quello stato di semi morte in cui li caccia la legge. Dicono che i tossicodipendenti delinquono per procurarsi ciò di cui non possono fare a meno. Furtarelli e piccolo spaccio: tutto questo viene spazzato via dalla proposta di somministrazione controllata.
Altro inconveniente: così svuoti le celle e rischi che ci finiscano dentro i furfanti veri... Giusto. Recentemente, ho presentato una interrogazione a proposito di una povera detenuta morta in carcere per aver inalato del gas. Il ministro mi ha risposto: non siamo responsabili, era una tossicodipendente. Bella risposta: chi ha messo una persona malata nelle condizioni di trovare una via di uscita di questo tipo? Due giorni fa, a Piacenza, è morto un ragazzo tunisino allo stesso modo, sempre in cella... suicidio o morte accidentale alla ricerca di uno sballo a qualunque costo? Dovranno convenire, se hanno cuore, che siamo nelle mani di una legislazione omicida che va cambiata.
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