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Giustizia: oltre 63.000 detenuti... turni per stendersi in branda
www.pianetacarcere.it, 30 maggio 2009
Un sistema penitenziario che, nei fatti, opera al di fuori della legge. Sì, perché se il numero di detenuti tollerabile dal sistema italiano è di poco più di trentamila unità, nei fatti tale numero è stato più che raddoppiato. In base a dati ufficiali, per esempio, in Campania a fronte di una ricevibilità regolamentare di 5.306 posti e una tolleranza di 6.966, si è arrivati a 7.125 detenuti; in Emilia Romagna si è giunti a 3.919 sui 2.270 previsti e 3.761 tollerati; in Veneto a 2.924 sui 1.917 previsti e 2.902 tollerati. In tutto, in base a dati ministeriali, 63.100 persone detenute, sono oggi chiuse in celle che ne potrebbero ospitare circa 40mila. Una situazione dunque di grave sovraffollamento e degrado in cui pare quasi normale la decisione del direttore del carcere Coroneo di Trieste di istituire un "registro materassi". Il numero massimo di detenuti per il carcere friulano è di 150, il che significa circa 100 meno di quelli realmente presenti. Concretamente il sovrannumero si traduce in celle da 4 trasformate in celle da dieci, con i detenuti arrangiati alla bell’e meglio. Qualcuno anche per terra. Sovente si tratta di persone indagate che attendono di essere giudicate, quindi presunti non colpevoli, altre volte si tratta di persone malate, oppure di persone condannate, che non per questo devono essere trattate in un modo così distante da quanto prevede la legge. Per fronteggiare la situazione, ormai grave, la direzione del carcere di Trieste ha dovuto creare "un registro per la rotazione dei materassi a terra": un librone in cui si annota ogni giorno chi ha dormito per terra e che consenta a tutti di coricarsi su una branda almeno per un paio di notti a settimana. Giustizia: "l’obiezione di coscienza", contro la follia repressiva
Carta, 30 maggio 2009
Uno dei capitoli più interessanti del Rapporto sui diritti globali 2009 è quello dedicato ai diritti sociali, con dati, notizie e commenti, tra cui quello di Patrizio Gonnella di Antigone. Qui di seguito, alcuni stralci dell’intervista a Gonnella (dal titolo "Tra razzismo dall’alto e follia repressiva, serve il coraggio dell’obiezione di coscienza") realizzata da Dario Stefano Dell’Aquila. La situazione è quella di una nave impazzita. Di fronte al razzismo istituzionale, ai provvedimenti illiberali di questo governo bisogna ritrovare il coraggio dell’obiezione di coscienza individuale e collettiva. Obiettare rispetto a leggi ingiuste. Obiettare rispetto a pratiche istituzionali violente. Obiettare rispetto a pratiche para-istituzionali ugualmente violente. Obiettare nei confronti di chi rinuncia a obiettare, ossia di chi rinuncia a fare opposizione politica. Obiettare, come fece Antigone nei confronti della legge ingiusta degli uomini che le impediva di sotterrare il fratello morto in battaglia. Nei giorni scorsi è partita la Campagna Non avere paura (www.nonaverpaura.org) voluta da associazioni laiche e religiose. Si è manifestata pubblicamente una minoranza sociale e culturale che rappresenta una larga fetta di associazioni e organizzazioni sindacali contrarie all’imbarbarimento dei nostri tempi. Si è creato un circolo vizioso drammatico tra la classe politica e l’opinione pubblica. Esso si alimenta rimbalzando dall’una all’altra il gioco della creazione di un nemico posticcio e artificioso. Questo circolo va interrotto. Oggi, coloro i quali stanno dalla parte dei diritti umani sono contro il Pacchetto sicurezza, contro il reato di immigrazione clandestina, contro l’aggravante della clandestinità, contro la criminalizzazione di chi affitta un appartamento agli immigrati, contro i commissari ad hoc per i rom, contro le ronde, contro le denunce degli irregolari da parte dei medici. Il Pacchetto sicurezza è intriso di qualunquismo securitario. Così si spiegano le norme che prevedono l’estensione della custodia cautelare obbligatoria, la modifica, o meglio il peggioramento, dell’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, una pena carceraria per gli avvocati che, comunicando con un detenuto in 41 bis, favoriscono l’elusione delle prescrizioni imposte, l’istituzione di un registro apposito per le persone senza fissa dimora, la legittimazione delle ronde private, così negando il monopolio dell’uso della forza alle polizie. […] L’industria privata delle prigioni è oggi in una fase di stallo dopo il boom degli anni Ottanta negli Stati Uniti e degli anni Novanta nel Regno Unito. 111.000 sono i detenuti ristretti nelle carceri private statunitensi. Corrispondono più o meno a un ventesimo del totale della popolazione detenuta. I detenuti "privatizzati" sono cresciuti di 20.000 unità dal 2000 a oggi. Nonostante ciò il business è in crisi. Si è infatti fermata la costruzione di nuove galere private e si è interrotto il processo di liberalizzazione dell’apparato securitario nordamericano. Anche in Inghilterra è in corso un ripensamento delle politiche di privatizzazione. La Bbc ha aperto quest’anno il dibattito intorno alla cattiva efficienza delle carceri private. L’associazione dei direttori di carcere ha chiesto ufficialmente di ripensare la politica di privatizzazione. L’esplosione del business si è quindi fermata. Mentre negli Stati Uniti e nel Regno Unito si discute di una rinnovata centralità del settore pubblico, in Italia - con il dovuto ritardo - si apre il dibattito sulle carceri private. Crescono i detenuti in modo inversamente proporzionale alla cultura giuridica di questo Paese. Oggi sono 61.000. I posti letto sono solo 43.000. Ogni mese entrano nelle prigioni italiane circa mille nuovi detenuti. Sino a poco tempo fa, la popolazione reclusa cresceva di mille unità l’anno. Erano 60.000 qualche giorno prima dell’approvazione del provvedimento di indulto. Come mai crescono i detenuti così rapidamente? Sostanzialmente per tre motivi di natura legislativa. Il primo motivo ha due nomi: Bossi e Fini e la loro sciagurata legge sull’immigrazione. Sciagurata per i suoi effetti diretti e per quelli indiretti. Tra quelli diretti vanno annoverati i 1.873 stranieri in carcere per irregolarità nell’ingresso o nella permanenza in Italia. Tra gli indiretti vi è l’illegalità forzata in cui versano centinaia di migliaia di persone in attesa di una regolarizzazione che non arriva mai. Il secondo motivo è la legge ex Cirielli sulla recidiva, approvata nel dicembre del 2005 dal precedente governo Berlusconi. Essa prevedeva aumenti di pena e riduzioni di benefici per i recidivi. Anestetizzata dall’indulto ora inizia a produrre i suoi effetti devastanti in termini di affollamento penitenziario. Il terzo motivo è dato dalla criminalizzazione dei tossicodipendenti determinato dalla legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Giustizia: una sola speranza per la riforma del processo penale di Emile
www.radiocarcere.com, 30 maggio 2009
La speranza è che sia disposto un ordine di custodia cautelare nei confronti del padrone del Tg4 e che l’ordinanza, debitamente infarcita di trascrizioni d’intercettazioni di comunicazioni telefoniche intercorse tra il premier e l’abbronzato direttore, venga mediaticamente divulgata. Solo un simile evento determinerebbe di certo l’approvazione in tempi rapidissimi della riforma del processo penale. Con la stessa celerità che ha determinato l’approvazione del lodo Alfano, verrebbe infatti approvata una riforma complessa riforma del processo penale. Questa modificherebbe l’intero sistema processuale penale e sicuramente impedirebbe ai magistrati di ascoltare le telefonate dei non mafiosi, impedirebbe la pubblicazione di qualsivoglia intercettazione, separerebbe le carriere dei magistrati e vieterebbe l’arresto dei direttori dei telegiornali. Una riforma già scritta, che appariva di prossima approvazione alle idi del procedimento Saccà, quello napoletano, nel quale, secondo indiscrezioni, erano contenute piccanti intercettazioni di chiacchierate intercorse tra ministre della Repubblica. Attesa era la riforma ed attesa era la pubblicazione delle intercettazioni. Nessuna pubblicazione e nessuna riforma. Il processo penale anche allora rimase immutato. Una qualche speranza la si riponeva nel processo Mills. L’impegno profuso dai Giudici milanesi è stato importante. Una sentenza dalla mole notevole ha suscitato però solo la promessa che nel 2010 verrà approvata la separazione delle carriere. La riforma del processo penale può aspettare. Giustizia: nella sentenza Mills, una ipertrofia della motivazione di Marco Vassallo
www.radiocarcere.com, 30 maggio 2009
Sentenza Mills: 400 pagine di motivazione per un solo imputato e per un unico capo di imputazione. Un caso lampante di motivazione ipertrofica? Si definisce tale l’esposizione scritta delle ragioni della decisione adottata, eccedente i limiti dello stretto indispensabile. È uno dei vizi più ricorrenti della giurisprudenza recente, ampiamente studiato e criticato e che trova causa in molteplici fattori. È dato acquisito che la nostra impostazione culturale, a differenza di quella dei paesi anglosassoni, rifugge dalla sintesi, sin dall’età dell’educazione scolastica, come se la quantità di parole utilizzate per esprimere un concetto ne accrescesse l’importanza: quantità, in luogo di qualità. La capacità di sintetizzare il pensiero, di ordinare gerarchicamente i diversi fattori non appartiene al patrimonio educativo del Bel Paese, per nessuno dei gradi dell’istruzione, e la pratica del diritto ne è testimonianza diretta, sol che si pensi alla dimensione di un banalissimo atto di un processo civile: è prassi che nella comparsa di costituzione il convenuto ritrascriva integralmente - e del tutto inutilmente - l’atto di citazione. Le sentenze, troppo frequentemente, ne sono ulteriore esempio; anche i giudici pagano lo scotto di una formazione culturale che non premia la capacità di sintesi. Nella redazione della motivazione della decisione, tuttavia, spesso influiscono anche altri fattori che possono indurre il giudice a diffondersi al di là del necessario nell’illustrazione delle argomentazioni a sostegno della soluzione adottata, quali: la passione per il cavillo giuridico (sentenza-trattato); il perseguimento di un’utilità ai fini della valutazione di professionalità per la progressione in carriera; la volontà di apparire sulla stampa (sentenza-mediatica). Tutti questi fattori, sono accomunati da un carattere comune: l’asservimento della motivazione scritta anche a finalità estranee a quelle previste dall’ordinamento processuale. La mole della sentenza Mills - peraltro di scorrevole lettura - a mio parere, appare sproporzionata rispetto alle problematiche del processo, quali emergono dal testo del provvedimento, ed è determinata da un eccessiva iterazione dell’analisi dei medesimi mezzi di prova: ogni documento, testimonianza e consulenza sono ripercorsi ed analizzati più volte, come se la ripetizione potesse sopperire alla loro ambiguità interpretativa. Non conoscendo il processo, non sono in grado di affermare che la massa imponente della motivazione sia il sintomo certo di una carenza di prova, ma credo di poter affermare che dalla lettura della sentenza si evince l’impressione del perseguimento di una volontà di rendere il più possibile inattaccabile la decisione (come se la possibilità di riforma da parte del giudice superiore possa costituire uno smacco personale, o un attentato al senso di sé del magistrato). Personalmente ritengo che nel motivare, il giudice dovrebbe sempre cogliere il senso di relatività della propria statuizione, con minori ambizioni di ultimatività. Giustizia: Berlusconi; "tunnel giustizialista", che non finisce mai
La Nazione, 30 maggio 2009
Silvio Berlusconi ha ripetuto anche ieri di temere una replica del 1994. A suo giudizio, inviandogli l’invito a comparire per corruzione alla Guardia di Finanza mentre era a Napoli per presiedere una riunione dell’Onu sulla criminalità, i procuratori di Milano misero le premesse per la caduta del suo governo "ribaltando il risultato elettorale". Il governo in effetti cadde, anche per il ribaltone di Umberto Bossi e il Cavaliere dovette aspettare il 2001 per essere assolto con formula piena. Oggi egli vede nei tempi e nei modi con cui è stata scritta e depositata la sentenza Mills lo stesso tentativo da parte di settori della magistratura in cui si anniderebbero "grumi eversivi": eversivi perché intenzionati, secondo Berlusconi, a ribaltare ancora una volta il risultato elettorale. In effetti dal 1994 ad oggi la vicenda giudiziaria e la vicenda politica del presidente del Consiglio si sono costantemente sovrapposte. In quest’arco di tempo sono stati aperti 66 procedimenti penali rilevanti riconducibili direttamente o indirettamente a Berlusconi, indagato e processato personalmente una ventina di volte senza conseguenze: assoluzioni, archiviazioni, prescrizioni, sospensioni in attesa di giudizio (il caso Mills). Per capirci meglio: dalla vigilia del suo ingresso in politica ad oggi non c’è stato un giorno in cui almeno un magistrato non abbia avuto sul suo tavolo un fascicolo penale intestato all’attuale capo del governo. Non è normale né gradevole che il presidente del Consiglio parli di "grumi eversivi" tra i magistrati. Ma non è normale, né gradevole che lo stesso presidente del Consiglio sia stato di gran lunga l’uomo più indagato della storia italiana (e non solo) e che per lui siano state chieste rogatorie in paesi stranieri superiori a qualunque personaggio della nostra storia criminale. Questa situazione è spiacevole perché dopo molti anni - alla luce dell’esperienza veltroniana del 2008 - pensavamo di essere usciti dal tunnel dell’incrocio perverso tra politica e giustizia. Giustizia: espulso Azouz Marzouk; è "socialmente pericoloso" di Anna Savini
Il Giornale, 30 maggio 2009
Il volo per Tunisi in partenza da Linate alle 18 sta per decollare. A bordo c’è il tunisino più famoso d’Italia, Azouz Marzouk, 39 anni. Viaggio d’andata senza biglietto di ritorno. Non è bastata la nuova fidanzata. E neppure il lavoro come barista in un supermercato di Lecco. Neanche la sua volontà di far beneficenza aiutando un bambino con tanto di fotografia sul settimanale Gente. Niente di tutto ciò che Azouz Marzouk ha fatto per cancellare la sua fama e ripulire al sua fedina penale gli ha permesso di salvarsi dall’unica cosa che non avrebbe mai voluto fare: tornare in Tunisia. Il vedovo di Raffaella Castagna, l’uomo chiave della strage di Erba assieme a Rosa Bazzi e Olindo Romano, ha dovuto lasciare la sua terra d’adozione ieri, scortato dalla polizia italiana. Controvoglia, obbligato da una sentenza del tribunale di sorveglianza di Varese. Nonostante il suo avvocato, Roberto Tropenscovino, ce l’abbia messa tutta per dimostrare che il suocero di Carlo Castagna fosse un brav’uomo, i giudici hanno deciso in senso inverso. "Azouz è socialmente pericoloso". Perché non è bastata la strage dell’11 dicembre 2006 a fargli cambiare abitudini. Ancora dopo quei giorni in cui si vide sterminare la famiglia dai vicini di casa Romano-Bazzi, il papà del defunto Youssouf non aveva perso il vizio di spacciare. Il problema lo aveva seguito fino alla residenza degli arresti domiciliari. I giudici avevano analizzato le sue condanne per droga, prima e dopo la strage, e avevano stabilito l’allontanamento dall’Italia. Alla decisione, avvenuta lo scorso mese di febbraio, si era opposto Tropenscovino: "Il mio cliente si è costruito una nuova vita. Con una nuova fidanzata, un nuovo lavoro, chiede solo di restare in Italia. È un uomo che ha sbagliato, pronto a rimediare". Un barista, non più un uomo di spettacolo come quando si era lasciato convincere da Lele Mora e Fabrizio Corona che quella fosse la sua strada. L’appello a sospendere la sentenza di allontanamento non ha però bloccato l’iter e ieri è arrivata la fase pratica. Nei giorni scorsi la questura di Lecco lo ha invitato a presentarsi. Sapeva già Azouz qual era la comunicazione che avevano da fargli all’ufficio stranieri. Nonostante avesse fatto di tutto per convincere i giudici a lasciarlo libero, ha però accettato la decisione. Ha preparato la valigia e ringraziato il suo avvocato con un’ultima frase che ha il sapore della rassegnazione: "Meglio libero in Tunisia che detenuto in Italia". Il suo legale è comunque certo di poterlo riportare in Italia per le prossime scadenze giudiziarie. "Sono contento di rivedere i miei, ma tornerò", ha detto Azouz. La sua famiglia è benestante. Perciò l’uomo nel suo Paese non avrà problemi economici. Ma la vita nella sua terra gli è sempre andata stretta tanto da aver deciso di trasferirsi in Italia anni fa, dove trovò poi il tormentato amore con Raffalla Castagna. Passione e liti, a giorni alterni, anche per gli arresti per spaccio di droga e i suoi successivi soggiorni obbligati in carcere. Lettere: concorso per Vice Commissari di Polizia Penitenziaria
Ristretti Orizzonti, 30 maggio 2009
Spett.le Redazione, chi Vi scrive è un giovane laureato risultato idoneo al Concorso pubblico per l’assunzione di 133 Vice Commissari del Corpo di Polizia Penitenziaria. Tale concorso, bandito nel 2006, è giunto finalmente al termine nelle scorse settimane dopo una lunga e rigorosa selezione, che ha avuto inizio con l’espletamento nel giugno 2007 di una prova preliminare a seguito della quale hanno avuto accesso alle prove scritte mille candidati circa. A metà dello scorso mese di aprile, l’intera procedura concorsuale è pervenuta a conclusione a seguito degli accertamenti psicofisici ed attitudinali dei candidati. Il suesposto iter concorsuale, in attesa della pubblicazione della graduatoria definitiva, è terminato, quindi, con il conseguimento dell’idoneità da parte di circa trecento giovani laureati. Tuttavia, l’amministrazione penitenziaria, nonostante le gravissime disfunzioni del sistema carcerario, del problema del sovraffollamento, della penuria di personale, delle condizioni di oggettivo pericolo che ogni giorno gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria si trovano ad affrontare e, in particolare, della predisposizione del cosiddetto "piano carceri" ha ritenuto sufficiente un ampliamento della graduatoria pari ad appena nove (!!!) unità, portando così il numero degli assunti a 142 e coprendo, secondo il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, l’attuale vacanza organica. Di conseguenza, più di centocinquanta idonei che hanno speso tempo, denaro e fatica rischiano di veder vanificata la speranza di svolgere un’attività lavorativa per la quale sono stati giudicati idonei non solo dal punto di vista della preparazione giuridica ma anche sotto il profilo attitudinale. Tanto è dovuto ad un’asserita, ma non dimostrata, insufficienza di risorse finanziarie nonché alla mancata revisione della pianta organica (risalente ormai a più di nove anni fa) che impedirebbero lo scorrimento della graduatoria in questione causando, in tal modo, un rilevante danno economico laddove si consideri che, nel giro di pochi mesi, si renderebbe necessario, per coprire la futura deficienza organica causata dagli imminenti scatti di carriera, bandire un nuovo concorso, in spregio ai principi di efficienza ed economicità che dovrebbero governare l’agire la pubblica amministrazione. Pertanto, al fine di far valere i nostri diritti e vedere realizzato un sogno che inseguiamo da ben quattro anni, abbiamo costituito il Comitato Idonei Vice Commissari che si pone quale fine l’assunzione di tutti gli idonei presenti in graduatoria. Inoltre, com’è noto, l’attuale condizione degli istituti di pena italiani versa in condizioni disastrose: a fronte di 63mila detenuti, la Polizia Penitenziaria può "vantare" una carenza di organico pari a circa 5.500 unità. E il piano carceri presentato in questi giorni dal Governo se, da un lato, prevede la costruzione di nuove strutture carcerarie nonché l’ampliamento di alcune già esistenti, dall’altro, tace sull’impellente necessità di nuove assunzioni nel Corpo di Polizia Penitenziaria. Un Corpo finalmente in crescita e rispondente alle nuove prospettive dell’ambiente carcerario: attività di osservazione e trattamento rieducativo dei detenuti e degli internati, servizi di traduzione e piantonamento, smilitarizzazione, professionalità e sindacalizzazione sono solo alcuni dei punti salienti di quello che è stato, negli ultimi anni, il cammino, tra mille difficoltà, della Polizia Penitenziaria. Ci rivolgiamo a Voi certi che la nostra vicenda possa suscitare vivo interesse, tenuto conto anche del problema della disoccupazione che vanifica le speranze di tanti giovani laureati che profondono un impegno serio e costante nello studio, desiderosi soltanto, come nel nostro caso, di mettersi al servizio del Paese e vedere riconosciuti anni di sacrifici propri e delle proprie famiglie.
Dott. Virgilio Indini Firenze: Sollicciano; detenuto egiziano di 36 anni si è impiccato
La Nazione, 30 maggio 2009
Un detenuto di 36 anni, M.S., nato in Palestina ma di nazionalità egiziana, si è tolto la vita mercoledì scorso, intorno alle 24, nel carcere fiorentino di Sollicciano: l’uomo si è impiccato legando le lenzuola alla finestra della sua cella. La notizia è stata resa nota ieri dalla senatrice Donatella Poretti (era a Sollicciano con una delegazione di Radicali) e confermata da Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze. "Il detenuto - ha spiegato Corleone - era stato arrestato a Lodi nel 2005 per una rapina finita in omicidio. Era stato a Milano, a Porto Azzurro, a Sollicciano, a Volterra e dal 5 maggio scorso era tornato a Sollicciano: ha sempre avuto problemi di comportamento e di relazione. Era stato messo in una cella singola gli erano stati tolti tutti i lacci e le sue lenzuola erano quelle monouso, fatte di un materiale non resistente, ma lui si è suicidato arrotolando queste". Rimini: l’On. Berselli (Pdl) visita la Casa Circondariale "Casetti"
www.newsrimini.it, 30 maggio 2009
Questa mattina la visita ai Casetti di Rimini da parte del presidente della Commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli. Un’occasione per fare il punto della situazione su un carcere sempre più sovraffollato. "A oggi i detenuti nella nostra Casa Circondariale sono 189, 70 in più della capienza teorica poiché due sezioni sono chiuse per ristrutturazione; e l’estate - il periodo in cui è più massiccio il numero di nuovi arrivi - deve ancora iniziare". La prima persona a denunciare una situazione di pericoloso sovraffollamento ai "Casetti" è proprio il direttore della struttura: Maria Benassi. E poi c’è il problema degli agenti di sicurezza: l’organico è ridotto all’osso e le guardie sono costrette a turni di 8 ore anziché di 6, come previsto dalle nuove disposizioni in materia. Di tutto ciò si è discusso nel corso della visita del presidente della Commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli e dei membri del sindacato autonomo di polizia penitenziaria. Visita programmata da tempo, per verificare le condizioni di salubrità del carcere e le condizioni di vita dei detenuti. "Se non fosse per il sovraffollamento - afferma il direttore dei "Casetti" - la nostra sarebbe una struttura modello: con eccellenze quali la sezione di custodia attenuata riservata ad alcoolisti o tossicodipendenti".
Magistrati facciano convalide in carcere
La casa circondariale di Rimini deve fare i conti con problemi cronici che si aggravano con l’arrivo dell’estate. Ma anche con il problema delle udienze di convalida, che i magistrati continuano a voler fare in Tribunale invece che in carcere. Il presidente della Commissione Giustizia del Senato, l’onorevole Berselli, e il segretario nazionale del sindacato di Polizia Giudiziaria hanno visitato il carcere dei Casetti di Rimini nell’ambito di un’indagine conoscitiva demandata dal presidente del Senato, Schifani. Il carcere di Rimini ha eccellenze come il reparto Andromeda Uno, 16 posti per alcolisti e tossicodipendenti, e attende l’inaugurazione di Andromeda 2, altro reparto intermedio. Reparti che prossimamente saranno visitati, come modello, dalla Commissione mista Giustizia-Sanità. E i Casetti, ricorda Berselli, non vivono situazioni definite indecorose come quella di Forlì. Ma hanno comunque gravi problemi: oggi i detenuti sono 189, il doppio della capienza, e in estate arriveranno a 300. Oltre ad aumentare il personale - il Sindacato di Polizia Penitenziaria chiede almeno 20 agenti in più per l’estate - si potrebbe pensare a trasferimenti verso il sud, dice Berselli dove ci sono più agenti e meno detenuti. Impensabile invece trasferirli in Regione: "In Emilia Romagna ci sono 1.700 appartenenti al corpo di Polizia Penitenziaria, rispetto ai 2.500 necessari - ricorda Giovanni Battista Durante, segretario nazionale del SAP - ed è anche la Regione che presenta il maggiore affollamento. Abbiamo 4.500 detenuti quando la capienza è di 2.500. Abbiamo inoltre tantissimi stranieri, comunitari ed extracomunitari. Circa il 70% della popolazione detenuta è composta da stranieri, con tutte le difficoltà di gestione che questo comporta. A Rimini servono almeno 20 agenti in più in estate". Ma intanto ci sono paradossi da superare come il turnover: molti detenuti entrano e escono nel giro di 48 ore, estare in carcere per pochi giorni non serve ai detenuti, spiega Berselli, e appesantisce solo il lavoro. Così come l’abuso dei magistrati nel farsi portare in tribunale i detenuti per le convalide, impegnando ogni volta almeno due agenti: "I magistrati hanno trasformato l’eccezione in regola e le convalide le fanno in tribunale - spiega Berselli - io mi auguro che i magistrati di Rimini, e questo è un appello che faccio a loro e al presidente del Tribunale - applichino la norma così com’è, e cioè che le convalide vengano fatte nella casa circondariale e solo in casi eccezionali in tribunale". Torino: al mobilificio "Le Vallette", l’arte povera a prezzi ridotti
La Repubblica, 30 maggio 2009
Scrivania in ciliegio a 400 euro, portaombrelli a 50 euro, tavolino da salotto intarsiato a 200 euro. Mobili belli, che si ispirano all’arte povera o all’epoca di Luigi XVI, e a buon prezzo. Non sono esposti in un negozio, ma nell’aula magna dell’Istituto professionale Plana. Sono stati realizzati da studenti particolari, che hanno dai 18 ai 60 anni e che vivono tutti nello stesso posto: il carcere delle Vallette. "I nostri allievi si chiamano Ahmed, Said, ma anche Pietro o Roberto. A loro insegniamo l’italiano, la matematica ma soprattutto un mestiere", racconta il preside del Plana, Tommaso De Luca. E, come sottolinea l’assessore provinciale all’Istruzione, Umberto D’Ottavio, "la formazione e l’istruzione sono strumenti fondamentali per permettere a questi uomini di trovare un riscatto nella propria vita". L’impegno dell’istituto di piazza di Robilant alle Vallette dura ormai da 51 anni. I detenuti frequentano tre anni di corso e man mano imparano a lavorare il legno. In terza realizzano dei mobili, che il Plana tutti gli anni mette in mostra (e in vendita) per una settimana. Una trentina di esemplari, non di più perché, spiega il coordinatore Giovanni Maurella, "non siamo un’industria, ma soltanto una scuola". E i detenuti? "Sono entusiasti - assicura il docente - anche perché possono uscire dalla cella. Il nostro lavoro è partire da lì per poi trovare in loro delle motivazioni vere". Venezia: dalla città donazione ai detenuti di prodotti per igiene
La Nuova di Venezia, 30 maggio 2009
Nel carcere circondariale maschile di Santa Maria Maggiore corre il filo rosso della solidarietà. Ieri pomeriggio sono arrivati centinaia di stracci, detersivi, spugnette abrasive, deodoranti, dentifrici, spazzolini, bagnoschiuma. A donarli ai detenuti sono stati i volontari della parrocchia dei Frari e del laboratorio francescano della parrocchia di San Francesco della Vigna. Pochi giorni fa, durante la protesta pacifica degli oltre trecento reclusi, li aveva chiesti la direttrice Gabriella Straffi. Essa aveva lanciato un appello alla città: "La situazione è disperata. Abbiamo triplicato le presenze. Ai carcerati, ammassati come le bestie, mancano i kit per l’igiene personale, perfino gli stracci per pulire le celle". E i detenuti avevano scritto al magistrato di sorveglianza: "Ci sono casi di infestazioni di scabbia e di infezioni virali". Compatti hanno risposto frati (conventuali e minori) e volontari. Così Massimiliano Cesconetto, Piera Freguja e Vallì Lupi hanno raggiunto il penitenziario con un mezzo acqueo messo a disposizione gratuitamente dalla cooperativa Trasbagagli. Spiace, invece, riferire che la Coop di Piazzale Roma, dove i prodotti sono stati acquistati, ha negato il prestito di un carrello da trasporto precedentemente promesso. Ad accogliere i volontari la direttrice Straffi. Ammirata ha detto: "Grazie di tutto cuore!". Chiare e vibranti le parole del cappellano don Antonio Biancotto: "Lo Stato da un lato riduce i fondi, dall’altro ci chiede di provvedere all’igiene personale dei detenuti. Da queste necessità non ci tiriamo indietro e le soddisferemo anche in futuro. Ma non è forse compito dello Stato provvedere a questi bisogni?". Il sacerdote conclude: "Ha poi senso progettare nuove carceri in mancanza di appositi finanziamenti?". Cuneo: studenti del liceo scientifico visitano Casa Circondariale
La Stampa, 30 maggio 2009
Per il secondo anno consecutivo tutte e otto le classi quinte del Liceo Scientifico "G. Peano" di Cuneo hanno avuto l’opportunità di effettuare visite guidate alla Casa Circondariale di Cuneo in un progetto comune tra Scuola e Carcere nell’ottica dell’educazione alla legalità e del dialogo tra le istituzioni presenti sul Territorio. L’Area Trattamentale dell’Istituto penitenziario ha programmato le diverse visite di una classe per volta, le quali, debitamente autorizzate, sono state guidate da alcuni Ispettori dell’Istituto Penale e hanno sempre visto la partecipazione del Direttore della Casa Circondariale, Giuseppe Forte e della Comandante della Polizia Penitenziaria, Vice Commissario Cristina Maria Cobetto Ghiggia, che si sono prestati con grande disponibilità a rispondere ai diversi quesiti suscitati nei ragazzi. Oggetto della visita sono stati, in particolare, i locali destinati ai colloqui dei detenuti con i familiari; le sale per l’effettuazione dei processi a distanza attraverso la videconferenza; le aule formative e la biblioteca, l’Ufficio Matricola e i suoi sistemi di immatricolazione informatizzata con visione degli storici registri risalenti alla detenzione nel periodo dei conflitti mondiali; i locali del Nucleo traduzione detenuti con accesso agli automezzi utilizzati per il servizio. Bari: la "prima" dello "Squalo", film dedicato ai minori detenuti
Agi, 30 maggio 2009
Prima assoluta a Bari per il film "Squalo" il primo giugno prossimo (ore 21, cinema Armenise) Prodotto da Carlo Stragapede per la Geco Entertainment (Giovani emergenti cineasti organizzati), il film - si legge nell’invito - "è dedicato ai giovanissimi detenuti del carcere minorile Fornelli di Bari e ai detenuti di tutte le carceri del mondo che non hanno potuto scegliere un’alternativa di vita perché per loro quell’alternativa era la faccia oscura della luna". Il film narra la storia di Daniel e Nicola, gemelli di 17 anni, figli di una tedesca e di un barese che si sono separati quando loro erano molto piccoli. I due gemelli sono cresciuti l’uno con la madre in Germania, l’altro con il padre a Bari. Non si incontrano da anni quando la nonna Franca, gravemente ammalata, esprime il desiderio di rivederli per l’ultima volta. Daniel prende il pullman e parte dal Baden Wuerttemberg senza sapere che vita conduca il fratello a Bari. Appena giunto nel capoluogo pugliese, il tedesco Daniel viene arrestato per sbaglio, al posto di Nicola. Suo malgrado, vivrà un’esperienza nel carcere minorile, fondante per la sua vita e per la sua famiglia. La regia è di Francesco Difilippo, il soggetto e la sceneggiatura di Carlo Stragapede. Padova: "I dolci di Antonio"... dalla pasticceria del Due Palazzi
Comunicato stampa, 30 maggio 2009
Anteprima mondiale in carcere a Padova per "La Noce del Santo", il nuovo dolce ispirato a sant’Antonio (e realizzato dai detenuti). Dopo "I dolci di Giotto", serie di prodotti pluripremiata, prendono il via "I dolci di Antonio". Sant’Antonio e il carcere. Un binomio ben consolidato. Gli atti storici dell’epoca documentano che il primo gesto pubblico del Santo al suo arrivo a Padova nel 1321 fu chiedere e ottenere dal Comune di Padova di liberare le vittime dell’usura dalla pena del carcere. La preferenza del Santo per i detenuti ha colpito i pasticceri del laboratorio artigianale gestito dal consorzio Rebus nella casa di reclusione Due Palazzi di Padova, al punto che assieme agli operatori del consorzio hanno voluto recuperare notizie storiche, contattare i frati del Santo, avviare lunghe sperimentazioni sui materiali e le ricette, per giungere a proporre, a livello mondiale così come è internazionale la fama di Antonio, un nuovo dolce a lui ispirato. Che sarà presentato in anteprima mondiale (così come internazionale è la devozione per il Santo). Il carcere sta vivendo oggi un momento difficile e delicato, sta attraversando una situazione ben più grave di quella pre-indulto del luglio 2006. Tramite questa iniziativa si vuole lanciare un messaggio di speranza e un monito a una vera responsabilità da parte di tutti. Il gesto pubblico di Frate Antonio del 1231 è più che mai attuale, è un richiamo forte e chiaro da seguire, un gesto di vera umanità che esprimeva una concezione di persona oggi gravemente minacciata in tutte le sue condizioni. Venerdì 5 giugno alle ore 11.00, nel laboratorio di pasticceria della Casa di Reclusione Due Palazzi di Padova. Saranno presenti: Padre Enzo Poiana, rettore della Basilica del Santo; Nicola Boscoletto, presidente del Consorzio sociale Rebus. Immigrazione: sui clandestini Maroni incassa appoggio dell'Ue di Massimo Martinelli
Il Messaggero, 30 maggio 2009
Roberto Maroni si porta a casa il risultato più importante nella prima mezz’ora di vertice. Era quello che gli chiedevano tutti: dai politici dell’opposizione alle associazioni umanitarie, dai colleghi europei agli osservatori internazionali. Il tema è quella rovente dell’immigrazione e ieri, quando il G8 su Interni e Giustizia di Roma era appena cominciato, Maroni aveva già l’appoggio dell’Europa nel contrasto all’immigrazione clandestina. A riconoscere il grande balzo in avanti è Jacques Barrot, Commissario europeo alla Giustizia, libertà e sicurezza, anche lui al tavolo dei sedici ministri intervenuti al vertice presso l’Istituto Superiore di Polizia di via Piero della Francesca: "C’è la piena disponibilità dell’Europa - ha detto Barrot - ad essere coinvolta nella gestione di questa emergenza". Gli effetti saranno concreti, perché al tavolo di regia di questa nuova stagione di assistenza ai rifugiati e di respingimento di chi non ha diritto al visto, non potranno non essere coinvolti anche i governi di Grecia, Malta e Cipro, che chiudendo i loro porti e controllando i loro tratti di mare! potranno ricucire i buchi della grande ragnatela del Mediterraneo in cui i barconi gestiti dal racket dell’immigrazione si infilavano quasi quotidianamente fino a poche settimane fa. In realtà Maroni si era portato già un bel pezzo avanti, ancor prima di raccogliere l’appoggio della Ue. A bloccare il flusso dei migranti clandestini, pressoché fermo da alcuni giorni, ha contribuito grandemente anche l’accordo con la Liba di qualche settimana fa, culminato con la consegna di tre motovedette italiane che già all’inizio del mese scorso erano passate di mano a Gaeta. A sostenere la causa, con tutte le forze a disposizione, si schiera anche il Guardasigilli Angelino Alfano, che mira dritto al cuore delle organizzazioni criminali che proiettano il miraggio di una vita migliore sull’orizzonte di milioni di disperati: "L’Italia è una terra di confine e quel confine è anche dell’Europa" ha detto il ministro della Giustizia; e ha ricordato come lo stru-mento più adatto per contrastare quel racket sia il mandato di cattura internazionale, oltreché la cooperazione giudiziaria europea. Anche il Guardasigilli, al pari del collega del Viminale, può sventolare qualcosa di cui essere fiero: "Insieme al ministro Maroni, presenteremo con gioia al G8 e dunque al mondo i risultati del modello italiano di aggressione ai patrimoni mafiosi", dice Alfano. E ricorda Giovanni Falcone, quello che era uno dei suoi miti giovanili: "Se non ci fosse stato quel botto, a Capaci, in questi giorni avrebbe compiuto settant’anni". Brasile: troppo sovraffollamento e i semiliberi dormono a casa
Ansa, 30 maggio 2009
Oltre 200 detenuti in carcere a Porto Alegre torneranno a casa a dormire i prossimi mesi: non c’è più posto nelle celle delle prigioni. La corte di Porto Alegre ha decretato che la "situazione gravissima di sovraffollamento" rende "inumana la permanenza in cella la notte". Perciò chi è in semilibertà meglio dorma a casa. Nelle celle non c’è posto a terra: i detenuti devono alternarsi tra chi dorme e chi sta in piedi in attesa del suo turno di sonno. Usa: il Nebraska sostituisce sedia elettrica con "iniezione letale"
Ansa, 30 maggio 2009
Il Nebraska manda in pensione la sedia elettrica e cambia le esecuzioni con iniezione letale. L’ha deciso il governatore Dave Heineman. La legge era stata approvata dal parlamento statale in risposta a una sentenza della Corte Suprema che nel 2008 aveva definito la sedia elettrica un metodo di esecuzione incostituzionale: il Nebraska era l’ultimo stato che aveva nei codici la sedia elettrica come unico metodo di esecuzione. Sono nel braccio della morte del Nebraska attualmente undici detenuti.
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