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Giustizia: custodi e custoditi… tutti insieme in carceri indecenti di Fulvio Conti
www.radiocarcere.com, 4 giugno 2009
25. È il numero della pagine che compongono lo straordinario piano sulle carceri curato dal commissario straordinario Franco Ionta. 25 pagine che sono state consegnate il 27 aprile al Ministro Alfano. 25 pagine che evidentemente non convincono il Guardasigilli, visto che è da più di un mese che ce l’ha tra le mani. Un tempo di studio un po’ eccessivo per analizzare solo 25 pagine. Ed infatti, pare che il Ministro Alfano, invece di dover operare semplici ritocchi, si sia trovato di fronte alla necessità di rivedere l’intera impostazione dello straordinario piano carceri. Un piano che evidentemente tanto straordinario non era. Morale: si sta perdendo tempo prezioso, mentre le vecchie carceri italiane sono sempre più degradate e sovraffollate. Istituti dello Stato dove si consente di far vivere persone in condizioni di assoluta indecenza. Un’indecenza che coinvolge non solo le persone detenute, ma anche la polizia penitenziaria. Funzionari pubblici, costretti a fare turni massacranti, a rinunciare ai giorni di riposo e che si vedono negata la retribuzione per le ore di lavoro straordinario. Domani tutti i sindacati, che rappresentano circa 39 mila agenti di polizia penitenziaria, manifesteranno a Roma sotto la sede del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. Una manifestazione di protesta che vuole non solo denunciare le condizioni di lavoro degli agenti penitenziari, ma che intende anche denunciare l’illegalità presente nelle italiche prigioni e le lacune dello straordinario piano carceri. Giustizia: protesta agenti Polizia Penitenziaria, davanti al Dap
Ansa, 4 giugno 2009
Sit-in di protesta contro l’emergenza sovraffollamento nelle carceri italiane da parte di un centinaio di poliziotti penitenziari appartenenti alle cinque principali sigle sindacali (Sappe, Osapp, Cgil, Uil e Ugl) che stamani hanno manifestato davanti alla sede del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Alla protesta si sono uniti, in segno di solidarietà, anche i deputati radicali Rita Bernardini e Maurizio Turco. Il sit-in si è interrotto quando gli agenti sono stati ricevuti dal capo del Dap, Franco Ionta, e dai vertici dell’amministrazione penitenziaria. Nel frattempo in tutta Italia gli agenti hanno fatto lo "sciopero" del vitto, rifiutando il cibo delle mense. È da settimane che i principali sindacati denunciano l’insostenibilità di una situazione di sovraffollamento senza precedenti (ad oggi i detenuti presenti sono 63.044, di cui 23.339 stranieri, contro un contro un limite regolamentare di 43.201 e una tollerabilità di 63.702), con un crescente numero di casi di agenti aggrediti o di proteste difficili da gestire dal momento che gli agenti sono sotto organico. I sindacati, inoltre, non hanno mancato di esprimere perplessità in merito al piano straordinario di edilizia penitenziaria messo al punto da Ionta che prevede la costruzione di 22 nuove carceri (di cui 9 già finanziate) e di 46 padiglioni nei vecchi istituti, così da arrivare a creare, entro dicembre 2012, 17.129 posti letto in più. Giustizia: Radicali; solidarietà a protesta di Polizia Penitenziaria
Adnkronos, 4 giugno 2009
I deputati Radicali Rita Bernardini e Maurizio Turco, rispettivamente membri delle commissioni giustizia e affari costituzionali, hanno partecipato al sit-in organizzato dai sindacati Sappe, Osapp, Uil, Cgil e Uspp davanti alla sede del Dap, il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, "per rappresentare la drammatica situazione in cui versa tutta la comunità penitenziaria, con lo spaventoso record di presenze di detenuti raggiunto in questi giorni: oltre 63.000". La solidarietà dei radicali nei confronti degli agenti "ai quali - affermano - vengono negati diritti fondamentali", si inserisce nell’iniziativa complessiva lanciata dal leader radicale Marco Pannella per il diritto di voto dei detenuti, per l’indulto e l’amnistia "necessari alla riforma della giustizia ma soprattutto per un concreto segno di unità di tutta la Comunità penitenziaria, per ottenere insieme, dall’esterno e dall’interno del carcere, il rispetto delle leggi e dei diritti umani garantiti dalla nostra Costituzione a tutte le persone private della libertà". Giustizia: Poretti (Ri); governo indifferente a problemi di agenti
Ansa, 4 giugno 2009
Intervento della senatrice Donatella Poretti, parlamentare Radicale - Partito Democratico, Segretaria Commissione Igiene e Sanità. La manifestazione in corso questa mattina davanti agli uffici del Dap da parte di tutte le sigle sindacali degli Agenti di Polizia penitenziaria, evidenzia il più totale disinteresse di questo Governo verso un Corpo, clamorosamente sotto organico, in attesa da più di un anno del rinnovo del contratto di lavoro, costretto a lavorare in condizioni sempre più estreme, con orari di lavoro sempre più massacranti e stipendi ridotti all’osso, che svolge un compito fondamentale per la sicurezza pubblica all’interno delle disastrate carceri italiane. Da ultimo, durante una delle mie visite all’Ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino, ho appreso dal personale di questa struttura, ora di competenza dell’Asl e della Regione Toscana per la parte sanitaria, come l’arbitrarietà da parte delle Regioni instaurata di fatto col passaggio della medicina penitenziaria alle Asl, crei dei vistosi scompensi e disomogeneità di trattamento sia degli internati che degli agenti di custodia. A Montelupo Fiorentino gli Agenti, nonostante la complessità delle mansioni che devono svolgere e il reale, comprovato rischio per la loro incolumità fisica e psichica, non hanno a disposizione alcun tipo di supporto medico-psicologico dedicato al loro ruolo (supporto che, per esempio, è previsto per gli agenti di polizia). È un’inefficienza di gravità inaudita con la quale si condannano tanti servitori dello Stato al rischio, sempre più minaccioso stante la situazione di estremo disagio delle strutture di pena italiane, di contrarre patologie psichiche di vario grado e a rivolgersi privatamente alla Sanità. Giustizia: Gasparri (Pdl); richieste fondate, Alfano intervenga
Asca, 4 giugno 2009
"Ho incontrato nei giorni scorsi esponenti del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria. Confermo che le loro richieste sono fondate e che agiremo per il riordino delle carriere. Continuo, poi, ad auspicare una diversa e più attenta conduzione del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Rinnovo quindi l’invito al ministro Alfano ad agire di conseguenza". Lo dichiara il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. Giustizia: Sbriglia (Sidipe); situazione grave, sì a navi-prigione
Ansa, 4 giugno 2009
Troppi detenuti nel carcere di Trieste; i letti non bastano e, come in altri istituti di pena italiani, da mesi molti di loro sono costretti a dormire sui materassi appoggiati per terra. Per garantire equità nei turni di riposo sulle brandine delle celle e per sgomberare il campo da dubbi di favoritismi, la direzione del carcere triestino ha istituito "registro dei materassi per terra", un vero e proprio elenco dei detenuti e dei turni che hanno rispettato e che dovranno rispettare per dormire in un letto degno di questo nome o, invece, sul materasso appoggiato direttamente a terra. "È un sistema concreto che abbiamo adottato da alcuni giorni - spiega il direttore del carcere del Coroneo, Enrico Sbriglia, che è anche segretario nazionale del Sidipe, il sindacato dei direttori dei penitenziari - per garantire e dimostrare ai detenuti che non vi è alcun favoritismo e che, secondo un criterio di equità, tutti i detenuti, a turno, a causa del sovraffollamento del carcere, al momento non possono non dormire sui materassi per terra". Nel penitenziario triestino, che ha una disponibilità di 140-160 posti, vi sono più di 250 detenuti. La situazione è molto difficile e sarà sottolineata domani con una manifestazione organizzata davanti al carcere dal gruppo politico-culturale "L’Altra Trieste" che chiede soluzioni anche per i penitenziari di Pordenone e Gorizia: per il primo si parla di una nuova sede da non meno di 19 anni; il secondo è agibile solo in parte. Quello del sovraffollamento, d’altra parte, non è un problema che riguarda solo il carcere di Trieste: secondo i dati del Ministero di Giustizia, negli istituti di pena italiani vi sono oltre 63.000 detenuti a fronte di una disponibilità di 39.000 posti. "Considerata una situazione di questa gravità - conclude Sbriglia - credo che debba essere presa seriamente in considerazione la proposta di utilizzare unità galleggianti per ospitare i detenuti. Non si tratta, naturalmente, di vecchie carrette del mare, ma di strutture ormeggiate in aree non strategiche dei porti che consentano migliori condizioni di vita e di uscire dal mare della illegalità". Giustizia: 900 detenuti-lavoratori a dipendenze di ditte esterne
Ansa, 4 giugno 2009
Nel 2008 più di 900 detenuti hanno lavorato alle dipendenze di datori esterni all’amministrazione penitenziaria. Lo rileva la relazione inviata dal Dap al Parlamento, sottolineando che si conferma l’interesse del mondo esterno verso la manodopera detenuta, sia per gli incentivi previsti dalla legge Smuraglia per le cooperative e le imprese che assumono detenuti, sia per la possibilità di ottenere in comodato gratuito i locali e le officine all’interno degli istituti penitenziari. Un modello, questo campo, è rappresentato dalla Casa di Reclusione di Padova dove, per iniziativa di un consorzio di cooperative sociali, "sono state organizzate e sono in via di potenziamento attività specifiche per formare detenuti in professioni che diano la possibilità di un inserimento successivo nel mercato del lavoro esterno, in particolare nella pasticceria, con produzioni di elevata qualità, e attività legate alla produzione di valigie e di gioielli". Nella relazione si mette in evidenza che per tenere impegnato il maggior numero di detenuti possibile, al 30 giugno 2008, su poco più di 55 mila detenuti, "9.758 risultavano addetti a lavori domestici e non qualificati e 866 erano addetti alla manutenzione ordinaria del fabbricato, tutti alle dipendenze dell’amministrazione". Queste attività, "pur rappresentando una opportunità di lavoro, non garantiscono l’acquisizione di professionalità spendibili sul mercato del lavoro". Giustizia: tutti fanno la diagnosi... ma nessuno studia una cura di Luigi Ferrarella
Corriere della Sera, 4 giugno 2009
Ancora fino a poco tempo fa, chi collegava le inefficienze della giustizia non solo ai diritti ma anche alle tasche dei cittadini, era guardato come un marziano. Adesso non passa giorno senza una cifra della maturata consapevolezza. Ieri il Censis ha stimato in 3.832 euro il costo del contenzioso commerciale per ogni impresa. Venerdì Bankitalia ha calcolato che le imprese in causa, pur di uscire dalla palude dei Tribunali, accettano compromessi fino a rimetterci il 36% degli importi contestati. Confartigianato valuta in 2,2 miliardi l’onere per le aziende del mancato recupero dei propri crediti in tempi accettabili. Luca Ricolfi e Raffaella Rancan, elaborando indici di sottoproduzione, mostra-no distretti giudiziari 7 volte meno efficienti di altri, e assegnano alla giustizia il record di spreco (37%) rispetto ad analoghe analisi su sanità (18%) e scuola (2596). Daniela Marchesi, ricercatrice Isae, approfondisce il rapporto tra offerta e domanda di giustizia. Gli economisti Coviello, Ichino e Persico individuano in taluni settori un margine del 30% di produttività in più solo con un cambio di metodo dei giudici. E persino le statistiche della Banca Mondiale, che per lentezza situano l’Italia dopo Angola e Guinea, sono ormai snocciolate come le formazioni dell’Inter. Ma dopo tante diagnosi, cosa si appresta a "curare" la politica? Le intercettazioni. La separazione delle carriere. Il Csm. E intanto in Piemonte i Tribunali continuano a essere 17, come ai tempi dei Savoia; il Comune di Terni chiede al ministero della Giustizia perché da 5 anni non gli rimborsi i 5 milioni anticipati per gli uffici giudiziari; metà delle Procure "disagiate" rischiano di restare senza pm; tagli certi falcidiano risorse e personale in attesa di compensazioni incerte. E una affannata bulimia legislativa partorisce, come sul processo civile, interventi "scritti in maniera sorprendentemente sciatta", per dirla con Edoardo Ricci, docente di diritto privato alla Statale di Milano: destinati, prevede un giurista come Romano Vaccarella, già legale di Berlusconi e giudice costituzionale poi dimessosi in polemica con Prodi, "a fare felici solo gli editori dei codici". Giustizia: Maroni; lotta alla mafia, in 1 anno quasi 3mila arresti
Ansa, 4 giugno 2009
Ad un anno dall’insediamento del Governo sono state fatte 270 operazioni di polizia giudiziaria contro la criminalità organizzata che hanno portato all’arresto di 2.894 persone, tra cui 207 latitanti (9 dei 30 più pericolosi) ed al sequestro di 4.314 beni per un valore di 3,3 miliardi di euro. Solo nel 2009 ammonta invece a 535 milioni di euro il valore dei beni confiscati ai clan. Sono i numeri diffusi dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, per illustrare i risultati dell’azione di contrasto alle mafie svolta da maggio 2008 a maggio 2009. Presente alla conferenza al Viminale anche il capo della polizia, Antonio Manganelli. "Mai come in questo periodo - ha detto Maroni - la lotta alla criminalità organizzata ha avuto grandi risultati ed il ddl sicurezza, una volta approvato, fornirà ulteriori strumenti per continuare senza sosta l’azione di contrasto che ha l’obiettivo di annientare la mafia". Il ministro si è soffermato in particolare sull’aggressione ai patrimoni mafiosi, uno dei fronti, ha sottolineato, "su cui ci siamo impegnati e ci impegneremo di più. Nella riunione del G8 Giustizia-Interni della settimana scorsa c’é stato l’accordo a definire una procedura comune per aggredire i beni delle organizzazioni criminali in qualunque Paese si trovino". Parte dei beni confiscati, ha informato, "confluiranno nel Fondo unico giustizia, che ha già una dotazione di 400 milioni di euro, e potranno essere destinati alle forze dell’ordine". Il titolare del Viminale ha poi parlato del "modello Caserta", le iniziative messe in campo per contrastare il clan dei casalesi nel casertano con il potenziamento degli uffici investigativi e dell’attività del controllo del territorio con l’invio di 400 unità delle forze dell’ordine e 350 militari. "È un grande lavoro - ha rilevato Maroni - avviato per far capire che lo Stato c’é". E il contrasto alle mafie, ha continuato, "é esteso anche ai controlli sulle infiltrazioni negli appalti pubblici: vigiliamo in particolare sull’Expo di Milano e sulla ricostruzione dopo il terremoto in Abruzzo". Il ministro ha infine bollato come "interpretazioni maliziose che non mi toccano" una domanda sul perché una conferenza stampa a pochi giorni dalle elezioni: "credo giusto - ha affermato - che i cittadini conoscano i risultati della lotta alla mafia ad un anno dall’insediamento del Governo: si tratta di dati concreti". Da parte sua, anche Manganelli ha parlato di un "momento particolarmente felice nella fermezza dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Mai come in questo periodo le forze dell’ordine hanno ottenuto risultati straordinari". Giustizia: commesso da minori il 70% reati contro il patrimonio
Corriere della Sera, 4 giugno 2009
La criminalità minorile è un fenomeno in espansione: il 70% dei reati contro il patrimonio è commesso da minori e se nel 1990 i minori non imputabili - al di sotto dei 14 anni - denunciati erano 8mila, dieci anni dopo sono 25mila. Il generale Luigi Federici - che è stato al vertice dell’Arma dei Carabinieri - cita Indro Montanelli - "l’antidoto contro la devianza sociale è la cultura" - e Sofocle - "un paese in cui violenza e arbitrio restano impuniti è destinato alla dissoluzione" - ma anche la poesia del luogotenente dei carabinieri e poeta Antonio Cozzitorto dedicata ai giovani che "non sognano più". I dati che snocciola il generale sono preoccupanti: il 30% dei giovani detenuti negli istituti è tossicodipendente, così come assume droga il 21% di tutti i giovani italiani al di sotto dei 16 anni. "Spesso i genitori non sanno come comportarsi con i figli. Quando mi rivolgo ai giovani dico sempre loro di non farsi rubare la libertà di pensare e la gioia della giovinezza - aggiunge il generale - ma gli adulti creano falsi eroi come i calciatori super pagati, e la tivù trasmette programmi che stimolano comportamenti devianti. Su internet decine di siti spingono alla pedofilia, alla prostituzione e al terrorismo". Il problema della criminalità giovanile in aumento non è solo italiano ma è diffuso in tutto il mondo. Federici ha terminato leggendo un pensiero sull’importanza della vita di madre Teresa di Calcutta: "Noi dobbiamo garantire ai giovani un mondo in cui sia più facile vivere. La vita è impegno personale, cerchiamo di non essere latitanti". Giustizia: detenuto in 41-bis è depresso e ottiene i "domiciliari"
Ansa, 4 giugno 2009
Il presunto boss Giacomo Maurizio Ieni, 52 anni, indicato come il capo della cosca mafiosa Pillera é fortemente depresso e per questo lascerà il regime di 41 bis, anche se scontato nel centro clinico del carcere di Parma, per passare agli arresti domiciliari a casa, a Catania. È la decisione della terza sezione penale del Tribunale del capoluogo etneo per "gravi motivi di salute" contestata duramente dalla Procura etnea e da politici. Il suo stato di "depressione malinconica", secondo i giudici, è infatti così grave da renderlo incompatibile con la detenzione e che "l’ambiente familiare appare allo stato insostituibile" per curarlo. "In casa - scrivono i giudici - potrà ricevere quel sostegno psicologico che la struttura carceraria non può dargli. Tra l’altro la sua condizione personale è tale da fare ritenere che ci si trovi in presenza di una situazione di pericolosità grandemente scemata". Ieni, detenuto dal 30 giugno del 2006 per associazione mafiosa, nell’ambito del procedimento Atlantide con il quale la polizia ritenne di svelare i rapporti tra esponenti di Cosa nostra e imprenditori etnei, nella precedente udienza del processo, in teleconferenza da Parma, era scoppiato in lacrime davanti ai giudici sostenendo di "essere fortemente depresso e di non riuscire a stare in carcere". Il Tribunale, accogliendo la richiesta dei suoi legali, gli avvocati Enrico Trantino e Giuseppe Lipera, che ricordano come il loro assistito durante la detenzione abbia perduto 20 chilogrammi di peso e attuato lo sciopero della fame, adesso gli ha concesso gli arresti domiciliari ritenendo che "l’affetto dei familiari" è per lui terapia unica e insostituibile. La decisione è "fortemente contestata" dalla Procura di Catania che in sede di udienza aveva espresso parere negativo e si dice "estremamente sorpresa e sgomenta". E questo, precisano i magistrati della Dda, sia "per la pericolosità sociale del soggetto al quale sarà permesso di tornare a Catania" sia perché "nella perizie redatte non ce n’era alcuna che stabilisce che il suo stato di salute sia incompatibile con la detenzione in un centro medico, così come si trovava ristretto". La valutazione del Tribunale è stata contestata, in maniera trasversale, da esponenti politici. Per il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, è una "decisione che indigna, crea un pericolosissimo precedente e mina fortemente la credibilità delle istituzioni". L’esponente del Pdl ricorda anche che "la maggioranza in questa legislatura ha invece posto l’accento sulla necessità di rendere ancora più stringenti le norme sul 41 bis". Claudio Fava definisce la scelta dei giudici "una vergogna". Secondo l’esponente di Sinistra e libertà "per i mafiosi di Catania il 41 bis è una specie di campeggio: ai detenuti depressi si concedono gli arresti domiciliari". Sulla vicenda il senatore della Lega e segretario dell’Antimafia, Gianpaolo Vallardi, chiede "l’audizione in commissione del ministro alla Giustizia, Angelino Alfano" visto che così, "i carnefici diventano vittime e le vittime i carnefici". Contestazione contestate a loro volta dai legali di Ieni che inviato i "parlamentari di evitare di parlare di cose che non conoscono, eliminando la parola scandalo e non a realizzare una Guantanamo in Italia" e la Procura "a rispettare i ruoli". Giustizia: Contrada; procura Cassazione, sì differimento pena
Ansa, 4 giugno 2009
La Procura della Cassazione ha chiesto ai giudici della Prima sezione penale della Suprema Corte di annullare, con rinvio per nuovo esame da parte del Tribunale di Sorveglianza di Palermo, l’ordinanza con la quale - lo scorso 13 gennaio - lo stesso Tribunale aveva rigettato l’istanza di differimento della pena avanzata da Bruno Contrada, l’ex numero due del Sisde che sta scontando agli arresti domiciliari, a Palermo, la condanna a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. In particolare la procura della Suprema Corte ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza con la quale i giudici di Palermo avevano confermato la proroga, per 9 mesi, della detenzione domiciliare e avevano bocciato la richiesta di sospensione della pena. In Cassazione il legale di Contrada, avvocato Giuseppe Lipera, ha sostenuto che l’ordinanza del Tribunale del riesame non prende in considerazione le informazioni raccolte dalla questura di Palermo in base alle quali Contrada non sarebbe più socialmente pericoloso e non avrebbe alcun rapporto di parentela, o frequentazione, con persone appartenenti alla mafia o pregiudicate. In serata o domani si dovrebbe conoscere la decisione della Suprema Corte. Lettere: i detenuti, da varie carceri, scrivono a Riccardo Arena
www.radiocarcere.com, 4 giugno 2009
La mia trasferta nel carcere di Rimini. Caro Arena, qualche giorno fa mi hanno portato dal carcere di Ascoli Piceno a quello di Rimini per un processo. Un carcere che è ben lontano dall’immagine che da di sé la città di Rimini. Pensa che il carcere di Rimini potrebbe contenere 120 detenuti, ma ora ne ospita ben 248. Inoltre due sezioni del carcere sono chiuse per lavori e così quei 248 detenuti stanno rinchiusi in celle fatte per ospitare solo 80 persone. Ovviamente il caos regna sovrano. Ma non solo. Appena arrivato mi hanno messo nella cella 2 della 4° sezione. In quella cella eravamo ben 9 detenuti. 9 detenuti costretti in uno spazio piccolissimo, con tre file di letti a castello a tre piani. Anche il clima è dei peggiori. Ti dico solo che appena arrivato mi hanno fatto un rapporto disciplinare solo perché avevo messo le scarpe sul davanzale della cella. E dove le potevo mettere? Così mi hanno spostato di cella, ovvero nella prima sezione del carcere di Rimini. Lì mi hanno messo in una cella con altri 12 detenuti. Un vero e proprio inferno! Ho visto persone ammassate come animali, detenuti mischiati, tra chi è malato, chi è straniero, chi è definitivo e chi è in attesa di giudizio. Molti erano poveri, senza soldi e senza vestiti, Uno spettacolo orribile!
Angelo, dal carcere di Ascoli Piceno
Noi detenuti a Viterbo. Ciao Riccardo, la situazione qui nel carcere Mammagialla di Viterbo va sempre a peggiorare. Prima di tutto il sovraffollamento. Il carcere potrebbe ospitare circa 430 detenuti, mentre oggi siamo più di 670 reclusi. Il risultato è che hanno dovuto riempire di detenuti anche le celle di isolamento e, come se non bastasse, il vitto che ci danno è drasticamente diminuito. Come dire: più detenuti e meno cibo. Infatti la solita mini fettina di carne è stata sostituita da una solita mini fettina di carne tagliata a metà. Renditi conto! I risultato è che chi è già sofferente soffre ancora di più. Non a caso il 20 aprile, qui nel carcere di Viterbo si è ucciso un detenuto. Si chiamava Antonio e aveva 57 anni. Antonio già nei giorni scorsi si era provocato profondi tagli sulla pancia e sul torace. Di tutta risposta la direzione ha pensato bene di metterlo in isolamento e di dargli dei tranquillanti. Insomma proprio una bella pensata visto che dopo solo 4 giorni Antonio si è ammazzato in quella cella di isolamento. Per quanto mi riguarda, sai che sono malato agli occhi e che sto diventando cieco in carcere. Beh devi sapere che qualche giorno fa mi hanno portato in ospedale, dove finalmente, mi hanno fatto una diagnosi. Appena avrò il certificato te lo manderò.
Maurizio, dal carcere Mammagialla di Viterbo Napoli: Uil; a Poggioreale 2.563 detenuti, battuto ogni "record"
Adnkronos, 4 giugno 2009
"Con le 2.563 presenze registratesi ieri nel carcere di Poggioreale (Napoli) credo che sia crollato qualsiasi record di sovraffollamento in quella struttura. Certamente da 25 anni ad oggi. È appena il caso di ricordare che la capienza massima della Casa Circondariale di Napoli è determinata in 1.365 detenuti". Eugenio Sarno, Segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, dopo aver fornito l’incredibile dato di Poggioreale rilancia la polemica nei confronti del Capo del Dap, Franco Ionta, che avrebbe disposto il blocco e il divieto di accesso al sistema informatico che aggiorna quotidianamente i dati relativi alle presenze negli istituti penitenziari d’Italia. "Purtroppo il Capo del Dap continua nella sua gestione oscurantista e non rende possibile l’accesso ai dati sulle presenze. Tutto questo dopo aver già emanato a marzo una circolare che vieta, di fatto, agli operatori penitenziari di rilasciare dichiarazioni. È presumibile che nelle prossime ore negli istituti di pena italiani si tocchi quota 64mila presenze. Quota mai raggiunta prima. Credo sia anche doveroso informare - continua Sarno - che dopo le tensioni registratesi a Bergamo, Padova e Venezia il 1 giugno anche a Varese si sono verificati disordini ingenerati da alcuni detenuti che hanno causato il ferimento, per fortuna lieve, di cinque agenti penitenziari. A Poggioreale, invece, da due giorni 1.584 detenuti rifiutano ufficialmente il vitto dell’Amministrazione a sostegno dell’iniziativa di Marco Pannella e del Partito Radicale per garantire il diritto di voto ai detenuti. Non avendo nulla da nascondere e nulla da cui nascondersi continueremo la nostra battaglia per la trasparenza e l’informazione di quanto accade al’interno degli istituti penitenziari in netta opposizione alla politica del bavaglio e del silenzio impostata dal Dap. Il nostro slogan è e resta "Per abbattere le mura dei misteri occorre abbattere i misteri di quelle mura". "È chiaro che le attuali condizioni di lavoro non possono essere ulteriormente tollerate. La dignità professionale è sistematicamente, quotidianamente, vilipesa. Come avevamo, detto per tempo e in tempo, al personale vengono negati persino i diritti elementari come le ferie e i riposi. Per giunta non vengono nemmeno retribuite per intero le spettanze economiche. Questo mese non sono stati corrisposti gli straordinari, da gennaio non sono pagate le missioni. Anche per queste ragioni domani protestiamo davanti al Dap. Noi rivendichiamo condizioni di lavoro sostenibili e dignitose. Faccio appello al Ministro Brunetta affinché anche l’Amministrazione Penitenziaria garantisca quei principi di trasparenza, efficienza ed efficacia a noi tanto cari". Trieste: e "L’Altra Trieste" manifesta sotto le mura del carcere
Il Piccolo, 4 giugno 2009
Musica a pieno volume e interventi al microfono sotto le mura di cinta del carcere del Coroneo, stasera alle 18. A organizzare la manifestazione in segno di solidarietà con i detenuti è la rete "L’Altra Trieste", il gruppo politico - culturale che era già sceso in piazza nello scorso marzo per protestare contro le norme restrittive sulle droghe leggere introdotte dal governo Berlusconi. L’iniziativa questa sera ha lo scopo di richiamare l’attenzione sulle disumane condizioni di vita delle 260 persone rinchiuse al Coroneo, dove c’è spazio solo per 130-140 detenuti. "L’Altra Trieste" ha lanciato una serie di slogan e di parole d’ordine che criticano pesantemente il cosiddetto Piano carceri e il Pacchetto sicurezza voluti dal Governo. Lo stesso gruppo si propone come obiettivo l’abrogazione della legge Bossi-Fini sull’immigrazione e della Fini-Giovanardi sull’uso delle droghe leggere, parificate nelle pene previste per i microspacciatori a quelle inflitte a chi vende droghe pesanti. Viene chiesta inoltre la depenalizzazione dei reati minori e il rafforzamento della legge Gozzini per le misure alternative al carcere: ulteriore parola d’ordine, la chiusura dei centri di detenzione per i migranti e i chiedenti asilo. Va aggiunto, al di là della presa di posizione di chi ha organizzato la manifestazione davanti al carcere, che la situazione - non solo al Coroneo, ma in tutto il sistema penitenziario italiano - è prossima al collasso. Le celle, come ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano, possono ospitare 39.000 persone, mentre oggi ne sono recluse ben 63.000. Non a caso un buon numero di detenuti è costretto a dormire a terra, su un materasso buttato sul pavimento. L’Aquila: 10 mln per l'ampliamento Casa Reclusione Sulmona
Il Messaggero, 4 giugno 2009
Sarebbero in arrivo 10 milioni di euro dal Ministero di Giustizia, concessi al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, per l’ampliamento del super carcere di Sulmona. Il progetto, prevede la costruzione di un nuovo padiglione, che trasformerà la casa di reclusione sulmonese in centro penitenziario, adibito ad ospitare qualsiasi tipologia di detenuti o destinatari di provvedimenti di custodia. Se la cosa dovesse essere confermata, potrebbero risolversi i problemi di sovraffollamento nella struttura. La casa di Reclusione di Sulmona ospita 460 detenuti, 70 dei quali ergastolani, 40 in regime di massima sicurezza perché pentiti o legati a reati di mafia; la gran parte di loro arriva da Campania e Sicilia; 120 in assistenza psichiatrica; 130 tossicodipendenti. Gli agenti sono invece 280, il personale sanitario conta 18 persone, fra medici e infermieri. Da anni i sindacati lamentano problemi dovuti alla carenza di personale e all’impossibilità di gestire una popolazione carceraria piuttosto complessa. A gennaio l’onorevole Paola Pelino aveva presentato un’interrogazione parlamentate al ministro della Giustizia Angelino Alfano ed al Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali Maurizio Sacconi per chiedere "quali provvedimenti urgenti e il Governo intenda attuare per potenziare l’organico del personale alla Casa di Reclusione di Via Lamaccio a Sulmona". Agrigento: Uil denuncia grave situazione del carcere di Sciacca
La Sicilia, 4 giugno 2009
L’organizzazione sindacale Uil penitenziari ha inviato una lettera al Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria di Palermo, al direttore della Casa Circondariale di Sciacca, al prefetto di Agrigento ed al personale di polizia penitenziaria di Sciacca per denunciare l’attuale situazione del carcere saccense. Tutte le organizzazioni sindacali hanno chiesto la possibilità di chiudere un reparto detentivo a causa della carenza del personale, in modo da recuperare unità e stila re un programma di ferie estive per quest’anno. "La segreteria Uil penitenziari - ha scritto il vice segretario provinciale del sindacato, Calogero Speziale - è stata presente alcuni giorni fa nell’istituto di Sciacca per sentire il personale di polizia penitenziaria che, in quell’occasione ha esternato l’intenzione, per cui in assenza di utile riscontro per la programmazione di un piano programmatico per le ferie estive ed il ripristino di una sicurezza lavorativa, a protestare ad oltranza a garanzia dei propri diritti. Proprio per questo - ha continuato Speziale nella nota - l’ufficio superiore dell’amministrazione voglia attenzionare le difficoltà operative e gestionali di quell’istituto al fine di consentire una programmazione per la fruizione dei diritti soggettivi del personale, a garanzia anche della sicurezza e operatività del personale operante nella considerazione di rimpinguare le unità mancanti che servono alla funzionalità generale dell’istituto di Sciacca". Vicenza: anche in carcere c’è crisi, soltanto 4 detenuti al lavoro di Roberta Bassan
Giornale di Vicenza, 4 giugno 2009
Nel 1985 c’erano due catene di montaggio, oggi appena 4 addetti. Correva la metà degli anni Ottanta: nel carcere di Vicenza due catene di montaggio funzionavano alla grande raggiungendo allo stesso tempo l’obiettivo di riabilitare i detenuti ad una prospettiva di vita professionale e sociale, ma anche di rispondere alle esigenze delle aziende che all’epoca di commesse ne avevano tante. Di quei tempi è rimasta "la fame di lavoro" dentro le sbarre. Per il resto la crisi economica è entrata alla grande anche in carcere. Ne è ben consapevole il direttore Fabrizio Cacciabue: "Le aziende non hanno lavoro neppure per i loro dipendenti". Oggi sono rimasti quattro detenuti quattro a lavorare il ferro e a lucidare i metalli attraverso la cooperativa sociale Saldo & Mecc: "Si può arrivare a 15 persone, ma il lavoro non c’è, nonostante sia un’attività industriale che le aziende sono costrette a far svolgere in Friuli". Altri 35 detenuti svolgono lavori domestici di cucina e pulizia a beneficio della casa circondariale, più altri 5 in semilibertà e un altro ancora che lavora all’esterno tramite una convenzione con il Basso vicentino per la tutela dell’Ambiente. Quarantacinque detenuti hanno una forma d’impiego con un loro stipendio: 1 su 8 rispetto ad una popolazione carceraria che peraltro sta per scoppiare. Della situazione della struttura e del sovraffollamento Cacciabue aveva parlato anche al convegno di 15 giorni fa ed è tornato a ribadirlo ieri in occasione della firma di un protocollo con il presidente della Camera di Commercio Vittorio Mincato. Un’intesa quella siglata con l’ente camerale che dà una boccata d’ossigeno sul tema del lavoro in carcere con l’obiettivo di mettere in relazione la domanda proveniente dalla casa circondariale con l’offerta di posti di lavoro provenienti dalle imprese, informandole sugli sgravi fiscali e contributivi previsti dalla normativa in materia e sulle opportunità di sviluppo. Una situazione di crisi di cui è ben consapevole il presidente Vittorio Mincato, che non esita però ad essere "fiducioso che nel 2010 ci sarà qualche barlume". Per il resto la situazione è difficoltosa, stretta tra tagli dello Stato e crisi economica: "La pena è un marchio che una persona si trova sulle spalle per tutta la vita - osserva Cacciabue -, la prima cosa che uno perde entrando in carcere è il lavoro: è importante sensibilizzare le forze sociali ed economiche all’importanza di recuperarle ad una professione". Il direttore torna sul sovraffollamento e sulla carenza del personale: "La capacità dell’istituto è di 146 persone che invece oscillano tra 345 e 350. I detenuti sono stipati. Ci sono 5 sezioni con 117 celle singole di 9 mq più 3mq del bagnetto: ad oggi 86 sono occupate da tre persone. Il personale deve lottare ogni giorno, dovendo svolgere anche tre servizi in contemporanea. Ci sono 191 persone in organico, 163 in forza effettiva, ne mancano 28. Abbiamo enormi difficoltà soprattutto nel trasporto dei detenuti, per non parlare anche della difficoltà ad organizzare un’attività economica: dal controllo dell’ingresso delle materie prime, all’uscita dei semi-lavorati, alla sorveglianza dei detenuti. In più questo momento di crisi che non aiuta". Firenze: Consolo (Dap); nell’Opg "non c’è nessun affollamento"
Redattore Sociale - Dire, 4 giugno 2009
Il vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria con delega agli Opg smentisce le accuse della senatrice Poretti e annuncia la sospensione da parte del Tar dell’ordinanza sindacale sull’istituto toscano. Il Tar ha sospeso l’ordinanza sindacale riguardante le condizioni dei detenuti dell’Opg di Montelupo. Ad annunciarlo è Santi Consolo, vice capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria con delega agli Opg. "Questo - spiega Consolo - è il segno di un decisivo miglioramento delle condizioni di vita all’interno di un istituto a proposito del quale ho sentito molte inesattezze improduttive. Oggi la struttura di Montelupo, che ho personalmente visitato, non presenta particolari problemi e stiamo lavorando in grande armonia con i garanti dei detenuti e le istituzioni locali". Per Consolo il problema del sovraffollamento non esiste visto che "la notte i detenuti dormono in modo adeguato". Semmai, precisa Consolo, "c’è confusione nella percezione dei metri cubi". Al riguardo delle polemiche mosse dalla senatrice Poretti sull’inadeguatezza degli agenti di polizia, Consolo dice di non aver mai dubitato della sensibilità e della professionalità degli agenti penitenziari all’interno della struttura di Montelupo. Consolo tiene a precisare che anche il Dap si sta muovendo verso un "superamento dell’Opg in attuazione della legge che prevede, all’interno di questi istituti, il passaggio dalla sanità penitenziaria al servizio sanitario delle Asl". Bologna: progetto pilota per uno screening oculistico a detenuti
Vita, 4 giugno 2009
È in accordo con l’Amministrazione Penitenziaria, l’assessorato alle Politiche Sociali della Regione Emilia Romagna e la Asl bolognese il progetto pilota di screening oculistico. Un’iniziativa che guarda alle carceri per combattere le malattie e i disturbi della vista. Si terrà il 10 giugno a Bologna la presentazione del Progetto pilota per la diagnosi delle patologie oculari promosso dall’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità - Iapb Italia onlus, in collaborazione col Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria Emilia Romagna, l’Azienda Sanitaria Locale di Bologna e l’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione. L’appuntamento, denominato "Prevenzione nelle carceri", si terrà nel penitenziario bolognese e avrà un carattere informativo: saranno distribuiti testi di tipo medico-preventivo in cinque lingue diverse (italiano, inglese, francese, arabo e albanese). Per l’occasione verranno distribuiti anche questionari con cui saranno individuate le priorità d’intervento; la Iapb Italia onlus elaborerà poi i dati raccolti. I controlli oculistici inizieranno già questo mese presso l’ambulatorio del carcere di Bologna e proseguiranno per circa sessanta giorni. Una delle popolazioni più a rischio nel nostro Paese è, infatti, proprio quella carceraria, perché costituita in prevalenza da soggetti provenienti da Stati dove non sempre esistono Servizi Sanitari efficienti. Inoltre, è più che probabile che molti di questi soggetti non si siano mai sottoposti a una visita oculistica. L’occhio rappresenta l’organo di senso più importante per l’uomo, in quanto più dell’80% delle informazioni che arrivano al cervello passano attraverso questo canale. La perdita della visione significa, quindi, totale dipendenza dagli altri, con conseguenti alti costi sul piano umano e sociale. "Ogni cittadino ha diritto alla tutela della salute, qualunque sia la sua condizione e in qualunque luogo si trovi- ha affermato Giuseppe Castronovo, presidente dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità - Iapb Italia onlus -. Pertanto, abbiamo pensato di praticare una nuova attività di prevenzione: la vista è un bene anche per i detenuti". Palermo: lezioni di rugby, per i minori detenuti del Malaspina
Redattore Sociale - Dire, 4 giugno 2009
Da giugno a settembre allenatori e giocatori varcheranno i cancelli del carcere minorile: nasce il Malaspina rugby. Il presidente Rubino: "Giocare a rugby migliora il fisico e il carattere dei giovani". La squadra di rugby del presidente Rubino, neopromossa in sere B, insegnerà ai minori detenuti le regole della palla ovale e del comportamento sportivo, con lezioni pratiche e teoriche. La società sportiva del Palermo Rugby attualmente conta 350 tesserati e da diversi anni si attiva per il recupero dei minori a rischio. Da giugno a settembre gli allenatori e giocatori della squadra varcheranno i cancelli del carcere minorile per preparare i giovani a mettere su la nuova formazione del Malaspina rugby. Il presidente del Palermo Rugby ha proposto il progetto dopo essere venuto a conoscenza di una analoga iniziativa realizzata a Napoli da una squadra di rugbisti. "Abbiamo già fatto innamorare della palla ovale tanti ragazzi dei quartieri difficili di Palermo, lavorando a stretto contatto con le scuole - dice il presidente - e credo che giocare a rugby migliora il fisico e il carattere dei giovani: è una grande valvola di sfogo agonistico e nello stesso tempo una risorsa per l’integrazione". Nel rugby contano il rispetto per l’avversario e per l’arbitro, solidarietà verso il compagno e lealtà. Il progetto sarà patrocinato dalla federazione nazionale rugby che metterà a disposizione dei detenuti materiali tecnici, strutture, allenatori, giocatori e anche palloni ovali e tute. Alla fine del percorso, se il progetto avrà successo, in programma ci sarà la disputa del derby tra il Malaspina rugby e la Palermo rugby under 19 al velodromo Paolo Borsellino. Napoli: premiazione Concorso letterario "Sorgente Educativa"
Comunicato stampa, 4 giugno 2009
Il 25 maggio, presso il Centro Penitenziario di Secondigliano, si è svolta la cerimonia di premiazione del I° Concorso Letterario "Sorgente Educativa", riservato a persone, adulte e minorenni, in misura penale sul territorio regionale. L’evento ha rappresentato il momento conclusivo del concorso che L’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di questo Prap, anche a seguito di un’attenzione particolare espressa dall’Amministrazione Penitenziaria sul tema della scrittura in carcere, ha bandito, unitamente al Centro per la Giustizia Minorile per la Campania, all’Ufficio Scolastico Regionale e alla Scuola Militare "Nunziatella" di Napoli. Il concorso, che per le istituzioni promotrici ha rappresentato un’occasione di collaborazione basata sul raccordo e sul confronto interistituzionale, era riservato ai detenuti e ai soggetti in esecuzione penale esterna, adulti e minori, i quali hanno prodotto degli scritti aventi come tracce: "Se potessi scrivere la mia vita…" e "Sono sicuro che un giorno avverrà…". I partecipanti, autori delle storie, hanno espresso le loro riflessioni attraverso la forma letteraria del racconto; gli elaborati, trasmessi a questo Provveditorato per il tramite delle Direzioni coinvolte, secondo le modalità stabilite da un bando appositamente predisposto, sono stati inoltrati, in forma anonima, a 21 Scuole Superiori della Campania, dove commissioni composte da studenti delle quinte classi, opportunamente seguiti da uno o più insegnanti, hanno proceduto nella lettura e nella valutazione dei racconti. Sono stati 127 i partecipanti al Concorso che hanno affrontato le tematiche del recupero, della risocializzazione e della voglia di guardare criticamente ai propri percorsi devianti ed illegali. Hanno raccontato la loro vita, gli affetti, il disagio, gli errori. "…la cosa di cui ho più bisogno è…. incontrare mio figlio… Non so nemmeno cosa pensi lui di me, se ha voglia di vedermi, tanto quanto ne ho io. La cosa che mi fa più paura è questo suo silenzio, ancora adesso che è adolescente". "…e solo chi non può più avere la pace di un quieto risveglio si rende conto di quanto siano cari gli oggetti che un uomo usa quotidianamente - il rasoio, la schiuma da barba con il pennello, il dopobarba. Non semplici oggetti, ma simboli di una vita che scorre serena, senza troppi fasti, ma neanche molti patemi d’animo, con l’amore per le piccole cose e il rispetto per i grandi sentimenti"… "…ma un giorno conobbi "la signora coca". All’inizio era solo uno svago; ogni fine settimana con altri amici ci rifugiavamo in quel piccolo sballo. Ma man mano "la signora" ci assaliva ogni giorno di più. La chiamo signora perché era come se ci fossimo innamorati di lei". Cento studenti della regione Campania, in veste di giurati, hanno riflettuto su queste storie, considerandone sia l’aspetto emozionale che quello didattico. Hanno, infatti, lavorato su una scheda predisposta per la valutazione degli elaborati che prevedeva di analizzare l’aderenza alla traccia prescelta, la correttezza grammaticale e sintattica, l’originalità e la capacità di rielaborazione critica e personale, assegnando un punteggio ad ogni indicatore. L’esito dell’esperienza si può riassumere con le parole degli studenti di una delle scuole partecipanti: "…abbiamo letto con interesse i lavori proposti e, per una volta, abbiamo preso il posto dei nostri professori. Tutti gli elaborati contengono messaggi di solitudine e speranza che ci hanno fatto riflettere ed apprendere cosa significhi sbagliare più di qualsiasi lezione o lettura fatta sui libri…". È stata scelta una giuria composta da ragazzi perché è necessario cominciare dai giovani per abbattere i muri delle paure e degli stereotipi, per superare tabù o pietismi nei confronti di una realtà complessa come quella carceraria ancora ai margini delle questioni sociali; perché è importante sensibilizzare le fasce giovanili sui temi del disagio sociale, della devianza, delle droghe e stimolare momenti di partecipazione e discussione intorno a questi argomenti; perché è facile, oggi più che mai, allontanarsi dalla legalità, con gravi conseguenze per la propria vita e questo non succede solo ai "predestinati"; perché l’incontro tra un "avvenire da spendere" e un "passato segnato" rappresenta sempre un patrimonio comune cui attingere. La cerimonia di premiazione del concorso è stata condotta dagli attori Evelyn Michelassi e Lucio Ciotola, che hanno anche letto gli elaborati vincitori insieme con Eva Contigiani. Questi attori, particolarmente sensibili alle tematiche giovanili e del disagio sociale, hanno offerto il loro contributo in assoluta gratuità, così come il cantante Franco Ricciardi che, da tempo, nel suo percorso professionale, ha evidenziato una particolare sensibilità e attenzione nei confronti del mondo della devianza giovanile, il quale ha concluso l’evento con alcuni brani più significativi del suo repertorio. Alla Manifestazione, alla quale hanno partecipato numerosi gli studenti delle scuole della Campania, coinvolte nell’iniziativa, hanno portato il loro saluto Liberato Guerriero, Direttore del Centro penitenziario di Secondigliano, Tommaso Contestabile, Provveditore regionale del Prap Campania, Sandro Forlani, Dirigente del Centro per la Giustizia Minorile per la Campania, Alberto Bottino, Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, Filippo Troise, Colonnello, Dirigente Scolastico e Comandante della Scuola Militare "Nunziatella" di Napoli. A sorpresa, è intervenuto Don Luigi Merola, il cosiddetto "sacerdote anticamorra" del quartiere Forcella di Napoli, che si è rivolto, con un accorato appello all’impegno e alla legalità, soprattutto ai tanti giovani presenti in sala. Sono seguiti gli interventi del Tenente Colonnello Antonio del Monaco della Scuola "Nunziatella" di Napoli, già Comandante del Carcere Militare di Santa Maria Capua Vetere, e quelli di due studenti di altrettante scuole partecipanti, i quali hanno entrambi evidenziato l’importanza dell’esperienza effettuata con la lettura degli scritti che ha consentito loro di avvicinarsi ad un mondo altrimenti etichettato solo come deviante e diverso e come tale tenuto a distanza. Il momento più emozionante della cerimonia è stato quello della premiazione degli elaborati risultati vincitori. Sono stati letti, dagli attori già citati, e premiati dalle autorità presenti in sala, i tre lavori realizzati dai minori e risultati vincitori e gli elaborati classificatisi tra i primi tre per la categoria degli adulti. Gli scritti sono stati premiati con il simbolo della chiave, d’oro per i primi classificati, d’argento per gli altri. Molto significativo e sentito è risultato l’incontro tra gli studenti delle scuole e gli autori dei racconti presenti in sala, che sono riusciti anche a conoscersi personalmente e a socializzare. La mattinata si è conclusa con la coinvolgente musica dell’artista Franco Ricciardi e del suo gruppo.
Dr.ssa Dolorosa Franzese Direttore dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna del Provveditorato regionale della Campania Treviso: il Progetto "Codice a sbarre", ha premiato gli studenti
La Tribuna, 4 giugno 2009
Il procuratore di Belluno Domenico Labozzetta ha inaugurato Arte in scatola, l’iniziativa inserita nel progetto Codice a sbarre che ha visto premiare numerosi studenti. La vincitrice, Benedetta Ballarin studentessa dell’Istituto magistrale "Roccati" di Rovigo, si è talmente emozionata davanti alla platea tanto da non riuscire a spiegare il grande messaggio della sua opera "infanticidio". La giovane della classe 3ª G, premiata dall’assessore alle politiche giovanili del comune di Rovigo Giovanni Cattozzi, ha sbaragliato la concorrenza di altri 80 finalisti degli oltre mille partecipanti delle 350 superiori Venete. La giuria, formata da giornalisti dei 14 quotidiani più importanti d’Italia, ha poi scelto per il secondo posto Debora Zatta al 4º anno del Liceo classico "Giorgione" di Castelfranco con la sua "Buconda", terzo posto ancora per il "Roccati" con Elisa Fois, sempre di Rovigo, classe 5ª con l’opera "Violenza nella ricerca della propria identità". In premio il catalogo in vendita tra l’altro in tutte le biblioteche del Veneto e che sarà esportato in America durante il Columbus Day in autunno, e un buono in denaro. Dal 4º posto al 10º, premiati alunni di Belluno (Laura Conigliello del "Renier"), di Verona (Enrico Amicabile classe 2a dello Stefani di Villafranca) e di Vicenza (Fabio Casagrande del Lampertico). Nelle prime dieci anche l’opera di un detenuto dell’Ipm di Treviso (4º posto) e di altri due studenti trevigiani di Vittorio Veneto (Serena Berna) e Castelfranco (Mattia Perizzolo). Premi speciali per gli insegnanti sono andati a Leopoldo Pincin del "Munari" di Vittorio Veneto, Carmen De Simone dello "Stefani" di Villafranca e a Nadia De Pasqual del "Catullo" di Belluno. Sempre a Belluno il "Premio Installazione" per l’opera pensata e realizzata da Simone Fregona e Lara De Martin del "Catullo". Per le pizzerie invece che hanno collaborato con i buoni pizza nel luogo clou dei giovani sono stati premiati i titolari della pizzeria "Re Artù" di Rovigo e "Ai Amisi" di Castelfranco Veneto. A premiare i finalisti, i relatori intervenuti al Museo civico di Santa Caterina per il mini convegno e l’inaugurazione della mostra che sarà aperta per tutto il mese di giugno con entrata gratuita. Erano presenti Barbara Trentin assessore della Provincia di Treviso, Mauro Michielon assessore del Comune di Treviso e presidente di Postecom Gruppo Poste Italiane partner che ha stampato i 250mila "passaporti per il carcere" parte integrante del progetto "Codice a Sbarre" in cui è inserito anche il concorso pittorico "Arte in Scatola", Domenico Labozzetta procuratore capo a Belluno, Alessandra Giraldo dell’Unicef e Alberto Argentoni, presidente Avis del Veneto. A chiudere il convegno è intervenuta Loreta Baggio, segretario generale dell’associazione Itaca, nonché Console onorario per la Repubblica di Serbia, che con l’associazione "Emergenze oggi" ha dato vita tre anni fa al progetto sociale-artistico "Codice a Sbarre". Confermato Rossano Galtarossa come testimonial di questa 3º edizione che si è complimentato per le opere dei ragazzi e per l’attenzione che il progetto "Codice a Sbarre" ha dimostrato verso i giovani studenti e i detenuti. Libro: "Magistrati l’ultracasta", di Stefano Livadiotti (Bompiani) di Luigi Mascheroni
Il Giornale, 4 giugno 2009
"Chi sbaglia non paga. Mai" non è solo il titolo di un paragrafo del libro Magistrati, l’ultracasta (Bompiani) dell’inchiestista Stefano Livadiotti, penna particolarmente appuntita dell’Espresso e, di per sé, al di sopra di ogni aprioristico sospetto "malagiustizialista" (l’autore in passato ha inchiodato alle loro dolorose responsabilità pure i sindacati). "Chi sbaglia non paga. Mai" è anche - insieme - la tesi, il j’accuse e il filo conduttore di un pamphlet che prima mette sul banco degli imputati e poi trascina alla gogna gli eccellentissimi rappresentanti della "madre di tutte le caste", quella dei giudici e dei pubblici ministeri. Uno stato nello Stato - sintetizza Livadiotti - "governato da fazioni che si spartiscono le poltrone in base a una ferrea logica lottizzatoria e riescono a dettare l’agenda alla politica". E ancora: "Un formidabile apparato di potere che, sventolando il sacrosanto vessillo dell’indipendenza, e facendo leva sull’immagine dei tanti magistrati-eroi, è riuscito a blindare la cittadella della giustizia, bandendo ogni forma di meritocrazia e conquistando per i propri associati un carnevale di privilegi". Privilegi, appunto. Quali? Questi, ad esempio. I magistrati italiani percepiscono gli stipendi più alti d’Europa (oltre alle entrate degli incarichi extragiudiziari), hanno un assegno medio di pensione di 6mila euro (dati del 2002... ) e detengono il record di 51 giorni all’anno di ferie (erano 60 fino al 1979). Non solo. I 9.116 "uomini d’oro" d’Italia - più che una casta, una lobby, ha detto un altro insospettabile, Giampaolo Pansa - possono contare, caso pressoché unico al mondo, su un oliato meccanismo secondo il quale, cassata la parola "merito", attraverso esami fasulli (99,6% di promossi) tutti salgono gradino dopo gradino la scala gerarchica in base alla sola anzianità di servizio, arrivando al vertice (cioè magistrato di corte di Cassazione con funzioni direttive superiori) immancabilmente dopo 28 anni di servizio. È un po’ come se, in campo giornalistico, qualsiasi ventenne cronista di provincia, al netto del talento, si ritrovasse a 48 anni, per statuto, direttore di un quotidiano. La prossima vita, giuro, mi iscrivo a Legge. In base al quadrupedale principio "cane non morde cane", secondo il quale a giudicare giudiziosamente un giudice è un onorevole collega giudice, i magistrati rappresentano la categoria professionale più impunita del Paese. Statistiche alla mano, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura è il fondo del buco nero della giustizia italiana. Nel periodo 1999-2006 sono stati istituiti 1.004 procedimenti disciplinari: 812 sono finiti con assoluzione o proscioglimento, 126 con una semplice ammonizione, 38 con la censura (poco più di una lavata di testa), 22 con la perdita di anzianità (sostanzialmente un rallentamento della carriera), due con la rimozione e quattro con la destituzione. Fuori dalle cifre da azzeccagarbugli, significa che a rimetterci la poltrona è lo 0,065 dei magistrati. Scartabellando qualche comma qua e là, si può citare a mò di exemplum, la vicenda dei due giudici del Tribunale di Brindisi che, complessivamente, per sbadataggine si sono dimenticati dietro le sbarre, uno dopo l’altro, 63 detenuti in attesa di giudizio. Si sono giustificati dicendo che avevano troppo lavoro, e che comunque fino ad allora nessuno si era lamentato. Un giudice barese che invece vendeva sentenze in cambio di mazzette da recapitargli "dentro la cassetta del vino siciliano che gli piace tanto", condannato a quattro anni nell’ottobre del 2007, è restato in servizio fino al marzo del 2008. Fa giurisprudenza, invece, il caso del rispettabile magistrato romano sorpreso, anno di scarsa grazia 1973, a molestare un ragazzino di 14 anni in un cinema di periferia. La denuncia è per atti osceni e corruzione di minore. La sentenza - otto anni, tre gradi di giudizio e un’amnistia dopo - è assoluzione con l’estinzione del reato. Per i giudici del Consiglio superiore della magistratura il collega pedofilo agì "in istato di transeunte incapacità di volere al momento del fatto". Fu reintegrato in servizio, promosso, e liquidato degli scatti di anzianità congelati. Costo dell’intera operazione, dalla fellatio al pensionamento, 70 miliardi dell’epoca. Ingiustizia è fatta. I tempi e i modi della mala-giustizia sono tristemente noti. Ma alcuni sono più tristi e meno noti di altri. In questo senso, il libro-inchiesta di Livadiotti è un eccellente prontuario. Rigoroso come un codice, divertente come un romanzo. Un capitolo del quale racconta di quando, nel settembre 2008, la giustizia italiana chiuse una annosa causa proprietaria, sentenziando la restituzione al comune dell’agrigentino San Giovanni Gemini dei 300mila ettari che aveva venduto al prestanome di una potente famiglia locale nell’anno in cui Ferdinando IV di Borbone, dopo il Congresso di Vienna, riunì i suoi domini sotto il nome di Regno delle Due Sicilie. Era il 1816. Il processo, che ha visto sfilare 250 parti, 92 avvocati e almeno tre differenti valute, dal ducato all’euro, è durato 192 anni. È anche grazie a tali esempi di abnegazione al lavoro e senso del dovere che i tempi della nostra giustizia civile sono più lunghi di quelli del Gabon e di São Tomé e Principe. Ma meglio del Congo. Se giudicare non è facile, scrivere le motivazioni di una sentenza lo è ancor meno, e a volte può anche dimenticarsi di farlo. A quel tal famoso giudice del Tribunale di Gela è sfuggito di testa per otto anni. Può capitare. Peccato, perché si trattava della condanna a oltre un secolo di carcere, per associazione mafiosa, di alcuni esponenti di Cosa nostra. È scattata la scarcerazione per decorrenza dei termini. Per il resto in Italia la durata media delle udienze penali è 18 minuti. Solo tre su dieci si concludono con una sentenza, tutte le altre vengono rinviate, in media di quattro mesi e mezzo, e una volta su quattro colpa delle toghe: o perché non si presentano o perché hanno gli atti incompleti. Per fortuna però che c’è il civile. Immigrazione: nasce l’Osservatorio Eurispes, lo dirige Martelli
Redattore Sociale - Dire, 4 giugno 2009
"Un immigrato ogni 11 italiani", quasi il 9% della popolazione. La struttura si chiamerà "Look out sull’immigrazione". "Nel nostro Paese c’è un immigrato ogni 11 italiani. Secondo le nostre stime gli immigrati attualmente residenti, gran parte regolari e una parte non regolare, superano i 5 milioni su 60 milioni di abitanti. Quasi il 9% della popolazione è composta da immigrati, un dato che eccede di poco la media europea. Questa crescita si è prodotta in un arco temporale brevissimo e ha avuto un"impennata negli ultimi 5 anni". È il quadro sull’immigrazione in Italia tracciato da Claudio Martelli durante la presentazione dell’Osservatorio dell’Eurispes sull’immigrazione questa mattina a Roma. "Lookout sull’immigrazione", questo il nome dell’osservatorio, studierà le fenomenologie dell’immigrazione, individuando le nuove tendenze e le caratteristiche della presenza straniera in Italia. Secondo Martelli, nominato direttore dell’osservatorio, "l’immigrazione è da considerare oggi parte costitutiva della nuova società italiana. Considerare l’immigrazione come risorsa e non come handicap significa occuparsi del nostro futuro, sapendo che se oggi c’è un immigrato ogni 11, nelle scuole c’è un alunno immigrato ogni quattro o cinque alunni. A Milano siamo a proporzioni numeriche quasi maggioritario di alunni stranieri". Il progetto presentato dall’Eurispes ha come obiettivo quello di effettuare una serie di indagini focalizzate sui diversi aspetti della condizione migratoria, sia a livello internazionale che nazionale e locale. "Lookout - ha spiegato Gian Maria Fara, presidente Eurispes - vuol dire attenzione e visione. L’idea è quella di prestare attenzione al fenomeno e ai possibili interventi e soluzioni e acquisire una visione di progetto e di prospettiva". La nascita dell’osservatorio, ha precisato Fara, nasce dalla valutazione dell’immigrazione da parte delle istituzioni. "Siamo insoddisfatti - ha detto Fara - per quello che si è prodotto finora dal punto di vista legislativo e per le analisi e la produzione di dati su un fenomeno che a nostro parere è ancora largamente sottovalutato almeno in termini numerici. Abbiamo messo a confronto alcune informazioni ed emerge un quadro abbastanza distante dal quadro che viene rappresentato a livello ufficiale". Nella prima fase del progetto, l’Osservatorio realizzerà un monitoraggio sulla situazione nelle grandi aree metropolitane, partendo da Roma, con lo scopo di formulare linee di intervento riguardo all’accoglienza, l’integrazione e il miglioramento delle condizioni di vita, garantendo il rispetto dei diritti fondamentali per i cittadini stranieri residenti. Il modello di ricerca applicato a Roma verrà poi applicato alle altre realtà metropolitane italiane. "La nostra - ha detto Fara - è una società destinata ad essere sempre più multiculturale. Il nostro intento è quello di dare un contributo di migliore conoscenza del fenomeno producendo dati che siano più corrispondenti alla realtà e proporre indicazioni e suggerimenti a chi deve affrontare la questione a livello istituzionale". Stati Uniti: in carcere i cani addestrati, per "scoprire" i cellulari
Il Velino, 4 giugno 2009
"Nelle carceri degli Stati Uniti il problema dei detenuti con i telefonini sta diventando ogni giorno più grande, al contrario dei cellulari che, di dimensioni sempre più minuscole, possono essere facilmente nascosti. Ma sono già cinque gli stati che per cercare di sconfiggere questo fenomeno hanno fatto addestrare dei cani a rilevare degli odori, collegati con il telefonino e le sue componenti, ma che possono anche trovare batterie e carica batterie. Il cane non finisce mai di sorprendere. Non si contano le storie, incredibili, dell’amico dell’uomo: la cronaca ne è piena. Dalle marce, forzate, di centinaia di chilometri per ritrovare il padrone, agli atti di autentico coraggio, all’aiuto, tante volte indispensabile, che ogni giorno ci dà. Il cane è un gran lavoratore, lo vediamo all’opera negli aeroporti, con la polizia e l’esercito, aiuta i ciechi e i disabili, è capace di salvare persone sepolte da valanghe o che stanno annegando, ci difende, fa la guardia, trova gli esplosivi. A pensarci bene cosa faremmo senza i cani? - scrive Roberto Zanni dalla redazione di Miami di Gente d’Italia quotidiano delle americhe diretto da Mimmo Porpiglia - Non molto tempo fa ce n’è stato uno negli Stati Uniti che ha salvato la padrona, l’ha avvertita di un tumore al seno. Cose quasi da non credere. Eppure è tutto vero". Negli aeroporti - prosegue Zanni - formano un piccolo speciale esercito, una barriera invalicabile per i trafficanti di droga, ma anche per chi cerca di introdurre merci proibite. Tutti, nei loro settori, sono degli eroi a quattro zampe, anche quelli da slitta e gli altri che ancora aiutano i pastori, con le pecore. Ma il mondo non si ferma mai, è sempre in continua evoluzione, e anche il cane lo segue, si aggiorna, si modernizza. L’ultima specializzazione riguarda i telefoni cellulari, l’oggetto che probabilmente ha il record di trasformazioni, non ne esiste mai uno nuovo, perché appena uscito l’ultimo modello, ce n’è già pronto un altro per sostituirlo. E soprattutto adesso sono piccoli, talmente minuscoli che possono essere facilmente nascosti, da chiunque, anche nelle carceri. Un problema che, al contrario delle dimensioni del telefonino, sta diventando sempre più grande e il controllo dei detenuti sempre più difficile. Per chi è dietro alle sbarre avere un cellulare può significare anche la possibilità di continuare le proprie attività illecite, ma anche intascare parecchio denaro, affittandolo agli altri carcerati. Ma adesso arrivano i cani". "Negli Stati Uniti è stata la Virginia il primo stato ad assumere gli amici dell’uomo per scovare i cellulari, seguito da California, Maryland e Pennsylvania. Un esperimento che non è passato inosservato e che ora è stato seguito anche dall’Arizona che, entro la fine del 2010, ha intenzione di mettere un cane specializzato nello scovare i telefonini in ogni prigione dello stato. Attualmente The state Department of Corrections in una delle 10 prigioni dell’Arizona ha quattro cani in grado (o che stanno per essere addestrati) di scovare gli oggetti in questione, i quali, ovviamente sono proibiti e se qualche detenuto viene scoperto con un cellulare deve affrontare provvedimenti disciplinari, ma può anche essere sottoposto a procedimenti penali, a seconda della gravità della situazione. Chi si trova in carcere infatti con un cellulare oltre che continuare la sua attività criminosa, può anche organizzare la fuga o almeno provarci, minacciare avvocati e testimoni, insomma dietro le sbarre il telefonino può trasformarsi in una pericolosissima "arma". Ecco perché - si legge ancora - sono stati chiamati in aiuto i cani, che attualmente, in Arizona, si stanno addestrando, da qualche settimana, a Tuscon. E quelli già entrati in servizio, l’hanno fatto sapere le autorità, hanno già aiutato le guardie carcerarie a confiscare 50 cellulari. Ma come vengono addestrati i cani anti-cellulari?". "I nostri amici sono allenati a individuare quattro odori, unici, associati con i telefoni cellulari e le loro componenti. L’ha spiegato Kenny Vance, trainer al Corrections Department. Ma i cani possono addirittura individuare batterie e carica batterie. Il mercato dei cellulari, all’interno delle carceri, sta diventato un mercato proficuo: i prezzi vanno dai 400 agli 800 dollari, sono anche più ricercati (e costosi) della droga e sono introdotti, generalmente dai visitatori dei detenuti, ma anche da chi ha rapporti di lavoro con l’istituto di pena e con le dimensioni sempre più minuscole, più semplice è diventato nasconderli e più complicati trovarli, anche con l’uso dei metal detector. Per dare una idea del problema, nel 2008 in California, che è lo stato degli Usa con il più grande sistema carcerario, sono stati confiscati 2.800 telefoni cellulari, il doppio rispetto all’anno precedente, mentre in Texas sono stati 549 solo nei primi quattro mesi dell’anno. Sempre in California, secondo quanto riportato in un servizio apparso su Time, un dipendente di una prigione - conclude Zanni - ha ammesso di aver guadagnato oltre 100mila dollari in un anno vendendo, ovviamente illegalmente, cellulari ai detenuti. E visto il proliferare di questa nuova attività illecita in Florida e nel Maryland per il reato in questione sono state inasprite le pene".
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