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Giustizia: le Associazioni; il piano carceri non può funzionare di Davide Madeddu
L’Unità, 14 dicembre 2009
"Il piano carceri? Un buco nell’acqua". In teoria avrebbe dovuto risolvere, una volta per tutte, il problema del sovraffollamento nelle prigioni. Invece il progetto da un miliardo e mezzo di euro che avrebbe dovuto mettere mano al sistema penitenziario d’Italia rischia di rimanere solo sulla carta. A mettere nero su bianco, indicando i "limiti e le difficoltà del progetto" sono i responsabili del Centro Studi Ristretti Orizzonti diretto da Ornella Favero che hanno realizzato e pubblicato un dossier proprio sul piano carceri. Il documento parla chiaro: "Il piano carceri rischia di rivelarsi inutile". Le ragioni della presa di posizione sono indicate nel documento. "All’epoca della predisposizione del piano nelle carceri italiane erano presenti circa 56.000 detenuti, cioè 13.000 in più della capienza regolamentare degli istituti di pena e 8.000 in meno rispetto alla capienza considerata "tollerabile": aggiungendo 20.000 posti si sarebbe tornati a un indice di affollamento delle celle in regola con le normative vigenti". Ricordando che oggi in carcere ci sono 66mila detenuti il documento precisa che ora i detenuti sono 10.000 in più rispetto a un anno fa, "ma 23.000 in più del consentito ed in eccesso anche rispetto al limite ritenuto "tollerabile": in altre parole, in soli 12 mesi la metà del lavoro previsto dal "Piano carceri", 750 milioni di euro, una cifra enorme, risulterebbe praticamente spesa per non risolvere affatto il problema". Anche perché nelle carceri, come denunciano i rappresentanti della Funzione pubblica Cgil, "si registrano situazioni al limite della vivibilità con una media di mille nuovi ingressi al mese con persone costrette a vivere su letti a castello a tre piani o in altre condizioni non accettabili". Riccardo Arena, ideatore e conduttore della trasmissione radiofonica Radiocarcere in onda su Radio Radicale e responsabile del sito internet www.radiocarcere.com, non usa giri di parole: "Il piano non può funzionare. Diciamo che sembra un buco nell’acqua". Motivo? "Innanzitutto si prevede che vengano costruiti nuovi padiglioni all’interno delle vecchie carceri per affrontare le emergenze, e poi che vengano realizzate nuove strutture per una - spiega - quindi andrebbe a restringere ulteriormente gli spazi che, oggi, sono ridotti al lumicino dato che abbiamo superato ogni limite tollerabile". Non solo, Riccardo Arena solleva anche un altro problema: "Naturalmente per costruire questi nuovi padiglioni ci vorranno due anni, e nel frattempo che si fa? Come si affronta l’emergenza carceri? Dove si mettono le mille persone che ogni mese vanno a finire dietro le sbarre?". Senza dimenticare poi un particolare: "Da dove arriveranno i soldi per le nuove carceri e i padiglioni?". Patrizio Gonnella, presidente di Antigone parte proprio dalla questione risorse: "Credo proprio che il piano carceri non si farà - dice - e il motivo è abbastanza chiaro: non ci sono soldi". Una premesse cui segue una spiegazione pratica. "I giorni scorsi è stato dichiarato inammissibile l’emendamento che prevedeva una spesa di 500 milioni per il sistema penitenziario. È chiaro quindi che senza una copertura precisa sarà difficile pensare di poterlo far partire". Giustizia: Sappe; sovraffollamento è sempre più preoccupante
Ansa, 14 dicembre 2009
"Troppi detenuti costretti a vivere in spazi ridottissimi, dove crescono le tensioni anche in relazione all’approssimarsi delle Feste natalizie. Vi sono insomma tutte le condizioni per sostenere che nella carceri italiane non vi è proprio nulla da festeggiare. Alla data del 10 dicembre 2009 vi erano 34 dei 204 istituti penitenziari italiani che ospitano più del doppio delle persone previste, pari al 16% del totale. 171 sono invece le carceri fuori legge che superano la capienza regolamentare cioè l’83% del totale. Il totale delle persone detenute è di 65.774, oltre 22.500 in più, tra uomini e donne (pari al 152%), di quelle previste dai posti disponibili". È quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. "Tutto ciò viene ormai comunemente riassunto con la parola sovraffollamento - continua - ed è un termine talmente inflazionato che questi numeri non fanno più notizia. Per noi del Sappe invece, il Sindacato più rappresentativo della Polizia Penitenziaria, si tratta di condizioni di lavoro e di vita impossibili da sostenere ed oltre al danno di cercare di lavorare in condizioni simili si aggiunge l’altro danno di essere considerati la causa del problema visto che ormai l’attenzione si è spostata su presunti, ripetiamo, presunti abusi da parte di singoli poliziotti". "Gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria - prosegue Capece - sono i primi e finora gli unici rappresentanti dello Stato che stanno subendo le conseguenze di comportamenti isterici di politici dell’opposizione come della maggioranza che lanciano slogan al proprio elettorato di riferimento proponendo un giorno maggiore sicurezza e un altro giorno maggiori diritti per le persone detenute. Tutto ciò è semplicemente disonesto nei confronti del proprio mandato istituzionale e nei confronti della Polizia Penitenziaria che 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno deve rimediare alle incapacità della politica di fronteggiare questa situazione. Alcuni politici dell’opposizione si ergono a paladini della giustizia e difensori dei diritti dei detenuti mentre non fanno altro che cavalcare l’onda della protesta nei nostri confronti che loro stessi hanno generato senza mettere in piedi una proposta seria e precisa su come uscire fuori da questa emergenza". "Non è onesto partecipare in massa a passerelle mediatiche a ferragosto in visita nelle carceri ed arrivare a Natale e scaricare sulla Polizia Penitenziaria le colpe di fatti - conclude - che traggono le loro origini da una mancanza di capacità, politiche ed amministrative, di fronteggiare questa situazione al collasso che noi del Sappe avevamo ampiamente previsto più di tre anni fa, nei giorni immediatamente successivi all’approvazione dell’indulto del 2006. Sarebbe ora che certe persone la smettano di innescare isterismi collettivi nei confronti dell’opinione pubblica che, guarda caso, non viene invece informata della reale situazione in cui sono costretti a lavorare migliaia di poliziotti penitenziari". Giustizia: Pdl; introdurre il carcere per reato di contraffazione
Asca, 14 dicembre 2009
"Sollecito il Governo ad introdurre il carcere per il reato di contraffazione estendendolo anche a chi vende e trasporta questo tipo di merci che sono la piaga dilagante dell’Italia". Lo ha dichiarato il Responsabile Pdl della Regione Lazio e Consigliere Pdl del Municipio di Roma, Centro Storico, Augusto Caratelli. "Sono ormai troppi i disoccupati italiani che a causa del commercio illegale e di sfruttamento della manodopera - continua Caratelli - vengono licenziati dalle imprese che non hanno più la forza di restare sul mercato. Infatti tali merci sono vendute da migliaia di venditori abusivi che invadono ogni giorno le nostre strade e che consentono nuove aperture di negozi cinesi in tutte le zone di Roma. Attività commerciali - conclude Caratelli - che spesso sono solo coperture per la vendita all’ingrosso di prodotti contraffatti e con il marchio CE contraffatto. È giunto il momento di dire basta a questo commercio che utilizza tra l’altro manodopera clandestina e che non aiuta certamente la nostra economia". Giustizia: penalisti; boss scarcerato, assurdo attaccare i giudici
Ansa, 14 dicembre 2009
"Riteniamo inaccettabile l’attacco ai Magistrati ogni qualvolta vengano assunti provvedimenti che nel rispetto dei principi costituzionali e della legge siano contrari al sentire dell’opinione pubblica". È quanto dice una dichiarazione del direttivo della Camera Penale "Franco Bricola" che riunisce gli avvocati penalisti di Bologna, sulla notizia della detenzione domiciliare concessa al boss Gerlando Alberti Junior, uno degli assassini di Graziella Campagna, la ragazza di 17 anni uccisa nel Messinese il 12 dicembre del 1985. "Comprendiamo e rispettiamo il dolore dei familiari della vittima - sottolinea il direttivo dei penalisti bolognesi, tramite il presidente avv. Elisabetta D’Errico - ma non possiamo che ribadire che lo Stato democratico deve garantire il diritto alla salute anche dell’essere umano detenuto a prescindere dal crimine commesso. Proprio in ragione della nostra protesta, volta a contrastare quella che noi riteniamo una eccessiva carcerizzazione, siamo certi che l’ispezione, che ci pare in questo caso francamente non giustificata, accerterà che l’ammissione alla detenzione domiciliare del signor Alberti per motivi di salute è stata concessa in quanto non era possibile altra soluzione". "Invitiamo i mass-media - conclude la Camera penale - a non cavalcare l’onda emotiva ed il dolore dei familiari creando in tal modo inutili e dannosi allarmismi". Lombardia: per una settimana carceri aperte alla cittadinanza
Redattore Sociale - Dire, 14 dicembre 2009
È "Carcere aperto" l’iniziativa che si apre oggi e si svolgerà lungo tutta la settimana: un’occasione per conoscere il sistema penitenziario regionale, chi ci lavora, chi fa progetti sociali e culturali, chi è a fianco, quotidianamente, ai detenuti. Le carceri lombarde aprono i cancelli alla cittadinanza. Si chiama "Carcere aperto" l’iniziativa di apertura al cittadino degli istituti di pena lombardi che si apre oggi e si svolgerà lungo tutta la settimana: un’occasione per conoscere il sistema penitenziario regionale, chi ci lavora, chi fa progetti sociali e culturali, chi è a fianco, quotidianamente, alle persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria e chi ha colto la possibilità di un cambiamento. L’iniziativa è promossa da Regione Lombardia d’intesa con il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e il Centro giustizia minorile. Gli istituti coinvolti sono Milano-San Vittore (14 dicembre), Milano-Opera (18 dicembre), Cremona (15 dicembre) e l’Istituto penale minorile Beccaria di Milano, promotore della seminario in programma il 16 dicembre presso la Sala Pirelli di Regione Lombardia. "Il carcere potrebbe essere accusato di essere arroccato e di non dare trasparenza all’esecuzione penale, ma conoscere ed entrare in carcere dovrebbe essere anche un anelito della società - dice Luigi Pagano, provveditore regionale alle carceri: dovrebbe essere l’anelito della società. Se nessuno guarda dentro al carcere, gli sforzi di trasparenza rischiano di essere invisibili. Speriamo che l’occasione del carcere aperto non sia episodica perché è nel quotidiano che si gioca la partita: bisogna evitare che si parli di carcere solo quando succede un dramma o quando si fa un’attività, magari molto bella, ma sopra le righe". Questo il programma in sintesi: oggi, 14 dicembre 2009, giornata di apertura dell’Istituto Penitenziario di San Vittore, con accoglienza delle scuole che hanno aderito all’iniziativa, la presentazione del documentario "Sicut erat non tarrat mai" di Bebo Storti (finalizzato a diffondere la conoscenza della situazione carceraria lombarda) e un confronto sul tema della legalità a cui parteciperanno rappresentanti del terzo settore, dell’associazionismo e della cooperazione attivi nel carcere di San Vittore. Nel pomeriggio, esibizione del gruppo musicale Vlp Sound. Domani, 15 dicembre, porte aperte al carcere di Cremona, dove nel pomeriggio (ore 15) la cooperativa Estia/Teatro in-stabile sarà di scena con una replica del nuovo spettacolo "Il rovescio e il diritto" diretto da Michelina Capato Sartore e, alle 17, alcuni musicisti detenuti si esibiranno in un concerto per pianoforte. L’iniziativa si chiuderà il 18 dicembre con gli appuntamenti in programma nel carcere di Milano-Opera. Stesso schema per il mattino: porte aperte alle scuole, con proiezione del documentario di Bebo Storti e confronto sul tema della legalità. Nel pomeriggio, alle 16, lo spettacolo teatrale "I luoghi dell’altro - ninna nanna anestetica per materiali organici organizzati", messo in scena dalla compagnia Opera Liquida con attori reclusi della sezione comuni. Per poter accedere alle Case di Reclusione e agli spettacoli in programma è indispensabile che ciascun partecipante faccia pervenire i propri dati personali (nome e cognome, data e luogo di nascita, residenza completa, estremi del documento di identità in corso di validità e un recapito telefonico) via mail a: prenotazioni@cooperativaestia.it. Per facilitare l’invio dei dati è disponibile un form apposito. Il pubblico interessato può farne richiesta alla mail di Cooperativa e.s.t.i.a. o telefonando al numero 331.5672144. Gli spettatori autorizzati all’ingresso riceveranno dai responsabili delle giornate di apertura di ciascun istituto di pena una mail di conferma con indicazione delle procedure a cui attenersi per l’accesso. L’ingresso agli spettacoli è gratuito fino ad esaurimento dei posti disponibili. I dati personali devono essere inviati entro 3 giorni dalla data per cui si richiede l’accreditamento. Info: www.cooperativaestia.it. Perugia: questo il "carcere di Amanda" una struttura moderna
Ansa, 14 dicembre 2009
È una struttura moderna e considerata all’avanguardia il carcere di Perugia dove è rinchiusa Amanda Knox, condannata a 26 anni di reclusione per l’omicidio di Meredith Kercher. Ospita tra l’altro l’unico reparto femminile presente in Umbria. Il penitenziario - direttore Bernardina Di Mario - è stato inaugurato nel luglio del 2005 e si trova nella zona di Capanne, a pochi chilometri dal capoluogo umbro. Nell’area riservata alle donne ci sono attualmente poco più di una sessantina di detenute (numero che rientra nella capienza regolamentare), circa il 40 per cento delle quali straniere. Il reparto è dotato di celle appositamente attrezzate per ospitare recluse che hanno la necessità di tenere con loro i figli fino al compimento di tre anni di età. Due, straniere, quelle attualmente presenti e con le quali si sono intrattenuti oggi gli on. Rocco Girlanda, presidente della Fondazione Italia-Usa, e Catia Polidori, entrambi del Pdl. Hanno spazi a loro dedicati con anche un asilo e un locale dotato di lavatrici e cucine per la preparazione dei pasti. Anche il cortile per la cosiddetta ora d’aria è separato da quello delle altre detenute proprio per tutelare le esigenze dei bambini. Al piano superiore si trovano le celle per le altre donne, ciascuna di circa 12 metri quadri. Quelle più grandi ospitano anche quattro o cinque letti. Ogni cella è dotata di un bagno con doccia. Le detenute hanno a disposizione anche un pulsante che attiva un allarme visivo e sonoro per il personale della polizia penitenziaria. L’area è dotata di un’infermeria, di una sala giochi con biliardino e ping-pong e una biblioteca. Nel blocco anche una piccola chiesa. A ridosso delle aree di detenzione è stato allestito inoltre un piccolo parco per bambini con giochi e panchine. Il carcere occupa complessivamente una superficie di circa 42 ettari, una ventina dei quali destinati agli immobili, mentre il resto sono aree verdi. Disponibili anche celle per disabili appositamente attrezzate con l’abbattimento delle barriere architettoniche. La palestra multifunzionale per i detenuti è stata inoltre allestita in maniera tale da poter diventare un teatro con 250 posti. Numerose le organizzazioni di volontariato che operano all’interno. Rossano: progetto educazione alla legalità tra carcere e scuole di Benigno Lepera
Gazzetta del Sud, 14 dicembre 2009
Ha raggiunto pienamente gli obiettivi prefissati alla vigilia l’iniziativa riguardante l’educazione alla legalità voluta dal direttore del Carcere di Rossano, Giuseppe Carrà, e patrocinata dall’amministrazione Comunale della città: studenti, professori, detenuti ed autorità seduti gli uni accanto agli altri nel teatro della casa di reclusione per discutere di legalità dopo la proiezione del film "È tempo di cambiare" del regista calabrese Fernando Muraca. Alla manifestazione, infatti, hanno partecipato le scolaresche dell’Istituto tecnico per Geometri di Rossano, dell’Itis e del liceo di san Demetrio Corone, i detenuti di massima sicurezza frequentanti l’Istituto tecnico Industriale all’interno della casa di reclusione e quelli che fanno parte della compagnia teatrale, il sindaco della città Franco Filareto. Sono state queste presenze e quelle del regista e degli attori del film, Tommaso Perri, protagonista nel ruolo di Mattia, Salvatore Pettinato nel ruolo di Don Michele, Franco Vescio nel ruolo del boss mafioso di Tropea, Orlando Schiamone nel ruolo di Luca, a rendere l’iniziativa altamente formativa. Tante sono state le domande degli studenti rivolte ai presenti sui temi trattati dal Film. I ragazzi sono stati invitati a soffermarsi sui veri valori della vita che emergono con forza dal film (famiglia, amicizia, amore, fede e spirito di sacrificio) e i detenuti a riflettere, non solo sul proprio passato delinquenziale, ma anche sulle conseguenze che hanno portato alla loro persona e a quelli che li circondano oltre che, ovviamente, alle vittime. Ne sono venute fuori conclusioni significative come quella sottolineata dal regista Muraca, secondo cui "Non si nasce cattivi e basta, come se l’entrata nel mondo fosse predestinata. Le scelte della vita sono condizionate dal contesto culturale e civile nel quale siamo accolti". Ciò riporta al tema di una iniziativa dal titolo "La legalità si impara" organizzata in una scuola primaria cittadina in collaborazione con le forze dell’ordine. Dunque la visione del film ha colpito nel segno. Secondo il dirigente dell’Istituto carcerario "il film è dai contenuti forti che, senza essere aggressivo, denuncia i soprusi di mafia e ndrangheta. È un film che richiama i valori essenziali della nostra società, permeato di fede e speranza, privo di retorica e di buonismo. "È un film - ha sottolineato Carrà - che ti arriva dritto al cuore e allo stomaco, che ti colpisce senza essere violento! Credo fermamente nel potere educativo che questo genere di incontri possano avere sui giovani che si confrontano - direttamente, senza filtri e ipocrisie, con chi ha sbagliato, a volte in maniera gravissima, con la società. Insieme alle scuole possiamo innescare un processo di vero cambiamento sociale, ribadire che esistono modelli di vita alternativi e aprire nuovi orizzonti". La divulgazione del film è legata all’iniziativa benefica della raccolta di fondi da destinarsi al piccolo Riccardino Pio, affetto dalla Sindrome di West, che ha trovato grande adesione in tutto il Penitenziario di Rossano, sia tra i detenuti che tra il personale civile e di Polizia Penitenziaria. Treviso: il Comune chiede il trasferimento del carcere minorile
La Tribuna di Treviso, 14 dicembre 2009
La prossima settimana, il Comune di Treviso chiederà al ministero della Giustizia di trasferire il carcere minorile in una sede più idonea. L’istanza ha ottenuto l’unanimità del consiglio comunale e verrà spedita dopo il voto di palazzo dei Trecento previsto venerdì. È una richiesta perentoria, che arriva dopo la visita alla struttura fatta nei mesi scorsi dalla commissione Sociale e dopo lunghe riunioni tra consiglieri e assessori. "Ho steso io stesso l’ordine del giorno - dice l’assessore al Sociale Michielon - accogliendo in gran parte le richieste arrivare dai consiglieri di maggioranza e opposizione". Ad aver giocato un ruolo fondamentale nella nascita di questa richiesta è stato Alfio Bolzonello, di Città Mia, promotore della prima istanza di trasloco del minorile. Determinante poi la relazione fatta dal presidente della quarta commissione Domenico Piccoli al termine della visita guidata, un resoconto che pur plaudendo il lavoro fatto dagli operatori, metteva in evidenza una struttura sovraffollata, prima di spazi necessari a evitare promiscuità tra detenuti gradi e piccoli, priva di spazi privati e aule dove effettuare a dovere i percorsi di rieducazione e insegnamento, priva di infrastrutture in grado di garantire confort ai giovani detenuti. "In attesa della risposta del ministero - spiega Roberto Grigoletto del Pd - abbiamo chiesto che il Comune stanzi dei fondi per una parziale ristrutturazione dell’attuale minorile". Il Comune di Treviso pensa al coinvolgimento delle associazioni di volontariato ma anche dei Comuni di provenienza dei giovani detenuti. La pratica con il ministero infatti rischia di andare per le lunghe, basti pensare che ad oggi non vi è idea di quale potrebbe essere il luogo adatto ad ospitare la nuova struttura. Il Comune di Treviso si è reso disponibile a inquadrare il futuro Istituto penale minorile all’interno dei suoi confini ma ammette che una nuova sede potrebbe essere individuata anche nella prima cintura urbana. Cagliari: appello al Sindaco; no a nuovo trasferimento detenuti
Agi, 14 dicembre 2009
"La crescita esponenziale di detenuti nel carcere di Buoncammino in seguito a continui trasferimenti da altri istituti penitenziari non solo vanifica qualunque trattamento rieducativo ma mette a rischio la salute dei cittadini privati della libertà e di tutti gli operatori creando potenziali situazioni di pericolo. È quindi indispensabile un intervento del sindaco di Cagliari per fermare questi costanti arrivi dal continente". Lo sostiene, in una lettera al sindaco di Cagliari Emilio Floris, la presidente dell’associazione "Socialismo Diritti Riforme" Maria Grazia Caligaris. "L’istituto di viale Buoncammino - ricorda l’ex consigliera regionale - è stato progettato nell’Ottocento per contenere circa 180 reclusi. Attualmente ne ospita oltre 550 con condizioni di vita davvero insopportabili sia per i detenuti, costretti a vivere dentro celle anguste e talvolta dovendo fare i turni per poter stare in piedi, sia per gli agenti di polizia penitenziaria che, al contrario dei reclusi, sono sempre in numero minore. Com’è noto inoltre l’istituto cagliaritano è dotato di un centro clinico, anch’esso in sovraffollamento in assenza di un apposito reparto ospedaliero a Is Mirrionis previsto per legge da oltre 15 anni.". "I volontari dell’associazione - sottolinea nella lettera la presidente - hanno verificato a più riprese, soprattutto negli ultimi mesi, un aumento esponenziale di detenuti nella Casa Circondariale di viale Buoncammino. Sono prevalentemente di detenuti extracomunitari che arrestati nelle grandi città del Nord Italia vengono trasferiti, spesso ancora in attesa di giudizio, nell’istituto di Cagliari. In molti altri casi, invece, giungono nella casa circondariale sarda detenuti calabresi o pugliesi che devono ancora subire il processo". "L’associazione - osserva ancora Caligaris - in più occasioni ha chiesto, inascoltata, la territorializzazione della pena così come prevede la legge sull’ordinamento penitenziario in modo tale che in Sardegna vengano reclusi solo o prevalentemente i detenuti isolani. Ha chiesto inoltre al capo del Dipartimento Franco Ionta che per le condizioni in cui si trova l’istituto di Cagliari e per la presenza di numerosi carcerati malati, alcuni gravi, cessino i trasferimenti anche per evitare tensioni dentro la struttura detentiva. In questo modo inoltre si mettono in serio pericolo le condizioni igienico-sanitarie della casa circondariale". "Con l’autorità a Lei conferita e riconosciuta quale responsabile della salute dei cittadini per il Servizio Sanitario Nazionale - conclude l’esponente socialista rivolta la sindaco - può farsi interprete nei confronti del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria affinché venga interrotto il trasferimento di nuovi detenuti e si proceda al contrario ad alleggerire la struttura di Cagliari". Potenza: il carcere è inadeguato occorre investire delle risorse
Quotidiano della Basilicata, 14 dicembre 2009
Sovraffolamento, struttura vecchia e sottodimensionamento del personale della polizia penitenziaria. Sono questi i punti critici sottolineati dai deputati del Pd, Salvatore Margiotta e Antonio Luongo, dopo la visita al carcere di Potenza di ieri. I parlamentari sono stati accompagnati all’interno della casa circondariale dal Direttore, Michele Ferrandina, e dal Dirigente della Polizia Penitenziaria di Potenza, Commissario Grippo. Al termine della visita hanno inoltre incontrato il responsabile dell’Ugl, Vito Messina. "Abbiamo apprezzato - affermano Margiotta e Luongo - la professionalità del Direttore e del personale del carcere, così come del Commissario e degli agenti di Polizia Penitenziaria: ciascuno di essi opera con competenza ed efficienza. Abbiamo, allo stesso tempo, riscontrato anche a Potenza, i problemi ormai endemici del sistema carcerario italiano: sovraffollamento (a fronte di un massimo di 220 posti, oggi sono detenute circa 250 persone e nei giorni scorsi si è giunti anche a 270), con conseguenze facilmente immaginabili; struttura vetusta -è stata costruita 50 anni fa - che avrebbe necessità di un intervento massiccio di manutenzione straordinaria e di ammodernamento degli edifici; personale, soprattutto quello di polizia penitenziaria, fortemente sottodimensionato rispetto alle esigenze di un istituto che è il più grande della Basilicata e l’unico a disporre di una sezione femminile". Per i due parlamentari le carceri " necessitano di investimenti straordinari per la costruzione di nuovi istituti, per la ristrutturazione dei vecchi, per le assunzioni di agenti di polizia penitenziaria, nonché per il riordino delle carriere direttive, inspiegabilmente ancora non allineate, nonostante le previsioni di legge, a quelle della polizia di stato". Di qui la critica al governo e l’impegno del Pd che "utilizzerà ogni possibile strumento per migliorarla, e per dare risposte concrete ai disagi che si vivono nelle carceri italiane, nella consapevolezza che il grado di civiltà di un paese si legga anche dalle condizioni in cui si svolge l’azione detentiva e rieducativa". E nel giorno della visita dei parlamentari, interviene nel dibattito anche Vito Messina, vice segretario della Federazione nazionale polizia penitenziaria dell’Ugl. Il sindacalista si sofferma sulla chiusura del settore femminile esprimendo contrarietà "perché - dice - questa Federazione non era presente il 1° di dicembre presso il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria in via dei Mille a Potenza, comunque non l’avremmo mai avvallata tale ipotesi, con una ricaduta negativa socio-economica sulla città di Potenza". Livorno: affollamento e organico carente, protesta degli agenti
Il Tirreno, 14 dicembre 2009
"Siamo giunti al collasso, il sistema penitenziario è immerso nella più totale confusione senza precedenti". Sovraffollamento di detenuti, carenza del personale, sicurezza a rischio. E sindacati sul piede di guerra. È quanto dichiarano le sigle provinciali dei rappresentanti dei lavoratori Sappe, Uil Penitenziari, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria e Cgil Fp, guidate da Ciriaco Serluca, Mauro Barile, Massimo Sanapo e Alberto Ragusa, che dichiarano da oggi lo stato di agitazione. "Qualcuno rischia di pagare caro un "suicidio in carcere", perché accusato di imperizia e negligenza, in termini giuridici "colpa"; qualcun’altro deve fare i conti con la tentata, fortunatamente sventata, evasione. E, ancora, c’è chi viene aggredito dai detenuti a causa del sovraffollamento e dell’invivibilità degli spazi comuni. Tuttavia, con dignità e alto senso del dovere si continua a lavorare". I sindacati mettono in evidenza l’incessante incremento dei detenuti a fronte invece di un decremento dell’organico: un deficit di 75 unità, "dovuto ai distacchi verso altre sedi di servizio, ai pensionamenti e alle aspettative per motivi di salute" (il 30% del personale - dicono - ha raggiunto i 50 anni di età con anzianità di servizio superiore a 25). "È doveroso ricordare anche l’apertura di ben tre cantieri edili, che richiedono l’innalzamento del livello di attenzione e maggior dispendio di personale, che viene distolto da altri incarichi", denunciano le organizzazioni dei lavoratori. Di fronte a questa situazione, "l’amministrazione - si legge nella nota sindacale - pensa bene di invitare il personale ad operare con "dinamicità", simpatica locuzione che palesa "l’improvvisazione", tralasciando però un dato fondamentale: maggior rischio di errori. Cosa per cui bisogna giustificarsi e non sempre si viene creduti". Gli agenti si dicono stanchi: "Per tutto questo proclamiamo lo stato d’agitazione della polizia penitenziaria della casa circondariale di Livorno, la cui durata dipenderà solo dai proventi che saranno ottenuti: aspettiamo che l’amministrazione ci convochi. Il personale adotterà forme di protesta affinché la propria dignità venga salvaguardata, in attesa che si prendano serie iniziative per far giungere a Livorno altro personale. Abbiamo buoni motivi di credere che la protesta sarà sentita perché alimentata dall’insoddisfazione e dal senso di abbandono provato dal personale dovuti al silenzio, all’insensibilità, alla mancata volontà dell’amministrazione penitenziaria a mettere fine in via definitiva al disagio dei dipendenti". Pescara: formazione detenuti all'edilizia, terminato il progetto
Asca, 14 dicembre 2009
Si è concluso, al carcere di Pescara, il progetto formativo denominato "Cementiamo la solidarietà" che ha visto la partecipazione di otto detenuti. A tirare le somme del progetto di inclusione sociale, finanziato dalla "Cassa delle Ammende", e realizzato dalla casa circondariale con "Formedil" Pescara, sono stati oggi Salvatore Acerra, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria per l’Abruzzo e il Molise, e il presidente di Formedil Pescara, Antonio D’Intino, alla presenza del consigliere regionale Nicoletta Verì, presidente della quinta commissione. Il progetto, alla sesta edizione, si è svolto dal 27 aprile al 19 novembre, per un totale di 600 ore di formazione professionale a cui hanno partecipato gli otto detenuti, di cui 400 di pratica e 200 di teoria. Al centro delle lezioni anche nozioni di cittadinanza, etica del lavoro, cultura della sicurezza e del lavoro. I detenuti, affiancati da docenti qualificati, hanno realizzato una serie di interventi di manutenzione ordinaria all’interno del carcere (verniciatura, realizzazione di pavimenti e altro ancora), per cui i risultati dell’attività svolta sono concretamente visibili nella struttura di detenzione. Al termine del percorso didattico i detenuti hanno ricevuto un attestato di frequenza per operatore edile polivalente, oltre a un assegno. L’obiettivo dell’iniziativa, è stato sottolineato, è il reinserimento sociale dei detenuti e l’augurio è che queste persone possano trovare un lavoro. Soddisfatto il direttore del carcere, Franco Pettinelli, il quale si è augurato che il progetto possa proseguire perché - ha detto - abbiamo dimostrato che se c’è la volontà il detenuto può essere reinserito ed è importante che questo concetto passi anche all’esterno, tra le aziende che possono dare lavoro a queste persone. Salerno: la riflessione su dopo-carcere, difficile trovare lavoro di Maria Laura Pirone
La Città di Salerno, 14 dicembre 2009
"Casa, lavoro, reddito per non andare, per non tornare in carcere". A caratteri cubitali, era questo uno dei messaggi più forti scritti sugli striscioni che ieri mattina hanno attirato l’attenzione di quanti passavano nei pressi della Casa Circondariale di Fuorni, dove un gruppo di giovani universitari della "Rete degli studenti" ha dato vita a una giornata di riflessione in memoria delle vittime della strage di Piazza Fontana. Gli universitari, insieme ad ex detenuti, familiari di persone in carcere, esponenti del Comitato di lotta dei corsisti del progetto "Conoscenza e lavoro", Cobas, Rdb e Rsa Cgil, hanno così inteso rinnovare il ricordo "di uno dei giorni più neri della nostra storia repubblicana". "La strage di Piazza Fontana - era spiegato in un volantino distribuito dai partecipanti all’iniziativa - si collega a una serie di avvenimenti drammatici e morti "strane" che partendo da Pinelli, Valpreda fino ad arrivare a Carlo Giuliani, Franco Mastrogiovanni e Stefano Cucchi vedono da una parte l’impunità dello Stato verso gli artefici delle stragi e dall’altra una barbara repressione verso chi si batte per ridare giustizia alle vittime di un disegno eversivo in cui il primo indagato è lo Stato stesso". Tra i manifestanti, anche un ex detenuto, Michelangelo Iovine, rimasto in carcere per 19 anni per scontare il proprio debito con la giustizia e ritornato "alla vita normale" otto anni fa. Iovine è tra quelli che hanno partecipato al corso di formazione "Conoscenza e lavoro", durato tre anni e conclusosi la scorsa estate. Ora aspetta il bando rivolto alle aziende per completare la formazione con il work experience di sei mesi, visto che "fuori" ha incontrato enormi difficoltà per impiegarsi, tanto che ancora oggi risulta ancora inoccupato. La manifestazione ha puntato l’attenzione sulle condizioni di vita dei detenuti e sul triste capitolo delle morti nei penitenziari. "Secondo una stima aggiornata al 9 dicembre, dall’inizio dell’anno in Italia sono 67 i suicidi avvenuti in carcere su 169 casi di decesso. Inoltre - ha affermato Franz Cittadino, Rsu Cobas del Comune di Salerno - l’assistenza sanitaria è disastrata, numerosi sono i maltrattamenti e le morti per cause non chiare". A Salerno, hanno fatto notare alcuni genitori di detenuti hanno denunciato le spese che bisogna sostenere per l’acquisto dei beni di prima necessita. "Si tratta di costi che non possiamo permetterci ma dobbiamo comunque trovare il modo di dare i soldi ai nostri figli per farli vivere" hanno affermato. Dalla giornata di ieri ci si aspetta che "le istituzioni salernitane pongano maggiore attenzione alla condizione dei detenuti, evitando il sovraffollamento delle unità che causa esasperazione e stati di avvilimento nell’individuo" come ha sottolineato lo studente Mario Carloni. Che ha concluso: "Va attuato, inoltre, un sistema riabilitativo concreto per coloro che hanno scontato la pena e hanno diritto al reinserimento sociale". Bologna: biglietti e francobolli, come doni di Natale ai detenuti
Redattore Sociale - Dire, 14 dicembre 2009
Un regalo di Natale? Francobolli, penne senza parti metalliche, fogli da lettera e buste. Sarebbe graditissimo dai carcerati della Dozza di Bologna, secondo i volontari dell’Avoc che lanciano una raccolta per fornire ai detenuti questo kit perché possano scrivere a casa "almeno per Natale". Con lo stesso obiettivo, l’Avoc (Associazione volontari del carcere) la settimana prossima consegnerà ai reclusi una somma in denaro perché possano telefonare a casa in occasione delle festività. "Il Natale è ormai vicino", ma - scrive l’Avoc sul suo sito - "si pensa troppo poco alle sofferenze dei familiari dei detenuti e in particolare a quelle dei bambini, che spesso non vedono il genitore in carcere, perché la famiglia non può affrontare viaggi lunghi e costosi. Questa situazione è particolarmente drammatica per i detenuti stranieri, separati dai loro cari da distanze insormontabili". Quindi telefono e lettere possono "mantenere un fragile legame". Il problema, però, come spiega il presidente dell’Avoc Giuseppe Tibaldi, è che "la metà dei detenuti non ha alcuna disponibilità finanziaria", cioè non ha i soldi da spendere in lettere, penne e francobolli o per pagare chiamate dato che "le telefonate sono tutte a pagamento, senza alcuna agevolazione per chi non ha nulla". Da qualche giorno, dunque, è partita questa particolare raccolta di regali natalizi, "che funziona: in passato abbiamo raccolto centinaia di francobolli e di fogli da lettera; e vengono usati. Per le telefonate, invece, impieghiamo una somma di denaro che abbiamo accantonato quest’anno". Per consegnare il materiale (penne, fogli, francobolli) ci si deve rivolgere alla parrocchia dei Santi Angeli Custodi in via Lombardia 37. Busto Arsizio: un nuovo numero di "Mezzo Busto" è in edicola
Varese News, 14 dicembre 2009
Un po’ in ritardo, ma finalmente è arrivato il nuovo numero di Mezzo Busto. E stavolta il giornale della Casa circondariale di Busto Arsizio si presenta ai lettori con una nuova veste grafica. Non più il foglio unico che ricorda i quotidiani, ma una rivista da sfogliare. Troverete la presentazione del nuovo giornale e i motivi che hanno portato al cambiamento nell’editoriale che apre il numero. Segue come sempre l’articolo principale che questa volta è dedicato ad un importante progetto partito a primavera, ovvero "Sezione aperta". Cristian, Gianfranco e Mino ci raccontano come è cambiata la vita per le persone detenute nella seconda sezione (in tutto sono quattro le sezioni nel carcere bustocco) da quando le celle restano aperte per tutto il giorno permettendo libertà di movimento e di spostamento all’interno degli spazi comuni. Per Cristian, si tratta dell’ultimo articolo scritto per Mezzo Busto, ma non è il solo. Saluta anche Chaka Zulu che regala ai lettori, è proprio il caso di dirlo, una bella e istruttiva testimonianza sulla sua storia di vita. Scrive invece di donne e "lavori da uomini" Luis nella sua quadrupla intervista a donne che lavorano in settori diversi nell’istituto bustocco. Come sempre, Luis ci porta poi in giro per il mondo con la sua rubrica "Da dove vieni": questa volta la meta prescelta è il Brasile. In questo numero la redazione ospita anche la lettera di un ragazzo detenuto nel carcere di Varese che a settembre ha partecipato, insieme ad altri compagni di Busto e Varese, alla festa del giornale Varesenews. In quell’occasione, insieme agli agenti di rete Sergio Preite e Sabrina Gaiera, avevano allestito un gazebo per presentare il lavoro svolto nelle due case circondariali. Spazio infine agli auguri di Natale e a un po’ di meritata pubblicità per un’iniziativa che ha coinvolto sempre la redazione di Mezzo Busto. Su iniziativa della Casa circondariale, in collaborazione con il Circolo fotografico bustese e grazie al supporto degli agenti di Polizia Penitenziaria, è stato realizzato un calendario per il 2010. Scopo dell’iniziativa, mostrare come in carcere la vita quotidiana non si fermi. Il calendario potrà essere acquistato presso la bottega Migrando di Busto Arsizio (via Pozzi 3). Venezia: torna il teatro-carcere con il progetto "Passi Sospesi"
www.estense.com, 14 dicembre 2009
Mercoledì e venerdì riflettori puntati sul lavoro di Michalis Traitsis dell’Associazione Culturale Balamòs. Si conclude questo mese il progetto teatrale "Passi Sospesi", anno 2009 con due manifestazioni di rilevante importanza. Mercoledì, alle ore 9.30, presso il Centro Culturale Candiani di Mestre, si svolgerà la manifestazione dal titolo "Teatro e Carcere: l’esperienza del progetto teatrale Passi Sospesi nelle Case Circondariali di Venezia" , dove sarà presentato il video documentario di Marco Valentini "Passi Sospesi" (presentato anche lo scorso Settembre, nell’ambito delle manifestazioni della 66° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia), relativo all’omonimo progetto teatrale che da alcuni anni Michalis Traitsis, sociologo, regista e pedagogo teatrale dell’Associazione Culturale Balamòs, conduce presso le Case Circondariali di Venezia. Alla manifestazione dove saranno presenti i rappresentati dal Comune di Venezia, dalla Regione Veneto, dalla Casa Circondariale di Venezia, dal Centro Teatro Universitario di Ferrara, dall’Associazione Culturale Balamòs e alcuni detenuti ed ex detenuti che hanno partecipato al progetto teatrale "Passi Sospesi", verrà proiettata anche un’anteprima del nuovo documentario, relativo al progetto che è ancora in corso presso la Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore di Venezia. Seguirà un incontro pubblico aperto alle scuole del territorio e alla cittadinanza. La documentazione video mostra una sintesi del percorso del laboratorio teatrale, illustrato da Michalis Traitsis e arricchito da alcune testimonianze dei collaboratori del progetto, delle autorità dell’ Istituto Penitenziario e dei detenuti. Mostra anche alcuni brani degli spettacoli "Vite Parallele", spettacolo di Teatro Forum presentato presso la Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore di Venezia e "Storie Sconte", spettacolo itinerante ispirato all’immaginario di Hugo Pratt e alla figura di Corto Maltese, presso la Casa Circondariale S.A.T. di Venezia-Giudecca. A entrambi gli spettacoli ha partecipato un pubblico "misto", composto da detenuti ed esterni. Il progetto "Passi Sospesi" 2006-2007 è stato finanziato dalla Regione Veneto, mentre il progetto 2008-2009 è stato finanziato dal Comune di Venezia. Nel progetto hanno collaborato Daniele Seragnoli, direttore del Centro Teatro Universitario di Ferrara, Roberto Mazzini, pedagogo teatrale, Roberto Manuzzi, musicista, Elena Souchilina, coreografa, Enzo Vetrano e Stefano Randisi, registi e attori, Cèsar Brie, regista e attore, Carlo Tinti, designer, Marco Valentini, video maker, Andrea Casari, fotografo, Nicola Zampieri, tirocinante, assistente al laboratorio. All’interno del programma di lavoro, gli allievi del Centro Teatro Universitario di Ferrara, hanno presentato, presso la Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore di Venezia, gli spettacoli diretti da Michalis Traitsis: "Ecclesiazuse- Le donne all’Assemblea" da Aristofane e "Eldorado", ispirato all’omonimo romanzo di Laurent Gaudè, sulle migrazioni odierne. Quest’ultimo lavoro ha visto la partecipazione di due detenuti. Prima della presentazione degli spettacoli sono stati organizzati degli incontri di laboratorio tra gli allievi del Centro Teatro Universitario e gli allievi del laboratorio teatrale della Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore. Venerdì, alle ore 16, presso la Sala Polivalente della Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore di Venezia, ci sarà la conclusione del progetto teatrale "Passi Sospesi" anno 2009, con la presentazione dello spettacolo "Eldorado" , una coproduzione tra gli allievi del laboratorio teatrale del Centro Teatro Universitario di Ferrara e gli allievi del laboratorio teatrale "Passi Sospesi" della Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore di Venezia. "Eldorado" è uno spettacolo che nasce dalle suggestioni provocate dalla lettura dell’omonimo romanzo di Laurent Gaudé sul tema dell’immigrazione clandestina. Nello studio teatrale affrontato dai due gruppi che nella previsione dovrebbero curarne anche il montaggio il giorno dello spettacolo, s’intrecciano personaggi e vicende a costruire immagini che oltrepassano il paradigma della migrazione per fare riflettere sulla condizione umana e sul percorso morale degli individui. L’ingresso è riservato agli autorizzati. Le due manifestazioni sono organizzate dal Comune di Venezia, Assessorato alle Politiche Sociali, Partecipative e dell’Accoglienza, Servizio Adulti, U.O.C. Autonomia degli Adulti, la Casa Circondariale di Venezia, il Centro Teatro Universitario di Ferrara e l’Associazione Culturale Balamòs. Reggio Emilia: "l'augurio per gli esclusi", dai pazienti dell’Opg
La Gazzetta di Reggio, 14 dicembre 2009
Un presepe di 15 metri quadrati, con grotte, fontane e cascate, è stato realizzato dagli ospiti dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio, e collocato nella centralissima piazza Casotti. "È un messaggio di augurio e di condivisione delle festività - dicono gli addetti alla riabilitazione - da parte di persone che vivono il Natale in una condizione di esclusione". La struttura, realizzata all’interno dell’Opg e allestita lunedì scorso, rimarrà fino al 7 gennaio prossimo. "I detenuti all’Ospedale psichiatrico giudiziario di via Settembrini vogliono fare gli auguri di Natale a tutti i reggiani. E intendono ringraziare anche l’assessorato alla città storica, che ha offerto la possibilità di allestire un presepe in piazza". Così i pazienti dell’Opg, in segno di condivisione, hanno realizzato un presepe, che è stato sistemato sotto i portici di piazza Casotti, proprio dietro al municipio. All’iniziativa hanno lavorato quattro ricoverati, che sono stati assistiti dal personale della Polizia penitenziaria, addetto alle attività riabilitative. Il presepe, che misura circa quindici metri quadrati, è stato costruito all’interno della struttura carceraria in oltre un mese di lavoro, poi è stato suddiviso su pannelli di legno e trasportato in piazza con un autocarro. È composto da numerose statuine, donate dai volontari che prestano attività all’Opg, e da spazi di ambientazione, costituiti da grotte (realizzate in scagliola impastata), da cascate e fontane. Oltre alla Sacra Famiglia, il presepe è composto anche da pastori, pecorelle e casette, tute realizzate in pietra o in legno. Il presepe è stato presentato il 7 dicembre scorso e rimarrà aperto fino al 7 gennaio prossimo. "È il nostro messaggio di auguri natalizi - dice un agente della polizia penitenziaria -. È soprattutto un messaggio di condivisione del Natale, da parte di persone che vivono queste festività in condizioni di esclusione sociale". Immigrazione: stranieri in carcere, aumento del 10% in 6 mesi
Ansa, 14 dicembre 2009
Cresce il numero degli stranieri nelle carceri italiane, passati nel giro di sei mesi dai 21.500 della fine del 2008 ai 23.700 di metà 2009. Il dato emerge dal XV Rapporto nazionale sulle migrazioni 2009, elaborato dalla Fondazione Ismu e presentato oggi a Milano. Nonostante questo aumento, la percentuale degli stranieri in carcere è rimasta invariata ed è pari al 37% del totale dei detenuti. A fine dicembre 2008 i dieci Paesi di provenienza più rappresentati sono risultati essere Marocco (4.714 presenze, pari al 21,9% dei detenuti stranieri), Romania (2.670 detenuti, pari al 12,4%), Albania (2.610, ovvero 12,1%), Tunisia (2.499 presenze, con l’11,6%), Algeria (1.109, con il 5,1%), Nigeria (976, con il 4,5%), Serbia-Montenegro (591 e 2,7%), Egitto (377 e 1,7%), Senegal (363 e 1,7%) e Cina (320 e 1,5%). Quanto alla distribuzione geografica, la situazione fotografata a fine dicembre 2008 vede nella Valle d’Aosta la regione dove la maggior parte dei detenuti sono stranieri (il 64,5%), seguita dal Trentino-Alto Adige (54%), dal Friuli-Venezia Giulia (57%) e dal Veneto (61,6%). Immigrazione: 15 mesi, per rinnovare il permesso di soggiorno
www.stranieriinitalia.it, 14 dicembre 2009
"Come il Ministero dell’Interno intende risolvere la questione dei 500 mila permessi di soggiorno arretrati? Come intende garantire il rispetto dei termini previsti dalla legge?". Attacca così il segretario dei Radicali Italiani, Mario Staderini, a 3 giorni dalla morte di Mohammad Muzaffar Alì, detto Sher Khan, il senza tetto trovato senza vita mercoledì mattina in piazza Vittorio, a Roma. Sher Khan, 55 anni, in Italia da 20, era stato uno dei fondatori delle prime associazioni costituite da migranti nella Capitale. Lì, sotto il porticato della piazza, in suo nome, i radicali hanno promosso nel fine settimana la battaglia: "Mai più morire come Sher khan, di mancanza di diritto", raccolta firme in difesa dei diritti violati degli immigrati. Con loro, Gaoussou Outtarà, membro della Giunta dei Radicali Italiani, che durante la conferenza ha annunciato l’inizio dello sciopero della fame in memoria "dei morti ignoti sul fondo del mediterraneo, di quelli nelle carceri libiche e di tutte quelle vittime del proibizionismo sull’immigrazione". Alla manifestazione ha partecipato anche Letizia Cicconi, delegata ai servizi sociali del I Municipio. "Si tratta di una prima azione non violenta che dovrebbe portare ad approvare alcune misure correttive dell’attuale politica criminogena - spiegano dai Radicali - a partire dal disegno di legge Bonino sull’allargamento della regolarizzazione dei lavoratori stranieri a tutte le professioni, andando oltre la logica penalizzante per sole badanti e colf". "La morte di Muhammad Alì Muzzafar (Sher Kan), dopo 20 anni di residenza in Italia, a causa delle leggi proibizioniste sull’immigrazione, di governi di centrosinistra come di centrodestra - afferma Staderini - è il tragico simbolo di come nel nostro paese la vita di un immigrato in attesa del permesso di soggiorno sia la vita carceraria di un recluso, che a seconda dei momenti è realmente imprigionato nei Cie o in libertà vigilata, in balia della possibile revoca del permesso di soggiorno o della sua non ottenibilità". "Ci vogliono dagli 8 ai 15 mesi per rinnovare un permesso di soggiorno della validità di un anno. Spesso arriva quando già e scaduto - conclude Outtarà -. Chiediamo che l’articolo 4 comma 9 del testo Unico, che prevede 20 giorni per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno, sia applicato. L’enorme arretrato, i ritardi di mesi ci impediscono di lavorare e creano problemi quotidiani, facendoci vivere come fuorilegge". Iraq: 900 persone nel braccio della morte rischiano l'esecuzione
www.agoravox.it, 14 dicembre 2009
Le autorità irachene devono immediatamente interrompere le esecuzioni delle oltre 900 persone detenute nel braccio della morte che hanno esaurito i loro ricorsi legali e potrebbero essere messe a morte in qualsiasi momento questa è la denuncia di Amnesty International. In un paese martoriato da una guerra inutile come l’Iraq, dove in questi giorni i promotori del conflitto guidati dagli USA, e sostenuti dalla Russia, si stanno spartendo in pozzi petroliferi, la notizia di essere umani che vengono condannati a morte, non interessa l’opinione pubblica dell’occidente visto il totale disinteresse dei media, nonostante il Presidente americano Barack Obama premio Nobel per la Pace dichiarava il 10 dicembre sarà celebrato negli Stati Uniti come la "giornata dei diritti umani". Molti dei prigionieri sono stati condannati per reati come l’omicidio e il sequestro di persona. Some are likely to have been sentenced after unfair trials. Alcuni probabilmente sono stati condannati dopo processi iniqui e in modo sommario. Solo quest’anno in Iraq sono stati giustiziati 120 detenuti, e oltre 900 sono ancora nel braccio della morte. È la denuncia di Amnesty International, che in un comunicato ha chiesto al governo di Baghdad di sospendere immediatamente tutte le esecuzioni, sottolineando che alcuni dei condannati a morte "lo sono stati probabilmente dopo processi iniqui". Fra loro ci sono 17 donne: le sentenze sarebbero già state ratificate dal Consiglio di presidenza (composto dal presidente della Repubblica Jalal Talabani e dai suoi due vice) e perciò sarebbero definitive. L’Iraq ha reintrodotto la pena capitale (in vigore ai tempi di Saddam Hussein) nell’agosto 2004, dopo una breve moratoria seguita all’invasione guidata dagli Usa e alla caduta del regime nell’aprile 2003. Normalmente, le esecuzioni vengono eseguite per impiccagione. "In un Paese che ha già uno dei più alti tassi di esecuzione al mondo, la prospettiva che queste statistiche possano aumentare in modo significativo è in effetti inquietante", sottolinea Philip Luther, vice direttore del programma Medio Oriente e Nord Africa dell’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani. L’approssimarsi delle elezioni legislative, previste nei primi mesi del 2010, non aiuta, osserva il comunicato di Amnesty: il governo di Baghdad sta infatti cercando di presentarsi come capace di affrontare con il pugno di ferro la criminalità, e di tenere sotto controllo l’assai precaria situazione della sicurezza. Esponenti politici dell’opposizione hanno espresso la preoccupazione che le esecuzioni dei condannati a morte possano essere utilizzate dal premier Nuri al Maliki e dalla sua coalizione politica a fini di propaganda elettorale. Secondo Amnesty, oltre 900 persone sono state condannate a morte e decine sono state giustiziate. Non ci sono dati ufficiali sul numero di detenuti in attesa di esecuzione. Sulla pena di morte, l’attuale leadership irachena è divisa: con il Primo Ministro Nuri al-Maliki che ne è un acceso sostenitore, mentre il presidente Jalal Talabani è contrario. Solo che ha scelto un atteggiamento ambiguo delegando la ratifica delle sentenze ai suoi due vice, che, sicuramente non hanno incertezze e si fanno meno problemi. Amnesty International ha ripetutamente sollecitato le autorità irachene a stabilire una moratoria immediata sulle esecuzioni. "Il governo iracheno deve ascoltare le richieste internazionali per fermare le esecuzioni", conclude nella nota Philip Luther. Russia: morte avvocato in cella; cacciati i dirigenti penitenziari
Ansa, 14 dicembre 2009
Sono 20, e non quattro come emerso lo scorso venerdì, i dirigenti penitenziari silurati dal leader del Cremlino Dmitri Medvedev dopo la controversa morte in carcere, il 16 novembre a Mosca, di Serghiei Magnitski, avvocato del fondo russo di investimento Hermitage Capital, indagato per una presunta evasione fiscale, ma anche testimone chiave di un’inchiesta contro dirigenti del ministero dell’Interno. Lo riferisce la stampa. Quasi tutti i licenziati avevano il grado di generale. Tra loro anche il capo del dipartimento sanità del servizio carcerario, Vladimir Troizski. L’ondata di provvedimenti segue le verifiche a tappeto disposte dopo il decesso del legale, episodio che aveva suscitato forti polemiche. Magnitski aveva tenuto un diario nel quale registrava quotidianamente tutti i soprusi e le angherie cui era sottoposto insieme ad altri detenuti. Il suo entourage aveva denunciato che gli erano state negate cure mediche, nonostante le sue ripetute richieste. Filippine: i ribelli islamici hanno liberato 31 prigionieri dalle carceri
Ansa, 14 dicembre 2009
Un gruppo di ribelli islamici hanno praticato un buco in un muro di una prigione provinciale di un’isola delle Filippine e liberato 31 prigionieri durante la notte. Lo hanno riferito ufficiali della sicurezza. I ribelli islamici hanno ucciso una guardia carceraria e ferito un’altra durante un raid di 10 minuti nella principale prigione dell’isola meridionale di Basilian, ha riferito il capo della polizia provinciale, aggiungendo che sono stati liberati due leader del Moro Islamic Liberation Front (Milf), detenuti con l’accusa di aver ucciso 14 soldati nel 2007.
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