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Giustizia: carceri disastrate; tra poveri, malati, tossici e bimbi di Rossella Anitori
Terra, 27 agosto 2009
Presentato il dossier sullo stato delle prigioni italiane. Rita Bernardini: "I minori sono più del doppio di quanto si pensava e il deficit di personale relativo alla polizia penitenziaria, stimato per 5.000 unità, in realtà supera le 8.000". Ladri di polli, tossicodipendenti, persone in attesa di giudizio e bambini. Sono questi gli ospiti delle patrie galere. L’istituzione carceraria in Italia ha toccato il fondo. A una situazione di sovraffollamento divenuta ormai cronica si aggiungono dettagli sconcertanti che riguardano la popolazione carceraria e lo stato dei penitenziari. Nei carceri si registra un esubero di oltre 20mila ospiti: a fronte di una capienza regolamentare di 43.251 posti, sono oltre 63mila i reclusi. Per la maggior parte sono detenuti comuni, finiti dietro le sbarre per reati connessi alla droga (41,5 per cento) o contro il patrimonio Oltre la metà è in attesa di giudizio. Per il 25 per cento sono tossicodipendenti, per il 35,8 stranieri. Ma non tutti i reclusi sono direttamente imputati di un crimine: nelle carceri dello Stivale ci sono, infatti, oltre un centinaio di bambini. Per la precisione: 116. Eccetto rari casi non escono mai, restano in cella con le proprie madri e la maggior parte dei penitenziari non è dotata di strutture dedicate. È quanto emerge dal dossier sullo stato delle prigioni italiane, elaborato grazie ai dati raccolti durante l’iniziativa "Ferragosto 2009 in carcere" a cui hanno partecipato 167 fra deputati, senatori, consiglieri regionali e garanti per i diritti dei detenuti. Si è trattato della più grande azione di sindacato ispettivo mai effettuata in Italia. Il sopralluogo ha riguardato la quasi totalità dei penitenziari, sono stati censite 186 galere su un totale di 217 strutture, compresi carceri minorili e ospedali psichiatrici giudiziari. "La prigione in Italia è incostituzionale sostiene Rita Bernardini, deputata radicale nelle liste del Pd e promotrice dell’iniziativa -. L’articolo 27 non viene considerato. Lo stato di degrado va ben oltre le previsioni degli ultimi mesi: i bambini sono più del doppio di quel che si pensava e il deficit relativo al personale di polizia penitenziaria, stimato per 5.000 unità, supera in realtà le 8.000, con conseguenze rilevanti sulle attività di trattamento dei detenuti". Nell’ultimo girone dell’inferno dantesco, dove la stessa nozione di diritto perde senso, c’è chi preferisce la morte alla vita e chi se la prende con se stesso: sono 33 i casi di suicidio in carcere dall’inizio dell’anno e 3.974 i detenuti che praticano l’autolesionismo. "Nel carcere di Favignana in Sicilia - racconta Roberto Giachetti, deputato del Pd - la situazione è oltre i limiti di tollerabilità: le celle sono sottoterra, la temperatura media è di circa 40 gradi e l’intonaco delle pareti si stacca per l’umidità ". Fabio Evangelisti, deputato dell’Idv riporta invece la storia di chi in segno di protesta si è cucito la bocca e denuncia la marginalità sociale di chi finisce in carcere. "Ho conosciuto un uomo dice - finito 9 mesi dietro le sbarre per aver rubato una manciata di spiccioli in sacrestia". Storie di disperazione e violenza che, secondo Rita Bernardini, avvalorano la necessità di creare un’anagrafe pubblica delle carceri, per monitorare costantemente questa realtà e progettare interventi. Conoscere il fenomeno è infatti essenziale per non cadere nelle trappole del governo. Di fronte alla carenza di personale che rende impraticabile l’ipotesi di aprire nuovi reparti e utilizzare i penitenziari - circa 50 - già esistenti, l’esecutivo annuncia la costruzione di nuove carceri. "Pura demagogia - sostiene Sergio D’Elia, segretario generale di Nessuno tocchi Caino -. L’intento è solamente quello di far credere a un’opinione pubblica non informata, impaurita e maltrattata che la soluzione ci sia già". La realtà però è un’altra: il nostro Paese viene accusato in Europa per come si comporta nei tribunali e nelle carceri. Nonostante decine di condanne continua però imperterrito, comportandosi proprio come un delinquente abituale e recidivo. Giustizia: i molti "record", tutti negativi, delle carceri italiane di Flavia Amabile
La Stampa, 27 agosto 2009
Ogni mese in Italia ci sono quasi mille detenuti in più. E quindi se a luglio nelle carceri c’erano 22 mila persone in più di quante sarebbero state sopportabili, a fine anno saranno 25-26 mila in più del previsto. È una corsa al rialzo questa del sovraffollamento degli istituti penitenziari, inarrestabile ormai, che ha portato ad una cifra record mai registrata dai tempi dall’amnistia di Togliatti del 1946. E soprattutto ad una situazione al di là di ogni soglia di tollerabilità, come appare dalla condanna giunta un mese fa da parte dell’Unione Europea per aver sottoposto un cittadino straniero nel carcere di Rebibbia a un trattamento inumano e degradante. Siamo il paese d’Europa con le carceri più stipate di uomini e donne. Nel luglio 2006 quando Clemente Mastella, allora ministro della Giustizia, lavorava al provvedimento sull’indulto per svuotare celle già allora ritenute ai limiti della sopportazione da parte di maggioranza e opposizione, i detenuti erano molti di meno, 60.710, come rileva Roberto D’Errico, responsabile dell’Osservatorio Carcere dell’Ucpi, l’Unione Camere Penali Italiane. Insomma, le celle italiane sono stracolme. Più di quelle di gran parte del resto d’Europa. Sono in 14 gli stati a superare le soglie previste. La situazione più drammatica si registra in alcune aree dell’Europa Orientale, dove l’eccesso di presenze rispetto alla capienza delle strutture arriva anche al 200 per cento. Per quel che riguarda l’Unione, lo scorso anno i paesi con maggiori problemi di sovraffollamento (rapporto tra il numero di carcerati e il numero di posti letto regolamentari) erano la Grecia (168%), la Spagna (140%), l’Ungheria (137%) e il Belgio (117.9%). L’Italia si colloca in questa non lusinghiera parte alta della classifica, più o meno tra l’Ungheria e il Belgio, a giudicare dai dati più recenti. L’ultimo rapporto Antigone pubblicato a giugno rileva l’enorme aumento che c’è stato in questi ultimi tempi. Soltanto tra il primo maggio e il 15 giugno di quest’anno i detenuti sono cresciuti di 1.340 unità. A partire dal primo gennaio 2009, l’aumento è stato di 5.500 detenuti. Ad andare avanti di questo passo, nel giugno del 2012 si arriverebbe a 100 mila unità. In alcune regioni il numero di detenuti è quasi il doppio di quello che dovrebbe essere consentito: in Emilia Romagna il tasso di affollamento è del 193%. In Lombardia, Sicilia, Veneto e Friuli è intorno al 160%. In realtà gli omicidi sono in calo, e anche i furti. A crescere sono le rapine, ma soprattutto il tipo di pene previste per il traffico e il consumo di sostanze stupefacenti. Il 40% dei detenuti, e la metà dei detenuti stranieri, è in carcere per reati legati alla droga. È diverso anche il modo di punire gli immigrati senza permesso di soggiorno e quelli che non obbediscono all’obbligo di espulsione. Si arriva così al 37% circa di detenuti rappresentati da stranieri, quelli che hanno fatto chiedere al ministro della Giustizia Alfano provvedimenti da parte dell’Ue. Anche se in Europa sono tanti i Paesi ad avere percentuali del tutto analoghe. Ogni detenuto costa in media circa 157 euro, poco più di 3 sono destinati ai pasti, circa 5 alla salute. Tutto il resto va in spese fisse, dalla manutenzione dei fabbricati alla gestione ordinaria. L’ultima cifra da citare riguarda gli agenti di polizia penitenziaria. Su 42.268 in totale, soltanto 16 mila si occupano effettivamente a garantire la sicurezza nelle carceri. E al nord le carenze di organico sono drammatiche. Giustizia: Alfano; troppi i detenuti stranieri, l’Europa ci aiuti!
La Repubblica, 27 agosto 2009
Il sovraffollamento delle carceri non è un problema solo di detenuti italiani e l’Unione Europea non può fare finta di niente. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano coglie l’occasione del Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione per chiamare nuovamente in causa Bruxelles nel dibattito sull’enorme numero di persone che sta portando al collasso gli istituti di pena. La replica della Commissione arriva a stretto giro: "Siamo pronti ad aiutare ma non interveniamo nella gestione quotidiana del sistema di giustizia criminale dei singoli stati membri". Ma si assicura la disponibilità a discutere come migliorare il trasferimento dei detenuti comunitari per far scontare la pena nei loro paesi d’origine. Il Guardasigilli parla chiaro e ribadisce che non ci saranno nuovi indulti. "In Italia - spiega - ci sono oltre 63mila detenuti, di cui oltre 20mila sono stranieri. Il che vuol dire che le carceri italiane sono idonee ad ospitare i detenuti italiani, ma con l’aggiungersi degli stranieri si supera la capienza non solo regolamentare ma anche quella tollerabile dei penitenziari". E subito dopo rilancia la frecciata al governo comunitario, evocando la recente condanna dell’ Italia a risarcire un detenuto bosniaco costretto condividere con cinque persone una cella di 16,20 metri quadri per 18 ore al giorno, disponendo di una superficie di 2,7 metri quadri mentre gli standard stabiliscono uno spazio minimo di 7 metri. "Ho fatto un appello all’Ue: non può da un lato esercitare sanzioni e dall’altro chiudere gli occhi sul fenomeno del sovraffollamento carcerario che deriva dalla presenza di detenuti stranieri: un fenomeno a cui la Ue deve prestare attenzione. La Ue o si fa promotrice di trattati o deve dare risorse economiche agli Stati più interessati dal problema dei detenuti stranieri per costruire nuove carceri". La replica dell’esecutivo europeo è affidata un portavoce, Dennis Abbott: la Commissione "é pronta ad aiutare per quanto possibile", ma "non interviene nella gestione quotidiana del sistema di giustizia criminale dei singoli Stati membri". Una apertura, però, c’é: "L’Ue - dice il portavoce - è pronta ad esaminare la maniera per migliorare il trasferimento di detenuti da uno Stato membro all’altro". Così come è pronta "ad ascoltare direttamente i suggerimenti delle autorità italiane e di discutere idee per migliorare l’attuale situazione". Abbott rileva che i poteri dell’Ue e della Commissione nel campo della giustizia penale sono "solo quelli conferiti dal trattato dell’Ue". L’articolo 33 del Trattato, osserva, stabilisce che solo gli Stati Ue "sono responsabili per il mantenimento dell’ordine pubblico sul proprio territorio e per la salvaguardia della sicurezza interna". Comunque, sottolinea il portavoce, l’Ue è pronta a valutare il modo col quale migliorare il trasferimento di detenuti fra uno Stato e l’altro in base alla decisione quadro adottata dai ministri dell’Interno e della Giustizia nel novembre 2008 e che stabilisce un quadro giuridico per l’applicazione dl principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali che prevedono misure di detenzione. Giustizia: ad Alfano non rimane che nascondersi dietro all’Ue
Europa, 27 agosto 2009
Ad aprile il ministro Alfano aveva annunciato la presentazione di un nuovo piano carceri. Fino ad oggi non s’è visto. Dello stesso giorno, e sempre del ministro Alfano, era stata la notizia dell’imminente nomina di un Commissario unico per l’edilizia carceraria. Non se ne è saputo più nulla. A questo punto, al guardasigilli, non resta che "nascondersi dietro l’Unione Europea". È così che da Genova Lanfranco Tenaglia commenta l’appello che Alfano ha rivolto da casa Cl all’Unione Europea sull’emergenza carceri italiane, oggi alla cifra record di 63 mila detenuti destinata ad aumentare per l’introduzione del reato d’immigrazione clandestina. Nessuna delle reiterate promesse del ministro è stata mantenuta e, spiega Tenaglia, "se la situazione non è ancora esplosa è solo grazie all’abnegazione della polizia penitenziaria, del personale e degli operatori che lavorano nelle carceri e che purtroppo, da questo governo, hanno avuto solo tagli dei fondi e nessuna politica di sostegno al loro lavoro". E se Alfano sostiene che il Csm gli "dette l’idea di un parlamento bonsai" ed è necessario riformarlo intervenendo sulla Costituzione, Tenaglia risponde che "per il Pd la Carta è la stella polare e, a Rimini, il guardasigilli non ha fatto che ripetere il ritornello di sempre. Per questo governo riformare la giustizia significa limitare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura", significa attentare alla Costituzione che invece "non va smantellata" ma "rafforzata e migliorata" senza strappi ai principi "di autonomia e indipendenza della magistratura e anche rendendo più effettivo il principio di responsabilità della magistratura, disciplinare, professionale e istituzionale". Alle mancate risposte e alle reiterate minacce, si aggiunge la confusione del governo sulle priorità. "Sarebbe necessario che il governo chiarisse quali sono in tema di giustizia. Per il Pd è l’efficienza del servizio per tutti i cittadini. Quindi, interventi organizzativi e sul processo per renderlo rapido, con condizioni di equilibrio tra accusa e difesa". Riforme sì, dunque, ma per il cittadino e non contro la magistratura. "Ha ragione Mancino - dice infine Tenaglia - le riforme sono necessarie ma si possono fare senza arroganza. Fino ad oggi invece governo e maggioranza si son sempre dimostrati arroganti". Due soli e più recenti esempi: "L’approvazione in prima lettura alla camera del provvedimento sulle intercettazioni con il ricorso alla fiducia e la sordità mostrata davanti alla nostra ferma opposizione al reato di immigrazione clandestina che sta portando problemi sempre più evidenti e clamorose violazioni dei diritti umani". Giustizia: Radicali; in cella anche 116 bimbi, doppi delle stime
Apcom, 27 agosto 2009
Con le madri nelle celle delle carceri italiani vivono 116 bambini, al di sotto dei tre anni, una cifra che già di per sé preoccupa perché è il doppio delle stime di qualche mese fa, ma a rendere ancora più greve la situazione è i figli di detenute spesso non conoscono altro che la cella, perché mancano strutture dell’infanzia dentro gli istituti penitenziari e non ci sono volontari che possono accompagnare fuori dalle sbarre, nel mondo libero, questi bambini. È uno degli angoli visuali della fotografia scattata dai radicali italiani con Ferragosto in carcere e il dossier nato dai questionari a cui hanno risposto 216 Istituti su 217. "Sono 116 i bambini al di sotto dei tre anni che vivono in carcere con le loro madri. Il doppio rispetto alle cifre, 60-70, di cui si parlava qualche mese fa", ha detto la deputata radicale, Rita Bernardini, durante la conferenza stampa organizzata a Roma per presentare il dossier sulle carceri. Giustizia: Ionta (Dap); il lavoro è una formidabile opportunità
Avvenire, 27 agosto 2009
"Un detenuto che lavora, probabilmente non delinque più. Senza il lavoro, l’uomo si riduce a bestia". Ciò che intende dire il giudice Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, è che "il lavoro è una formidabile opportunità". Il magistrato si è recato al bar "Dai Carcerati", uno stand gastronomico aperto in occasione del Meeting di Rimini. "Molti parlamentari, in modo trasversale, hanno visitato le strutture carcerarie e hanno potuto così rendersi conto - spiega Ionta - delle situazioni difficili e di quelle complesse che spesso vengono poste a lato della vita politica". La volontà dei deputati che hanno scelto di vedere coi propri occhi in quali condizioni versano le case di detenzione della Penisola è stata accolta favorevolmente dal Dipartimento penitenziario, "perché serve a rendere giustizia della priorità del sistema giudiziario". Se da una parte la politica ha alimentato la domanda di una maggior "carcerizzazione" da parte dell’opinione pubblica, per l’altro non va dimenticata - ricorda Ionta - la possibilità di un recupero pieno dei condannati. "L’iniziativa di oggi - ha aggiunto riferendosi all’attività di detenuti e agenti venuti alla Fiera di Rimini - è un esempio di come il lavoro aiuti il recupero sociale, così si abbatte la ricaduta, perché senza lavoro la persona diventa una bestia feroce". All’appuntamento c’era anche Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. Al bar "Dai Carcerati" lavorano dodici detenuti, una decina di agenti e una cinquantina tra operatori e volontari. L’opera di reinserimento attraverso il lavoro del consorzio "Rebus" avviene attraverso la gestione di numerose attività: dalla ristorazione, al montaggio di gioielli per una nota azienda, biciclette, valigie firmate, fino all’attività di call center per l’azienda ospedaliera di Padova. Giustizia: Rao (Udc); sovraffollamento? velocizzare i processi
Asca, 27 agosto 2009
"Quest’estate il refrain della maggioranza grosso modo è: "ciò che c’è di buono è merito nostro, quello che non va la colpa è dell’Europa". Quel che si diceva ieri per la questione immigrazione, lo si dice oggi per il gran numero di detenuti stranieri". Lo afferma, in una nota, il deputato dell’Udc Roberto Rao, componente della commissione Giustizia di Montecitorio, che aggiunge: "Se le carceri sono colme di immigrati, evidentemente le tanto decantate espulsioni facili erano solo l’ennesimo spot". Ad avviso di Rao, "osservando i numeri, il ministro Alfano dovrebbe invece riflettere sul dato più macroscopico: il 50% dei detenuti è in custodia cautelare. A settembre l’impegno comune di opposizioni e maggioranza deve essere la riforma del processo penale e della custodia cautelare, il cui utilizzo abnorme è un fatto di inciviltà giuridica. Siamo convinti - prosegue il deputato dell’Unione di Centro - che su questa azione saremo aiutati anche da quei parlamentari di maggioranza che come noi hanno aderito all’iniziativa Ferragosto in carcere e dalla quale avranno certamente tratto utili indicazioni per assumere comuni iniziative". Infine Rao auspica che alla ripresa dei lavori parlamentari "si approvino le norme attese da tempo sulla custodia cautelare e sulla velocizzazione dei processi, si risolvano i conflitti fra i diversi ministeri, come quello riguardante gli psicologi nei penitenziari fra sanità e giustizia, si destinino risorse per il personale di vigilanza. Basta parlare di faraonici Piano Carceri e basta scaricare sulla Ue colpe solo nostre". Giustizia: Granata (Pdl); clandestinità e carceri ingovernabili
Asca, 27 agosto 2009
"Oltre ad essere profondamente ingiusto, il reato di clandestinità renderà definitivamente ingovernabili le carceri italiane". È quanto afferma Fabio Granata, vice presidente della commissione antimafia. "Il Governo e il Parlamento - prosegue Granata - corrano ai ripari finché si è in tempo. Forti perplessità presenti anche tra i parlamentari di maggioranza nei confronti del reato di clandestinità erano fondate la misura, oltre che giuridicamente discutibile e moralmente ingiusta, ha un impatto sulla realtà devastante e renderà le carceri, già sovraffollate, ingovernabili in brevissimo tempo. Non rimane - conclude - che ripensare la normativa". Giustizia: Sappe a Berlusconi; situazione carceri è drammatica
Comunicato Sappe, 27 agosto 2009
Ancora tensioni, ancora agenti aggrediti. E il Sindacato Autonomo Polizia penitenziaria (Sappe), la prima e più rappresentativa Organizzazione del Corpo, ha rivolto oggi un appello al presidente del Consiglio, ai presidenti di Senato e Camera e al ministro della Giustizia perché la "sempre più critica e drammatica situazione penitenziaria e la conseguente mancanza assunzione di concreti provvedimenti da parte di Governo e Amministrazione penitenziaria non ricada pericolosamente, silenziosamente ed esclusivamente sulle donne e gli uomini della Polizia penitenziaria, che il carcere ed i suoi disagi lo vivono tutti i giorni, sulla propria pelle e nella prima linea delle sezioni ". È quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria, che così commenta le ultime aggressioni ad Agenti di Polizia penitenziaria da parte di detenuti nelle carceri di Rossano, Roma Rebibbia e Saluzzo. "La popolazione detenuta continua a crescere, con tutte le relative valenze di pericolo e di trattamento: siamo a quota 64mila a fronte di 42mila posti letto.", al contrario - fa osservare Capece "gli appartenenti al Corpo continuano a diminuire ogni anno di 800-1.000 unità, per ragioni fisiologiche, senza essere adeguatamente sostituiti. Ne deriva che, negli ultimi cinque anni, sono state perse di forza circa 5.000 unità, assolutamente non compensate dall’immissione in servizio degli agenti già volontari nelle Forze Armate, certamente inferiori nel numero alle effettive esigenze. In più, le aggressioni ad agenti stressati e sotto-organico da parte di detenuti presenti nei penitenziari italiani in numero ben oltre il massimo tollerabile si ripetono con inaccettabile quotidianità". Il sindacato più rappresentativo della categoria, nell’appello odierno al presidente del Consiglio, ai presidenti di Senato e Camera e al ministro della Giustizia, ritiene imprescindibile per il Governo e il Parlamento l’assunzione concreta di impegni in materia di aumento di organico del Corpo di Polizia Penitenziaria e di riforma sostanziale del sistema carcerario nazionale". L’appello rivolto alle istituzioni - conclude il Sappe - è "un grido di dolore" che dovrebbe essere storicamente raccolto, perché al crollo fisico e professionale delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria manca davvero poco". Giustizia: Sappe; bene le parole di Alfano, ma seguano i fatti!
Ansa, 27 agosto 2009
"Auspichiamo che alle parole del Guardasigilli seguano presto fatti concreti". Donato Capece, segretario del sindacato di Polizia penitenziaria si dice d’accordo con il ministro della Giustizia Angelino Alfano che al Meeting di Rimini si è appellato a un intervento dell’Ue perché il sovraffollamento delle carceri è aggravato dalla presenza di stranieri, ma ritiene che la situazione degli istituti penitenziari del Paese "rischia degenerare" e non si può perdere altro tempo. "Si continua a parlare di un piano sull’edilizia di prossima attuazione - dice Capece in una nota - ma in realtà ci vorranno anni prima che venga costruito un singolo nuovo carcere". Il sindacato torna a ribadire le sue richieste: pene alternative per i reati meno gravi e detenzione nei Paesi di origine per gli stranieri, oltre all’integrazione dell’organico del corpo di Polizia penitenziaria. "Un atto di serietà politica e di onestà intellettuale - conclude Capece - sarebbe quello di ascoltare chi in carcere lavora da anni come la Polizia penitenziaria e non improvvisarsi ad amministratori che non fanno i conti con la realtà". Giustizia: parlare di trattamento e rieducazione, è impossibile
Il Velino, 27 agosto 2009
"Ad Agosto siamo arrivati a quasi 64 mila detenuti, di cui circa il 38 per cento di nazionalità straniera, ospitati nelle carceri italiane. Circa 20 mila in più rispetto alla capienza tollerabile prevista dalle normative igienico sanitarie. In queste condizioni parlare di trattamento e rieducazione è veramente impossibile". Lo sostiene Quirino Catalano, segretario nazionale del Coordinamento nazionale penitenziari del Sindacato Asia, che aggiunge: "Il problema non è solo di carattere custodiale, ma di operatività del personale penitenziario, che si trova a gestire una situazione potenzialmente esplosiva, che va disinnescata al più presto con l’attivazione di misure alternative alla detenzione quali, ad esempio, il braccialetto elettronico e l’ampliamento della misura di affidamento dei detenuti al lavoro esterno anche per utilità sociale. Altro aspetto è la riorganizzazione del personale destinato al trattamento e rieducazione del reo attualmente inserito nel comparto ministeri, un comparto che nulla a che vedere con un lavoro irto di difficoltà e scarsamente remunerato". "D’altro canto - insiste l’esponente sindacale - non si condividono le polemiche sorte nei giorni scorsi sull’utilizzo di centinaia unità del personale di polizia penitenziaria in compiti amministrativi di supporto a quelli assegnati al personale del comparto ministeri, che, comunque, sono indispensabili al funzionamento dell’intera struttura penitenziaria sia nazionale che periferica. Infatti il personale civile penitenziario è costituito da 5.800 unità, (ne servono almeno undicimila) non sufficienti a garantire le varie funzioni assegnate, basti pensare che in tale organico sono previsti: educatori, direttori non dirigenti, contabili, informatici, tecnici, ingegneri, architetti, esperti linguistici, formatori, comunicatori e altre figure professionali. È logico che una situazione di questo genere non deve durare all’infinito, ma si deve dare il via a una riorganizzazione di tutto il personale, impegnato in compiti diversi da quelli della custodia, istituendo i ruoli tecnici di polizia penitenziaria cui far confluire tutto il personale penitenziario e quasi seimila agenti adibiti a compiti similari. Solo in questo modo potremo disporre di una struttura forte e organizzata idonea a rispondere ad emergenze ed esigenze di sicurezza dei cittadini". Firenze: Sollicciano, quarta branda a mezzo metro da soffitti di Ernesto Ferrara
La Repubblica, 27 agosto 2009
Ore 12, ottava sezione del carcere di Sollicciano, quella destinata ai detenuti tossicodipendenti. C’è una cella vuota: 5 metri per 3, il bagno 2 metri per 2, il balcone è troppo piccolo, l’aria non ce la fa a passare, si soffoca di caldo. Tre letti uno sull’altro, ma non bastano più: occorre aumentarli perché i detenuti sono arrivati a 960 mentre dovrebbero essere al massimo 470. Serve il quarto letto: il prossimo arrivato dormirà a 30-40 centimetri dal soffitto. Oppure la quarta brandina si dovrà stendere in orizzontale: ma in cella non si potrà più camminare. Una situazione che il Garante per i diritti dei detenuti Franco Corleone definisce "esplosiva" e che il direttore di Sollicciano Oreste Cacurri ammette essere "complicata". I detenuti continuano ad aumentare: sono tornati a sfiorare quota mille, come prima dell’indulto. Si vive in 3 in celle di 15 metri quadri che potrebbero ospitare una persona, oppure in 6 in celle che potrebbero accogliere 3 detenuti. Il comitato per la prevenzione della tortura stabilisce in 7 metri quadri a persona lo spazio minimo sostenibile per una cella: a Sollicciano già si vive in 5 metri a testa circa. E si potrebbe peggiorare: se gli ingressi non si fermano si dovrà tornare a quattro letti a stanza. I corridoi per il passeggio sono bui, angusti, stretti. I cortili per l’ora d’aria sono assolati e circondati da muri di cemento alti 7 metri che impediscono di guardare il prato, le case, quel che resta dell’orizzonte: solo uno dei cortili ha su un lato le grate metalliche aperte. Il cibo è scadente ed è proprio questo che qualche giorno fa ha acceso la protesta: ora il direttore, prima dei pasti quotidiani, assaggia sempre il pane dei detenuti per controllare che non sia ammuffito. Non solo: ha anche pensato di distribuire qualche gelato e di dare ai detenuti la possibilità di farsi la doccia anche di domenica. Non basta. La protesta rumorosa ieri si era perlopiù placata: "Ma sotto la cenere cova ancora il fuoco", giurano le guardie che ogni giorno sono a contatto coi detenuti. La disperazione nei giorni scorsi ha portato un detenuto marocchino a compiere un gesto drammatico: si è cucito la bocca con ago e filo per protestare contro il suo mancato rimpatrio. Essendo a meno di due anni dalla fine della pena aveva chiesto, secondo la legge, di tornare in patria: solo dopo la protesta ha ottenuto l’ok. Ci sono altre 14 persone a Sollicciano nella sua stessa situazione. Il sovraffollamento è il dramma. Come risolverlo? Cacurri non vede negativamente l’idea contenuta nel piano carceri del ministro Alfano di costruire un nuovo padiglione da 200 posti. Corleone si oppone: "Mi metterei contro le ruspe: piuttosto devono uscire di prigione i circa 200 tossicodipendenti che ci sono oggi, devono andare in comunità". Non solo: il garante fa anche notare che la struttura di Solliccianino è vuota: "Almeno 100 persone potrebbero andare lì, anche il carcere di Empoli ha 50 posti liberi per donne, 20 posti sono vuoti a Massa Marittima, ci sono spazi anche alla Gorgona e a Porto Azzurro: l’utilizzo della carceri in Toscana è demenziale". Ma la protesta di Sollicciano ha altre cause: "Spesso manca l’acqua e la luce, i detenuti non possono telefonare a numeri di cellulare, gli stranieri non possono lavorare perché non gli viene rilasciato il codice fiscale", denuncia Corleone che oggi alle 14 incontrerà detenuti e amministrazione penitenziaria per chiedere un primo pacchetto di interventi. "Una cucina in più, l’allargamento dei passeggi e lo spostamento di 15 detenuti affetti da malattie mentali che devono essere presi in carico dalle Asl", annuncia il garante, che se non otterrà certezze promette di coinvolgere anche il sindaco Renzi e l’assessore regionale alla sanità Rossi. C’è anche il problema della sorveglianza. A fronte dei circa 700 agenti di polizia penitenziaria che occorrerebbero ce ne sono solo 500, un centinaio esclusivamente impiegati per il piantonamento e il trasferimento dei detenuti. Inoltre c’è la normale assenza dovuta a malattie e ferie, che si acuisce nel periodo estivo. In alcune sere, vista l’assenza di personale, i posti di controllo alle torrette esterne rimangono completamente scoperti. Il senatore del Pdl Achille Totaro e il consigliere comunale Stefano Alessandri, che ieri hanno visitato Sollicciano con altri esponenti del Pdl, proveranno a convincere il ministro della Difesa La Russa, scettico, ad impiegare i militari che già si usano nelle città come sentinelle nelle carceri: "A Sollicciano così si recupererebbero 50 agenti". Treviso: oltre 250 detenuti protestano con sciopero della fame
La Tribuna di Treviso, 27 agosto 2009
Sciopero della fame a Santa Bona. I detenuti del carcere trevigiano, 250 su 270, hanno avviato una clamorosa protesta contro il problema del sovraffollamento che affligge il penitenziario trevigiano così come tutti gli altri italiani. Da ieri mattina i carcerati rifiutano i pasti confezionati nella cucina di Santa Bona e si nutrono soltanto con i cibi forniti dai familiari oppure cucinati in cella con fornelletti di cui sono dotati. L’iniziativa serve a richiamare l’attenzione delle istituzioni su un problema purtroppo diffuso e che l’indulto non ha affatto risolto. In una lettera inviata a prefettura, questura, procura, magistrato di sorveglianza, i detenuti spiegano le ragioni del loro gesto. E chiedono un immediato intervento per trovare nuovi spazi. "È una forma pacifica di protesta - spiega il direttore reggente Alberto Quagliotto - Il problema del sovraffollamento è stato segnalato dalla stessa direzione alle autorità competenti. Quando il numero di detenuti si fa troppo alto, l’intervento è quello di distribuire la popolazione carceraria dove ci sono posti liberi". Un provvedimento-tampone che non risolve però quella che a Treviso come nel resto d’Italia è diventata una vera e propria emergenza. La capienza massima di Santa Bona è di 127 persone: il numero attuale oscilla tra i 250 e i 300. Una situazione diventata insostenibile tanto che alcuni detenuti, nei giorni scorsi, hanno pensato di avviare una causa per chiedere allo Stato il risarcimento danni. Massa: detenuti chiedono spazio; direttore riconosce il disagio
Il Tirreno, 27 agosto 2009
Mentre nelle carceri di tutta Italia si comincia a protestare sul serio, nella Casa Circondariale di via Pellegrini c’è malessere per le condizioni in cui sono costretti a vivere gli inquilini delle celle ma per ora nessuna dimostrazione plateale. Eppure il direttore del carcere Salvatore Iodice ammette che i problemi nella sua struttura ci sono: "Ci sono ovunque - spiega - e anche da noi. Abbiamo un centinaio di detenuti in più e quindi un problema di sovraffollamento esiste. A peggiorare le cose poi ci sono i lavori di ristrutturazione di un’ala del carcere che speriamo vengano conclusi entro un mese al massimo due mesi. In questo momento effettivamente non si sta bene". Dopo Ferragosto i detenuti di Massa avevano mostrato tutto il loro malessere con una lettera aperta. "La nostra condizione non è da paese civile", avevano detto al deputato dell’Idv Fabio Evangelisti, nel corso della sua visita al penitenziario, avvenuta nel giorno di Ferragosto. Nell’occasione hanno denunciato le gravi condizioni di sovraffollamento in cui vivono. "Stiamo stipati in anguste celle, chiusi 20 ore al giorno su pericolosi letti a castello e non è da paese civile". I detenuti sostengono che le celle siano "piene di persone che in realtà non dovrebbero starci, finiti in carcere per reati ridicoli - scrivono - per aver sottratto prodotti alimentari al supermercato per nutrirsi, per piccoli furti o per qualche spinello, persone che sottraggono diritti agli altri detenuti". La lettera si conclude con la richiesta a Evangelisti di farsi portavoce in Parlamento anche dei loro attuali disagi. E il deputato - sempre attento a queste problematiche - non mancherà. Tre anni fa grazie all’indulto un’ottantina i detenuti del carcere di via Pellegrini tornarono in libertà. L’indulto aveva praticamente svuotato il penitenziario. Fu un’estate davvero strana per chi si trovava dietro le sbarre. Molti di loro si fecero i conti, sperando di rientrare nell’esercito dei graziati. Anche perché l’ultimo indulto prima di quello di Clemente Mastella risaliva al dicembre 1990. Bari: proteste per sovraffollamento e cattive condizioni igiene di Danilo Calabrese
www.barilive.it, 27 agosto 2009
La protesta dei detenuti tocca anche Bari. Dopo le manifestazioni nelle case circondariali di Trani e Foggia, da oggi i 560 detenuti del carcere del capoluogo pugliese, insieme ai 1400 di Lecce, manifestano contro il sovraffollamento detentivo, l’insalubrità degli ambienti, le cattive condizioni igieniche. La situazione generale è persino aggravata dall’esiguo numero di agenti penitenziari. Da stamani, quindi, via a manifestazioni nei padiglioni detentivi, con battitura incessante di oggetti contro le sbarre, piccoli incendi e lancio di materiali di ogni specie ed escrementi nei reparti detentivi. Questo è quanto sta accadendo in Puglia. Cronaca di un malfunzionamento dell’intero settore che da anni è abbandonato a se stesso, come testimoniano le parole di Domenico Mastrulli, vice segretario nazionale Osapp, Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria. "Lo avevamo previsto e annunciato con congruo anticipo", ha scritto in una nota, "ma nulla è stato fatto per contrastare o limitare le proteste che mettono a dura prova la vivibilità delle prigioni e la sicurezza delle medesime". Preoccupazione anche per quanto riguarda l’incolumità e le condizioni di lavoro dei baschi azzurri. In Puglia, infatti, si registra un sovraffollamento nelle carceri del 50% rispetto alla reale capienza, con un deficit di agenti pari a 400 individui, 100 dei quali soltanto nella casa circondariale di Bari. In più, vi sarebbe anche un utilizzo improprio delle unità lavorative. "Mentre i pochi agenti mantengono alta la professionalità e l’attenzione dimostrando coraggio, abnegazione e spirito istituzionale di Corpo", ha denunciato Mastrulli, "mezzi, uomini e stanziamenti economici, tra straordinario e missioni, verrebbero impiegati per alcuni funzionari della Magistratura del Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ndr) in vacanza in Puglia da circa una settimana". Si tratterrebbe di "almeno 15 uomini a rotazione tra loro, prelevati dal carcere di Lecce e dal Prap Bari". Dunque, emerge un quadro generale non particolarmente felice sia per i detenuti, i diritti dei quali si stanno ridimensionando con il passare delle ore, sia per gli agenti penitenziari, che da tempo segnalano carenze infrastrutturali e di servizi. "Effettuerò a breve e a tappeto", ha concluso il dirigente sindacale, "visite ispettive in tutte le carceri di adulti, minorili ed ex case mandamentali, nei reparti detentivi di Tribunali e ospedali per rendermi conto di persona dell’attuale situazione che vive la polizia penitenziaria femminile e maschile". E, in attesa che il Governo prenda provvedimenti che rimedino alle ormai evidenti lacune, la protesta dei detenuti continua a oltranza. Teramo: 3 agenti aggrediti a calci e pugni, 1 ferito con lametta di Valentina Procopio
Il Messaggero, 27 agosto 2009
Quattro agenti di polizia penitenziaria aggrediti nel carcere di Castrogno da altrettanti detenuti. Tre agenti sono stati presi a calci e pugni riportando fortunatamente solo lievi ferite mentre il quarto è stato addirittura aggredito con una lametta. "Solo la prontezza dei riflessi dell’agente - spiega Giampiero Cordoni, Segretario regionale del Sinappe - ha evitato che l’aggressione si trasformasse in tragedia. Per fortuna il collega è riuscito a schivare il colpo e se l’è cavata solo con una leggera escoriazione ma le conseguenze potevano essere ben peggiori". Nessuno degli agenti si è fatto prendere la mano reagendo alla violenza, limitandosi solo a denunciare i gravi episodi. I poliziotti, dopo essersi fatti medicare, sono tornati sul posto di lavoro. "Purtroppo - afferma Cordoni - siamo tristemente abituati a vivere e lavorare in un contesto che ha del paradossale: il sovraffollamento del carcere, più volte segnalato, sta cominciando a creare delle situazioni sempre più difficili da gestire. È una pentola a pressione che potrebbe scoppiare da un momento all’altro". Il Sinappe denuncia anche il sottodimensionamento dell’organico di agenti presenti all’interno del carcere. "Sempre più spesso ormai - continua Cordoni - ci troviamo a dover fronteggiare delle risse che avvengono anche tra i detenuti stessi. Questo inconcepibile aumento di nervosismo e aggressività è dovuto in gran parte alle condizioni di vita dei detenuti, che hanno uno spazio vitale troppo ristretto. Un fattore che genera sempre più intolleranza". A questa carenza si sommano poi anche altri disservizi già denunciati più volte dal sindacato degli agenti di polizia penitenziaria, come la carenza d’acqua, in alcune ore del giorno, che in estate crea pesanti lamentele che sfociano in proteste verbali ma anche in atti di violenza. Il Sinappe ha inoltre sollevato il problema della presenza di detenuti con gravi problemi psicologici e altri con difficoltà di deambulazione. "Addirittura - afferma Cordoni - ce ne sono alcuni sulla sedia a rotelle e altri che camminano con le stampelle, che avrebbero bisogno di ben altra assistenza rispetto a quella che può offrire un semplice agente di polizia penitenziaria. Serve subito un’assunzione di responsabilità da parte della dirigenza del carcere e delle forze politiche che si dovrebbero far carico di questa situazione difficile da gestire. Ci aspettiamo delle risposte dal ministero della Giustizia, intanto continueremo a denunciare tutte le carenze di questa struttura. Finora, però, ci siamo trovati di fronte ad un muro di gomma".
Un carcere per 270 detenuti ne ospita ben 400
Sono circa 400, secondo il Sinappe, i detenuti attualmente presenti all’interno del carcere di Castrogno che, secondo il sindacato ne potrebbe contenere al massimo 270. Il nucleo Traduzioni e piantonamenti ha il più alto numero di movimentazioni di detenuti di tutto l’Abruzzo, con punte di 20 al giorno, che vengono trasportati dal carcere in tribunale. Per fare questo lavoro, vista la carenza di organico, vengono utilizzati 10 agenti di polizia penitenziaria interni al carcere, lasciando, secondo la denuncia del sindacato, sguarnite diverse sezioni. Spesso gli agenti sono costretti a turni di lavoro di 24 ore al giorno. Ravenna: dopo le proteste è in corso lo sfollamento del carcere
Il Resto del Carlino, 27 agosto 2009
Il carcere si va sfoltendo, molti detenuti sono già stati trasferiti, altri lo saranno a breve. La disposizione impartita dal ministero della Giustizia è quella della riduzione dei reclusi a 106, contro i circa 170 delle ultime settimane. E una mano allo sfoltimento la fornisce anche la eccezionale, drastica riduzione del numero degli arrestati nelle ultime due settimane. I detenuti trasferiti sono in primo luogo i cosiddetti definitivi, ovvero coloro che si trovano in carcere per scontare una pena (lieve, essendo quella ravennate una casa circondariale) diventata definitiva a seguito di sentenza passata in giudicato: in questo caso comunque si tiene conto del radicamento o meno del condannato sul territorio: insomma i condannati ravennati resteranno a Ravenna, mentre gli immigrati irregolari o i detenuti italiani che non hanno alcun legame con il nostro territorio vengono avviati in altre case circondariali italiane. "Con il cambio di direzione, nel carcere c’è proprio tutta un’altra aria" dicono concordi gli avvocati che annoverano detenuti fra i clienti. E aggiungono: "Si respira un clima diverso, più tranquillo e ovviamente anche lo sfoltimento sta incidendo". Intanto al sindaco Fabrizio Matteucci è giunta la accorata lettera di un detenuto ravennate che deve scontare una lieve pena. Il detenuto, facendosi portavoce di tutta la popolazione carceraria, ha rivolto al sindaco l’invito a visitare tutta la struttura "non solo i luoghi predisposti dalla direzione per fare bella figura". Una lettera pacata, che offre molti spunti di riflessione, che prende in esame anche la carenza di organico degli agenti di polizia penitenziaria (oltre che di educatori) "ai quali - scrive il detenuto - voglio fare un elogio perché, pur ridotti in minima parte, si fanno in quattro per coprire i turni e nonostante abbiano una divisa si comportano da persone e a volte nel chiacchierare, ci tirano su". "È mia intenzione - sottolinea il sindaco Fabrizio Matteucci - accogliere l’invito della persona che mi ha scritto. Visiterò di nuovo il carcere subito dopo che avrò incontrato la nuova direttrice Carmela De Lorenzo, a settembre". Pisa: 30 i detenuti trasferiti, ma ogni giorno si sfiora la rivolta
Ansa, 27 agosto 2009
Dopo le proteste dei giorni scorsi, 30 detenuti sono stati trasferiti dal carcere di Pisa. Ma le aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria continuano. Donato Capece, segretario del sindacato di Polizia Sappe, racconta ai nostri microfoni la situazione. "30 detenuti del carcere di Pisa sono stati trasferiti in altre carceri del Nord. Ora nel penitenziario è tornata la calma ma segnaliamo tra ieri e oggi altre tre aggressioni ai danni di personale della Polizia Penitenziaria". Così Donato Capece, segretario del sindacato di Polizia Sappe. "La situazione nelle carceri resta incandescente - continua Capece -. Stiamo aspettando un incontro con il ministro Alfano e il varo del nuovo piano carceri. Ogni giorno ci sono aggressioni e vengono sfiorate rivolte. Servono misure alternative al carcere e serve una iniziativa per liberare le celle dai 9mila stranieri con pene definitive inferiori ai 3 anni". La situazione intanto continua ad essere incandescente: nel carcere di Rossano è stato oggi aggredito un agente della Polizia penitenziaria da un detenuto con un manico di scopa reso acuminato. Lo ha reso noto Gennarino de Fazio, componente della direzione nazionale della Uilpa penitenziari secondo cui "solo la prontezza di riflessi dell’agente e di alcuni suoi colleghi ha evitato il peggio, e l’agente se l’è cavata con qualche contusione". Dall’inizio dell’anno sono state registrate quasi mille aggressioni ad agenti della penitenziaria. Rovigo: doppio dei detenuti, tanti immigrati e poco personale
Il Resto del Carlino, 27 agosto 2009
Nelle celle di via Verdi ci sono il doppio dei reclusi che dovrebbero contenere e il problema dell’immigrazione diventa sempre più serio anche in Polesine. Il sindacato di polizia penitenziaria: "Ci servono più mezzi". Carceri sempre più simili a polveriere e detenuti sempre più sul piede di guerra per le condizioni di vita al limite. Una situazione che non risparmia nemmeno Rovigo dove gli ospiti sono soprattutto stranieri. Ed è proprio il contrasto all’immigrazione clandestina che ormai sta assorbendo buona parte del tempo a disposizione delle forze dell’ordine. Tanto per fare un esempio, circa 16 anni fa, il personale della questura che si occupava di pratiche legate all’immigrazione era di due unità mentre ora si supera abbondantemente la ventina. Cifre notevoli, confermate dal segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia, Fabio Ballestriero. "Facendo i conti tra regolari e irregolari - osserva il sindacalista - in Polesine ci sono circa 30mila stranieri. Una cifra non indifferente per un lavoro che, tra repressione dell’immigrazione clandestina e il rilascio di permessi di soggiorno, assorbe molta dell’energia a disposizione della polizia". Basti pensare che, per condurre i vari clandestini che vengono scovati nei vari centri di identificazione ed espulsione, occorrono almeno due agenti che, quando va bene, restano impegnati almeno sei ore. E la burocrazia ci mette lo zampino. Spesso, infatti, visto che il più delle volte il collocamento dei clandestini avviene per zone geografiche di provenienza, capita che gli agenti rodigini si trovino a dover recarsi addirittura fino a Roma considerando che i centri più vicini sono a Gorizia, Bologna e Modena. Il reato di immigrazione clandestina - commenta Ballestriero - è condivisibile. Sotto certi punti di vista può fare anche da deterrente ma, come tutte le leggi, non può e non deve restare un guscio vuoto. La polizia e le forze dell’ordine hanno bisogno di strumenti appropriati per combattere l’immigrazione clandestini e quindi si parla di uomini e mezzi. Senza questi non si esce dal circolo vizioso". Il Sap e Ballestriero, quindi, vanno oltre alle ideologie. "Non credo ci sia da scandalizzarsi - sottolinea il sindacalista - se viene chiesto del denaro per il rinnovo del permesso di soggiorno. Succede in molti altri paesi d’Europa e, come noi paghiamo per il rinnovo del passaporto, non vedo perché gli stranieri non debbano farlo per il loro permesso. L’immigrazione e tutto ciò che ci sta attorno costa alla collettività e sempre di più". Piacenza: su "emergenza carcere" il Comune farà la sua parte
www.piacenzasera.it, 27 agosto 2009
Con riferimento alla lettera aperta indirizzata dalla senatrice Albertina Soliani alle istituzioni locali, in merito ai problemi che affliggono il carcere piacentino delle Novate, il sindaco Roberto Reggi sottolinea che "le segnalazioni relative alla situazione di sovraffollamento e carenza di personale all’interno della casa circondariale pongono, ancora una volta, l’accento su una questione che è da tempo all’attenzione dell’Amministrazione comunale". "Non è un caso - prosegue Reggi - che nelle linee programmatiche del mandato, tra i progetti dedicati a solidarietà e coesione sociale, seguiti dall’assessore Palladini, vi sia un obiettivo specifico riguardante il miglioramento del rapporto tra carcere e città. È indubbio, inoltre, che intendiamo portare avanti tutte le iniziative già avviate in collaborazione con le associazioni di volontariato e le diverse realtà operanti all’interno della struttura, per continuare a garantire il nostro sostegno al lavoro faticoso e importante della direttrice Caterina Zurlo, il cui impegno è stato riconosciuto e apprezzato, sia da me che dagli assessori della Giunta comunale, nel corso di svariate visite al carcere, alcune delle quali condotte peraltro in forma privata". Parole cui fanno eco quelle dell’assessore alle Risorse Economico-Finanziarie, on. Paola De Micheli: "Non solo, insieme al sindaco, abbiamo più volte constatato di persona i problemi che affliggono la casa circondariale delle Novate, approfondendone la conoscenza con la dott.ssa Zurlo, ma abbiamo portato il tema anche all’attenzione del Ministro della Giustizia Angelino Alfano, illustrando le ragioni di un necessario incremento del personale e, nel contempo, della diminuzione del numero dei detenuti, nonché richiedendo una serie di interventi migliorativi per la struttura". "Recepiamo la solidarietà della senatrice Soliani sulla questione - concludono il sindaco e l’onorevole De Micheli - e, confermando la sensibilità del Comune di Piacenza nei confronti di questo serio problema, ci faremo volentieri interpreti del suo appello, per un impegno condiviso che coinvolga anche la Provincia, tutti i parlamentari piacentini e le istituzioni del territorio, a tutela della dignità dei lavoratori e dei detenuti del carcere cittadino". Rossano C. (Cs): Uilpa; detenuto ha cercato di uccidere agente
Apcom, 27 agosto 2009
La Uilpa penitenziari denuncia il clima incandescente nelle carceri calabresi a causa del sovraffollamento e mancanza di agenti e, dopo gli incendi appiccati a Vibo Valentia, Gennarino De Fazio, della Direzione Nazionale della Uilpa Penitenziari, dà notizia anche di un tentato omicidio di un agente nel carcere di Rossano. "Ieri mattina nella Casa di Reclusione di Rossano un detenuto, al grido "vi ammazzo tutti", ha tentato di infilzare un agente di polizia penitenziaria con un manico di scopa criminalmente spezzato e reso tagliente ed appuntito", riferisce De Fazio, sottolineando: "Solo la prontezza di riflessi dello stesso aggredito e di alcuni suoi colleghi che prontamente sono intervenuti disarmando ed immobilizzando il detenuto ha evitato il peggio e l’agente se l’è cavata con qualche contusione e sette giorni di prognosi". In Calabria - avverte Uilpa - il clima che si respira nelle carceri a causa soprattutto del numero dei detenuti che ha superato il limite massimo dei posti disponibili e dell’inadeguatezza degli organici del Corpo di polizia penitenziaria si fa sempre più rovente, ne sono prove i due episodi denunciati da Uilpa: l’incendio appiccato nella casa circondariale di Vibo Valentia da sei detenuti extracomunitari giovedì scorso, e ieri mattina l’aggressione di un agente nella Casa di Reclusione di Rossano. De Fazio ricorda che il numero degli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria aggrediti dall’inizio dell’anno sfiora ormai il migliaio. Il numero dei detenuti - riferisce Uilpa - è di circa 64.000 unità a fronte dei 43.000 posti disponibili ed alla polizia penitenziaria mancano almeno 5.000 uomini. "Una situazione sempre più esplosiva eppure non si avverte una reale presa di coscienza da parte del governo che induca ad interventi immediati ed efficaci in grado di fronteggiare l’emergenza in atto. Non basta chiedere aiuto all’Europa, occorrono subito azioni concrete", sottolinea Gennarino De Fazio, aggiungendo: "Di fronte al crescendo delle aggressioni al personale senza nessuna tangibile ed efficace misura finalizzata a prevenirle e ad evitarle vi è una responsabilità oggettiva del ministro della Giustizia". Inoltre De Fazio rivela: "Da fonti non ufficiali si è appreso che proprio oggi verrà costituito presso il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria della Calabria una sorta di nucleo operativo mobile della polizia penitenziaria che, sembrerebbe, avrà il compito di intervenire nell’ambito della regione per risolvere eventuali criticità". Ma se "le frammentarie informazioni di cui si dispone non consentono di formulare un giudizio compiuto sull’iniziativa, certamente però ritorna il classico emblema del cane che si morde la coda: per costituire il nucleo, infatti, vengono sottratte ulteriori risorse umane e finanziarie ai servizi operativi degli istituti penitenziari". "Per di più - conclude De Fazio - la soluzione del problema non sta solo nel sedare e risolvere gli eventi critici, ma soprattutto nel prevenirli ed impedirli. In estrema sintesi, è necessario rendere le carceri vivibili ed adeguare gli organici degli operatori. Il resto, al momento, sono e restano solo palliativi". Firenze: è stato rimpatriato detenuto che si era cucito la bocca
La Nazione, 27 agosto 2009
È uscito da Sollicciano per essere rimpatriato il detenuto marocchino che si era cucito la bocca per protesta in quanto, a due anni dalla fine della pena, che non riusciva a ottenere il rimpatrio. Intorno alle 4 del pomeriggio è uscito dal carcere di Sollicciano il marocchino che in segno di protesta, per ottenere quanto gli spettava per legge, si è cucito materialmente la bocca. A due anni dalla fine della pena infatti è previsto il rimpatrio ed è quello che ha ottenuto il detenuto in questione. A renderlo noto è il garante delle carceri del Comune di Firenze Franco Corleone. Al detenuto restano due anni da espiare ma la sua richiesta di rimpatrio non veniva accolta; così ha deciso di protestare cucendosi la bocca. Solo a questo punto la magistratura ha accolto la richiesta. "Questo episodio drammatico - ha ribadito oggi Corleone - mette in luce una questione troppo trascurata. Sono molti in Italia i detenuti stranieri che potrebbero usufruire della norma di legge che prevede la possibilità del rientro in patria come misura alternativa quando mancano loro da scontare due anni. Solo a Sollicciano ci sono altri 13 casi tra cui anche alcune donne. Proprio oggi la direzione del carcere mi ha fatto sapere che a metà settembre questi detenuti incontreranno la presidente del tribunale di sorveglianza, Antonietta Fiorillo, anche per la concessione delle misure alternative ai tossicodipendenti rinchiusi a Sollicciano e per gli altri detenuti che ne hanno diritto". Bologna: arrestati a Milano i 2 detenuti evasi dall’Ipm Pratello
Ansa, 27 agosto 2009
Sono stati catturati a Milano i due giovani evasi il 16 agosto scorso dal carcere minorile del Pratello a Bologna. La polizia ha quindi riportato in cella Bright Ofori, ghanese di 20 anni, in carcere per violenza sessuale e che avrebbe finito di scontare la sua pena nel 2017, assieme al suo compagno di fuga, uno slavo di 17 anni. Bright era detenuto anche per altre cause ed aveva ottenuto il permesso di lavorare all’esterno ma, a fine marzo 2004, non era rientrato in carcere. A Reggio Emilia aveva quindi violentato una donna di 54 anni, addetta alle pulizie nella stazione ferroviaria della città emiliana ma fu arrestato alcuni giorni dopo. Ieri gli investigatori hanno ricevuto una segnalazione dai colleghi di Bologna relativa alla possibile presenza del giovane a Milano. Sono partiti i controlli, ma ad individuarlo sono stati gli agenti della sesta sezione che avevano da poco smontato dal turno. Quando lo hanno riconosciuto in via Torino, il ragazzo stava raggiungendo un chioschetto di panini. Disarmato, non ha opposto resistenza Stati Uniti: è tempo per la decriminalizzazione della marijuana
Notiziario Aduc, 27 agosto 2009
Editoriale della senatrice Democratica Jeanne Kohl-Wells e dell’ex deputato repubblicano Toby Nixon pubblicato on line sul quotidiano "The Seattle Times". Noi sosteniamo la Senate Bill 5615: proposta che decriminalizza il possesso di marijuana (per gli adulti), elimina il carcere obbligatorio, imponendo una multa di 100 dollari, pagabile anche per posta. La proposta di legge è già stata esaminata da una Commissione bipartisan e sarà sottoposta allo scrutinio finale nel 2010. Questa è una legge di buon senso specialmente in un periodo di crisi finanziaria. Un rapporto dell’ufficio finanziario rivela che se la legge passasse, lo Stato risparmierebbe 16 milioni in tasse e un milione nel prossimo anno fiscale. Di questo milione, 599 mila dollari andrebbero alle carceri statali, a sostegno anche dei centri di recupero per i tossicodipendenti. La decriminalizzazione della marijuana non è una idea degli ultimi anni. Nel 1970, il Congresso istituì la Commissione nazionale sul consumo della marijuana. Un gruppo bipartisan di 13 persone, nove nominate dal presidente Nixon e quattro dal Congresso. Il rapporto pubblicato nel 1972 (Marijuana: A Signal of Misunderstanding") sorprendentemente raccomandò la decriminalizzazione. Il possesso personale di marijuana non dovrebbe più essere un reato; la distribuzione di piccole quantità, senza profitto, non dovrebbe essere più considerata un reato. Dodici Stati hanno seguito la strada della decriminalizzazione. Il Nevada ha decriminalizzato la sostanza nel 2001e il Massachusetts nel 2008. Secondo l’Ufficio nazionale del Censo, il 35% della popolazione vive in Stati dove la sostanza è decriminalizzata, e il consumo non è aumentato in questi Stati così come non è aumentato negli Stati dove esiste la marijuana terapeutica o nelle città che abbiano adottato una politica "soffice" verso il consumo. D’altra parte, l’inasprimento delle leggi contro la marijuana non ha raggiunto i risultati sperati. Dal 1992 al 2007 sono triplicati gli arresti per marijuana (il 47% di tutte le droghe): da 287.900 a 872.720. Di queste, l’89% riguardava solo il possesso. Secondo uno studio di due Università di Washington: il prezzo della marijuana è sceso; la qualità è più "forte"; è più disponibile; il consumo è aumentato malgrado l’inasprimento delle leggi. Abbiamo prove decennali sul fallimento della criminalizzazione della marijuana. Continua ad essere pericolosa per la salute e la sicurezza pubblica. Ha minato il rispetto delle leggi, e soprattutto "marchia" penalmente le persone, tenendo anche conto che il 40% della popolazione prova la sostanza una volta nella vita. Questo non può significare che il 40% degli americani sono criminali. Speriamo che i cittadini di questo Stato aiutino l’approvazione della SB 5615, un passo per un approccio più economico, efficace al consumo della sostanza. Belgio: tutto esaurito nelle carceri si pensa alle "navi prigione"
Adnkronos, 27 agosto 2009
La popolazione carceraria del Belgio ha raggiunto il suo massimo storico. È quanto si legge sul sito del quotidiano francofono belga La Libre Belgique. "Con 10.159 detenuti - si sottolinea - la popolazione carceraria del Belgio ha registrato un nuovo record a inizio 2009". Proprio a causa delle prigioni sovraffollate, il governo di Bruxelles aveva negoziato nei mesi scorsi un accordo con l’Olanda, che dal 2010 avrebbe dovuto accogliere circa 500 detenuti provenienti dal Belgio per un periodo di due anni. Cina: il 65% di organi trapiantati presi dai condannati a morte
Agi, 27 agosto 2009
Il 65% degli organi trapiantati in Cina proviene dai criminali giustiziati. È quanto rivela il quotidiano cinese China Daily. I detenuti condannati a morte "non sono assolutamente una fonte appropriata per il trapianto di organi", ha detto il vice ministro della Sanità Huang Jiefu citato dal giornale. Per cercare di rimediare alla "lunga dipendenza" del paese all’utilizzo di condannati a morte per i trapianti la Croce Rossa cinese oggi ha lanciato un sistema di donazione degli organi. Quasi 1,5 milioni di pazienti in Cina ha bisogno ogni anno di un trapianto d’organo ma solo 10.000 può ottenerlo secondo il ministero della Sanità che per questo ha lanciato un nuovo sistema in 10 provincie per incoraggiare la donazioni di organi.
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