Rassegna stampa 17 agosto

 

Giustizia: piano straordinario del Governo contro la criminalità

di Marco Ludovico

 

Il Sole 24 Ore, 17 agosto 2009

 

Un piano straordinario contro la criminalità organizzata. Con una pianificazione operativa da portare già al prossimo Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, previsto entro la fine di settembre. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dice che il governo sarà "in carica per quattro anni e metterà in atto un piano a lungo termine e si spera definitivo contro le forze del male, non solo contro la criminalità diffusa ma anche contro la criminalità organizzata. Il premier ha partecipato alla riunione al Viminale con il ministro dell’Interno Roberto Maroni, il guardasigilli Angelino Alfano, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta.

 

I risultati sull’andamento dei reati

 

"Nei 14 mesi del governo Berlusconi risulta che tutti i reati sono in calo rispetto ai 14 mesi precedenti: un dato senza precedenti nella storia del contrasto al crimine" ha detto Maroni. I numeri, ha illustrato il ministro, indicano un calo del 3,7% per gli omicidi, del 7,7% per le violenze sessuali, del 18,6% per i furti, del 20,4% per le rapine. Anticipati dal Sole 24 Ore, i risultati sull’andamento dei delitti sono oggi disponibili sul sito di palazzo Chigi www.governo.it.

Gli altri impegni sulla mafia. Maroni ha ottenuto da Berlusconi l’ok a utilizzare per i ministeri dell’Interno e della Giustizia il fondo oggi pari a 617 milioni - ma è in continuo aumento - alimentato dai soldi sequestrati ai mafiosi. Poi ha aggiunto: "Si è parlato di restituzione alla mafia o alla magistratura delle auto di grossa cilindrata confiscate ai mafiosi e assegnate alla polizia, ma non è così". E ha precisato che "in questo periodo abbiamo sequestrato 850 auto alla criminalità organizzata e le abbiamo assegnate alla polizia. Di queste, 700 con cilindrate inferiore a 2000 cc e 150 con cilindrata superiore. Di queste ultime - ha rilevato - 29 sono state lasciate a disposizione dell’autorità giudiziaria perché non usate in servizi investigativi contro la mafia".

 

Il piano-carceri di Alfano

 

Il responsabile della Giustizia ha annunciato che il piano carceri arriverà in Consiglio dei ministri entro il 15 settembre. Poi ha precisato che a oggi ci sono presenze negli istituti di pena pari a 63.571 unità, di cui circa 20mila stranieri. Aggiunge Alfano: l’Europa "non può chiudere gli occhi" di fronte al problema del sovraffollamento carcerario italiano, dunque o l’Ue "fa applicare i trattati" per il rimpatrio dei detenuti "oppure ci si dà i fondi necessari per realizzare" nuovi penitenziari.

Intenzione del governo, ha sottolineato il Guardasigilli, non è quella di far ricorso a nuove amnistie o indulti, ma di costruire nuove carceri per le quali, però, servono fondi. Per 17mila nuovi posti occorrono 1,5 miliardi di euro: 200milioni sono stati già stanziati dal Cipe, ma - ha aggiunto il ministro - devono essere definite le altre fonti di finanziamento prima di portare il piano carceri in uno dei prossimi consigli dei ministri "entro il 15 settembre".

 

Nei Cie non c’è allarme sovraffollamento

 

Nei centri di identificazione ed espulsioni (Cie) sono in corso proteste contro l’allungamento dei tempi di trattenimento nelle strutture da 60 giorni (vecchia normativa) a un massimo di 180 giorni (nuova normativa). "Siamo comunque in grado di gestire la situazione, non ci sono preoccupazioni" ha affermato Maroni, precisando che " non è vero che i Cie sono strapieni: i dati aggiornati a ieri indicano infatti una disponibilità di 582 posti liberi nei centri".

 

Riforma della cittadinanza "non necessaria"

 

"Una norma sulla cittadinanza c’è già e a mio parere personale non c’è necessità di intervenire, ma il Parlamento è sovrano: se decide per la riforma, la applicheremo" ha detto Maroni. "La riforma della legge sulla cittadinanza - ha ricordato il ministro - è da diverse legislature all’ordine del giorno; noi ci inchiniamo di fronte alla sovranità del Parlamento". La posizione di Maroni non va sottovalutata, sul piano politico: a differenza dei suoi colleghi della Lega che, come il capogruppo alla Camera Roberto Cota, hanno detto "Non se ne parla proprio", il ministro dell’Interno sembra possibilista, sia pure con cautela. Segno che il processo innescato in Parlamento potrebbe essere molto meno complicato.

 

Il caso del Comune di Fondi e l’attacco di Di Pietro

 

"Diversi ministri hanno fatto notare come nessun componente della giunta o del consiglio comunale di Fondi sia stato toccato da un avviso di garanzie e sembrava strano che si dovesse agire con un intervento come quello dello scioglimento del consiglio comunale" ha detto Berlusconi in conferenza stampa. Nel comune in provincia di Latina con il mercato ortofrutticolo più grande d’Italia le infiltrazioni della camorra ormai non si contano più ma, dopo una serie di discussioni senza esito, in uno degli ultimi Consiglio dei ministri il Governo ha deciso di chiedere al prefetto di Latina una nuova relazione, alla luce delle ultime norme che coinvolgono anche la responsabilità i funzionari comunali sospettati di collusioni con la mafia. Scioglimento rinviato, dunque. Attacca il leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro: "Le affermazioni del presidente del Consiglio sono gravissime. Berlusconi fa finta di dimenticare che lo scioglimento del Comune è stato richiesto dal prefetto Frattasi circa un anno fa: cinquecento cartelle che provano l’intreccio tra mafia, politica e comitati d’affari e 17 arresti. È dal mese di febbraio del 2008 - ricorda Di Pietro - che il ministro Maroni si ripropone di procedere allo scioglimento della giunta, sostenendo di essere in attesa del nulla osta da parte del Consiglio dei Ministri".

Giustizia: il "governo del Bene" sconfiggerà le "forze del Male"?

di Pietro Ancona

 

Terra, 17 agosto 2009

 

Il governo oggi ha dato una risposta sprezzante alla questione carceri sollevata dalla iniziativa radicale alla quale hanno aderito parlamentari e associazioni umanitarie. Il Ministro Alfano ha scaricato la responsabilità del sovraffollamento alla Unione Europea che non fa applicare i trattati per il rimpatrio dei detenuti e che non darebbe aiuti per la costruzione di nuove carceri.

Il fatto che un grande numero di immigrati è in prigione in virtù della criminalizzazione introdotta dalle cosiddette leggi sulla "sicurezza" non è tenuto in debito conto dal Ministro che naturalmente non si propone alcuna depenalizzazione. Gli Usa sono un riferimento che questo governo non perde mai di vista. Si propone la privatizzazione delle carceri e poi magari della loro gestione. Il detenuto non sarà più recluso dallo Stato ma da una società che avrà appaltato il servizio "prigionia" dal Ministero e che naturalmente dovrà lucrare, ricavare profitti dal restringimento in carcere delle persone che magari affitterà ad imprenditori come manodopera a prezzo da schiavi. Come avviene da tempo negli Usa.

A differenza del Pd che è impegnatissimo a litigare al suo interno e che dà spettacolo di uno scontro tra oligarchi tutti più o meno privi di idee, Berlusconi ha le idee chiarissime su ciò che vuole fare. Oggi ha introdotto un nuovo soggetto alla lotta del governo contro la criminalità mafiosa e non, la lotta al Male! In autunno ci dirà chi è e come sarà combattuto il Male. Ci sarà una manipolazione del codice penale e del codice di procedura penale per un aggiornamento del reato di sovversione ed un allargamento della sfera di sua applicazione.

Saranno anche sovversivi gli operai stiliti che hanno protestato a Milano e Roma e i vigilantes appollaiati sul Colosseo? Meriteranno il 41 bis? Sarà limato ed acuminato per bene il reato di cospirazione politica? Non ho alcun dubbio che la proposta di Berlusconi sarà una stretta paragonabile alle leggi fasciste del primo quinquennio.

Le lotte sociali che si annunziano saranno fronteggiate da una polizia in assetto antisommossa sempre più specializzata alla repressione. Se sarà il caso non escludo un intervento tipo contractor delle "ronde" a tutela degli interessi di imprenditori che si sentono minacciati da scioperi o agitazioni del personale. Il conflitto sociale è diventato e lo sarà ancora di più un problema di ordine pubblico e di polizia. Dubito molto che questo Parlamento e questa Presidenza della Repubblica contrasteranno questa nuova fase del berlusconismo diventato regime.

La scarsa lungimiranza del Pd e la sua calamitazione verso la destra leghista hanno consentito il varo di due organici provvedimenti "sicurezza" che hanno demolito parte della base dello stato di diritto. Quando si viola il Diritto per dare luogo ad una legiferazione che punisce in modo differenziato i mafiosi, i terroristi, gli eversori si apre la strada allo stravolgimento della giustizia. La legge non è più eguale per tutti dal momento che il potere politico gestisce direttamente i trattamenti afflittivi del 41 bis e nello stesso tempo esenta dal carcere gli evasori fiscali, i falsari dei bilanci.

L’iniziativa radicale della visita al carcere è servita. Non cambierà niente e si incrudelirà ancora lo condizione dei reclusi. Intanto si preparano le nuove celle per le forze del Male che non capiscono il Bene rappresentato dal governo Berlusconi e si ostinano ad essere comuniste, sovversive, liberali. Queste celle potranno essere approntate, come suggerisce il fido Alfano, da imprenditori privati che potranno poi anche gestirle.

Giustizia: visite guidate in carcere e passa la voglia di vendetta

di Franco Laratta

 

Quotidiano della Calabria, 17 agosto 2009

 

Se si chiede alla gente comune quale tipo di trattamento riservare ai carcerati, una grande maggioranza risponderebbe "il peggiore possibile", o anche "dategli solo pane e acqua". La massa non scende mai nei particolari, ragiona per istinto, fa prevalere la voglia di vendetta, chiede per gli altri il peggio.

La visita che ho compiuto nelle carceri calabresi durante il weekend di Ferragosto, non ha aggiunto nulla a quanto io non avessi già visto e costatato nelle altre diverse visite fatte da quando sono parlamentare. Carcerati ammucchiati come polli in batteria, anzi come migliaia di vermi nello stesso metro quadro di terra, letti a castello in stanzette afose e caotiche, umanità diverse e disparate costrette e vivere gomito a gomito, gli stranieri sempre più numerosi, gli ultimi della società soli con la loro disperazione.

Tuttavia, ogni volta il carcere è diverso. Non faccio mai visite generiche o superficiali, mi piace parlare uno a uno con tutti i detenuti. Lo faccio perché vedo che loro hanno bisogno di parlare, di essere ascoltati, di raccontare e chiedere qualcosa. In quel pianeta sconosciuto che è il carcere, la pietà non trova posto, ma non mancano segni di solidarietà.

Tuttavia, vorrei dire a chi non immagina nemmeno, di provare a vivere in una cella di pochissimi metri quadri con altre 6-7 persone, del tutto estranee una con l’altra, protagonisti di drammi umani spaventosi. Stare appiccicati uno all’altro, omicidi e stupratori, spacciatori e ladri, violenti e truffatori, non è facile. Al contrario, è una questione spaventosa. A Cosenza, dove il carcere è decente, ben tenuto, si vive tutti così: ammucchiati come bestie in uno stanzino che a casa nostra non fungerebbe nemmeno da sottoscala.

Ma vivere in un mucchio cancella ogni individualità, qualsiasi gesto intimo, svuota le illusioni, rende simili ad animali in gabbia. Il carcere è una brutta bestia, una condanna terribile per chi ha commesso brutalità e violenze spesso inenarrabili. Ma la gente, ad esempio, non sa che la grande maggioranza di coloro che scontano in carcere la pena, torna a delinquere, e prima o poi ritorna in carcere.

Al contrario, la grande maggioranza di coloro che invece del carcere sconta la pena con misure alternative al carcere stesso, non ritorna più dietro le sbarre, perché riesce a inserirsi nella società. Il carcere, se ne deduce, trasforma l’uomo, lo rende più violento e cattivo. L’esatto contrario della funzione costituzionale che dovrebbero avere gli istituti di pena. Perché il carcere, facendoti scontare la pena con la privazione di ogni forma di libertà ( una pena quindi terribile!).

Ha come sua prima funzione quella di rieducare il detenuto, di fargli capire l’errore commesso, e insegnarli a non ripeterne più. In sostanza: punito per il delitto commesso, il detenuto riprova ad essere uomo vero, libero, rispettoso della legge e degli altri. Tutto questo non accade più nelle carceri italiane. Che sono tutte superaffollate (perfino con il doppio dei detenuti consentiti, quasi sempre con oltre il 50% in più del previsto), violente, disumane.

La violenza che subiscono dietro le sbarre i detenuti, ad opera di altri detenuti, è un’ulteriore pena, anzi una tortura psicologica insopportabile e anche una violenza fisica inaccettabile. Ecco, accade di tutto dietro quelle sbarre. E il costante aumento del numero dei detenuti che si suicida, lo dimostra ampiamente.

Il carcere infatti è morte: negli ultimi 6 mesi si sono registrati un centinaio di morti (35 per suicidio)! Più che carceri, dovremmo definirle gironi infernali. Un inferno fatto di violenza, droga, sopraffazione, vendetta. Un inferno che in questi giorni, circa 150 parlamentari abbiamo visitato, sporcandoci direttamente le mani, entrando a stretto contatto con la disperazione e l’odio. Proporrei una norma che consenta a tutti gli uomini di governo e ai parlamentari di trascorrere una settimana all’anno nella carceri, nelle celle con gli altri detenuti. Poi magari lo estendiamo ai centri di permanenza per gli extracomunitari e i clandestini (perché questi sono ora divenuti più mostruosi delle stesse carceri).

Ai cittadini consentirei una visita guidata a un istituto di pena e inviterei a leggere "Carceri", un libriccino del reggino Franco Marra, coinvolto in una drammatica indagine giudiziaria, dalla quale ne uscì assolto, del comune di Reggio. Arrestato, finito in una cella, racconta le sue carceri. Erano gli anni 80. Quella lettura fu per me come un trauma! Vorrei poi ricordare che una grande parte dei detenuti è rappresentata da ragazzi giovanissimi, poco più che ventenni. Mi chiedo: quando quei ragazzi avranno scontato la pena, che cittadini saranno?

La società non ha forse tutto l’interesse che siano uomini e donne da reinserire con facilità? O forse non sa che in queste condizioni, la gran parte di loro tornerà rubare, spacciare, delinquere? Il carcere quindi deve essere reinventato. Le pene vanno scontate interamente, perché chi commette reati non se la può cavare con una pacca sulle spalle.

Però, il carcere non può essere più una prigione che violenta la coscienza ed il corpo dei detenuti. Facendogli toccare il fondo, facendoli sentire bestie respinte e bastonate a sangue. E questo accade regolarmente, tenuto anche conto che dalle carceri sono quasi scomparse le figure degli educatori e degli psicologici. A Cosenza, su 6 educatori in pianta organica per 288 detenuti, ce ne sono solo 2, ci sono poi 2 psicologici in convenzione e nessuno previsto in dotazione organica.

L’ultimo tentativo di capire e aiutare chi è nell’angoscia è stato così cancellato. Lo Stato si è arreso. Nella corso della mia ultima visita alle diverse carceri calabresi, ho visto un giovane detenuto che studiava attentamente in una saletta. Chiedo di entrare e gli parlo. Si è laureato in Legge in carcere ed ora sta specializzandosi. Ha commesso un omicidio, ha ancora un bel po’ di anni da fare, eppure mi ha detto: "sto pensando al mio futuro".

Un solo caso, uno solo, su migliaia di detenuti che ho incontrato, una fiammella in un buio pesto. Una fiammella che non va spenta. Pensavo: e se nelle carceri tutti avessero la possibilità di studiare, di imparare un mestiere, di lavorare, quante ore sarebbero sottratte a quelle celle afose e schifose, in cui l’unica attività è quella di odiarsi e sputarsi addosso tutto il peggio che ognuno di noi si porta dentro? In un altro carcere noto un signore sui 45-50 anni in solitudine, assente, dal volto cupo.

A differenza degli altri non si agita per la mia visita al carcere, non chiama, non chiede attenzione, non sembra interessato a niente di quello che sta accadendo. È solo con la sua angoscia che traspare e si avverte anche da lontano. Mi avvicino, provo a parlargli. Niente. Gli chiedo: "quanto tempo dovrai restare ancora qui dentro"? Alza lo sguardo spento e mi dice a bassa voce: "Non uscirò mai. Ho avuto l’ergastolo". Un caso di fine pena mai. Anche lui, come il ragazzo che si è laureato in legge, ha commesso un omicidio. Il ragazzo uscirà da avvocato e tornerà a vivere appena scontata la pena. Il secondo uscirà solo dentro a una bara.

Giustizia: le carceri come bombe; l’allarme del Pd e dei Radicali

 

La Repubblica, 17 agosto 2009

 

C’è chi propone di aprire ai capitali privati, chi invoca la costruzione di nuovi penitenziari di Stato ("È finito il tempo degli indulti, costruiremo nuovi carceri", dice il ministro La Russa) e chi invece chiede pene alternative e processi più rapidi. Ma intanto nelle carceri italiane si continua a vivere in condizioni impossibili, tra celle super affollate e aggressioni alle guardie in crescita esponenziale (più 70 per cento rispetto al 2008 a leggere le denunce dell’Osapp, il sindacato degli agenti di custodia).

In alcune realtà i detenuti rimangono stipati come polli per 20 ore al giorno: 6 persone in venti metri quadrati. Storie di reclusi in istituti al collasso dove talvolta, come ad Agrigento, non ci sono neppure le docce. Storie di degrado come quelle che quotidianamente si vivono al carcere dell’Ucciardone di Palermo: "una discarica sociale", per usare le parole dei parlamentari radicali e democratici che ieri lo hanno visitato e che hanno contato 700 reclusi (200 più del previsto) e decine di donne e bambini in fila sin dall’alba per ottenere un colloquio. I sopralluoghi compiuti in questi giorni dai deputati della sinistra in numerose prigioni hanno confermato un quadro desolante da nord a sud.

"La situazione è ormai esplosiva perché quasi ovunque è stato ormai superato - e in molti casi raddoppiato - il limite massimo di accoglienza. E in questo quadro il governo è completamente assente", denuncia il responsabile Giustizia del Pd Lanfranco Tenaglia chiedendosi che fine abbia fatto il piano carceri annunciato da Alfano e ricordando che le cose sono destinate a peggiorare sia per effetto del pacchetto sicurezza, sia per la riforma del codice penale.

A che punto stia il piano Alfano se lo chiede anche il presidente dei senatori dell’Idv Felice Bellisario che escludendo indulti ed amnistie come soluzione all’emergenza, punta sulla richiesta di processi più rapidi: per garantire certezza della pena ed evitare lunghe detenzioni in attesa di giudizio. Per il deputato del Pdl Benedetto Della Vedova, invece, "la questione del sovraffollamento si risolve puntando sulle pene alternative, sulla depenalizzazione di alcuni reati e, soprattutto, consentendo ai privati di aprire e gestire nuove carceri".

Giustizia: contro l’affollamento, il carcere a "mezza pensione"?

 

Libero, 17 agosto 2009

 

Sovraffollamento cronico, aria fetida e puzzolente, aumento di casi di Tbc: le celle esplodono, le guardie penitenziarie sono al limite della sopportazione. Esistono alternative all’indulto?

Celle che esplodono, sovraffollamento cronico: i detenuti in Italia hanno raggiunto quota 63.460, secondo l’associazione Antigone, 20mila in più rispetto alla capienza regolamentare e ben oltre anche alla cosiddetta capienza tollerabile. Si tratta di una cifra record - sottolinea il rapporto - che non si era mai registrata dai tempi dall’amnistia di Togliatti del 1946. Se il trend dovesse continuare, a fine anno la popolazione carceraria raggiungerebbe quota 70 mila detenuti, mentre nel giugno del 2012 si arriverebbe a 100 mila unità. Quello del sovraffollamento delle carceri non è certo un problema che possa essere dimenticato come polvere sotto il tappeto, soprattutto in un periodo in cui si invocano sempre più spesso "tolleranza zero" e sicurezza.

Su e giù per il Paese, intanto, protestano le guardie penitenziarie: la situazione ambientale è ai limiti della sopportazione. "Manca l’aria. La struttura è fatiscente ed obsoleta. Sono il degrado e l’insalubrità a farla da padrone - dice Eugenio Sarno, Segretario Generale della UIL PA Penitenziari in una relazione-denuncia sul San Vittore di Milano -.

Il personale è costretto a lavorare in condizioni pessime. In ambienti insalubri e insicuri. Al piano terra del centro clinico è costretto, data la mancanza di finestre, a respirare aria viziata. Spesso, quando i detenuti psicopatici colà ricoverati cospargono i pavimenti delle proprie deiezioni, anche ad inalare aria fetida e puzzolente".

Vista la situazione descritta, non c’è da stupirsi se nelle carceri sia tornata la tubercolosi e si diffondano sempre di più le forme di epatiti virali. "È una situazione complessa quella delle carceri dal punto di vista della salute e soprattutto delle malattie infettive - spiega il direttore dell’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti, Aldo Morrone -.

Per di più in carcere finiscono soprattutto le persone a maggior rischio di marginalità e di esclusione sociale, persone che non hanno la possibilità di ottenere arresti domiciliari perché si trovano, di fatto, a non avere domicilio". E c’è poco da stupirsi anche per il fatto che - sempre secondo il rapporto Antigone - molti decidano di uscire dall’inferno carcere togliendosi la vita. Un terzo dei decessi che si verificano in galera sono dovuti a suicidio: dal 2000 al marzo 2009, all’interno delle strutture penitenziarie dislocate su tutto il territorio nazionale sono morte 1.365 persone, di cui 501 per suicidio.

Il caldo, poi, fa la sua parte, tanto che il ministero della Giustizia avrebbe varato una circolare per i penitenziari: "Poiché l’estate, tanto più in condizione di sovraffollamento è prevedibile un innalzamento delle situazioni conflittuali, quale conseguenza della maggiore aggressività e reattività delle persone detenute, le Direzioni dovranno impartire le necessarie disposizioni per evitare che i ristretti possano convogliare le tensioni in forme di protesta derivanti da eventuali carenze nella soddisfazione dei bisogni primari". Vale a dire più tempo nei cortili e porte blindate aperte per aerare le celle, anche oltre gli orari consentiti.

Già, perché archiviato il beneficio dell’indulto, l’unico modo per dare ossigeno - anche nel vero senso della parola - a detenuti e guardie sembra essere quello di un ambiente penitenziario più "aperto" per i soggetti a basso livello di pericolosità sociale: meno controlli, più porte aperte. "Con questa manovra sarebbe possibile - si legge nella circolare -, dopo aver individuato le apposite strutture, compensare nelle stesse i minori spazi destinati alle camere di detenzione - da convertire in camere di mero pernottamento - con la permanenza all’aperto protratta nel corso della giornata".

Questo trattamento sarebbe riservato ai "detenuti di minore pericolosità, da individuarsi secondo alcuni criteri oggettivi: fine della pena inferiore a due anni, assenza di precedenti disciplinari e buone condizioni psicofisiche". Tutto il giorno all’aperto, e in cella solo per dormire, in pratica. Ma basterà trasformare il carcere in un B&B per non far esplodere la situazione?

Giustizia: le ispezioni andrebbero fatte a sorpresa e tutto l’anno

di Davide Giacalone

 

Libero, 17 agosto 2009

 

Sollecitati dai Radicali, 150 parlamentari sono andati in giro per le carceri italiane. Mi sfugge la simbologia ferragostana, dato che il lavoro ispettivo dovrebbe essere fatto tutto l’anno ed a sorpresa. Il problema, comunque, è solo marginalmente nelle celle. Si trova in Parlamento.

A volere essere volenterosi, quindi, si dovrebbero evitare ferie infantilmente lunghe e far funzionare decentemente il potere legislativo. Le carceri, infatti, sono sovraffollate, ci siamo beccati, come italiani, anche una condanna europea per trattamenti disumani (e se, com’è giusto, anche gli altri detenuti la prenderanno ad esempio, nei prossimi anni pioveranno a centinaia), ma il dato più drammatico consiste nel fatto che più della metà dei detenuti è in attesa di giudizio. Morale: le celle fanno pena, ma la giustizia è in condizioni di gran lunga peggiori. Fin quando la politica si occuperà della giustizia solo per strumentalizzare le indagini che riguardano gli avversari e tutelarsi da quelle che entrano in casa propria, a questo disastro non si porrà rimedio.

Posto che i detenuti sono, in maggioranza, cittadini presunti innocenti, moltissimi destinati a restare tali, è singolare che la gran parte di quelli condannati debba ancora scontare una pena inferiore a tre anni. Ciò significa che riformando i tempi della giustizia (a proposito: i magistrati hanno ferie più lunghe dei parlamentari, ed è una bella gara!) e rendendo obbligatori i termini temporali che procure, tribunali e corti devono rispettare, si riuscirebbe non solo ad avere maggiore certezza del diritto, ma anche condizioni meno disumane nello scontare l’eventuale pena. Finito il giro carcerario, pertanto, i signori parlamentari sono pregati di non tornare indietro sostenendo che servono più soldi e più celle, giacché in quel modo non si farebbe che fornire un alibi ad un sistema giudiziario in coma.

Servono più diritto, più diritti, più giustizia, più lucidità nell’impostare riforme profonde, che non siano l’eterno rincorrere le emergenze. Serve maggiore autonomia del legislativo dal ricatto del giudiziario, e la totale estraneità del giudicante rispetto a chi sostiene l’accusa. Serve coraggio e determinazione. Le buone parole di metà agosto, invece, sono inutili, ed aumentano la sgradevole sensazione d’appiccicaticcio.

Giustizia: i Radicali contenti; maggiore ispezione mai realizzata

 

Apcom, 17 agosto 2009

 

I radicali italiani esprimono soddisfazione per la loro iniziativa Ferragosto 2009 in carcere - "la visita ispettiva più imponente, mai realizzata in Italia" - che ha portato un gruppo di parlamentari dei diversi schieramenti a visitare gli istituti penitenziari italiani dal 14 agosto ad oggi. "Come è noto l’iniziativa Ferragosto 2009 in carcere promossa da Radicali Italiani è ancora in corso con pieno successo", afferma in un comunicato Antonella Casu, Segretaria di Radicali italiani.

"Mentre continuano a giungerci, ancora in queste ore, notizie di altri esponenti politici che si uniscono alle visite negli istituti penitenziari italiani, i 50 istituti che ci risultava non sarebbero stati visitati si sono ora ridotti a 31". "Un ringraziamento particolare - prosegue Casu - dobbiamo alla Uil per la sua mobilitazione e la presenza di oltre 60 suoi rappresentanti.

Ugualmente ringraziamo tutte le altre organizzazioni sindacali che hanno aderito sostenendo e partecipando all’iniziativa. L’iniziativa vede coinvolti 167 tra deputati, senatori e consiglieri regionali di tutti gli schieramenti politici che, assieme ai garanti per i diritti delle persone private della libertà, hanno dato la disponibilità per visitare 189 su 220 istituti penitenziari". "I partecipanti alle visite - afferma la segretaria di Radicali italiani - si uniscono alla comunità penitenziaria per una ricognizione approfondita della difficilissima situazione delle carceri italiane, per conoscere meglio e direttamente come vivono la realtà quotidiana direttori, agenti, medici, psicologi, educatori e detenuti.

L’auspicio era rendere più consapevoli coloro che hanno il potere legislativo, attraverso la conoscenza diretta della comunità penitenziaria, per essere così consapevoli delle difficoltà e dei bisogni per proporre le soluzioni legislative e organizzative adeguate, sia immediate che a medio e lungo termine. Ciò affinché, da un lato gli istituti penitenziari possano essere non solo luogo di espiazione della pena, ma realizzare a pieno i valori sanciti dall’art. 27 della Costituzione Italiana secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato; dall’altro, per quel che riguarda tutti i lavoratori che prestano la loro attività ad ogni livello negli istituti carcerari, siano garantite condizioni di lavoro moralmente, socialmente ed economicamente adeguate ai profili professionali ricoperti, che diano il giusto riconoscimento ai compiti di esemplare responsabilità espletati e che consentano di dare completa attuazione ai risultati delle rivendicazioni e delle conquiste, purtroppo oggi ancora in larga parte disattese".

"Tale auspicio, a giudicare dalle reazioni fino ad ora registrate, pare essere soddisfatto", afferma ancora Casu. "Molti hanno potuto vedere una realtà che era loro assolutamente sconosciuta. Anche l’appello a partecipare alle visite, rivolto ai ministri del culto, cattolico e delle altre confessioni religiose, ha visto risposte significative, in particolare dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e dall’Unione Cristiana Evangelica Battista.

Si tratta della visita ispettiva più imponente, mai realizzata in Italia - afferma l’esponente radicale - riteniamo che questo segni l’inizio di un ampio e approfondito dibattito volto a trovare soluzioni a questa che viene confermata dai resoconti delle visite, una situazione ormai al collasso. Soluzioni che occorre siano strutturali e profonde dell’intero sistema giustizia".

Giustizia: Alfano all’Ue; o vi riprendete i detenuti, o ci date soldi

di Mauro Favale

 

La Repubblica, 17 agosto 2009

 

Un aut aut all’Europa: "O fa applicare i trattati per il rimpatrio dei detenuti oppure ci dà i fondi per realizzare nuovi penitenziari". Consapevole che l’affollamento delle carceri ha raggiunto ormai livelli record, con tutti i rischi annessi soprattutto nei caldissimi mesi estivi, il ministro della Giustizia Angelino Alfano si rivolge direttamente all’Unione Europea.

Durante la conferenza stampa di Ferragosto al Viminale, presenti il ministro dell’Interno Maroni e il premier Silvio Berlusconi, Alfano fornisce dati e ricette per risolvere l’emergenza carceraria. Puntando soprattutto su un numero: ventimila. Tanti sono i detenuti stranieri nelle carceri italiane a fronte di un numero complessivo di 63.571.

Capienza regolamentare, fissata dal ministero a 43.327, superata ormai di gran lunga. Senza quel 30%, per Alfano, si risolverebbe la grave situazione di sovraffollamento. La linea è chiara: galere italiane per carcerati italiani Il guardasigilli la spiega così: "Il nostro sistema detentivo è capace di accogliere i detenuti italiani ma se a questi si sommano gli stranieri il problema si ingigantisce". Per questo Alfano chiama in causa l’Europa: "La Ue non può da un lato condannare l’Italia perché in cella si sta stretti e poi chiudere gli occhi di fronte a un fenomeno che è soprattutto italiano e cioè che tra il 30 e il 40% dei detenuti è straniero".

Il ministro fa riferimento alla sentenza della Corte di Lussemburgo che ha condannato l’Italia per danni morali causati a un detenuto bosniaco in una sovraffollata cella di Rebibbia. Sovraffollamento che si può combattere con la nuova edilizia carceraria. Che però ha un costo: per 17mila nuovi posti occorrono 1,5 miliardi di euro. Duecento milioni sono stati già stanziati dal Cipe. Vanno trovate altre fonti di finanziamento, prima di portare il piano in Cdm, "entro il 15 settembre".

Altre soluzioni non ce ne sono. Perché per Alfano e per tutto il governo (impegnato, come ha affermato Berlusconi, "nella lotta contro le forze del male") indulto e amnistia non sono compatibili "con il bisogno di sicurezza dei cittadini". Al Viminale, Berlusconi ha anche annunciato "un piano a lungo termine per il contrasto non solo alla criminalità diffusa ma anche alla criminalità organizzata".

Rispolvera un’espressione cara all’ex presidente Usa George W. Bush per dire che l’impegno del governo "è quello di difendere i cittadini dagli attacchi esterni, con l’esercito e da quelli interni contro le forze del male, schierando in campo l’esercito del bene". Poi un elenco di misure approvate che gli consente di dire: "Questa è l’antimafia delle leggi contro quella delle chiacchiere". A Maroni, il compito di parlare del numero dei reati in costante diminuzione. Cifre che non convincono l’ex sottosegretario all’Interno Marco Minniti (Pd): "Quelli del governo sono solo annunci. La realtà sono i tagli alle forze dell’ordine e alla macchina della sicurezza".

Giustizia: Letta; auspicabile l'uso di esercito, fuori dalle carceri

 

Ansa, 17 agosto 2009

 

Sull’eventuale utilizzo dell’Esercito per garantire la sicurezza all’esterno delle carceri italiane, liberando quindi risorse della Polizia penitenziaria, "deciderà il Comitato nazionale per la sicurezza. Non possiamo chiedere all’Esercito di fare tutto, ma sarebbe auspicabile, per dare sollievo alla Polizia penitenziaria". Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, durante la sua visita ai detenuti che per un giorno si sono trasformati a Roma in operatori ecologici, nell’ambito di un progetto del Dap per il reinserimento socio lavorativo dei detenuti.

Giustizia: Ionta; gestione difficile, servono personale e risorse

 

Ansa, 17 agosto 2009

 

"Abbiamo evidenti difficoltà gestionali all’interno delle carceri e sono contento che in questi giorni i parlamentari impegnati nelle visite agli istituti di pena ne possano prendere atto. C’è la necessità di adeguare il numero del personale di polizia penitenziaria e realizzare il piano di edilizia penitenziaria per il quale però servono risorse".

Lo ha detto il capo del Dap, Franco Ionta, nel corso della sua visita Roma ai detenuti di Rebibbia impegnati a pulire una zona verde della capitale sulla via Tiburtina nell’ambito del progetto sperimentale voluto dallo stesso Ionta per il reinserimento socio lavorativo dei detenuti. Ionta ha ricordato che la carenza di organico tra gli agenti di polizia penitenziaria potrebbe essere ridotta dalla presenza dell’esercito: "Abbiamo aperto nell’ultimo periodo quattro nuovi reparti, a Roma, a Cassino, a Perugia e in Sicilia e serve quindi più personale, e se l’esercito può sostituire i nostri agenti nella vigilanza esterna delle carceri sarebbe importante".

Giustizia: D’Anna (Pdl); fare scontare pene nei paesi di origine

 

Corriere Adriatico, 17 agosto 2009

 

C’era anche il Consigliere Regionale Pdl Giancarlo D’Anna tra i 150 deputati, e consiglieri regionali di tutt’Italia che hanno deciso di aderire all’iniziativa "Ferragosto 2009 in carcere" organizzata dai Radicali Italiani "per conoscere meglio e direttamente come vivono la realtà quotidiana direttori, agenti, medici, psicologi, educatori e detenuti per essere così capaci di interpretare i bisogni e di proporre le soluzioni legislative e organizzative adeguate, sia immediate che a medio e lungo termine".

D’Anna, che ha seguito con particolare attenzione la situazione della mancanza di personale della Casa Circondariale di Pesaro a stretto contatto con Aldo di Giacomo del sindacato Sappe negli scorsi mesi, ha visitato il 14 agosto di nuovo la struttura incontrando oltre alla Direttrice. Clementi e al Comandante Secci alcuni agenti di Polizia Penitenziaria. Stessa cosa nell’Istituto Penitenziario di Fossombrone dove ad accoglierlo c’era il Comandante Vice Commissario Andrea Tosoni. durante la visita D’Anna ha scambiato alcune battute con alcuni detenuti

"Le visite - ha dichiarato D’Anna - sono state utilissime per approfondire le problematiche delle due strutture della Provincia di PU. I numeri parlano chiaro: a Pesaro la pianta organica prevede 169 agenti ma quelli effettivamente in servizio sono solamente 121. I detenuti, la cui capienza regolamentare dovrebbe essere di 161 posti alla data del 14 agosto erano poco meno del doppio cioè 301, la metà dei quali sono stranieri (123 uomini e 17 donne)".

"L’Istituto penitenziario di Fossombrone ha in servizio 116 agenti su 127, anche se nello stabilire l’assegnazione del personale, a suo tempo, i parametri utilizzati non corrispondevano esattamente alle reali esigenze. I detenuti ospitati sono in totale 177, numero adeguato alla struttura. Numerosi i detenuti in Alta Sicurezza, 88; numerosi anche i tossicodipendenti, 56;mentre gli stranieri sono poco numerosi rispetto a Pesaro, solo 26".

"Sono emerse - afferma D’Anna - in modo evidente la mancanza di personale di Polizia Penitenziaria, soprattutto a Pesaro, e il sovraffollamento sempre nella struttura di Villa Fastiggi dove la popolazione carceraria è quasi il doppio di quella prevista. Le due situazioni comportano: turni pesanti per la Polizia e spesso l’impossibilità di usufruire delle ferie previste sia Fossombrone come a Pesaro - diversi agenti hanno ancora ferie del 2007 - e condizioni di vita difficilissime per i detenuti costretti a passare buona parte delle giornate in branda visto che in numerose stanze da 1 posto si ammassano tre persone che non hanno il benché minimo spazio per sgranchirsi le gambe. A Fossombrone per i detenuti la situazione, grazie alle caratteristiche del carcere, è senza dubbio migliore in quanto le celle sono tutte singole".

"Concludendo - dichiara D’Anna - anche le strutture della nostra Provincia soffrono gli stessi problemi nazionali: sovraffollamento, mancanza di personale e carenza di manutenzione. È evidente che per risolvere almeno in buona parte il problema del sovraffollamento, va perseguita la strada di far scontare nel paese di origine le pene ai detenuti stranieri, stranieri che nell’ambito nazionale sono circa la metà dei detenuti proprio come a Pesaro, questo consentirebbe di avere più spazi per i detenuti, una miglior gestione degli istituti , minor necessità di personale e minori spese".

"Il mio impegno - conclude D’Anna - è quello di continuare a sollecitare i rappresentati del Parlamento e del Governo per garantire nell’immediato l’assegnazione di personale di Polizia Penitenziaria ove necessario, allo stesso tempo sollecitare interventi di manutenzione della struttura sia a Fossombrone come a Pesaro e spingere affinché si accelerino i tempi di accordi con i paesi stranieri dai quali vengono buona parte dei detenuti per far scontare le pene nei paesi di origine".

Giustizia: Minniti (Pd); Governo fa annunci e poi taglia le risorse

 

Apcom, 17 agosto 2009

 

L’annuncio del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sul varo di un piano quadriennale per il contrasto alla criminalità organizzata e alle "forze del male" che sarà vagliato, a settembre, da un Comitato nazionale per la sicurezza e l’ordine pubblico. Il piano per la realizzazione di nuove carceri, annunciato dal ministro della Giustizia, Angeli Alfano, che sarà portato in Consiglio dei ministri, sempre a settembre. "Con la sequenza di annunci di ieri il governo si è praticamente auto rimandato a settembre".

Così Marco Minniti, esponente del Pd e vice ministro dell’Interni nel governo Prodi, interpellato da Apcom, commenta il bilancio del governo sul tema della sicurezza. E sul calo dei reati che il governo Berlusconi rivendica come risultato raggiunto nei 14 mesi della sua vita, Minniti replica: "è un trend che è iniziato nel secondo semestre del 2007, quando c’è stata una significativa diminuzione dei reati, e che continua".

Per l’ex vice ministro dell’Interno del governo Prodi il "governo Berlusconi confonde la politica della sicurezza con la politica degli annunci e degli spazi televisivi". La realtà, aggiunge Minniti, è un’altra: "i tagli rilevanti alle forze dell’ordine e alla macchina della sicurezza" e "gli effetti delle norme del pacchetto sicurezza che stanno portando al collasso i Centri di identificazione e espulsione". Sul piano per l’edilizia carceraria, annunciato ieri dal ministro della Giustizia, Minniti punta l’indice contro i tagli agli investimenti per le carceri fatte "proprio dal governo Berlusconi per finanziare la diminuzione di gettito derivante dalla cancellazione dell’Ici".

Giustizia: Sappe; soluzione in 100 giorni, per evitare il tracollo

 

Adnkronos, 17 agosto 2009

 

"Siamo alla vigilia di un fatto storico: non s’era mai vista una concentrazione di visite parlamentari in tanti Istituti penitenziari in così poche ore come quelle programmate nei prossimi tre giorni. Questo è l’unico fatto che conta per adesso. I bilanci su quanto queste visite influiranno per definire l’agenda politica a ripresa dei lavori parlamentari, potremmo farlo soltanto nelle prossime settimane".

Lo sottolinea Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, dopo le visite di oltre 150 parlamentari nelle carceri del Paese nel giorno di Ferragosto, proponendo come Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria "un termine di cento giorni entro i quali trovare soluzioni politiche e amministrative per evitare il tracollo del sistema penitenziario italiano".

"Termine ultimo entro il quale - dice - ci auspichiamo sarà raggiunto un accordo bipartisan dopo discussioni serie, responsabili, a costo di non rivolgere lo sguardo ad immediati consensi elettorali, certi che solo l’onestà politica ed intellettuale possa essere l’unica arma contro l’omicidio che si sta perpetrando nei confronti del Corpo di Polizia Penitenziaria".

Giustizia: Uil; aprire un dibattito "a-partisan" con il Parlamento

 

Il Velino, 17 agosto 2009

 

"Si è conclusa da poche ore l’iniziativa promossa da Rita Bernardini e dal Partito Radicale Italiano Ferragosto in carcere, cui il coordinamento che mi onoro di guidare ha convintamente aderito e partecipato. Iniziativa che, per l’altissimo numero di adesioni e di visite agli istituti penitenziari, non ha precedenti nella storia parlamentare e penitenziaria".

Lo scrive in una lettera diretta ai presidente delle Camere Gianfranco Fini e Renato Schifani Il segretario generale della Uil Pa Eugenio Sarno, che aggiunge: "Intendo, anche da appartenente all’Amministrazione penitenziaria, consegnare alle SS. LL., a tutti i senatori e deputati il vivo apprezzamento, il più sincero ringraziamento e la profonda gratitudine mia personale , ma di tutta la Uil Pa penitenziari, per l’alta sensibilità mostrata, nell’occasione, verso l’universo carcerario. La politica, in questo frangente, ha saputo e voluto cogliere l’invocazione disperata di aiuto e attenzione che si è levata dalla comunità penitenziaria".

"Da tante testimonianze, lette e ascoltate - prosegue la lettera -, abbiamo colto una nuova consapevolezza. Abbiamo potuto, inoltre, rilevare come siano state unanimemente apprezzate la passione, la competenza, la disponibilità, la tolleranza, la professionalità, l’umanità degli operatori penitenziari con in testa il Corpo di polizia penitenziaria. Ciò non può non gratificare chi silentemente e quotidianamente presta la propria opera nel grigiore delle carceri subendo, spesso, un’ingiusta indifferenza e una discriminante marginalizzazione".

"Molti - evidenzia Sarno - hanno potuto testimoniare e certificare come il sistema abbia potuto reggere, dibattendosi tra abnormi difficoltà, soprattutto grazie alla disponibilità, ai sacrifici e persino all’inventiva del personale. Tanti hanno potuto toccare con mano il disagio, la sofferenza, la disperazione, l’inciviltà della detenzione e le penalizzanti condizioni di lavoro. Pochi, di contro, hanno potuto apprezzare le rarissime eccellenze del panorama penitenziario . Eccellenze che rappresentano, però, la straordinarietà quando dovrebbero, invece, rappresentare l’ordinarietà.

Vi sono, vi siamo, grati anche perché con la vostra attenzione avete, probabilmente, impedito una deriva violenta, indefinita e ingestibile delle tensioni e delle proteste. Tensioni e proteste che pur ci sono state, che in alcune realtà permangono, e che hanno fatto pagare un salatissimo tributo alla polizia penitenziaria per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza interna, di cui pochi pare essersene accorti".

"Dopo questa straordinaria mobilitazione - conclude l’esponente sindacale -, che tocca anche le coscienze, non possiamo non augurarci che in Parlamento si apra un dibattito sulla triste realtà penitenziaria. Un dibattito "a-partisan" scevro, come ha opportunamente auspicato il ministro Alfano, da approcci ideologici che individui le possibili soluzioni e fornisca risposte concrete. Troppe volte le aspettative sono andate deluse. La recente condanna di Strasburgo è anche la condanna ad una storia trentennale di indifferenza verso il mondo penitenziario. Questa volta, per favore, non chiudete la porta della speranza".

Giustizia: Ucpi; bene "Ferragosto in carcere", l'Anm in silenzio

 

Ansa, 17 agosto 2009

 

"L’Unione Camere Penali registra con grande favore l’esito della iniziativa "Ferragosto in carcere", promossa dal Partito Radicale e alla quale l’Ucpi ha aderito con convinzione. In questi giorni, in cui moltissimi parlamentari - sinanco dell’Italia dei Valori - hanno preso coscienza della abdicazione al principio di rieducatività della pena, prendendo impegni in favore dei diritti dei detenuti, va purtroppo sottolineato il rumoroso silenzio dell’Anm, la cui sensibilità verso i diritti degli individui è, ancora una volta, evidenziata dall’assenza feriale di questo ferragosto così straordinario".

Lo ha dichiarato Simone Zancani, membro della giunta nazionale dell’Ucpi, che ha partecipato alla tre giorni di visite scegliendo un carcere simbolo, Santa Maria Maggiore di Venezia, dove per primi gli avvocati penalisti sono scesi in sciopero per protestare contro il sovraffollamento delle carceri, lo scorso 17 luglio.

"Abbiamo sentito finalmente discutere, - ha proseguito - della necessità di ampliare il ricorso alle misure alternative alla detenzione, di rendere più diffuso il lavoro - anche esterno - dei detenuti, in netta controtendenza con quanto sinora detto e fatto dal Parlamento, dove ad ogni fatto di cronaca si è reagito con una stretta ai benefici penitenziari".

Giustizia: progetti per sperimentare nuove forme di trattamento

 

Ansa, 17 agosto 2009

 

Da giardinieri ad archivisti, da restauratori a dog-sitter. Sono molti fino ad oggi i progetti realizzati o programmati in varie regioni dall’amministrazione penitenziaria per sperimentare nuove forme di "trattamento" nei confronti dei detenuti.

Nella Casa Circondariale di Reggio Emilia sei detenuti, avviati al lavoro esterno, hanno preso parte ad un percorso formativo per "assistente di restauro archeologico" e sono stati impegnati in viarie attività di restauro. I detenuti della casa circondariale di Bologna hanno, invece, collaborato con il canile comunale nell’ambito del progetto "Argo" occupandosi di accudire cani randagi e di pet-therapy.

Altra iniziativa, in attesa di finanziamenti, che vede coinvolti gli istituti penali di Venezia, è il progetto "Legni d’acqua" che prevede il recupero e lo smaltimento dei legni vaganti nella laguna per garantire la sicurezza della navigazione urbana. Nelle Marche la Casa di Reclusione di Fossombrone ha attivato un progetto che coinvolge due detenuti nella pulizia delle caditoie stradali, con mansioni di manovale sono stati impiegati per circa quattro mesi e retribuiti con una borsa lavoro. La Casa Circondariale di Pescara ha coinvolto 5 detenuti nella pulizia di tre riserve naturali.

In Campania, la Casa Circondariale di Lauro ha promosso l’inserimento dei detenuti con i progetti "Arch" e "Agenzia dei Mestieri" che prevedono le qualifiche di archivista, idraulico forestale e addetto alla manutenzione del verde. In Sardegna, un gruppo di detenuti della Casa Circondariale di Isili è stato impiegato nella sistemazione di un’area incolta nel centro abitato, dove sono state messe a dimora delle piantine di leccio e arbusti di macchia mediterranea, seguendo le indicazione del progetto elaborato da un architetto incaricato dal sindaco.

Giustizia: stalking; quando la legge serve a riconoscere il reato

di Vittorio Grevi

 

Corriere della Sera, 17 agosto 2009

 

A nemmeno sei mesi dalla sua entrata in vigore, la nuova disciplina relativa al reato di stalking comincia a dare i suoi frutti. Secondo i dati forniti dall’apposito Osservatorio nazionale e confermati dall’esperienza di operatori del settore, stanno infatti crescendo sensibilmente le denunce di donne - ma anche di uomini - che lamentano di essere vittime di quegli "atti persecutori" nei quali si concreta il suddetto reato. E ciò, probabilmente, non tanto perché siamo di fronte a una anomala impennata, nel concreto vivere quotidiano, degli episodi di stalking, quanto perché si è accresciuta la consapevolezza (grazie anche a una intelligente pubblicità ministeriale, all’insegna dello slogan "denuncia chi ti perseguita") che quei certi comportamenti ormai costituiscono reato e quindi possono essere contrastati con gli strumenti tipici delle leggi penali.

In realtà, quando il legislatore ha configurato il reato di "atti persecutori" (questo il nome tecnico dello stalking), prevedendone la punibilità nelle ipotesi non aggravate da 6 mesi a 4 anni di reclusione, non ha inventato nulla ma fotografato, attraverso una formula forse fin troppo ampia e descrittiva, determinati comportamenti assai diffusi nel nostro contesto sociale. Quelli, cioè, di chi, indipendentemente dalle motivazioni (spesso riconducibili a scenari di natura sessuale, ma non solo) sottoponga un’altra persona a forme ripetute di minacce 0 di molestie, in modo tale da provocarle un grave stato di ansia o di paura, ovvero un fondato timore per l’incolumità propria o di un congiunto.

Allorché si verifichino situazioni del genere, la vittima potrà sempre da prima sollecitare l’intervento degli organi di polizia, chiedendo al questore di ammonire il supposto autore di simili condotte. Ma potrà anche direttamente rivolgersi, mediante querela, all’autorità giudiziaria, la quale avrà il dovere di procedere penalmente all’accertamento dei fatti e delle responsabilità, adottando nel contempo adeguate misure cautelari a carico dell’indagato idonee a far cessare i lamentati "atti persecutori".

Giustizia: ricoverato in TSO muore... era legato polsi e caviglie

di Elisabetta Manganiello

 

Il Mattino, 17 agosto 2009

 

Polsi e caviglie legati con fili rigidi di plastica o di ferro. Dopo 4 giorni muore per edema polmonare. Sette indagati e l’inchiesta prosegue.

Francesco Mastrogiovanni è deceduto per un edema polmonare provocato da un’insufficienza ventricolare sinistra. Sul suo corpo sono state riscontrate lesioni su polsi e caviglie, segno dell’utilizzo di legacci abbastanza spessi, plastica rigida o addirittura filo di ferro. Comunque, lesioni derivanti da una forte pressione esercitata con strumenti non leciti.

Ma ora i medici legali della procura vorranno capire anche il motivo scatenante di un edema polmonare che ha poi determinato l’infarto. Sono alcuni dei dati emersi dall’autopsia effettuata ieri mattina sul cadavere di Francesco Mastrogiovanni, il maestro di scuola elementare di Castelnuovo Cilento sul cui decesso indaga la procura di Vallo della Lucania. Mastrogiovanni ricoverato il 31 luglio scorso all’ospedale San Luca in seguito ad una crisi di nervi e conseguente certificato di trattamento sanitario obbligatorio è morto dopo quattro giorni di degenza. La procura della Repubblica ha aperto una indagine, diretta dal pm Francesco Rotondo, a carico del primario Michele Di Genio e i medici Rocco Barone, Raffaele Basto, Amerigo Mazza, Annunziata Buongiovanni, Michele Della Pepa, Anna Angela Ruberto.

Ieri l’autopsia e la scoperta di profonde lesioni a polsi e caviglie. È soprattutto su quest’ultimo aspetto che si incentrano le indagini della Procura di Vallo della Lucania. Le lesioni, infatti, starebbero ad indicare l’allettamento forzato del paziente e sull’eventuale accanimento dei sanitari si incentrano le indagini.

Durante l’esame del corpo, disposto dal sostituto procuratore Francesco Rotondo, è stata rilevata in effetti la presenza di profonde lesioni ai polsi e alle caviglie, dovute a uno stato di contenzione prolungato, con l’utilizzo di mezzi fisici. Una pratica estremamente invasiva, che però nella cartella clinica di Mastrogiovanni non è mai menzionata né, tanto meno, motivata come prevede la legge. È, infatti, ammessa solo in uno stato di necessità e deve durare poche ore, fino alla terapia chimica. Mastrogiovanni, invece, secondo l’ipotesi choc all’esame degli inquirenti, sarebbe rimasto legato al letto per più giorni.

Nella sua cartella clinica, inoltre, ci sarebbe un "buco" di oltre 10 ore rispetto ai trattamenti a cui il maestro è stato sottoposto prima di morire, ovvero dalle ore 21 del 3 agosto fino alle 7,20 del giorno successivo, quando i medici del reparto ne hanno constatato il decesso. Durante l’autopsia sono stati eseguiti anche prelievi di tessuti che saranno analizzati in un centro specializzato di Napoli. I risultati potranno contribuire a chiarire il quadro clinico complessivo.

All’esame ha assistito per la procura pure uno psichiatra nominato come consulente, per la famiglia i legali Caterina Mastrogiovanni e Loreto D’Aiuto oltre al medico legale Francesco Lombardo. C’erano, poi, quasi tutti i medici indagati, il loro nutrito collegio legale e i loro consulenti, lo psichiatra Michele Lupo e il medico legale Giuseppe Consalvo. L’ipotesi di reato, di cui devono rispondere i sanitari, è omicidio colposo, salvo che dall’esame della cartella clinica e delle video registrazioni sequestrate non emergano differenti profili di responsabilità.

Ad essere determinanti sono soprattutto le riprese girate nella camera di Mastrogiovanni durante il trattamento di ritenuta e subito dopo la sua morte, per verificare le azioni degli indagati. In ogni caso l’inchiesta sembra destinata ad allargarsi all’acquisizione delle cartelle cliniche degli altri pazienti sottoposti a trattamenti psichiatrici nell’ospedale San Luca e forse in tutta l’ex Asl Salerno 3. I funerali si svolgeranno oggi alle 18,30 nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Castelnuovo Cilento.

 

A Vallo no, perché là mi uccidono…

 

E pensare che per quell’uomo, la cui vita cambiò in un pomeriggio di luglio trentasette anni, su via Velia a Salerno, nei tragici attimi dell’omicidio di Carlo Falvella, ora piangono davvero tutti. I suoi alunni di Pollica, la titolare del campeggio che lo ha avuto ospite per circa un mese "e senza dare alcun fastidio, perfino accudendo i bambini di mia sorella", i familiari, naturalmente, che chiedono "verità e giustizia" secondo un canovaccio apparentemente rituale ma stavolta tragicamente pesante per tutte le coscienze. Perché sia stato firmato, venerdì 31 luglio scorso, un trattamento sanitario obbligatorio per Franco Mastrogiovanni, nessuno lo sa. Franco non era un assassino. Fu arrestato nel ‘99, processato per oltraggio a pubblico ufficiale, mesi in galera, poi assolto e perfino risarcito per ingiusta detenzione. Perché doveva finire in un reparto di psichiatria?

Dovrà accertarlo uno scrupoloso pm, Francesco Rotondo. Il motivo? "La notte precedente - dice Licia Musto Materazzi - avrebbe tamponato quattro autovetture". L’auto di Franco è parcheggiata sotto la sua abitazione di Castelnuovo Cilento, senza alcun danno. Venerdì scorso, intorno alle sette, forze dell’ordine circondano il bungalow del campeggio dove Franco sta riposando. Capisce che lo vogliono fermare. Scappa sul lido, prende un caffè e fuma una sigaretta. Ma per lui è il giorno del destino mortale: a mare vedette della guardia costiera, a terra carabinieri e polizia municipale di Pollica. Franco è un uomo braccato, c’è uno spiegamento di forze che neppure per un latitante della camorra (e nel Cilento di questi tempi ce ne sono) sarebbe stato messo in campo. Ma lui "deve" essere trasferito in un reparto psichiatrico.

È pericoloso. Cosa ha compiuto di tanto irreparabile, sconvolgente? Per lui ci sono le aggravanti: "noto anarchico", personaggio "pericoloso socialmente, intollerante ai carabinieri", ribelle alla regola. I ragazzi di Franco a scuola lo consideravano un maestro. Non un pazzo da legare da far morire su un letto di contenzione, mani e piedi legati per quattro giorni da fili di ferro, nella disumanità di un reparto-lager di un ospedale pubblico che ora nessun consigliere o assessore regionale si preoccupa di far mettere sotto inchiesta amministrativa.

"Hanno ucciso un uomo in un letto di contenzione" dice il pm nel suo atto di accusa. Certo, tutto da provare. Non c’è dubbio. Ma Franco è morto, e fatto ancor più grave senza conoscere ancora il motivo per il quale sia stato trascinato sulla strada della morte. Verso Vallo, dove ora potrà avere almeno giustizia.

Lettere: un Ferragosto in carcere ma "dalla parte dei detenuti"

 

Lettera alla Redazione, 17 agosto 2009

 

L’iniziativa dei Radicali, che proponeva a parlamentari eurodeputati e consiglieri regionali di visitare gli istituti di pena italiani nei giorni di ferragosto, ha avuto un successo non previsto dagli stessi organizzatori. Moltissime le adesioni. Circa 170 politici sono entrati nelle carceri per prendere atto delle condizioni in cui vivono i detenuti. Tra gli altri, 79 del Partito Democratico, 30 del Popolo della Libertà, 15 dell’Italia dei Valori, 6 dei Radicali.

L’onorevole Rita Bernardini ha spiegato che "con questa visita tutti potranno rendersi conto dei problemi del sistema carcerario e conoscere direttamente il difficile lavoro quotidiano di direttori, agenti, medici, psicologi, educatori e detenuti. Spero che da questa ricognizione venga fuori un grande discussione politica e delle soluzioni concrete".

Grande merito, dunque, ai Radicali che da sempre si sono posti a tutela dei diritti dei detenuti ed hanno saputo coinvolgere un gruppo trasversale di politici che ha voluto verificare di persona quello che accade all’interno delle mura. Le visite, inoltre, hanno avuto l’ulteriore merito di accendere i riflettori mediatici sulle palesi violazioni di legge che vengono perpetrate nei confronti della popolazione detenuta, costretta a vivere in condizioni igienico-sanitarie da terzo mondo, o come ha affermato, in una recentissima intervista, il direttore della Casa Circondariale di Napoli-Poggioreale, "da quarto mondo".

Su quanto accaduto vanno, però, fatte alcune riflessioni "dalla parte dei detenuti". Se fossi rinchiuso in una cella, di pochi metri quadri, insieme ad altre dieci persone, con un solo servizio igienico a vista ed un lavabo in cui ci si lava e si lavano gli alimenti, che vengono cucinati nel medesimo spazio; con letti a castello che arrivano all’unica finestra che da luce alla stanza, dove si fa a turno a scendere dal letto per poter stare in piedi; con la televisione sempre accesa, quale unico diversivo oltre alle sigarette che vengono fumate senza sosta; se dovessi sopportare tutto questo per ventidue ore al giorno, mentre per le restanti due mi è consentito passeggiare in un cortile assolato, cosa chiederei al "politico" che mi viene a "fare visita", mentre in cella con gli altri detenuti bagno le asciugamani da mettere vicino la finestra per filtrare l’insopportabile caldo che rende tutto ancora più difficile?

Gli direi "Onorevole ha visto, quello che si dice è vero; quello che tantissime associazioni di volontariato hanno denunciato non è fantasia, qui si muore davvero; lo sa che ormai anche il Ministro della Giustizia ha dichiarato ufficialmente che gli istituti penitenziari sono "incostituzionali"; onorevole ha voluto verificare di persona, bene. Se poi mi vuole compatire, mi compatisca pure, ma la prego faccia davvero qualcosa".

Sarei certamente scostumato ed ingeneroso verso colui che nel giorno di ferragosto, invece di stare in famiglia al mare viene a trovarmi. Il politico mi darà comunque ragione, mi dirà che si è reso conto dell’effettiva emergenza, che si farà promotore d’iniziative concrete. Intanto il suo addetto stampa ha già preparato il comunicato da inviare ai giornali affinché il sacrificio personale sia reso pubblico.

Queste considerazioni valgono per tutti coloro (la maggior parte) dei politici che hanno aderito all’iniziativa, che nel corso dell’anno nulla hanno fatto o comunque poco per risolvere effettivamente quella che ormai è uno scandalo nazionale. Dal condono ad oggi non vi è stato un serio dibattito politico sul sistema penitenziario, per il quale non sono necessarie riforme o nuove leggi, ma solo risorse economiche che consentano di applicare le norme già esistenti ed un effettivo ricorso alle pene alternative al carcere, con meno costi e maggiore sicurezza sociale, in quanto vi è un tasso di recidiva bassissimo.

Plaudiamo, pertanto, all’iniziativa dei radicali, ma saremo vigili sull’operato parlamentare e consiliare di coloro che hanno aderito, augurandoci che, verificato - come San Tommaso - la ormai già notoria costante illegalità degli Istituti di pena italiani, vogliano aprire finalmente un urgente dibattito parlamentare che possa approdare a soluzioni concrete e non al risibile progetto della costruzione di nuove carceri.

Le Camere Penali, da tempo denunciano la gravità della situazione e la necessità d’intervenire subito. Quella di Napoli, con "Il Carcere Possibile Onlus" ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica ed ha proclamato l’astensione dalle udienze per i giorni 16, 17, 18 e 21 settembre, per protestare contro l’inerzia del Governo dinanzi ad una così palese violazione di diritti civili.

 

Camera Penale di Napoli

Il Carcere Possibile Onlus

Il Presidente, Avv. Riccardo Polidoro

Napoli: gli On. Pannella e Bernardini fanno visita a Ipm di Nisida

 

Ristretti Orizzonti, 17 agosto 2009

 

Nell’ambito del programma di visite ed incontri organizzati dal gruppo radicale, nel pomeriggio del 15 agosto una delegazione politica e sindacale, guidata dai Parlamentari Marco Pannella e Rita Bernardini, ha realizzato un lungo ed approfondito sopralluogo e confronto con la realtà dell’I.P.M. di Nisida Napoli. Accolta dal Dirigente del C.G.M. campano, dr. Sandro Forlani e dal Vicario della Direzione della struttura di Nisida, la delegazione ha avuto modo di visitare ambienti e di conoscere minori ed operatori e relativi problematiche, confrontandosi con una realtà complessa, ma anche vivace e ricca di iniziative; essa si è resa consapevole che i problemi di organici insufficienti, soprattutto di polizia penitenziaria e di educatori, rendono la struttura inadeguata rispetto alle potenzialità recettive, organizzative e trattamentali, così come accade nell’altro I.P.M. regionale, quello di Airola. I Parlamentari si sono impegnati ad intervenire politicamente sulle questioni emerse, nel quadro di un più complessivo dossier sulla situazione nazionale carceraria.

Durante la visita, i ragazzi hanno potuto assistere, come è tradizione nel ferragosto, ad uno spettacolo del cantautore Pino de Maio, che con la sua Associazione "La Villanella" da anni è impegnato in quella struttura e nel territorio napoletano alla lotta contro il disagio e le devianze giovanili attraverso la musica ed il recupero delle tradizioni culturali popolari.

Volterra: Poretti (Radicali); questo carcere è eccezione positiva

 

Apcom, 17 agosto 2009

 

Il carcere di Volterra è un istituto che "nonostante sia in Italia rispetta la legge e la Costituzione": lo afferma la senatrice radicale Donatella Poretti (Pd). "Nell’ambito dell’iniziativa Ferragosto in carcere organizzata da Radicali Italiani, con Edoardo Quaquini del Comitato Nazionale dei Radicali Italiani ho visitato la Casa di Reclusione di Volterra (Pi), accompagnati dal comandante degli agenti e dalla direttrice Maria Grazia Giampiccolo", afferma Poretti in un comunicato.

"Crediamo di poter dire che si tratti di una delle poche realtà che nonostante la carenza di organico e la mancanza di fondi riesca a dare esecuzione al mandato costituzionale della pena che deve tendere alla rieducazione dei detenuti. Un carcere che ha in piedi moltissime iniziative da far dire ai detenuti che spesso manca loro del tempo per realizzarle!".

L’esponente Radicale elenca gli aspetti positivi del carcere di Volterra: "La compagnia teatrale della Fortezza che sotto la direzione di un regista organizza teatri e spettacoli che vanno in tournee come lavoro per i detenuti e non come permesso premio; la scuola esterna distaccata in carcere con sezioni di elementari, medie e geometri; le Cene Galeotte che con chef e sommelier professionali e un centinaio di ospiti dentro il cortile del Mastio mediceo ricavano denaro per le adozioni a distanza; la sartoria che realizza manufatti per l’amministrazione penitenziaria e prodotti d’eccellenza.

Celle singole per tutti, personalizzate e con la possibilità di tenere animali, pappagalli e pesci, 10 cani e in moltissimi casi computer portatili sia per i detenuti comuni che per quelli in alta sicurezza. Tutto questo per 147 detenuti a fronte di una capienza di 175 (122 comuni, 25 alta sicurezza), di cui 33 stranieri, solo 2 in attesa di giudizio, 6 tossicodipendenti e 2 sieropositivi. Il lavoro è garantito per una ventina all’esterno e per 97 all’interno. Tutte queste iniziative - conclude Poretti - vengono realizzate dalla direzione nonostante la carenza del personale, dei 111 agenti penitenziari in organico quelli effettivamente in servizio sono solo 66".

Verona: il carcere di Montorio scoppia e manca anche l’acqua

 

L’Arena di Verona, 17 agosto 2009

 

I deputati del Pd nel carcere di Montorio denunciano una situazione ai limiti della dignità umana. I detenuti sono il doppio di quelli previsti dal piano.

Il carcere di Montorio è occupato oggi da 834 detenuti a fronte dei 442 posti disponibili. Poca acqua per lavarsi e, rigorosamente, fredda in bagni che di civile hanno ben poco. Vivono così i detenuti nel carcere di Montorio costretti in 834 in uno stabile progettato per 442. E quasi il sessanta per cento di loro sono persone in attesa di giudizio. È questa la fotografia ferragostana scattata dalla senatrice veronese Maria Pia Garavaglia e dal deputato toscano Marco Perduca, entrambi membri del Partito democratico e della commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.

I due parlamentari fanno parte di un gruppo di 150 onorevoli, di vari schieramenti, che il 15 di agosto hanno deciso di verificare con i propri occhi le situazioni di sovraffollamento nelle carceri italiane. Proprio lo stesso giorno, il ministro Alfano ha annunciato l’arrivo del Piano carceri sul tavolo del Consiglio dei ministri entro il 15 settembre.

"Purtroppo il Piano carceri nasce già vecchio", sottolinea Perduca, "per esempio il penitenziario di Sollicciano in provincia di Firenze ha un esubero di almeno trecento carcerati, ma il Piano prevede un aumento di soli duecento posti". La situazione a Verona non è migliore. I due parlamentari mostrano i dati ottenuti dalla direzione carceraria mettendo in luce una situazione allarmante: "Il penitenziario è costruito per 442 detenuti, si dice che il limite tollerato sia di 673, ma in questo caso siamo a quota 834, di cui 785 uomini e 49 donne. Di questi solo 360 hanno una condanna definitiva, tutti gli altri sono in attesa di processo o sono appellanti", spiega Perduca.

"In celle da due posti stanno in almeno in quattro persone", prosegue la Garavaglia, "è una situazione al limite della dignità umana, infatti per l’eccessiva presenza e per una carenza strutturale, l’acqua calda finisce in fretta e quella fredda è comunque poca. E la situazione è grave per tutti, sia per i condannati definitivamente, sia quelli che restano in carcere in attesa di giudizio anche sette-otto mesi e anche per le guardie carcerarie, costrette a turni massacranti per via della carenza di personale".

"I non italiani in cella sono 555 mentre i tossicodipendenti sono complessivamente 296, di cui 20 sieropositivi", prosegue Perduca, "gran parte dei detenuti, precisamente 419, sono dietro le sbarre per reati connessi alla violazione della legge sulla droga". A badare a questo "esercito" di prigionieri, invece dei 409 agenti previsti dalla pianta organica, ci sono 312 poliziotti e sono solamente quattro gli educatori e due gli psicologi.

"Anche la palestra è chiusa perché le luci sono pericolanti e quindi un’altra importante valvola di sfogo per i detenuti viene meno per mancanza di manutenzione. Carenza che si nota soprattutto nelle docce che sono in condizione igienica-sanitaria al limite della decenza a causa di intasamenti e muffe".

"Occorre rivedere l’intero sistema carcerario", spiega Garavaglia, "serve una maggiore applicazione della legge Gozzini per chi se la merita e anche di misure alternative, oltre a una accelerazione dei processi". Per la senatrice inoltre introdurre nuovi reati come quello della clandestinità va a peggiorare una situazione già grave cui non basta porre rimedio con il mero piano edilizio carcerario che, dice, "è già sottodimensionato".

I due parlamentari accennano poi alla necessità di accordi con gli stati stranieri per permettere ai detenuti non italiani di scontare la pena nel paese d’origine. "Avrebbe un doppio scopo: per tenere aperti i rapporti con gli altri Paesi e per tutti quelli che pensano di poter delinquere in Italia perché è meglio in un carcere italiano che in uno tunisino".

Padova: Due Palazzi sovraffollato, ma "modello" per il lavoro

 

Asca, 17 agosto 2009

 

I risultati della visita ispettiva voluta dai radicali ed effettuata a Padova da Igino Michieletto (consigliere regionale del Pd) e da Michele Bortoluzzi: "Situazione pesante al Circondariale, ma non drammatica come altrove".

L’iniziativa "Ferragosto in carcere" ha coinvolto oltre 170 tra parlamentari e consiglieri regionali che hanno visitato, su sollecitazione ed accompagnati da esponenti di Radicali Italiani, praticamente tutti gli istituti di pena sparsi nel territorio nazionale.

Il Due Palazzi di Padova, per quanto sovraffollato ed anch’esso fuori norma, secondo chi ha condotto l’ispezione, ha un livello di vivibilità e di tutela del rispetto della dignità della persona nettamente superiore ad altri casi. La struttura padovana ha come punto di forza che è il lavoro che offre ai detenuti.

Il Consigliere Regionale Iginio Michieletto ha guidato la delegazione "padovana", ricevendo peraltro dai Direttori i questionari informativi richiesti per fissare dei dati statistici nazionali: "Vi è una grande differenza tra gli Istituti dove si scontano pene definitive e quelli "di passaggio", dove vanno i detenuti in attesa di essere giudicati. Siamo molto preoccupati per l’entrata in vigore della nuova Legge sul reato di clandestinità e per situazioni come quelle di Venezia".

Al Circondariale, dove la visita è stata seguita dalla Direttrice Dottoressa Reale, sono attualmente ospitati 224 detenuti (contro 98 "regolamentari" e 136 "tollerati" secondo una dicitura ambigua del ministero), dei quali 175 stranieri. 191 di questi sono in attesa di giudizio. Lavorano, nel complesso, solo 40 persone, a part-time (lavori interni). La pianta organica degli agenti dovrebbe essere di 170, tarata sui detenuti tollerati, mentre gli agenti effettivamente in servizio sono 128, riscontrando una gravissima carenza di personale, che obbliga a turni, straordinari, fatiche aggiuntive gli agenti. I reati: 160 sono in carcere per violazione della legge sulla droga, 21 per reati contro il patrimonio, 13 contro la persona, 18 per violazione legge sulle armi e 6 per violazione legge sugli stranieri. Gli spazi d’aria sono angusti e gran parte del complesso è in ristrutturazione, laddove se terminati i lavori potrebbero offrire ampi margini di miglioramento al comunque drammatico sovraffollamento.

Al Penale, accompagnati dal Dottor Pirruccio (Direttore) Michieletto e Bortoluzzi hanno trovato una situazione radicalmente diversa. Il carcere è sovraffollato, però in modo radicalmente diverso dalla situazione di disagio del circondariale di Padova. La struttura prevede celle singole, utilizzate ora per due persone con un letto a castello. Questo certamente limita rispetto le iniziali intenzioni del progetto, ma l’espansione "solo" in verticale lascia spazi di vivibilità nella cella.

I dati: detenuti presenti 772, regolamentari 350, tollerati 700 (con il sistema 2 a cella). Vi è quindi in primis da affrontare e risolvere il problema dei detenuti in celle da 3 per riportarle al numero "tollerato" e, a nostro avviso "tollerabile" di 2.

694 sono i condannati definitivi. Gli stranieri crollano tra i condannati definitivi a 358, meno della metà, contro l’80% degli arrestati in attesa di giudizio, e sono praticamente annullati, come presenza, tra i detenuti con reati particolarmente gravi.

Il vero dato rilevante del carcere penale di Due Palazzi a Padova è però l’altissima percentuale di detenuti occupati, che lo rende struttura guida in Italia: 80 lavoranti interni, 80 impiegati nelle cooperative, tra le quali due di esse ricevono commesse dalla Morellato Gioielli e da un’azienda di biciclette, 22 semiliberi, 80 circa impiegati nei lavori dell’area culturale.

Rovigo: Garante; detenuti stanchi di stare in cella a fare niente

 

Ristretti Orizzonti, 17 agosto 2009

 

Livio Ferrari, Garante delle persone private della libertà del Comune di Rovigo e Tiziana Virgili, presidente della Provincia di Rovigo alle ore 12.00 hanno incontrato i detenuti della locale Casa Circondariale, per dare un segnale di attenzione alle persone recluse anche in questo periodo di sovraffollamento e per molti di ferie, ma "la solidarietà non va in ferie" ha detto Ferrari. La presidente di Palazzo Celio, nell’occasione, ha offerto a tutti i ristretti e agli agenti della polizia penitenziaria in servizio un gelato.

I detenuti che hanno incontrato Ferrari e Virgili, accompagnati dal Vice Comandante, hanno detto di attendersi "soluzioni immediate per evitare, soprattutto in questo contesto di sovraffollamento, esplosioni comportamentali che sin qui, sia i ristretti che la polizia penitenziaria con grande senso di responsabilità hanno saputo gestire, con collaborazione e tolleranza per tutti gli aspetti deficitari del carcere". Ferrari ha riferito che a Rovigo, come in molti istituti d’Italia, una particolare attenzione deve essere riposta all’aspetto salute, alimentazione, condizioni igienico-sanitarie.

Oggi a Rovigo erano presenti 125 detenuti, 93 nella sezione maschile e 32 in quella femminile, a fronte di una capienza normale di 32 + 30 posti e tollerabile di 45 e 35; e questi hanno fatto presente come "nelle carceri ci sono tante persone che potrebbero e vorrebbero essere impegnate in qualcosa di utile ma non ci sono realtà, purtroppo, che in questo momento di crisi economica dedichino molta attenzione a questo mondo, anche se una vera rieducazione, riabilitazione e prospettive certe per un futuro ritorno nella realtà libera passano attraverso il lavoro".

Ferrari ha visto "dei detenuti coscienti dei loro errori ma stanchi di restare in una cella inutilmente, senza servire a nessuno, neppure a loro stessi e perciò chiede che questo Parlamento superi i proclami inutili e demagogici come quelli della costruzione di nuove carceri o l’assunzione di altre migliaia di agenti penitenziari, perché la gente non lo sa ma in Italia ci sono diversi istituti penitenziari nuovi terminati ma che non possono essere aperti per mancanza di organizzazione e personale, oltre tutto mal distribuito, basterebbe modificare due leggi e il nostro ritornerebbe ad essere un Paese civile"

"È ora di finirla di gridare alla sicurezza sulla pelle delle persone, soprattutto quelle immigrate e più povere, - ha concluso Ferrari - quando anche le forze dell’ordine hanno detto con chiarezza che i reati sono in calo, ma l’allarme che una parte del mondo politico vuole lanciare a tutti costi è umiliante e calpesta i diritti delle persone. È giunto il momento che tutti coloro che credono ancora in uno Stato di diritto, laici e cattolici, si muovano e diano un segnale forte di attenzione sociale alle persone più in difficoltà, senza sconti per nessuno, neanche per chi sbandiera certi slogan solo per interessi personali".

Udine: detenuti in sciopero di fame, contro il sovraffollamento

di Cristian Rigo

 

Messaggero Veneto, 17 agosto 2009

 

In dieci in una cella che potrebbe contenere al massimo sei persone. Dieci detenuti chiusi in uno spazio di 30 metri quadrati quando lo spazio vitale minimo, in base alle norme europee dovrebbe essere di 7 metri a persona. Ma di detenuti, nella casa circondariale di via Spalato ce ne sono più del doppio rispetto alla capienza consentita: 216 contro 105. Ben 133 sono stranieri. Ecco perché i Radicali, che ieri hanno visitato il carcere con una delegazione, vogliono promuovere un’azione legale collettiva per chiedere i danni allo Stato.

E da ieri, per tre giorni, i detenuti di via Spalato rifiuteranno il cibo per protestare contro il sovraffollamento. La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha già condannato l’Italia a risarcire con mille euro un bosniaco che è stato recluso per alcuni mesi nel carcere di Rebibbia "e anche per i detenuti della casa circondariale di Udine - sostengono i Radicali - potrebbe accadere la stessa cosa".

Nei prossimi giorni quindi i Radicali potrebbero distribuire a tutta la popolazione carceraria del Fvg, i moduli per richiedere il risarcimento. Dopo la visita di ieri mattina in via Spalato la deputata Elisabetta Zamparutti (Radicale eletta nella fila del Pd) e Sergio D’Elia - segretario dell’associazione "Nessuno tocchi Caino" che combatte contro la pena di morte - hanno visitato anche le carceri di Tolmezzo e Pordenone. "La situazione che abbiamo trovato è drammatica - ha spiegato la Zamparutti - .

D’altronde i numeri parlano chiaro: ci sono 216 detenuti mentre la capienza regolamentare dovrebbe essere di 105 e quella massima tollerata di 168. Il problema principale quindi è quello degli spazi, ma in molti si sono lamentati anche per il cibo scadente, il trattamento sanitario aleatorio e per la difficoltà a telefonare. La richiesta più diffusa però è quella del lavoro: attualmente solo 13 detenuti sono stati assunti dall’amministrazione penitenziaria".

A breve - ha ricordato D’Elia - "dovrebbe partire un progetto finanziato dalla Regione e gestito dal Comune per garantire 56 mesi di borse lavoro, ma comunque non sarà sufficiente a garantire la rieducazione del condannato prevista dalla Costituzione".

L’unica soluzione, secondo i Radicali, sarebbe quella di favorire le misura alternative al carcere ("costruirne di nuovi - ha detto D’Elia - è una proposta demagogica vista la mancanza di fondi e i tempi necessari a costruirli") soprattutto per chi ha già scontato buona parte della pena e di legalizzare le droghe considerando che quasi metà dei detenuti, ben 101, sono in carcere proprio per reati connessi agli stupefacenti.

Venezia: 9 detenuti in celle per 4 con le brande "matrimoniali"

 

La Nuova di Venezia, 17 agosto 2009

 

di Roberta De Rossi Nove detenuti stipati in celle da quattro, costretti 20 ore al giorno su letti a castello a quattro piani o accovacciati su brandine "matrimoniali", attaccate l’una all’altra per recuperare ogni centimetro, in una promiscuità intollerabile.

"Se si accetta questo, si accetterà anche che vengano legati alle brande per farli dormire in verticale", stigmatizza Michele Bortoluzzi, della direzione nazionale dei Radicali. "Frequento il carcere da 13 anni, ma non avevo mai visto niente di più sconvolgente", mormora Gianni Trevisan, della coop Il Cerchio.

Quella delle brande "matrimoniali" e dei letti a strati è l’ultima frontiera dell’emergenza Santa Maria Maggiore, raccontata ieri dai parlamentari e consiglieri regionali che hanno raccolto l’invito dei Radicali italiani a puntare i riflettori sul dramma da sovraffollamento. È nato così "Ferragosto in carcere" che ieri ha portato la delegazione di politici in visita a Santa Maria Maggiore e al femminile della Giudecca: ne sono usciti scioccati e anche i rappresentanti di centrodestra si ritrovano a fare i conti con una realtà che i recenti provvedimenti in termini di "sicurezza" - come il reato di clandestinità - non faranno che aggravare. I numeri - riportano il senatore radicale eletto nel Pd, Marco Perduca, e il vicepresidente del consiglio regionale, Carlo Alberto Tesserin (Pdl) - sono sconvolgenti, in costante peggioramento: 328 detenuti su una capienza regolare di 152.

La metà è tossicodipendente, due su tre sono stranieri, 90 i sieropositivi, il 60% è ancora in attesa di giudizio. Gli agenti di Polizia penitenziaria dovrebbero essere 167 per 152 detenuti, mentre sono di fatto 112 per oltre 300. "Vedere tanti giovani", commenta Francesco Piccolo (Ppv-Pdl), "stipati a 8, 9 in una cella fa rabbrividire. Se dev’esserci certezza della pena, bisogna anche che i detenuti abbiano prospettive".

"Come dice il ministro Alfano, queste carceri sono fuori della Costituzione", chiosa Tesserin, "è inaccettabile", "non possiamo non guardare con preoccupazione ai prevedibili effetti che le norme del "pacchetto sicurezza" avranno sulle condizioni di detenzione". "Oggi il carcere è un luogo di perdizione", sottolinea Iginio Michieletto (Pd), "queste sono persone destinate ad essere riconsegnate alla delinquenza: bisogna dare loro un’opportunità, con pene alternative al carcere". "Vanno accesi i riflettori su questi temi, oscurati perché danno fastidio: la Rai lo deve fare per prima, perché la sicurezza non è tema da ronde, ma passa attraverso il recupero", sottolinea il parlamentare Idv Beppe Giulietti, di Articolo 21. Tutti - inoltre - evidenziano l’umanità, disponibilità e le enormi difficoltà del personale del carcere. Dunque, concretamente, che fare?

I consiglieri veneti si sono impegnati a promuovere in Consiglio un’azione per chiedere al ministero di Giustizia di attribuire a Venezia il personale necessario per riaprire da subito l’ex casa del lavoro della Giudecca e per trovare fondi regionali per lavoro e formazione in carcere. I radicali vanno oltre e promuovono una campagna per un nuovo indulto: "Solo il 28% è tornato in carcere". "Siamo sull’orlo del baratro", dice Simone Zancani, dell’Unione camere penali italiane, "la miscela è esplosiva e non si risolve costruendo nuove carceri, ma ripensando la pena. C’è un uso eccessivo della carcerazione preventiva, vanno concesse le misure alternative e i permessi previsti dalla Gozzini".

Pordenone: per sovraffollamento, detenuti denuncino lo Stato

 

Messaggero Veneto, 17 agosto 2009

 

Ci sono anche a Pordenone le condizioni affinché la Corte europea dei diritti dell’uomo accolga un eventuale ricorso dei detenuti per la situazione di sovraffollamento del carcere. I radicali, che ieri sono stati in visita alla struttura pordenonese, sottolineano la possibilità che scattino indennizzi come nel caso di un bosniaco, rinchiuso a Rebibbia, che ha ottenuto il diritto da Strasburgo di poter essere risarcito con mille euro.

"Abbiamo riscontrato - ha detto la senatrice Elisabetta Zamparutti - la presenza di 79 detenuti, con punte anche di 90, ben oltre la capienza massima di 53, 56 dei quali stranieri. Le stanze sono senza docce, in alcune celle stanno anche 8 persone e quella dedicata ai semiliberi è in realtà tra le più sovraffollate. L’organico della polizia penitenziaria è sottodimensionato. La situazione, insomma, è invivibile, se ci fosse un’ispezione del Consiglio d’Europa il carcere verrebbe chiuso".

Da qui l’invito da parte del consigliere regionale di Cittadini, Piero Colussi, che ha fatto parte della delegazione, accolta dal direttore Alberto Quagliotto, insieme a Stefano Santarossa, Raffaella Powell e al deputato Sergio D’Elia, affinché il sindaco, Sergio Bolzonello, firmi l’ordinanza di sgombero del castello. Se D’Elia ritiene che più che costruire un nuovo carcere, sia necessario applicare le misure alternative alla detenzione, Colussi ha sollecitato la realizzazione dell’istituto in Comina.

Ma, come ha rimarcato la Zamparutti, se Pordenone, nel piano Ionta, è inserito tra le priorità, non c’è alcuna certezza sui finanziamenti. Da qui la sollecitazione a un’azione collettiva da parte dei detenuti di risarcimento nei confronti dello Stato. Colussi, da parte sua, ha ricordato che la commissione paritetica Stato-Regione dovrebbe occuparsi a settembre, dopo la sollecitazione effettuata, della questione dell’assistenza sanitaria in carcere. Una nota di colore nel corso della visita. Quando un detenuto ha saputo che Colussi appartiene alla lista che fu di Illy si è scusato con lui per aver rubato l’auto dell’ex presidente della Giunta regionale.

Trieste: Perduca (Pd); c'è sovraffollamento ma anche attenzione

 

Ansa, 17 agosto 2009

 

Situazione di sovraffollamento, ma anche "grande attenzione da parte della direzione e del personale alle esigenze dei carcerati": è quanto ha riscontrato il senatore radicale del gruppo del Pd, Marco Perduca, nelle sue visite odierne alle carceri di Gorizia e Trieste e al Cara di Gradisca d’Isonzo (Gorizia), dove sono ospitati gli immigrati in attesa di asilo politico.

"C’è una sorta di tendenza nazionale - ha detto Perduca - al raddoppio della popolazione carceraria in ogni istituto. Stamani a Gorizia i reclusi erano 39 rispetto alla ventina consentita, mentre a Trieste sono 233 (206 uomini e 27 donne) rispetto ad una capienza regolamentare di 130 e una tollerata di 164. La metà dei detenuti di Trieste, a differenza di quelli di Gorizia, sono non italiani. Un terzo è in attesa di giudizio e la metà sono dentro per reati connessi con la droga".

Firenze: a Sollicciano quasi 1.000 detenuti, offesi i diritti umani 

 

Ansa, 17 agosto 2009

 

"Sollicciano è un’espressione molto rappresentativa delle carceri italiane, dove Costituzione e diritti umani sono stati messi tra parentesi. E la politica ha in questo una grande responsabilità". Domenica mattina Massimo Toschi, assessore regionale alla cooperazione internazionale e al perdono, che ha tra le sue deleghe anche la promozione dei diritti umani, è andato a visitare il carcere di Sollicciano, aderendo all’iniziativa "Ferragosto in carcere", promossa in tutta Italia da un gruppo di parlamentari.

"Sono andato da solo - racconta - Avevo avvisato la direzione del carcere, sono stato accompagnato da un sottotenente che mi ha fatto visitare tutto il carcere. La vita lì dentro è invivibile, siamo fuori da ogni norma, e non per colpa del personale. La prima cosa che appare in maniera clamorosa è l’inadeguatezza del personale - prosegue - Ieri per essere a regime mancavano 10 persone. I detenuti sono quasi 1.000, dovrebbero essere la metà. Il 70% sono extracomunitari, e il responsabile della custodia si è detto molto preoccupato per la nuova legge sulla sicurezza, che riempirà le carceri ancora di più".

L’assessore Toschi ha visitato sia il carcere maschile che quello femminile. "Nella parte femminile - riferisce - ho incontrato anche tre mamme rom con i loro bambini. Lì la situazione è molto migliore, con spazi più ampi, luminosi e vivibili. Ma nel resto del carcere i diritti umani fondamentali sono negati. Ormai, in quattro anni, l’indulto è stato riassorbito. Ed è finito anche il tempo della protesta collettiva, rumorosa, ora ci sono forme di protesta più striscianti e preoccupanti, l’auto ferimento, il suicidio. Il carcere mostra una società in grandissima sofferenza. I detenuti hanno il dovere di scontare la propria pena, ma hanno anche il diritto di farlo in condizioni umane".

"Ha senso fare queste visite - continua Toschi - a patto che poi avvenga una conversione della politica e si immaginino soluzioni più rispettose dei diritti umani. Il carcere è una grande partita di civiltà. Come Regione abbiamo fatto molto, ma vorrei che potessimo fare ancora di più. Ne ho parlato con Franco Corleone (Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, ndr) e con l’assessore al diritto alla salute Enrico Rossi. Senza fare sconti a nessuno, dobbiamo però immaginare una piattaforma che renda più vivibile la vita in carcere. Il carcere è una grande questione, non solo a Ferragosto, ma tutto l’anno".

Messina: carcere degradato, detenuti sono doppio di capienza

 

Ansa, 17 agosto 2009

 

"Diritti umani calpestati e una grave emergenza strutturale. Sono davvero sconcertato". Queste le dichiarazioni del deputato messinese di Italia dei Valori, Domenico Scilipoti, che ha effettuato due visite negli istituti penitenziari di Gazzi a Messina e a Mistretta nell’ambito dell’iniziativa Ferragosto in carcere promossa dai Radicali Italiani.

"Non è tollerabile che in una struttura come quella di Gazzi i detenuti siano il doppio rispetto alla capienza consentita ha proseguito Scilipoti - e debbano vivere in condizioni igieniche precarie". Il deputato, accompagnato da Palmira Mancuso, segretaria dell’associazione "Radicali Messina Leonardo Sciascia", ha sottolineato "la necessità di avviare un rapporto continuativo con i dirigenti degli istituti, per proseguire una battaglia che consenta a tutta la comunità penitenziaria di vivere ciascun ruolo in maniera dignitosa". "Durante l’ispezione a Gazzi - continua Scilipoti - abbiamo notato che un intero piano è inagibile a causa di una grave danno al tetto, in alcune celle convivono fino a 12 detenuti ed è stata segnalata la presenza di scarafaggi, topi e formiche".

Cagliari: parlare di una "situazione disastrosa" non è sufficiente

 

Agi, 17 agosto 2009

 

"Definire la situazione di Cagliari disastrosa potrebbe non essere sufficiente a descrivere ciò che abbiamo trovato: oltre 500 detenuti, a fronte dei 330 posti letto disponibili; il personale di polizia penitenziaria previsto sarebbe di 267 unità, ma ne operano solo 170 e circa 35 sono al Nucleo traduzioni e piantonamenti".

L’hanno riferito il segretario nazionale della Cisl-Fns (Federazione nazionale della sicurezza) Mattia D’Ambrosio, quello regionale della Sardegna Nino Manca e il segretario aggiunto Giovanni Villa, dopo la visita a Ferragosto nel carcere cagliaritano di Buoncammino, in concomitanza con i sopralluoghi degli altri segretari nazionali in altri istituti di pena italiani.

"Mancano circa 60 unità di personale e questa situazione fa registrare un dato scandaloso di circa 17.000 giornate di ferie arretrate da concedere e circa 60 riposi mensili negati ai colleghi", denunciano gli esponenti sindacali. "La situazione di Cagliari è identica a quella che registriamo in tutta la Sardegna, dove risultano assegnate 1.047 unità di polizia penitenziaria, contro un decreto ministeriale che prevede 1.324 unità. Mancano nell’isola 277 poliziotti penitenziari. Per sopperire a questo deficit, oltre che per venire incontro a specifiche norme di tutela e di diritti contrattuali dei poliziotti, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aveva assegnato provvisoriamente in Sardegna (per problemi familiari) 127 unità, provenienti da carceri della penisola. Purtroppo, nell’ultimo mese, il Dap ha deciso di farne rientrare almeno 50 nelle sedi di provenienza, aggravando le condizioni operative in regione".

Nel 50% delle carceri sarde - ricorda la Cisl-Fns - manca il direttore, così come i commissari. Il sindacato chiederà al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, al capo del Dap, alle istituzioni locali, alla Regione e ai parlamentari eletti in Sardegna, "di mettere in campo ogni utile iniziativa che possa sbloccare la situazione e restituire la normalità al sistema penitenziario sardo".

Arezzo: a Ferragosto i detenuti hanno fatto sentire la protesta

di Fabio Roggiolani

 

www.arezzonotizie.it, 17 agosto 2009

 

Nel momento in cui scrivo non so se la protesta nel carcere di Arezzo si è conclusa e se si è rimasti alla protesta dura ma civile a cui ho assistito ma certo è che i detenuti oggi mi hanno impressionato.

Conosco le carceri, me ne sono occupato in passato dopo la morte per suicidio di una povera ragazza detenuta per essere impazzita, quella vicenda ha segnato il carcere di Arezzo e da allora sono stati avviati servizi per cercare di impedire episodi di autolesionismo che hanno evitato avvenissero nuovi drammi come quello.

Una delle cose più terribili che trovai nel carcere erano i "gobbi" alle finestre, ovvero da celle piccolissime in cui si riesce a stare anche in 8, in 12 metri quadrati, non si riusciva a vedere fuori, la finestra non solo è molto alta rispetto alla stanza ma allora aveva anche delle contro pareti inclinate, che facevano si che la luce si vedesse solo dall’alto e in nessuno caso si potesse comunicare con l’esterno.

Arezzo non è un carcere per mafiosi o assassini ma una casa circondariale per reati dove spesso si può uscire ai domiciliari, non più di 5 anni di pena da scontare e neppure nei carceri di massima sicurezza si avevano finestre di ottocentesca memoria.

Grazie al sottosegretario Corleone i gobbi ad Arezzo sono stati tolti ed oggi da quelle finestre i detenuti hanno fatto sentire la loro disperazione, li ho sentiti per caso, ero in giardino a giocare con il cane quando ho udito questo strano concerto di pentole e rumori. Per un attimo ho pensato a quale concerto fosse in programmazione al Prato e poi ho preso la bici e sono corso vicino al carcere, dalla parte del circolo del tennis di san Clemente e da quelle finestre in tanti mi hanno chiesto di avvisare i giornalisti di far arrivare la loro voce.

Così ho fatto e il grande Gino Perticai che voglio ringraziare come straordinaria risorsa della nostra democrazia cittadina, in pochi minuti era lì a immortalare con la sua macchina fotografica il grido di dolore di quelle finestre, piano piano si è creato con quelle finestre uno strano dialogo con io che chiedevo urlando appena ho visto stracci bruciare di interrompere quei gesti altrimenti me ne sarei andato senza chiamare nessuno.

Ho aspettato l’arrivo di Arezzo Tv e di Teletruria e poi me ne sono andato dopo aver parlato al telefono anche con la nuova corrispondente della Rai da Arezzo, che pochi giorni fa era entrata con me nel carcere e si era resa conto di persona della situazione di estremo affastellamento di esseri umani che si vive dentro.

Per caso ero tornato nei giorni scorsi a visitare Arezzo, per caso ho sentito le proteste e per caso quelle voci e quelle facce le ho potute vedere grazie a quei gobbi tolti alcuni anni fa, ma non è per caso che mi batto per la umanizzazione delle carceri e che ho sostenuto la scelta dell’indulto che tanti prezzi politici negativi mi ha fatto pagare in questi anni.

Nelle carceri non ci sono poveri fiorellini di campo, ci sono comunque esseri umani che scontano una pena, il cui scopo non è la vendetta ma la riabilitazione, non solo, questa gente convive gomito a gomito con personale carcerario che in un rapporto di due a uno vive nell’universo della galera.

Ammassare la gente in celle strettissime significa portarle all’esasperazione, significa riempirle di farmaci e psicofarmaci per fargli reggere lo stress, significa far perdere ogni capacità di autonomia e di spazio di intimità; nella cella si caca e si cucina negli stessi 12 metri per 4-6 o 8 persone ci si da il cambio per stare in piedi, la tazza del cesso è spesso la sedia più comoda per fare conversazione.

Non sto esagerando è così, è proprio così come pensiamo di poter fare entrare ancora detenuti con il reato di clandestinità in carceri già scoppiate? 140 detenuti invece di 70, personale a quota 60 unità invece di 80, spazi per l’ora d’aria angusti e compressi, in queste condizioni si faranno uscire persone reinserite? No in queste condizioni si mettono a rischio i lavoratori del sistema carcerario e si arriva a farci condannare dall’unione europea perché diamo a chi è in carcere meno metri di spazio di quanti ne concediamo ai cani nei canili municipali.

Oggi i detenuti ci hanno fatto sentire in una città silenziosa la loro voce sgraziata, antipatica, spesso colpevole e in debito con il consesso civile, ma hanno usato la loro voce civilmente e in fondo ci hanno dato fiducia sperando non solo che li udiamo ma che li ascoltiamo e correggiamo gli errori. Sarebbe tragico e immorale far finta di niente.

Como: detenuti protestano, rimane contuso un agente di polizia

 

Ansa, 17 agosto 2009

 

Una violenta protesta, che la polizia penitenziaria cataloga addirittura alla voce "rivolte", è in corso da sabato pomeriggio nel carcere comasco del Bassone.

I detenuti hanno iniziato a protestare nel pomeriggio di Ferragosto, prima limitandosi a battere contro le inferriate poi danneggiando i sistemi di illuminazione e facendo esplodere le bombolette del gas che alimentano i fornelli da campeggio in dotazione a ciascuna cella.

La rivolta si sarebbe scatenata, per motivi ancora non del tutto chiari (ma probabilmente legati al cronico sovraffollamento della struttura) all’interno della seconda sezione, dove in mattinata, a causa del fumo determinato dalle esplosioni, la visibilità era ridotta praticamente a zero. Un agente di polizia penitenziaria è stato medicato per le contusioni riportate cadendo sul pavimento di fronte alle celle, dove i detenuti avevano gettato acqua e sapone in abbondanza, proprio per rendere quasi impossibile l’ingresso del personale di sorveglianza.

Turi (Ba): celle stracolme, pochi agenti ed i detenuti in protesta

 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 17 agosto 2009

 

La voce passa di cella in cella, una sorta di telefono senza fili che permette ai detenuti di fare corpo unico quando c’è da mostrare il disagio. La parola d’ordine è saltare un pasto; per rendere evidente questo "sciopero" il tam tam diventa assordante quando, per un’ora quasi, i detenuti sbattono i vassoi metallici contro le sbarre della cella.

Una protesta che diventa snervante, che trasforma i tetri corridoi con pesanti cancelli, silenziosi e spettrali, in una cassa di risonanza che arriva ai timpani ed al cuore. Protestano perché il carcere è sovraffollato, protestano perché non ci sono condizioni minime di sopravvivenza civile, né attività rieducative.

La protesta è nel carcere di Bari Carrassi parte da lì, proprio qualche giorno prima che sulle case di reclusione si accendano i riflettori dell’iniziativa dei Radicali Italiani: "Ferragosto in carcere". "L’auspicio è rendere consapevoli coloro che hanno il potere legislativo, attraverso la conoscenza diretta della comunità penitenziaria, per essere così consapevoli delle difficoltà e dei bisogni", spiega Antonella Casu, segretaria dei Radicali Italiani. Di bisogni, di difficoltà ce ne sono tanti: i numeri sono impressionanti, più di 20mila detenuti oltre la capienza del sistema carcerario italiano, nonostante l’indulto.

In Puglia è come nel resto d’Italia: a Turi, tanto per fare un esempio, la struttura avrebbe una capienza di 112, con una tolleranza che arriva a 150. Altra questione, ugualmente spinosa, ugualmente tesa è legata al personale: la dotazione organica degli agenti di polizia penitenziaria risale al decreto ministeriale del 2001. Dei 128 agenti in servizio a Turi, le unità effettivamente dedicate alla turnazione ordinaria che attualmente svolgono un turno di 8 ore, al posto delle sei previste per le 24ore, sono poco più della metà.

E a Turi sono stati in visita, per Ferragosto, Pierfelice Zazzera, coordinatore regionale dell’Italia dei valori, accompagnato dal consigliere regionale Giacomo Olivieri. Più di 50 unità lavorative, nel carcere di Turi, sono fuori dai turni tra distaccati presso altre sedi (una decina), agenti in aspettativa (un’altra decina), agenti che per cause di servizio usufruiscono dei benefici della legge 104 e agenti distaccati al nucleo traduzioni, quelli che effettuano gli spostamenti dei detenuti. Proprio le traduzioni costituiscono il problema più grande.

L’amministrazione carceraria elimina l’assistenza sanitaria interna e i detenuti vanno in carico alle asl di competenza: per ogni visita, per ogni controllo, per ogni esame diagnostico devono andare in ospedale, con relativo iter per la traduzione ad opera della polizia penitenziaria. I problemi sono di struttura, di personale, di fondi. Riguardano quasi tutte le carceri pugliesi, ci sono le eccezioni come quella di Spinazzola: capienza 68, detenuti reali 42.

Una eccezione che si tenta di chiudere definitivamente. A Ferragosto si accendono i riflettori, per qualche ora, ma a fine i visita, quando i pesanti cancelli delle carceri si richiudono, l’universo carcerario diventa un lontano ricordo, fatto di mille storie. "Sono finito qui dentro - racconta un detenuto -perché ho sbagliato le scelte, le amicizie. Quando uscirò, non avrò il coraggio di tornare dalla mia famiglia. Spero solo di non aver rovinato irrimediabilmente la loro vita". I riflettori si spengono, sperando che non si dimentichi del tutto la dignità di chi è detenuto e di chi lavora negli istituti.

Pisa: mancano fondi per manutenzione, debiti anche per acqua

 

La Nazione, 17 agosto 2009

 

Una goccia in un mare. Alla mancanza di fondi per la manutenzione ordinaria del carcere si aggiunge ora un debito importante con Acque spa. "Sono oltre 100mila gli euro che il Don Bosco deve all’azienda che gestisce la rete idrica pisana", afferma l’avvocato Andrea Callaioli, garante per i diritti delle persone private della libertà personale. Una maxi bolletta che si è accumulata nei mesi. "Per diverso tempo - continua - la struttura ha avuto nei suoi impianti grosse perdite. Perdite di cui ci si è accorti in ritardo. Prima che si scoprissero sono passati mesi e nel frattempo l’acqua ha continuato a fluire. Senza controllo".

Tantissimi soldi per le casse già provate dell’istituto. "Troppi - aggiunge l’avvocato - è per questo che ho proposto un incontro con la seconda commissione del Consiglio comunale, quella sulle Politiche Sociali, e l’assessore Ciccone per risolvere il problema ed evitare di far trascinare dietro all’amministrazione penitenziaria una cifra così grande per anni. Incontro in cui sono arrivate delle proposte, come quella, condivisibile, del consigliere Pdl, Riccardo Buscemi, che ha fatto riferimento all’azzeramento in passato di debiti di altre strutture pubbliche verso Acque. Si potrebbe discutere magari non sull’intero importo, ma soltanto su una parte distinguendo l’uso ordinario, da quello straordinario dovuto alle perdite".

"oppure - riflette ancora Callaioli - la situazione potrebbe risolversi applicando forti sconti o una rateizzazione". Tutte ipotesi, queste, al vaglio dei vertici di Acque. "Per il momento - dice il garante - ci sono stati soltanto interventi e qualche idea. Per intraprendere un vero e proprio percorso, infatti, dovrei essere prima riconfermato nel mio ruolo".

Servono passi decisi e veloci, è la riflessione, in sintesi, dell’avvocato che spiega: "Quando il mio mandato è scaduto con la fine della giunta Fontanelli e l’elezione di quella Filippeschi, il nuovo sindaco da subito mi ha dato la sua fiducia. Una fiducia che dovrebbe essere ufficializzata. Ma l’ufficialità, per ora, non è arrivata. La mia nomina dovrebbe passare infatti dal Consiglio comunale. Soltanto con un incarico formale potrei sollecitare nuovi vertici tra l’amministrazione comunale, quella del carcere e la direzione di Acque".

Imperia: in 24 ore 2 tentati suicidi tra detenuti extracomunitari

 

Secolo XIX, 17 agosto 2009

 

Due tentativi di suicidio nell’arco di 24 ore nel carcere dell’Armea. Il primo riguarda un detenuto marocchino che sabato sera ha ingerito due forchette che, pare, contrariamente al regolamento interno, non erano di plastica ma di metallo

Il giovane nordafricano, che sta scontando una condanna per spaccio di stupefacenti, dopo una breve tappa in infermeria, è stato trasferito d’urgenza all’ospedale di Sanremo. Gli esami clinici, in particolare la Tac, ha confermato la presenza delle due forchette in corrispondenza della bocca dello stomaco e di un principio di emorragia interna. Completate le indagini, nella notte il marocchino è stato trasportato in sala operatoria e sottoposto a un delicato intervento. L’operazione ha avuto un esito positivo, ma il paziente resta in prognosi riservata. Riguardo ai motivi che lo hanno indotto al gesto, si parla di una forte crisi depressiva. La polizia penitenziaria esclude l’intervento di terzi, ovvero che il nordafricano sia stato costretto a ingoiare le forchette. Resta da capire in che modo il giovane sia venuto in possesso di posate di ferro. Non è da escludere che, per scoprirlo, l’autorità giudiziaria apra un fascicolo. Vale lo stesso discorso per il secondo episodio, che risale a ieri mattina, che ha visto un altro detenuto nordafricano tagliarsi le vene di un avambraccio servendosi, sembra, di un rudimentale coltello. Le sue condizioni non destano preoccupazione. Il tunisino è stato immediatamente soccorso dagli agenti e trasportato all’ospedale dove gli sono stati applicati numerosi punti di sutura. Tre ore dopo ha fatto rientro in carcere.

Probabilmente le due vicende non hanno un collegamento diretto con la situazione di sovraffollamento che registra ormai da mesi l’istituto di pena di Sanremo. È un fatto, però, che i due tentativi di suicidio (anche se il secondo episodio sarebbe stato classificato come atto di autolesionismo), sottolinea ancora una volta le precarie condizioni in cui versa l’Armea sia in termini di vivibilità (344 detenuti al posto di 249) della struttura, sia sotto l’aspetto della sicurezza. Tenendo conto, inoltre, delle croniche carenze d’organico della polizia penitenziaria: dovrebbero essere 250, invece attualmente gli agenti effettivamente in servizio sono soltanto 172.

Fermo (Ap): 3 ditte hanno donato generi alimentari ai detenuti

 

Asca, 17 agosto 2009

 

La direzione della Casa di Reclusione di Fermo, nel quadro delle iniziative tese a rendere meno afflittiva, per quanto possibile, la vita dell’interno del carcere, durante il periodo estivo e delle feste di questi giorni, in un momento di particolare sovraffollamento, ha sensibilizzato alcune aziende della zona per la fornitura di prodotti alimentari da distribuire ai detenuti.

Si tratta in particolare di Artigiangel di Ponzano di Fermo, Agrivaldaso di Campofilone, Ciriaci Salumi di Ortezzano e Pagel di Fermo. L’iniziativa, che è stata gradita dai detenuti, ha il merito di tenere in debita considerazione le persone recluse con la consapevolezza che il carcere ha in primis una valenza rieducativa, tenendo comunque sempre in debita considerazione i reati commessi e la necessità della certezza della pena.

Una iniziativa, inoltre, che tiene desta l’attenzione nei confronti del mondo carcerario. Un mondo isolato, spesso dimenticato, con tutto il suo carico di problemi. "Una notizia - rimarca a sua volta il responsabile della Area trattamentale, Nicola Arbusti - che certamente non susciterà l’interesse dei più ma che in un contesto di notizie negative sul carcere, sugli effetti negativi dell’indulto, dell’attuale sovraffollamento, è di certo una nota positiva e, di questi tempi, non è poco. Un grazie va sicuramente alle ditte del Fermano che hanno aderito e a tutte quelle persone che hanno reso possibile tale iniziativa".

Droghe: Giovanardi; 2 morti in "rave", perseguire organizzatori

 

Ansa, 17 agosto 2009

 

Gli organizzatori di rave party come quello nel Salento e del Molise, nel corso dei quali due giovani sono morti presumibilmente per overdose, vanno identificati e perseguiti. Lo afferma Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al contrasto delle tossicodipendenze.

"L’ennesimo decesso nell’ambito di un cosiddetto rave party - ha spiegato in una dichiarazione - dimostra quanto sia necessaria una continua opera di prevenzione e di repressione dei fenomeni collegati alla droga. Il sia pur tempestivo intervento delle forze dell’ ordine non ha potuto evitare il peggio. Si tratta ora - ha sottolineato Giovanardi - di identificare e di perseguire con la massima severità gli organizzatori di questi happening, che devono in qualche modo rispondere delle conseguenze derivanti dalla violazione delle regole previste dall’ordinamento, per garantire la sicurezza nei concerti e nelle manifestazioni musicali".

 

 

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