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Giustizia: a Ferragosto 150 parlamentari e garanti in carcere
Il Velino, 12 agosto 2009
"Radicali italiani, di fronte alla straordinaria risposta di deputati, senatori, consiglieri regionali e garanti per i diritti dei detenuti che in 150 parteciperanno all’iniziativa Ferragosto in carcere e che nelle giornate del 14, 15 e 16 agosto visiteranno 175 dei 221 istituti penitenziari italiani, hanno deciso di rivolgersi anche agli altri soggetti che in base all’art 67 dell’Ordinamento penitenziario sono titolari del diritto di visitare le carceri senza autorizzazione". È quanto dichiarano in una nota i Radicali. "Tra di essi - si legge -, i componenti del Consiglio superiore della magistratura, i vertici dei Tribunali e delle Procure della Repubblica, i vescovi, i prefetti e i questori, i medici provinciali, l’ispettore dei cappellani e, seppure previa autorizzazione del direttore del carcere, i ministri di culto cattolico e di altri culti". "Radicali italiani - continua la nota - auspicano che, anche simbolicamente, i soggetti titolari vogliano esercitare appieno la funzione loro riconosciuta dalla legge in un momento in cui le condizioni di vita della comunità penitenziaria hanno raggiunto livelli di sofferenza e spesso di disperazione mai registrati in passato. È stata a questo fine inviata una lettera al presidente della Cei Angelo Bagnasco affinché, accogliendo l’appello radicale, si faccia promotore presso i vescovi per un’ampia partecipazione alla tre giorni ferragostana di visita nelle carceri. Analoga lettera sta per essere inviata anche ai vertici delle altre confessioni religiose pur essendo i loro ministri di culto condizionati all’autorizzazione del direttore dei singoli istituti penitenziari". Giustizia: un’azione legale collettiva contro il sovraffollamento
L’Unità, 12 agosto 2009
Il Garante dei diritti dei detenuti Desi Bruno: "Pronti a chiedere un risarcimento collettivo". Un’azione legale collettiva contro lo Stato per difendere il diritto alla dignità dei carcerati in Italia. È quanto stanno valutando di fare i Garanti per i diritti delle persone prive di libertà, tra cui Desi Bruno, l’avvocato che si occupa della realtà bolognese.
Esiste questa possibilità? Dopo la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, molti detenuti stanno valutando la possibilità di avanzare la stessa richiesta di risarcimento. Ma è un percorso lungo e complesso, bisogna prima esperire tutti e tre i gradi di giudizio in Italia, e poi rivolgersi in Europa. Per questo assieme agli altri Garanti si pesa piuttosto a un’azione collettiva.
A Bologna com’è la situazione? I parametri europei considerano che lo spazio vitale minimo da garantire sia di 7 metri quadrati a testa. Alla Dozza ci sono celle da 9 metri quadri dove si sta in tre, anche in quattro, e stare in piedi tutti in una volta è impossibile.
Che conseguenze ha il sovraffollamento sul percorso di riabilitazione che i detenuti dovrebbero effettuare? Non avendo spazi di movimento in cella, non c’è la possibilità di compiere i gesti della normale vita quotidiana, non c’è privacy, non c’è riservatezza, aumento il rischio di malattie. La sperequazione tra numero di detenuti e numero di agenti, psicologi, psichiatri, volontari - i quali comunque non riescono a effettuare colloqui per la mancanza di agenti - fa sì che di fatto si stia in cella 20 ore su 24. Il carcere oggi è una sorta di discarica sociale, e quel che è peggio le prospettive non sono di miglioramento.
Perché? Il piano carceri del Governo prevede nuove strutture, ma non nuovi servizi né tanto meno incrementi del personale operativo.
Riguardo problemi storici come quello dei detenuti tossicodipendenti, si prevede qualcosa? Assolutamente no, mancano soprattutto quelle riforme che avrebbero fatto la differenza. Giustizia: il "Piano Carceri" in Cdm e assunzione 5 mila agenti
Ansa, 12 agosto 2009
Cinquecento posti letto in più ricavati in quest’ultimo mese per i detenuti di Roma, Cassino, Perugia e Noto, ai quali si aggiungeranno altro 1.200-1.300 posti entro la fine del 2009 ricavati grazie alla costruzione di nuovi padiglioni o la ristrutturazione di quelli vecchi nelle sovraffollate carceri italiane. E ancora: varo del piano carceri da parte del Consiglio dei ministri tra fine agosto e inizio settembre e deroga al blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione per poter assumere almeno 5mila poliziotti penitenziari. Ad annunciare le novità sul fronte penitenziario è il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, che ha appena terminato di far visita agli istituti penitenziari di Imperia e di San Remo dove - osserva - il "69% dei detenuti è straniero". La situazione riscontata è a volte al limite ("in una cella da 35 metri quadrati ci sono anche otto detenuti"), ma - sottolinea Caliendo, che a Ferragosto sarà nei penitenziari di La Spezia e Chiavari - "tutto sommato discreta, se si considera l’elevato numero dei detenuti e i quattromila posti vacanti dei poliziotti penitenziari ai quali va tutta la nostra gratitudine". Ma che fine ha fatto il cosiddetto "Piano Ionta" messo a punto lo scorso maggio dal capo del Dap per la costruzione, entro il 2012, di 17.891 posti da realizzarsi con la costruzione di 48 nuovi padiglioni in carceri esistenti, la ristrutturazione di 2 istituti e la costruzione ex novo di 24 case circondariali? "Sarà varato in uno dei prossimi consigli dei ministri, tra fine agosto e settembre - risponde - nel frattempo sono stati avviati contatti con Confindustria per coinvolgere anche i privati", visto che su un totale di 1,5 miliardi di spesa lo Stato potrà garantire solo 500milioni. "Ma - aggiunge Caliendo - dal momento che il governo non ha intenzione di far ricorso a indulti o amnistie per risolvere il problema carceri, vanno cercate alternative. Non solo con nuovi istituti ma anche prevedendo strutture alternative, come ad esempio le camere detentive delle caserme o altri vecchi edifici non utilizzati, dove ospitare i circa 23-26mila detenuti che, su un totale di 64mila, restano poco in carcere, tra i tre e i 20 giorni". Intanto, in quest’ultimo mese sono stati garantiti 500 posti in più grazie al completamento di lavori già avviati. Ma - conclude il sottosegretario - per le nuove carceri previste dal piano del governo serviranno modifiche legislative per accelerare i tempi. Non si temono infiltrazioni da parte della criminalità organizzata? "No - risponde Caliendo - saranno garantite la secretazione della gara e l’identificazione della società che esegue i lavori". Giustizia: Osapp; da Caliendo "chiacchiere e vane promesse"
Comunicato Osapp, 12 agosto 2009
Quanto dichiarato dal Sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, appena concluse le visite ad Imperia e San Remo e che a Ferragosto sarà negli istituti di La Spezia (ma non era chiusa?) e Chiavari è che, grazie ai nuovi Reparti di Roma-Regina Coeli, di Cassino, di Perugia e di Noto i posti in più sono già oggi 500 e che entro il 2009 ne saranno costruiti altri 1.200/1.300. Inoltre, sempre secondo le dichiarazioni del Sottosegretario alla Giustizia, il c.d. "Piano Ionta" preparato e trasmesso dal Capo del Dap al Ministro della Giustizia lo scorso 27 aprile e inspiegabilmente "bloccato" a Via Arenula sarà esaminato ed approvato da uno dei Consigli dei Ministri tra agosto e settembre, anche se dei 1.500 milioni di euro necessari ce ne sono solo 500. Per la Polizia Penitenziaria, sempre tra agosto e settembre, deroga al blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione per poter assumere 5.000 agenti. Commento: per adesso quello che è certo è che, dati dello stesso Dipartimento, compresi Regina Coeli, Cassino Perugia e Noto i posti in meno su 43.032 sono 3.219 e che, anche se riuscissero a disporre di 1.200/1.300 posti in più per fine anno (3.219 - 1.300 = 2.819), i detenuti per allora saranno almeno 3.000 in più di adesso. Per quanto riguarda, poi, la Polizia Penitenziaria, qualcuno ha spiegato al Sottosegretario (e anche al Ministro Alfano) che dei circa 4.500 Poliziotti Penitenziari che mancano dall’organico, circa 3.000 sono le carenze riferite ai Ruoli superiori, quali Sovrintendenti, Ispettori e Commissari e che, quindi, non è il blocco delle assunzioni a creare problemi, se non per quanto riguarda il mancato turn-over con i pensionamenti, bensì la grave mancanza è l’organico fermo al 1992? Sarebbe pertanto il caso di non risparmiare più "sulla pelle" dei Poliziotti Penitenziari ed invece proporre quell’aumento di organico netto di 5.000 unità che solo la Polizia Penitenziari, tra tutte le Forze di Polizia dello Stato, non ha avuto negli ultimi 16 anni. Insomma e per concludere, si potrebbero evitare chiacchiere inutili e, magari, tra una promessa non mantenibile e una informazione inesatta, fare anche qualcosa di concreto? Giustizia: Osapp; sulle capienze il Dap fa il gioco delle tre carte
Comunicato Osapp, 12 agosto 2009
Il fatto: 3.219 posti in meno nelle carceri e la capienza regolamentare passa da 43.032 a 39.813 mentre la capienza tollerabile che secondo il Dipartimento è (sarebbe) 64.039 è in realtà non superiore a 59.800. Questo significare che, posti a ieri 10 agosto a 63.700 i detenuti presenti la capienza possibile ed immaginabile c.d. tollerabile degli istituti è stata superata di quasi 4.000 unità. Commento: abbiamo provato a spiegarlo alle Agenzie Giornalistiche ma è difficile per tutti capire che al Dap, dove giocano sui numeri, la capienza tollerabile la fanno derivare dalla capienza regolamentare aumentata del 50% (nelle celle da due posti si aggiunga il terzo letto) e anche questo dato è assolutamente falsato, perché entrerebbero nella capienza regolamentare (ovvero nella tollerabile che è la regolamentare aumentata del 50%) anche gli Isolamenti e le Infermerie. Giustizia: On. Fleres; applicare Circolare sull'emergenza estiva
Comunicato stampa, 12 agosto 2009
Nel cuore dell’estate e quando la situazione si fa più incandescente e grave, occorre dare piena applicazione alla Circolare Ionta. La circolare sollecita tutti i provveditori ad "aprire" le celle, vale a dire a far trascorrere ai detenuti non pericolosi la maggior parte della giornata nelle aree destinate alle attività sportive e ricreative o lungo i "passeggi". In cella dovrebbero tornare solo per dormire. È prevista la possibilità di aprire i blindati anche oltre l’orario prestabilito. E ancora, si pone attenzione al rischio suicidi o ai gesti autolesionistici. Un elenco dettagliato di raccomandazioni a costo zero per gli Istituti di Pena, che hanno come obiettivo il calo della tensione nelle carceri, sopratutto in un momento di sovraffollamento come quello attuale. A tutt’oggi non abbiamo notizia che si stia procedendo su questa traccia. Eppure non sono provvedimenti che impongono rivolgimenti nell’organizzazione interna degli istituti. Auspichiamo dunque che venga data piena applicazione al contenuto della circolare magari non solo in occasione della visita dei parlamentari che si svolgerà a ridosso del ferragosto.
Sen. Salvo Fleres Garante regionale dei diritti detenuti in Sicilia Coordinatore Nazionale dei Garanti Regionali dei diritti dei detenuti Giustizia: gli psicologi penitenziari; intervenire sull'emergenza
Asca, 12 agosto 2009
Investire risorse nella prossima finanziaria per aumentare il personale in organico sia di Polizia Penitenziaria che dell’area del trattamento e stabilizzare gli psicologi che lavorano in modo precario da 30 anni; riaprire ai detenuti prospettive di vita futura e dare un senso riabilitativo alla pena e rendere possibile il lavoro di tutte le professionalità. Queste le richieste di Paola Giannelli, Segretario Nazionale Sipp, Società Italiana Psicologia Penitenziaria, in occasione della visita dei parlamentari delle carceri italiane per Ferragosto. "Gli psicologi esperti ex art. 80 che operano in modo continuativo e precario da 30 anni in carcere - afferma Giannelli - aderiscono all’iniziativa promossa dai parlamentari negli istituti di pena. Si uniscono agli altri operatori per chiedere alle forze politiche di intervenire sullo stato di emergenza, che ha determinato nelle carceri tensione e conflittualità difficilmente gestibili ed espone sia i detenuti, sia chi presta servizio negli istituti ad una situazione di rischio". Le condizioni di vivibilità nel carcere, aggiunge Giannelli, "rendono ancor più difficile praticare trattamenti volti a promuovere nelle persone detenute quei processi di crescita personale, revisione critica e assunzione di responsabilità, necessari alla prevenzione della recidiva. Né allo stato attuale sono possibili valutazioni sulla pericolosità dei detenuti, compresi quelli per reati ad alto allarme sociale, che stanno per tornare in libertà. Ciò ha comportato inoltre un crescente disagio nei detenuti che si traduce nell’accentuarsi delle problematiche di devianza ed in uno stato di tensione che inevitabilmente si rivolge contro gli altri o contro sé stessi. Come dimostra - conclude - il triste primato, raggiunto negli ultimi mesi, di episodi di scontro fisico (anche con il personale) e di suicidi". Giustizia: dramma dei suicidi, in carceri sature di uomini soli di Angela Paganini
www.informazione.it, 12 agosto 2009
Un detenuto a Rovereto si uccide a poche ore dall’arresto. Gli anarchici protestano e il tragico gesto allunga la lista dei suicidi nelle carceri italiane. Che cosa è successo a Stefano Frapporti? Dovrà chiarirlo un’inchiesta. La sua morte per impiccagione è stata registrata al doloroso capitolo dei suicidi. Ma la famiglia dubita e chiede chiarezza. Stefano Frapporti, artigiano non ancora cinquantenne di Isera, si toglie la vita nella sua cella a poche ore dall’arresto, in circostanze ancora poco chiare che un’inchiesta dovrà appurare. Una storia tragica che apre le porte su una realtà poco conosciuta: il suicidio nelle carceri. Cosa è davvero successo? "Non lo sapremo mai" dichiara il padre. Le modalità ancora poco chiare su come è avvenuto l’arresto e la successiva perquisizione, il vuoto di informazione che ha patito la famiglia informata a 12 ore dal decesso, sono fatti che inquietano. Non conoscevamo Stefano Frapporti da Isera, artigiano, incensurato, amato dagli amici e descritto come un buono e un onesto. Ma vogliamo a nostro modo ricordarlo con una riflessione sulla drammatica emergenza dei suicidi in carcere. Il giornale "Ristretti Orizzonti" un periodico di informazione e cultura carceraria, ha organizzato nel mese di aprile, una conferenza presso il penitenziario di Padova " Due Palazzi" dove, fra molti argomenti, è stata messa in rilievo anche questa situazione drammatica. I dati forniti dal giornale, ma raccolti dal Dossier Morire di carcere, sono sconcertanti: nel solo mese di marzo 2009 ben 10 detenuti si sono tolti la vita; in media, un suicidio ogni tre giorni. Il primo trimestre dell’anno, fornisce un totale di 19 casi, uno in più rispetto all’anno 2005. Esiste quindi, una relazione evidente fra il grado di affollamento nelle carceri e i casi di morte per suicidio. Ma quali motivazioni spingono i carcerati a questo gesto estremo? Sempre secondo i dati raccolti dalla redazione di " Ristretti", spicca nettamente la mancanza cronica di psicologi ed educatori deputati al " trattamento " dei detenuti, che ne determina uno stato di abbandono e solitudine. La totale privazione di stimoli positivi nega la speranza ai carcerati, specialmente ai giovani che giungono in carcere per la prima volta; anche lo spazio angusto e le giornate eterne e ripetitive, sono un incentivo al suicidio. La maggior parte dei detenuti non ha più contatti con il mondo esterno, con i familiari, con gli amici; la perdita della libertà e degli affetti, oltre alla perdita di obiettivi e di prospettive future minano anche quel residuo di umanità rimasto loro. Il numero ridotto di personale specializzato al recupero della persona, li porta a non potersi aggrappare neppure a quella piccola speranza di dialogo: la solitudine diventa la loro unica compagna. Sono situazioni in cui il fermarsi di fronte alla " colpa ", allontana anche dai diritti umani; ne è prova il fatto che un mancato suicidio implica un richiamo disciplinare invece che un aiuto. Chi non riesce ad uccidersi è destinato a scontare anche questo. Le testimonianze di detenuti estradati in Italia da alcuni penitenziari esteri, dimostrano con in altri Paesi la situazione sia diversa; in Francia, ad esempio, ai giovani carcerati viene data la possibilità di lavorare e di studiare la lingua ufficiale per aiutare il reinserimento. L’autosufficienza economica li spinge a migliorarsi. Perché questo manca nella maggior parte delle strutture italiane? Stefano Frapporti si è ucciso dopo sei ore di carcere e la sua morte riapre la questione anche del sovraffollamento, che non si limita solo a Rovereto, ma ha radici più vaste e profonde, che toccano l’individuo, la dignità personale ed i diritti umani. E ci lasciano il vuoto di tante domande senza risposta dentro un buco di 6 ore che Stefano ha vissuto nel dramma più profondo. Lasciano una domanda: cosa è davvero successo in quelle sei tragiche ore ad una persona fino a poco prima incensurata, fermata per aver passato in bicicletta col semaforo rosso ? Giustizia: Sappe; "numero verde" per denunciare aggressioni
Comunicato Sappe, 12 agosto 2009
"Nell’ambito della Segreteria Generale del Sappe abbiamo costituito un osservatorio per registrare e monitorare costantemente gli episodi di aggressione a danno dei nostri agenti. Ci avvarremo di un numero verde, di una casella mail e di un numero di fax dove tutti gli agenti, non solo i nostri iscritti, potranno segnalare tutti gli episodi di tensione in carcere che li vedessero, loro malgrado, coinvolti. I risultati di questa attività di controllo e monitoraggio saranno portati a conoscenza del ministero della Giustizia e amministrazione penitenziaria per l’adozione di adeguati provvedimenti di competenza". Sono le dichiarazioni di Donato Capece, Segretario del Sappe, in occasione della divulgazione delle statistiche sulle capienze nelle carceri italiane. La situazione, a causa del costante sovraffollamento, è ogni giorno sempre più critica, soprattutto per gli agenti che in carcere lavorano nella prima linea delle sezioni detentive 24 ore su 24. Andando avanti di questo passo arriveremo ad avere alla fine del 2009 più di 70mila detenuti a fronte di circa 42mila posti letto: quasi come entrare con un fiammifero acceso in una polveriera". Con queste parole Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo Polizia penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo della categoria, commenta i dati sulla situazione penitenziaria. Numeri "incontrovertibili", sottolinea Capece. "L’emergenza penitenziaria necessita di risposte celeri ed urgenti. In quest’ottica, è più che soddisfacente che la nostra proposta di un Ferragosto alternativo in carcere ha raccolto moltissime adesioni tra i politici eletti nel Parlamento europeo, in quello nazionali e nei vari consigli regionali. Certamente le loro visite produrranno atti di sindacato ispettivo come interrogazioni ed interpellanze oltre che legittime domande sulla civiltà delle nostre prigioni. Io stesso sarò il 15 agosto in visita nei due carceri, Casa Circondariale e Casa di Reclusione, di Padova per esprimere anche a Ferragosto la solidarietà del primo Sindacato della Polizia penitenziaria ai nostri agenti in servizio". Giustizia: Catanzaro; torna in carcere omicida della fidanzata
Corriere della Sera, 12 agosto 2009
Luigi Campise torna in carcere. I carabinieri hanno arrestato a Soverato il giovane 26enne che nel marzo del 2007 uccise la fidanzata, Barbara Bellorofonte, di 18 anni, e che dopo la condanna a 30 anni di reclusione era stato scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare. L’arresto è stato disposto dal gip che ha accolto la richiesta di emissione della misura cautelare fatta dalla Procura della Repubblica e motivata dal pericolo di fuga dell’indagato. La notizia del nuovo arresto di Campise è stata diffusa dalla Procura della Repubblica di Catanzaro con un comunicato a firma del procuratore vicario, Salvatore Murone. "Su richiesta della Procura della Repubblica di Catanzaro - si afferma nel comunicato - il gip del tribunale ordinario di Catanzaro, in data odierna, ha ripristinato la custodia cautelare in carcere nei confronti di Luigi Campise, imputato dell’omicidio di Barbara Bellorofonte, il quale con sentenza di primo grado era stato condannato alla pena di 30 anni di reclusione. La misura è già stata eseguita dai carabinieri di Soverato". "Il ripristino della custodia cautelare in carcere - prosegue il comunicato della Procura di Catanzaro - era stato chiesto dal magistrato competente in concomitanza con la scarcerazione di Campise disposta nell’ambito di altro procedimento". Nei giorni scorsi il padre della vittima, Giuseppe Bellorofonte, aveva scritto una lettera al Corriere della Sera: "Ignoro i motivi che hanno indotto la giustizia italiana a liberare l’omicida - scriveva l’uomo - ma quello che mi chiedo da padre, da cittadino, da uomo è se è giusto tutto questo!". Lettera: volontario a Tolmezzo, con 300 detenuti in 150 posti
Messaggero Veneto, 12 agosto 2009
In questo periodo di ferie estive, tra i tanti problemi in cui la nostra società italiana è coinvolta, sicuramente quello del sovraffollamento delle carceri è il meno sentito dalla maggior parte della gente comune. Eppure mai come in questo periodo le carceri italiane stanno "scoppiando". Potremmo dire che siamo all’emergenza. Sì, è proprio così. Vi porto un esempio: a Tolmezzo, una cittadina dell’Alto Friuli, il carcere del luogo ha superato in queste settimane la quota di 300 reclusi contro una capienza "normale" di 150 ospiti. Ebbene, questo fatto non si è mai verificato da quando nel 1993 è stata aperta questa casa circondariale. In alcune sezioni è stato aggiunto il terzo letto. La cella è di soli 15 metri quadrati. Non oso pensare quale sia la situazione nelle altre carceri più quotate, vedi San Vittore, la Dozza, Poggioreale, Pagliarelli, Le Vallette, e in quali condizioni vivano i detenuti. In queste carceri il numero dei reclusi per cella è molto più alto, arriva a toccare anche la cifra di sei, sette persone. Le soluzioni non sono facili da trovare in questo contesto e la condizione politica attuale certamente non favorisce l’assunzione di provvedimenti ad hoc. Il problema è e rimane quello della vivibilità all’interno delle carceri italiane che, se a Tolmezzo è sufficientemente assicurata, forse in altri luoghi questa non c’è. Oltretutto si pone un interrogativo semplice che è stato rimarcato anche a livello del Sappe, il sindacato autonomo interno, e cioè la scarsa presenza di risorse sia finanziarie sia in termini di personale per fronteggiare questa emergenza. Ora mi chiedo e allo stesso tempo rivolgo a chi di competenza queste semplici domande: pensiamo davvero che la costruzione di nuove carceri sia la panacea a questo problema? Pensiamo davvero che l’adibizione di nuovo personale consenta di governare efficacemente l’attuale situazione di emergenza venutasi a creare nel mondo penitenziario italiano? A mio avviso, a queste possibili soluzioni devono seguire anche assunzioni di responsabilità in ordine a un maggior impegno su misure legislative e formative che favoriscano una esecuzione penale nuova tesa al recupero effettivo della persona condannata, misure che agevolino il reinserimento del detenuto nella società esterna, provvedimenti che con le dovute garanzie ristabiliscano un rapporto nuovo di recupero della persona e riparazione della offesa arrecata attraverso i lavori socialmente utili. Se per far questo dobbiamo partire dal così detto braccialetto elettronico proviamoci, ma nel rispetto e nella dignità della persona. Mi piace evidenziare una bella esperienza di questi giorni attuata proprio in collaborazione tra la struttura penitenziaria di Tolmezzo, il Comune di Tolmezzo e il Cesfam di Paluzza attraverso la quale è stato offerto a sei persone in semilibertà di poter lavorare nei cantieri di manutenzione sia forestali sia in ambito comunale. Questi esempi significativi devono incoraggiare le istituzioni a intraprendere con coraggio le strade alternative alla pena cominciando da provvedimenti in sede legislativa miranti a premiare anche finanziariamente parlando i progetti relativi all’esecuzione penale esterna.
Bruno Temil Volontario dell’Associazione Vita Nuova Umbria: parte mobilitazione per "Ferragosto 2009 in carcere"
Ansa, 12 agosto 2009
Il consigliere regionale Ada Girolamini, capogruppo di Uniti nell’Ulivo-Sdi, ha aderito alla iniziativa "Ferragosto 2009 in carcere", promossa a livello nazionale dai capigruppo della Commissione giustizia della Camera dei Deputati e dai Radicali italiani, con l’invito esteso a parlamentari, senatori e consiglieri regionali di tutti gli schieramenti politici, per conoscere in modo più preciso la situazione dei singoli istituti di pena, in merito ai problemi di sovraffollamento, mancanza di personale, condizioni igieniche. Ada Girolamini, assieme ai rappresentanti del Partito radicale umbro, Andrea Maori e Francesco Pullia, visiterà gli istituti carcerari di Spoleto e Terni nella giornata di venerdì 14 agosto, rispettivamente alle 10 e alle 16, e quelli di Perugia ed Orvieto, alle 10 e alle 16 di domenica 16 agosto. Nel corso di ogni sopralluogo, spiega Ada Girolamini, compileremo un apposito questionario, predisposto a livello nazionale, per fotografare la situazione attuale di ogni carcere umbro, in particolare sul numero dei detenuti, italiani e stranieri, su quelli in attesa di giudizio, tossicodipendenti, sieropositivi, presenze di minori in carcere, suicidi e - soprattutto - sugli organici della polizia penitenziaria, e del personale amministrativo. Alla iniziativa "Ferragosto 2009 in carcere", precisa Ada Girolamini, "hanno già aderito tutte le Regioni italiane, molti senatori e parlamentari anche europei, compresi quattro Garanti regionali dei detenuti. È un vero peccato che non sia stato nominato quello umbro, già previsto da una legge! Avrebbe potuto essere con noi per capire se anche nella nostra regione c’è una situazione così al limite da far dire allo stesso ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che le carceri italiane sono fuori dalla Costituzione". Puglia: Sappe; sì parlamentari in carcere, vedano la situazione
Comunicato Sappe, 12 agosto 2009
La segreteria regionale del Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, maggior sindacato di categoria, ha molto apprezzato l’iniziativa dei Radicali che hanno invitato Parlamentari Nazionali e Regionali a visitare le carceri proprio nei giorni di Ferragosto per verificare con mano il degrado raggiunto nei penitenziari a causa del sovraffollamento (circa 64.000 di cui 4.200 in Puglia) dei detenuti, delle preoccupanti condizioni igienico-sanitarie in cui si vive e si lavora, della fatiscenza delle strutture, nonché del grave deficit di organico della Polizia Penitenziaria. Il Sappe ringrazia anche i parlamentari che hanno raccolto l’invito, e che nei giorni 14, 15 e 16 di Agosto visiteranno le carceri pugliesi senza distinzione di bandiera o di appartenenza . Il Sappe ritiene che dopo la visita effettuata dai sen. Caforio Giuseppe (Brindisi) e dagli on. Capano Cinzia (Bari), Vico Ludovico (Taranto e Lecce), Vitali Luigi (Taranto), Zazzera Pierfelice (Trani, Turi), Boccia Francesco (Trani), dal cons. reg. Ognissanti Franco (Foggia) e dai radicali Tatarano Sergio, Simone Giuseppe, Volpicella Donato, a cui speriamo si aggiungano altri parlamentari, tutto sarà diverso poiché anche la Politica si renderà conto di quello che accade nelle carceri (che denunciamo da tempo) portando all’attenzione una situazione che non fa onore ad una Nazione che si ritiene civile, in cui viene violata in maniera sistematica, la Costituzione. Per questi motivi il Sappe, anche alla luce della recente sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha condannato lo Stato Italiano per tortura, sta scrivendo al Presidente della Repubblica quale garante della Carta Costituzionale, per chiedergli un autorevole intervento affinché si faccia un qualcosa per rendere più umane le condizioni di vita sia dei detenuti che di lavoro per la Polizia Penitenziaria, anche per evitare di pagare centinaia di milioni di euro. Stesso grido di aiuto è stato rivolto nei giorni scorsi alle massime autorità ecclesiastiche Pugliesi affinché si adoperino per sensibilizzare la c.d. società civile che, ormai considera il carcere una sorte di discarica di tutte le problematiche e brutture umane da tenere nascoste, o confinare in un grande buco nero. Il Sappe si augura poi che, proprio a seguito delle visite dei penitenziari Pugliesi e Nazionali, i parlamentari, ognuno per la parte che di competenza, si adoperino presso il Governo ed il Presidente del Consiglio, affinché l’emergenza carceri possa diventare una priorità per cui siano ricercate soluzioni urgenti e concrete, invece di continuare a reclamizzare le pittoresche o retoriche idee partorite dal Commissario straordinario per le carceri che vorrebbe penitenziari galleggianti, o la costruzione di nuovi carceri, che anche con la disponibilità di fondi, richiederebbero anni per la realizzazione. Il Sappe in più occasioni ha lanciato alcune proposte concrete, che sarebbero esecutive in tempi brevi come: 1) l’impiego dei militari per la vigilanza esterna delle carceri al fine di recuperare subito unità di Polizia Penitenziaria per i servizi all’interno delle sezioni detentive e delle traduzioni, in attesa dell’assunzione urgente e straordinaria di almeno 5.000 poliziotti penitenziari; 2) far scontare la pena ad una parte degli stranieri (che rappresentano il 40% della popolazione detenuta, e di cui albanesi, rumeni, tunisini, algerini, marocchini superano il 70% del totale) nei propri paesi d’origine previo incentivi anche economici, ai rispettivi Governi che accettassero tale proposta (ciò farebbe risparmiare allo stato Italiano centinaia di milioni di euro); 3)misure alternative alla detenzione e depenalizzazione per quei reati che non destano allarme sociale; 4) lavori socialmente utili (pulizia strade, giardini, boschi, torrenti, fiumi ecc.) per quei detenuti, che avendone i requisiti, non hanno potuto fruire delle misure alternative quali semilibertà o affidamento al servizio sociale per mancanza di richieste di lavoro. La maggior parte delle retribuzioni degli stessi, verrebbero poi destinate ad un fondo a favore delle vittime dei delitti e loro familiari. Ciò porrebbe un freno alle tragedie che accadono sempre più spesso, a causa del dissesto e dell’incuria sul territorio. Il Sappe si augura che ci sia la volontà politica per affrontare la più grave crisi penitenziaria del dopoguerra con uomini e mezzi adeguati, poiché la polveriera è pronta per esplodere, e potrebbe portare con se, risvolti negativi anche per la sicurezza delle città e dei cittadini.
Il Segretario Nazionale Federico Pilagatti Trentino: Cgil; dare sostegno agli Uepe, alternativa al carcere
L’Adige, 12 agosto 2009
"I gravi fatti avvenuti nelle carceri di Trento e Rovereto, le condizioni di grave sovraffollamento e di rilevante disagio umano che interessano tutti gli Istituti penitenziari, ci hanno consentito di approfondire una volta di più la conoscenza di una realtà "estrema" presente nel nostro paese, quella carceraria, appunto". Lo dice in una nota la Cgil del Trentino, che punta sulla rieducazione prevista dalla pena detentiva, troppo spesso trascurata. "L’alternativa al carcere? La comprensione delle condizioni in cui operano gli Uffici istituzionalmente preposti a collaborare con l’autorità giudiziaria e con le direzioni degli Istituti penitenziari per realizzare percorsi di reinserimento e di recupero sociale con le misure alternative al carcere pare altrettanto necessaria, se non addirittura prioritaria. Queste strutture, istituite nel 1975 e più recentemente denominate Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna (Uepe), costituite da assistenti sociali supportati da personale amministrativo, sono state interessate negli ultimi anni da una sempre maggiore restrizione di risorse umane ed economiche, tanto da rischiare oggi una definitiva debacle. Di fronte alla dimostrata efficacia del sistema misure alternative, anche in relazione alle positive ricadute sulla recidiva e sulla conseguente sicurezza dei cittadini, ci si chiede quali siano la logica e le finalità che l’Amministrazione dello Stato persegue attuando il sistematico svuotamento di mezzi e di risorse in un ambito così delicato e rilevante per il benessere della collettività. Altro che ronde". Sardegna: il bando per progetti reinserimento sociale detenuti
Ansa, 12 agosto 2009
La Giunta regionale ha approvato i criteri di valutazione e le modalità di accesso al finanziamento dei progetti finalizzati al recupero ed al reinserimento socio-lavorativo delle persone con provvedimenti penali in corso, validi per l’annualità 2009. I progetti dovranno essere predisposti da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), che dovranno gestire le attività finanziate in raccordo con gli uffici regionali dell’esecuzione penale esterna, il Centro per la giustizia minorile e le rispettive magistrature di sorveglianza. Le risorse disponibili, pari a 1milione e 300mila euro, sono state così ripartite: a) 80mila euro per percorsi riabilitativi e di recupero rivolti ai giovani detenuti nel carcere minorile di Quartucciu; b) 120mila euro per progetti personalizzati rivolti ai giovani detenuti che, al momento della scarcerazione, necessitano di percorsi di risocializzazione ed inclusione sociale finalizzati all’acquisizione di competenze formative o lavorative e progetti educativi personalizzati rivolti a minori inseriti nel circuito penale; c) 1milione e 100mila euro per il reinserimento sociale e lavorativo di persone con provvedimenti penali detentivi o in esecuzione penale esterna. I progetti dovranno essere presentati, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, entro il 30 ottobre 2009 al seguente indirizzo: Assessorato regionale dell’Igiene e sanità e dell’assistenza sociale. Servizio dell’integrazione sociosanitaria. Via Roma, 253. 09123 Cagliari. Ascoli: detenuto di 28 anni muore in cella, l’indagine è in corso
Il Messaggero, 12 agosto 2009
Sarà l’autopsia a chiarire la causa della morte di Salah Ben Moamed, tunisino di 28 anni, trovato ieri mattina senza vita nel suo letto nel carcere di Marino del Tronto. Da poche settimane era stato trasferito dal carcere di Trento dove due mesi fa era andato in arresto cardiaco e fu salvato con due Narcan. Moamed doveva scontare ancora due anni di residuo pena. A scoprire il giovane senza vita è stata l’infermiera del penitenziario quando ieri mattina ha tentato di svegliarlo per somministrargli la terapia. Il tunisino era sotto cura antidepressiva. Immediati i soccorsi ma quando il 118 del "Mazzoni" ha cercato di rianimarlo l’encefalogramma era piatto. I compagni di cella non si sarebbero accorti di niente in quanto credevano che ancora dormisse. Il sostituto procuratore Ettore Picardi ha ordinato l’autopsia che questa mattina sarà effettuata dal medico legale Claudio Cacaci. Il giovane tunisino potrebbe essere morto a causa di un sovradosaggio di farmaci. Salah Ben Moamed era da tempo un cocainomane e veniva curato, oltre che per una forte depressione, anche perché malato etilico. Bologna: Dozza; solo posti in piedi, 1.200 detenuti in 700 posti di Antonella Cardone
L’Unità, 12 agosto 2009
La "Dozza" esplode. Nel carcere di Bologna, infatti, sono 1.200 i detenuti ospitati, contro una capienza massima della struttura di 700. Solo posti in piedi, dunque, per persone che, di notte, sono costretti a buttare un materasso a terra e a dormirci sopra, tra le brandine degli altri, già piazzate nei corridoi. E alla mattina, spesso, non si riesce neppure a farsi una doccia, poiché la fila è chilometrica. Il viaggio de l’Unità all’interno dell’inferno carcerario non esclude neppure la sezione femminile, dove è in corso la protesta delle carcerate: ogni sera battono le sbarre di porte e finestre per chiedere più dignità. Altri hanno scritto una lettera ai loro avvocati e alle autorità, in cui chiedono la stessa identica cosa. Intanto anche a Bologna il Garante dei detenuti pensa a un’azione legale collettiva contro lo Stato per difendere il diritto alla dignità dei carcerati in Italia. Ieri, infine, dopo l’entrata in vigore del pacchetto sicurezza, a Bologna c’è stato il primo fermo per clandestinità: è uno spacciatore algerino. Appena licenziata andò in un grande magazzino e rubò due paia di slip e un reggiseno. Ha scontato per intero la pena di sei mesi. Anche per questo la Dozza scoppia. I detenuti sono 1.200 anziché 500. L’ultimo arrivato ha passato la notte su un materasso gettato per terra in infermeria in mezzo alle tre brande già occupate. L’indomani mattina, niente doccia: fila troppo lunga. Si torna dunque al materasso in infermeria, con la prospettiva di rimanerci ancora a lungo: spazio nelle celle non ce n’è, ormai le brande hanno occupato persino i corridoi. Alla Dozza di Bologna si sfiora quota 1.200 detenuti, per una struttura pensata per 500 persone e che può ospitarne al massimo 700. Nella sezione femminile è in corso la protesta delle carcerate che ogni sera battono le sbarre di porte e finestre per chiedere più dignità. Altri hanno scritto una lettera ai loro avvocati e alle autorità, in cui chiedono la stessa identica cosa. Perché oggi, in una situazione in cui oltre all’affollamento si deve fare i conti con la mancanza di un adeguato numero di personale (ci sarebbe bisogno di almeno altri 200 agenti) capita anche che un detenuto bisognoso di una Tac urgente non trovi nessuno che lo accompagni all’ospedale, e l’appuntamento venga rimandato a data da destinarsi. Radio carcere in questi giorni riporta con insistenza la notizia di quel detenuto bosniaco che ha ottenuto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo un risarcimento per i danni morali subiti a causa del sovraffollamento della cella in cui è stato recluso a Rebibbia. Ci sarebbero gli estremi per fare la stessa cosa anche da Bologna, dicono in molti. E hanno ragione, confermano gli avvocati penalisti che ogni giorno visitano i loro assistiti in prigione. "Quest’anno la situazione è peggiore del passato: al caldo estivo si somma questo incredibile sovraffollamento e trovo le persone molto stanche e affaticate. Ancora però non mi sono state segnalate situazioni drammatiche, ma è perché c’è una profonda rassegnazione allo stato delle cose, soprattutto da parte di chi è stato in diverse carceri italiane e vede che la situazione è così ovunque", osserva l’avvocato Luciano Bertoluzza. "C’è un livello di tolleranza notevole da parte di questi detenuti - gli fa eco Alessandro Cristofori - in altri tempi in situazione analoghe ci sarebbero state rivolte. Ma è dura per tutti in queste condizioni, per agenti, operatori, volontari. Il punto però è che in questa momento storico anche solo immaginare percorsi alternativi a quello del carcere è utopia". Bisogna riflettere sul perché si è arrivati a questa situazione, è l’invito dell’avvocato Savino Lupo: la Dozza non è mai stata così piena, e sono passati appena tre anni dall’indulto che l’aveva svuotata nel 2006. "Non c’è un buon clima, oggi, soprattutto se si tratta di stranieri, che infatti sono il 70% della popolazione carceraria bolognese". Tra loro, chi entra in carcere difficilmente ne esce, come è capitato a quella ragazza incensurata di vent’anni che, dopo essere stata licenziata, era andata a rubare due reggiseni e due mutandine ai grandi magazzini e si è fatta tutti e sei i mesi di galera cui era stata condannata. Un paradosso, pensando che invece terroristi colpevoli di decine di omicidi, Giusva Fioravanti, l’intera pena non l’hanno scontata affatto. Imperia: sovraffollamento, carceri sono al limite d’implosione di Fabio Pin e Natalino Famà
Secolo XIX, 12 agosto 2009
"Si deve garantire e restituire dignità a tutti, detenuti ed agenti - ha dichiarato il sottosegretario Caliendo - le due strutture, a Sanremo e a Imperia, non hanno raggiunto ancora un ottimale livello di vivibilità". Il carcere di Sanremo e quello di Imperia sono ormai al limite dell’implosione. In entrambi gli istituti di pena il numero dei detenuti ha superato da tempo la soglia massima tollerata, con picchi di presenze che rischiano di creare problemi anche di natura igienico sanitaria. È emergenza anche sul fronte della polizia penitenziaria. Gli organici denunciano carenze croniche, recentemente diversi agenti sono stati aggregati in altri istituti, i turni di lavoro sono diventati massacranti e la sicurezza comincia a scricchiolare. Una fotografia preoccupante di cui ieri mattina ha preso nota il sottosegretario alla Giustizia con delega al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giacomo Caliendo, nel corso delle visite effettuate a Sanremo e Imperia. Stabilire il primato negativo tra gli istituti delle due città è esercizio impegnativo, oltre che avvilente. I numeri dell’Armea di Sanremo sono da brividi. Realizzato per ospitare ordinariamente 209 detenuti e fino a 249 come limite massimo tollerato, attualmente conta 342 unità, e la settimana scorsa si è toccato il "record" con 352 detenuti. In molte celle da due persone ne sono rinchiuse quattro o addirittura cinque. Un sovraffollamento che si ripercuote anche sull’efficienza dei servizi interni. Il direttore Francesco Frontirrè, come i carabinieri adotta il motto "usi obbedir tacendo", ma ancora ieri il suo silenzio dimostra la gravità della situazione in cui è costretto a operare. Problematico - per ricorrere a un eufemismo - anche l’aspetto sicurezza. Duecentocinquanta sono gli agenti destinati sulla carta all’Armea. In servizio sono soltanto 202 e di questi una trentina sono stati aggregati ad altri istituti di pena. "Con l’entrata in vigore del decreto sui clandestini - dicono i sindacati di categoria - la situazione diventerà ingestibile. Quando scatteranno gli arresti, qui a Sanremo non sarà più possibile garantire neppure gli standard minimi di sicurezza". Sono quasi 150 i detenuti rinchiusi nella casa circondariale di Imperia, il piccolo istituto dove, se fosse una prassi, il normale regime di custodia non consentirebbe di rinchiudere più di 80 persone. E altrettanti, cioè 80, dovrebbero essere gli agenti di polizia penitenziaria in servizio. E invece l’organico è ridotto a 50 unità con gravi carenze e disservizi, temporaneamente coperti in alcune eccezionali occasioni da personale di altri penitenziari. Il sottosegretario del Guardasigilli, Caliendo, ieri, assieme al direttore della Casa Circondariale, Nicolò Mangraviti, non ha potuto far altro che constatare quanto i sindacati più volte hanno denunciato. "Si tratta - ha detto - di garantire e di restituire dignità a tutti, detenuti ed agenti, all’interno di strutture, come questa di Imperia, che, per quanto oggetto di grandi interventi di ristrutturazione, non hanno raggiunto ancora un ottimale livello di vivibilità". Lecce: un "Ferragosto in carcere", per mettere a nudo i disagi
www.lecceprima.it, 12 agosto 2009
La Uil Pa ritiene la struttura di Lecce "la sintesi più reale delle varie criticità che soffocano il sistema penitenziario italiano". E aderisce così all’iniziativa degli onorevoli Bernardini e Vico. "La Casa Circondariale di Lecce è, senza ombra di dubbio, la sintesi più reale delle varie criticità che soffocano il sistema penitenziario italiano. Per questo abbiamo ritenuto, anche simbolicamente, di scegliere Lecce per la nostra adesione all’iniziativa Ferragosto in carcere promossa e organizzata dall’onorevole Rita Bernardini e dal Partito radicale italiano. Riteniamo sia un modo concreto per testimoniare attenzione e solidarietà ad un personale che ogni giorno deve affrontare la dura sfida della provvisorietà e dell’emergenza elevata a metodo di gestione". Con queste parole, Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari, annuncia la sua presenza presso la Casa circondariale di Lecce, insieme al segretario regionale Montinaro e altri quadri provinciali, nella giornata del 15 agosto. Il giorno dopo, sempre nell’ambito dell’iniziativa "Ferragosto in carcere", sarà l’onorevole Ludovico Vico del Pd a visitare la struttura penitenziaria. "Con un tasso di sovraffollamento del 146%, Lecce è uno dei carceri più sovraffollato d’Italia. Le presenze detentive assommano a circa 1.340 detenuti, in una struttura che ne può ospitare al massimo 650. È facile immaginare - sottolinea il segretario generale della Uil Pa penitenziari - come condizioni ottimali di sicurezza, d’igiene e di salubrità appartengano ai desideri piuttosto che alle reali necessità e possibilità. Per deflazionare il sovrappopolamento è stato necessario aprire una nuova sezione sperimentale, ubicata all’esterno del perimetro detentivo. L’impiego delle venti unità di polpen per il nuovo reparto ha finito, ovviamente, per aggravare i problemi del personale anche in ordine alla fruizione di diritti elementari come ferie e riposi." Già nel dicembre 2008 la Uil effettuò un’accurata visita al carcere salentino da cui scaturì una dettagliata relazione inviata ai vertici dipartimentali. "Ma la situazione da allora non è mutata molto - aggiunge Sarno -. Forse non c’è interesse a mettere le cose a posto e il personale continua a scontare sulla propria pelle le incongruenze e le deficienze del sistema. Abbiamo più volte invocato una nuova e diversa organizzazione del lavoro ma il progetto presentato dai responsabili della struttura stenta a decollare. Della necessaria manutenzione straordinaria del fabbricato continuiamo a non avere notizia e pertanto i nostri colleghi continuano a lavorare in condizioni assolutamente penalizzanti tra perdite d’acqua e terribili spifferi di vento". La UIL, quindi, conferma il giudizio di Lecce, carcere di frontiera. "Nel corso degli ultimi mesi gli eventi critici si sono ripetuti e con essi i ferimenti e le aggressioni in danno del personale addetto alla sorveglianza. È evidente che la promiscuità della popolazione detenuta è un fattore aggravante le tensioni interne. Non solo la cospicua presenza di detenuti stranieri (circa il 23 per cento) alimenta frizioni di carattere etnico, quanto la presenza di detenuti provenienti da regioni limitrofe alimenta la lotta di potere tra le varie fazioni del crimine organizzato". Proprio di recente, una maxirissa fra detenuti italiani e stranieri, con diversi contusi, anche tra gli agenti. "È, quindi, necessario che il Dap attenzioni a Lecce con un’ottica e una gestione diversa. L’istituto leccese non può continuare ad essere il terminale di scarico dei detenuti sfollati da ogni dove. Anche perché - conclude Sarno - questa gestione itinerante della detenzione extra territoriale afferma un aggravio di spesa per le casse dello Stato e determina un incredibile carico di lavoro sulle unità addette al servizio traduzioni e piantonamenti. Le circa 3.500 traduzioni effettuate e i circa 7.000 detenuti tradotti nel solo 2008 sono un preciso segnale di una tendenza che deve essere urgentemente invertita, senza dimenticare come con l’entrata in vigore della normativa sulla Sanità (non più) Penitenziaria si sia moltiplicato esponenzialmente il numero dei ricoveri in strutture esterne al carcere (1.400 nel solo 2008)". Frosinone: la Uil denuncia; il carcere nel degrado e nell’incuria
Il Tempo, 12 agosto 2009
Il carcere di Frosinone figura tra le oltre cento strutture che saranno ispezionate a cavallo di Ferragosto da deputati, eurodeputati, consiglieri regionali e garanti per i diritti delle persone detenute. L’iniziativa dell’on. Rita Bernardini, che ha disposto ispezioni di massa nelle carceri italiane per toccare con mano la realtà oltre le sbarre, ha trovato il plauso della Uil-Pa. La Casa Circondariale di via Cerreto dovrebbe essere visitata dal consigliere regionale, Enrico Fontana, nel pomeriggio del 14 agosto. L’istituto di pena del capoluogo ciociaro torna dunque sotto i riflettori, dopo i diversi interventi che nei mesi scorsi ne avevano evidenziato il problema del sovraffollamento. Solo qualche giorno fa c’è stata la visita al carcere di una delegazione composta dal segretario generale dell’Uil-Pa, dal segretario nazionale Giuseppe Sconza e dal segretario regionale del Lazio, Daniele Nicastrini. Al termine è stata stilata una relazione molto critica sullo stato della struttura e sull’organizzazione, inviata al vertice del Dap, al sindaco, al prefetto, al procuratore della Repubblica e al direttore generale dell’Asl. L’organizzazione sindacale aveva evidenziato, nella stessa relazione, "l’inadeguatezza del sito, la carenza di spazi verdi e aiuole e di aree per i familiari dei detenuti, oltre al complessivo stato di abbandono, degrado e incuria". Intanto, ieri sono stati rimossi ben 80 sacchi di spazzatura dagli spazi sottostanti le finestre delle celle del carcere. "Se non altro potremo rivendicare di aver contribuito a rendere più salubre l’aria che si respira alla casa circondariale di Frosinone" ha commentato con ironia Eugenio Sarno, segretario generale della Uil-Pa penitenziari. "La soddisfazione - ha aggiunto - non può, in ogni caso, rimuovere le responsabilità. Il deposito di rifiuti organici e inerti, era ingiustificato e ingiustificabile. Al di là della necessità di apporre alle finestre grate a maglie strette, resta l’omessa vigilanza sulle condizioni di salubrità e igiene. Certamente la rimozione dei rifiuti è solo una tappa per restituire dignità e decoro a una struttura dalle immense potenzialità, ma sfigurata dall’incuria e abbandonata al deperimento". In riferimento alla visita al carcere della delegazione Uil-Pa penitenziari, Sarno ha spiegato: "Non potevamo certo esimerci dal rendere edotte istituzioni terze, ma con competenze specifiche, di quanto avevamo potuto appurare durante la visita. Si parla tanto, e a ragion veduta, dello sfascio del sistema penitenziario dovuto a una storica politica dell’indifferenza verso il mondo carcerario. Noi non vogliamo fare gli struzzi, denunciamo e denunceremo ogni abuso". "A Frosinone - ha rimarcato il segretario generale della Uil-Pa penitenziari - abbiamo pensato che fossero lampanti alcune responsabilità amministrative, operative e gestionali e le abbiamo denunciate. Ora tocca all’amministrazione penitenziaria e ad altri enti accertare ed eventualmente disporre di conseguenza". "L’iniziativa dell’onorevole Bernardini, da noi convintamente sostenuta - ha concluso Sarno - ha mobilitato oltre cento parlamentari, cinque europarlamentari, una cinquantina di consiglieri regionali e quattro garanti che dal 14 al 16 agosto visiteranno circa 150 istituti penitenziari e 12 istituti penali per minori. Il consigliere Fontana a Frosinone potrà verificare di persona la rispondenza delle nostre circostanziate denunce, nell’auspicio che trovi anche il modo per soffermarsi ad approfondire il profondo malessere del personale, indagandone i motivi". Potenza: Uil; una grave carenza per personale infermieristico
Ansa, 12 agosto 2009
"La grave carenza del personale infermieristico che si registra presso la Casa Circondariale di Potenza sta letteralmente mettendo in crisi l’assistenza sanitaria nella struttura penitenziaria del capoluogo lucano. Attualmente lavorano ininterrottamente solo due infermieri su quattro che si alternano tra mattina e pomeriggio, sette giorni su sette". Ad evidenziarlo in lettere inviate ai Dirigenti Asp di Potenza, all’Assessore alla Salute della Regione e al Direttore della Casa Circondariale di Potenza sono il segretario generale della Uil di Basilicata Carmine Vaccaro e il segretario provinciale Uilpa Penitenziari Donato Sabia. "È facile immaginare - scrivono i dirigenti della Uil - l’insostenibilità di questa situazione per il personale sanitario,per la salute dei detenuti e per la stessa sicurezza del penitenziario. Nella fascia antimeridiana è presente una sola unità per la somministrazione dei farmaci, mentre il medico Sias è previsto dalle ore 16,00 in poi per cui la presenza degli infermieri è necessaria. Non si può chiedere a queste due persone di fare turni massacranti, di non potersi ammalare,di non usufruire di ferie, permessi e riposi in un momento di sovraffollamento delle carceri. Porto Azzurro (Li): catturato a Torino omicida evaso il 4 agosto
Ansa, 12 agosto 2009
Stava scontando una condanna a 25 anni per l’omicidio della moglie, ma dal 4 agosto era ricercato perché non era rientrato in carcere dopo un permesso premio: i carabinieri di Torino hanno arrestato Michele Daddiego, 62 anni, originario di Bari. L’uomo era evaso dal carcere di Porto Azzurro (Livorno) dove era detenuto per l’uccisione della consorte avvenuto 15 anni fa. I militari di Torino lo hanno individuato grazie alle informazioni fornite dai carabinieri di Portoferraio (Li): al momento del dell’arresto l’uomo ha anche tentato di estrarre una pistola calibro 22 , con il colpo in canna, risultata rubata, ma è stato immobilizzato dalle forze dell’ordine. Con lui sono state fermate anche le due figlie dell’uomo e il convivente di una di loro. Ascoli: iniziativa letteraria in carcere, in attesa Parlamentari di Marcello Pesarini
Ristretti Orizzonti, 12 agosto 2009
I penitenziari marchigiani ospitano oltre 1.100 detenuti, su una capienza regolamentare di 755; alle proteste che si susseguono da mesi da parte degli agenti di polizia penitenziaria del Sappe, che si erano anche consegnati in caserma a fine turno, si è aggiunta proprio ieri ad Ancona (391 detenuti presenti su 172 di capienza regolare) la battitura delle posate contro le sbarre da parte dei detenuti stessi. In questo clima i consiglieri regionali di Rifondazione Comunista, sempre attivi dalla ricognizione post-indulto del 2007 a quella contro l’ergastolo nel 2008, visiteranno il 14 agosto il carcere di Ascoli Piceno aderendo alla campagna del Partito Radicale. Le carceri sono piene, e chiedono di potere entrare nelle città. La serata organizzata dalla Casa Circondariale di Villa Fastiggi in collaborazione con la Biblioteca San Giovanni a Pesaro il 6 agosto è frutto di anni di lavoro, ed intende gettare dei semi in un campo dove urgono idee, volontà per uscire dal corto circuito che rischia di collassare il sistema della giustizia in Italia. Le Marche hanno anche una nuova legge quadro dal 2008 ma, come ha evidenziato Christian De Vito nella presentazione del libro "Camosci e girachiavi - Storia del carcere in Italia 1943-2007" durante la serata anche le migliori riforme, come la Gozzini, scaturita dalla necessità di uscita dal ciclo di lotte operaie degli anni 70 ed i seguenti anni di piombo, usando il filtro dell’articolo 27 della Costituzione, hanno impattato contro un sistema che "ingoia" l’individuo. Il rischio che, vista l’inutilità dei provvedimenti studiati per una popolazione che non è più così, si sfoci in proteste disperate e dolorose per tutti, è stato denunciato dall’autore stesso del libro. Gli attori della serata, ospitata nel fresco giardino della biblioteca nel centro storico della città, hanno recitato il loro quotidiano, fatto di avvicinamento della città al carcere, e di tentativi dei detenuti e delle detenute di riappropriarsi del luogo in cui vivevano, contraddistinto dalla libertà di muoversi. I prodotti agricoli della Fattoria Pitinum, azienda agricola della Casa Mandamentale di Macerata Feltria, i manufatti artigianali della falegnameria, del laboratorio di ceramica e di quello del riuso di Villa Fastiggi, venduti dall’Osservatorio permanente sulle carceri, che gestisce assieme alla Biblioteca una convenzione di riutilizzo di libri e denari, l’audiolibro delle detenute che leggono poesie e fiabe assieme agli studenti medi, sono il terreno sul quale la compagnia "Lo spacco", nata fra le mura del penitenziario può presentare i giovani attori Barbara e Salvatore, e chiedere loro di raccontare le loro emozioni quando vengono scortati dal cellulare degli agenti di polizia penitenziaria sul luogo del loro spettacolo. Anche le domande rivolte all’autore del libro ed agli attori hanno superato qualsiasi formalità celebrativa, evidenziando la necessità di ricerche sul campo dove la nuove generazioni possono dare molto, partendo dalla materialità del luogo di detenzione ed in essa accentuando le loro motivazioni verso la giustizia fondata su uno stato di diritto. Immigrazione: i profughi del Darfur in una caserma-prigione di Diego Longhin
La Repubblica, 12 agosto 2009
Il cancello grigio e un po’ arrugginito si è riaperto dopo due ore di tour nelle camerate. Tra i primi ad uscire c’è Mohamed, somalo, alza le braccia è le incrocia. Dalla bocca esce solo una parola in inglese: jail. La caserma di Via Asti, a Torino, per lui è come una prigione. E non è solo l’opinione di Mohamed, ma di tutto il gruppo di profughi del Darfur che ieri hanno visitato in anteprima la struttura che sarà pronta per fine agosto. "Questa sembra una prigione - dicono i rifugiati - ma noi non siamo detenuti". A non convincere non è la struttura, ma le regole che Comune e prefettura vogliono imporre. La bozza è stata consegnata ai rappresentanti dei profughi che da più di un anno occupano in maniera abusiva l’ex clinica San Paolo. Una serie di paletti, ad iniziare dal coprifuoco fissato alle 23.30, salvo problemi di lavoro che vanno comunicati per tempo. Televisione e computer spenti dopo mezzanotte. Vietato ricevere amici o conoscenti nelle camerate ed è obbligatorio comunicare dodici ore prima uscite dal centro per più giorni. Pena? Espulsione per assenze superiori ai due giorni non autorizzate. Se si condisce il tutto con la presenza dei militari all’ingresso per verificare chi entra ed esce per i profughi è meglio la clinica di corso Peschiera. "Perché tutti questi controlli? Non siamo delinquenti. Se voglio uscire la sera tardi per andare a trovare delle persone perché non posso? Meglio stare alla San Paolo", dice Yussif. La visita ha provocato una sorta di fobia da cancello chiuso, da controlli ad ogni passo. Ad accompagnare l’avanguardia di rifugiati che il 29 agosto verranno trasferiti, volenti o nolenti, in via Asti c’era l’assessore all’Assistenza, Marco Borgione, oltre a rappresentanti di questura, prefettura e delle associazioni che seguono da tempo il problema e che lavoreranno nel centro temporaneo. Tra la caserma ristrutturata e l’ex clinica San Paolo non c’è paragone, ma visto il vademecum, i profughi bocciano pure la nuova sistemazione. "Mancano le lavanderie, dobbiamo lavarci la roba a mano, c’è solo la cucina con cinque forni, ma non abbiamo visto la mensa, gli spazi nella camere dove dobbiamo dormire in dodici sono troppo stretti", dice Yasin, anche lui viene dalla Somalia. Poi è stato sollevato il problema Ramadan. Quasi in contemporanea con il trasferimento scatta il mese in cui gli islamici digiunano di giorno e mangiano solo la notte: "Come facciamo visto che si può cucinare solo dalle 6 alle 22.30?", dice un rifugiato. Comune e prefettura concederanno una deroga. La chiusura della clinica San Paolo, dove ormai ci sono 320 persone, non è in forse. Il sindaco ha già firmato l’ordinanza di sgombero e quando saranno completati i lavori di ristrutturazione ci saranno cinque giorni per organizzare il trasloco di 200 rifugiati. Le finestre dei profughi affacceranno su via Asti. Due i piani a disposizione con 18 camerate da 40 metri quadri e sei stanze dal 25 metri quadri, adatte per piccoli nuclei familiari. Venti box doccia per ciascun piano, più due locali cucina-mensa con forni e piastre. Soddisfatto Diego Castagno, vicepresidente della circoscrizione 8: "Nei prossimi giorni organizzeremo un incontro tra i due comitati di residenti, quello a favore del trasferimento dei profughi in via Asti e quello contrario, nella speranza di trovare una posizione serena e condivisa". Immigrazione: inferno di Ponte Galeria, sempre tutto esaurito di Andrea Onori
Periodico Italiano, 12 agosto 2009
È sempre tutto esaurito, stracolmo. Non è una sala del cinema dove si vedono sorrisi ed allegria, non è neanche una galera. È molto peggio. Un lager al centro d’Italia, nella capitale, "un posto farabutto, una discarica umana, dove ogni diritto è sospeso" disse Peppe Mariani, consigliere Regionale e presidente della Commissione Lavoro e politiche sociali del Lazio in un intervista a "Roma Today", esprimendosi sul CIE di Ponte Galeria dopo una sua inaspettata visita dentro il centro. Sono affollati all’inverosimile, le famiglie vengono divise e le condizioni di vita sono difficili, troppo difficili per sopportare una vita simile. Un sopralluogo a sorpresa in qualsiasi Cie d’Italia e si potrebbe scoprirne la zona di orrore, quella della disperazione e della violenza. Tutto ciò a pochi passi dal nostro vivere quotidiano. Qualcuno è scettico e non riesce a credere in ciò che si racconta dei Cie, qualcun altro è indifferente con un cuore di ghiaccio. Spesso le autorità nascondono ciò che succede in quei posti orrendi, senza provare a dimostrare il contrario di ciò che si racconta, perché non ci sono prove per dimostrare l’efficienza dei centri. Tutto finisce in un tombale silenzio. Nessuno vuole far sapere ciò che accade lì dentro, è troppo rischioso, è troppo disumano,"le parole non bastano per descriverla. Si tratta di una struttura vergognosa, tenuta malissimo, sporca, dove l’igiene non esiste, dove il fetore rende l’aria irrespirabile, dove manca l’acqua, dove le persone non vengono assistite da un punto di vista sanitario, dove persino il cibo è scarso. Strutture del genere non dovrebbero esistere in nessuna parte del mondo", diceva Peppe Mariani. E lì dentro, ci sono donne e uomini che non hanno mai commesso reati, sono in attesa di essere identificati e rispediti da dove sono scappati, per aver subito violenza fisica, economica e morale. Ora, queste persone potranno restare in quei lager fatiscenti anche per sei mesi e non oso immaginare cosa succederà lì dentro. "Mi chiedo: che senso ha una struttura umanitaria come la Cri all’interno del Cie se poi di umanitario lì dentro non c’è niente? L’assistenza sanitaria è inesistente. La struttura per di più costa una barca di soldi, senza produrre niente per la società." Ribadiva Peppe Mariani. Spesso ci si sente dire che alcuni settori non sono consentiti neppure al Garante dei detenuti. Ma chi può entrare e cosa nascondono per non portare alla luce del sole i loro segreti? In quelle doppie file di sbarre alte oltre tre metri e dentro stanze come tane per orsi, fatiscenti, urlano gridano e piangono uomini privi della loro libertà. Chi varca quei cancelli non ha i diritti che spettano ai detenuti né la dignità che spetta a ogni essere umano. Ponte Galeria è la sospensione della vita ed ogni detenuto deve sottostare alle regole dei loro carcerieri. "Man mano che giovani e meno giovani, nigeriani e bosniaci, rom e richiedenti asilo, tunisini e est europei ci si facevano incontro per parlare, raccontare, spiegare, chiedere, il funzionario di polizia Baldelli ha cominciato a spingerli, a intimare loro di farsi da parte, ci ha tolto di mano la penna con la quale stavamo prendendo appunti, ha preteso che gli consegnassimo il blocchetto, ci ha spinto verso l’uscita." è il racconto di alcuni funzionari regionali in visita all’interno del CIE. Sempre questi ultimi raccontano che qualcuno si diverte su di loro, e non mancano toni deridenti "a un giovane che si lamentava di non poter nemmeno comperare un deodorante, Baldelli ha risposto, noi testimoni: Ma a cosa serve a te un deodorante?" racconta Meltingpot nella nota dal titolo "Lo sceriffo di Ponte Galeria". Le violenze all’interno dei Cie sono continue, testimoniate da tantissimi fatti di cronaca che raccontano storie raccapriccianti. Qualcuno non riesce a sopportare simili vessazioni e preferisce togliersi la vita piuttosto che consegnarla ogni giorno alle mani di un carceriere. Tutti ricordiamo il suicidio di Mabruka Mimuni, una donna tunisina di 49 anni che era in Italia da 20 anni. La donna il giorno prima alle sue compagne detenute rivelò: "Piuttosto che tornare nel mio Paese mi ammazzo. Mi vergogno troppo per quello che mi è successo". Poi, di mattina, la scoperta del corpo senza vita. Si era ammazzata impiccandosi con una maglietta nel bagno della sua stanza."Le condizioni esistenti all’interno dei Centri di identificazione ed espulsione sono incompatibili con i diritti umani. Il suicido della ragazza tunisina conferma questa realtà che ho visto con i miei stessi occhi durante la visita al Cie di Ponte Galeria di qualche mese fa" commentò così la presidente della Commissione Sicurezza e Legalità della Regione Lazio Luisa Laurelli. Questo è stato uno dei tanti suicidi avvenuti all’interno dei Cie, molti di essi, a causa delle continue percosse che subiscono e della mancata libertà. Giovedì 25 giugno l’Ansa riportava in una nota un pestaggio da parte delle forze dell’ordine nei confronti di quattro nigeriani, "ospiti" (così li chiamano) del Centro di identificazione ed espulsione. Questo fatto è stato raccontato da un giovane magrebino, anch’egli ospite del centro. I quattro nigeriani, dopo l’episodio, sono stati portati via ancora sanguinanti, senza sapere dove fossero stati trasportati. Ma questa notizia all’opinione pubblica non è arrivata. Le sparizioni spesso sono denunciate dai migranti, il più delle volte rimangono inascoltate da chi può fare veramente qualcosa di concreto. Solo pochi giorni fa alcuni migranti reclusi nel Cie, hanno denunciato il pestaggio e la sparizione di un loro compagno, telefonando ad una radio, ma nessuna televisione di stato ne ha parlato, continuando a stare in silenzio per colpa di una politica faziosa ed arrogante. Questi abusi dei diritti umani invece, dovrebbero essere da prima pagina e dovrebbero indignare ogni singolo cittadino. Il racconto è apparso nel web da martedì scorso, quando un gruppetto di algerini era stato appena trasferito nel Cie di Roma da Bari. Tra di loro c’era anche un ragazzo gravemente malato di cuore, che durante la notte si lamentava e protestava. Alcuni carcerieri lo hanno portato in infermeria e poi nella cella di sicurezza senza procurargli i farmaci che doveva prendere ogni giorno. Nella cella di sicurezza, lo massacrano di botte per le sue continue lamentele. Durante la notte si sente malissimo, e il malato lascia il Centro a bordo di una ambulanza. La mattina dopo i suoi amici, che stanno raccontando in giro gli avvenimenti della notte, vengono raggruppati e portati via, in "isolamento" nel reparto delle donne. Il CIE è divenuto un contenitore dove infilarci gli immigrati e tutti gli indesiderati, un perfetto lager del XXI secolo. Sporco, stracolmo e violento, senza che mai nessuno si sia degnato di aprire un fascicolo o di effettuare controlli seri e determinati. Chi esce fuori dal lager racconta che sono esperienze dure e rivelatrici, però senza nessuna sorpresa. Luigi Nieri in un articolo ha raccontato ciò che hanno visto i proprio occhi all’interno del Cie, "un ragazzo brasiliano, nato a Roma, portato qui al compimento del 18° compleanno, che presto sarà spedito in Brasile, un Paese in cui non è mai stato. O quello di una donna maghrebina che, dopo aver scontato la sua pena a Rebibbia, ora è "detenuta" a Ponte Galeria. Ho visto, inoltre, un uomo anziano, in gravi condizioni di salute, sdraiato sul letto. Ogni volta per andare in bagno deve farsi aiutare da quattro persone. Non è questo il luogo in cui deve stare, questa struttura non è attrezzata a offrirgli adeguate cure mediche." Gambia: 6 giornalisti in carcere perché hanno criticato governo
Ansa, 12 agosto 2009
Svariate organizzazioni internazionali si stanno muovendo all’unisono per chiedere al governo del Gambia il rilascio di sei giornalisti arrestati a giugno. Sono stati condannati a due anni di carcere perché hanno sostenuto un comunicato dell’unione locale dei giornalisti che criticava il governo. "Quest’azione (la condanna, ndr), aggiunta all’omicidio che l’ha preceduto, delinea la minaccia continua alla sicurezza di tutti i media che cercano di svolgere il proprio incarico, spesso in circostanze di grande pericolo", ha affermato Rodney Pinder, direttore dell’International News Safety Institute, che con la Federazione internazionale dei giornalisti sta facendo pressione sui governi democratici e sulle organizzazioni finanziarie internazionali affinché rivedano i loro programmi di aiuti verso paesi, come il Gambia, dove i giornalisti sono costretti a lavorare sotto la minaccia del carcere. La situazione dei sei giornalisti è particolarmente grave, considerando le condizioni igieniche dei carceri gambesi e la precaria salute di uno di loro, Pap Saine.
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