Rassegna stampa 5 marzo

 

Giustizia: Veltroni; certezza pena, chi sbaglia deve pagare

 

Dire, 5 marzo 2008

 

"Non è veramente possibile che per i reati di pedofilia il nostro Paese abbia le maglie della giustizia così larghe". Lo dice Walter Veltroni nel comizio in piazza Matteotti a Genova trasmesso in diretta da Democratica TV. "È necessario - continua - che nessuno che abbia commesso atti di violenza nei confronti di un bambino possa tornare a compierli come è successo ad Agrigento". Veltroni torna a sottolineare l’importanza della "certezza della pena" perché "chi sbaglia paga".

Giustizia: Berlusconi; basta indulti, costruire nuove carceri

di Fabio Perugia

 

Il Tempo, 5 marzo 2008

 

Sicurezza: per Walter Veltroni è uno dei dieci pilastri del programma. Per Silvio Berlusconi è una missione nazionale. Partito Democratico e Popolo della Libertà a confronto sul tema della sicurezza: il primo impegnato, sulla carta, a proteggere il territorio dalle influenze interne; il secondo concentrato, sulla carta, a tutelare la sicurezza dei cittadini da "pericoli esterni".

È sulla lotta all’immigrazione clandestina che il Pdl decide di puntare. Vuole aprire nuovi centri di permanenza temporanea e contrastare l’enorme flusso degli irregolari, attraverso la collaborazione con altri governi europei e con i Paesi di origine e transito degli immigrati. L’Italia, del resto, è da anni in affanno per arginare l’insediamento in Patria dei clandestini. Per questo Berlusconi ha dato mandato ai suoi uomini di sviluppare un sistema di risanamento della sicurezza, confermando la legge Bossi-Fini e promuovendo l’entrata degli immigrati regolari - e lavoratori - provenienti da Paesi coi quali l’Italia ha già instaurato rapporti comuni di formazione professionale. Inoltre, dopo l’omicidio di Giovanni Reggiani, vuole restituire serenità agli italiani, "contrastando l’insediamento abusivo di nomadi e allontanando chi risulta privo di mezzi di sostentamento".

Il Pd vuole governare l’immigrazione: interpreta il fenomeno come una opportunità. Il programma di Veltroni boccia la legge Bossi-Fini e calando le sue carte il segretario democratico promuove l’estensione della durata dei permessi di soggiorno. Studia un patto di cittadinanza, ma soprattutto vuole concedere il diritto di voto amministrativo agli stranieri che risiedono in Italia da più di cinque anni. Sulla lotta ai clandestini poche righe e la proposta di un programma che possa favorire il rimpatrio volontario, oltre all’approvazione del "Pacchetto sicurezza" che lo stesso Veltroni sta cercando di trasformare in legge dai primi giorni di ottobre.

La protezione dei cittadini, così come è studiata dal maggiore partito del centrosinistra, vuole un’azione di riordino strutturale e organizzativo delle forze dell’ordine, l’estensione del "Patto per la sicurezza" a tutti i capoluogo di Provincia. Proponendo un "nuovo modello", vuole aumentare il numero degli agenti sulle strade. Un punto, questo, che sta a cuore anche al Cavaliere: "più risorse per la sicurezza" e "maggiore presenza di poliziotti e carabinieri di quartiere", si legge nel programma azzurro. E se è importante la tutela dei cittadini, lo è altrettanto quella delle forze dell’ordine: quindi aumento delle pene per i reati di violenza contro gli uomini in divisa.

I due candidati premier sono d’accordo su molti punti: sulla lotta al terrorismo e alla mafia, certo, ma anche sull’incremento della protezione delle categorie più a rischio. Come le donne (Veltroni pensa a un piano d’azione contro la violenza femminile), oppure i minori (Berlusconi istituirà anche il Tribunale della famiglia, per garantire i diritti di tutti i componenti del nucleo). Pd e Pdl si stringono la mano parlano di un sistema che assicuri maggiore certezza della pena e processi più corti (Berlusconi prevede anche di aprire nuove carceri).

Sull’apporto dei nuovi sistemi tecnologici alle esigenze di sicurezza, invece, è Veltroni a calare l’asso. Il Pd utilizzerà le reti senza fili a banda larga (Wi-Fi e Wi-Max) per consentire una maggiore possibilità di controllo del territorio nazionale in tempo reale.

Il tema della sicurezza, secondo gli ultimi dati, risulta al secondo posto tra le priorità degli italiani e al primo posto tra quelle degli elettori del centrodestra. Pd e Pdl si giocano una porzione importante della sfida per la corsa a Palazzo Chigi.

Giustizia: Fini; daremo certezza della pena e processi corti

di Giulia Martelli

 

Il Tempo, 5 marzo 2008

 

Gli italiani non hanno dubbi, vogliono sicurezza, vogliono poter vivere senza paura nella propria città e nelle proprie case. "Non mi meraviglia che sia questa la richiesta più forte dei cittadini - ha detto Gianfranco Fini - noi abbiamo le risposte che gli italiani vogliono, cioè più sostegno alle forze dell’ordine e maggiore cultura della legalità, intesa come certezza della pena e processi più corti".

Emerge poi che il tema della sicurezza coincide con il contrasto all’immigrazione clandestina: sì, quindi, alle espulsioni immediate. Il nostro programma inoltre - continua Fini - prevede tutta una serie di proposte di legge che presenteremo nell’arco della legislatura. Berlusconi ha detto più volte che alcuni disegni di legge li esporremo al primo Consiglio dei ministri, e questo sondaggio va bene per indicare le emergenze".

Malgrado la pioggia, Fini non è voluto mancare all’appuntamento di Roma per sostenere ancora una volta le candidature di Alemanno e di Antoniozzi: "C’è la percezione che Roma voglia cambiare pagina, Rutelli è un film già visto che a molti non è piaciuto. Siamo convinti che ci siano ragionevoli possibilità di raggiungere il primo obiettivo che è il ballottaggio, e altrettanti ragionevoli motivi per vincere il 27 aprile e avere finalmente un sindaco che non sia espressione del centrosinistra, e un presidente della Provincia che sia la continuità della precedente esperienza Moffa".

Riguardo il 22% del campione che si dichiara indeciso aggiunge: "È fisiologico, ma tradizionalmente finiscono sempre per premiare chi fa opposizione. Anche gli avversari si stanno rendendo conto che possiamo farcela. Non a caso Zingaretti ha detto "non lasciatemi solo, perché qui si rischia". Sanno anche loro che il risultato può premiare Alemanno e Antoniozzi e punire l’amministrazione uscente".

Su Mastella che decide di correre da solo e sul "caso" Bassolino, Fini non ha dubbi: "Mastella non è uno che si mette dietro la porta aspettando che qualcuno gli bussi, trovo quindi coerente la sua volontà di correre da solo. Per quanto riguarda Bassolino, credo che debba dimettersi, la situazione è insostenibile. Comprendo l’imbarazzo di Veltroni perché sarà difficile spiegare in Campania che il Pd rappresenta la novità con i volti di Bassolino e della Iervolino".

L’ultima stoccata, prima di andarsene la lancia proprio al candidato premier del Pd: "Ascoltando Veltroni si ha la prova che soffre di amnesia e che ha dimenticato che negli ultimi due anni di governo c’è stato Prodi che è anche il fondatore del Pd. Veltroni parla come se fosse il capo dell’opposizione e in ogni circostanza dice che non è sufficiente cambiare il governo. Dovrebbe ricordare che se vogliamo veramente cambiare l’Italia, dobbiamo cambiare il suo governo".

Giustizia: Osapp; da Veltroni nemmeno una parola sulle carceri

 

Il Velino, 5 marzo 2008

 

"È sconfortante che il candidato premier del centrosinistra non abbia speso neanche un parola sulla questione delle carceri. Così Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, interviene a commento delle dichiarazioni rilasciate oggi da Walter Veltroni a "Porta a Porta". "Significa - sottolinea - che la "questione detenuti", e il destino di 42 mila uomini e donne della Polizia penitenziaria, non sono un argomento così appetibile per l’attenzione del pubblico.

Dopo la presentazione dei programmi, pressoché identici, ci si appresta ad un dibattito nel quale viene disegnata un’Italia irreale, e si lasciano a casa i veri problemi del paese. Adesso sono certamente più attraenti le dispute per la formazione delle candidature, e le polemiche seguite dopo i casi eccellenti di esclusione dalle liste, tra cui clamorosa per l’apporto all’Antimafia è stata quella di Beppe Lumia del Partito Democratico.

Sui temi della Giustizia, però, oltre che a suggerire ipotesi stravaganti come quella del "manager giudiziario", e delle corti popolari o, per quel che ci riguarda, della costruzione di nuovi istituti con l’illusione che qualcuno le possa far funzionare, non ci si sofferma mai veramente sui "drammi" che patisce il sistema giudiziario: sullo stato delle strutture giudiziarie, sul crescente disagio che la Polizia Penitenziaria vive nelle sezioni detentive, sui fiumi di denaro spesi inutilmente dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni negli anni (ultimo il contributo di 450 mila euro della regione Veneto alla Caritas vicentina), e che non sono serviti a garantire né il pieno reinserimento dei detenuti, né maggiore sicurezza per la collettività.

"Pensiamo - attacca Beneduci - che la politica sia arrivata a un punto morto, e l’affermazione di percorsi identici, sia da parte del Pd che da parte del Pdl, ne è la dimostrazione lampante. Siamo fiduciosi che qualcuno ci conduca fuori dal vicolo cieco dove questa cattiva gestione ci ha portato finora.

Le idee nuove tardano ad arrivare, e il coraggio iniziale dimostrato nel presentarsi da soli è appannato dalle schermaglie che si stanno consumando ora in sede di composizione dei seggi elettorali, e dalla riproposizione di annunciati nuovi tentativi di conquista del voto, come quello del contratto con gli italiani. Ci domandiamo se il paese, il carcere e la Polizia penitenziaria - conclude il segretario Osapp - meritino di essere saccheggiati ancora una volta, con il voto del 13 aprile".

Giustizia: 1.000 detenuti che fanno "lavori di pubblica utilità"

 

Ansa, 5 marzo 2008

 

Il lavoro per i detenuti non è obbligatorio e attualmente a svolgerlo, in forma retribuita, è circa il 25% della popolazione carceraria. La proposta di Gianfranco Fini di "condannare a lavorare i delinquenti" è realizzabile solo con una modifica al Codice e all’Ordinamento Penitenziario. Da circa quattro anni a questa parte, però, ci sono circa 1.000 - 1.500 detenuti al giorno che escono da 102 carceri (su un totale di 205) per svolgere, senza essere pagati, lavori di pubblica utilità, come ad esempio raccogliere rifiuti o cartacce in parchi pubblici, strade, oppure pulire le case per anziani.

Il progetto, ribattezzato "Lavori di pubblica utilità", ha preso il via alla fine del 2004 una ventina di detenuti della casa circondariale di Verbania usciti per ripulire i boschi della zona, ed è andato ampliandosi nel corso di questi anni, fino a raggiungere il "picco" di circa 2.500 detenuti al giorno nel periodo pre-indulto.

"I detenuti - spiega l’ispettore di Polizia Penitenziaria Vincenzo Lo Cascio, che coordina e monitora il progetto del Dap - chiedono di poter utilizzare uno o più dei 45 giorni di permessi premio che spettano loro così da svolgere un’attività a favore della collettività. I magistrati di sorveglianza, autorizzando questo genere di lavori, hanno dimostrato di credere nel progetto".

Quanto invece ai detenuti che lavorano dietro compenso, 11.005 vengono stipendiati dall’amministrazione penitenziaria perlopiù in servizi svolti all’interno del carcere (pulizie, distribuzione del vitto, o altri lavori non qualificati), mentre gli altri 1.604 sono alle dipendenze di imprese o cooperative sociali che per negli ultimi anni hanno potuto beneficiare della "Smuraglia", la legge che nel 2000 introdusse benefici fiscali e contributivi per le aziende che offrono lavoro ai detenuti.

Giustizia: Sidipe; perché i detenuti non potrebbero lavorare?

 

Comunicato Sidipe, 5 marzo 2008

 

Tutti gli operatori penitenziari che, effettivamente, lavorano nelle carceri italiane sanno come il lavoro, dopo quello perso della libertà, sia il primo desiderio della generalità delle persone detenute le quali, spesso, sopportano il degradante stato degli istituti penitenziari proprio nella speranza che, nel rispetto della cabala del lavoro (per lavorare occorre fare parte di apposite liste, le quali tengono conto di una serie di requisiti, quali la posizione giuridica, la lunghezza della pena, da quanto tempo si sia disoccupati, quale sia il carico familiare, se si abbiano o meno risorse, se si abbiano abilità professionali certificate, etc.), si individuino "i fortunati" i quali, invece di trascorrere nell’ozio forzato, all’interno di celle sempre più strette, le ore che non passano mai, si vedranno impegnati in attività lavorative, ricevendone in cambio un trattamento economico dignitoso, il quale si richiama ai contratti di categoria, ove si potranno aggiungere gli assegni familiari e dove sono operati anche i contributi previdenziali ai fini pensionistici.

Vi sono detenuti che, pur di lavorare, affronterebbero qualunque difficoltà: spesso è proprio il lavoro che opera la più profonda delle distinzioni tra le persone ristrette, tra gli "in" e gli "out". Chi lavora, con quanto guadagna, può pagarsi una migliore difesa, può aiutare la famiglia, può acquistare generi di conforto, dalle sigarette alle scarpe sportive, dalla "Nutella" alle mutande…

Purtroppo le attuali carceri non sono state pensate per favorire concrete possibilità di lavoro, per consentire l’accesso delle imprese che cercassero una manodopera particolarmente motivata e spesso specializzata: vecchi istituti di pena sorti in manieri o in conventi, così come anche diversi nuovi istituti, quelli delle "carceri d’oro", sono sorti come "grigi e tetri contenitori" piuttosto che come cittadelle penitenziarie, piuttosto che come distretti formativi ed occupazionali, e non consentono l’accesso di TIR, lo stivaggio di materie prime, di semilavorati, l’allestimento di macchinari industriali, etc.

Proprio sul tema del lavoro in carcere, da Trieste, si sta sviluppando una scuola di pensiero, che vede la partecipazione di docenti universitari del mondo del Diritto e perfino della Facoltà di Architettura, di rappresentanti del mondo della formazione professionale, del mondo del lavoro, di psicologi ed esperti, nonché di operatori penitenziari, impegnati a trovare soluzioni concrete, non aria fritta, percorribili per consentire al numero vasto di persone ristrette di poter lavorare, di poter rispettare, almeno in carcere, il primo articolo della Costituzione Italiana.

Sono stati anche organizzati diversi convegni, uno persino nel carcere di Trieste con la presenza degli stessi detenuti, e gli apprezzamenti sono stati lusinghieri.

Il primo convegno, che ha visto come luogo di svolgimento, la solenne Aula Magna dell’Università di Trieste, nell’aprile scorso, quindi in tempi non sospetti di "odore elettorale", organizzato dall’Istituto Internazionale di Studi sui Diritti dell’Uomo e dal Sindacato dei Direttori Penitenziari (Sidipe era intitolato: "Per una nuova idea di carcere, fabbrica del reinserimento sociale".

Attraverso i numerosi interventi, anche riportando esperienze di altri stati europei, si identificava nel lavoro la reale possibilità di riscatto delle persone che si trovano in carcere, in una concezione moderna del concetto di restrizione della libertà. Riconoscendo come il carcere può, all’interno della società, diventare un elemento di sviluppo sociale ed economico, e non esclusivamente un centro di costo.

Quindi non è affatto vero che i detenuti non vogliano lavorare, non è affatto vero che non si possa consentire il lavoro all’interno delle carceri, non è affatto vero che vi siano problemi se non quelli della burocrazia e della volontà politica.

Ma per fare lavorare i detenuti è necessario, nonché rappresenta la base prima di ogni intervento, realizzare nuove, moderne, intelligenti perché "umane" e sicure, strutture penitenziarie.

A tal proposito si è proposto di riqualificare le caserme recentemente dismesse ed impegnare anche il mondo della finanza e dell’imprenditoria privata, realizzando carceri in project financing, assicurando i flussi di cassa a quanti vorranno investire nella produzione carceraria, attraverso il contestuale affidamento complessivo, per un congruo numero di anni, di quei servizi che già oggi, si ripete già oggi, a legislazione "ferma", sono o possono essere conferiti ai privati: appalto mantenimento pasti dei detenuti, appalti di pulizie, appalti di manutenzione degli impianti tecnologici, appalti del servizio di lavanderia, appalto della mensa aziendale del personale, appalto dei servizi di bar, etc.

In questo modo, con ogni probabilità si troverebbero finanziatori ed imprenditori interessati a realizzare, su aree pubbliche, e seguendo le istruzioni di massima della parte pubblica, nuovi istituti penitenziari, con tempi di esecuzione dei lavori certamente inferiori di quelli di 15-20 anni che appartengono allo Stato, e con costi sicuramente più bassi.

I nuovi istituti non dovranno avere una capienza superiore alle 300 unità, affinché non diventino luoghi spersonalizzati, che penalizzino sia il personale penitenziario che gli stessi detenuti.

Piccole cittadelle penitenziarie capaci di attirare le imprese industriali ed artigiane, capaci di fare innovazione tecnologica e di interessare il mercato. Già oggi esistono realtà penitenziarie produttive, dove sono presenti laboratori di panetteria, pasticceria, di sartoria, etc.

Non è un sogno, bensì una lucida razionale progettualità che, se soltanto si sapranno buttare alle ortiche luoghi comuni e ogni sorta di ideologismo, sarà sicuramente possibile realizzare, con qualunque serio governo che verrà.

La pretesa di far lavorare i detenuti non è una boutade, come molti, istituzionalmente pigri, si sono affannati a rappresentare, ma una strategia reale e possibile, anche se meno attraente rispetto alla vulgata di "liberiamoli tutti": meglio avere a che fare con migliaia di detenuti lavoratori, che avanzano pretese sindacali anche rumorose, piuttosto che con le bande organizzate di mafiosi, camorristi, etc. etc.

 

Il Segretario Nazionale Sidipe

Dr. Enrico Sbriglia

Giustizia: Idv; legge anti-stalking è primo punto in agenda

di Pino Pisicchio (Italia dei Valori)

 

Il Tempo, 5 marzo 2008

 

Quando una legislatura si chiude in modo così traumatico molte sono le incompiute. All’interno dell’agenda degli impegni per la nuova legislatura, dunque, tra le priorità vorremmo proporre a tutti i competitori di questa campagna elettorale la sottoscrizione di un impegno speciale a concludere il lavoro che la Commissione Giustizia della Camera aveva compiuto sullo stalking, il provvedimento che sarebbe andato in aula il 28 gennaio.

Che cosa sia lo stalking, la molestia insistente e malevola, il gesto arrogante di affermazione quasi proprietaria del maschio sulla donna (ma c’è anche un 15% che si muove all’incontrarlo con l’uomo come parte lesa) è raccontato dalle cronache drammatiche dei nostri giorni: si può dire che quasi tutti gli episodi di violenza subiti dalle donne abbiano a origine una storia di molestie insistenti.

Il molestatore (in inglese "stalker") in genere è l’ex: l’ex marito, l’ex convivente, l’ex fidanzato, figura maschile che ritiene di aver impresso una volta per tutte il proprio marchio proprietario sulla donna, marchio destinato a una indelebilità che travalica anche la fine del rapporto. Con il gesto di molestia l’ex riafferma, dunque, la sua egemonia sulla donna, negandole ogni autonomia vitale. Naturalmente esistono anche altre tipologie di stalker. Così il disturbato mentale, che ha voluto interpretare un semplice gesto di cortesia della donna da lui sognata come un messaggio di disponibilità: per lui la presa di coscienza della verità diventa spesso occasione di dolore e di reazione spropositata.

Ma sono stalker anche gli autori degli appostamenti sotto casa, delle telefonate assillanti negli orari più impensati, delle mail più indesiderate. Il fenomeno è più diffuso di quanto non si immagini e rappresenta non solo l’anticamera più frequente del reato di violenza sessuale, ma è anche motivo rilevantissimo di gesti omicidi: è stato calcolato che almeno il 10% degli omicidi compiuti nel nostro paese ha all’origine un atteggiamento di molestia insistente.

L’ordinamento italiano punisce l’omicidio, la violenza sessuale, la violenza privata ma non ha strumenti per contrastare lo stalking. La Commissione Giustizia della Camera aveva adottato un testo normativo molto efficace per prevenire e contrastare il fenomeno, mettendo in atto, tra l’altro, un meccanismo di diffida nei confronti degli autori di condotte moleste.

In altri termini lo stalker non avrebbe potuto avvicinare la vittima per nessuna ragione: se lo avesse fatto sarebbero scattate pesanti sanzioni nei suoi confronti, fino all’arresto. Insomma una buona norma, peraltro condivisa, da destra a sinistra. Una norma che, però, non è stata approvata e che oggi non può non rappresentare una priorità per tutti gli schieramenti politici. Un risarcimento che dobbiamo alle donne, ancora una volta le più danneggiate, anche dalla fine della legislatura.

Giustizia: nasce associazione per italiani detenuti all’estero

 

Ansa, 5 marzo 2008

 

Allo scopo di difendere i diritti civili dei cittadini italiani detenuti nelle carceri di tutto il mondo, è nata "Prigionieri del silenzio". L’associazione, senza fini di lucro, è presieduta da Katia Anedda, compagna di Carlo Parlanti, il manager italiano detenuto in un carcere americano da oltre 3 anni, e si avvale della consulenza legale del penalista romano Gianluca Arrighi e dell’avvocato Emanuela Santarelli.

Lo scopo,come è spiegato in un comunicato dell’associazione, è creare un movimento d’opinione pubblica in favore dei detenuti italiani all’estero e promuovere iniziative a sostegno delle famiglie sia durante lo svolgimento del processo sia nella fase del reinserimento nella vita sociale dei condannati che hanno espiato la pena. "Prigionieri del silenzio" vuole essere espressione di solidarietà in quello che, secondo l’associazione, è un settore nel quale "le istituzioni governative sembrano disinteressarsi in modo preoccupante".

Giustizia: pubblicato Decreto sul Gruppo Operativo Mobile

 

Asca, 5 marzo 2008

 

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (Serie generale n. 50) del 28 febbraio 2008 il Decreto del Ministero della Giustizia 4 giugno 2007 che istituisce il Gruppo Operativo Mobile (GOM).

In breve: il GOM è chiamato a svolgere i seguenti compiti: curare le traduzioni ed i piantonamenti dei detenuti ed internati ad altissimo indice di pericolosità; provvedere al servizio di custodia dei detenuti sottoposti al regime speciale previsto dall’art. 41bis, legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché dei collaboratori di giustizia maggiormente esposti a rischio.

Il personale è nominato dal capo del Dipartimento, scelto fra gli appartenente ai ruoli del corpo di polizia penitenziaria e tra gli ufficiali del ruolo ad esaurimento del disciolto corpo degli agenti di custodia.

Circa i requisiti per l’accesso al GOM, la direzione generale del personale e della formazione provvede ad emanare apposito interpello, individuando il numero dei posti disponibili, e prevedendo che il 10% dei posti sia riservato agli agenti neoassunti; alla restante parte dei posti resi disponibili è assegnato personale appartenente ai ruoli della Polizia penitenziaria in possesso dei seguenti requisiti: età non superiore a trentacinque anni (per gli appartenenti al ruolo degli agenti e assistenti) e non superiore a quaranta anni (per gli appartenenti ai ruoli dei sovrintendenti e degli ispettori); assenza di qualsiasi patologia; aver riportato nei rapporti informativi degli ultimi tre anni un giudizio non inferiore a "buono"; completa disponibilità all’impiego in qualunque sede il GOM sia chiamato ad operare.

Valle d’Aosta: reati stabili, la regione tutto sommato è sicura

 

Ansa, 5 marzo 2008

 

Sono state 2.097 le denunce per furti registrate lo scorso anno in Valle d’Aosta. Il dato, reso noto ieri dal presidente della Regione, Luciano Caveri, nel corso della seduta dell’Assemblea degli enti locali dedicata alla sicurezza, è in leggero aumento rispetto al 2006 (2.021).

"I furti - ha commentato il presidente Caveri - costituiscono l’elemento più consistente e maggiormente avvertito con preoccupazione dalla popolazione, ma complessivamente non risultano nella nostra regione fenomeni di particolare spessore sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica".

Secondo i dati forniti ieri dal presidente della Regione, che in Valle d’Aosta svolge funzioni prefettizie, le rapine consumate nella sono state 17; 5 quelle tentate, 9 gli arresti e 15 persone denunciate. Nel campo delle truffe sono 58 i reati registrati dai carabinieri, 33 dalla polizia (4 persone denunciate e 3 arrestate) e 1 dalla guardia di finanza (1 soggetto denunciato a piede libero). Il presidente Caveri ha inoltre rilevato "nessun particolare riscontro per la criminalità organizzata" ed ha confermato "l’assenza di manifestazioni tangibili dell’operatività di organizzazioni criminali di tipo organizzato". In materia di stupefacenti "la Valle d’Aosta - ha aggiunto il presidente Caveri - non registra un traffico di grandi quantitativi, nel 2007 si è riscontrata una diminuzione delle segnalazioni di persone dedite al consumo".

Roma: indagine Codici; criminalità organizzata è in aumento

 

www.helpconsumatori.it, 5 marzo 2008

 

Le cosche mafiose hanno trovato un nuovo terreno fertile nella Capitale. Secondo un’indagine di Codici sono in preoccupante crescita le infiltrazioni malavitose a Roma e provincia. Lo testimoniano i numerosi episodi di criminalità che hanno come protagonisti clan camorristi e di Cosa Nostra. L’unica soluzione possibile per arginare il fenomeno è una risposta ferma delle istituzioni. A tal fine l’associazione invita i candidati alle prossime elezioni amministrative ad inserire nel programma politico un’efficace piano per la sicurezza dei cittadini.

"Nella Regione Lazio - denuncia Codici - la presenza di associazioni a delinquere è caratterizzato da gruppi criminali affiliati ai clan malavitosi di Campania, Calabria e Sicilia, nonché dalle nuove mafie, quelle estere che continuano ad accaparrarsi parte del territorio attraverso il traffico di droga e la prostituzione. Le cosiddette infiltrazioni mafiose spesso si intrecciano, sovrapponendosi, anche nelle medesime zone. La stessa Dia ha evidenziato come vi sia la presenza, nella parte meridionale del Lazio e nell’intero tratto costiero, di elementi collegati a Cosa Nostra, con le famiglie Privitera e Cursoti, mentre a Roma, è presente il clan camorrista dei Casalesi che dal Casertano sta prosperando in mezzo mondo: Spagna, Russia, Romania, Polonia, Ungheria, Lussemburgo, Tunisia, Australia, Sud America, nazioni queste che sono origine di alcuni importanti traffici illegali come droga e prostituzione".

Gli episodi di criminalità hanno un diretto impatto sulla vita dei cittadini che, costretti dalle difficoltà economiche, sono spesso vittima degli usurai. "È facilmente deducibile - commenta il segretario nazionale Codici, Ivano Giacomelli - da alcuni indicatori che la situazione per le famiglie laziali è al limite del tracollo. I dati documentati dal Codici confermano che il 21,8 per cento dei residenti vive oggettivamente sotto la soglia della povertà stabilita in 576 euro al mese per un single; 1276 per una famiglia di tre persone; 1824 per un nucleo composto da padre, madre e tre figli. È evidente che in questo contesto, alto è il rischio per la popolazione di ricorrere al cravattaro".

"Nonostante le indagini e le operazioni della Dia, - conclude Codici - è evidente che le cosche criminali continuano ad infiltrarsi e sono ben radicate a Rma e Provincia. Gli enormi proventi di questi affari avviano una seconda fase dell’organizzazione: ingenti quantità di denaro vengono infatti ripulite con attività legali, (ristoranti, club, bar, autosaloni, negozi di abbigliamento, finanziare, grandi magazzini, ecc. ), molte delle quali hanno anche la funzione di fare da trait d’union tra i gruppi criminali e la classe politica e dirigente". L’associazione lancia dunque un appello alle istituzioni ed ai candidati alle prossime elezioni di Roma e Provincia affinché realizzino misure concrete contro criminalità organizzata ed usura.

Fossombrone: borse-lavoro a 3 detenuti, cureranno le strade

 

Corriere Adriatico, 5 marzo 2008

 

Tre detenuti impegnati a ripulire 1.400 caditoie stradali a Fossombrone. Riferita così la notizia può sembrare un dato tra la curiosità e la statistica. Si tratta invece di un’iniziativa a valenza sociale e di grande utilità visto che da anni c’è una vera e proprio emergenza in tema di caditoie intasate.

 

Assessore Michele Chiarabilli a che punto è l’esperimento di impiego di detenuti per lavori lungo le vie cittadine?

"Il 7 gennaio come Comune abbiamo stipulato la convenzione con la direzione della locale Casa di Reclusione per avviare un progetto che coinvolge tre detenuti nelle operazioni di pulizia delle caditoie stradali dislocate nel territorio comunale".

 

Per quanto tempo saranno impegnati?

"I tre detenuti coinvolti nell’iniziativa, svolgeranno l’esperienza di stage per un periodo di sei mesi con borsa lavoro finanziata dalla Cassa delle Ammende dell’Amministrazione Penitenziaria".

 

Come viene giudicato il progetto in termini sociali?

"Il progetto è di alta utilità sociale in quanto può favorire la rieducazione ed il reinserimento del condannato assumendo una valenza positiva sulla personalità dei soggetti coinvolti, ha valenza di riparazione sociale, giova ed incide nel recupero del patrimonio ambientale".

 

Questo intervento sulle caditoie era necessario?

"È importante sottolineare il valore dell’intervento che consiste nella pulizia di circa millequattrocento caditoie stradali, il cui eventuale intasamento potrebbe impedire il normale deflusso delle acque piovane e provocare l’allagamento delle sedi stradali creando un possibile pericolo per la pubblica incolumità".

 

Chi coordina gli interventi?

"L’intervento di manutenzione è eseguito secondo un calendario delle priorità redatto dall’ufficio tecnico comunale".

 

E la direzione del carcere?

"Il progetto proposto dal Comune di Fossombrone è stato subito accolto favorevolmente dalla direttrice della Casa di Reclusione Maria Lucia Avantaggiato e dagli educatori. Vorrei ringraziare per il supporto accordatomi, il responsabile del settore lavori pubblici Gabriele Montoni ed il capo operaio Albertino Ciacci che sta svolgendo in maniera impeccabile la mansione di coordinatore del progetto. Infine va sottolineato l’impegno e l’entusiasmo dimostrato sinora dai tre detenuti nello svolgere i compiti loro assegnati".

 

Si tratta di un’esperienza che potrà continuare?

"Per poter continuare questa importantissima esperienza, è stato presentato un ulteriore progetto tramite l’ambito territoriale sociale 7 che prevede lavori di pubblica utilità da effettuare anche per il futuro".

Bologna: rissa nella notte, picchiati 2 agenti penitenziari

 

Il Resto del Carlino, 5 marzo 2008

 

Nella notte tra giovedì e venerdì scorso due agenti della Polizia penitenziaria di Bologna sono stati picchiati nel corso di una lite scoppiata in strada in via San Vitale, in pieno centro a Bologna. Ancora tutti da chiarire i contorni della vicenda, per il momento molto nebulosa: ciò che è certo, al momento, è che i due hanno avuto la peggio, riportando lievi escoriazioni sul volto, anche perché si sono trovati a fronteggiare una gruppo di 6-8 persone.

La vicenda, sotto forma di una segnalazione dei carabinieri, è arrivata anche in Procura, dove ora si lavora per scongiurare l’ipotesi di un’azione di vendetta nei confronti di guardie carcerarie. Lo spiega il procuratore capo Enrico Di Nicola, che ha assegnato il fascicolo al pm Morena Plazzi. "La segnalazione ci è arrivata ieri - dice il numero uno di piazza Trento Trieste - voglio vedere se si può trattare o meno di qualcosa che io giudico molto pericoloso, ovvero una forma di vendetta contro la Polizia penitenziaria".

Troppo presto, però, per fare ipotesi, sulla base delle poche informazioni disponibili fino ad oggi. A segnalare una violenta lite in corso (iniziata in piazza della Mercanzia e poi sfociata in aperto litigio in via San Vitale) è stato qualcuno che intorno alle 3.30 ha chiamato la stazione dei carabinieri di Bologna centro. I militari sono intervenuti sul posto, ma non sono stati i soli, in breve tempo sono arrivate infatti anche alcune volanti della Polizia e la Digos. In Procura per ora è arrivata solo questa prima informativa, non ci sono però testimonianze e neanche le denunce dei due poliziotti feriti.

Secondo la prima ricostruzione, i due agenti fuori servizio si sono trovati a fronteggiare un gruppo di sei-otto persone, di cui per ora non si sa nulla. Gli agenti della Penitenziaria fuori insieme quella sera sarebbero però stati, in realtà, sei persone, quattro delle quali sarebbero intervenute soltanto quando la rissa era ormai terminata.

I due poliziotti feriti, stando a quanto scritto nell’informativa dei militari, sulle prime hanno anche rifiutato le cure mediche dicendo di non averne bisogno. La Procura cercherà ora, prima di tutto, di chiarire i fatti, e per farlo chiederà alle altre forze di Polizia intervenute sul posto di far arrivare quanto prima resoconti e chiarimenti sui fatti di quella notte.

Napoli: appello per detenuto 62enne gravemente ammalato

 

Garante dei detenuti del Lazio, 5 marzo 2008

 

Recluso dal 2003 nel carcere di Secondigliano, un detenuto 62enne gravemente ammalato, attende da mesi che i magistrati decidano sulla sua richiesta di misura alternativa al carcere.

Il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni: "Il diritto alla salute di quest’uomo viene prima di tutto, quale che sia il reato che ha commesso".

Arrestato nel 2003 nell’ambito di un’indagine per droga, ed ancora in stato di custodia cautelare nel carcere di Secondigliano, un detenuto napoletano di 62 anni gravemente malato, Castrese P., attende da mesi che i magistrati decidano sulla sua richiesta di essere trasferito agli arresti domiciliari o in una clinica dove possa essere curato. La vicenda è stata sollevata dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti del Lazio Angiolo Marroni, coordinatore della Conferenza Nazionale dei Garanti Regionali, cui è giunta una lettera con una richiesta di aiuto dal figlio del recluso.

A quanto risulta al Garante, fin dal suo arresto nel 2003 Castrese ha dichiarato e provato il suo stato di malato con gravi patologie invalidanti, chiedendo la possibilità di ricevere cure appropriate, ben consapevole del fatto che l’attuale sistema sanitario delle carceri italiane non gli avrebbe garantito ciò di cui aveva bisogno. "Da allora - hanno scritto al Garante i familiari di Castrese - iniziammo una battaglia con innumerevoli richieste di intervento ai medici di reparto e domande di colloquio con autorità interne, vista anche la profonda decadenza umana e morale che ha colpito mio padre durante la detenzione e che si protrae nel tempo senza che si intravedano soluzioni o rimedi di sorta".

Il 9 giugno 2007 i medici nominati dal Tribunale che avevano visitato l’uomo in carcere, presentarono una perizia le cui conclusioni furono a dir poco allarmanti: l’uomo - affetto da neoplasia vescicole, ipertensione arteriosa, diabete mellito, artropatia, grave danno all’apparato masticatorio - aveva assoluta necessità di vedere sostituzione la misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari quantomeno in una clinica attrezzata alle cure del caso. Ma da allora le richieste non hanno avuto risposta.

"Quest’uomo ha un urgente bisogno di una misura cautelare più affievolita che gli consenta di curarsi in una struttura adeguata - ha detto il Garante dei Detenuti Angiolo Marroni - dal momento che in carcere non riceve le cure del caso. In via subordinata era stato chiesto il trasferimento in una struttura carceraria più attrezzata per le sue patologie. È una vicenda davvero sconcertante: il diritto alla salute di quest’uomo viene prima di tutto, quale che sia il reato che ha commesso".

Vicenza: dalla Regione 450 mila € per Associazione Diakonia

 

Dire, 5 marzo 2008

 

È in arrivo una pioggia di finanziamenti regionali a favore dell’associazione vicentina Diakonia Onlus, che opera per il reinserimento dei detenuti nel carcere locale. Il contributo economico, che garantirà la prosecuzione e l’ampliamento del progetto "Il lembo del mantello", ammonta a un totale di 450 mila euro: 150 mila per ciascuno degli esercizi finanziari 2008, 2009 e 2010.

Il progetto, avviato dalla Caritas vicentina tramite Diakonia, in questi anni ha puntato a reinserire in società i detenuti non tossicodipendenti e non in situazione di patologia psichiatrica conclamata. "Con il sostegno della Regione - commenta l’assessore Valdegamberi - il progetto potrà continuare e anzi diffondersi ad altre realtà carcerarie per affrontare il problema di quella fascia di detenuti che stanno scontando la fase finale della detenzione e per i quali il percorso di inserimento lavorativo e sociale, in particolare attraverso le misure alternative, è fondamentale per dare chances di recupero e di restituzione a una vita normale".

Venezia: la libertà della parola, incontro sulle carceri cubane

 

www.mangialibri.com, 5 marzo 2008

 

Lunedì 17 marzo a Venezia alle 18 nella Sala San Leonardo, Strada Nuova 1584, si terrà l’incontro con il poeta e dissidente cubano Armando Valladares intitolato "La libertà della parola".

L’incontro è organizzato dall’Associazione Cifrematica di Venezia in occasione della pubblicazione del libro di Armando Valladares "Contro ogni speranza. 22 anni nel gulag delle Americhe dal fondo delle carceri di Fidel Castro" (Spirali 2007).

Interverranno al dibattito: Maurizio Cerruti, giornalista, caporedattore della pagina degli Esteri de "Il Gazzettino", e Andrea Molesini, poeta, scrittore, professore all’Università di Padova. Introduce Arianna Silvestrini, presidente dell’Associazione Cifrematica di Venezia. L’avvenimento è organizzato con la collaborazione del Comune di Venezia e con la partecipazione della Banca del Veneziano. Armando Valladares: "Quando questa storia sarà conosciuta nei particolari, l’umanità proverà lo stesso disgusto che ha provato di fronte ai crimini di Stalin".

Note sul libro - Questo libro testimonia ventidue anni trascorsi nelle carceri politiche di Cuba, solo per aver espresso opinioni diverse da quelle del regime di Fidel Castro. Partendo da un’esperienza personale dell’autore, il volume descrive parte della spaventosa realtà che si vive negli oltre 200 penitenziari (tra massima sicurezza, campi di concentramento, "fattorie" e "fronti aperti" per il lavoro forzato) oggi attivi nell’isola.

Quando Amnesty International denunciò la fucilazione di decine di oppositori politici chiedendone conto al governo cubano, una dittatura che è al potere da oltre un quarto di secolo, il vicepresidente Carlos Rafael Rodriguez - già ministro di Batista - rispose che la pena di morte era necessaria. Ma la violenza, la repressione, l’isolamento, sono una pratica quotidiana; e chi rifiuta il programma di "riabilitazione politica" è costretto a vivere nudo, senza visite, senza assistenza sanitaria, dormendo per terra in celle murate dove non entra luce. All’uscita del libro i difensori della rivoluzione negarono i fatti descritti, lanciando una campagna di contro diffamazione; ma dovettero ricredersi di fronte all’evidenza. Così questo testo ha contribuito ad avviare un complesso percorso investigativo a livello politico internazionale che è finalmente culminato, nel marzo del 1990, nella pubblicazione di un rapporto dell’Onu che prova la lunga serie di violazioni dei diritti umani perpetrate a Cuba.

Note sull’autore - Armando Valladares, nato a Cuba nel 1937, scrittore e poeta dissidente, ha scontato 22 anni nelle carceri di Fidel Castro. Vive a Miami. Nel 1960 a 23 anni è stato imprigionato nelle carceri politiche di Fidel Castro per essersi rifiutato di mettere sulla propria scrivania un poster che confermasse il suo sostegno al Comunismo.

Valladares ha trascorso 22 anni di carcere con l’accusa di tradimento, durante i quali è miracolosamente sopravvissuto ai lavori forzati e a pene disumane, quali l’obbligo a rimanere per 46 giorni senza cibo dopo essersi rifiutato di aderire al programma di riabilitazione. Di fronte all’imposizione di indossare una tuta blu necessaria per distinguere i prigionieri politici dagli altri criminali, Valladares ha scelto di trascorrere la prigionia nudo.

Durante gli anni di prigionia Valladares scrisse molte poesie che, fatte uscire in segreto da Cuba, furono pubblicate in Europa: grazie alla diffusione dei suoi scritti governanti, intellettuali e stampa di tutto il mondo occidentale hanno chiesto la sua libertà. Quando Amnesty International lo ha preso in adozione come prigioniero di coscienza, il governo cubano ha affermato che Valladares era stato membro della polizia segreta di Fulgencio Batista.

La campagna internazionale per la sua liberazione organizzata dalla futura moglie Marta, ha portato Valladares all’attenzione del Presidente francese François Mitterrand, che riuscì a strappare a Castro la libertà del poeta. Arrivato a Parigi nell’ottobre del 1982, Valladares a dicembre dello stesso anno sposò Marta a Miami. Qui Valladares ha creato la coalizione del Comitato Pro-Diritti Umani a Cuba, e insieme a Vladimir Bukovskij ha fondato a Parigi il movimento "Resistenza Internazionale", organizzazione che per la prima volta ha raggruppato tutti coloro che lottano contro le dittature.

Su richiesta della figlia, Ronald Reagan lo ha designato presidente della delegazione americana alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite. Sempre il Presidente Reagan gli ha conferito anche la Presidential Citizens Medal (evento descritto dal quotidiano cubano Trabajadores come una disgrazia).

Durante i governi dei presidenti Reagan e Bush Valladares è stato ambasciatore degli Stati Uniti presso la Commissione dei Diritto umani dell’Onu a Ginevra. Durante il suo soggiorno in Spagna, Valladares ha subito numerosi tentativi di omicidio da parte della polizia politica cubana, in seguito ai quali ha deciso di trasferirsi negli Stati Uniti. Attualmente è presidente della Fondazione Armando Valladares, organizzazione internazionale che lotta per la difesa dei diritti umani in tutto il mondo. Continua la sua battaglia con articoli e dibattiti in tutto il mondo.

Immigrazione: pubblicato Decreto su circolazione cittadini Ue

 

Ansa, 5 marzo 2008

 

É stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 1 marzo 2008 il Decreto Legislativo n. 32 che apporta modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, riguardante il diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Le novità più importanti riguardano la riformulazione dell’articolo 20, circa le "Limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno". Per stare all’essenziale: tale diritto può essere limitato solo per: motivi di sicurezza dello Stato; motivi imperativi di pubblica sicurezza.

I provvedimenti di allontanamento non possono essere motivati da ragioni di ordine economico. Per adottare un provvedimento di allontanamento occorre tener conto: della durata del soggiorno in Italia dell’interessato; della sua età; della sua situazione familiare e economica; del suo stato di salute; della sua integrazione nel territorio nazionale; dell’importanza dei suoi legami con il Paese di origine.

Le malattie o le infermità che possono giustificare limitazioni alla libertà di circolazione nel territorio nazionale sono solo quelle con potenziale epidemico, individuate dall’Oms, ed altre malattie infettive o parassitarie contagiose, purché oggetto di disposizioni di protezione applicate ai cittadini italiani.

I provvedimenti di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza, nonché i provvedimenti di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato sono adottati dal Ministro dell’Interno; negli altri casi, sono adottati dal prefetto del luogo dove risiede o dimora il destinatario. Il provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza è immediatamente eseguito dal questore.

Droghe: Ferrero; la "Fini-Giovanardi" continua a fare danni

 

Dire, 5 marzo 2008

 

"La Fini-Giovanardi continua a colpire i consumatori e il Partito Democratico non se ne preoccupa". Lo dichiara il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, intervenendo sul caso del giovane arrestato a Catania. Un ragazzo che "trovato in possesso di una modica quantità di droga per uso personale - ricorda Ferrero - in base all’articolo 75 bis della legge Fini-Giovanardi per due anni dovrà rientrare nella propria abitazione entro una determinata ora e non uscirne prima di un’ora prefissata".

L’episodio per il ministro "mostra con chiarezza come la legge voluta dalla destra si traduca in una sorta di arresti domiciliari per un semplice consumatore di droga. Un’indicazione molto chiara - continua - di quale potrà essere l’attitudine della destra italiana se dovesse tornare a governare il Paese: altro che lotta alle narco-mafie, per questi signori il problema è punire in ogni modo i consumatori". In questo contesto, chiude il ministro, "stupisce come il Partito Democratico non abbia indicato questo tra i temi del proprio programma e non ritenga di dover dire nulla di diverso dalle destra sul tema della droga e del consumo di sostanze. Per chi ha a cuore i diritti e la libertà la Fini-Giovanardi resta infatti una legge pericolosa e da cancellare".

Droghe: tra due anni, in Italia, un milione di cocainomani?

di Beatrice Macchia

 

Liberazione, 5 marzo 2008

 

Un milione di "cocainomani" entro il 2010: grosso modo il 3% degli italiani compresi trai 15 ed i 54 anni. Sono le fosche previsioni del gruppo di lavoro di esperti che domani farà il punto all’Università cattolica di Milano con il convegno "L’altra faccia della coca".

Non solo numeri però. Gli esperti propongono anche un profilo, un modello del consumatore medio. E in questo senso non mancano le sorprese. Se fino a ieri il paradigma del consumatore era il "vip, amante della discoteca", oggi si profila un nuovo consumatore: "Trentenne amante dello sport, lavoratore precario, free lance o libero professionista e consapevole degli effetti causati dall’uso della cocaina".

In ogni caso, entro il 2010, secondo l’Osservatorio del dipartimento dipendenze patologiche dell’Asl di Milano, il consumo di coca registrerà un incremento pari al 40%, e il numero degli italiani consumatori sarà compreso tra gli 800 mila e il milione e 100 mila individui (circa il 3% della popolazione italiana tra i 15 e i 54 anni).

Secondo gli esperti dell’ateneo milanese, anche il profilo psicologico del consumatore di cocaina sta cambiando nel tempo. Poi le domande, perché i giovani consumano sempre più spesso cocaina? A 23, 25, 27 anni si sniffa per gioco, per stare con gli amici, perché è di moda. E si tratta di giovani sportivi che frequentano non solo discoteche, ma anche palestre e piscine.

A coordinare i lavori saranno padre Giordano Rigamonti e Fabio Sbattella, docente di psicologia dello sviluppo alla Cattolica di Milano e coordinatore del master in "Interventi relazionali in contesti di emergenza", continua la nota. "Il problema della coca è devastante in alcuni Paesi del mondo - afferma Sbattella - perché i mercati della droga alimentano la delinquenza organizzata, creano un clima di violenza diffusa e impoveriscono la popolazione.

Nel Sud del mondo, e ci riferiamo in particolare a Colombia, Bolivia e Venezuela, il fenomeno è dilagante e si pensa che i veri responsabili siano i Paesi occidentali che, essendo consumatori di coca, alimentano la produzione. Viceversa, nel Nord si crede che la domanda esista proprio perché c’è l’offerta. I punti di vista sono diversi. Ma resta il fatto che la situazione è sempre più drammatica", conclude.

 

 

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