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Giustizia: Berlusconi non si ferma, pure tra molte polemiche
Il Corriere della Sera, 1 luglio 2008
Berlusconi e la giustizia "Avanti, è una priorità". Presidenti delle Camere al Quirinale, giallo sull’attacco al Csm. Il premier: tante polemiche strumentali finiscono con il mettere in secondo piano l’interesse collettivo. Silvio Berlusconi non si ferma in materia di giustizia. "Tante polemiche strumentali finiscono col mettere in seconda piano l’interesse collettivo. E certo, però, che profonderemo ogni sforzo perché l’interesse di pochi non prevalga su quello di quasi tutti". Il Cavaliere scrive ai tabaccai in occasione di un’assemblea della loro federazione e ribadisce gli orientamenti dell’esecutivo che "si incarnano nella nostra azione". Ciò significa, spiega, che "il governo ha scelto di mettere la sicurezza e l’ordine pubblico tra le priorità della propria azione, compresa la volontà di ridare efficienza e forza credibile a una giustizia che troppo spesso delude le aspettative in essa legittimamente riposte". L’intervento del capo del governo giunge mentre i presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, salgono al Quirinale. Ufficialmente Schifani e Fini, che si sono incontrati prima di vedere il presidente Giorgio Napolitano, hanno discusso dell’organizzazione dei lavori parlamentari che prece- dono la sospensione estiva. E a riprova di ciò è stata diffusa una nota congiunta per ricordare che mercoledì scorso Napolitano aveva inviato loro una lettera con la quale si sottolineava "la necessità di conciliare al meglio le esigenze dell’azione di governo con la tutela delle prerogative del Parlamento". In realtà, nel colloquio si sarebbe affrontato il nodo giustizia e soprattutto il ruolo del Csm, alla vigilia del plenum di oggi. La giustizia resta, pertanto, un tema caldissimo di scontro tra maggioranza e opposizione nonostante i propositi pacificatori di Umberto Bossi. E a conferma della tensione esistente basta citare le parole di Marina Sereni, vice capogruppo del Pd alla Camera. Anche l’idea avanzata da Italo Bocchino, vice capo dei deputati a Montecitorio, di uno scambio (stralciare la norma blocca-processi e ottenere da parte dell’opposizione la disponibilità a votare il lodo Alfano) viene lasciata cadere dal ministro ombra della Giustizia del Pd, Lanfranco Tenaglia: "E una logica mercantilistica che non ci appartiene". Giustizia: Fini, Schifani e quello stop ai "pareri" dei giudici...
Il Corriere della Sera, 1 luglio 2008
I Presidenti di Camera e Senato, la seconda e la terza carica dello Stato, hanno avuto ieri un colloquio di un’ora con il Presidente della Repubblica. In modo riservato, ma anche molto schietto, gli hanno rappresentato un giudizio critico sul Csm, sull’osservanza delle proprie prerogative da parte dell’organo di autogoverno dei giudici, su un organo costituzionale - di cui fra l’altro Napolitano è presidente - che sarebbe uscito dai propri confini producendo il contestato parere sul decreto sicurezza in discussione in Parlamento. La storia è cronaca dei giorni scorsi: al decreto sicurezza il governo aggiunge una norma che congela migliaia di processi e dà la priorità ad alcuni procedimenti più gravi, fra i primi c’è anche quello che riguarda Berlusconi. Il Csm si attiva, subito dopo, per dare un giudizio (negativo) sulla norma aggiunta: è questione di interpretazione, ma molti costituzionalisti, non solo di destra, si manifestano perplessi sul diritto del Consiglio di dare pareri su un atto parlamentare, senza che gli stessi pareri siano stati richiesti. Ieri il nodo è arrivato al Quirinale. Anche se non per la prima volta: non è mai stato confermato in modo ufficiale ma sarebbero stati gli stessi uffici del Colle, subito dopo le prime indiscrezioni sul parere, a consigliare maggiore prudenza a Nicola Mancino, vicepresidente del Csm. Mancino non solo accettò il consiglio, ma lo sposò in toto, facendo una scenata pubblica ai suoi consiglieri, presunti rei di aver esorbitato dalla funzione. E, oggi si discute al Csm proprio quel parere, che giudica incostituzionali le norme aggiunte al decreto sicurezza. Ebbene ieri, alla vigilia della discussione, Fini e Schifani hanno espresso tutta la loro preoccupazione al capo dello Stato sulla forma e sulla sostanza degli atti provenienti dal Csm in questi giorni. Per i due presidenti del Parlamento esistono soltanto tre organi deputati a fare un check-up sulla costituzionalità dei provvedimenti legislativi: le due commissioni sugli affari costituzionali di Camera e Senato, la Consulta e lo stesso presidente della Re- pubblica, al momento di controfirmare gli atti del governo. In sostanza, per Fini e Schifani, un organo costituzionale non sta facendo il suo dovere. Anzi, di più: sta facendo un lavoro che spetterebbe ad altri. Una critica che, secondo indiscrezioni raccolte dall’agenzia Apcom, si sarebbe spinta fino alla richiesta di cancellare, o perlomeno rinviare, la discussione sulla norma che blocca i processi. Ma al momento l’ordine del giorno del plenum, sottoscritto come sempre dal capo dello Stato, resta immutato e non è prevista la presenza di Napolitano stesso. Angelino Alfano, Ministro della Giustizia, tre giorni fa, in un’intervista al quotidiano Avvenire, ha accusato il Csm di "protagonismo e mancanza di riservatezza", suggerendo ai consiglieri che vogliono far politica di "candidarsi in Parlamento", aggiungendo che a breve sarà presentato un disegno di legge costituzionale sulla riforma del Csm. La maggioranza lo sta già scrivendo, potrebbe essere approvato prima della pausa estiva dei lavori parlamentari. Giustizia: Bongiorno; no stralcio emendamento salva-premier
Asca, 1 luglio 2008
La Presidente della Commissione giustizia alla Camera, Giulia Bongiorno, per il momento chiude alle voci che da questa mattina parlano della possibile trattativa tra Pd e Pdl, stralciare il cosiddetto emendamento "salva-premier" dal decreto sicurezza in cambio di una rapida approvazione del Lodo Alfano: "Non sta a me decidere su questo, ma credo che il decreto sicurezza sia un testo troppo complesso e ricco di interventi su tematiche importanti che non si possa pensare di tagliarne via un pezzo". Nella prima riunione delle Commissioni congiunte Giustizia e Affari costituzionali, che devono esaminare la norma prima del passaggio in aula e l’eventuale definitiva approvazione, è stato fissato anche un calendario sommario dei lavori: l’intero gruppo Pd di entrambe Commissioni si è iscritto a parlare per proporre degli emendamenti e contemporaneamente è stata chiesta l’audizione del Capo della Polizia, Antonio Manganelli, lo Stato maggiore dell’Esercito, del Consiglio nazionale forense e infine del ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Al Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) è stato invece domandato un elenco di dati sull’impatto che l’intero decreto avrà nella situazione carceraria. Il termine per la presentazione degli emendamenti è stato fissato per giovedì prossimo, 3 luglio, alle 20, e la discussione in Commissione dovrà comunque concludersi entro il 9 luglio, ultima data possibile per l’arrivo del testo in aula. Le questioni di costituzionalità proposte dal Pd proprio sull’emendamento salva-premier saranno invece discusso mercoledì prossimo, 2 luglio. Al termine della discussione generale e della presentazione dei testi da parte dei due relatori in Commissione, Bongiorno e Donato Bruno (il Presidente della Commissione Affari Costituzionali), le due giunte hanno ascoltato a porte chiuse il parere del capo della Polizia, Antonio Manganelli. Giustizia: tagli a fondi per la sicurezza, 6mila agenti in meno di Roberto Petrini
La Repubblica, 1 luglio 2008
La missione si chiama "007". È proprio questo il numero di codice che all’interno della manovra di bilancio contrassegna il capitolo di spesa che riguarda "Ordine pubblico e sicurezza". Suona un po’ come una beffa: "Un salto nel buio che il paese non merita", commenta amaramente il segretario del Silp, il sindacato di polizia della Cgil, Claudio Giardullo. Ed infatti a scorrere le cifre si profila una cura amara per un settore che, in campagna elettorale, è stato issato come una bandiera dal Pdl: taglio del turn-over e riduzione netta degli organici, sforbiciata alle risorse finanziarie, dai carburanti alla manutenzione delle auto di servizio, stretta sugli straordinari. In tutto 538,5 milioni. Dalla scure non si salva nessuno: dai Ps ai Carabinieri, dalla Forestale alla Penitenziaria, dalla Guardia di Finanza alla Stradale fino alla Polizia ferroviaria. Secondo uno studio del Silp si rischia grosso: il taglio del turn-over del 10 per cento (ogni dieci agenti che vanno in pensione saranno reintegrati con un nuovo assunto) porterà ad una riduzione del personale pari 1.611 unità nette già dal prossimo anno. La cura sarà sempre più pesante: in totale nel 2012 ci saranno in Italia 6.689 poliziotti in meno rispetto ad oggi che andranno ad aggiungersi all’attuale carenza di organico che viene valutata in 9.000 elementi. Ma se questi sono i numeri che escono dal decreto estivo che anticipa la Finanziaria 2009, lo studio del Silp dà una dimensione concreta dell’intervento. Per il prossimo anno si rischia un ridimensionamento della operatività preoccupante: a Roma, ad esempio, le strade cittadine sono sorvegliate attualmente da 13 volanti per ciascun turno (di circa 6 ore). Con i tagli il sindacato calcola, tenendo conto delle riduzioni a personale e mezzi, che scenderanno a dieci. A Palermo da 9 volanti si rischia di scendere a sette. "Con questo manovra-osserva Claudio Giardullo - si riduce sensibilmente la capacità del sistema di sicurezza di fronteggiare la minaccia che viene dalla criminalità diffusa e soprattutto da quella mafiosa. Da un punto di vista strategico si realizza un progressivo smantellamento della sicurezza pubblica a vantaggio di una doppia contrastante tendenza, cioè da una parte l’impiego dei militari nel territorio e dall’altra il trasferimento agli enti locali di nuovi poteri in materia di sicurezza". Tutta la struttura operativa rischia grosso. A Roma e provincia ci sono 47 Commissariati, con 3.645 addetti: quando la manovra produrrà i suoi effetti il taglio sarà di 911 uomini, una cifra che corrisponde all’organico medio di dodici Commissariati. L’alternativa è secca: o la chiusura o il sottodimensionamento drastico degli organici. A Palermo, con un calcolo analogo, emerge che su 8 Commissariati, rischiano di scomparire due presidi, a causa del taglio di 133 unità. Già oggi l’operatività è a rischio: a Palermo, ad esempio, nel mese di settembre scatta l’allarme-serbatoio e l’operatività viene di fatto ridotta per mancanza di risorse. Con i nuovi tagli, spiega il Silp, il ricorso alle riserve sarà anticipato e l’allarme scatterà già a luglio-agosto del 2009. Giustizia: la società del controllo e la democrazia… inquinata di Stefano Rodotà
La Repubblica, 1 luglio 2008
Dopo il caso dei bambini rom, esploso con la proposta di identificarli tramite i polpastrelli, ci si interroga su certe tecniche di riconoscimento che violano la dignità umana. Così si crea una scia continua d’ogni nostro passaggio: l’aver guidato un’auto, o aperto una porta, consente di ricostruire le nostre mosse a chiunque sia in possesso delle nostre impronte. Cade l’antica premessa dell’habeas corpus, l’impegno sovrano a "non metter mano" su un corpo che oggi non possiamo intendere solo nella sua fisicità. Solo nelle apparenze le impronte digitali possono essere definite uno strumento neutrale. Hanno un forte valore simbolico: chi le raccoglie sembra quasi che si impadronisca del corpo altrui. Esprimono politiche di controllo generalizzato o fortemente aggressive verso gruppi determinati. Possono entrare in conflitto con principi costituzionali fondamentali, come il rispetto della dignità della persona e l’eguaglianza. Per questo i legislatori hanno sempre considerato con prudenza la loro raccolta, hanno cercato di ancorarla a situazioni eccezionali o comunque specifiche, testimoniando così una sorta di cattiva coscienza o una consapevolezza dei rischi di stigmatizzazione sociale legati a forme generalizzate di uso delle impronte. I segni d’identità e le regole della loro utilizzazione hanno una lunga storia che, nell’età moderna, si lega profondamente alle esigenze d’ordine pubblico. Così è per il nome e per tutte le altre tecniche di identificazione, che hanno conosciuto una straordinaria espansione grazie alla biometria e alla genetica. Una espansione divenuta torrenziale dopo l’11 settembre. Le esigenze di lotta al terrorismo sono state dilatate al di là del ragionevole, hanno visto il congiungersi dei più diversi strumenti nel costruire una società del controllo. Così muta profondamente il rapporto tra lo Stato e le persone, cade l’antica promessa dell’habeas corpus, l’impegno sovrano a "non mettere la mano" su un corpo che oggi non possiamo intendere solo nella sua fisicità, ma nell’intera dimensione costruita dall’accumulo di tecnologie che lo segmentano, lo riducono al segno d’un polpastrello, alla scansione dell’iride, alla traccia del Dna. Il mutamento, dunque, non si ferma al rapporto con lo Stato. Cambia il modo stesso d’intendere la persona, parcellizzata e sempre disponibile per chi voglia impadronirsi dei suoi frammenti, per identificarla, controllarla, discriminarla. È un contesto nuovo che dobbiamo considerare, dove la tecnica delle impronte digitali non è affatto poco invasiva, assolutamente sicura. Le impronte digitali creano una scia continua d’ogni nostro passaggio: l’aver guidato un’auto, aperto una porta, preso un bicchiere, letto un libro o usato un computer consentono di ricostruire le nostre mosse a chiunque sia in possesso della nostra impronta. Non è così se si adotta un altro criterio di identificazione come la scansione dell’iride: non lasciamo tracce quando guardiamo un oggetto, leggiamo un giornale. Apparentemente meno invasiva, la raccolta delle impronte produce una cascata di effetti sociali che mettono la persona nelle mani di una serie di possibili controllori. È una tecnica sicura alla quale ricorrere, ad esempio, per sostituire il codice segreto per accedere a un bancomat, evitando così i rischi del furto di identità? No. Se qualcuno "ruba" il mio codice segreto, posso sempre sostituirlo con uno nuovo e continuare così a utilizzare il bancomat. Ma se il furto riguarda l’impronta digitale, poiché questa non è sostituibile, l’effetto è drammatico: sarò escluso da tutti i sistemi fondati sull’identificazione attraverso l’impronta. Non è una ipotesi azzardata. Sappiamo ormai che le impronte sono riproducibili e falsificabili, tanto che qualche mese fa un gruppo di hacker tedeschi ha messo in circolazione con la rivista Die Datenschleuder una strisciolina di plastica dov’è riprodotta l’impronta digitale del ministro dell’Interno Wolfgang Schauble, un fanatico dei sistemi di controllo. Dunque la tecnica delle impronte digitali non solo non è sicura ma, sfidata com’è anche dalle tecnologie della falsificazione, diviene pericolosa, rendendo possibile la disseminazione delle impronte all’insaputa dell’interessato, in occasioni e luoghi che questi non ha mai frequentato. La prudenza tecnica dovrebbe suggerire la prudenza politica, virtù perduta in molti paesi, e con particolare intensità in Italia. La tecnologia, vecchia o nuova, è ormai intesa come la via regia per la soluzione di ogni problema, abbandonando qualsiasi scrupolo e contribuendo così a deresponsabilizzare e disumanizzare l’agire politico. Si va a frugare in qualsiasi normativa, senza pudore e intelligenza interpretativa del contesto, per concludere che è legittimo ricorrere alle impronte digitali praticamente in ogni caso, con appigli labili o con l’ipocrita argomento del "bene" della persona. Tutto è ridotto a questione d’ordine pubblico, e così può cadere a proposito anche un richiamo a norme fasciste in materia di pubblica sicurezza, emanate dopo che perfino Alfredo Rocco, l’autore del codice penale del 1930, aveva preferito tacere su un punto così delicato. Da allora non è cambiato nulla? Quanto contano la Costituzione, il valore della persona, tante volte invocato dai politici del centrodestra, pronti tuttavia a scordarsene proprio nelle situazioni in cui dovrebbe essere il primo riferimento? È inaccettabile che si confezioni un patchwork di norme scritte in varie epoche e con finalità persino contrastanti, rivolte a destinatari diversi, per dare base legale a una iniziativa che è una schedatura su base etnica. Dalla Costituzione italiana del 1948 fino alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea tutti i documenti in materia di libertà e diritti sono fermissimi nell’escludere ogni discriminazione basata sulla razza. Invece, è proprio quello che sta accadendo. La proclamata finalità di assicurare ai bambini rom il rispetto dell’obbligo scolastico, una abitazione decente, la libertà dello sfruttamento riguarda una condizione minorile che tocca drammaticamente migliaia di altri bambini. Un solo esempio. L’evasione dalla scuola dell’obbligo è dell’8 per cento su scala nazionale e arriva al 16 nelle grandi città del Sud. Isolare in questo universo soltanto i rom significa operare una selezione su base etnica, che viola l’eguaglianza e ferisce la dignità. Quando, nel 1949, si scrisse la costituzione della nuova Germania, si volle che il suo primo articolo fosse così concepito: "La dignità umana è inviolabile". Si abbandonava una tradizione che apriva le costituzioni con il riferimento alla libertà e all’eguaglianza proprio perché si voleva reagire all’aspetto del nazismo che più aveva negato l’umano, la persecuzione razziale e la riduzione delle persone a cavie per la sperimentazione. Il principio di dignità, che dovrebbe essere la misura e il limite d’ogni intervento legislativo, viene cancellato da qualche circolare ministeriale. Questo non ferisce soltanto i rom, adulti o bambini che siano, quando li si obbliga a dare le loro impronte. Corrompe il nostro tessuto sociale e culturale. Se il governo istituisce commissari speciali per i rom e attua per questi una schedatura speciale, legittima e rafforza la stigmatizzazione che già li colpisce. L’"altro" impersona ufficialmente un pericolo, e dunque tacciano per lui le garanzie costituzionali, i principi di civiltà. Si allarga il fossato tra le persone "perbene" e tutti gli altri, proprio là dove il dialogo è l’unica via per produrre vera sicurezza ed evitare che tutti divengano barbari. Giustizia: Uil penitenziari; urgente modifica norme su carceri
Il Velino, 1 luglio 2008
"La situazione afferente il sistema carcere è tale da ingenerare, nella quasi totalità degli addetti ai lavori, forti preoccupazioni sulla tenuta del sistema, anche a breve termine. Il montante sovrappopolamento, lo stato fatiscente di molti istituti, le sempre più ridotte risorse economiche giustificano, legittimandole, tali preoccupazioni. In questo quadro d’insieme, per nulla tranquillizzante, cresce la demotivazione del personale di polizia penitenziaria che vive una vera e propria crisi identitaria e professionale". Si apre così la lettera che Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Penitenziari, ha inviato questa mattina, tra gli altri, al ministro Alfano, ai presidenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, al presidente della Camera Fini e al presidente del Senato Schifani. Lettera che accompagna un pacchetto di proposte e modifiche normative che lo stesso segretario definisce "il lodo penitenziari". La Uil Pa Penitenziari e il Cofupp (Comitato Funzionari Polizia Penitenziaria) hanno redatto modifiche ai decreti legislativi 443 e 449 del 30 ottobre 1992. "Si è ritenuto poter suggerire opportune modifiche ai Decreti Legislativi n. 443 (Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria) e n. 449 (Sanzioni disciplinari per la polizia penitenziaria) del 30 ottobre 1992. Modifiche - si legge nella lettera - che tengono conto dell’immissione in ruolo della nuova figura dei funzionari del Corpo e della necessità di adeguare le dinamiche per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari". Ma il vero piatto forte del pacchetto è la proposta di legge per nuova organizzazione del Corpo di Polizia Penitenziaria che - spiega Sarno "preveda una struttura apicale e,, quindi, la Direzione Generale del Corpo di polizia penitenziaria istituita nell’ambito del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria …". La serie di proposte si chiude con un disegno di legge per il riallineamento del trattamento economico e della progressione in carriera dei Funzionari della polizia penitenziaria agli omologhi della Polizia di Stato e del Corpo Forestale. "Mi dispiace aver dovuto inviare questo pacchetto di proposte al ministro via posta ordinaria. D’altro canto ci è stata negata la possibilità di farlo brevi manu - rivela Sarno -. Capisco che in questi giorni Alfano è troppo impegnato per poterci ricevere e dedicarci la sua attenzione, che è comunque verso i 45.000 uomini e donne della polizia penitenziaria. In ogni caso non intendo fare polemiche, vorrei solo avere garanzie di una vera attenzione del ministro al sistema penitenziario oramai prossimo al collasso. Questa è una delle ragioni per la quale dissentiamo motivatamente da quanti reclamano un cambio ai vertici del Dap. Il sistema non ha bisogno di uomini nuovi al comando. Piuttosto necessita di attenzione e sostegno da parte della politica. Purtroppo facciamo fatica ad intravvedere sia l’attenzione che il sostegno". Le proposte della Uil Pa Penitenziari e del Cofupp sono state già consegnate al vicepresidente della commissione Giustizia della Camera Federico Palomba (Idv) e domani saranno presentate anche a una delegazione del Partito democratico "Per domani alla Camera è previsto un incontro - informa il segretario della Uil Pa Penitenziari - con Marco Minniti e Roberta Pinotti. Forse sarà presente anche Walter Vetroni. Avremo almeno la possibilità di spiegare le ragioni delle nostre proposte". Basilicata: medicina; senatori Pd incontrano direttore di Asl
Asca, 1 luglio 2008
Il tema dell’assistenza sanitaria alle persone detenute è stato al centro di un incontro che i senatori del Partito Democratico Maria Antezza ed Carlo Chiurazzi hanno avuto oggi a Matera con il direttore generale della Asl 4, Domenico Maroscia. Facendo seguito agli impegni assunti nella recente visita agli agenti penitenziari di Matera, Antezza e Chiurazzi hanno sollecitato l’attivazione di uno "spazio protetto" presso l’ospedale Madonna delle Grazie del capoluogo da destinare ai detenuti ammalati. Maroscia ha assicurato che la Asl 4 ha già elaborato le linee generali di una proposta in tal senso, e domani, in un incontro di approfondimento convocato in Prefettura per affrontare questi temi, prospetterà una soluzione funzionale e dignitosa, già finanziata dalla regione. La proposta verrà immediatamente sottoposta al parere tecnico dell’amministrazione penitenziaria secondo le procedure del caso fissando, altresì, tempi e modi per una sua tempestiva realizzazione. Nell’esprimere "soddisfazione" per l’attenzione manifestata dalla Asl 4 sul tema dell’assistenza sanitaria dei detenuti, Chiurazzi e Antezza ribadiscono che la condizione delle carceri sarà attentamente monitorata, "nella speranza che il governo nazionale voglia adottare misure idonee a garantire dignitose condizioni di lavoro per gli agenti penitenziari in un contesto in cui venga garantita un’adeguata assistenza sanitaria alle persone detenute". Viterbo: Marroni; solidarietà a agenti penitenziari aggrediti
Comunicato stampa, 1 luglio 2008
Il Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni ha espresso la propria solidarietà e vicinanza ai due agenti di polizia penitenziaria aggrediti, nei giorni scorsi, all’interno del carcere di "Mammagialla" a Viterbo. "Questi fatti assolutamente da censurare - ha detto Marroni - insieme allo stato di agitazione permanente degli agenti per protestare contro le carenze di personale, sono spie di una situazione che a Viterbo, evidentemente, sta raggiungendo il livello di guardia. Nei prossimi giorni sarò personalmente nel capoluogo della Tuscia per visitare il carcere." "In tale occasione - ha concluso Marroni - spero di incontrare, oltre alla direzione del carcere, i detenuti e i rappresentanti degli agenti di polizia penitenziaria per cercare di capire come il Garante, con la sua azione, possa contribuire a svelenire il clima che si è creato". Avellino: per il carcere un nuovo padiglione da 150 detenuti
Il Mattino, 1 luglio 2008
Con la realizzazione del nuovo padiglione sarà possibile ospitare, entro la fine dell’anno, altri 150 detenuti, con l’eliminazione di qualsiasi rischio di sovraffollamento. Ma non solo. Sarà possibile disporre di nuovi ambienti anche per le attività collegate alla rieducazione e al reinserimento dei detenuti. Anche ad Avellino è in corso un ambizioso programma di potenziamento della struttura, così come a Carinola e Santa Maria Capua Vetere. Ad annunciarlo è stato il Direttore del carcere di Ariano, Salvatore Iuliano, che assieme al Direttore della struttura di Avellino, Cristina Mallardo, di Sant’Angelo dei Lombardi, Massimo Forgione e di Lauro, Claudia Mannola, ha presenziato, con i rispettivi comandanti, alla festa provinciale della Polizia Penitenziaria che si è svolta per la prima volta ad Ariano. La cerimonia ha vissuto un primo momento di riflessione e di preghiera nella Cattedrale di Ariano, con il Vescovo D’Alise, che ricordando la figura di San Basilide, patrono della Polizia Penitenziaria, ha richiamato tutti all’impegno a favore degli altri. "Se siamo cristiani, abbiamo il dovere di testimoniare la nostra fede e nel farlo dobbiamo capire che dietro ogni volto c’è una storia, c’è un uomo, che dev’essere aiutato. Cristo è venuto per perdonare tutti. All’interno delle leggi, insomma, c’è sempre lo spazio per il rispetto dell’uomo". Negli istituti penitenziari della provincia, ad ogni modo, si tracciano bilanci positivi sul lavoro fatto. "Buoni risultati - sostiene il direttore Iuliano - non solo ad Ariano, ma anche ad Avellino, Sant’Angelo e Lauro. Credo che la polizia penitenziaria, anche se sotto organico assolve ai compiti istituzionali con serietà e professionalità. Non ci dobbiamo preoccupare solo dell’ordine e della disciplina all’interno, ma anche del recupero del detenuto. Ad Ariano, in particolare, sono state fatte tante cose: attività sportive, culturali, musica, corsi professionali con un progetto per la ceramica e questo anche grazie al contributo del Vescovo". Napoli: corso biblico a detenuti Poggioreale e Secondigliano
www.evangelici.net, 1 luglio 2008
Alcune comunità evangeliche del napoletano organizzano un corso biblico per i detenuti del carcere di Poggioreale e di Secondigliano, promosso dalla Direzione dei luoghi di detenzione. Il reinserimento dei detenuti passa attraverso l’insegnamento scolastico, la formazione professionale, la libertà di culto e per ultimo lo studio della Bibbia, che approda nella Centro Penitenziario di Secondigliano e nella storica Casa Circondariale di Poggioreale, così come detta l’art. 8 della Costituzione Italiana: "Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastano con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze". A promuovere l’iniziativa religiosa e solidale sono le rispettive Direzioni dei luoghi di detenzione in collaborazione con alcuni Pastori e volontari delle Chiese Cristiane Evangeliche di Napoli, incluse quelle di Secondigliano e Melito. Le comunità evangeliche della zona, attraverso i credenti volontari, mirano oltre alla cura spirituale ai detenuti, anche all’aiuto materiale alle famiglie. Quest’ultimo è diretto alle famiglie dei detenuti, gli stessi, che durante gli incontri infrasettimanali con i Pastori ed i volontari, mostrano una reale e necessaria difficoltà materiale, ed attraverso i percorsi spirituali, manifestano un interesse di cambiamento generale. Abbiamo incontrato Carlo Loreto, Ispettore di Polizia Penitenziaria prima nel Centro Penitenziario di Via Scampia a Secondigliano, oggi a Santa Maria Capua Vetere, il quale ha dichiarato: "Tra pochi giorni sono quattro anni, che vivo un’esperienza personale con il Signore Gesù. Oggi sono felice, perché mi sento un Cristiano vero. Grazie proprio al lavoro dei volontari Evangelici, che incontrai proprio all’interno del carcere". Giovanni Valastro invece è uno dei volontari del progetto della Chiesa Cristiana Evangelica della 167, guidata dal Pastore Raffaele De Cario, proprio a pochi passi dal carcere di Secondigliano, "Il lavoro e la cura spirituale svolta dai Pastori e dai volontari che da alcuni anni svolgono con dedizione ed amore sviscerato, è stato premiato dalla Direzione del Centro Penitenziario di Secondigliano, dove addirittura per lo svolgimento del "Corso Biblico" ha messo a disposizione alcune aule scuola, già sede di corsi di formazione professionale come cucina, falegnameria, pittura, letteratura e recupero anni di scuola dell’obbligo". Il corso, è iniziato sabato scorso e proseguirà per circa quattro mesi, al termine del quale sarà rilasciato un attestato ad ogni partecipante al corso, il benemerito sarà consegnato da parte di un’Associazione Svizzera denominata "Servizio Amichevole", la stessa che ha messo a disposizione alcuni trattati, opuscoli e questionari per lo studio biblico. Il corso, oltre a consentire di studiare la "Buona Novella" permetterà di incontrare i detenuti in un modo diverso, dove possono crescere in conoscenza e come uomini credenti, di sentirsi liberi da tante passate disavventure. Insomma, l’annuncio di "Buone Novelle" e non di favole, sono un ricco bagaglio di conoscenza per affrontare il viaggio nei meandri e le disavventure di questo mondo così difficile, dove a volte, molti non riescono a trovare la propria libertà sia culto, di civile convivenza e di una reale espressione di libertà. Torino: l’arcivescovo Poletto all’Ipm s’incontra con i detenuti
Asca, 1 luglio 2008
"Sono venuto a trovarvi per dirvi che vi voglio bene. Che voglio il vostro bene. E per incoraggiare coloro che operano qui a continuare ad aiutarvi a ricostruire la vostra vita". Con questo messaggio l’arcivescovo Severino Poletto ieri ha fatto visita ai 45 minori, detenuti al "Ferrante Aporti" di Torino. Lo ha fatto per la festa di san Basilide, il patrono degli agenti di Polizia Penitenziaria, su invito del cappellano don Domenico Ricca, e in presenza del dirigente del Centro per la Giustizia minorile del Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria Antonio Pappalardo, e il direttore dell’istituto penale Gabriella Picco. I giovani detenuti, ansiosi ma attenti, hanno donato al cardinale un vaso di ceramica realizzato per lui nei laboratori dell’istituto, poi hanno ascoltato la storia di San Basilide e le riflessioni di don Ricca sulle parole pronunciate da Poletto nell’omelia di San Giovanni Battista sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza. E a una "accoglienza vigilata", ieri ha fatto cenno il cardinale, riferendosi in particolare - in seguito alle domande dei cronisti - al progetto di legge di schedare i nomadi tramite le impronte digitali. Così, per il porporato, il significato di "accoglienza vigilata": "Affinché venga tutelato l’immigrato, il rom e anche il cittadino residente - ha precisato -: questo è un equilibrio, qualche volta difficile da raggiungere, ma che bisogna perseguire con tutte le maniere possibili, legali e rispettose, soprattutto della persona". E poi rivolgendosi ai ragazzi ha detto: "Siete capaci di fare delle cose belle e positive - riferendosi alle loro opere esposte nella mostra "Occhi aperti sul Ferrante" -, fate dunque attenzione a non darvi un brutto voto. Il pericolo è che, siccome avete iniziato con uno sbaglio, pensiate che per voi non ci sia possibilità di recupero. Invece non è così. Questa non è la vostra casa definitiva, non siete qui per sempre, ma per prendere coscienza dell’errore commesso e progettare una vita diversa". Oggi è questo il volto "affollato" del "Ferrante Aporti": 32 ragazzi (per lo più africani; c’è un solo italo-albanese) di 17-18 anni, e 13 ragazze rom della ex Jugoslavia e Romania di 16-17 anni (una vive con la sua bimba di 4 mesi). In tutto dovrebbero essere in 38. "Qui si insegna loro a riscoprire quell’adolescenza mai vissuta" ha spiegato Picco. Spaccio di sostanze stupefacenti (con problemi anche di tossicodipendenza) e rapine sono i principali reati. "Molti di loro escono da qui con un progetto di messa alla prova - ha aggiunto Antonio Pappalardo -, altri per modifiche della misura cautelare, o per fine della pena o, se non hanno genitori, sono presi in carico dagli uffici territoriali per i minori". "Il nostro problema più grande - ha chiuso Picco - resta, tuttavia, trovare per loro degli sbocchi dopo". Vicenza: festa al "San Pio X" con il vescovo Cesare Nosiglia
Giornale di Vicenza, 1 luglio 2008
Sarà celebrata oggi alla casa circondariale di San Pio X la Festa del Corpo della Polizia Penitenziaria. L’evento avrà un ospite d’eccezione, il vescovo di Vicenza, monsignor Cesare Nosiglia, che porterà il proprio saluto alla direttrice Irene Iannucci, al comandante, a tutti gli agenti, al personale ed ai volontari in servizio. Il vero protagonista della giornata, però, sarà San Basilide, il soldato santo protettore del Corpo della Polizia Penitenziaria. Una figura particolare, quella di San Basilide, testimone ed esempio di forza nella fede e di coerenza nella testimonianza dei valori cristiani vissuti senza timore anche di fronte a una scelta che egli ha fatto di seguire Cristo fino al martirio. Come racconta la storia, era un soldato romano che si è trovato a partecipare al martirio della vergine Potamiena e sua madre Marcella. Era simpatizzante della fede cristiana e protesse la martire da ingiurie ed insulti durante il tragitto verso il martirio. Essa gli promise che avrebbe pregato per la sua salvezza. La donna morì tra atroci tormenti pregando e perdonando i suoi carnefici. Basilide, a quella vista, credette nel Signore e pochi giorni dopo si rifiutò di giurare al Dio imperatore. A questo punto venne imprigionato e ucciso con l’accusa di tradimento. Uno straordinario esempio, quindi, di coerenza ed abnegazione al servizio che verrà riproposto proprio oggi nell’occasione della festa della polizia penitenziaria. Immigrazione: "Famiglia Cristiana" critica azione Governo
La Repubblica, 1 luglio 2008
Parole di fuoco. Una condanna senza appello. Che punta l’indice sul governo, sul progetto di prendere le impronte ai bambini rom. Evocando i tempi cupi delle persecuzioni degli ebrei. Prendere le impronte digitali ai bambini rom è una "indecente proposta", scrive Famiglia Cristiana. Ed è un attacco senza reticenze quello del settimanale dei Paolini. Che una settimana fa aveva scritto che Berlusconi "è ossessionato dai giudici". Ma il governo respinge le accuse al mittente e prosegue per la sua strada. Il censimento, già iniziato a Milano, dal 10 luglio comincerà anche a Roma. Le critiche ai cattolici. Nel mirino finiscono in particolare i ministri cattolici del governo del Cavaliere che escono "bocciati, senza appello". "Per loro la dignità dell’uomo vale zero - continua l’editoriale - Nessuno che abbia alzato il dito a contrastare Maroni e l’indecente proposta razzista". Ma i diretti interessati non ci stanno. Carlo Giovanardi si chiede cosa il settimanale "abbia più a che fare con la famiglia e con i cristiani". Mentre Gianfranco Rotondi commenta: "Mi sottopongo volentieri agli esami nelle scuole a cui sono iscritto e tra queste non c’è la redazione del settimanale paolino". D’accordo con la posizione del settimanale il Pd: "Prendere le impronte ai bambini rom - secondo Walter Veltroni - è eticamente inaccettabile". La risposta di Maroni. Ma il ministro dell’Interno tira dritto: "Non arretro di un millimetro. Il censimento di chi vive nei campi nomadi, adulti o bambini, è ineludibile. Continueremo fino a che tutti i campi saranno censiti e tutte le persone che ci vivono saranno identificate". E incassa l’appoggio del titolare della Farnesina, Franco Frattini: "Non si parla di retate ma di identificare quelli che vivono nel nostro paese. Questa cosa viene fatta in tanti altri paesi, ma senza nessuno scandalo. Quindi bisogna farla pure qui". Magari per "obbligare qualcuno a mandare i figli a scuola" commenta il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. "Come le leggi razziali". Al governo Famiglia Cristiana rimprovera proprio la scarsa attenzione a questo aspetto. "Avremmo dato credito al ministro Maroni - prosegue l’editoriale del settimanale che segue la condanna della Cei - se, assieme alla schedatura, avesse detto come portare i bimbi rom a scuola, togliendoli dagli spazi condivisi coi topi. Che aiuti ha previsto? Nulla". Ed ancora: "Non sappiamo cosa ne pensi Berlusconi: permetterebbe che agenti di polizia prendessero le impronte dei suoi figli o dei suoi nipotini? A sessant’anni dalle leggi razziali, l’Italia non ha ancora fatto i conti con le sue tragiche responsabilità (non ce ne siamo vergognati abbastanza). In particolare, quei conti non li ha fatti il centrodestra al governo, se un ministro propone il concetto di razza nell’ordinamento giuridico. Perché di questo si tratta. Come quando i bambini ebrei venivano identificati con la stella gialla al braccio, in segno di pubblico ludibrio". "Schediamo anche i nostri figli". L’editoriale si chiude con una provocazione. "Quanto alle impronte, se vogliamo prenderle, cominciamo dai nostri figli, ancor meglio, dai parlamentari: i cittadini saprebbero chi lavora e chi marina, e anche chi fa il furbo, votando al posto di un altro. L’affossa "pianisti" sarebbe l’unico lodo gradito agli italiani". E anche la Croce Rossa mostra cautela. L’organizzazione parteciperà all’operazione ma, ci tiene a precisare il presidente Maurizio Barra, si tratta di "scelte delle autorità di governo, che la Croce Rossa Italiana, come ente ausiliario, deve solo applicare, nel rispetto dei diritti dell’uomo e in una prospettiva umana". Immigrazione: Manganelli; delinquenza legata a clandestinità
Il Mattino, 1 luglio 2008
Di impronte ai rom non ha parlato. Ma è inevitabile che il capo della polizia Antonio Manganelli, durante l’audizione informale davanti alle commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera, non faccia riferimento alcuno alle polemiche di questi giorni. La sua è stata piuttosto una conferma di quanto già detto al Senato a fine maggio, in analoga circostanza. Il capo della polizia - non ha rilasciato dichiarazioni al termine della riunione - ha spiegato che la percentuale di delittuosità degli immigrati è legata alla loro condizione. Smentendo così l’equazione che vuole l’immigrato dedito alla delinquenza. Tra i regolari la percentuale di delittuosità risulta analoga a quella che si riscontra tra i cittadini italiani, mentre è ben più elevata tra i clandestini, dove quasi uno su tre è autore di reati. Manganelli ha insistito sulla certezza della pena, per evitare - come lo definì settimane fa a Palazzo Madama - "l’indulto quotidiano". E quanto ai contrasto all’immigrazione clandestina e al fatto che troppo spesso la convalida delle espulsioni arrivi quando gli immigrati sono già tornati in libertà, è stato auspicato durante l’audizione che siano i giudici di pace ad occuparsi di espulsioni e si possa arrivare ad ipotizzare l’utilizzo delle formula del silenzio-assenso. Manganelli, sempre secondo quanto si apprende, avrebbe anche sottolineato che la normativa sui ricongiungimenti familiari viene spesso aggirata e utilizzata per entrare clandestinamente nel Paese. Sui ritardi nella convalida delle espulsioni è intervenuta l’ex sottosegretario alla Giustizia Jole Santelli: "Manganelli ha denunciato che troppo spesso le convalide alle espulsioni arrivano in ritardo, sovente quando ormai i trattenuti sono stati rimessi in libertà. È grave che la disposta giudiziaria non sia nel nostro Paese sufficientemente rapida da garantire fo sicurezza ai cittadini". Droghe: 130mila tossicodipendenti senza nessuna assistenza
Notiziario Aduc, 1 luglio 2008
Complessivamente, nel 2007, circa 130 mila tossicodipendenti bisognosi di cura - su 320 mila utilizzatori problematici di droghe, in gran parte eroina e cocaina - non hanno ricevuto invece alcun tipo di assistenza, né presso i Servizi pubblici per le tossicodipendenze né presso le comunità di recupero. È uno dei dati più allarmanti emersi dall’indagine condotta dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr) per la "Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze" per l’anno 2007. Insieme con quelli sull’incremento nei consumi da parte della popolazione generale e della sempre maggior età delle vittime e dei soggetti in trattamento, tutti indici di una evidente cronicizzazione del problema. Si stima che nel 2007 i consumatori di sostanze psicoattive illegali con bisogno di cura siano stati poco meno di 320.000, di cui circa 205.000 consumatori di eroina e circa 154.000 di cocaina, osserva Sabrina Molinaro, dell’Ifc di Pisa, responsabile dell’indagine, con un leggero decremento dei primi e un lieve incremento dei secondi. Nel 2007 - sempre secondo i dati del Ministero della Salute, analizzati dall’Ifc-Cnr - hanno ricevuto un trattamento presso i Ser.T. 171.771 persone, 16.433 delle quali sono state inviate presso strutture socio riabilitative. Il numero complessivo dei soggetti assistiti nelle comunità terapeutiche nello stesso periodo, è stata però di 18.357 persone. La quota restante, circa 130.000 persone, pur bisognosa di trattamento non è stata in carico presso alcun tipo di servizio o struttura nel corso del 2007. Si conferma la preponderanza tra gli utenti in carico ai Ser.T. di coloro che fanno uso di eroina ed altri oppiacei, il 74% dell’utenza complessiva presenta tale tipologia di sostanze come primaria, mentre seguono la cocaina (16% degli utenti), la cannabis (l’8%) e le amfetamine o gli allucinogeni (1%). Il 56% assume la sostanza primaria per via iniettiva e il 47% è policonsumatore. Quasi un terzo degli utenti è disoccupato e l’8% è senza fissa dimora; tali proporzioni risultano nettamente più elevate tra gli stranieri. Il 64% dei soggetti riceve trattamenti farmacologici integrati con interventi di carattere psicosociale e/o riabilitativo e il 36% esclusivamente trattamenti psicosociali e/o riabilitativi. Per quanto attiene alle patologie infettive correlate alla droga, nel 2007 sono risultati positivi il 12% dei soggetti sottoposti ai test sierologici per HIV (il 40% degli utenti dei servizi). L’età media dei soggetti in trattamento attivo nel 2007 è di circa 35 anni, esattamente la stessa delle vittime, che sono in aumento. Nel 2007, con 589 decessi, si registra infatti un incremento del 6% rispetto all’anno precedente e anche l’età media delle vittime è aumentata dai 33 anni del 2001 ai 35 del 2007. La quota di decessi attribuibili all’eroina è stabile al 40%, mentre quella riconducibile alla cocaina è cresciuta dal 2,3% del 2001 al 6,1% del 2007. Contemporaneamente si osserva un leggero decremento dei consumi fra gli studenti (fra i 15 ed i 19 anni, soprattutto tra i 15enni). Il 51% degli studenti ritiene però facile o piuttosto facile reperire in breve tempo una qualsiasi sostanza psicoattiva illegale. È la discoteca il luogo maggiormente indicato dove reperire le sostanze (il 30% riferisce di potervi comprare cannabis, poco meno del 25% cocaina, il 15% eroina), a seguire la casa dello spacciatore e la strada. Anche la scuola viene indicata dagli studenti come luogo di possibile approvvigionamento e spaccio: il 26,4% riferisce di potervi trovare facilmente la cannabis, il 12% l’eroina, il 5,7% per gli stimolanti e il 4% per gli allucinogeni. Tale percezione di accessibilità scende, si fa per dire, al 31,3% degli italiani prendendo in esame il campione fra i 15 ed i 64 anni. Relativamente al consumo di cocaina il 2007 sembrerebbe stabile dopo un trend pluriennale di aumento: 8 persone su 1000 l’hanno assunta negli ultimi 30 giorni, una su 1000 ne fa un uso frequente. Aumenta però la diffusione dell’uso di cannabis, sia come consumo occasionale (14,6% di italiani ne fanno uso una o più volte nell’anno), sia per i consumi più frequenti (una o più volte nel mese, fino all’uso quotidiano che interessa l’1,4% degli italiani tra i 15 ed i 64 anni). Le donne tendono di più all’uso sporadico. Eppure, nonostante il trend di aumento generale, dalle ricerche epidemiologiche eseguite dall’Ifc-Cnr emerge che la popolazione è consapevole dei rischi per la salute correlati ai consumi di sostanze psicoattive e con una forte opinione negativa sul loro uso, che l’84,6% disapprova e l’89,8% percepisce come rischioso. Anche per la cannabis, il 70% degli intervistati esprime preoccupazione e l’80% ne biasima il consumo. I costi sociali legati al consumo di sostanze psicoattive illegali per l’anno 2007 è stimato in circa 10.353.000.000 di euro, dei quali circa 1.862.000.000 di euro, con un incremento prossimo al 7% rispetto all’anno precedente, relativi all’utilizzo di risorse di tipo socio-sanitario. Estero: detenuti italiani, Giovanni Falcone va alla Farnesina di Valentina Dello Russo
www.italiachiamaitalia.net, 1 luglio 2008
Il papà di Angelo continua la sua battaglia: "Sto provando in tutti i modi ad interessare la politica, ma certi politici sembrano inavvicinabili. Dalla Zuppetti? È stato un incontro chiarificatore, ma ora spero che non resti un pro forma". Nessuno può fermare la forza di un padre, soprattutto se si tratta di Giovanni Falcone: un uomo che sta spendendo la sua esistenza per riportare a casa il figlio Angelo, detenuto in una prigione indiana, e, con lui, tutti i carcerati italiani all’estero. Lo scorso giovedì Falcone è stato convocato alla Farnesina, a colloquio con il Direttore Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie, Carla Zuppetti: "È stato un incontro importante - il commento di Falcone - anche se non penso servirà a molto. La Zuppetti è stata molto disponibile, mi ha spiegato che si è insediata da poco. C’era anche la dottoressa Armellin. Hanno voluto ascoltarmi e sono soddisfatto di essere stato accolto anche alla Farnesina. So per certo che tante cose non dipendono da loro, ma altre sì e spero le facciano. Per esempio potrebbero andarli a trovare più spesso questi ragazzi. Mi hanno detto che non è possibile, ma so che in passato lo si è fatto: so anche di parlamentari mandati in missione a far visita ai carcerati italiani all’estero. Sto provando in tutti i modi ad interessare la politica, ma certi politici sembrano inavvicinabili. Da parte mia ho subito voluto far presente che allo stato non mi occupo solo del caso di Angelo ma anche degli oltre 3000 cittadini Italiani detenuti nel mondo. Il problema oramai è un problema sociale di cui la politica deve farsi carico".
Suo figlio non è infatti l’unico bisognoso… "Infatti. Sono venuto a conoscenza da poco di un altro caso raccapricciante. Per queste cose mi vergogno di essere italiano. C’è un signore di 54 anni, si chiama Ivano. Si trova anche lui in India, alloggiato in una stanza di albergo da oltre un anno e mezzo, e cioè da quando è stato rilasciato su cauzione. Ha una zia di 75 anni che si occupa di lui da lontano: suo padre ne ha 85 ed è assistito da una badante. Ho telefonato ad Ivano in India, abbiamo avuto un lungo colloquio, faceva fatica a parlare: è sieropositivo, per colpa di una caduta è rimasto pure mezzo paralizzato in un letto. Ha bisogno di cure urgentissime. Ho fatto già avere a sua zia un contatto con un rappresentante in Italia di Amnesty International, ho chiamato anche un ex Ispettore Provinciale della Croce Rossa perché mandasse qualcuno a trovarlo. Se non ci muoviamo quel disperato muore là dentro. E la politica non fa nulla".
Cosa potrebbe fare di concreto la politica? "Delle leggi. Deve tentare di risolvere nei modi consentiti dalle Leggi locali e Internazionali questo problema. Alla Zuppetti ho fatto anche presente quali sono secondo me le azioni legislative che servono a tale scopo. Mi rendo conto che oltre certi limiti non possono andare ed ecco a cosa servono le azioni legislative da attuare, insomma è tutto nelle mani del Parlamento".
Dunque il colloquio con la Zuppetti si è risolto con un nulla di fatto… "È stato chiarificatore, ma ora spero facciano qualcosa, che non resti un pro forma. Mi ha anche un po’ irritato, alla fine dell’incontro, che mi sia stato detto che Angelo, anziché andare in casa di privati a due euro a notte poteva andare in un albergo più sicuro e magari non si sarebbe cacciato nei guai. Dico: ma stiamo scherzando? Dove finisce la libertà di una persona? Ho il diritto di andare dove voglio senza spendere i milioni? Viviamo o no in un mondo globalizzato?".
Angelo come sta? "Fortunatamente adesso è carico: aspetta l’udienza del 23 luglio e spera che ci siano novità positive. Certo, per lui è dura. Lui è sempre stato un ragazzo di famiglia, non è mai uscito da casa. La prima volta che l’ha fatto si è ritrovato in quest’incubo. L’altro giorno c’erano delle sue amiche a casa e gliele abbiamo passate al telefono. Ha pianto. Cerca di farsi forza, ma poi è un ragazzo. Si è trovato proiettato in una condizione del genere senza capirci nulla".
Quale sarà la sua prossima iniziativa? "Intanto chiedo a voi che così spesso parlate con i politici di interessarli alla causa di Angelo e dei tremila dimenticati: organizzate un incontro, qualcosa. Io non so più che fare. Ho scritto persino al Presidente della Repubblica. Neppure mi ha risposto. Ha risposto invece ad Enrico Langone, Presidente dell’Associazione Lucana Internazionale, che gli ha scritto a nome di mio figlio. Ebbene, la risposta è a firma del ministro plenipotenziario Armando Varricchio e dice che la Presidenza della Repubblica non può occuparsi dei casi dei singoli. Per quale motivo di mio figlio no e di don Sandro De Pretis sì? Questo sacerdote italiano è stato riportato a casa - giustamente - in men che non si dica, perché a chiedere la sua liberazione è stato un vescovo e Napolitano si è impegnato in tal senso. Perché per Angelo no? Perché se lo chiedo io nessuno mi ascolta? Ho riscritto al Presidente della Repubblica proprio oggi. Staremo a vedere. Per ora nessuno si è fatto vivo".
Il silenzio più completo… "Già. Un tempo aprivo la mail e trovavo lettere di tutti, persone interessate, che chiedevano, offrivano aiuto. Da un po’ di tempo a questa parte, più nulla. Solo il silenzio. Sono rimasto da solo a lottare. E io non ce la faccio più".
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