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Conferenza Volontariato Giustizia: la "Gozzini" non si tocca!
Comunicato stampa, 18 giugno 2008
La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, rappresentativa di associazioni ed enti nazionali e locali impegnati nel sociale e sui diritti, esprime grande preoccupazione ed unisce la sua voce al coro di proteste sollevato dal disegno di legge Berselli, mirante a riformare pesantemente la legge 26.07.1975 n. 354 "Gozzini". Con le modifiche oggi proposte in sei articoli, la Gozzini, pensata e scritta per rispondere al dettato costituzionale e all’interesse della società civile per il recupero ed il reinserimento dei condannati, verrebbe praticamente svuotata dei suoi contenuti di grande civiltà, rendendola inefficace. La legge 354, con i successivi aggiustamenti, si è rivelata una formula giusta, equilibrata, che in oltre trent’anni ha prodotto indiscutibili successi e molti di più ne avrebbe prodotti se fosse stata applicata in modo più coraggioso. Si è visto infatti che attraverso i percorsi premiali e la concessione delle misure alternative al carcere, come la semilibertà e l’affidamento, almeno l’80% di chi ne ha usufruito ha abbandonato i percorsi devianti per rientrare nei circuiti di una vita normale ed onesta, mentre la propensione a delinquere permane in chi sconta per intero la pena in carcere all’incirca nella stessa percentuale. Ciò risulta dai dati ufficiali forniti dal Ministero della giustizia, non è un’invenzione dei sostenitori della Gozzini. Eliminando invece - come vuole il disegno di legge Berselli - la liberazione anticipata per buona condotta, allungando e raddoppiando i tempi di espiazione della pena, prima di poter ottenere un permesso premio o le misure alternative, si preclude praticamente al condannato la possibilità di avviare all’esterno un serio percorso riabilitativo, ben sapendo quanto siano peraltro carenti o inesistenti all’interno degli istituti penitenziari strumenti trattamentali, risorse umane e finanziarie. Non basta certo a giustificare questo assurdo "giro di vite" il motivo che di tanto in tanto qualche semilibero o affidato torni a commettere reati anche molto gravi. Si tratta certamente di casi che fanno scalpore e che andrebbero attentamente vagliati per evitarne il ripetersi. Ma è illogico e dannoso far pagare a tutti i condannati le conseguenze di questi fallimenti, perché in realtà gli effetti negativi della fortissima limitazione dei percorsi riabilitativi esterni ricadrebbero più pesantemente sull’intera società. Infatti non conviene a nessuno rinunciare alla rieducazione ed al reinserimento soltanto per il gusto di lasciar marcire in carcere persone che infine usciranno, allora sì peggiori di prima e quasi certamente irrecuperabili. Eppure, a fronte di un clima di paura, a nostro avviso ingiustificato, che si sta spargendo nel nostro Paese tanto da far gridare all’emergenza sicurezza, pur di ottenere consensi politici non si esita a distruggere anche leggi che funzionano. Si adottano misure straordinarie, eccezionali, come se l’Italia fosse praticamente in stato d’assedio. Si generano sentimenti di xenofobia che poi è difficile tenere sotto controllo. E non è certo il carcere la risposta risolutiva che può pacificare gli animi e sconfiggere la criminalità. È facile percorrere la strada della repressione quando non si è capaci di prevenire quei processi che inevitabilmente alterano il tessuto sociale, creando ingiustizie e diseguaglianze. La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia chiede alle forze di governo di arrestare lo smantellamento della riforma dell’ordinamento penitenziario, valutando piuttosto l’adozione di modalità penali e sanzionatorie che consentano a chi si è macchiato di reati di correggere la propria condotta attraverso strumenti riabilitanti, come l’istruzione, la formazione e l’avviamento al lavoro, l’impegno gratuito in attività socialmente utili, percorsi di mediazione penale, risarcitori e di riconciliazione. Tutte attività in cui il Volontariato penitenziario (oltre 8.000 operatori) è impegnato da decenni, in cui crede fermamente e a cui non intende rinunciare per i tornaconti della politica.
Claudio Messina, Presidente CNVG Giustizia: Osapp; emergenza non si risolve con nuove carceri
Apcom, 18 giugno 2008
"Il ripetersi di iniziative spot conferma, ancora una volta, come non sempre l’emergenza sia l’unica e la sola giustificazione per progetti di legge, allorché utili al Paese". È quanto afferma Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria, in aggiunta alle polemiche divampate ancora oggi alla presentazione, nel decreto sicurezza, degli ultimi emendamenti della maggioranza. "C’interroghiamo - aggiunge Beneduci - sulla necessità di schierare l’Esercito sul presupposto dell’emergenza e della tutela della sicurezza, quando, tra Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Carabinieri e Guardia di Finanza, abbiamo un contingente che conta più di 300 mila uomini, e che un’accurata ripartizione dei ruoli potrebbe far garantire, da parte loro, il presidio su tutto il territorio nazionale, 24 ore su 24". "Si decide di utilizzare - continua - la mano dura contro le frange estreme della delinquenza, quelle che sono considerate più a rischio dal punto di vista della sicurezza sociale, sospendendo processi penali per reati come per esempio l’omicidio colposo, o disinnescando al tempo stesso quei congegni investigativi, come le intercettazioni, assai utili a proteggere il Paese" . "Tutto questo nella logica schizofrenica della sicurezza e dell’emergenza - lamenta Beneduci -. Per quella parte di società, che come sindacato di polizia penitenziaria rappresentiamo, viviamo da troppo tempo in uno stato di necessità da sapere benissimo quanto sia pericoloso, alla lunga, l’atteggiamento di chi vede in queste formule il giusto approccio ai problemi della criminalità". "È arrivato - prosegue - il momento che il Paese si normalizzi e che tutto torni ad essere affrontato con la giusta espressione. Per quel che ci riguarda esortiamo il ministro della Giustizia, e tutto l’Esecutivo, a ragionare sul bisogno di vedere anche il problema carceri come prioritario per l’agenda del Paese e per un sistema giudiziario efficiente". "Ad una drammatica quota presenze di 54.381 detenuti, con una soglia della capacità tollerabile di 63.595 unità (che sappiamo essere di molto inferiore), invitiamo il ministro Alfano ad un’inversione di direzione che non consideri solamente la costruzione di nuove carceri come punto nodale per risolvere il problema della vivibilità, ma che - conclude l’Osapp - riveda l’intero sistema dal presupposto di ciò che può ancora essere salvato". Giustizia: Cisl; proclami non aiutano, no a riunione con Dap
Ansa, 18 giugno 2008
La Cisl non parteciperà, il prossimo 24 giugno, alla riunione convocata dal capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Ettore Ferrara, in seguito alle aggressioni al personale verificatesi nelle ultime settimane. Lo rende noto una nota del sindacato. "Prima di riunirci senza una proposta chiara su come affrontare i problemi, vorremmo sapere come si intenda assicurare coerenza e rispetto dei diritti a tutto il personale. Per scopi evidentemente anche strumentali c’è una strana tendenza a proclami che non aiutano a gestire l’emergenza. Se si vuole dare un immediato sostegno a chi è in prima linea si riduca immediatamente e drasticamente il numero delle unità di Polizia Penitenziaria impiegate nell’apparato burocratico amministrativo, magari proprio nell’ambito del Dap. La politica, quella vera - si legge nella nota - deve chiedersi se ha messo il presidente Ferrara nelle giuste condizioni gestionali". La Cisl sollecita infine il ministro Alfano a convocare una riunione sulle priorità di interventi in favore del sistema penitenziario. Giustizia: dl sicurezza; l’ergastolo, per chi uccide un agente di Fiorenza Sarzanini
Il Corriere della Sera, 18 giugno 2008
Decreto sicurezza. Voto bipartisan per la norma sulle forze dell’ordine. Condanna all’ergastolo per chi uccide un agente. Gli emendamenti al Senato. Pene più gravi per i clandestini. Sarà condannato all’ergastolo chi uccide un agente delle forze dell’ordine. Gli immigrati clandestini che commettono un reato avranno la pena aggravata. La concessione delle attenuanti non sarà più un automatismo se l’imputato è incensurato. Lo scontro politico sulla norma voluta da Silvio Berlusconi per sospendere i processi, non ferma le votazioni al Senato sul decreto sicurezza. Passano gli emendamenti della maggioranza e restano accantonati in attesa di un accordo che potrebbe arrivare già questa mattina due proposte dell’opposizione: l’introduzione del nuovo reato di stalking e l’aggravamento delle pene previste per chi compie maltrattamenti in famiglia. Un applauso e un voto pressoché unanime concede invece il via libera alle norme che prevede la confisca dei beni delle cosche, un aggravio di pena di due anni per chi viene condannato per 416 bis e la possibilità di contestare questo stesso reato di associazione di tipo mafioso anche alle organizzazioni criminali straniere. La vera novità riguarda però la modifica dell’articolo 576 del codice penale che rende obbligatorio il carcere a vita per chi uccide poliziotti, carabinieri, finanzieri e altri agenti di pubblica sicurezza. L’emendamento, come spiega il senatore del Pdl Antonio Paravia, "è stato presentato perché, dopo la morte del tenente Marco Pittoni (il carabiniere ammazzato durante il tentativo di sventare una rapina nell’ufficio postale di Pagani, ndr) alcuni parlamentari salernitani della nostra coalizione si sono interrogati su quali correttivi urgenti si potessero apportare alla normativa in vigore per non permettere che sanzioni troppo morbide, minassero l’opera di chi difende il territorio ogni giorno. E così, d’accordo con il presidente della commissione Difesa Edmondo Cirielli, abbiamo deciso di dare un segnale di dovuta attenzione non solo agli appartenenti delle forze di polizia, ma anche alle loro famiglie e soprattutto ai delinquenti. II voto favorevole dell’opposizione è davvero apprezzabile". Ben diverso è stato l’atteggiamento del centrosinistra sull’articolo che aumenta di un terzo la pena per i clandestini che delinquono. Numerosi giuristi hanno già espresso dubbi sulla costituzionalità e lo stesso parlamentare del Pdl Gaetano Pecorella ritiene ci siano "profili di irragionevolezza perché in molte situazioni, non cambia la gravità del reato se a commetterlo è un cittadino italiano o uno straniero". L’emendamento per evitare la concessione pressoché automatica delle attenuanti a chi non ha altre condanne porta la firma di Gianpiero D’Alia dell’Udc ma è stato accolto anche dalla maggioranza. L’esame dovrebbe terminare questa sera in modo che il provvedimento possa ottenere l’approvazione definitiva già domani. Giustizia: dl sicurezza; reato stalking, da 1 a 4 anni carcere
Dire, 18 giugno 2008
Un disegno di legge "snello" (6 articoli), che introduce il nuovo reato di "atti persecutori" o "molestie insistenti", in una sola espressione lo stalking, per cui si prevede una pena da uno a quattro anni di reclusione, aumentati se il fatto è commesso da un partner, o da un ex compagno. Prevista anche "la pena dell’ergastolo in caso di omicidio preceduto da stalking". È quello che sarà questo pomeriggio sul tavolo del Consiglio dei ministri, che si riunisce alle 17.30, firmato dai ministeri della Giustizia e delle Pari opportunità. Il testo è ispirato a quello licenziato, nella scorsa legislatura, dalla commissione Giustizia della Camera. All’articolo 1 del ddl sulle Modifiche al codice penale, si legge che viene introdotto il nuovo reato di "atti persecutori, consistente nel porre in essere minacce reiterate o molestie con atti tali da creare nella vittima un perdurante stato di ansia, o paura o un fondato timore per l’incolumità propria o di persona legata da relazione affettiva o a costringerlo ad alterare le proprie abitudini di vita". I limiti della pena vengono "adeguati alla gravità del reato", dunque vanno "da uno a quattro anni" di reclusione, limiti, si legge ancora nell’articolo, che "sono aumentati se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato, o divorziato, o da persona che sia stata legata alla vittima da relazione affettiva". La pena, inoltre, "è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso ai danni di un minore, ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall’articolo 339". Sebbene il delitto sia punito a querela della persona offesa, "si procede tuttavia d’ufficio" se il reato è connesso con altri per cui si deve procedere d’ufficio. È prevista, inoltre, "la pena dell’ergastolo in caso di omicidio preceduto da stalking". All’articolo 2 del disegno di legge del governo sull’introduzione del reato di stalking, oggi pomeriggio all’esame del Consiglio dei ministri, viene riconosciuta alla vittima di stalking, nelle more della presentazione della querela, "la possibilità di richiedere al questore l’ammonimento nei confronti dello stalker" (di colui, cioè, che commette la molestia insistente, ndr). Si stabilisce, inoltre, che l’autorità di pubblica sicurezza, se ritiene fondata l’istanza della vittima, assunte le necessarie informazioni investigative, "emette un provvedimento di ammonimento orale nei confronti dello stalker, con cui lo invita a comportarsi nel rispetto della legge e redige processo verbale". L’obiettivo è, dunque, tutelare nel miglior modo possibile la vittima di stalking, nel periodo che intercorre tra il comportamento persecutorio e la presentazione della querela anche allo scopo di dissuadere preventivamente il reo dal compimento di nuovi atti. All’articolo 3, relativo alle Modifiche al codice di procedura penale e al codice civile, "viene in primo luogo aggiunta la fattispecie degli atti persecutori tra i reati per i quali è consentita l’intercettazione di conversazioni, o di comunicazioni telefoniche". Ma non è tutto. Si introduce, infatti, una nuova misura coercitiva che consiste nel divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ovvero dai suoi prossimi congiunti o conviventi, che integra e completa il quadro cautelare già delineato, per i reati consumati in ambito familiare, dall’articolo 282-bis. In tal modo, il giudice può vietare all’imputato di comunicare con qualsiasi mezzo, non solo con la vittima, ma anche con le persone a lei affettivamente vicine. Si prevede poi una modifica all’articolo 392 del codice di procedura penale, che individua i casi in cui è possibile svolgere l’incidente probatorio: la nuova formulazione aggiunge, infatti, lo stalking tra i reati per cui è possibile richiedere l’incidente probatorio. In particolare, si stabilisce che, qualora tra le persone interessate all’assunzione della prova ci siano minorenni il giudice stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all’incidente probatorio quando le esigenze delle persone lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l’udienza può svolgersi in un luogo diverso dal tribunale avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o ,in mancanza di queste, presso l’abitazione della persona interessata all’assunzione della prova. L’articolo 4 del ddl sullo stalking, modifica, invece, l’articolo 342-bis del codice civile ampliando la durata, in 12 mesi, del decreto del giudice con cui si ordina la cessazione della condotta criminosa, l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima. L’articolo 5 reca la clausola di invarianza finanziaria (ossia dal provvedimento non debbono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ndr) mentre l’articolo 6 disciplina l’entrata in vigore della norma. Giustizia: Amnesty; dl sicurezza, stop a processo G8 Genova
Agi, 18 giugno 2008
Le ipotesi di modifica al decreto legge sulla "sicurezza" presentate ieri al Senato - che sospenderebbero una serie di processi riguardanti fatti avvenuti prima del 30 giugno 2002 - fermerebbero i processi per i fatti avvenuti a Genova nel luglio 2001. Una sfortunata coincidenza, che va purtroppo ad aggiungersi a una serie di circostanze che non da coincidenze derivano, bensì da precise responsabilità, le quali rendono particolarmente negletti i processi per i fatti di Genova e ancora più ardua la ricerca della giustizia per le vittime. Lo rende noto il Comitato Verità e Giustizia per Genova, citando al riguardo "una fra tutte queste circostanze: la mancanza nel codice penale italiano di un reato di tortura e maltrattamenti. Questa mancanza, ad esempio, impone ai procuratori nel processo sui fatti di Bolzaneto di descrivere una realtà di oggettiva vessazione nei confronti di tutti i detenuti e per tutto il periodo della loro permanenza presso il sito avendo a disposizione, per perseguire i colpevoli, unicamente reati ordinari, in quanto tali colpiti da prescrizione. In quel luglio 2001 - ricorda ancora l’associazione - erano già trascorsi 13 anni da quando Amnesty International chiedeva all’Italia di considerare un reato specifico la tortura e i maltrattamenti commessi da pubblici ufficiali. Ha fatto un certo effetto sentire che questa esigenza viene testimoniata da chi, in questi anni, ha svolto le inchieste su ciò che avvenne nella caserma di Bolzaneto. Apprendere oggi che c’è il rischio che salti anche il simbolico appuntamento con la giustizia costituito dalla sentenza per Bolzaneto e dai prossimi, importanti, passaggi degli altri procedimenti, aggiunge a questo quadro un’ennesima triste sfumatura". Liguria: Sappe; il "rapporto sicurezza" dimentica le carceri
Comunicato stampa, 18 giugno 2008
"Il rapporto sulla sicurezza della regione Liguria, presentato oggi a Genova, è un documento con gravi omissioni e carenze sul sistema penitenziario genovese e ligure. Quando si parla di sicurezza non si può non parlare di Polizia Penitenziaria (gravemente sotto organico nei 7 penitenziari della Liguria di ben 400 agenti) e di carcere, che spesso è il terminale ultimo della sicurezza stessa. Eppure nel rapporto sulla sicurezza della regione Liguria nulla sembra essere previsto per il sistema carcere e soprattutto per chi in esso lavora in prima linea, ovvero le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria. Passato "l’effetto indulto", di cui hanno beneficiato nella sola provincia di Genova ben 500 detenuti (400 a Marassi e 100 a Pontedecimo) ed altri 400 negli altri penitenziari regionali, oggi ci troviamo ad avere i sette penitenziari liguri affollati di detenuti ben oltre la capienza regolamentare (1.400 i presenti a fronte di una capienza regolamentare di poco superiore ai 1.100 posti, con il 50% dei detenuti extracomunitari ed un 40% di tossicodipendenti) ed estremamente carenti per quanto concerne invece gli organici dei poliziotti. Maggiore sicurezza vuol dire certamente più azione preventiva da parte delle Forze di Polizia ma anche, inevitabilmente, più repressione e quindi più arresti. E questo, non essendo stati previsti nel rapporto sulla sicurezza della regione Liguria adeguati interventi strutturali per le carceri della Regione e un sostanzioso incremento degli organici della Polizia Penitenziaria che in esse lavora in prima linea, vuol dire confinare e relegare nella terra sconosciuta del penitenziario tutte le contraddizioni di una classe politica che assicura alla gente più sicurezza ma dimentica colpevolmente le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria che lavorano quotidianamente in prima linea nelle carceri liguri con mille difficoltà e gravemente sotto organico." Queste le parole critiche di Roberto Martinelli e Michele Lorenzo, rispettivamente segretario generale aggiunto e segretario regionale ligure del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa Organizzazione di Categoria, al rapporto sulla sicurezza della regione Liguria presentato questo mattina nel capoluogo ligure dall’Assessore alla Salute Claudio Montaldo e curato da Stefano Padovano. "In poco più di un mese, recentissimamente, i poliziotti penitenziari liguri hanno manifestato a Genova per chiedere più agenti e più sicurezza, ma per quanto ci è dato da conoscere la Regione Liguria non ha ritenuto di porre in essere alcun provvedimento risolutivo. Per risolvere i problemi del carcere e dei poliziotti penitenziari l’indulto, da solo, non è bastato. Sarebbe stato necessario "ripensare" il carcere, insomma, e adottare con urgenza rimedi di fondo al sistema penitenziario, come ha chiesto più volte anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, necessari per non vanificare in pochi mesi gli effetti di questo atto di clemenza. Parliamo di provvedimenti concreti di potenziamento dell’area penale esterna, che tengano in carcere chi veramente deve starci e potenzino gli organici di Polizia Penitenziaria cui affidare i compiti di controllo sull’esecuzione penale. Di un maggior ricorso all’area penale esterna, destinando i soggetti a misure alternative alla detenzione e impiegandoli in lavori socialmente utili non retribuiti. Nulla di tutto questo, però, ci è presente nel rapporto sulla sicurezza della regione Liguria, che ignora la situazione penitenziaria ligure e le difficili condizioni di lavoro delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria. La Regione, anzi, ci sembra navighi "a vista" sul tema carceri liguri, non avendo di fatto esaminato nel rapporto presentato oggi alcun aspetto penitenziario regionale. Nulla infatti risulta esserci nel rapporto, che avrebbe dovuto essere un lavoro di sintesi con il contributo soprattutto di chi vive in prima linea i problemi della sicurezza come il Sindacato di Polizia penitenziaria e delle altre Forze dell’Ordine". Caserta: muore detenuto straniero 28enne, era sieropositivo
Comunicato stampa, 18 giugno 2008
È morto a Caserta, dopo due giorni dal ricovero in ospedale. Il suo nome era Sangare Samba, di appena 28 anni, ivoriano, detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Il fatto è avvenuto l’11 giugno. Lo comunicano in una nota congiunta Dario Stefano Dell’Aquila, portavoce di Antigone Campania e Abou Soumahoro, responsabile immigrazione Rdb Napoli. Sangare era stato arrestato nel novembre del 2007 con l’accusa di traffico e detenzione di sostanze stupefacenti. "A quanto ci risulta - si legge nella nota - aveva fatto regolare domanda di regolarizzazione, ma la richiesta non era stata accolta perché non disponeva di un reddito adeguato. Sangare era sieropositivo. Viene naturale chiedersi perché non fosse ricoverato in un Centro clinico, quali siano le cause di un così rapido e improvviso decesso e perché sia arrivato in ospedale quando ormai non c’era più speranza". Sanremo: nuova aggressione a un agente, il Sappe non ci sta
www.sanremonews.it, 18 giugno 2008
Un detenuto ha aggredito alle 20.30 di ieri sera tre agenti intervenuti per calmare le escandescenze e l’ira di quest’ultimo. "Si tratta dell’ennesima aggressione - scrive il Sappe, il sindacato più rappresentativo della Polizia Penitenziaria - subita in pochi giorni dal personale, un fenomeno ormai in voga anche in altre sedi dell’Italia. Il detenuto in questione, mantenuto costantemente e da tempo in stretta osservazione medico-sanitaria, è arrivato a scagliarsi prima contro un agente e poi contro i due successivi accorsi per tutelare il primo in difficoltà operativa e tentare a fatica di contenere la sua veemenza. È solo uno dei tanti che vengono mantenuti in osservazione detentiva presso la struttura sanremese, struttura non affidabile e non indicata per soggetti psicopatici e malati di mente. Il Sappe non comprende le ragioni di questo caparbio atteggiamento della Direzione a voler detenere ad ogni costo soggetti non compatibili a permanere in un normale carcere giudiziario, peraltro non allestito per curare e per fronteggiare esigenze di questo tipo. Altre sono le strutture che sposerebbero più efficacemente situazioni tipo rispondendo maggiormente sotto il profilo sanitario. Lo stesso personale - denuncia ancora il Sappe - non può sdoppiarsi a fare sia l’agente di Polizia che lo psicologo o il neurologo di turno. Questi sono risultati pesantissimi da sopportare ed una ricaduta di tensione sull’intero sistema e sul morale degli agenti, assistenti, sovrintendenti e ispettori che a turno si dividono i compiti di prima linea, immagazzinando perciò grosse dosi di stress psico-fisico e con scarsissime possibilità di rotazione. Al momento l’istituto di pena è stracolmo di detenuti: il numero totale supera i 300 da più di un mese e non tende minimamente a scendere sotto una soglia accettabile per una idonea gestione. Pensare ad un carcere modello, organizzato e funzionante (nonché civilmente strutturato) pare essere sola utopia ed i timidi ed inconsistenti spostamenti odierni dei detenuti fatti dalla direzione a nulla servono ai fini della sicurezza interna ed al recupero degli spazi. Ciò nonostante non ci sembra che la Direzione stia facendo molto per riportare la vita interna il carcere in condizioni accettabili, un miscuglio di etnie razziali e sociali si concentrano all’interno del penitenziario, mentre resta penosa la carenza dell’organico e coloro i quali operano per assicurare l’attuale servizio fanno veramente grossi sacrifici, rimanendo troppo esposti ad ogni sorta di rischio. Questo sentore di insicurezza generale era stato avvertito dal personale pochi giorni fa, in una riunione congiunta tra tutte le sigle sindacali del settore e dove, ironia della sorte, aveva esplicitamente chiesto di intervenire ufficialmente a ripristinare e sanare molteplici contesti, che passano trascurati soprattutto da una organizzazione interna esageratamente approssimata e posticcia. Lanciamo un grido d’allarme, affinché si riconduca nella più totale sicurezza l’istituto e non si faccia in regione una politica lungimirante, tesa a concentrare il meno possibile detenuti ammalati di mente in strutture carcerarie deficitarie e carenti verso questi individui, i quali paleserebbero gravi disturbi all’equilibrio mentale e di conseguenza potenzialmente pericolosi e facili a commettere atti violenti contro le altrui persone". Asti: Comune assicura gli anziani contro rischio furti e scippi
La Repubblica, 18 giugno 2008
Una polizza contro la microcriminalità: "Perché non possiamo abbandonare gli anziani alle loro paure - spiega il sindaco Giorgio Galvagno, eletto a maggio 2007 con Forza Italia - non dico che siano veramente in pericolo. Ma passano i giorni nel timore che gli possa accadere qualcosa di brutto. E allora noi diamo un segnale". Piccolo investimento dal grande impatto simbolico: 15.680 euro già versati alla Mondial Assistance per assicurare i 16 mila residenti over 65 contro furti, scippi e rapine. Meno di un euro a persona di spesa. Eppure. "L’idea era già venuta alla precedente giunta di centrosinistra - commentano con ironia in Municipio - ma poi la discussione politica aveva travolto tutte le migliori intenzioni". Ora il progetto è stato approvato. Diventerà operativo il primo luglio. La polizza comprende tre voci: abitazione, assistenza personale e assistenza economica. "Non è stato facile individuare i casi precisi di intervento - spiega l’avvocato dell’ufficio legale del Comune, Dino Raviola - ma alla fine crediamo di esserci riusciti". Copre i danni provocati dallo scasso. Ripara serrature, porte, finestre spaccate dai ladri. Paga la custodia dei beni rimasti insicuri e le eventuali spese d’albergo per le vittime del reato. L’assistenza personale invece è ridotta al minimo: rifonde il trasferimento in autoambulanza, ma non le cure mediche, a parte prevedere una consulenza telefonica per piccoli problemi di salute. "Però nel contratto è compresa anche la consegna a domicilio della spesa - spiega l’avvocato Raviola - quando la vittima di una rapina, per esempio, avesse problemi di mobilità". Nota bene: la consegna della spesa, non la spesa. L’ultimo capitolo è quello dell’assistenza economica per le vittime della microcriminalità. Al massimo 500 euro di risarcimento danni. Per tutti i casi di scuola: furti in appartamento, scippi davanti all’ufficio postale, rapine in strada, truffe, raggiri. C’è un numero verde per segnalare ogni singolo episodio. Un impiegato comunale incaricato di aggiornare quotidianamente l’elenco degli assicurati. Ed ogni giorno, qualcuno uscirà di scena, per fare posto ad altri iscritti. "Siamo una città di vecchi - spiega il sindaco Galvagno - la popolazione anziana supera ormai il trenta per cento, io stesso sto per compiere sessantacinque anni". Ed anche lui, ovviamente, verrà assicurato d’ufficio. Ad Asti nel corso del 2007 non c’è stato neppure un omicidio. Ma in città scippi e rapine sono in costante aumento da anni. Quella di Asti è la terza provincia italiana per concentrazione di furti in appartamento, dopo Bologna e Pavia, con 449 casi ogni centomila abitanti. "Ed è per questo che stiamo già studiando altri provvedimenti per stare vicini ai cittadini - spiega il sindaco - penso al raddoppio dell’illuminazione, agli undici nuovi vigili urbani già assunti e alle multe a tempo". Multe a tempo? "Sì - spiega Galvagno - se uno lascia l’auto in divieto di sosta per dieci minuti non deve pagare come uno che la lascia per tutto il giorno. Su questa idea ci stiamo lavorando... ". Su cosa c’entrino le multe a tempo con la sicurezza, il sindaco non si nasconde: "Diciamo che tutto fa brodo, quello che conta è il benessere complessivo dei cittadini". Padova: targa per le vittime delle Br, condominio contrario di Concetto Vecchio
La Repubblica, 18 giugno 2008
Per 34 anni ha trionfato la burocrazia: niente lapide al muro del palazzo dove nel 1974 furono uccisi dalle Brigate Rosse Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci. Gli inquilini temevano che gli autonomi avrebbero imbrattato la facciata, essendo le vittime due militanti del Msi. Nei giorni scorsi il sindaco democratico Flavio Zanonato, stufo di una trattativa senza sbocchi, ha firmato un’ordinanza in cui intima l’affissione di una targa in quanto "opera di pubblica utilità". Da ieri la memoria è onorata. Via Zabarella 24, nel ventre di Padova, è una via cruciale nella storia del terrorismo in Italia. Qui alle 10 del mattino del 17 giugno 1974 le Br fecero le loro prime vittime. A sparare materialmente fu un ragazzo di Reggio Emilia, Fabrizio Pelli, 22 anni, che cinque anni dopo sarebbe spirato in cella di leucemia, spalleggiato da Roberto Ognibene, che si fece 18 anni di galera e oggi s’è rifatto una vita a Bologna. Susanna Ronconi era "il palo". Su un’auto, lungo la strada, aspettavano Martino Serafini e Giorgio Semeria. Mazzola era un bell’uomo di sessant’anni, prestato al Msi dal movimento monarchico: teneva la contabilità del partito. Giralucci, agente di commercio, aveva appena 29 anni e una figlia di tre, Silvia, che non serba alcun ricordo diretto del papa. I terroristi cercavano documenti, e una visibilità politica, ma trovarono due uomini. Li uccisero. Silvia Giralucci non è di destra, ma in questi anni ha cercato di salvare la memoria del padre, perché le vittime della violenza non hanno colore. Battaglia a lungo persa. Nel 1998 il condominio negò la lapide, senza mai motivare il rifiuto. Nel giugno del 2002 si trovò un penoso compromesso: attaccare una targa ad un palo posto accanto al portone, in cui si rammentavano asciuttamente le due "vittime del terrorismo". Quel montante fotografava bene il sentimento della città. Uno stato d’animo d’irresolutezza. Quando il consiglio comunale nel dicembre 2001 aveva deciso d’inserire il 17 giugno tra le date da commemorare, il centrosinistra abbandonò l’aula: tutti salvo uno, il professor Armando Balduino, dei Ds. L’anno scorso Zanonato fece autocritica per quel "falso pudore" che aveva impedito divedere "fino in fondo ciò che era necessario fare. Ovvero, le istituzioni hanno il compito di ricordare le vittime del terrorismo, tutte le vittime". Così questa primavera è tornato alla carica con gli inquilini, aggiungendo che il Comune si sarebbe accollato le spese di eventuali imbrattamenti. "No", ha spiegato il rappresentante dei condomini al capo di gabinetto. Allora Zanonato ha firmato l’ordinanza e ieri alle 13 gli operai municipali hanno attaccato la lapide al muro. Il palo è stato segato. Soprattutto si legge finalmente il nome delle Brigate Rosse. Ieri la città ha ricordato i suoi morti, davanti a Silvia Giralucci, sua madre, Piero Mazzola, e la vedova di Giuseppe, Giuditta Caccia. Dal discorso di Silvia: "Quando un giovane passerà da via Zabarella saprà che la memoria non è sospesa a un palo e che un sindaco di sinistra ha sfidato l’ignavia di un’assemblea di condominio perché in democrazia non ci devono essere nemici, ma solo avversari con cui confrontarsi". Reggio Calabria: Accademia Hipponiana, quadri per carceri
Comunicato Stampa, 18 giugno 2008
Quadri dal valore complessivo di cinquantamila euro sono stati donati alle carceri calabresi. La significativa iniziativa di solidarietà è stata realizzata dall’Accademia Hipponiana, Scuola Superiore di Musica in occasione del ventennale della sua fondazione. Le opere - circa 100 tra quadri e sculture, elargiti alla stessa da numerosi artisti - sono stati successivamente donati al Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Calabria, per arricchire e rendere più accoglienti le Case Circondariali della regione. L’Accademia - che ha già realizzato nelle carceri calabresi numerosi concerti - con quest’ulteriore iniziativa testimonia la sua vicinanza al mondo penitenziario. Un mondo che anche attraverso l’arte, può riscoprire i valori autentici della vita ricevendo stimoli per essere a sua volta attivo e creativo. Il significato del dono, quale segno di solidarietà e di presenza accanto agli ultimi, è stato riassunto in un’interessante pubblicazione curata dal presidente prof. Francesco Chiarella appassionato animatore dell’Accademia. Scritto a suo tempo da Don Onofrio Brindisi, già Arciprete di Vibo Valentia e Socio Fondatore dell’Accademia, questo prezioso scritto sintetizza quel riferimento ideale di vicinanza ad un prossimo più bisognoso, da parte di chi ha voluto che quest’Istituzione non si esprimesse solo per i fini didattici di Scuola Superiore di Musica. L’amministrazione penitenziaria della Calabria esprime viva gratitudine e plauso all’Accademia per queste iniziative concrete di solidarietà che riescono ad avvicinare positivamente la società alla realtà delle carceri.
Il Provveditore Regionale Paolo Quattrone Matera: Polizia Penitenziaria proclama la protesta a oltranza
Il Velino, 18 giugno 2008
"Il dado è tratto. La decisione era nell’aria ed è puntualmente arrivata. I Coordinamenti provinciali di Sappe-Osapp-Cisl-Uil-Fsa Cnpp, ovvero tutte le organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria presenti a Matera, hanno deliberato che da domani 19 scatterà la protesta annunciata con un comunicato unitario". Lo comunica una nota della Uil Penitenziari. "Dovessimo passare in carcere anche tutte le nostre ferie, non ci tireremo indietro - dice Giovanni Grippo, Segretario regionale della Uil-Pa Penitenziari e componente del direttivo nazionale della Uil-Pa Penitenziari -. Oramai siamo allo stremo e siamo stanchi delle solite chiacchiere. Ora ci vogliono i fatti. Da buoni servitori dello Stato garantiremo turni regolari e tutti i servizi, anche a costo di subire altre mortificanti aggressioni". Da domani gli agenti penitenziari in servizio a Matera alla fine di ogni turno di servizio rimarranno in istituto fino al turno successivo senza mai recarsi a casa e rifiuteranno il vitto dell’amministrazione disertando la mensa di Servizio. La protesta è stata alimentata anche dai recenti episodi di violenza che hanno visto feriti ben otto agenti di polizia penitenziaria, aggrediti in diverse occasioni da detenuti ristretti a Matera. "Non è solo la questione delle aggressioni, ci sono problemi irrisolti da tempo. Qui manca un direttore effettivo - continua Grippo - gli organici anche a detta dell’amministrazione sono la metà di quelli previsti e questo significa fare due o tre posti di servizio in contemporanea. Qui c’è gente che fa anche 40 ore di straordinario e non lo pagano nemmeno. Non ne possiamo più. Un anno fa ci avevano promesso il padiglione all’Ospedale. Solo fumo. Non ne possiamo più. Ora ci devono ascoltare". Sulla protesta di Matera interviene anche il segretario generale della Uil-Pa Penitenziari, Eugenio Sarno. "Voglio testimoniare la mia vicinanza e la mia piena solidarietà ai colleghi di Matera. Registro una unità di intenti tra i sindacati che rafforza il valore di questa protesta, pienamente legittimata anche dalle responsabilità di chi doveva agire e non lo ha fatto. Circa due anni fa venni in visita in questo istituto e denunciai a gran voce le gravi carenze strutturali e le deficienze organiche. Purtroppo non abbiamo elementi concreti che ci indicano un attenzione al problema. Voglio sperare che le istituzioni locali e la collettività di Matera affianchino e condividano questa protesta civile di operatori dello Stato che si sentono abbandonati dallo Stato". Sulla questione delle aggressioni a poliziotti penitenziari il dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha convocato le organizzazioni sindacali per il prossimo 24 giugno. "Il bollettino di guerra è in continuo aggiornamento, purtroppo. Altre aggressioni con feriti si sono verificate anche sabato scorso a Secondigliano - rivela Sarno -. Nonostante la nostra buona volontà credo che occorra un livello superiore per approcciare in termini esaustivi la questione. Per questo condivido in pieno l’appello lanciato dal Sappe al ministro Alfano perché presieda la riunione del 24 giugno. In fondo parliamo di circa cinquanta agenti di polizia feriti negli ultimi tre mesi da delinquenti detenuti. Il malumore e il disorientamento del personale di Matera è diffuso su tutto il territorio. Chi deve ne tenga conto". La Uil aveva già proposto che agli agenti in servizio di custodia ai detenuti fossero forniti strumenti di difesa. "Certo bisogna dotare il personale di opportuni mezzi di difesa. Però questo non basta. La resistenza e l’oltraggio a pubblico ufficiale debbono ritornare ad essere sanzionabili con pene detentive. Chi aggredisce un agente aggredisce lo Stato, questo deve essere un messaggio inequivoco - conclude il segretario della Uil-Pa Penitenziari - ma il ministro Alfano ha voglia e tempo per occuparsi anche di queste cose?". Avellino: emergenza carcere… il 23 arriva il ministro Alfano
Il Denaro, 18 giugno 2008
Emergenza carceri: se ne discute ad Avellino il prossimo 23 giugno. All’appuntamento, organizzato dall’Ordine degli Avvocati irpini in collaborazione con la segreteria generale Uilpa penitenziari, parteciperà anche il ministro per la Giustizia Angelino Alfano. L’associazione dei giovani penalisti irpini con il patrocinio dell’Ordine degli avvocati di Avellino e del comune di Avellino ha organizzato, in collaborazione con la segreteria generale Uilpa penitenziari, un convegno su "Emergenza carceri: funzioni della pena, sanzioni alternative e misure indulgenziali". L’incontro si terrà lunedì 23 giugno alle ore 15.30 presso l’Hotel De La Ville, e vedrà la partecipazione del ministro della giustizia, Angelino Alfano. L’evento viene presentato nel corso di una conferenza stampa presso la sede della Uil. È previsto l’intervento di autorevoli relatori, quali il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Ettore Ferrara, il presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli, Angelica Di Giovanni, il vice presidente della commissione giustizia della Camera dei deputati, Federico Palomba, il presidente della commissione giuridica del Parlamento Europeo, Giuseppe Gargani, il membro della Commissione difesa della Camera dei deputati Filippo Ascierto e il segretario generale Uilpa Penitenziari Eugenio Sarno. Partecipano inoltre, Edoardo Volino, presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Avellino, Luigi Petrillo presidente della Camera penale irpina, e Gerardo Di Martino presidente dell’associazione organizzatrice. Il dibattito è introdotto e moderato da Carmine Ruggiero, dell’associazione dei giovani penalisti irpini. Obiettivo dell’incontro, quindi, è gettare un faro sulle criticità del sistema carcerario e sul modello da seguire per evitare l’ingolfamento delle strutture. Problema particolarmente sentito dopo il varo dell’amnistia. Porto Azzurro: consegna attestati e… partita con Igor Protti
Comunicato stampa, 18 giugno 2008
Sabato 14 giugno 2008 nel plesso scolastico della Casa di Reclusione di Porto Azzurro è avvenuta la consegna degli attestati ai detenuti che hanno superato il "corso per soccorritori di livello di base ai sensi della LRT 25\2001", organizzato dalla Direzione della casa di reclusione di Porto Azzurro in collaborazione con la Confraternita di Misericordia di Porto Azzurro. Alla cerimonia di consegna hanno presenziato il vice presidente nazionale della confederazione delle Misericordie d’Italia, Trucchi Roberto e il Coordinatore Provinciale delle Misericordie per la provincia di Livorno, Emanuele Giovani, oltre al Governatore della Misericordia di Porto Azzurro, Giulio Tagliaferro e alla formatrice Enza Senzamici. Il corso è stato superato dai detenuti Ventra Mauro, Bozano Lorenzo, Buragina Paolo, Moneypenny David, Perez Espel Cesar, Trabelsi Abdel i quali hanno ricevuto il significativo riconoscimento dalle autorità penitenziarie; non hanno potuto ritirare l’attestato Alfano Fiorenzo e Romanazzi Giovanni, perché ammessi al regime della semilibertà e Di Grazia Salvatore perché ammesso al lavoro all’esterno. I convenuti hanno messo in risalto il significato sociale dell’iniziativa, che finalizzata alla realizzazione di interventi di volontariato, rafforza l’elemento risarcitorio della pena attraverso un proficuo rapporto tra carcere a territorio. Il Direttore della Casa di Reclusione, gli operatori penitenziari, i rappresentanti della Misericordia ed i detenuti hanno auspicato la reiterazione dell’esperienza e soprattutto concretizzazione di opportunità che consentano di mettere a frutto le competenze acquisite dai partecipanti al corso attraverso interventi in favore di chi ha più bisogno, nella consapevolezza che l’intensificazione del rapporto tra territorio e carcere è per le istituzioni e per la associazioni un dovere ma che per la società può trasformarsi in risorsa.
Sabato 14 giugno 2008 nel campo di calcio della Casa di Reclusione di Porto Azzurro ha avuto luogo "la coppa dell’amicizia". Al mini torneo hanno preso parte 4 squadre, una rappresentativa di detenuti, una rappresentativa di detenuti, una rappresentativa di Porto Azzurro che partecipa al torneo di calcio interno, una rappresentativa degli agenti di Polizia Penitenziaria e la rappresentativa del Corpo della Forestale. Quest’ultima squadra era integrata e nobilitata dalla presenza del campione di calcio Igor Protti. È parso particolarmente significativa la partecipazione di Protti che ha confermato la consueta sensibilità e disponibilità, confermando di essere non solo campione di calcio ma soprattutto di umanità. La manifestazione voluta dalla Direzione della casa di reclusione di Porto Azzurro, in tutte le sue componenti, e resa possibile dalla collaborazione all’organizzazione dell’Audace di Portoferraio e della Cooperativa San Giacomo, rientra nel programma di intensificazione della partecipazione della comunità esterna alle attività di rieducazione e di reinserimento dei detenuti nella società. Immigrazione: l'Unione Europea approva "direttiva rimpatri"
Ansa, 18 giugno 2008
Rimpatri, "ha vinto l’Europa della diffidenza". La soddisfazione dei sostenitori. Reazioni favorevoli e contrarie all’uscita dall’aula di Strasburgo dove la direttiva rimpatri è stata approvata con 369 voti a favore, 197 contrari e 107 astensioni in prima lettura. Sì a 18 mesi di reclusione per clandestini. Con 369 voti a favore, 197 contrari e 107 astensioni, il Parlamento europeo ha approvato stamattina la direttiva sul rimpatrio degli extracomunitari, in prima lettura e senza ulteriori emendamenti all’accordo raggiunto in sede negoziale col Consiglio Ue. "Ha vinto l’Europa della diffidenza" è uno dei primi commenti a uscire dall’aula di Strasburgo, per voce di Claudio Fava. Per il rappresentante di Sinistra Democratica (Pse) "prevedere fino a diciotto mesi di carcere per gli immigrati clandestini è uno scempio giuridico di cui i governi europei da oggi portano per intero la responsabilità". Questa è infatti la misura più controversa introdotta dalla direttiva, nonostante i suoi sostenitori affermano che la detenzione di 18 mesi occorrerà soltanto in casi eccezionali (il tempo standard può essere al massimo di sei mesi), e che al contrario la direttiva introduce delle salvaguardie per i clandestini che finora non erano previste. In alcuni Stati infatti non esiste un limite temporale al periodo di custodia, e viene introdotto il principio di "partenza volontaria" da parte dell’irregolare (da effettuare tra i 7 e i 30 giorni dall’identificazione). Ma la sinistra e le Ong sostengono che si tratta di una foglia di fico, in quanto per ragioni di emergenza si può prevedere il fermo amministrativo, e che quindi le detenzioni fino a un anno e mezzo diventeranno la norma. Altro punto molto controverso è il bando al rientro sul territorio Ue di cinque anni per gli irregolari che vengono sorpresi in Europa. La sinistra e le Ong, durante le numerose e accese discussioni sul testo, sottolineavano poi la mancanza di garanzie di assistenza legale per i migranti, la mancanza di strumenti per distinguere i richiedenti asilo nel mucchio dei migranti economici, le scarse salvaguardie per i minori non accompagnati e per il ricongiungimento famigliare. Ma sono punti sui quali i sostenitori della direttiva affermano che invece il testo oggi approvato garantirà progressi notevoli in questo ambito. Certo è che gli Stati membri non sono obbligati a introdurre delle salvaguardie comuni a livello europeo, ma potranno farlo sulla base delle loro correnti legislazioni e norme sull’aiuto legale e della direttiva procedurale del 2005 sui richiedenti asilo. Per dare una mano, la Commissione Ue metterà a disposizione 676 milioni per le azioni di rimpatrio. Viene introdotto il principio di non refoulement, ovvero un irregolare non può essere rispedito in un paese dove la sua libertà o vita possono essere messe in pericolo. Ma i migranti potranno essere rispediti anche nei paesi di transito con i quali esistono accordi: ad esempio la Libia, che per Giusto Catania di Rifondazione, diventerà il luogo di deportazione dell’Europa. "Con l’approvazione della direttiva rimpatri il Parlamento europeo ha scritto una delle pagine più buie della sua storia. Da oggi, l’Europa non è più la patria dei diritti umani", aggiunge Catania. Il voto positivo alla direttiva ha deluso profondamente Amnesty International, che ritiene che il testo non garantisca il rimpatrio in condizioni di rispetto della dignità umana. La direttiva rischia poi di dare il cattivo esempio a livello globale. Amnesty invita pertanto gli Stati membri che hanno degli standard di protezione più elevati di quelli previsti dalla direttiva a non abbassarli. Una delle voci favorevoli al testo è quella del vicepresidente del Pe Mario Mauro (Udc-Ppe), che si felicita del fatto che in Europa non ci saranno più misure isolate sull’immigrazione. Tra gli astenuti dal voto diversi esponenti del Pd, il che fa rammaricare Fava, che parla di "onda lunga dell’opposizione di sua maestà che in patria il Pd continua a praticare nei confronti di Berlusconi". Immigrazione: l’espulsione va eseguita anche se illegittima… di Debora Alberici
Italia Oggi, 18 giugno 2008
Linea dura della Cassazione contro l’immigrazione clandestina. Lo straniero che si trova di fronte a un provvedimento di espulsione illegittimo non può arbitrariamente decidere di restare in Italia, altrimenti finisce in carcere e non ha diritto al risarcimento per ingiusta detenzione. È questo un altro forte segnale di stop adottato dalla Suprema corte, (sentenza n. 23911 del 12 giugno 2008) contro l’immigrazione irregolare e la permanenza, anch’essa irregolare, dei clandestini sul territorio italiano. Valido o meno l’ordine di allontanamento deve essere seguito e non può essere impugnato di fronte al giudice ordinario. Se ci sono irregolarità nell’atto resta, la strada del giudice amministrativo. Intervenendo su una causa di ingiusta detenzione instaurata da un immigrato senza permesso di soggiorno che aveva ricevuto un ordine di espulsione "illegittimo", la quarta sezione penale ha fornito una serie di importanti chiarimenti. "Nella fattispecie", si legge in sentenza, "la valutazione in termini di comportamento ostativo all’attribuzione del beneficio, formulata dal giudice di merito con riguardo all’inottemperanza dell’istante all’ordine di allontanamento dal territorio dello stato, resiste alle critiche formulate nel ricorso, essendo evidente che i vizi di eccesso di potere e di illogicità delle motivazioni del provvedimento di espulsione erano apprezzabili solo dal giudice ordinario cui la legge riconosce il potere di disapplicare gli atti amministrativi illegittimi, salvo che la legittimità dell’atto non sia stata accertata dal giudice amministrativo". Insomma il nostro ordinamento di fatti "blinda" l’area di "giustiziabilità", nel senso di impugnabilità, dei provvedimenti riguardanti la permanenza nel territorio dello stato degli immigrati non in regola. Ci sono in gioco, infatti, interessi particolarmente delicati. Per questo l’immigrato espulso "non può sindacare la legittimità dell’atto di espulsione -speculare alla esclusione del dolo o della colpa grave nel comportamento dell’immigrato che non vi ottemperi". t Non avrà un centesimo un clandestino che, dopo aver ricevuto il provvedimento di espulsione, si era reso conto che era illegittimo e per questo non aveva lasciato l’Italia. Così era stato fermato e aveva passato una notte in carcere. A questo punto aveva chiesto i danni per ingiusta detenzione. Il tribunale di Roma aveva respinto la domanda. Contro questa decisione l’uomo ha fatto ricorso in Cassazione lamentando che "l’ordine era illegittimo" e che per questo non era tenuto ad ottemperare. La quarta sezione penale del "Palazzaccio" lo ha integralmente respinto. Immigrazione: Asgi; 57% domande asilo viene riconosciuto
Comunicato stampa, 18 giugno 2008
Di fronte alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati riunita il 11 giugno 2008 il Sottosegretario al Ministero dell’Interno Alfredo Mantovano ha affermato che ogni anno, su cento domande di protezione presentate, non più di otto o nove vengono accolte, sull’intero territorio nazionale, mentre le altre vengono giudicate prive di fondatezza. L’Associazione per gli Studi giuridici sull’Immigrazione rileva con stupore quanto riferito perché non corrisponde affatto ai dati ufficiali forniti dalla Commissione Nazionale per il diritto d’asilo, istituita presso lo stesso Ministero dell’Interno, che consentono di delineare un quadro assai diverso. Nel 2007 su 13.509 domande esaminate (un numero complessivo così modesto che da solo ben evidenzia come non vi sia alcun fenomeno di eventuale abuso delle domande di asilo per aggirare le norme sull’immigrazione) al 10,4% è stato riconosciuto lo status di rifugiato (erano il 9,4% nel 2006) mentre al 46,7% delle domande è stato riconosciuta la necessità di una "protezione umanitaria" (erano 46,8% nel 2006) in attuazione dell’art. 5 c.6 del T.U. immigrazione che prevede il rilascio di un titolo di soggiorno ove ricorrano "seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali od internazionali dello Stato italiano". Solo 36,3% delle domande sono state rigettate in prima istanza (parte di esse sono state poi accolte in sede di ricorso). Si può quindi vedere come oltre il 57% di tutte le domande di asilo ha ottenuto il riconoscimento di una forma di protezione. A partire da gennaio 2008 la nuova normativa comunitaria recepita dall’Italia ha introdotto la nozione di "protezione sussidiaria" che ha parzialmente assorbito quella di protezione umanitaria, quale forma di protezione internazionale. Non si dispone di informazioni precise in relazione ai pochi mesi di attuazione della nuova normativa, ma pare confermata una sostanziale continuità con gli anni precedenti. Si può dunque affermare che non già l’8-9%, bensì più della metà delle domande di protezione internazionale presentate in Italia sono accolte sia a titolo di status di rifugiato, sia a titolo di status di protezione sussidiaria, oltre che nella residuale forma del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Tutte tre le forme costituiscono sotto insiemi della figura del diritto d’asilo garantito dall’art. 10, comma 3 della Costituzione. L’eventuale abuso delle domande di asilo in Italia è pertanto un fenomeno assai contenuto, nonostante i dati vengano a volte distorti, anche in sede ufficiale, mentre, risulta evidente che la maggior parte delle poche domande di asilo corrisponda all’effettiva realtà di persone in fuga da persecuzioni, torture e rischi gravissimi per la vita e l’incolumità derivanti da situazioni di conflitto armato. Poiché dunque le cifre diffuse non corrispondono affatto alla realtà, perché inducono a ritenere che il numero dei meritevoli di protezione sia esiguo quando invece è superiore alla metà delle domande, è ragionevole che sorga il dubbio che esse siano state riferite al solo fine di fornire un pretesto del tutto infondato per tentare di giustificare la proposta del Governo di modificare le procedure di esame delle domande di asilo previste dal D. Lgs. n. 25/2008 - che era all’esame della stessa Commissione - nella quale si introducono forti limitazioni alla libertà di circolazione dei richiedenti asilo e al loro diritto di difesa, prima fra tutte l’eliminazione dell’effetto sospensivo del ricorso giurisdizionale avverso le decisioni negative delle Commissioni, proposte che ostacolerebbero l’effettività del diritto d’asilo costituzionalmente garantito e che perciò sono considerate illegittime sia dall’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Acnur), sia dall’associazionismo. Ciò conferma la necessità che le commissioni parlamentari esprimano parere contrario alle norme proposte circa le modifiche restrittive delle procedure di esame delle domande di protezione internazionale. Per ulteriori approfondimenti sui profili di illegittimità della proposta governativa si veda il Documento di osservazioni sui provvedimenti in materia di stranieri nell’ambito dei provvedimenti del "Pacchetto sicurezza" ed in particolare la parte VI.
A.S.G.I. - Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione Immigrazione: Desi Bruno; 18 mesi in Cpt è vera detenzione
Comunicato stampa, 18 giugno 2008
L’Ufficio del Garante delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna esprime preoccupazione per le annunciate riforme legislative in materia penale, in parte già realizzate con l’emanazione del decreto-legge del 21 maggio contenente misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, a cominciare dal possibile ampliamento dei tempi di permanenza nei Cpt, Centri di Permanenza temporanea, la cui denominazione risulta non a caso già mutata nel decreto legge in "centri di identificazione e di espulsione ", nonché per la già introdotta e contestata aggravante comune costituita dall’essere irregolare sul territorio. L’orientamento legislativo, che vede nel disegno di legge presentato anche l’introduzione della figura di reato dell’essere irregolarmente entrato nel territorio, tende a costruire una figura di reo non in base a condotte realmente offensive, ma in base alla condizione soggettiva della categoria presa in considerazione, nel presente i clandestini, e pone le basi per un inaccettabile diritto penale del nemico, foriero di discriminazione e inutile per la sicurezza pubblica. La preoccupazione è avvertita in modo particolare per le ricadute sul territorio: per quanto riguarda il carcere della Dozza, che rappresenta oggi il carcere più complesso del paese, con una percentuale di stranieri ormai al 70%, sovraffollato, carente di personale ormai in modo cronico e contro ogni ragionevolezza, il possibile aumento di presenze in carcere rischia di paralizzare le attività rieducative in corso, stremare il personale della sicurezza e dell’area trattamentale, trasformare il penitenziario in un ancor più grande contenitore di disagio sociale, dove la reclusione sarà sganciata dal trattamento e dal rispetto delle norme di civiltà che regolano la vita in carcere, con conseguenze inimmaginabili. Quanto al Cpta di Via Mattei, che nel corso del tempo si è strutturato in modo unico in Italia, dotandosi di un progetto sociale che, in sintonia con l’ente locale, ha assicurato maggiore attenzione alle persone, in una prospettiva di riduzione del danno, fornendo servizi, dai mediatori culturali agli psicologi, agli sportelli informativi, il rischio concreto è la trasformazione dello stesso in un centro di raccolta degli espellendi che potranno essere trattenuti sino a 18 mesi, periodo che rappresenta a tutti gli effetti una vera e propria detenzione, senza la garanzie della legislazione penitenziaria e della magistratura di sorveglianza, con la probabile compromissione dei risultati importanti sin qui ottenuti. La Garante auspica che in sede di conversione del decreto legge e di esame del disegno di legge si tenga conto delle ricadute drammatiche che un ulteriore aumento di carcerizzazione, anche attraverso i "centri di espulsione e identificazione", può avere sugli istituti oggi presenti, tenendo conto che l’immigrazione non può essere considerata solo un problema di ordine pubblico, ma richiede una serie di interventi mirati, tra cui gli accordi per la riammissione nei paesi di origine, l’incentivazione al rientro, la regolarizzazione di chi sta già svolgendo effettiva attività lavorativa.
Avv. Desi Bruno Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna Droghe: Rutelli; diciamo un bel "no" a spinelli e dio denaro
Notiziario Aduc, 18 giugno 2008
"C’è un’emergenza educativa nel nostro Paese, anche secondo quanto il cardinal Bagnasco ha detto nella sua recente prolusione all’Assemblea della Cei, e Papa Benedetto ha sottolineato pochi giorni fa? Assolutamente si". È da questa constatazione che parte l’analisi di Francesco Rutelli pubblicata oggi sul sito "www.piuvoce.net, cattolici in rete" che arriva a una conclusione per certi versi controcorrente: "Diciamo un bel no a droga e dio denaro". "Parlo innanzitutto da genitore che ha un punto di osservazione ricco e problematico cui non possono sfuggire gli enormi cambiamenti e i rischi che i nostri ragazzi incontrano - sottolinea il neo presidente del Copasir - mi limito, nella brevità di questa riflessione, a indicare due argomenti. La priorità più trascurata mi pare il contrasto alla diffusione di sostanze psicotrope: droghe mischiate ad alcolici e a sostanze chimiche di nuova generazione. Un meccanismo che studiosi e psichiatri avvertiti ci stanno indicando come già oggi devastante. Non stiamo parlando delle sostanze di qualche decennio fa (e chiarisco che non parlo della mia esperienza personale, poiché ho avuto la sorte di non accettare e non assumere mai neppure una sigaretta di tabacco e mai nessuna droga; mi riferisco al clima politico - culturale degli anni ‘70 cui io stesso ho partecipato). È documentato che uno spinello odierno produce effetti fino a circa venti volte lo spinello di 20 o 30 anni fa, come riconoscono oggi non pochi esperti di orientamento antiproibizionista. La miscela di sostanze che circolano con assoluta facilità già tra i dodicenni di oggi può avere effetti distruttivi e irreparabili sulla loro psiche e la loro integrità fisica". "Questi fenomeni - prosegue Rutelli - sono certamente parte di una crisi educativa di cui siamo soliti leggere, tra le manifestazioni principali, la fragilità dei processi di conoscenza e qualità dell’apprendimento riguardanti quote crescenti di ragazzi; la perdita di autorità e autorevolezza degli insegnanti presso i nostri figli; il degrado - troppo a lungo tollerato - del dominante messaggio televisivo, che premia la devozione al dominio del dio denaro e l’emulazione verso l’irresponsabilità, anziché quel coraggio che non è bullismo, ma dedizione all’altro e gratuità del donarsi; rispetto verso il più debole, qualità del concorso al servizio pubblico, civismo. Il vero problema che la generazione adulta deve affrontare è di dare ai ragazzi il messaggio che essi costituiscono un’enorme opportunità per il miglioramento della società, piuttosto che un enorme problema. Per farlo, dobbiamo ricreare le condizioni di una sfida educativa basata sulla loro responsabilizzazione, e sulla capacità di concorrere a creare nuove speranze, anziché sentirsi un peso. Impensabile fino a pochi anni fa: lo spaesamento dei ragazzi non ne fa il motore entusiasta e critico del cambiamento, ma fa piuttosto sentire troppi di loro come la sabbia nei motori della nostra comunità".
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