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Giustizia: codice penale; terminata riscrittura parte generale
Il Sole 24 Ore, 16 marzo 2007
La parte generale è finita. Ma adesso serve un impegno del Parlamento per evitare che anche questo progetto resti nei cassetti del ministero della Giustizia. Giuliano Pisapia, presidente della commissione per la riforma del Codice penale, intervenendo al II Congresso giuridico per l’aggiornamento forense organizzato dal Cnf, ha fatto il punto della situazione all’insegna di un inevitabile realismo, ma anche con la fiducia che il Governo faccia compiere alle politiche della giustizia l’atteso salto di qualità. "Sarebbe già un segnale importante - ha detto Pisapia - se il progetto potesse approdare alla discussione parlamentare e non facesse la fine degli elaborati stesi dalle n commissioni che ci hanno preceduto". Pisapia ha chiarito che sono state tracciate delle direttive precise per la delega che saranno consegnate entro Pasqua al ministro Mastella. Ma ha anche preannunciato alcuni dei passaggi chiave. A essere affermato è innanzitutto il principio di offensività per cui è prevista la non punibilità in tutti quei casi in cui non c’è stata lesione ai beni giuridici oggetto della tutela della norma penale. "Oggi - ha precisato Pisapia - non è così. Anzi, con la versione del decreto legge sulla violenza negli stadi approvata dal Senato sono state varate disposizioni discutibili, come la previsione del carcere per chi introduce anche semplici striscioni senza che contengano incitamenti alla violenza". Il principio della non sanzionabilità in caso di tenuità del fatto è poi un punto su cui si sta orientando anche la commissione per la riforma della procedura penale e che, anzi, potrebbe confluire nel disegno di legge con le misure urgenti per abbreviare la durata dei processi penali in via di presentazione al Consiglio dei ministri. Nel nuovo Codice così, tenuità del fatto e occasionalità della condotta rappresenteranno i due elementi alla base della non perseguibilità. Il secondo punto chiave è costituito dall’apparato sanzio-natorio con il maggiore ricorso a sanzioni interdittive, pecuniarie e riparatone in grado di lasciare il carcere come eventualità da riservare ai casi più gravi. "Una scelta - ha chiarito Pisapia - in qualche modo logica visti i dati sulla recidiva per cui il 70% delle persone che sono state in carcere torna poi a delinquere, mentre questo avviene per solo il 12% di chi ha avuto sanzioni alternative alla detenzione". Al giudice sarà poi lasciata una minore discrezionalità nella definizione della pena: si ridurrà la forbice tra massimo e minimo e verrà circoscritto l’effetto di attenuanti e aggravanti. E ancora, nel nuovo Codice troverà posto una più attenta precisazione della responsabilità penale per esempio nei casi di concorso di persone: andrà valutato, meglio di quanto sia stato fatto sinora, l’apporto causale del singolo al delitto. Inoltre, la "preterintenzione" sarà cancellata come pure tutti gli altri casi che prefigurano una sorta di responsabilità oggettiva. La prima giornata del Congresso, che prosegue oggi e domani con percorsi di formazione tematici (diritto penale, civile, amministrativo e tributario tra le materie privilegiate), è servita anche per precisare lo stato di recepimento delle novità del decreto Bersani. Così, se un più volte ironico Piero Schlesinger ha concluso per la nullità del patto di quota lite quando l’alea-torietà del compenso è eccessiva ("o successo nella causa o niente), un a volte critico Pierluigi Tirale ha spiegato le novità introdotte nel Codice deontologico sui fronti cruciali dei minimi tariffari, della pubblicità e del patto di quota lite. Tirale ha anche illustrato il regolamento adottato dal Consiglio nazionale forense sulla formazione obbligatoria (in caso contrario scatterà un illecito disciplinare): ogni professionista sarà tenuto a conseguire nell’ambito di un triennio almeno 90 crediti formativi, almeno 20 dei quali in ogni singolo anno solare. Piena libertà di scelta su eventi e attività da seguire, ma almeno 5 crediti annuali dovranno derivare da iniziative relative a ordinamento professionale e deontologia. Giustizia: intercettazioni; è bufera sul tribunale di Potenza
La Stampa, 16 marzo 2007
Altro che Vallettopoli e Woodcock, il tribunale di Potenza è colpito da ben più gravi problemi". Alla caffetteria del ristorante della Camera, Clemente Mastella, Guardasigilli del governo di Romano Prodi, comincia la sua crociata contro l’intraprendenza e il protagonismo di certa magistratura. Mai come ora il ministro è sotto i riflettori e, conoscendo il tipo, si trova a suo agio. La bordata che spara a quell’ora, siamo nel primo pomeriggio, è ancora più pesante di quelle che sparerà dopo. Mastella addirittura ci ficca dentro una storia di ‘ndrangheta. "Una brutta storia - confida - relativa a una famiglia calabrese che sta cercando di allargare la sua influenza in Basilicata attraverso la scalata di un personaggio legato a vincoli familiari con un sostituto procuratore di Potenza che addirittura è stato consulente fino a pochi giorni fa dell’anti-mafia". Ieri pomeriggio il Guardasigilli ha perso tutti i freni inibitori. Toccava il cielo con un dito. E si capisce il perché. In questo momento ha la benedizione di Prodi, D’Alema e Berlusconi. Ha inviato tra gli applausi di tutto il Parlamento gli ispettori del ministero a Potenza per indagare su quanto ha combinato il pm John Woodcock: dai voluminosi fascicoli della sua inchiesta su Vallettopoli, infatti, sono uscite le intercettazioni che hanno messo alla berlina sui media il portavoce di Prodi, Silvio Sircana, l’ex ministro di Berlusconi, Roberto Maroni, e la stessa figlia del Cavaliere, Barbara, che nell’inchiesta al massimo erano parti lese. In più ora molti partiti politici vogliono approvare in fretta il disegno di legge di Mastella sull’uso illegale delle intercettazioni legali. "Se viene approvato velocemente - ha spiegato ieri - tutte queste informazioni vergognose che abbiamo visto circolare in questi giorni, che rovinano la vita delle persone, ledono la loro dignità e infangano la loro rispettabilità, non verranno più pubblicate. Finora ci sono state delle resistenze perché i magistrati ci dicono che vogliamo impedire le indagini e i giornalisti che vogliamo impedire la pubblicazione delle informazioni. Ma la libertà delle persone, la riservatezza della sfera personale e la tutela della privacy vengono prima di tutto". Giustizia: Garante della privacy; basta scoop sulla vita sessuale
Secolo XIX, 16 marzo 2007
Ora che lo scandalo di Vallettopoli è diventato un caso politico, interviene il Garante della privacy. Una decisione senza precedenti, che già questa mattina sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale: sarà vietato pubblicare tutte le notizie "che non hanno interesse pubblico". Giornali, televisioni, radio, siti internet, non potranno fare riferimento alle "condotte private delle persone che riguardino la sfera sessuale". Le pene previste sono severe: da tre mesi a due anni di galera. È partita anche una nuova ispezione ministeriale disposta dal guardasigilli Clemente Mastella alla procura di Potenza, l’ennesima. Gli 007 della Giustizia dovranno appurare se ci sono state responsabilità dei magistrati nella fuga di notizie degli ultimi giorni, culminata con il caso del portavoce del governo, Silvio Sircana, e il riferimento alle foto con il trans. Ma lo stesso fotografo che si era vantato al telefono di quegli scatti, Massimiliano Scarfone, fa retromarcia: "Al telefono stavo solo millantando, volevo vantarmi un po’ con Fabrizio Corona, quelle foto non esistono". Così, in giornata, sono rientrate le (annunciate) dimissioni del portavoce di Prodi. Il fronte dell’inchiesta. Oggi sarà interrogato Lele Mora, l’agente delle star. Arresti domiciliari per il genovese Marcello Silvestri. Davanti al gip ha spiegato la sua versione sui 12 assegni, 650 mila euro, ricevuti da Corona. "Era in debito per lavori che non mi aveva pagato. Una cifra consistente, 400 mila euro. Un giorno mi ha detto che aveva problemi con la moglie Nina Moric, che si stava separando e che temeva una vertenza legale complicata". Conseguenza: "Mi ha chiesto di cambiargli gli assegni e di dargli il resto. Io l’ho fatto, non mi sembrava vero di poter "rientrare" di quei soldi. Ma li credevo puliti". Giustizia: Colombo; basare il sistema sul recupero dei detenuti
Il Cittadino, 16 marzo 2007
"Ogni detenuto costa tra le 200 e le 220 euro al giorno: di questi soldi si potrebbe pensare ad un uso diverso, basato sul recupero e non sull’esclusione". Così Gherardo Colombo, il giudice che condusse l’inchiesta di "Mani pulite" negli anni Novanta, ha parlato nella serata di mercoledì a cascina Roma nel corso dell’evento promosso dall’associazione locale Equonomia dal titolo "La giustizia nella vita civile", ha affrontato una serie di importanti temi, offrendo a una sala gremita rilevanti spunti di riflessione. Protagonista la concezione della giustizia vista innanzitutto come rispetto della libertà, della dignità, dell’uguaglianza, in uno spirito di collaborazione a cui è chiamata tutta la società civile. Principi "che devono iniziare ad essere rispettati nella vita quotidiana, nei nostri rapporti in famiglia, in un condominio, con i colleghi, tenendo conto che la libertà di ciascuno si ferma laddove inizia ad ostacolare quella di un’altra persona. Basta pensare al disturbo arrecato da una macchina parcheggiata in seconda fila". In primo piano, un principio di convivenza basato su comportamenti che oggi come oggi non possono essere dati per scontati. Per questo Gherardo Colombo non si è tirato indietro rispetto all’invito che gli è stato rivolto da Equonomia, così come non rifiuta gli inviti a prendere la parola nelle scuole e a serate dove gli viene offerta la possibilità di diffondere un messaggio di prevenzione che fa leva sull’impegno individuale di ciascuno. "La giustizia - ha ricordato - è la pratica di alcuni comportamenti nei confronti delle persone con cui siamo in relazione. La difficoltà più grossa è nel far propri questi semplici punti di riferimento, difficile infatti è la strada per percepirli. Bisognerebbe cercare di provare a mettersi nei panni degli altri".Proprio con questo spirito sono stati affrontati temi di rilievo internazionale, in cui la nostra realtà nazionale è stata chiamata all’appello. "Siamo stati capaci di cancellare una pagina della nostra storia - ha aggiunto il magistrato -. In Italia non si parla abbastanza delle leggi razziali, eppure proprio quelle leggi hanno consentito le aberrazioni del passato. Ma non è che in futuro saremmo indenni da una valutazione simile della società di oggi?". Un’articolata esposizione che ha puntato l’obiettivo in particolare sulla persona umana e sul potenziale che ha la società di intraprendere un cammino di prevenzione del crimine, non lasciando indietro coloro che sono nel disagio. "Non si può rompere la dignità a cui ciascuno ha diritto - ha ricordato Colombo - perché la società non cresce attraverso la segregazione del diverso, ma in base alla collaborazione di tutti. Solo partendo da questo presupposto si può pensare ad una giustizia basata sulla libertà e sull’uguaglianza". Lettere: la vigliaccheria politica sui casi Ronconi e Curcio di Beppe Battaglia
Lettera alla Redazione, 16 marzo 2007
È di questi giorni un balletto strano che ha visto una gara insolita e nefasta, dagli amministratori locali fino al Presidente della Repubblica, passando per tutte le istituzioni intermedie: restare in ombra, è il messaggio ricorrente, il più benevolo! Non fa testo che decine di parlamentari siano condannati con pena passata in giudicato, o inquisiti, o sotto processo. Naturalmente costoro non hanno scontato un solo giorno di galera per i loro misfatti, le ruberie, i crimini contro tutti i cittadini! A dispetto di ogni morale, di ogni principio etico, di ogni brandello di coerenza, costoro riscuotono la solidarietà dei compagni di cordata, con un disprezzo per la cosa pubblica senza precedenti. Qualcuno si è spinto anche oltre in questi anni sdoganando persino "i ragazzi di Salò". Tanto disprezzo per i principi scritti della nostra Carta Costituzionale non s’era mai osato. È di qualche giorno fa la proposta oscena di sottoporre i ragazzi delle nostre scuole ad esame tossicologico, dopo aver ostentato il traffico di droga nelle aule parlamentari! Questi pulpiti, è tempo di dirlo, non godono più di alcuna credibilità e con loro anche (e purtroppo) le istituzioni che credono di rappresentare, mettendo sotto i piedi ogni giorno i principi Costituzionali da cui dovrebbero discendere le regole condivise della convivenza civile (le leggi, gli ordinamenti…). È più facile (ma con quale dignità?) scatenare la canea contro i bambini discettando con saccenza sull’abbassamento dell’età punibile! È più facile scatenare la barbarie dell’odio tra gli autori dei reati e le vittime della lotta armata degli anni ‘70, facendo finta di dimenticare che queste persone hanno pagato con decenni di galera per quei reati. Oltretutto si tratta di persone che ormai da anni fanno tutt’altro che… apologia di reato. Questi sono fatti non idee astratte! Susanna Ronconi e Renato Curcio sono la punta di un iceberg di dimensioni colossali. Il messaggio sembra recitare che c’è bisogno di odio, che c’è bisogno di nemici, che c’è bisogno di un accanimento barbarico, che c’è bisogno di muri sempre più alti, che c’è bisogno di escludere ad imperitura memoria. Di qua del muro i "cittadini"; di là dal muro i barbari! Ai primi il diritto alla parola (e che dire dell’immagine?), ai secondi il silenzio. Certo, può dare fastidio che Susanna e Renato (e quanti altri?) siano oggi, dopo trent’anni di galera, valenti ricercatori. Può dare fastidio che essi si pongano in modo gratuito in una dimensione di servizio, senza rifiutare il confronto, il dialogo, l’interazione scientifica, animati come sono dal desiderio insopprimibile della ricerca di una giustizia sociale che pure era alla base delle loro scelte antiche. Evidentemente dà fastidio che siano sopravvissuti a tutte le angherie sofferte in galera. Giustizialismo? No, è solo desiderio di ostracismo, di esclusione, un terribile lezzo di morte che sembra animare i nostri benpensanti, ancorché smemorati. Sono semmai loro, i benpensanti, ad offendere con la loro strumentalità la memoria dei caduti. Sono loro gli smemorati di Collegno che non sanno e non vogliono valutare il gesto del vecchio Papa o di Maria Fida Moro (e quanti altri?) che incontrando i loro nemici hanno superato la dimensione della tragedia e dell’odio rendendo omaggio e pace ai caduti, senza retorica e senza ipocrisia strumentale. Ma questo fatto non fa testo per gli smemorati. È più comodo alimentare l’odio, suggerendo quasi abiure formali di nessuna importanza. Ma c’è di più. L’unanimità delle rappresentanze dei partiti (di maggioranza e di opposizione, da sempre muro contro muro persino quando si tratta del negozio che deve vendere un farmaco) dovrebbe almeno destare il sospetto. Queste rappresentanze, oltretutto, sono le stesse che hanno stilato le liste dei candidati al Parlamento includendovi opportunamente pregiudicati ed inquisiti con lo scopo deliberato di evitare loro qualche giorno di galera. Non solo. In taluni casi esprimendo pubblicamente solidarietà ai compagni di cordata sotto processo o condannati. E si capisce ora perché fanno la grande ammucchiata fingendo rispetto per le vittime del terrorismo. Da questi pulpiti, è ovvio, non può derivare nulla di buono. La mia solidarietà vivissima, con tutto il rispetto che merita il dolore di chi ha perso una persona cara, va a coloro che per questi fatti hanno pagato un prezzo assai salato: a Susanna, a Renato, a Corrado, a Nicola… che non solo hanno pagato il conto (e certo non per arricchirsi personalmente rubacchiando a dritta e a manca dalle tasche dei cittadini contribuenti come hanno invece fatto la gran parte degli onorevoli pregiudicati!), ma che oggi e da alcuni anni mettono al servizio della collettività (ancora una volta) le loro risorse umane, sociali e professionali, senza nemmeno mostrarsi infastiditi dalla spocchia bacchettona che li vorrebbe "silenziati". In loro mi ci riconosco, nei rappresentanti dei partiti no.
Beppe Battaglia Lettere: dirigenti penitenziari protestano per blocco assunzioni
Lettera aperta, 16 marzo 2007
Oggetto: trattamento discriminatorio ed in violazione di diritti di parte del personale dell’Amministrazione Penitenziaria; assunzioni vincitori concorsi per l’accesso alla qualifica dirigenziale riservati al personale dell’Amministrazione Penitenziaria appartenente al profilo di Educatori, Contabili e tecnici, ai sensi del D. Lgs. 146/2000 e art. 50 l. 23.12.2000 n. 388. Con la presente siamo a denunciare il trattamento discriminatorio ed in violazione di diritti di parte del personale dell’Amministrazione Penitenziaria e, contestualmente, chiedere un vostro autorevole intervento sui Dicasteri competenti. Gli attori della querelle sono da una parte il personale risultato vincitore dei concorsi per l’accesso alla dirigenza, di cui al D.Lgs. 146/2000; dall’altra il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e le altre strutture amministrative dei Ministeri competenti in ordine alle assunzioni. La vicenda trae origine dal D.Lgs. 146/2000, in base al quale con provvedimento del 28.02.2001 furono indetti concorsi per l’accesso alla qualifica dirigenziale riservati al personale dell’Amministrazione Penitenziaria, compresi i profili di Direttori d’Istituto e Direttori di Servizio Sociale, secondo le modalità indicate nello stesso decreto legislativo (concorso per titoli integrato da un colloquio e concorso per esami). Le suddette procedure concorsuali non sono state espletate per cinque anni, benché le commissioni esaminatrici furono nominate con PCD del 24.05.2001 per i concorsi per titoli e con PCD del 9.4.2002 per i concorsi per esami; modifiche a tali nomine furono apportate con PDG del 25.11.2004. Dopo l’approvazione della Legge 27.07.2005 n. 154 (cd. Legge Meduri che prevedeva la nomina a dirigente, senza necessità di espletare concorso, di tutto il personale appartenente ai profili di direttore d’Istituto e di servizio sociale) finalmente si è dato avvio alle procedure concorsuali per l’accesso alla dirigenza riservato al personale appartenente ai rimanenti profili professionali (educatori, contabili, tecnici) dell’Amministrazione Penitenziaria per i quali con apposito Ordine del Giorno 0/1184-B/1/2° il Parlamento aveva raccomandato "fosse evitato, anche attraverso la promozione ed adozione i idonei strumenti normativi, un trattamento discriminatorio rispetto a quello previsto per i funzionati di pari qualifica dell’Amministrazione penitenziaria". Il 4 maggio 2006, al termine dei concorsi per titoli, sono stati emanati i decreti di nomina dei vincitori dei concorsi precitati che, inviati all’Ufficio Centrale del Bilancio presso il Ministero delle Giustizia per il visto, sono stati restituiti con l’osservazione di cui alla nota n. 26584 dell’8.05.06 per Dirigenti di Ragioneria e del 23.05.06 per i Dirigenti di Pedagogia. Tale Ufficio faceva presente che "in regime di blocco delle assunzioni, la successiva nomina a dirigente dei vincitori del concorso dovrebbe essere subordinata ad apposita autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Funzione Pubblica. Stante tuttavia al riguardo il parere espresso dalla stessa Presidenza con nota n.1825/11 del 26.03.04 secondo il quale le assunzioni derivanti dagli aumenti di organico previsti dal decreto legislativo n.146/000 non sono soggette a regime dl blocco delle assunzioni potrebbe valutarsi l’opportunità di richiedere al Dipartimento per la Funzione Pubblica se tale principio - riferito dal decreto legislativo alle qualifiche funzionali (art.3 comma 7) - possa valere anche per il contestuale aumento di organico previsto dallo stesso decreto legislativo per le posizioni dirigenziali". L’Amministrazione Penitenziaria, non valutando che sarebbe stato inutilmente dilatorio richiedere in merito un parere alla Funzione Pubblica in quanto la deroga al blocco delle assunzioni per dirigenti è inequivocabilmente prevista dalla legge (come per le qualifiche funzionali in quanto il comma 9 dell’art.50 prevede espressamente che la deroga di cui all’art.3 comma 7 del D.Lgs. 146/00 si applica anche alle assunzioni dei dirigenti) in data 24.05.06 ha invece ritenuto di richiedere un parere alla Funzione Pubblica. Il 7 novembre l’Amministrazione, in sede di incontro con le OO.SS. ed a seguito delle numerose e ripetute sollecitazioni in tal senso da parte sindacale e di atti di diffida presentati dagli interessati, confermava l’interesse ad assumere il personale che aveva sostenuto le procedure concorsuali per l’accesso alla dirigenza lamentando la difficoltà ad ottenere risposta dalla Funzione Pubblica, concludendo che il problema rivestiva a questo punto natura politica e che necessitava di un intervento sul Ministro. Nella stessa data, si saprà poi, era pervenuto al Dap il parere della Funzione Pubblica dell’11.07.06 ove, pur condividendosi non vi fosse blocco a tale assunzioni, tuttavia, a sua volta, si era interessato della questione il Ministero dell’Economia (IGOP) per quanto atteneva alla risorse disponibili. In data 1.12.2006, senza che fosse intervenuta alcuna modifica da maggio 2006 (data dei rilievi dell’Ufficio del Bilancio) l’Amministrazione ha ritrasmesso i provvedimenti all’Ufficio del Bilancio ( aggiungendo i decreti di nomina dei 3 successici concorsi espletati, quelli per esami) per il visto ritenendo che "le assunzioni in questione debbono ritenersi escluse dal blocco delle assunzioni", allegando il sopraggiunto parere della Funzione Pubblica. Nel successivo incontro del 13 dicembre tenutosi al Dap con le OO.SS., il Capo del Dipartimento rappresentava che, per l’assunzione dei Dirigenti in questione l’Ufficio Bilancio, nell’esprimere parere favorevole al visto, aveva interessato l’IGOP pertanto si riteneva che le risorse messe a disposizione, in deroga, dalla Funzione Pubblica fossero destinate all’ inquadramento del personale che aveva sostenuto le procedure di riqualificazione. L’incontro si era tenuto per confrontarsi sugli inquadramenti del personale con le risorse messe a disposizione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Funzione Pubblica in deroga al blocco delle assunzioni: le OO.SS. evidenziavano al DAP la richiesta di conclusione delle procedure di assunzione per il personale risultato vincitore dei concorsi per l’accesso alla dirigenza, di cui al D.Lgs. 146/2000. A fine dicembre 2006 l’IGOP rispondendo alla FP e p.c. all’Ufficio Bilancio ha affermato non esserci norma derogatoria al blocco delle assunzioni, indipendentemente dalla copertura finanziaria. In data 17 gennaio 2007 l’Ufficio Centrale del Bilancio, ha restituito non vistati i 5 decreti di nomina di dirigenti di seconda fascia, rappresentando l’opportunità di inserire tale personale nel pano di assunzioni per l'anno 2007, rappresentando alla Funzione Pubblica che la maggior spesa derivante da tali assunzioni risulta già coperta con gli appositi stanziamenti previsti con D.Lgs. 146/2000 e dall’art. 50 comma 9 lettera D della L.388/2000. Da allora… il vuoto, le richieste formali ed informali presentate dai vincitori di concorso sono cadute nel vuoto e nulla risulta circa atti ed interventi intrapresi dall’Amministrazione Penitenziaria. Indubbiamente ciò attiverà un ulteriore contenzioso per "ritardata assunzione" e conseguenti risarcimento danni per lesione degli interessi legittimi dei candidati vincitori che hanno partecipato al concorso, per mancanza di efficienza della Pubblica Amministrazione e quant’altro rinvenibile in giurisprudenza.
Al danno… la beffa: il nuovo modello organizzativo e le funzioni dirigenziali
L’Amministrazione Penitenziaria sta predisponendo un "nuovo modello organizzativo" che "deve risolvere" come sistemare le centinaia di Dirigenti ex lege 154/05 (ovvero di quei funzionari di area C che, senza concorso ed in alcuni casi senza laurea, sono stati promossi per legge a Dirigenti). Ebbene, il DAP piuttosto che risolvere l’importante, ed anche giuridicamente significativa, compresenza di dirigenti appartenenti a più diversi ordinamenti (militare, polizia penitenziaria, ex-lege n.154/2005, Area 1…) e della connessa probabile disfuzionalità e problematicità in tale assetto organizzativo, non sembra offrire elementi chiari atti a coordinare l’operatività sinergica della Dirigenza nel suo complesso. Peraltro ed in barba a quanto enunciato nella relazione tecnica introduttiva al Decreto L.gs 15.02.06 n.63 "Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, a norma della legge 27 luglio 2005, n. 154" (non si sono, perciò, riportate previsioni riguardanti diverse categorie professionali, pur meritevoli di attenzione ai fini di un riordino, le cui dotazioni sono state stabilite con il decreto legislativo 146.2000, che disciplinano quelle professionalità. Si tratta segnatamente dei ruoli di dirigente di area pedagogica, di area contabile, di area informatica, delle aree tecnica e della comunicazione. Nondimeno, la tabella A ha tenuto in conto gli uffici che competono e quelle professionalità, non assegnandoli ai dirigenti penitenziari: si tratta, ad esempio, degli uffici contabili e dei detenuti presso i provveditorati, delle analoghe strutture presso la sede centrale), il DAP non preserva tali "posti di funzione" ai legittimi dirigenti ex-lege 146. Nello specifico dei Dirigenti di Area 1 Comparto Ministeri (gli scriventi vincitori di concorso) è imprescindibile l’individuazione di funzioni (peraltro già nelle dotazioni organiche e nei provvedimenti organizzatori dell’Amministrazione, a partire dal D.Lgs.146/2000). L’eventuale mancata previsione nel nuovo modello organizzativo, risulterebbe, oltre che suscettibile di contenzioso, non conforme al quadro di principi fatto proprio con il predetto decreto 146/2000 e con il Decreto 22 gennaio 2002 nonché problematica per quanto attiene alle disposizioni contenute nel d.Lgs. 165/2001 e L. 145/2002 e seguenti. L’Amministrazione Penitenziaria, come è noto, nel dare attuazione parziale e quindi faziosa al D.Lgs. 146/00 (tale decreto, come è noto, infatti ha "prodotto" solo ed esclusivamente centinaia di direttivi e dirigenti di Polizia penitenziaria) e con il progetto odierno di assegnare i posti funzione solo ed esclusivamente ai Dirigenti ex legge 154/02 , mette così in pericolo persino la conformità alla Costituzione (art. 27) dell’attuale sua organizzazione. Il disegno organizzativo e l’attività amministrativa posta finora in essere è in aperto contrasto ai principi costituzionali delle finalità della pena e dei diritti umani nello svolgimento del lavoro penitenziario, laddove quest’ultimo deve avvenire in un contesto di relazioni interprofessionali ove ogni lavoratore sia per primo rispettato e possa operare su un piano di pari dignità e rispetto con le altre professionalità. Peraltro l’azione amministrativa non risulta soddisfare i principi costituzionale di buon andamento (economicità, efficienza, efficacia) e del decentramento amministrativo, in specie burocratico e funzionale. Nell’elaborando "nuovo modello organizzativo" del DAP, infatti, non risultano menzionati i posti di funzione dirigenziale per i futuri Dirigenti, vincitori di concorso riservato per le professionalità di Area Pedagogica e Contabile, per i quali in pianta organica è prevista l’assegnazione presso i Provveditorati Regionali (ed ai quali con distinti provvedimenti di nomina del Direttore del Personale è stata già assegnata la sede, previa formale richiesta di scelta tra un ben preciso elenco di sedi - provvedimento in attesa di visto dall’aprile dello scorso anno).
Ciro Boldrini Casa Reclusione Viterbo Giampaolo Cassitta Casa Reclusione Alghero Anna Cilento Provv. Reg. Bologna Stefania De Paolis D.A.P. Roma Paolo W. Lafratta Provv. Reg. Pescara Settimio Monetini Provv. Reg. Perugia Fiammetta Trisi Provv. Reg. Pescara Francesca Valenzi Provv. Reg. Milano Palermo: il Dap avvia ispezione sul caso dell'agente arrestato
La Sicilia, 16 marzo 2007
Il Capo del Dap Ettore Ferrara ha immediatamente disposto una inchiesta ispettiva, volta ad accertare l’esatto andamento dei fatti ed a fare emergere tutte le eventuali responsabilità, le possibili omissioni, e i comportamenti non conformi a quanto previsto dalle norme sulla sicurezza. Lo rende noto un comunicato del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in riferimento all’episodio di cronaca che ha visto coinvolto un agente penitenziario nel carcere di Pagliarelli. Il DAP precisa inoltre che il regime di detenzione relativo ai detenuti appartenenti alla criminalità mafiosa è oggetto di particolare e specifica attenzione, non solo con riferimento al circuito relativo ai detenuti sottoposti al 41bis, ma più in generale con riguardo alla gestione dell’alta sicurezza. È infatti di recente introduzione una circolare volta ad assicurare la detenzione in Alta Sicurezza di soggetti comunque appartenenti alla criminalità organizzata, onde impedire che attraverso letture formalistiche del titolo di detenzione ne venga disposta la allocazione tra i detenuti comuni, che non consente una adeguata tutela delle esigenze di sicurezza e di prevenzione. Rispetto ad un sistema penitenziario rigoroso la possibile connivenza di personale infedele costituisce una delle possibili opportunità di aggiramento delle regole, la cui incidenza rimane comunque contenuta, e rispetto alla quale l’Amministrazione è sempre intervenuta con particolare determinazione, promuovendo, di concerto con l’autorità giudiziaria, tutte le misure necessarie a reprimere il fenomeno. Cuneo: in Provincia un convegno sulla situazione carceraria
Targato CN, 16 marzo 2007
Il Centro Incontri della Provincia ospiterà questa sera alle 21 e domani alle 9.30 un incontro promosso dal Consigliere regionale di Rifondazione Comunista Sergio Dalmasso sulla situazione delle carceri. La conferenza è maturata in seguito alla conclusione di una visita di Dalmasso in tutti penitenziari piemontesi. A spiegare gli intenti e la storia del convegno è lo stesso esponente di Rifondazione Comunista: "Tra i pochi impegni assunti nella campagna elettorale del 2005 (regionali), il maggiore era stato quello di visitare, se eletto, tutte le carceri piemontesi. Ho terminato il giro nel primo anno di mandato e ora ho iniziato il secondo. La differenza: l’alleggerimento prodotto dal tanto discusso indulto del luglio scorso. La situazione resta pesantissima, colma di enormi problemi sociali e materiali. La struttura delle carceri è vecchia e spesso cadente, anche alcune recenti presentano problemi enormi; non a caso, pochi decenni fa vi fu lo scandalo delle carceri d’oro (speculazioni, costi aumentati, a danno della qualità e delle condizioni di vita dei detenuti, appalti…). Le stesse norme nazionali sugli spazi, sulla metratura delle celle, sui servizi igienici non sono quasi mai applicate. La continua penuria di fondi rende difficili anche i lavori ordinari, quelli di semplice manutenzione. Il rapporto con la realtà esterna è spesso difficile. Gli operatori, le associazioni di volontariato, tutti i gruppi che operano su questa realtà si impegnano al massimo, ma il muro carcere/società, istituzione totale/città continua a vivere, soprattutto nella mentalità comune, nei comportamenti, spesso anche nella scarsa attenzione di forze politiche ed amministrazioni locali. La realtà piemontese presenta situazioni differenziate: carceri per detenuti con condanne brevi (massimo tre o cinque anni) quali Fossano e Verbania, quindi con condizioni e rapporti migliori rispetto alla media, realtà con problemi strutturali pesanti (Ivrea), altre con attività interne, ma un sovraffollamento gravissimo (Torino), altre ancora con la realtà specifica di sezioni soggette all’articolo 41 bis (quello nato negli anni di piombo) con rigida limitazione di ogni forma di contatto esterno (visite, aria…). Ogni realtà presenta problemi specifici anche per i problemi della polizia carceraria che abbiamo imparato a conoscere meglio in questi mesi: carenza di organici, lontananza degli agenti da casa, difficoltà di inserimento nel nuovo ambiente e di trovare abitazione, contratti di lavoro spesso scaduti da anni. Il nostro convegno vuole iniziare a ragionare su questi temi, ma soprattutto sulla progressiva trasformazione della realtà carceraria nel corso degli ultimi decenni. Ovvia la trasformazione della tipologia media dei detenuti: i carcerati degli anni ‘40 e ‘50 (disoccupati, ladri, alcolizzati, mendicanti…) vengono progressivamente sostituiti da immigrati dal meridione e da fenomeni legati ai processi di inurbamento. Gli anni ‘70 vedono una maggiore presenza di una dimensione politica, legata agli anni di piombo. Tra i ‘70 e gli ‘80 il fenomeno della tossicodipendenza ha un riflesso pesante anche sulla realtà carceraria. Negli anni ‘80 si hanno prima la legge sulla depenalizzazione dei reati minori, poi la legge Gozzini che apre a misure alternative alla detenzione (semilibertà, affidamento in prova). La realtà attuale, almeno pre-indulto, vede almeno un terzo di detenuti immigrati da paesi poveri, un terzo detenuto per tossicodipendenza. È ovvio che solo una modificazione di leggi può invertire la tendenza ad una società che fa sempre più ricorso alla detenzione (cosa chiesta da parte consistente dell’opinione pubblica), che il carcere deve entrare veramente nell’agenda politica non come tema secondario, che anche i nostri iscritti debbano coglierne l’importanza. Proposte elementari debbono essere presentate sulla sanità carceraria, sulle forme di contatto con la città (dagli autobus, alle biblioteche, agli spettacoli), sul lavoro (tema centrale e ineludibile, da quello interno a quello esterno), sui temi specifici relativi agli immigrati (lingua, contatti con la famiglia…), soprattutto sul dopo carcere (accoglienza, avviamento al lavoro) per impedire le ricadute. Per questo ci è indispensabile la presenza di operatori, educatori, direttori, agenti di polizia, (ex) detenuti. Il pianeta carcere è spesso sconosciuto, spesso frammentato in isole incomunicanti, spesso volutamente ignorato. Il lavoro dei consiglieri e dei parlamentari è piccola parte di quanto si può mettere in campo, ma può sommarsi ad un impegno quotidiano e spesso poco conosciuto di migliaia e migliaia di uomini e donne che a questo hanno dedicato il proprio tempo e le proprie energie." Oltre a Dalmasso, al convegno parteciperanno il Consigliere regionale Bossuto, la senatrice Alfonzi e numerosi esperti. Enna: mons. Bommarito arcivescovo di Catania incontra detenuti
La Sicilia, 16 marzo 2007
Terzo giorno di visita a Enna per l’Arcivescovo emerito di Catania, monsignor Luigi Bommarito, che oggi sarà di nuovo presente nella casa circondariale di Enna per incontrare i detenuti. Già ieri Bommarito, prima di recarsi nel pomeriggio nella parrocchia di San Bartolomeo, aveva incontrato una parte dei detenuti aprendo con loro un dialogo, è stato un incontro di cui l’arcivescovo è rimasto felice: "Quando padre Giacomo Zangara mi ha invitato a tenere due incontri con i detenuti ho detto subito si. Ho trovato gente assetata della parola di Dio, un ambiente caloroso in cui ho fatto un’ora di conversazione".
Di cosa ha parlato con i detenuti? "La mia visita è per gli esercizi spirituali e abbiamo parlato di libertà, della ricerca di Dio, del sistema carcerario e di molti altri aspetti legati al giudizio. Ho trovato gente con grande senso dell’umanità, questo per loro è tempo di purificazione in cui ci si può umanizzare. Sono contento perché li ho visti sereni, desiderosi della parola di Dio e parlando della parabola del Figliol Prodigo a qualcuno è spuntato qualche lacrima".
Quale messaggio ha voluto dare? "Ho cercato di far capire che la Pasqua vogliamo viverla dobbiamo morire e risorgere, non nel senso letterale delle parole, ma nel suo significato interiore".
Cosa le hanno chiesto i detenuti? "Mi hanno detto di chiedere al Papa di fare un saluto a tutti i detenuti durante l’Angelus, ma anche qualche episodio sulla visita del Papa a Catania; poi abbiamo parlato delle loro famiglie".
Qual è il malessere di questa società? "La materializzazione della vita, è una società diversa dove c’è un nuovo Dio, il mercato, tutto è nel segno della finanza, i soldi sono diventati degli idoli, è una società del piacere ad ogni costo, anche attraverso la droga. I valori spirituali sono in crisi o dimenticati, le preghiere non ci sono più e con i giovani il dialogo non esiste". Bommarito si è detto commosso per questa sua esperienza tra la comunità ennese a cui spera abbia lasciato un segno indelebile. Televisione: i minori a rischio di devianza e la loro educazione
korazym.org, 16 marzo 2007
Minori a rischio di devianza e rieducazione Domenica 18 marzo 2007, ore 11.30 - Rai Uno Conduce Andrea Sarubbi. Regia Marco Brigliadori. Produttore esecutivo Laura Misiti.
In occasione della Messa celebrata da Benedetto XVI presso il carcere minorile di Casal del Marmo, seguita in diretta da Rai Uno la puntata di A Sua Immagine di domenica 18 marzo 2007, va in onda dalle ore 11.30. Andrea Sarubbi affronta il dibattito su minori e carcere: chi sono, quanti anni hanno e che reati hanno compiuto i detenuti? Se ne parla in studio con don Sandro Spriano, cappellano del carcere di Rebibbia e Gabriella Marino dell’Associazione Arteteca, che si occupa di rieducazione per giovani a rischio di devianza attraverso l’arte. Dal Carcere di Casal del Marmo l’inviata Benedetta Rinaldi intervista Carmela Cavallo, capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile, Laura Grifoni, direttrice del medesimo carcere e padre Gaetano Greco, che ne è il cappellano. Francesca Fialdini racconta l’esperienza della casa di accoglienza "Fiori del Deserto" che si occupa di reinserimento sociale per giovani adolescenti. Bollate: gli eventi del terzo ciclo di "Musica in carcere"
Amadeus on-line, 16 marzo 2007
Dal 19 marzo 2007 da Mozart a Joplin, da Vivaldi a John Lennon, 5 nuove lezioni-concerto per i detenuti della Casa Circondariale di Bollate (Mi). La Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi e Telecom Progetto Italia organizzano una serie di cinque appuntamenti musicali destinati ai detenuti della Casa Circondariale di Bollate. Il concerto inaugurale, previsto per lunedì 19 marzo 2007 alle ore 18.00 ed eccezionalmente aperto al pubblico, vede protagonista l’ottetto di fiati dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi in un programma dedicato a Mozart e Rossini. Il Progetto "Musica in carcere" nasce dalla volontà congiunta della Verdi e di Telecom Progetto Italia di aprire le porte di un’importante casa circondariale d’Italia (dopo le iniziative al Carcere di San Vittore a Milano e Le Vallette di Torino) e di portare un momento di approfondimento culturale, in forma di lezione concerto, ai detenuti. Durante gli incontri i musicisti prima illustrano il contesto storico che ha generato i brani scelti e quindi agevolano l’ascolto con descrizioni specifiche relative alla musica, agli strumenti impegnati e ai compositori. Il programma del primo appuntamento prevede la Serenata in Do minore K. 388 "Nachtmusik" di Wolfgang Amadeus Mozart, composta nel 1782 per un organico di soli fiati; seguono brani tratti da Il Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini nella trascrizione per ottetto di fiati. Nel secondo appuntamento di Musica in Carcere, in programma il prossimo 23 aprile, il duo d’archi eseguirà pagine tratte da Vivaldi, Beethoven e Mozart, mentre, il 5 maggio, si esibirà il duo composto da clarinetto e arpa con musiche di vari autori. Il 16 maggio il quartetto d’archi eseguirà trascrizioni di celebri brani dei Beatles e di Scott Joplin, insieme a Mozart e Bach; per l’ultimo appuntamento, il 22 giugno, il trio composto da violino, flauto e cembalo suonerà pagine di Vivaldi, Haendel e Zelenka. Il Progetto "Musica in carcere" s’inserisce nell’attività che sia la Verdi sia Telecom Progetto Italia svolgono nel campo delle diverse realtà sociali. Esperienze legate dal desiderio di aprire una strada alla speranza, alla fantasia e alla solidarietà: un filo che tenga uniti tra loro luoghi di sofferenza e disagio al mondo esterno. L’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, fondata nel 1993 da Vladimir Delman, si è imposta da alcuni anni come una delle più rilevanti realtà sinfoniche nazionali, con un repertorio che spazia da Bach al sinfonismo ottocentesco fino alla musica del Novecento. Nel 1998 è stato costituito il Coro Verdi, guidato sino alla sua recente scomparsa dal Maestro Romano Gandolfi. Sede stabile dell’Orchestra è l’Auditorium di Milano, dove ogni anno vengono proposte al pubblico più di trenta programmi sinfonici oltre ad alcune stagioni attigue e a un’importante attività per i bambini e ragazzi, cui è dedicato un ciclo di concerti pomeridiani. L’Orchestra, spesso invitata in tournee in Italia e all’estero, è stata diretta dai più importanti direttori e ha sviluppato un’intensa attività discografica, incidendo più di 25 cd.
Programma degli incontri:
Lunedì 19 marzo W. A. Mozart, Serenata in do minore K. 388 G. Rossini, Suite da "Il barbiere di Siviglia" Ouverture, "La calunnia è un venticello", "Di si felice innesto", "Largo al factotum"
Ottetto di fiati dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi Alessandro Potenza, Hernan Garreffa, oboe Raffaella Ciapponi, Alessandro Ruggeri, clarinetto Andrea Magnani, Luigi Muscio, fagotto Sandro Ceccarelli, Fabio Cardone, corno
Lunedì 23 aprile A. Vivaldi, Sonata op. 2 n° 3 RV 14 in re minore A. Vivaldi, Sonata op. 2 n° 7 RV 8 in do minore L. van Beethoven, Duo in Do Maggiore n° 1 L. van Beethoven, Duo in Fa Maggiore n° 2 W. A. Mozart, Sonata in Sol Maggiore
Duo dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi Na Li, violino Nadia Bianchi, violoncello
Sabato 5 maggio Bochsa, Notturno n° 1 per clarinetto e arpa Muller, Fantasia per clarinetto e arpa Salzedo, Tango per arpa sola Poenitz, Capriccio per clarinetto e arpa Muller, Romance de Blangini per clarinetto e arpa Paradisi, Toccata per arpa G. Verdi, Rigoletto Fantasia da Concerto per clarinetto e arpa
Duo dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi Raffaella Ciapponi, clarinetto Elena Piva, arpa
Mercoledì 16 maggio W. A. Mozart, Divertimento n. 1in Re maggiore K. 136 J. S. Bach, Aria sulla quarta corda dalla Suite n. 3 in Re maggiore BWV 1068 S. Joplin, The Entertainer S. Joplin, The Easy Winners S. Joplin, Bohemia Rag J. Lennon - P. McCartney, A Hard Day’s Night J. Lennon - P. McCartney, Paperback Writer J. Lennon - Paul McCartney, When Ìm Sixty Four (Le trascrizioni dei brani Scott Joplin sono di Steven Mackey, quelle dei Beatles sono di Jack Long)
Quartetto d’archi dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi Luca Santaniello, violino Orges Caku, violino Gabriele Mugnai, viola Gabriele Zanetti o Mario Shiraj Grigolato, violoncello
Venerdì 22 giugno A. Vivaldi, Concerto in Sol minore RV103 G. F. Haendel, Sonata in Si maggiore J. D. Zelenka, Sonata n. 2 in Sol minore
Trio dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi Eriko Tsuchihashi, violino Frederik Ghijselink, flauto Davide Pozzi, cembalo Droghe: gli operatori, il sistema dei servizi si sta sgretolando
La Repubblica, 16 marzo 2007
Adesso resta soltanto la confusione. E la delusione delle comunità di recupero che temono l’allontanarsi, di nuovo, della revisione della legge sulla droga, con la conseguenza che operatori e utenti, cioè coloro che il problema delle dipendenze lo vivono e soffrono sulla pelle, restino di nuovo soli con le loro emergenze. Infatti al di là della battaglia tra il Tar e il Consiglio di Stato, al di là, anche, della riscrittura delle tabelle, quello che le comunità chiedono è una nuova legge. In tempi brevi. Ma coinvolgendo nell’ideazione di questa non solo i politici ma chi con i tossicodipendenti vecchi e nuovi si confronta ogni giorno. È questo l’appello ad esempio che arriva dalla rete di comunità di don Antonio Mazzi. Spiega Franco Taverna di Exodus: "Noi abbiamo sempre ritenuto il decreto della Turco diseducativo, non efficace sul piano pratico, e assai poco utile alla battaglia sulla depenalizzazione che pure noi condividiamo. Allo stesso modo però l’inasprimento delle pene della Fini-Giovanardi, mai applicato davvero, non ha avuto alcuna forza deterrente. La verità invece è che il sistema dei servizi sta sgretolandosi, e che serve una nuova legge che sostenga il recupero di chi lotta contro la droga". Un pensiero condiviso anche dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, che pur esprimendo "sconcerto" per la decisione del Tar del Lazio con cui è stato innalzato da 500 milligrammi a 1 grammo il quantitativo di marijuana sopra il quale può essere prevista l’accusa di spaccio, sottolineano, "che si riapre adesso una diatriba del tutto ideologica su "tabella sì, tabella no" con l’unico risultato di sovrapporre considerazioni scientifiche, o presunte tali, a finalità penali". "Appare a questo punto ancor più urgente e necessario - dicono gli operatori del Cnca - aprire un percorso di revisione radicale della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, in cui il tema del consumo e abuso di sostanze sia assolutamente distinto dagli aspetti penali e venga piuttosto considerato dal punto di vista della prevenzione, la cura e il trattamento". Anche se dal punto di vista concreto, con il rientro in vigore delle "vecchie tabelle", il rischio è che "almeno un 30% di giovani segnalati alle Prefetture per possesso di cannabis potrebbero ora rientrare in un percorso penale invece che amministrativo". Ancor più esplicito Alfio Lucchini, presidente della Federserd: "Il decreto di innalzamento della dose minima è stato un provvedimento tampone che non ha cambiato granché le cose, nel senso che per fortuna la legge Fini-Giovanardi non è mai stata realmente applicata, e quindi i suoi effetti negativi sono stati limitati. La verità è che c’è bisogno di una revisione totale della legge sulla droga, ma purtroppo il clima politico mi sembra del tutto sfavorevole alla riscrittura di un testo che invece di concentrasi sulla repressione tenga conto dei bisogni di quelle persone in difficoltà che sono i tossicodipendenti". Del tutto diverso il commento di Andrea Muccioli, responsabile della comunità di San Patrignano. "In questi mesi - commenta Muccioli - avevamo più volte denunciato l’assurdità del decreto, promulgato dal ministero della Salute senza consultare nessun operatore e sulla base di motivazioni inesistenti. Facilitare il consumo e la cessione di cannabis è un atto ingiustificabile, a fronte della crescita esponenziale di droghe tra i ragazzi denunciata anche dalle istituzioni. Lo stesso ministro dell’Interno ha più volte messo in evidenza i pericoli delle droghe, facendo riferimento esplicito alle scuole, e il ministro dei Trasporti ha auspicato pene più severe per chi guida sotto l’effetto degli stupefacenti. In questo contesto - conclude - in cui è necessario raddoppiare gli sforzi nel campo della prevenzione e della lotta al consumo e allo spaccio, auspichiamo che tutti, politici e non, possano mettere insieme le forze per tutelare ed accrescere il ruolo educativo della famiglia". Droghe: don Ciotti; sbaglio del Tar, era una buona normativa
La Repubblica, 16 marzo 2007
"La decisione del Tar mi sorprende. Il decreto Turco era molto equilibrato e sbloccava una situazione non facile, anche se riguardava solo un aspetto della materia. Ora bisogna impostare una strategia più ampia di contrasto alla droga con un raggio di azione a 360 gradi. Si deve puntare soprattutto sull’educazione e sulla prevenzione". Non tradisce la sua schiettezza Don Luigi Ciotti, il prete che ha speso la sua vita per aiutare gli emarginati. Il presidente di Libera ha appena lanciato la sua campagna contro il doping "per costruire un’Italia nuova che non ha bisogno di dipendenze, come la droga". Loquace come sempre, il sacerdote dei più deboli, ha le idee ben chiare.
Lei crede, allora, che la legge Fini-Giovanardi, varata l’anno scorso, sia un buon punto di partenza? "Sì, non si deve ripartire da zero. E ora fa bene il ministro Turco a presentare ricorso contro la bocciatura del decreto attuativo di quella normativa. Non possiamo criminalizzare le persone più fragili."
Eppure, molti ritengono, e tra questi c’è anche Andrea Muccioli, che proprio il provvedimento adottato dall’ex governo abbia favorito lo spaccio e il consumo delle droghe... "Non è vero, la realtà è diversa. Queste affermazioni sono frutto di una grande semplificazione. È arrivata l’ora di mettere da parte ideologie e moralismi e di attuare una strategia che esplichi i suoi effetti a 360 gradi. Occorre puntare sulla prevenzione, l’educazione, l’informazione e il sostegno alle famiglie. Aspetti che, comunque, la Fini-Giovanardi non ha ignorato".
In pratica, come si può concretizzare questo nuovo progetto? "Non tutto è da rifare. Ma va certamente attuato un disegno di legge più ampio considerando che in questi anni non siamo riusciti a essere più efficaci. La domanda e l’offerta di droga non sono mai diminuite".
Può indicarci quali punti della precedente normativa andrebbero rivisti. "Trovo ingiustificato inviare alle prefetture le persone fermate con provvedimenti amministrativi. Nella nuova normativa bisognerà poi fare una chiara distinzione tra dipendenza e consumo di droghe".
Dunque, i problemi attuali si possono risolvere solo con una nuova legge? "Per legge non si è mai educato nessuno. La legge deve piuttosto fornire gli strumenti per mettere in grado la scuola e le associazioni di realizzare un progetto di prevenzione e corretta informazione". Droghe: il prete del ricorso al Tar; l’hanno voluto i ragazzi
La Repubblica, 16 marzo 2007
"La decisione dei giudici per noi non rappresenta una vittoria, ma un’affermazione di buon senso". Don Luigi Larizza è il sacerdote della comunità terapeutica "Giovanni Paolo II" di Taranto che ha presentato ricorso al Tar per chiedere l’annullamento del decreto Turco.
È soddisfatto per la decisione del Tribunale amministrativo? "Sì, per noi oggi è un giorno importante. Quando al telegiornale abbiamo saputo della decisione dei giudici ci siamo riuniti e abbiamo festeggiato".
Come è nata l’idea di chiedere al Tar di bloccare il decreto del ministro Turco? "Da una semplice conversazione. Sono stati i ragazzi ospiti della comunità a porre il problema, a manifestare enorme perplessità sull’efficacia e sulle possibili conseguenze di questo provvedimento. Affrontando l’argomento, hanno ricordato che tutti loro hanno cominciato da uno spinello e poi sono passati a droghe pesanti. Ancora maledicono quel giorno, sanno che il dramma è iniziato tutto da lì. Per questo, dopo aver parlato con i ragazzi, ho contattato un amico avvocato di Roma che ha preparato il ricorso".
Crede che l’innalzamento del quantitativo massimo di cannabis possa costituire un serio pericolo? "Sì, basta fare un piccolo ragionamento per capire. Sui pacchetti di sigarette c’è la scritta che il fumo nuoce alla salute e allora per venti spinelli cosa si dovrebbe scrivere?".
Lei parla, anche, partendo dalla sua esperienza alla guida della comunità "Giovanni Paolo II"? "Il centro è stato aperto nel 1995. Abbiamo sempre ospitato ragazzi che hanno avuto problemi di tossicodipendenza. Loro più di tutti conoscono il problema, hanno vissuto il dramma della dipendenza dalla droga, sanno cosa significa. E poi c’è un’altra questione: non credo che una persona decida di portare con sé venti spinelli solo per consumo personale. Il rischio che lo faccia invece per spacciarli è concreto, non può essere sottovalutato".
Cosa si dovrebbe fare allora? "La politica del lassismo non va bene. Non è questo che educa, è necessario puntare invece sulla prevenzione, è l’unica alternativa possibile".
Il ministro Turco ha comunque detto che ricorrerà al Consiglio di Stato, che andrà avanti. "Rispetto la sua libertà, ma mi aspettavo che tacesse. Evidentemente il ministro non sa cos’è il dramma della tossicodipendenza". Droghe: Cnca; i consumatori di sostanze non sono delinquenti
Redattore Sociale, 16 marzo 2007
Il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza esprime sconcerto per la decisione del Tar del Lazio di sospendere il decreto Turco sulle tabelle e chiede urgentemente la revisione radicale della Fini-Giovanardi. Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) esprime il proprio sconcerto per la decisione assunta dal Tar del Lazio che ha sospeso il cosiddetto "decreto Turco", il provvedimento del ministero della Salute con cui è stato innalzato da 500 milligrammi a 1 grammo il quantitativo di cannabis sopra il quale può essere prevista l’accusa di spaccio. La federazione - che raccoglie numerosi operatori del settore, attivi ogni giorno in un’azione di educazione e di cura rivolta soprattutto ai più giovani - ritiene che debba essere assolutamente superata un’impostazione che affronta tematiche che riguardano aspetti educativi e di crescita con risposte penali e sanzionatorie ed esprime, conseguentemente, la propria netta contrarietà a trattare come delinquenti quelli che in realtà sono semplici consumatori di sostanze". Il Cnca sottolinea che, con tale decisione, "si aprono tre questioni rilevanti: un 30% circa di giovani segnalati alle Prefetture per possesso di cannabis potrebbero ora rientrare in un percorso penale invece che amministrativo. Si riapre adesso una diatriba del tutto ideologica su "tabella sì, tabella no" o sull’opportunità di predisporre una o più tabelle, con l’unico risultato di sovrapporre considerazioni scientifiche - o presunte tali - a finalità penali. Appare a questo punto ancor più urgente e necessario aprire un percorso di revisione radicale del Dpr 309 e della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, in cui il tema consumo e abuso di sostanze sia assolutamente distinto dagli aspetti penali e venga piuttosto considerato dal punto di vista della prevenzione, della cura e del trattamento. Droghe: cannabis, alcool e tabacco liberi; oppure punire tutto
Notiziario Aduc, 16 marzo 2007
Grazie al Tar Lazio e all’associazione Codacons, è stato sospeso il decreto del ministro Livia Turco con cui era stato portato da 0,5 ad 1 grammo il limite massimo per uso personale di cannabis. Coloro che verranno trovati con oltre mezzo grammo di cannabis saranno quindi considerati spacciatori, alla stregua di un pusher professionista che vende eroina, metanfetamine, crack, cocaina, et similia. Tempi duri quindi per quel 20% di italiani che ha fatto uso di cannabis, soprattutto per quel terzo di studenti universitari che ne fa uso regolarmente: sarà più facile finire in carcere dai 6 ai 20 anni. Poiché il carcere potrebbe rivelarsi un male infinitamente superiore a qualche spinello, facciamo appello a quei milioni di italiani che consumano cannabis perché si dotino di una bilancia di precisione e di un laboratorio portatile di analisi al fine di calcolare la quantità di thc in loro possesso. Il loro futuro e la loro libertà dipende da quella misurazione. Chiediamo al legislatore di armonizzare la politica sulle droghe. Ogni anno muoiono nel nostro Paese 90.000 persone a causa del consumo di tabacco, 40.000 per il consumo di alcool, e 0 (zero) per la cannabis. Per questo, abbiamo preparato una proposta di legge per includere alcool e tabacco fra le sostanze proibite in Italia. Il possesso, la vendita, il trasporto, la cessione di oltre 20 sigarette o di una quantità di alcool equivalente o superiore ad una lattina di birra, verrebbe punito con l’incarcerazione da 6 a 20 anni. In alternativa, qualora il legislatore ritenga assurda ed idiota tale proposta, offriamo un’ulteriore proposta di legge per legalizzare totalmente il mercato ed il consumo di cannabis, al pari di alcool e tabacco. Questo per porre rimedio alla evidente discriminazione fra consumatori buoni (di alcool e tabacco) e cattivi (di cannabis). Immigrazione: cosa cambia con il ddl di Amato e Ferrero
Vita, 16 marzo 2007
Il disegno di legge delega per la "modifica della disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero", preparato dai ministri dell’Intero, Amato e della Solidarietà Sociale, Ferrero è pronto e dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri la prossima settimana. Obiettivo dichiarato: "promuovere l’immigrazione regolare, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro". Questi i punti sostanziali contenuti nel testo:
Programmazione triennale dei flussi
La programmazione dei flussi dovrà diventare triennale, con un "adeguamento annuale delle quote ad ulteriori e nuove esigenze del mercato del lavoro".
Colf e badanti: il tetto non è fisso
Un occhio di riguardo per colf e badanti, che potranno sfondare ("in un misura prefissata") il tetto numerico fissato dal governo se ci sono più richieste da parte dei datori di lavoro. Verranno rivisti anche gli ingressi fuori-quota, ad esempio per lavoratori specializzati, studiosi e manager, ritoccando "le procedure, le categorie e le tipologie" previste dall’articolo 27 del T.U.
Liste di collocamento nei paesi d’origine
Le rappresentanze diplomatiche italiane all’estero, ma anche enti e organismi internazionali con sedi nei paesi d’origine degli immigrati e le autorità locali potranno gestire l’iscrizione a delle liste di collocamento "organizzate in base alle singole nazionalità". I lavoratori stranieri potranno accedervi in base al "grado di conoscenza della lingua italiana, dei titoli e della qualifica professionale posseduta". È prevista inoltre l’istituzione di un Banca dati interministeriale che raccolga le richieste di ingresso e le offerte di lavoro.
Sponsor per i candidati lavoratori
Ritorna lo sponsor, che potrà garantire economicamente per l’ingresso in Italia di chi, iscritto alle liste o alla banca dati estere, vuole cercare lavoro. Potranno fare da sponsor enti locali, associazioni datoriali, sindacati e patronati, ma anche privati cittadini o anche il diretto interessato, purché "sia in possesso di risorse finanziarie adeguate al periodo di permanenza" (auto sponsorizzazioni).
Permesso di soggiorno più facile e veloce
Il governo vuole sfoltire la burocrazia che pesa sull’immigrazione, semplificando innanzitutto il rilascio dei visti di ingresso, anche attraverso una "revisione della documentazione da esibire". Chi arriva in Italia non dovrà più firmare il contratto di soggiorno, ma a ridurre i suoi disagi saranno soprattutto gli interventi previsti sui permessi di soggiorno.
Permesso di soggiorno più lungo, in base al contratto di lavoro
I permessi dureranno di più: un anno per chi ha un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato di durata fino a sei mesi, due anni se il contratto è superiore a sei mesi e addirittura tre anni in presenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o autonomo. Inoltre con il rinnovo (per cui sono previste "forme di collaborazione con gli enti locali"), la durata verrà raddoppiata.
Un anno di soggiorno per chi è in cerca di lavoro
La delega vuole inoltre estendere la validità del permesso per ricerca di lavoro a un anno o finché durano gli ammortizzatori sociali e questo permesso potrà essere rinnovato se lo straniero ha adeguati mezzi di sussistenza. Potranno inoltre essere concessi permessi per motivi umanitari a chi "dimostri spirito di appartenenza alla comunità civile".
Lavoro anche nelle PA, ma solo dopo 5 anni di soggiorno
Tra gli strumenti previsti dal ddl per il "pieno inserimento dei cittadini stranieri legalmente soggiornanti" è prevista la possibilità, per chi è in Italia da cinque anni, di lavorare nella Pubblica Amministrazione come se fosse un comunitario. E ancora l’accesso a tutte le provvidenza di assistenza sociale per chi è qui da due anni e per i minori iscritti sul suo permesso, così come la riforma della disciplina per il riconoscimento dei titoli di studio. Verranno inoltre definite la figura e le funzioni dei mediatori culturali, "con particolare riguardo ai problemi delle seconde generazioni e delle donne".
Minori non accompagnati: permesso di lavoro dopo i 18 anni
Si vuole poi favorire l’inserimento dei minori stranieri, prevedendo che se quando fanno 18 anni sono ancora a carico dei genitori o di chi ne ha la tutela possano comunque ottenere un permesso per motivi familiari. Grande attenzione è riservata ai minori non accompagnati, che alla maggiore età potranno avere anche un permesso per lavoro se hanno partecipato a progetti di accoglienza e tutela. Questi ultimi saranno finanziati da un Fondo istituito presso il ministero della Società Sociale.
Diritto di voto alle amministrative
Il ddl riconosce anche l’elettorato attivo e passivo alle amministrative ai soggiornanti di lungo periodo, cioè ai cittadini stranieri che sono in Italia con un permesso di soggiorno da almeno cinque anni, che verrebbero così equiparati ai cittadini Ue. In questo modo si darebbe anche attuazione completa alla convenzione di Strasburgo sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale.
Espatrio
Verranno riviste le modalità di allontanamento in base alla gravità delle infrazioni e alla pericolosità del clandestino. Le competenze in materia vengono tolte ai giudici di pace e tornano a quelli ordinari.
Le regole dei Cpt
Quanto ai Cpt, è prevista una diversificazione: strutture aperte, con un "congruo orario di uscita" per chi collabora all’identificazione e strutture chiuse per chi non si fa identificare, ma all’interno delle quali si potrà comunque rimanere per un periodo inferiore ai 60 giorni previsti oggi. I detenuti verranno invece identificati in carcere, senza passare per i Cpt. Il ddl delega arriverà in Consiglio dei Ministri la prossima settimana, ma i tempi di attuazione della riforma della legge sull’immigrazione si annunciano lungi. Entro un anno dall’entrata in vigore della legge delega (e l’opposizione già annuncia battaglia in Parlamento), il governo dovrà emanare un decreto legislativo per modificare il testo unico sull’Immigrazione. Quando questo entrerà in vigore, avrà un altro anno per emanare un secondo decreto per coordinare le nuove norme con quelle già esistenti, e due anni per adottare "disposizioni correttive e integrative".
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