|
Giustizia: Prodi; bene l’indulto, lo rifarei nello stesso modo
Asca, 12 marzo 2007
Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, non è pentito della legge sull’indulto che, anzi, rifarebbe nello stesso modo. "Tutti lo hanno voluto, anche il papa lo ha applaudito" poi, ha aggiunto il premier, sono arrivate le critiche. "Io lo rifarei così, era assolutamente indispensabile - ha detto Prodi - non se ne poteva fare a meno". Mi fa piacere che i risultati non siano negativi. Le recidive sono minori di quelle di una normale uscita dal carcere". Giustizia: Mastella; caso Napoli? tutti facciano la loro parte
Ansa, 12 marzo 2007
In merito alla mancanza di mezzi denunciata più volte dalla giustizia napoletana, il guardasigilli Clemente Mastella riconosce che il problema c’è ma aggiunge anche che ognuno deve fare la sua parte. "È un problema che esiste, è stato chiesto a noi di intervenire, faremo la nostra parte - ha sottolineato Mastella a margine dell’incontro a carcere minorile di Nisida. C’è qualche disfunzione ma non tutto, come un attaccapanni, è scaricabile su di noi". "Ci assumiamo la responsabilità ma anche altri devono vedere cosa fare - ha concluso Mastella - e come è possibile dare sicurezza a quei magistrati che ne hanno davvero bisogno". Milano: per 64% dei cittadini delinquenza è problema urgente
Corriere della Sera, 12 marzo 2007
Davvero la criminalità costituisce un problema così rilevante per i milanesi? Occorre ricordare che, dopo un periodo di forte scontento, proprio in questi mesi essi sembrano - ma si tratta ancora di segnali deboli - manifestare una maggiore soddisfazione - o, se si vuole, una minore insoddisfazione - per la vita in città. Poco prima della fine del mandato Albertini, si era, rispetto al passato, fortemente accentuata la percentuale di quanti ritenevano che lo stato di Milano fosse peggiorato. E ancora oggi, la grande maggioranza, il 68% (era il 74% il settembre scorso) dei milanesi si dichiara scontento per la situazione nella metropoli. Ma si è (lievemente) accentuata (dal 23% dall’anno scorso al 31% oggi) la percentuale di chi dice che in fondo le cose vanno bene. I motivi del disagio sono molteplici. Vi è in primo luogo il traffico, da sempre considerato il problema più grave da risolvere a Milano, come in quasi tutte le città italiane. Subito dopo troviamo la (conseguente) questione dell’inquinamento. Anche la criminalità, pur non occupando i primissimi posti nella graduatoria delle urgenze da affrontare, viene ritenuta una tematica di rilievo. La preoccupazione per la delinquenza ha subito un aumento nell’ultimo periodo. Anche se, secondo le ricerche più recenti, si tratta di un incremento modesto. Ciò che corrisponde peraltro ai dati statistici ufficiali, dai quali si rileva come gli episodi criminali abbiano visto negli ultimi anni una lieve crescita per alcune tipologie e una contrazione per altre, e un numero di delitti complessivamente in diminuzione (ma la percezione dell’opinione pubblica non dipende tanto dall’evidenza statistica - che rappresenta un’entità astratta-quanto dalla propria personale esperienza e da quella trasmessa dai media). Ciò suggerisce come una così accentuata "drammatizzazione" della questione della criminalità possa nascere, oltre che dal suo rilievo, anche dal fatto che essa può consentire, più di altre problematiche, una più ampia partecipazione dei cittadini: sulla lotta alla delinquenza vi è un generale (anche se talvolta generico) accordo, mentre sia il traffico sia l’inquinamento suscitano, oggi come in passato, più fratture tra posizioni radicalmente diverse. Insomma, una mobilitazione su tematiche ritenute importanti e soprattutto passibili di un sostegno il più largo e condiviso possibile può anche portare a un consolidamento (e forse a un accrescimento) dell’attuale, ancora incerto, andamento meno negativo dei giudizi sulla qualità della vita a Milano. Ma può, al tempo stesso, dare una spinta alla città e scuoterla forse dal torpore e dall’immobilismo che, secondo molti osservatori, sembrano oggi caratterizzarla.
Il Viminale: due nuovi commissariati con 110 agenti
Due commissariati operativi a breve, 110 agenti in arrivo entro fine aprile. Come si era promesso a novembre e confermato a febbraio. Il Viminale risponde così al sindaco Letizia Moratti, che ha chiesto al governo "più attenzione ai problemi della sicurezza di Milano", invitando i cittadini a scendere in piazza, il 26 marzo prossimo. Dal ministero dell’Interno viene rilanciato l’impegno preso durante uno degli ultimi incontri del Tavolo per Milano: entro la fine della settimana sarà operativo il commissariato di Lorenteggio, nel giro di quindici giorni aprirà anche quello di Villa San Giovanni. Per i primi di aprile, a conclusione dei corsi di formazione che si stanno effettuando, arriveranno 110 uomini a rinforzo degli organici attuali e altre unità saranno presto disponibili, a seguito della soppressione della direzione Interregionale prevista in Finanziaria. Il senso della presa di posizione pare abbastanza evidente: il governo, accusato di avere "sottovalutato il problema della sicurezza a Milano " e di "non aver dato risposte alle molte richieste avanzate negli ultimi mesi", fa sapere che le risposte ci sono state e che le promesse sono state mantenute. Il presidente della Provincia, Filippo Penati, traduce la nota del Viminale: "Anche in materia di sicurezza, il governo concretizza gli impegni presi con i milanesi al tavolo per Milano". Penati tira le conclusioni, cercando di non rompere i buoni rapporti che si sono creati fra Provincia e Comune, al di là dei diversi schieramenti: "Un rappresentante istituzionale non deve fare manifestazioni contro le istituzioni ed è ora di cambiare rotta rispetto alla sbandierata tolleranza zero. La sicurezza non sono soltanto telecamere e polizia, ma anche illuminazione, decoro nelle periferie, aiuto alle persone sole: lavoriamo insieme su questo, perché sia la vita a scacciare la malavita". Si fa sentire anche il sottosegretario milanese Nando Dalla Chiesa: "Un governo responsabile non dà gli uomini a chi urla di più, ma a chi ne ha davvero bisogno". E poi: "Questa uscita del sindaco ha tratti grotteschi, soprattutto perché arriva in un momento in cui i reati sono in diminuzione. Il governo sta facendo la sua parte: sia piuttosto la Moratti a spiegare ai milanesi che cosa sta facendo. Ci dica, ad esempio, dove sono le migliaia di agenti di polizia municipale che ha a disposizione e che non si vedono in strada, a presidiare il territorio". Da palazzo Marino non ci sono repliche all’uscita del Viminale. Il sindaco Letizia Moratti oggi farà il punto con i suoi collaboratori più stretti. Uno di questi, l’assessore alle Politiche Sociali, Mariolina Moioli, ammette che non ci sono passi in avanti: "Sono semplicemente gli uomini che già Pisanu si era impegnato a far arrivare a Milano". La questione verrà oggi affrontata anche con Silvio Berlusconi, con cui la Moratti si era consultata prima di annunciare la manifestazione, ottenendo il via libera e che domani interverrà durante la seduta del consiglio comunale. E non è escluso che l’ex premier possa annunciare la sua partecipazione al corteo del 26 marzo. Nel frattempo, arriva al sindaco l’appoggio incondizionato del vice-coordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto: "La situazione dell’ordine pubblico a Milano è assai preoccupante anche perché, di fronte alla crescita di criminalità comune, manca, nonostante le promesse del ministro Amato, un concreto intervento del governo, che pare aver dimenticato la città".
D’Ambrosio: Moratti protesti con il Polo che votò l’indulto
Gerardo D’Ambrosio, oggi senatore della Quercia, sente puzza di bruciato nella mobilitazione contro il crimine annunciata dal sindaco di Milano Letizia Moratti. Nel 2002, quando diventò procuratore dopo Borrelli, tutti si aspettavano che si sarebbe scatenato contro Tangentopoli. E invece lui si presentò come "il procuratore della sicurezza", avvertendo i suoi pm che anche la criminalità di strada è un’emergenza vera per i cittadini.
Perché boccia l’appello alla piazza del sindaco Moratti? "Perché la lotta alla criminalità è una cosa seria. Il problema è complesso, le cose da fare sono tante e mandare la gente in piazza è proprio l’ultima. Cesare Beccaria ha insegnato più di tre secoli fa che a frenare la delinquenza non è la gravità di una pena solo minacciata, ma l’inevitabilità di una pena giusta: dunque, ammesso che si possano mandarne anche centomila di poliziotti a Milano - magari togliendoli da Napoli o dalla Calabria? - il punto è che i delinquenti bisogna prenderli, processarli, condannarli e far scontare davvero la pena. Prima di scendere in piazza, la signora Moratti dovrebbe ricordare che la sua parte politica ha votato compatta per l’indulto. Bisogna dirlo chiaro che fu il centro-destra a insistere per un condono così ampio: io l’ho detto subito, tre anni sono troppi, guardate che solo a Milano escono 255 rapinatori amano armata... Niente da fare. Contro l’indulto abbiamo votato solo io, Di Pietro, la Lega e altri quattro gatti. E adesso questi scendono in piazza?"
Ma cosa può fare un sindaco? "Io dico: ognuno faccia la sua parte. Il degrado delle periferie non dipende dal governo né dal ministero dell’Interno, ma proprio dai Comuni. Ci sono problemi strutturali che non si risolvono militarmente. Il degrado di certe zone metropolitane è l’antefatto dell’illegalità. C’è da fare un lavoro lungo di recupero della convivenza, educazione alla legalità, al lavoro, al sacrificio, al coraggio della denuncia".
Ma nell’attesa di far assaporare a tutti il gusto dell’onestà, un po’ di polizia in più forse non guasterebbe. "Certo, ma le risorse delle forze di polizia non sono infinite. Quando abbiamo provato a militarizzare un quartiere, gli spacciatori si sono spostati nell’altro. E comunque non basta aumentare solo il numero dei poliziotti: bisogna essere capaci di riappropriarsi del controllo del territorio. Alle elezioni tutti i sindaci promettono i vigili di quartiere, ma a Milano io continuo a vederli solo in centro".
E allora che si fa? "Non c’è una soluzione magica. Serve un insieme di interventi coordinati, che richiedono tempi lunghi. L’ottanta per cento della criminalità di strada è l’effetto della recidiva. Quando ero procuratore, a Milano abbiamo varato una semplicissima riforma delle direttissime. In un anno abbiamo fatto condannare circa tremila arrestati in flagranza per rapine, scippi o spaccio. L’anno dopo, la criminalità di strada ha avuto un calo del 25 per cento. Ma soprattutto bisogna educare contro la droga, che è la nostra maledizione. La droga è la prima causa di criminalità. Proprio a Milano, con il sindaco Albertini, avevamo reimpostato il servizio delle comunità: se le carceri sono piene di tossicodipendenti, allora è su questa dipendenza che bisogna intervenire, altrimenti tornano subito in carcere".
Sempre che magistrati e polizia scoprano i reati. "E sempre che, una volta scoperti, le leggi in vigore consentano di punirli". Bologna: 4 lezioni sull’inviolabilità dei diritti della persona
Equal Pegaso, 12 marzo 2007
È cominciato il 2 marzo, per terminare il 15, un ciclo di quattro lezioni rivolte ai detenuti del carcere bolognese "Dozza" promosso dal Laboratorio locale di comunicazione di Bologna Equal Pegaso. Le lezioni del Laboratorio si inscrivono all’interno di un percorso formativo rivolto ai detenuti iscritti ai corsi di Scuola Superiore, nel quadro del progetto Sirio (avviato dalla Direzione Generale Istruzione Tecnica del Ministero della Pubblica istruzione per incentivare nuove forme di qualificazione di giovani e adulti privi di una professionalità aggiornata). Le quattro lezioni alla Dozza, tenute da Massimo Pavarini (docente di Diritto penitenziario all’Università di Bologna e consulente per la sicurezza del Comune) e da Leonardo Rossi (Agenzia Equal Pegaso), saranno incentrate sul tema del riconoscimento dei diritti del cittadino e del rapporto tra stato e cittadino. Si lavorerà per promuovere nei detenuti la consapevolezza di appartenere allo status di "cittadino" anche in condizioni di privazione della libertà personale. Sarà per questo presentata la figura istituzionale del Garante dei Diritti dei Detenuti, che opera per garantire la piena estensione del principio di inviolabilità dei diritti dell’uomo a coloro che sono in regime di detenzione. Nello stesso contesto formativo, sarà dato spazio alla presentazione delle attività del Progetto Equal Pegaso, con un’attenzione particolare rivolta alle attività dell’agenzia di comunicazione sociale Equal Pegaso che utilizza la comunicazione come strumento per dare visibilità alle buone pratiche di inclusione sociale e lavorativa di detenuti ed ex detenuti. Benevento: il carcere si scopre come un luogo di formazione
Il Quaderno, 12 marzo 2007
Ugo Chiavelli, dirigente del settore tecnico amministrativo provinciale Formazione Professionale 17/08 della Regione Campania di Benevento, racconta al Quaderno il suo ventennale impegno per lo sviluppo delle competenza e delle professionalità culturali in città e in provincia. Dal punto di vista pedagogico e del recupero, vanno menzionati i corsi promossi all’interno del carcere di Benevento e dell’Istituto penale per minorenni di Airola.
Come è nata l’idea di attuare dei corsi all’interno della struttura carceraria? Si è partiti dal presupposto che è importante far capire ai detenuti che ci sono altri modi per emergere nella vita e altri sistemi che permettono di costruire una famiglia e un avvenire che vada al di là del semplice delinquere.
Ne sono stati attivati diversi tipi? Sì. Per la Casa Circondariale di Benevento si sono svolti i corsi di imbianchino e di elettricista, mentre altri insegnamenti hanno riguardato i sistemi della raccolta differenziata. Abbiamo pensato di promuovere i settori lavorativi maggiormente richiesti dal mercato, tenendo conto anche delle esigenze della struttura carceraria. Nell’ Ipm (Istituto penale per minorenni) di Airola, invece, abbiamo operato in modo diverso perché data l’alta mobilità non sempre abbiamo potuto qualificare i ragazzi. È capitato che alcuni minori hanno dimorato lì solo per 2 mesi, ma nonostante ciò siamo riusciti con attività corsuali e no ad avere comunque riscontri molto positivi. Attraverso le attività non corsuali i detenuti minorenni hanno fatto da spettatori a rappresentazioni teatrali e musicali in rassegne come "Città Spettacolo" e "4notti e più.. di Luna Piena". Un ringraziamento particolare va ad Antimo Nicolò di Caserta che con la sua compagnia "I Refrattari" è riuscito ad infondere la passione teatrale all’interno delle strutture carcerarie.
Per ottenere un attestato di qualifica quante ore di lezione occorrono? Per conseguire il diploma riconosciuto a livello europeo bisogna seguire almeno un corso di 400 ore. Altrimenti consegniamo un attestato di partecipazione. La nostra esperienza "in carcere" è terminata a fine giugno 2006 e si è conclusa con estremo successo, tenendo conto che siamo passati dal 50% di qualificati nel 2005 all’80% del 2006.
C’è stato qualche caso di ex-detenuti che hanno trovato un’occupazione grazie ai vostri corsi? Siamo riusciti a realizzare un corso di pizzaiolo all’esterno del carcere. Ho ancora le lettere di genitori di alcuni ragazzi che una volta ritornati ai paesi di origine, precisamente a Trapani e a Lampedusa, hanno trovato impiego nelle pizzerie.
Il ruolo del settore tecnico amministrativo qual è? Oltre ad occuparci della rendicontazione, del bilancio, di attività contabili in genere, andiamo ad ispezionare in maniera amministrativa e didattica i corsi in svolgimento presso le strutture sopra indicate. Abbiamo il compito di vigilare a 360° per vedere se il progetto viene svolto bene sotto il profilo professionale così come viene approvato, valutato e finanziato secondo i termini previsti dalle norme europee.
Vi occupate anche di altro? Il settore che dirigo non si interessa solo di formazione professionale, ma anche di orientamento. Cerchiamo di auto-orientare i ragazzi alle future scelte della vita. Quindi operiamo delle consulenze informali sia per la scelta della scuola superiore che dell’università. Periodicamente, poi, stabiliamo degli incontri con coloro che sono ancora fuori dal mondo del lavoro o che sono in procinto di cercarne uno. O ancora, che sono stati licenziati. Abbiamo stipulato un patto di collaborazione col Centro per l’Impiego di Benevento rendendo la città la prima provincia della regione Campania che si impegna su questo fronte. Ci interessiamo di immigrati e di dare sussidi ai nostri emigrati di ritorno. In sinergia con altri enti operiamo nel campo dell’istruzione e approviamo progetti sulla pace e sulla legalità.
È previsto nelle carceri un nuovo vostro intervento? Purtroppo no. Ora possiamo solo aiutare con la consulenza gli Enti terzi che opereranno nel carcere al posto nostro. Napoli: all’Ipm di Nisida aperti due nuovi laboratori multimediali
Redattore Sociale, 12 marzo 2007
Serviranno da supporto per le lezioni di recupero scolastico. Il cardinale Sepe: "Non si sentano isolati, ma valorizzati". Mastella: "Giustizia mite, ma senza indulgere sulla certezza delle pene". Nisida come luogo di speranza, il carcere un posto dove i ragazzi "non si sentono isolati ma valorizzati": così l’arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe ha salutato oggi l’inaugurazione di due nuovi laboratori informatici multimediali all’Istituto Penale Minorile, alla quale hanno partecipato anche i ministri della Giustizia Clemente Mastella e delle Riforme e innovazioni nella pubblica amministrazione Luigi Nicolais. "I laboratori - ha detto il cardinale Sepe - sono un modo concreto per rispondere alle aspettative di questi ragazzi, li aiuta a vivere in un contesto più umano e civile". Il cardinale ha anche annunciato che, sulla scia di quanto già intrapreso in accordo con gli istituti penali per adulti di Poggioreale e Secondigliano, ha individuato un luogo a Napoli dove i ragazzi, una volta usciti dal carcere di Nisida, "possano avere il tempo necessario per reinserirsi e proseguire le loro attività di formazione". Sepe ha poi suggerito di trovare un locale dove esporre i prodotti dei ragazzi (una cinquantina in tutto, di cui 8 ragazze, una sola italiana, le altre tutte rom) reclusi sull’isola, che seguono corsi di teatro, murales, scultura, pittura e ceramica, realizzando bellissimi gadget con il marchio "Inciarmato a Nisida". Le due nuove aule multimediali (una per la sezione femminile del carcere e una per quella maschile) serviranno da supporto per le lezioni di recupero scolastico in italiano, matematica, inglese ed educazione tecnica. "I laboratori - ha spiegato il ministro Luigi Nicolais - rientrano in un progetto più ampio, detto ‘eInclusion’: l’inclusione elettronica per fare in modo che anche i ragazzi reclusi possano far parte della grande famiglia di internet, e che per loro possa essere un’opportunità non solo per giocare ma per studiare". Varato dal Ministero dell’Istruzione con il Ministro per l’Innovazione, sperimentato in tutta Italia nel biennio delle superiori per l’insegnamento dell’italiano e della matematica, in Campania il progetto coinvolge circa 130 scuole e numerose parrocchie che, secondo quanto annunciato da Nicolais, "arriveranno a cento e saranno collegate con il cardinale". A Nisida "eInclusion" è approdato grazie ad una collaborazione tra l’Istituto penale minorile e Innovazione Italia (società pubblica strumentale alle attività del ministro per le Riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione), e con il placet del Ministero della Giustizia. "Insieme al ministro Nicolais - ha detto il ministro Clemente Mastella - portiamo avanti un impegno per rendere questa giustizia un po’ più mite, che non significa indulgere sulla certezza delle pene. Bisogna fare da sponda per la solitudine nei momenti più difficili e riconsegnare ad una diversa prospettiva di vita chi è precipitato lontano dalla legalità". Bologna: attività educative e formative per i giovani detenuti
Bologna 2000, 12 marzo 2007
L’assessore all’Istruzione, Formazione, Lavoro della Provincia di Bologna, Paolo Rebaudengo accompagnerà mercoledì mattina 14 marzo il direttore generale dell’ufficio Scolastico regionale Luigi Catalano e il dirigente dell’ufficio Scolastico provinciale Paolo Marcheselli a visitare l’Istituto Penale Minorile P. Siciliani di via del Pratello. A riceverli saranno il dirigente del dipartimento per la Giustizia Minorile Emilia-Romagna Giuseppe Centomani e la direttrice dell’Istituto penale per minorenni Paola Ziccone. "Sarà un’occasione per una discussione sulle attività educative e formative rivolte ai giovani detenuti - ha detto l’assessore Rebaudengo - tenuto conto che l’assessorato provinciale all’Istruzione promuove tali progetti da diversi anni con l’intento di valorizzare le loro risorse personali attraverso lo sviluppo delle competenze professionali utili per un avvicinamento al lavoro, in sinergia con la programmazione dell’istituto stesso". Cosenza: l’associazione "Yairaiha onlus" incontra gli indultati
Associazione Yairaiha, 12 marzo 2007
L’Associazione Yairaiha Onlus ha incontrato il comitato cittadino degli indultati che nei giorni scorsi ha lanciato un appello per incontrare il Sindaco Perugini. Appello che ad oggi non è stato accolto. Dall’incontro è emerso tutto il disagio legato alla mancanza di possibilità concrete di re-inserirsi nella società. Molti dei beneficiari sono già rientrati in carcere, altri vivono di espedienti, alcuni riescono a sopravvivere grazie ai familiari o a qualche lavoretto saltuario. Il comitato degli indultati chiede possibilità reali non assistenzialismo, chiede di non essere più costretto a tornare a delinquere per poter sopravvivere, non vorrebbero più tornare in carcere, chiedono con dignità un lavoro e un futuro. Ma l’unica prospettiva che hanno ad oggi, nella migliore delle ipotesi, è la strada, con tutto quello che comporta oggi a Cosenza stare "mienz’ a via": 7 morti di eroina negli ultimi due mesi crediamo che siano molto indicativi del disagio che si vive quotidianamente in città. Primo fra tutti il disagio dato dalla precarietà diffusa che in qualche modo "costringe a delinquere" ma, in particolare nella nostra città, diventa una condizione strutturale e spesso inevitabile. Fin dal mese di luglio, prima ancora che venisse concesso l’indulto, come associazione ci siamo preoccupati di sollecitare sia l’assessore La Valle sia l’assessore Carnevale affinché venissero predisposti progetti volti a garantire un minimo di sostegno ai beneficiari d’indulto, proprio per arginare meccanismi di emarginazione e di recidiva, perché non basta parlare di "allarme sociale" se poi le azioni tese a contrastarle rimangono enunciazioni di principio che non trovano riscontro nella realtà. Che fine hanno fatto i progetti di re-inserimento che il comune avrebbe dovuto predisporre? Gli uomini che abbiamo incontrato chiedono al Sindaco di incontrarli e dare seguito alle promesse fatte quando ancora si trovavano in carcere, chiedono di lavorare dignitosamente perché sono stanchi di delinquere per campare. E non può bastare una telefonata del segretario dell’assessore che cerca di rassicurarli con un improbabile "non ci siamo dimenticati di voi" alla vigilia di Natale per far uscire questi uomini dal girone della marginalità nel quale sembrano essere destinati a vivere in eterno. Confidiamo nella sensibilità del Sindaco Perugini affinché il desiderio di riscatto di questi uomini non rimanga un’utopia e, allo stesso tempo, assicuriamo loro la nostra piena solidarietà.
Ex detenuti in piazza chiedono un lavoro
Mentre in parlamento si discute di rifinanziamento delle missioni di "guerra", nelle metropoli, nelle città di provincia del nostro paese ritorna prepotente un problema troppe volte accantonato: il lavoro. E questa volta non sono i soliti precari a scendere in piazza ma gli ex detenuti e coloro che hanno beneficiato dell’indulto. Il reinserimento promesso alla popolazione carceraria una volta fuori è rimasto solo nei ricordi. Come del resto la tanto decantata formazione per i detenuti ed i programmi ri-educativi per i tanti che oggi sono fuori non sono mai esistiti. Molti hanno fatto 8-10 anni di carcere e di programmi di formazione ne hanno solo sentito parlare ma non sono mai stati attuati. E qui esce fuori il fallimento del sistema-carcere. Perché, se il carcere ha una funzione, e dovrebbe essere quella ri-educativa (art. 27 della Costituzione), non esistono programmi adeguati? Se a fronte di 216 detenuti ci sono 180 agenti di polizia penitenziaria e un solo educatore distaccato da un altro istituto tre volte a settimana (carcere di Vibo, periodo post indulto) è del tutto evidente che il carcere serve solo come "discarica sociale", come paravento della sicurezza pubblica, come risposta ai disagi sociali. Nessuno nasce "pregiudicato", pregiudicati si diventa quando le alternative sono fame, miseria e ghettizzazione. Pregiudicati si diventa quando si rivendica un lavoro, una casa, la dignità e la risposta è repressione. Le speranze ingenerate con l’indulto erano tante ma, puntualmente sono state disattese da una classe politica che, se non considera i problemi sociali come "ordine pubblico", non sa e non vuole dare risposte. La "criminalizzazione" dei disagi mantiene in piedi il sistema penale e repressivo e non si può togliere il lavoro a tutto un apparato che altrimenti non avrebbe ragione di esistere. Ma gli indultati e gli ex detenuti di Cosenza però non ci stanno, e si mobilitano per far si che gli organi preposti mettano in atto quel tanto osannato reinserimento portato avanti dai politici nella scorsa campagna elettorale. Presidiano il comune ormai da due settimane alla ricerca di risposte, formulando loro stessi proposte concrete alle istituzioni per risolvere il problema nel più breve tempo possibile. Da Perugini alla La Valle per finire a Carnevale è un continuo scarica barile, e di conseguenza una serie di promesse di tavoli di concertazioni che non decollano. È così che oggi, dopo due settimane di presidi pacifici sotto il comune, promesse di incontri e di risposte, gli ex detenuti decidono di entrare nella sala consiliare del comune e bloccare il consiglio comunale in corso, per condividere con l’intero consiglio i loro problemi, fino ad ora scaricato per competenze, da un assessorato all’altro da un Ente all’altro. Solo il blocco del consiglio comunale porta ad una presa di posizione del comune che convoca una riunione per venerdì 16 alle 10.00 con regione, provincia e comune e una delegazione del comitato. Non c’è nessuna certezza ma, la speranza che qualcosa si possa muovere, finalmente, comincia a prendere vita. Ancora una volta si rimanda al mittente il sostegno di chi cerca di strumentalizzare la protesta. La proposta, avanzata da Giacomo Mancini, di modificare l’ordine del giorno dalla votazione dell’indennizzo dei consiglieri al problema degli indultati ed ex-detenuti è stato bocciato all’unanimità dalla maggioranza... la discussione sull’indennità dei consiglieri riprende e il presidio continuerà fino a venerdì.
Associazione Yairaiha Onlus Catania: dopo l'8 marzo serie di iniziative per le donne detenute
La Sicilia, 12 marzo 2007
Dopo l’8 marzo. Un giorno dedicato solamente a loro, alle donne detenute nel carcere di Piazza Lanza, "donne invisibili", di una società strana e spesso insidiosa ma anche, a volte, sensibile e umana. A conclusione di una serie di iniziative, legate alla giornata delle donne, iniziate con la presentazione del libro, "Le ribelli", di Nando Dalla Chiesa, le donne dell’Udi di Catania le hanno incontrate, all’interno del nuovo spazio polivalente per assistere insieme alla proiezione del film "Nemiche amiche" e commentare a cerchio l’intensità delle riflessioni che ne sarebbero emerse. "È un gesto di solidarietà - commenta il direttore Rosario Tortorella - di cui le ospiti che qui sono in attesa di giudizio hanno bisogno. Il miglioramento delle condizioni strutturali quali le celle per un massimo di 4 persone, cucinino e doccia nello stesso ambiente hanno consentito il naturale miglioramento delle loro condizioni di vita alleviandone laddove è possibile la sofferenza". Ma se la costrizione della libertà personale ha un senso, l’attenzione deve proseguire oltre. Nel programma esecutivo d’azione "Detenute al femminile" come spiega il direttore generale Ufficio detenuti e trattamenti del Dap, dott. Sebastiano Ardita, gli ambiti da garantire sono quelli delle detenute madri con bimbi fino a tre anni, per le quali sarebbero necessari gli asili nido e attrezzature specifiche e quelli relativi alle caratterizzazioni della causa effetto del delinquere da parte delle donne. Questo incontro voluto dall’Udi, come è stato rilevato dalla stessa direttrice vicaria Elisabetta Zito collaborata appieno dagli educatori e dalla polizia penitenziaria, si colloca nel progetto di dare dignità a chi ha sbagliato per farlo sentire presente in quella società di cui non ha rispettato le regole. Vicine l’una all’altra le dodici donne detenute hanno seguito ogni battuta del film scambiandosi appena qualche parola sottovoce. La trama, che intreccia rivalità a sentimenti di odio e di disistima reciproca, non è certo per loro una storia nuova. Così come non è nuovo neanche il forte amore che dal film emerge da parte di una madre che vuole proteggere fino allo spasimo i suoi bambini dall’affetto di una persona estranea come può essere l’ultima compagna del marito. Sono passati che molte di loro conoscono e in cui forse riconoscono brandelli della loro vita della quale sanno in parte l’epilogo. Il silenzio durante i tempi della proiezione viene smorzato da piccoli gesti che vedono la mano dell’una prendere quella dell’altra con un cenno d’intesa. I sentimenti di rabbia si attenuano via via nelle ultime sequenze del film per dare spazio finale a quelli di solidarietà tra donne. Il riaccendersi delle luci le coglie in lacrime. Ma stavolta sono lacrime di emozione. Ascoli: la Uil - Penitenziari in visita alla casa circondariale
Il Quotidiano, 12 marzo 2007
Mercoledì 14 marzo p.v. una delegazione della Uil-Penitenziari si recherà in visita presso la Casa Circondariale di Ascoli Piceno. La delegazione Uil-Penitenziari sarà composta dal Segretario Generale Nazionale, Eugenio Sarno e dal Segretario Provinciale, Ivano Tassoni. "Questa iniziativa rientra in un ampio programma di visite che sto effettuando su tutto il territorio nazionale - dichiara Eugenio Sarno. "Vogliamo sollecitare il Dipartimento e il Ministro a non abbassare la guardia sui problemi del sistema penitenziario. Non vorremmo dover credere che dopo l’emanazione dell’indulto si sia esaurita l’attenzione verso il carcere". Il Segretario Generale continua: "Voglio verificare personalmente lo stato dei luoghi e l’articolazione dei servizi del personale di polizia penitenziaria. Ritengo, soprattutto, di dover attenzionare la situazione alloggiativa degli agenti perché giungono notizie allarmanti sull’idoneità della caserma. Se così dovessi riscontrare si renderebbe necessario una forte iniziativa di sensibilizzazione. Il personale ha il diritto di alloggiare in ambienti dignitosi , nel rispetto delle norme contrattuali. In ogni caso Ascoli Piceno rappresenta un punto di riferimento nel panorama penitenziario. La presenza di detenuti sottoposti al 41-bis e una sezione "protetta" impongono una verifica anche in relazione alla sicurezza dell’istituto nel suo complesso". Uno bianca: associazione vittime; basta passare per i cattivi
Ansa, 12 marzo 2007
"Da vittime rischiamo di diventare i persecutori, e noi non ci stiamo più". Così Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione parenti delle vittime della Uno bianca ha ribadito la posizione dell’associazione riguardo all’eventualità di perdono ai fratelli Savi e agli altri killer della banda, che dal 1987 al 1994, provocò 24 morti e un centinaio di feriti tra Emilia-Romagna e Marche. Una precisazione fatta a Bologna durante la presentazione del concorso "Ricordati di ricordare la Uno bianca" riservato agli alunni delle scuole superiori di Bologna e provincia. "Ormai sta dilagando il perdono, ma noi non ci stiamo più a passare per cattivi e non accettiamo che i condannati abbiamo permessi premio, non possiamo essere contenti per loro. Né accetto che il mio nipotino mi venga a dire: ma tu nonna, sei cattiva?" ha chiarito Zecchi, rispondendo così alle polemiche nate nei giorni scorsi dopo che don Giovanni Nicolini, ex numero uno della Caritas bolognese, si era dichiarato disponibile ad accogliere in una struttura dell’associazione Pietro Gugliotta, uno dei banditi condannato a 20 anni di carcere e che potrebbe tornare in libertà con l’indulto "Per sette anni hanno fatto quello che hanno voluto - ha continuato il presidente aggiungendo che ha incontrato don Nicolini per un chiarimento di persona - Ora debbono stare in carcere con dignità e pagare quello che abbiamo pagato noi. Per noi le richieste di perdono sono una ferita al cuore. Spero che i giovani capiscano". Verona: presa a calci dal marito per alcune fiale di metadone
L’Arena di Verona, 12 marzo 2007
Qualche guaio in passato lei e il marito lo avevano avuto. Entrambi affrontarono un processo per appropriazione indebita (perché andandosene dalla casa in seguito allo sfratto si erano portati via alcune suppellettili di poco valore). Condanne a quattro mesi per lei e a sei mesi per lui quelle inflitte dal giudice di Legnago e interamente condonate per l’indulto. Ma l’episodio più grave accadde nel novembre scorso quando la donna, M.F., venne picchiata duramente dal marito e da un amico di lui perché volevano che consegnasse loro del metadone. Una brutta aggressione perché oltre ai colpi alla donna venne messo intorno al collo un cappio. Fu l’amico del marito a realizzarlo con una prolunga elettrica e poi ad usarlo per sollevarla da terra. Senza alcuno scrupolo entrarono a forza nell’abitazione della Caritas in cui lei (che da ottobre non stava più con il coniuge) era andata a vivere, iniziarono a colpirla perché consegnasse loro il farmaco che viene utilizzato per la cura dei tossicodipendenti (tutti e tre hanno un passato segnato dall’uso di stupefacenti). Ma per essere sicuri che non potesse scappare la ammanettarono e la trascinarono in strada per caricarla in macchina. Lei si divincolò ma venne ripresa e colpita con calci e pugni. Una violenza interrotta solo dall’intervento di un conoscente che stava transitando in auto che la soccorse mentre i due fuggirono. Fecero poca strada, furono arrestati dai carabinieri di Sanguinetto mentre lei stava sporgendo denuncia nella caserma di Nogara. Diritti: oltre due milioni di donne perseguitate dall’ex partner
Adnkronos Cultura, 12 marzo 2007
I comportamenti persecutori (ossia lo stalking) ai danni delle donne da parte dell’ex partner contano 2.077.000 vittime. Lo ha rilevato l’Istat nell’ indagine sulla violenza alle donne commissionata dal Ministero dei diritti e delle pari opportunità. Queste donne (pari al 18,8% del totale) sono spaventate dal partner al momento della separazione o dopo la separazione. Tra le donne che hanno subito lo stalking, il 68,5% dei partner ha cercato insistentemente di parlare con la donna contro la sua volontà, il 61,8% ha chiesto ripetutamente appuntamenti per incontrarla, il 57% l’ha aspettata fuori casa o a scuola o al lavoro, il 55,4% le ha inviato messaggi, telefonate, e-mail, lettere o regali indesiderati, il 40,8% l’ha seguita o spiata e l’11% ha adottato altre strategie. Quasi il 50% delle donne vittime di violenza fisica o sessuale da un partner precedente ha subito anche lo stalking. 1.139.000 hanno subito, invece solo lo stalking ma non violenze fisiche o sessuali. Altri dati emersi dall’indagine: sono 5 milioni le violenze sessuali (23,7%), 3.961.000 quelle fisiche (18,8%). Ben 6.092.000 donne hanno subito solo violenza psicologica dal partner attuale (36,9% delle donne che vivono al momento in coppia). Negli ultimi 12 mesi, il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1.150.000 (5,4%). Il 3,5% ha subito violenza sessuale, il 2,7% fisica. La violenza domestica ha colpito il 2,4% delle donne, quella al di fuori delle mura domestiche il 3,4%. Anche gli stupri non sono denunciati: lo sono ben il 91,6% del numero complessivo. Ed è inoltre consistente la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite (33,9% per quelle subite dal partner e 24% per quelle da non partner). Infine in Italia, ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo che diceva di amarla: nel 2005 sono state 134 e nel 2006 sono state 112 le donne assassinate da mariti, compagni, fidanzati e amanti che, una volta lasciati, non hanno fatto altro che pensare "O mia, o di nessun altro". Povertà: Bologna; nasce "Radio Asfalto", voce degli homeless
Redattore Sociale, 12 marzo 2007
Uno spazio sul web per far ascoltare le voci e i suoni della vita di strada, a cominciare dalla stazione. Racconta la storia di Raffaele, 51 anni, dal 2004 senza casa, il primo servizio radiofonico di Radio Asfalto. Dopo il blog aperto dai senza dimora e da persone in stato di disagio (http://viadelporto.splinder.com), nato lo scorso settembre dall’idea che ogni storia è degna di essere raccontata, soprattutto se con verità e ironia, ora i protagonisti di quelle storie hanno anche una voce. Radio Asfalto è infatti un tentativo di portare sulle strade del blog i suoni della vita di strada. "Abbiamo cominciato con uno dei luoghi più significativi per questa città e per le persone senza dimora - spiegano da Asfalto -: la stazione dei treni di Bologna". E così Raffaele, che passa le sue giornate lì, si è raccontato: originario di Bari, tre anni fa ha perso il lavoro e poco a poco si è trovato solo e in strada. "È stato molto difficile accettare tutto questo - dice -, ma con l’aiuto di altre persone nella mia stessa situazione e altre che si adoperano nel volontariato, come Piazza Grande, sono riuscito ad adattarmi, riuscendo a lavarmi, mangiare, curarmi, così giorno dopo giorno mi sono rimotivato". Dopo essere stato in carcere per tre settimane, lo scorso ottobre, per avere rubato e rivenduto alcune biciclette - "chi è nella nostra condizione fa spesso errori di questo tipo per poter mangiare" - adesso il desiderio di Raffaele è quello di tornare a vivere una vita normale: "con un lavoro da lavapiatti, che mi sta aiutando a trovare un operatore del carcere, e magari riallacciando i rapporti con i miei fratelli, a Bari - spiega -. Sono anni che non ci vediamo, però ancora è un passo che mi fa paura fare". Che cosa chiederebbe al sindaco Cofferati se potesse parlargli? "Gli chiederei di poter avere una casa piccolina, un monolocale, non i soldi, a lavorare ci penso io". Il blog "Asfalto" è nato a Bologna, al Centro diurno di via del Porto, che ospita un laboratorio artistico e uno informatico, aperti per dodici ore alla settimana a chi è senza casa o ha problemi di tossicodipendenze. Il servizio è comunale, ma gestito dalle cooperative La Strada e Nuova Sanità, ed è sostenuto dai fondi della Legge 45 per la riduzione del danno e la prevenzione, che offre mini-borse di formazione e lavoro per il reinserimento di persone con disagio. La prima idea del blog è nata da un incontro con Stefano, un ragazzo senza fissa dimora che da due anni vive girando l"Italia in bicicletta e a sua volta ha aperto uno spazio personale di comunicazione on-line (http://alkoliker.splinder.com). Asfalto e la sua Radio sono on-line grazie al lavoro tecnico di Massimiliano Salvatori, uno dei tutor del Centro. Droghe: Ferrero; una "tabella" apposita per la cannabis
Redattore Sociale, 12 marzo 2007
Secondo il ministro della Solidarietà sociale, l’unificazione delle sostanze in un unico schema per stabilire se si tratta di detenzione per spaccio va modificata, distinguendo l’hascisc da cocaina, eroina, anfetamine. Una tabella apposita per la cannabis, in quanto sostanza stupefacente distinta da eroina, cocaina, anfetamine. Questa l’indicazione contenuta nel discorso di Paolo Ferrero pronunciato oggi a Vienna, in occasione della cinquantesima sessione della "Commission on Narcotic Drugs" dell’Onu, in riferimento alla legge italiana. Il ministro della Solidarietà sociale ha illustrato le modifiche legislative al centro del dibattito, a partire da "quattro pilastri", ovvero lotta al narcotraffico; prevenzione; cura e riabilitazione; riduzione del danno. "L’obiettivo - ha spiegato - è quello della diminuzione dell’offerta e della domanda di sostanze stupefacenti, del potenziamento del sistema delle cure e dei percorsi di recupero delle persone dipendenti, del contenimento della diffusione delle malattie e dei comportamenti illegali correlate agli stati di dipendenza". Riguardo al contrasto al narcotraffico, Ferrero si è detto convinto che sia "necessario concentrare gli sforzi nelle operazioni di intelligence volte a sgominare le grandi organizzazioni criminali, a cominciare da quelle che gestiscono il sempre più ingente traffico di cocaina". "Occorre anche investire sul contenimento della domanda oltre che sulla repressione dell’offerta, secondo una linea di bilanciamento, così come suggerito ormai da tempo anche dall’Unione europea", ha aggiunto. Ferrero ha poi parlato della necessità di "interventi di depenalizzazione del consumo personale e dell’adozione di misure alternative alla detenzione al fine di facilitare il percorso riabilitativo delle persone dipendenti. L’ipotesi di sanzionare i consumi si è infatti rivelata inadeguata rispetto al contenimento degli stessi". Inoltre, ha proseguito, "l’unificazione delle sostanze in un’unica tabella e la definizione di spaccio basata unicamente sul parametro del possesso di una certa dose di principio attivo, stanno comportando un ulteriore aumento delle denunce penali. Si rende quindi necessario ricreare una tabella apposita per la cannabis in quanto sostanza stupefacente distinta da eroina, cocaina, anfetamine". Oltre a questo si pensa di "eliminare la dose massima consentita per uso personale, restituendo al giudice la piena discrezionalità nel valutare, situazione per situazione, se il possesso di sostanze sia riconducibile allo spaccio; prevedere l’ampliamento delle possibilità di pene alternative al carcere; riequilibrare l’entità delle pene per spaccio - oggi in Italia molto severe - a livello della media europea". "Nel campo della cura e riabilitazione, è necessario superare gli attuali impedimenti legislativi che limitano la creazione di un sistema di allarme rapido in grado di fornire in tempo reale l’informazione sulla composizione delle sostanze illegali con la finalità di soccorrere in modo più rapido e mirato le persone in stato di bisogno". "Riguardo alla riduzione del danno si tratta di estendere la gamma di interventi, la cui validità è ormai ampliamente dimostrata in altri paesi dell’Unione Europea". "Per quanto riguarda l’uso terapeutico della cannabis, si ritiene doveroso facilitare l’accesso ai preparati farmacologici, naturali e sintetici, medicalmente prescritti ed acquistabili nelle farmacie. Nel portare avanti la politica sulle droghe il mio Ministero vuole anche essere coerente con le prese di posizione del Governo italiano e del nostro Presidente della Repubblica con la campagna per l’abolizione della pena di morte e per il rispetto dei diritti fondamentali della persona umana in qualunque contesto ci si trovi ad operare. Non fa quindi eccezione l’ambito della lotta al narcotraffico e dell’assistenza alle persone tossicodipendenti", ha concluso il ministro. Droghe: Amato; facciamo i test antidroga agli studenti
Notiziario Aduc, 12 marzo 2007
"Noi oggi facciamo l’antidoping solo agli atleti. Perché non prevedere un uso più ampio di questo controllo e renderlo più sistematico, ad esempio all’uscita delle discoteche e a scuola?". Lo ha detto il ministro dell’Interno Giuliano Amato, lanciando questa provocazione a Firenze a conclusione di un convegno dell’Anci Toscana dedicato al tema della sicurezza e della qualità di vita nelle città. Amato ha annunciato, intervenendo a Palazzo Vecchio, che in Italia "occorre una campagna enorme contro la droga". "Una campagna non contro i trafficanti ma contro noi stessi, chiamando i causa noi integerrimi consumatori di cocaina, quei genitori, e non solo i figli, che prendono la coca nel week end per passare un fine settimana più elettrizzante". A proposito della sua provocazione Amato ha aggiunto: "Si potrebbe prevedere l’antidoping a scuola, ad esempio dopo l’interrogazione. Ho spiegato questa mia idea ad un insegnante che mi ha detto: ma sei matto? Di sicuro arriverebbero i genitori a fare un occhio nero al preside o al professore. Ma io penso che se lo studente risultasse positivo dopo l’interrogazione perde i punti e l’interrogazione non vale". Sempre riguardo alla sua provocazione il ministro Amato ha osservato: "Bisogna pensare anche a cose del genere, anche se può apparire un’idea un po’ idiota. Ma cose del genere meritano di essere valutate magari per essere poi sostituite da altre". A proposito della diffusione della droga, il ministro Amato ha poi citato ad esempio le immagini trasmesse dal Tg1 ieri sera: "Io spero che milioni di italiani si siano raggelati davanti al servizio del telegiornale di Gianni Riotta dove si intervistavano a Torino un parroco e un operatore che tentano di gestire ragazzi immigrati usati come corrieri della droga e che usano le fogne come via di fuga".
Dichiarazione di Donatella Poretti (Rnp)
Il ministro degli Interni Giuliano Amato, nell’ambito delle sue proposte per la sicurezza nelle città, oltre a praticare l’antidoping all’uscita di discoteche e scuole, vorrebbe che in queste ultime fosse utilizzato il medesimo controllo, sì da invalidare le interrogazioni rese sotto gli effetti di sostanze alteranti. Visto che il ministro non precisa su cosa intende fare all’uscita di scuole e discoteche (come invece e preciso per le interrogazioni), auspico che non abbia intenzione di reintrodurre il reato di consumo di sostanze, ma che sia al solo scopo preventivo per non far mettere alla guida di un mezzo una persona in stato di presunta alterazione. A fronte di questa disarmante proposta, e auspicando che -a differenza di come dice lo stesso Amato- non siano le cose idiote ad ispirare le politiche del Governo, non posso che invitare il ministro a prendere in considerazione un’altra politica: di questo credo ci sia bisogno visto che quanto fatto fino ad oggi ha dato risultati opposti e lui, invece, propone solo ulteriori interventi nel medesimo senso. Il ministro degli Affari Sociali, Paolo Ferrero, sta cercando tutte le strade possibili e immaginabili per venire a capo di una proposta di cambio di direzione in materia, trovandosi nella tragica situazione di essere il Governo che sta attuando la legge Fini-Giovanardi, che è quella che invece, nel medesimo Governo, molti vorrebbero modificare. La proposta del ministro Amato non aiuta in questa direzione, anzi. Devo prendere atto che esistono due posizioni opposte all’interno del medesimo Governo? Quella accentuatrice delle politiche punizioniste e quella legalizzatrice? Siccome credo che tutti intendiamo operare nell’interesse dei cittadini, forse è il caso di parlarne in maniera approfondita, anche in ambito pubblico, altrimenti, oltre a non fare gli interessi di questi cittadini, continuiamo solo a fare il gioco di chi vorrebbe che le cose non cambino, perché la legge Fini-Giovanardi non solo è quella che serve al Paese, ma va anche accentuata nelle sue applicazioni... come il ministro Amato sostiene.
Dichiarazione del vice presidente della Camera Giorgia Meloni (An)
"Il governo Prodi come l’Idra di Lerna è un mostro politico a più teste: se il ministro Ferrero in sede europea minimizza il fenomeno del micro-spaccio piuttosto che trovare soluzioni per risolverlo, propone la riconversione dell’oppio afgano e attacca la legge Fini parlando di fallimento senza comprovare le sue tesi sulla base di dati reali, un altro autorevole capo di dicastero come Amato parla addirittura di antidoping nelle scuole. È ormai evidente che non esiste un filo conduttore capace di legare una maggioranza che non trova un punto di accordo neanche sulle politiche sociali. Per quanto ci riguarda continueremo a difendere la legge Fini che applica semplici sanzioni amministrative per chi fa uso di sostanze stupefacenti, mira al recupero dei tossicodipendenti e punisce invece lo spaccio con dura fermezza. Sconfiggere la droga è possibile attraverso la cura e la prevenzione, come insegnano quelle comunità terapeutiche che il ministro della Solidarietà sociale vorrebbe cancellare. Nessun risultato invece può essere ottenuto da chi tutela gli spacciatori, considera la droga un diritto o da chi, attraverso la scuola, vorrebbe criminalizzare un’interna generazione".
Dichiarazione del ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero
"L’ipotesi di sanzionare i consumi si è rivelata inadeguata rispetto al contenimento degli stessì mentre ‘l’unificazione delle sostanze in un’unica tabella e la definizione di spaccio basata unicamente sul parametro del possesso di una certa dose di principio attivo, stanno comportando un ulteriore aumento delle denunce penali". Con queste parole il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero è tornato oggi a bocciare le politiche anti-droga del precedente governo di centro-destra annunciando lo ‘spostamento dell’approccio del nostro governo, da quello marcatamente penale e repressivo, a quello sociale ed inclusivo". Un intervento avvenuto a Vienna nel corso della 50* sessione della "Commission on narcotic drugs", l’organo centrale dell’Onu che si occupa del tema delle droghe. Il nostro ministro ha "consigliato" anche a livello Onu, "interventi di depenalizzazione del consumo personale e l’adozione di misure alternative alla detenzione al fine di facilitare il percorso riabilitativo delle persone dipendenti". Ed in questa direzione, ha poi spiegato, si muoverà anche il governo italiano che presto, ha annunciato, cambierà l’attuale normativa in campo di tossicodipendenze. Una nuova normativa che si incentrerà su alcuni punti fondamentali come il varo di "una tabella apposita per la cannabis in quanto sostanza stupefacente distinta da eroina, cocaina, ed anfetamine" e l’eliminazione della cosiddetta dose massima consentita per uso personale, "restituendo al giudice - ha spiegato Ferrero - la piena discrezionalità nel valutare, situazione per situazione, se il possesso di sostanze sia riconducibile allo spaccio". Infine, si prevede l’ampliamento delle possibilità di pene alternative al carcere ed un riequilibrio dell’entità delle pene per spaccio a livello della media europea. Riguardo, invece, alla riduzione del danno si pensa di estendere la gamma di interventi e di facilitare l’accesso ai preparati farmacologici, naturali e sintetici, medicalmente prescritti ed acquistabili nelle farmacie, per quanto riguarda l’uso terapeutico della cannabis.
Dichiarazione di Carlo Giovanardi (Udc)
"Anche sulle tossicodipendenze questo governo riesce a dare nello stesso giorno segnali contradditori. Mentre il ministro Amato prende posizione contro la droga, chiedendo addirittura di penalizzare le prestazioni scolastiche di chi è sotto gli effetti delle sostanze, il ministro Ferrero al contrario, a Vienna, parla di "approccio sociale ed inclusivo al problema. Questi messaggi confusi e contradditori che tentano di mettere assieme chi ha fatto campagna elettorale nel centro sinistra con lo slogan sesso, droga e rock and roll e la parte più responsabile, che si rende conto degli effetti devastanti della liberalizzazione della droga". Asia: mancano i boia, si ripiega sui detenuti "affidabili"
Associated Press, 12 marzo 2007
Mancano i boia. È questo il problema in molti Stati che hanno deciso di mantenere in vigore la pena di morte. Ad esecuzione decisa, i governi si sono trovati di fronte a questa carenza che non avevano messo in conto. In Bangladesh, dice Amnesty International, in mancanza di esecutori ufficiali si è pensato di far ricorso a detenuti "affidabili". Un esempio: il 6 maggio 2005 è stato impiccato il 26enne Kamal Hossain Hawlader. L’esecuzione è stata affidata a quattro carcerati di un’altra prigione, adeguatamente preparati. A Singapore invece il boia non può andare in pensione per mancanza di sostituti. Nel "Rapporto 2006", Amnesty racconta il caso di Darshan Singh, 73 anni, addetto all’esecuzione del trafficante australiano Nguyen Tuong Van. Ha impiccato oltre 850 prigionieri in 46 anni di servizio. Ha provato ad insegnare il suo lavoro a due persone, ma gli apprendisti boia sono risultati troppo "teneri": al momento di agire, entrambi si sono paralizzati. In Malesia, si è pensato invece ad un incentivo economico. Nel marzo 2005, i funzionari delle prigioni malesi addetti alle impiccagioni e alle fustigazioni hanno ricevuto un aumento di paga. Per ogni impiccagione, il boia riceverà circa 100 euro al posto dei 60 di prima. Per ogni colpo di canna di bambù riceveranno due euro al posto dei vecchi 60 centesimi. Cina: impegno a migliorare il trattamento dei detenuti
Asca, 12 marzo 2007
La Cina si impegna a migliorare il trattamento dei suoi prigionieri. Stando a quanto riportato dal quotidiano China Daily, da adesso in poi le condanne a morte non verranno più eseguite in segreto, e ai condannati a morte verrà permesso di ricevere visite dai famigliari. Il quotidiano, che cita fonti giudiziarie tra le quali la Corte suprema del Popolo, sostiene che le autorità cinesi proibiranno che i detenuti subiscano torture, specie nel corso degli interrogatori. Le misure che la Cina si impegna ad adottare e far rispettare servono al Paese asiatico per ridurre le pressione internazionale circa la violazione dei diritti umani, questione spesso sollevata da governi, associazione e organizzazioni. Thailandia: cittadino svizzero rischia 75 anni di carcere
Img Press, 12 marzo 2007
Un uomo svizzero rischia di essere incarcerato per tre quarti di secolo con l’accusa di aver insultato la monarchia della Thailandia per aver imbrattato numerosi ritratti del venerato re Bhumibol Adulyadej nella città settentrionale thailandese Chiang Mai. La pena a cui Oliver Rudolf Jufer, 75 anni, potrebbe andare incontro è di 75 anni di prigione. Lo svizzero si è dichiarato colpevole, ma in realtà le videocamere di sorveglianza lo avevano incastrato lo scorso 5 dicembre mentre spruzzava uno spray nero sulle immagini del monarca più longevo al mondo. Jufer ha compiuto i suoi atti vandalici durante le celebrazioni per il 79esimo compleanno del re thailandese. Lo svizzero è comparso oggi in tribunale con i piedi legati e con indosso la divisa arancione dei detenuti. Il giudice Chaikrit Devaplin ha sottolineato che Jufer ha ammesso la sua colpevolezza, diversamente da quando l’uomo aveva inizialmente dichiarato alla polizia. Una sentenza definitiva è attesa il prossimo 29 marzo. L’udienza si è svolta a porte chiuse.
|