Rassegna stampa 5 maggio

 

Giustizia: per gli Opg inizia una graduale dismissione

 

Il Gazzettino, 5 maggio 2007

 

Pronto il provvedimento concordato tra i ministeri della Salute e della Giustizia. Stop agli ingressi di detenuti condannati e ritenuti infermi di mente. Si parte dalle strutture di Castiglione delle Stiviere (Mantova), Reggio Emilia e Aversa (Napoli). Chi esce verrà ospitato nei servizi delle Asl.

Manicomi criminali addio. Con un provvedimento voluto dal Ministero della Salute, d’intesa con il Ministero della Giustizia, verrà proposto di "cessare da subito l’ammissione di persone nelle strutture di Castiglione delle Stiviere (Mantova), Reggio Emilia e Aversa (Napoli)", mentre resteranno aperti per il momento gli altri tre ospedali psichiatrici giudiziari: quelli di Montelupo fiorentino (Firenze), Napoli e Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina. In pratica verranno estesi anche ai manicomi giudiziari gli effetti della discussa legge 180, meglio nota come legge Basaglia, che nel 1978 ha cancellato in Italia i manicomi, imponendo il ricoveri dei malati di mente, solo nei casi acuti e comunque per brevissimi periodi, nelle strutture sanitarie normali o in comunità protette.

Libertà per 400. Il progetto prevede infatti, come prima fase, che gli internati che hanno già scontato la pena (anche se sarebbe più corretto parlare di cura) ma che non sono ancora ritenuti guariti, vengano "riesaminati" in modo da consentire una loro rapida uscirà dal manicomio. Questa parte del provvedimento dovrebbe interessare circa il 63% della popolazione degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg in sigla) e dovrebbe garantire in tempi brevi la "libertà" a 300-400 persone circa, che si erano macchiate dei reati più vari: dall’omicidio, anche multiplo, ai furti e rapine.

Molte di queste persone potranno tornare direttamente a casa, per le altre è previsto un ricovero nelle normali strutture del sistema sanitario nazionale. Per coloro che sono attualmente ricoverati negli Opg ma che non hanno ancora scontato interamente il loro periodo di internamento o che non sono considerati immediatamente idonei a un reintegro nella società, dovranno essere invece individuate soluzioni che sono ancora allo studio degli esperti, in collaborazione con le strutture psichiatriche del sistema sanitario nazionale.

Nelle carceri normali. Il provvedimento prevede inoltre per il futuro che le persone che si sono macchiate di reati ma che vengono ritenute dai tribunali affette da "infermità mentale" vengano inserite nelle strutture carcerarie normali per le quali è previsto una forte intervento di medici e specialisti. Anche in questo caso viene considerato decisivo uno stretto rapporto, a livello regionale, con le strutture sanitarie in modo da individuare e realizzare progetti alternativi all’internamento nei manicomi giudiziari.

Infatti il dispositivo all’esame dei tecnici dei ministeri propone l’attivazione di misure urgenti che saranno gestite direttamente dalle Regioni sostenute da un apposito Osservatorio nazionale costituito da rappresentanti dei Ministeri della Salute, della Giustizia e delle Regioni, con il compito di "monitorare il raggiungimento degli obiettivi, di proporre soluzioni rispetto alle criticità emergenti sia di tipo operativo sia formativo, di valutare le modalità di indirizzo delle necessità di finanziamento".

I numeri del fenomeno. Attualmente in Italia nei sei ospedali psichiatrici giudiziari funzionanti soggiornano persone che si sono macchiate dei reati più diversi: dall’omicidio di parenti, amici o familiari (anche bimbi) fino alle ingiurie gravi. Secondo l’ultimo censimento ufficiale gli internati nelle sei strutture erano 1.274, di cui 1.195 maschi (quindi oltre il 90%), ma il numero varia in continuazione. I manicomi giudiziari ospitano infatti non solo coloro per i quali è stata emessa una sentenza definitiva, ma anche coloro per i quali è in corso un iter di accertamento dell’eventuale infermità mentale.

In caso di osservazione la permanenza dura in media trenta giorni, ma per coloro che sono in attesa di giudizio, si protrae per un periodo più lungo, legato alla lunghezza del processo. Non mancano casi clamorosi di paziente-detenuti che si trovano nelle strutture da tempo immemorabile, anche decine di anni, sostanzialmente dimenticati da tutto e da tutti. La metà circa degli ospiti delle Opg deve "scontare" una pena di due anni in manicomio criminale, mentre il 17% oltre i dieci anni. L’età media degli internati è di 41 anni, la classe sociale è generalmente bassa (il 35% risulta disoccupato o inoccupato) cosi come il tasso di scolarità (il 65% non ha completato la scuola dell’obbligo. Al 70% di loro è stato diagnosticato un disturbo schizofrenico.

L’identikit dei pazienti. Ad occuparsi di questa particolare fetta di popolazione carceraria ci sono complessivamente 534 operatori sanitari (medici e infermieri) e sociali, di cui un buon 30% con contratti a tempo determinato. Per quanto riguarda i reati che hanno condotti i detenuti all’internamento, secondo uno studio realizzato dalle commissioni parlamentari, al primo posto c’è l’omicidio volontario (45,7%), seguono le lesioni personali (8,5%) e la rapina (7,8%. Per l’80% si tratta di reati considerati gravi e per il rimanente 20% reati minori. Tra i reati minori sono stati rilevati anche 16 casi del tutto anomali: 2 di prostituzione, 3 di detenzione di armi, 3 di spaccio di stupefacenti, 1 di peculato, 2 di calunnia, 1 di falsa testimonianza, 1 di falsificazione di moneta, 2 di ingiuria ed 1 addirittura di mendicità.

Internati anche per furto o lesioni lievi. Le riforme che hanno abolito i manicomi hanno di fatto solo sfiorato gli ospedali psichiatrici giudiziari, lasciandoli sostanzialmente immutati. I pazienti, come i veneti che si trovano a Castiglione delle Stiviere, molto spesso sono ricoverati per un furto o per avere procurato lesioni guaribili in dieci giorni, ma ci sono anche un paio di madri che hanno ucciso i figlioletti. Impedendo il ricovero coatto in manicomio, la "180" ha avuto l’effetto di incrementare l’ingresso nei manicomi giudiziari anche per reati particolarmente lievi e per vicende che concretamente non hanno a che vedere con turbe psichiche. A questo problema di fondo si aggiunge la lentezza della giustizia italiana che ha fatto sì che alcuni "ospiti" siano rimasti per molti mesi in Opg aspettando di poter ottenere la perizia ordinata dai giudici.

Gli internati veneti. Nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, uno dei più grandi d’Italia con 300 persone e in quello di Reggio Emilia ci sono 170 pazienti veneti. Complessivamente in Italia sono oltre 1.200 i detenuti nei sei istituti italiani tuttora attivi. Questi pazienti sono stati prosciolti dal reato commesso, ma sono stati condannati alla misura di sicurezza dell’Opg a causa della loro potenziale pericolosità. La media della permanenza è di circa 3 anni, indipendentemente dal reato commesso. Castiglione è l’unico istituto con una sezione femminile, ove risiedono circa 50 detenute. Gli altri cinque istituti sono quelli di Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Aversa, Napoli e Barcellona Pozzo di Gotto (Messina).

Molti veneti sono ospitati a Reggio Emilia. L’ospedale contiene centottanta persone, circa il doppio del previsto, che lievitano durante l’estate quando le Asl dirottano qui i casi che sono più pesanti. Anche i 236 detenuti dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia, come gli altri in Italia, vivono una quotidiana condizione di degrado, abbandono, costrizione, denunciata anche dal Cappellano, dal Sindacato Infermieri e dal Dipartimento Salute Mentale dell’ASL locale più volte anche attraverso i giornali.

In queste strutture non sono pochi i suicidi, come l’ultimo clamoroso caso di Aversa dove in poco più di un mese due persone si sono tolte la vita. Una indagine parlamentare aveva evidenziato ad Aversa la presenza di un solo educatore a fronte di 80 agenti di custodia, con personale infermieristico e medico a contratto. La spesa che l’amministrazione penitenziaria spende al giorno per ciascun internato è di 1 euro a mezzo, l’assenza di medicinali è cronica.

Giustizia: Opg; la fine di una vergogna che dura da anni

Intervista a Marco D’Alema, consigliere del ministro Turco e "padre" della riforma

 

Il Gazzettino, 5 maggio 2007

 

Psichiatra, consigliere del Ministro Livia Turco sulla psichiatria, il primo a mettere le mani in un settore sul filo di lana tra sanità e giustizia, dimenticato da anni. Gli ospedali psichiatrici giudiziari nel tempo hanno assunto sempre più la connotazione di strutture meramente contenitive dove la riabilitazione di chi vi è ospitato viene calpestata o ancor peggio ignorata. Marco D’Alema ritiene che la proposta arrivi a sanare una situazione diventata ormai insostenibile: "una vera e propria vergogna", come la definisce.

Sei istituti, 1.274 persone, molte delle quali sono "dietro le sbarre" anche da decenni. Diventa a suo avviso indispensabile un trasferimento rapido e totale delle funzioni sanitarie nei penitenziari al sistema sanitario nazionale. I due ministri Livia Turco e Clemente Mastella in una dichiarazione congiunta hanno affermato la necessità di riprendere i temi riguardanti la non imputabilità nel quadro dei lavori della commissione per la riforma dei codici.

 

Dottor D’Alema, sono i dimenticati della "180".

"In effetti possiamo dire sia così. La legge 180 nel 1978 ha chiuso i manicomi, ma non ha preso in considerazione queste strutture. Oggi la legge 230 fa passare queste strutture dalla competenza del Ministero della Giustizia a quella del Ministero della Sanità ed era diventato impellente prevedere un intervento d’urgenza. Del resto che la situazione negli Ospedali psichiatrici giudiziari fosse drammatica era sotto gli occhi di tutti, basti vedere i suicidi che si sono verificati ad Aversa, o i casi di grave disagio segnalati dalle diverse associazioni".

 

Manicomi o carceri?

"Dovevano essere luoghi di cura, ma sono diventati delle mere strutture di contenzione, con una quantità eccessiva di persone e con pochi operatori che possano portare avanti un programma mirato".

 

Quindi, secondo lei, è diventata necessaria la chiusura?

"Sarà un processo graduale, non vorrei creare allarmismi come già si era verificato con l’applicazione della 180. La prima fase prevede il passaggio di 300-400 persone per le quali è decaduta la pericolosità a strutture sanitarie o anche il rientro a casa laddove possibile. Dobbiamo mettere a punto dei veri e propri progetti d’uscita che verranno discussi con i tecnici delle regioni per facilitare i percorsi. Premetto, non c’è nulla di predefinito, è un progetto aperto ai contributi e alla collaborazione di tutti".

 

E chi non potrà uscire?

"Anche per queste persone si stanno studiando modalità conformi alle esigenze. Potrebbero andare in strutture riabilitative. Il fenomeno verrà monitorato da un Osservatorio nazionale in pieno concerto con le regioni, molte delle quali hanno già espresso un parere favorevole".

 

Ma che fine faranno gli Ospedali psichiatrici giudiziari alla fine di questo percorso?

"Spariranno, esistono varie ipotesi. C’è un documento interministeriale che prevede la nascita di strutture regionali più snelle e a più alto contenuto terapeutico. Altri colleghi psichiatri ritengono invece che non sarà poi così necessario continuare ad avere strutture specifiche. Ma, ripeto, non sono questi problemi che siamo in grado di prevedere oggi. Non dimentichiamoci che stiamo anche aspettando la riforma del Codice di procedura penale che potrebbe rendere addirittura inutili queste strutture".

 

Molti sostengono che la grande falla della legge 180 è stato il ritardo con cui si sono create le strutture alternative. È un rischio anche per questa riforma?

"La copertura finanziaria è inevitabile, servono senza dubbio investimenti mirati e in tempi abbastanza celeri, anche se è ragionevole pensare che questa riforma possa compiersi in un tempo medio-lungo, prevedo non prima di quattro anni. La prima fase dovrebbe comunque concludersi a breve".

 

Questo provvedimento creerà inevitabilmente allarme sia tra gli operatori sia tra la popolazione, come del resto era avvenuto con la 180. Oltretutto in questo caso si tratta spesso di persone che si sono macchiate di crimini anche violenti…

"Per questo il processo va spiegato. Negli ospedali psichiatrici giudiziari ci sono oggi persone guarite, ci sono situazioni al limite del lecito. É un’opera di giustizia che facciamo, anche se in ritardo, verso chi rischiava di diventare un detenuto a vita. Nessuno pensi che metteremo in libertà killer pericolosi!"

Giustizia: quali possibilità di recupero per i detenuti stranieri?

 

Padova News, 5 maggio 2007

 

Analizzando la situazione delle carceri italiane ci si pone il problema: come rendere realmente costruttivo il periodo di detenzione, per non far sì che diventi un inutile processo irreversibile? Esistono associazioni che si occupano di inserimento lavorativo dei detenuti, oltre che di mediazione culturale all’interno del carcere. Il rischio però è che si tratti di casi isolati, dovuti alla caparbietà di pochi, e all’indulgenza del direttore di turno.

Esiste in realtà anche una normativa, tesa proprio a rispondere alle esigenze dei detenuti stranieri presenti negli istituti Penitenziari del territorio nazionale.

L’art. 35 del regolamento di esecuzione del 2000, per esempio, prevede che nell’esecuzione delle misure privative della libertà nei confronti di cittadini stranieri:

1) si tenga conto delle loro difficoltà linguistiche e delle differenze culturali;

2) si favoriscano le possibilità di contatto con le autorità consolari del loro paese;

3) si favorisca l’intervento di operatori di mediazione culturale, anche attraverso convenzioni con gli enti locali o con organizzazioni di volontariato.

Tra le iniziative assunte da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per ridurre le difficoltà di tipo linguistico culturale, va segnalata la realizzazione di due opuscoli, nelle lingue di maggiore diffusione tra gli stranieri detenuti nel nostro Paese (tedesco, inglese, francese, spagnolo, arabo, slavo), contenenti uno le norme dell’Ordinamento Penitenziario e del Regolamento di esecuzione e l’altro i diritti dei detenuti; e, per il settore sanitario, la traduzione di un opuscolo informativo sulla prevenzione delle malattie trasmissibili per via parentale e sessuale (hiv, hbv, hcv), in lingua italiana, inglese, tedesca, francese e serbo croata. Contemporaneamente, per offrire ai detenuti stranieri maggiori opportunità culturali, nel corso degli ultimi anni si è provveduto ad implementare alcune biblioteche degli istituti penitenziari dei testi da loro maggiormente richiesti (dizionari, grammatiche, testi di genere religioso, storico, narrativo, periodici).

Per quanto riguarda invece il diritto al salute, gli immigrati "limitatamente al periodo in cui sono detenuti o internati negli istituti penitenziari, sono iscritti al Servizio Sanitario Nazionale. Tali soggetti hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai cittadini liberi, a prescindere dal regolare titolo di permesso di soggiorno in Italia" (art. 1 del D.lgs 230 del 22 giugno 1999).

Più difficoltoso risulta purtroppo il diritto alla tutela dei rapporti familiari e sociali. In carcere il mantenimento dei contatti con la famiglia opera su diversi piani: attraverso l’ingresso in carcere delle persone legate ai detenuti da legami di parentela. Sotto questo profilo un elemento decisivo è costituito dai colloqui con i congiunti e con altre persone (Art. 18 Co. 1 OP e art. 37 R.E.), nel cui contesto è accordato particolare favore ai congiunti (al riguardo va osservato che alla famiglia naturale è equiparata la famiglia di fatto). Il mantenimento dei contatti familiari è inoltre favorito dall’assegnazione del detenuto nell’Istituto più vicino alla loro residenza e dalla prevista concessione di permessi premio da trascorrere con i propri cari. In mancanza e in aggiunta ai colloqui il detenuto può effettuare, infine, con i propri familiari delle telefonate.

Per gli stranieri, al solito, la situazione si complica: sia per la condizione di clandestinità che non consente di comprovare le relazioni di parentela, sia perché spesso i familiari vivono ancora nel paese d’origine o sono comunque impossibilitati a recarsi in visita nel carcere dove il soggetto è detenuto. L’unica possibilità di contatto degli stranieri con i propri familiari è costituita pertanto dalle telefonate, risultando però ulteriormente limitata dalla burocrazia carceraria. Per ragioni di sicurezza infatti l’amministrazione penitenziaria deve verificare che l’utenza telefonica sia intestata effettivamente alla persona legata da vincoli di parentela con il detenuto. Ma come si può compiere tali verifiche in caso di destinatari stranieri, residenti all’estero?

Infine, il trattamento rieducativo, finalità fondante la struttura carceraria stessa. Il trattamento rieducativo del condannato finalizzato al reinserimento sociale è costruito come un percorso virtuoso che presuppone: un periodo di osservazione della personalità del soggetto, la partecipazione alle attività proposte dall’amministrazione e la regolare condotta.

Gli elementi del trattamento possono essere interni o esterni al carcere, interni sono principalmente: l’istruzione, il lavoro e la religione; esterni sono le misure premiali e le misure alternative.

Se per quanto riguarda lavoro e formazione si cerca di attivare corsi di vario genere, anche di lingua italiana, si assegna il codice fiscale anche agli stranieri privi di permesso di soggiorno, per l’avviamento al lavoro all’esterno, ben più difficile risulta per tutti i detenuti stranieri l’accesso ai benefici previsti dalla legge - permessi premio, affidamento in prova al servizio sociale... Di fatto, la mancanza di riferimenti esterni (quali gli amici, la famiglia, l’alloggio) e le difficoltà legate all’identificazione dello straniero fanno rigettare la maggioranza delle richieste di misure premiali. Resta comunque sempre il problema del "dopo": una volta scontata la pena, per il detenuto straniero l’unica prospettiva è l’espulsione dall’intero territorio Schengen... e a questo punto, non ci sono iniziative né associazioni che tengano.

Giustizia: al via Nuovo Sistema telematico del Casellario

 

www.giustizia.it, 5 maggio 2007

 

Il 7 maggio 2007 entra definitivamente in funzione - informa l’Ufficio Stampa del ministero della Giustizia - il Nuovo Sistema del Casellario (NSC) e cessa la propria attività il precedente sistema informativo.

Il Casellario Centrale è l’ufficio preposto all’acquisizione e conservazione dei dati relativi ai precedenti penali (ed anche civili, limitatamente ai provvedimenti di interdizione, inabilitazione e fallimentari). La banca dati del Casellario Centrale comprende circa 12 milioni di dati relativi a provvedimenti giudiziari ed interessanti, allo stato, circa 5 milioni di soggetti nati in Italia ed all’estero. Con l’entrata in funzione del Nuovo Sistema del Casellario l’acquisizione e la trasmissione dei dati al Casellario Centrale in Roma avverrà direttamente per via telematica dagli uffici giudiziari con totale eliminazione di ogni passaggio intermedio (tramite i casellari locali) e cartaceo.

L’avvio del Nuovo Sistema si è concretizzato dopo anni di preparativi e l’approntamento di nuove basi normative e tecnologiche, che pongono il sistema italiano all’avanguardia a livello europeo. In particolare, nel gennaio 2007 si è conclusa la definizione della nuova disciplina del Casellario che sostituisce la vecchia normativa risalente addirittura al 1931 e di cui si era prevista la riforma sin dalla fine degli anni novanta. Grazie alle innovazioni sarà possibile un più veloce aggiornamento della banca dati e, quindi, una più puntuale verifica e certificazione dei precedenti.

L’Italia, a partire dall’incontro dell’U.E. di Bratislava, nel prossimo giugno, entrerà nel Progetto Pilota per l’interconnessione dei Casellari e la realizzazione dell’"European Criminal Record" (scambio di informazioni sui precedenti penali tra Paesi Membri dell’Unione Europea).

"La certezza della pena è anche e soprattutto certezza ed aggiornamento dei precedenti di una persona. A questo è finalizzato il Nuovo Sistema Informativo del Casellario". È il commento del vice capo del Dipartimento per gli Affari di Giustizia del ministero, delegato al Casellario Centrale, Antonio Oricchio. "Il nuovo sistema rappresenta un traguardo rilevante al di là dell’ambito del servizio, pure importante, del Casellario giudiziario. Consente infatti - conclude il cons. Oricchio - di sfatare lo scetticismo con cui spesso si parla dell’Amministrazione della Giustizia e di guardare invece alla stessa col conforto di un risultato di efficienza concretamente raggiunto".

Palermo: abusi sui pentiti, 7 agenti del "Gom" sotto processo

 

Ansa, 5 maggio 2007

 

Il carcere di Pagliarelli era considerato tra i detenuti una "destinazione punitiva". Lo ha sostenuto stamane il teste Marcello Russo, detenuto, che nel ‘94, dopo essere stato accusato di 416 bis, venne sottoposto a regime di protezione per la sua collaborazione con la Dda di Potenza. Russo ha deposto nel processo a sette guardie carcerarie accusate di aver maltrattato detenuti sottoposti a programma di protezione, davanti alla prima sezione del tribunale, presieduta da Cesare Vincenti.

Gli imputati sono agenti che erano in servizio nell’istituto di pena di Pagliarelli e che fanno parte del Gom (Gruppo operativo mobile), il reparto specializzato della polizia penitenziaria che sorveglia la struttura in cui si trovano i collaboratori di giustizia. Sotto processo sono Stefano Danzè, di 36 anni; Salvatore Luigi De Blasi, di 34; Matteo Longobucco, di 47; Alfonso Muscariello, di 39; Gavino Pintore, di 43; Domenico Restivo, di 32 e Bernardo Salvato, di 34. Esaminato dal pm Fabrizio Vanorio, il teste ha riferito di essere stato trasferito dal carcere di San Remo, dove aveva avuto alcuni "dissidi", a quello di Pagliarelli, in un periodo successivo alle denunce, e di aver constatato che nel penitenziario di Palermo "c’era un clima di tensione" dovuto proprio all’indagine in corso sui maltrattamenti. Dopo di lui è stato esaminato il generale Alfonso Mattiello, responsabile del Gom, autore di una relazione di servizio sull’attività del gruppo operativo all’interno del carcere. Mattiello ha risposto alle domande del pm, spiegando la struttura e la disciplina del Gom. Nella prossima udienza, il 29 giugno, sarà sentita l’ex direttrice di Pagliarelli, Rita Barbera.

Palermo: i benefici dell’arte-terapia per i minori dell’Ipm

 

Redattore Sociale, 5 maggio 2007

 

A Palermo incontro presso l’istituto Penale per i minorenni Malaspina. Zanchi: "Ascoltare musica può essere un’esperienza non passiva se inserita in percorsi terapeutici finalizzati a contenere o prevenire le condotte aggressive".

La musica è in grado di mettere in relazione, attraverso le sue sollecitazioni, pensieri, ricordi e persone che possono davvero aiutare i soggetti più fragili che vivono in situazioni disagio temporaneo o permanente.

"Minori in condizioni di disagio e arte-terapia: dal corpo alla parola" di questo si è parlato stamane all’interno di un incontro nell’ambito del ciclo di seminari "Il male minore", organizzati presso l’istituto Penale per i minorenni Malaspina di Palermo. "Oggi i giovani hanno un rapporto molto diversificato con la musica. In alcuni casi è proprio attraverso la musica, inserita nei loro percorsi terapeutici, che alcuni adolescenti riescono a ricostruire la loro identità storica. Per questo essa è molto importante al fine di accogliere alcuni tratti della personalità adolescenziale - ha detto Barbara Zanghi, psicologa e musicoterapeuta -. Ascoltare musica può essere un’esperienza non necessariamente passiva se inserita in percorsi terapeutici finalizzati ad esempio a contenere o prevenire le condotte aggressive".

La psicologa ha spiegato come, in alcuni casi, la musicoterapica cerca di mettere in comunicazione stati interni del soggetto, che altrimenti assumerebbero forme contraddittorie. Tutto questo perché spesso negli adolescenti più fragili e problematici la musica riesce a creare in loro una dimensione che avvicina in qualche misura il corpo alla sfera emozionale e del pensiero.

L’incontro è stato ulteriormente arricchito dalla presenza di Liliana Cosi, prima ballerina étoile della Scala di Milano, artista e testimone d’eccellenza che ha messo l’arte al centro della propria vita. L’artista, precisando che non era la prima volta che si trovava in un istituto penale, ha sottolineato come la vocazione artistica debba camminare di pari passo con la responsabilità sociale.

"L’arte non può essere avulsa dal contesto sociale della vita. Io ho lasciato la Scala per portare la danza, attraverso l’associazione di cui faccio parte, a più persone possibili. L’arte, nella sua forma di nutrimento del corpo e dell’anima, può condurre davvero ad un’apertura interiore, profondamente legata alla bellezza della vita", ha detto Liliana Cosi. Secondo l’artista, l’uomo per creare deve tendere verso la bellezza interiore e armonica della propria vita. Non a caso, ha citato prima un pensiero di Sant’Agostino che dice: "Dio si è fatto gradito all’uomo attraverso la bellezza" e poi quello di un filosofo francese, che sottolinea come "ogni musica nasce dalle lacrime della nostalgia per il paradiso".

L’invito dell’artista è quello di dare luce agli altri ascoltando la propria coscienza e di cercare di essere creativi nelle relazioni anche in contesti difficili come quelli che riguardano il recupero dei minori. Fra gli interventi c’è stato pure quello della professoressa Renata Mancuso, docente di Sociologia dei processi culturali, che ha parlato dell’importanza di costruire relazioni. A tal fine, la docente ha rivolto un invito a tutti gli operatori perché nell’esercizio del loro lavoro possano proiettarsi verso relazioni che diano continuità e significato alle loro azioni, soprattutto quando in gioco ci sono i percorsi di crescita dei minori.

Il seminario si è concluso nel teatro dell’istituto penale con lo spettacolo tratto da "Songs of Maldoror" di Lautreamont della Megallò Group Foundation di Budapest. Erano presenti all’incontro pure i partner internazionali dei progetti "Equal Ipm di Scena" e "On stage" provenienti da Francia, Lituania, Repubblica Ceca, Olanda, Inghilterra e Ungheria.

Salerno: progetto sulla legalità, studenti visitano il carcere

 

Il Mattino, 5 maggio 2007

 

Gli studenti dell’Itcg raccontano l’esperienza vissuta a contatto con i detenuti delle Case circondariali di Monza e di Salerno. L’incontro avrà luogo questa mattina presso l’aula consiliare. Prevista la partecipazione del vescovo mons. Angelo Spinillo, dei direttori dei due istituti penitenziari e del sindaco Giuseppe Del Medico. Le visite ai detenuti, effettuate qualche settimana fa, rientrano nel progetto Pof "Culture a confronto: mondi diversi in Comuni-C-azioni" che l’istituto tecnico commerciale e per geometri "Leonardo da Vinci" ha iniziato nello scorso mese di novembre.

Un programma di prevenzione al disagio minorile: dal bullismo alle dipendenze, dalle sostanze stupefacenti al disadattamento, con particolare attenzione al tema della legalità. Progetto che oltre agli studi teorici, alle ricerche e ai laboratori, ha previsto anche il contatto diretto da parte dei ragazzi con la diversità. Il piano di lavoro a cui hanno partecipato gli allievi delle quarte e quinte della preside Rosa Severino Minucci si è arricchito della presenza, nella fase conclusiva, dei coetanei dell’Istituto "Giuseppe Bovaro" di Lecco gemellati con la scuola cilentana.

I giovani allievi sono stati guidati dai professori Giovan Francesco Esposito, Nicolina Franchino e Antonietta Rimauro, con il supporto esterno dell’educatrice professionale Chiara Riva e del professore Francesco Augurio della Federico II di Napoli. Il corso ha ricevuto anche il sostegno dell’associazione culturale Agorà, del comune di Sapri e delle direzioni delle due Case circondariali. A Monza i ragazzi hanno trascorso un’intera giornata in carcere svolgendo attività con i detenuti, con i quali hanno disputato anche un incontro di calcetto (terminato 10 a 6 per i padroni di casa).

Le ragazze si sono intrattenute con le detenute svolgendo attività sportiva di aerobica. Al carcere di Fuorni gli allievi hanno potuto assistere alla rappresentazione teatrale ‘O Vico di Raffaele Viviani interpretata per la maggior parte da detenuti e da alcuni attori esterni. Un’esperienza ritenuta interessante e istruttiva dagli studenti.

"Mi è rimasta impressa la diversità tra i due tipi di istituti penitenziari. A Salerno c’era molta tranquillità e calma; a Monza l’impatto è stato molto più forte anche perché la struttura già dalla strada ti permette di vedere i detenuti aggrappati alle sbarre" racconta Antonietta Zicca che ha partecipato con i colleghi maschi alla partita di calcetto, realizzando anche una rete.

"Il carcere di Monza mi ha trasmetteva ansia e paura, ma allo stesso tempo mi incuriosiva. Mi porterò nella mente soprattutto l’incontro avuto con le detenute durante la lezione di aerobica. Alcune mamme alla fine si sono commosse ricordando le loro famiglie e tra le lacrime ci hanno esortate a non sbagliare mai" aggiunge Martina Donnantuono. "Abbiamo voluto renderli protagonisti per fare uscire le qualità dei giovani che chiedono di essere presi maggiormente in considerazione" afferma l’educatrice professionale Chiara Riva.

Brescia: Rifondazione; colletta per nuova caldaia a Verziano

 

Giornale di Brescia, 5 maggio 2007

 

Quando è stata costruita, nel 1986, era una delle "carceri d’oro". E invece ora, a vent’anni di distanza, i problemi strutturali e non solo iniziano a farsi sentire.

Il deputato di Rifondazione, Maurizio Zipponi, il consigliere regionale Osvaldo Squassina, il responsabile dei diritti per Prc a Brescia Beppe Almansi e Daniela Chiodi del compartimento diritti della Federazione di Brescia, con all’attivo una tesi sul mondo del carcere, raccontano le loro impressioni dopo la visita al carcere di Verziano, accompagnati dalla vicedirettrice Francesca Paola Lucrezi.

"Percorrendo i corridoi si prova una sensazione completamente diversa rispetto al carcere cittadino - racconta Squassina -. Le celle sono aperte, e contengono al massimo due detenuti, a volte uno". Maschi e femmine vivono la pena diversamente. I primi parlano poco, si dicono, per quanto possibile, abbastanza soddisfatti di cibo e collocazione. Le donne invece soffrono di più, paiono più soggette a forme, più o meno gravi, di depressione.

Verziano non è, come qualcuno pensa, un grand hotel ma i 94 detenuti (32 donne e 62 uomini) ci stanno dignitosamente nelle 60 celle con water e lavandino. La sezione maschile ne ospita 10 per piano su tre piani, e quella femminile 15 su due piani (uno circondariale, l’altro reclusione). Anche gli spazi comuni sono ben attrezzati. Ma soprattutto Verziano sembra - continua il consigliere regionale - "una vera e propria cittadella. Alcuni carcerati la mattina seguono le lezioni dei professori del Tartaglia, che stanzia ogni anno un fondo per l’acquisto di libri di testo. La vicedirettrice ci ha detto che in autunno aprirà pure un polo universitario di Economia e Giurisprudenza con la collaborazione dei docenti della Cattolica e della Statale". E c’è chi lavora. Una decina di detenuti presta servizio all’interno del carcere per la cooperativa Carpe Diem di Carpenedolo: realizzano tacchi, bandiere e opere di decoupage. "Sono inquadrati a tempo determinato o indeterminato; lavorano 20 ore settimanali, 4 ore al giorno, con un compenso di 6 euro all’ora.

Mi ha stupito sapere che ogni carcerato contribuisce per un quinto del suo stipendio alle spese di mantenimento". Una cittadella che però qua e là inizia a dare segni di cedimento. Muffa e infiltrazioni ai soffitti e alle pareti sono un po’ ovunque. "Erano stati richiesti al ministero, per il 2006, 300 mila euro per le manutenzioni, tra Canton Mombello e Verziano. Ne sono arrivati solo 25 mila. E per il 2007 ancora non si sa se ce ne saranno".

Poi c’è la caldaia che non funziona a dovere e capita di frequente che i detenuti restino senza acqua calda. Un problema che Prc si è preso a cuore. Zipponi ha voluto vedere con i suoi occhi la macchina, per capire la consistenza del problema, e Almansi ha lanciato l’idea di una specie di sottoscrizione o donazione da parte di qualche imprenditore per acquistarne una nuova.

"Abbiamo constatato con piacere - commenta Squassina - che ora la guardia medica interviene di notte in caso di emergenza, non era così nel 2005". Fatto sta che il personale non è mai sufficiente, 4 medici e 2 infermiere, di cui una in maternità, mai sostituita su dieci ore lavorative, dalle 9 alle 19. "Il medico ci ha spiegato che fino a qualche anno fa coprivano un turno di 11 ore giornaliere con guardia il sabato notte".

C’è pure una sola psicologa, che nelle 25 ore di lavoro è costretta ad occuparsi per lo più dei detenuti in osservazione. Poi resta il nodo dell’Asl, che per quanto riguarda i detenuti "non ricopre il ruolo di prevenzione e igiene di sua competenza perché sostiene non ci siano i fondi dalla Regione". Un fatto molto grave, "in una realtà che conta peraltro 38 detenuti tossicodipendenti".

"Presenterò un’interrogazione in Regione su questo tema - annuncia Squassina - , mentre Zipponi si rivolgerà al ministero della Giustizia per la carenza di personale di polizia penitenziaria. Ci è stato riferito che le guardie sono 68, ne servirebbero almeno 86. Sono soprattutto le donne a mancare: ne sono entrate sei in maternità e non sono mai state rimpiazzate. Considerando che anche a Canton Mombello ci sono 94 persone in meno in pianta organica, crediamo sia il momento di intervenire".

Brescia: lunedì il Consiglio comunale si riunisce in carcere

 

Giornale di Brescia, 5 maggio 2007

 

Lunedì 7 maggio il Consiglio comunale di Brescia vivrà un appuntamento di particolare significato e rilevanza: una seduta speciale a Canton Mombello, la Casa circondariale cittadina. L’iniziativa si deve alla proficua collaborazione che da tempo intercorre tra l’Amministrazione comunale e la Direzione della Casa circondariale e, in particolare, tra la Presidente del Consiglio comunale Laura Castelletti e la Direttrice Maria Grazia Bregoli, collaborazione che si è sostanziata in questi anni in diversi momenti di scambio, di dialogo e di confronto: dalle attività di socializzazione e di animazione a quelle culturali e teatrali, sino alla recente presentazione delle grandi mostre di S. Giulia all’interno della struttura di via Spalto S. Marco.

La seduta straordinaria, che avrà inizio alle ore 14 e che sarà preceduta dal saluto della Direttrice Bregoli (mentre, per il resto, avrà le caratteristiche di una normale seduta di Consiglio, con interventi e tempi prefissati per i gruppi consiliari) sarà dedicata all’illustrazione e alla discussione della prima relazione annuale sull’attività del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, il cosiddetto Garante dei detenuti, funzione ricoperta da Mario Fappani: Brescia, com’è noto, è stata una delle prime e delle poche città in Italia ad aver istituito tale figura, istituzione avvenuta nel corso della seduta del Consiglio comunale del giugno 2005. La stessa seduta speciale del Consiglio comunale all’interno del carcere cittadino rappresenta non solo un’occasione senza precedenti a Brescia, ma una delle rarissime esperienze in tutta Italia.

Roma: "Percorsi Sartoriali", lavoro part-time per 2 detenute

 

www.giustizia.it, 5 maggio 2007

 

Grazie al progetto Percorsi Sartoriali, iniziato nel 2006, con il sostegno della direzione del carcere di Rebibbia Femminile e del Garante regionale per i diritti dei detenuti, al termine del percorso formativo due detenute sono state assunte part-time dalla cooperativa sociale Pantacoop, che fa parte del consorzio Lavoro e Libertà, con un contratto di lavoro a tempo determinato annuale. Le due ragazze si occuperanno di produrre tendaggi e arredamenti per interni in un laboratorio specializzato appositamente creato in carcere. I lavori fanno parte di ordinazioni esterne che saranno poi rivendute sul mercato ed è per questo che il numero delle lavoratrici impegnate nella produzione potrà aumentare in un prossimo futuro, a seconda del volume delle commesse che arriveranno. Un altro percorso innovativo, finalizzato al reinserimento sociale e lavorativo di due detenute dell’istituto penitenziario romano, sarà inoltre realizzato grazie al progetto Municipio a Porte Aperte, ideato e finanziato dal Municipio XI, con la partecipazione dell’associazione culturale "Il Pavone".

Per la prima volta, una reclusa svolgerà un tirocinio formativo in un ente pubblico locale, come assistente delegata alle politiche sociali; l’altra, presso il termovalorizzatore dell’Ama. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla collaborazione tra direzione della casa Circondariale Rebibbia Femminile e Agenzia Lavoro Lazio.

Reggio Emilia: Cgil, Cisl e Uil; insieme contro la pena di morte

 

Emilia Net, 5 maggio 2007

 

Cgil, Cisl e Uil di Reggio lanciano una campagna di raccolta firme contro la pena di morte in Texas, Cina e Arabia Saudita: tre paesi leader al mondo nella triste classifica delle esecuzioni capitali. L’appello contro la pena di morte in Texas - scritto per le Organizzazioni sindacali reggiane da Rick Halperin, presidente di Amnesty International degli Stati Uniti - è diretto al Governatore dello Stato, Rick Perry. L’iniziativa mira ad ottenere una moratoria delle esecuzioni capitali in Texas che nel 2007 dovrebbero superare la triste soglia dei 400 detenuti giustiziati da quando, nel 1982, è stata reintrodotta la pena di morte.

L’appello contro le esecuzioni capitali in Cina riprende invece la campagna lanciata, lo scorso febbraio, dal Congresso mondiale contro la pena di morte di Parigi e mira ad ottenere la sospensione delle esecuzioni - in vista della loro completa abolizione - in occasione dei Giochi Olimpici di Pechino del 2008. Una sorta di "tregua", simile a quella che veniva sancita tra le città elleniche al sopraggiungere degli antichi giochi di Olimpia.

Infine l’appello contro la pena di morte in Arabia Saudita che prende spunto dal drammatico caso di Siti Zainab, una collaboratrice domestica indonesiana condannata a morte per omicidio al termine di un processo celebrato in lingua araba (sconosciuta all’imputata) e senza sufficienti tutele giudiziarie per la donna. L’obiettivo è di raccogliere almeno 5 mila firme nei luoghi di lavoro, nelle piazze e nelle scuole, che saranno poi inviate alle autorità competenti dei tre paesi in questione (nei quali viene eseguito oltre il 95% delle esecuzioni capitali praticate al mondo) e alle rispettive ambasciate in Italia.

La campagna - che si inserisce tra le iniziative che Cgil, Cisl e Uil stanno portando avanti da tempo a Reggio contro la pena di morte - vuole anche sollecitare il Governo italiano ad intensificare gli sforzi per arrivare ad una rapida approvazione da parte dell’assemblea dell’Onu di una risoluzione per una moratoria universale delle esecuzioni capitali nel mondo. I moduli per la raccolta firme possono essere richiesti presso le segreterie delle tre confederazioni sindacali.

Roma: nasce uno Sportello per rifugiati e richiedenti asilo

 

Ansa, 5 maggio 2007

 

Roma: il 7 maggio, alle ore 17.00, presso la sede di Progetto Diritti, in via Ettore Giovenale 79, si inaugura lo sportello di assistenza per rifugiati e richiedenti asilo.

Lo sportello offrirà molteplici servizi rivolti a coloro che vogliono inoltrare richiesta d’asilo, a coloro che hanno già avuto il riconoscimento dello status di rifugiato e/o di protezione umanitaria, oppure destinatari di un provvedimento di diniego dello status.

In particolare, l’utenza sarà seguita sia nell’iter legale-amministrativo per il riconoscimento dello status di rifugiato, sia per l’assistenza nel percorso d’integrazione nel contesto socio-culturale-lavorativo italiano. Importante funzione dello sportello sarà la guida e l’assistenza nelle disbrigo delle pratiche legali ed amministrative per i richiedenti asilo, offerte da personale qualificato con una lunga esperienza al servizio della popolazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati.

Lo sportello, promosso dal Consorzio Promidea e Progetto Diritti nell’ambito del Progetto Agorà (iniziativa comunitaria Equal- IC Equal), fornirà orientamento ed assistenza socio-legale per il disbrigo di pratiche amministrative e legali concernenti richieste di asilo nei giorni di lunedì pomeriggio dalle 18.00 alle 19.30 ed il giovedì pomeriggio dalle 15.30 alle 18.30. L’orientamento ai servizi sarà aperto e attivo nei giorni di martedì e giovedì mattina, dalle 10.00 alle 12.00.

Il lavoro verrà attuato attraverso l’assistenza pratica di carattere socio-linguistico in sede ed un orientamento ai servizi del territorio. È inoltre previsto un lavoro di rete con le strutture operanti nel settore della formazione e dell’orientamento al lavoro, con le quali si intendono creare sinergie per agevolare il contatto di richiedenti asilo e rifugiati con il mondo del lavoro, con la finalità di favorirne l’ingresso.

All’inaugurazione dello sportello sono stati invitati rappresentati istituzionali regionali e comunali che, a vario titolo, hanno competenza in tema di immigrazione ed asilo. È previsto inoltre un buffet, una breve presentazione delle attività dello sportello e l’intervento di alcuni rifugiati e richiedenti asilo. Per ulteriori informazioni, si prega di consultare i siti www.pjagora.it; www.progettodiritti.it o di contattare il numero 06.298777

Immigrazione: la condizione degli stranieri senza documenti

 

Redattore Sociale, 5 maggio 2007

 

Esperti a confronto a Torino. Reyneri: "I fatto che un Paese abbia un così grande bisogno di mano d’opera non qualificata non è un buon segno per il paese stesso".

Esperti a confronto oggi, 3 maggio, presso la Sala Lauree della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino per il convegno "Vivere nell’ombra: immigrati senza documenti in Italia, Europa e Stati Uniti", organizzato in partnership da Fieri (Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione) e dal Centro Interuniversitario di Studi Americani ed Euro-Americani "Pietro Bairati", con il sostegno della Fondazione CRT e la collaborazione del Master in American Studies.

Durante il convegno (al quale hanno partecipato la Presidente di Fieri e Consulente della Presidenza della Repubblica per la Coesione Sociale Giovanna Zincone; Mae Ngay della Columbia University e Maurizio Vaudagna del Centro Studi Bairati) si sono confrontati ricercatori di fama internazionale, che hanno analizzato in differenti contesti territoriali il fenomeno dell’immigrazione non autorizzata le sue cause e le sue conseguenze dal punto di vista economico-sociale. La condizione dei lavoratori clandestini è risultata essere uno dei maggiori problemi, comune a tutti i territori presi in analisi, tanto da portare la ricercatrice Michele LeVoy (Picum, Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants) a stilare un decalogo per proteggere i lavoratori clandestini.

"Una delle maggiori criticità legate alla immigrazione non autorizzata - afferma Emilio Reyneri, dell’Università Milano Bicocca - è quella della domanda: i flussi migratori rispondono ad una richiesta di forza lavoro di basso livello, sia regolare che irregolare. E questo è un fenomeno assolutamente comune ai paesi dell’arco mediterraneo: Spagna, Grecia e Italia su tutti. Non è un caso che la percentuale di disoccupazione in Italia sia scesa nello stesso momento in cui cresceva l’immigrazione…

Certo è che il fatto che un Paese abbia un così grande bisogno di mano d’opera non qualificata non è un buon segno per il paese stesso. A questo si aggiunge che molto spesso il migrante ha un altro grado di istruzione. Non è difficile trovare la laureata in psicologia che fa la badante o il perito industriale che fa il muratore. A breve termine non succede nulla, ma nel lungo periodo potrebbero nascere conflitti generati da questa disparità".

Popolazione straniera che è destinata a crescere negli anni a venire: "L’Istat ha stimato che la popolazione straniera in Italia - continua Reyneri - sia cresciuta di 200.000 unità all’anno, e che a metà secolo ci sarà un saldo netto di 175.000 unità annue. Tutto ciò trascurando il "via vai" di cui poco e nulla conosciamo. I maggiori bacini di emigrazione sono quelli dell’Est Europeo, in Italia il gruppo più numeroso è quello dei Romeni.

Ma non siamo in grado di dire quanto questi flussi possano durare: nell’est europeo la curva demografica non cresce più, e questo lascia presupporre che il fenomeno migratorio possa andare scemando. Per contro la Romania si sta trasformando parallelamente in terra di immigrazione, soprattutto dalla Cina. Il fenomeno è già noto: il Portogallo ormai da 20 anni è terra contemporaneamente di emigrazione e di immigrazione. Da una parte i Portoghesi cercano fortuna all’estero, dall’altra il Portogallo ha accolto prima Angolani e Brasiliani, oggi migranti dall’Est Europeo. Il gruppo più numeroso di immigrati in Portogallo è oggi rappresentato dagli Ucraini".

Droghe: Villa Maraini; processo per sei operatori della comunità

 

Apcom, 5 maggio 2007

 

Villa Maraini, sei operatori rinviati a giudizio con l’accusa di concussione: avrebbero chiesto fino a 4 mila euro agli ospiti per evitargli il ritorno in carcere.

Detenuti tossicodipendenti, cui veniva concessa l’opportunità di scontare la pena lontano dal carcere per favorirne la reintegrazione nella società, sarebbero stati costretti a pagare fino a quattro mila euro dietro la minaccia di tornare in cella. Per il reato di concussione consumata e tentata il Gup del Tribunale di Roma ha rinviato a giudizio 6 operatori del "Progetto Carcere" della Fondazione Villa Maraini, ed ha disposto il proscioglimento di un’altro responsabile dell’attività che si occupa del recupero dei detenuti tossicodipendenti. Il processo comincerà il 17 luglio prossimo davanti alla II sezione del tribunale penale della Capitale.

Secondo quanto definito dall’inchiesta, condotta dal pubblico ministero Marcello Cascini, alcuni operatori hanno costretto i detenuti tossicodipendenti a pagare grosse somme di denaro, minacciandoli in caso contrario di chiedere la revoca della disponibilità ad ospitarli nella struttura. E quel no avrebbe significato il ritorno in carcere. Le somme che sarebbero state chieste dagli indagati, oscillerebbero tra i 2 mila e i 4 mila euro. I fatti sui quali stanno al momento indagando gli inquirenti, sarebbero avvenuti nel tra il 2003 e il 2004.

Droghe: Pesaro; cani antidroga per partenze gite scolastiche

 

Notizie Aduc, 5 maggio 2007

 

Controlli con cani antidroga a bordo dei pullman e sui bagagli alla partenza di gite scolastiche. È l’iniziativa del comando provinciale delle Fiamme gialle di Pesaro, d’intesa con le autorità scolastiche, per scoraggiare la diffusione delle sostanze stupefacenti tra gli studenti. L’attività preventiva è stata sviluppata principalmente nell’aprile scorso, un mese in cui molti istituti scolastici hanno organizzato viaggi di istruzione per i propri studenti. L’iniziativa ha riscontrato anche l’approvazione di qualche genitore che aveva accompagnato il proprio figlio. Così, alla partenza per la consueta gita di fine anno, gli studenti si sono ritrovati sul pullman anche due ospiti a sorpresa, "Belle" e "Pavi", due esemplari di pastore tedesco che hanno svolto una meticolosa attività di controllo.

Verifiche che avevano preliminarmente la finalità di scoraggiare l’uso di droghe fra i più giovani ma anche reprimere lo spaccio.

Venezuela: rissa in carcere, 2 detenuti morti e 10 feriti

 

Ansa, 5 maggio 2007

 

Due reclusi sono morti ed altri 11 sono rimasti feriti in una rissa tra bande rivali, scoppiata nel carcere di Tocoron, in Venezuela. Lo hanno reso noto le autorità locali, precisando che i detenuti hanno anche usato rudimentali armi da fuoco e che, nello scontro, è rimasto ferito anche il vicedirettore del carcere, colpito a una gamba da una pallottola. L’ammutinamento è durato qualche ora ed è stato sedato da ingenti forze militari, che hanno ristabilito l’ordine nella prigione.

 

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