Rassegna stampa 2 gennaio

 

Meno morti in carcere, ma tante passano ancora sotto silenzio

 

Redattore Sociale, 2 gennaio 2007

 

Diminuiscono i morti nelle carceri italiane, secondo il rapporto annuale di Ristretti Orizzonti: nel 2006 sono 67 i decessi registrati, erano 111 nel 2005. Ma spiega la redazione "i casi raccolti non rappresentano la totalità delle morti che avvengono all’interno dei penitenziari: sono quelle che abbiamo ricostruito in base alle notizie dei giornali, delle agenzie di stampa, dei siti internet, dei bollettini prodotti dalle associazioni che svolgono attività di volontariato nelle carceri". Sono molte le morti che "passano ancora sotto silenzio, nell’indifferenza dei media e della società".

È ancora il suicidio la prima causa di morte nei penitenziari del paese: 58 i detenuti che si sono uccisi nel 2005 e 42 quelli che si sono tolti la vita in questo anno; il monitoraggio segnala poi 12 persone morte per malattia, 4 per overdose, 2 per incidente e 7 per cause ancora da accertare. "Le ultime statistiche del Ministero della Giustizia risalgono al 2003 e, in mancanza di dati ufficiali, non siamo in grado di fare comparazioni, di dire se il numero dei "morti di carcere" è in aumento o in diminuzione: - spiega - il nostro obiettivo è un altro, quello di raccontare delle storie, di ridare dimensione umana a questi numeri".

Particolare attenzione alla situazione degli Opg. Negli ultimi tre mesi due internati dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa (Caserta) si sono impiccati: M.M. di trentasette anni, e D.G., di quarantuno. L’informazione è stata diffusa dalle associazioni Antigone Napoli e Città Invisibile. Nell’Opg di Aversa vi sono 308 internati, il 30% dei circa mille internati in tutta Italia.

"Gli internati in Opg - ricordano Samuele Ciambriello, presidente dell’Associazione Città Invisibile, e Dario Stefano Dell’Aquila, componente dell’Osservatorio nazionale sulla detenzione dell’Associazione Antigone - sono persone che hanno commesso un reato ma che non sono pienamente in grado di intendere. Per questo vengono condannate ad una misura di sicurezza, la detenzione in Opg appunto, che viene annualmente prorogata. Accade così, nella pratica, che persone che entrano in carcere per reati di poco conto, scontano decine di anni, se non la loro intera esistenza in un ospedale psichiatrico giudiziario". "È bene anche ricordare - proseguono - che la presenza in Opg per molti internati non è dovuta ad elementi di pericolosità sociale ma dall’assenza di strutture residenziali che li possano accogliere, perché in molti casi le Asl non intendono farsi carico di questi costi. E quindi il magistrato proroga la durata della misura di sicurezza".

Giustizia: anno giudiziario; cerimonie inaugurali il 26 e 27 gennaio

 

Gazzetta del Sud, 2 gennaio 2007

 

Si svolgerà il 26 gennaio prossimo la solenne cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario che si tiene nell’aula magna della Cassazione alla presenza del presidente della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato; mentre il giorno successivo ci saranno le analoghe cerimonie nei distretti delle Corti d’appello di tutta Italia. Date e modalità degli appuntamenti che segnano l’avvio dell’anno giudiziario sono state stabilite dal Csm con una delibera del plenum e una circolare del vicepresidente Nicola Mancino.

A tenere la relazione sullo stato dell’amministrazione della giustizia nel Paese sarà quest’anno per la prima volta il presidente di sezione più anziano della Cassazione. Il posto di primo presidente - cui spetta questo compito in base alla riforma Castelli dell’ordinamento giudiziario - è scoperto dal novembre scorso, da quando cioè Nicola Marvulli è andato in pensione per raggiunti limiti di età. E il numero due della Corte, il presidente aggiunto Vincenzo Carbone, che avrebbe dovuto sostituirlo, ha rinunciato qualche giorno fa. Secondo le direttive del Csm la cerimonia comincerà alle 11 e durerà due ore: 45 minuti spetteranno alla relazione; dieci minuti ciascuno invece agli interventi del vicepresidente del Csm Nicola Mancino, del ministro della Giustizia Clemente Mastella, del procuratore generale della Cassazione Mario Delli Priscoli e del presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa. Il tempo rimanente sarà ripartito tra gli atri rappresentanti di organi istituzionali di rilievo nazionale che avranno chiesto di intervenire

La durata delle cerimonie sarà superiore a quella in Cassazione: cominceranno alle 9 per terminare alle 13. E per consentire la più ampia partecipazione, durante il loro svolgimento saranno sospese le udienze in tutti gli uffici giudiziari della città sede della Corte, salvo che per gli affari urgenti. La relazione sarà tenuta in ogni distretto dal presidente della Corte d’appello; secondo il Csm, più che di un rendiconto dell’attività svolta, dovrà trattarsi di un’analisi dei problemi emersi e di un bilancio degli effetti delle più recenti riforme. E dovrà essere contenuta nel limite di 30 minuti.

Aosta: un frate dietro alle sbarre, in aiuto dei carcerati

 

Giornale di Brescia, 2 gennaio 2007

 

Orario "d’ufficio" e straordinari per amore del prossimo: così si può sintetizzare mezzo secolo di vita missionaria di padre Fortunato Muffolini religioso degli oblati, cappellano nelle carceri di Brissogne per 18 anni ed ora ancora ad Aosta, vice parroco nella Parrocchia di S. Maria Immacolata. Il giorno di S. Stefano a Marcheno, suo paese di origine, ha ricordato il 50° dell’ordinazione avvenuta il 9 dicembre del 1956.

Mite e delicato sempre, prima di parlare di sé stesso vuol ricordare come la terra bresciana abbia dato tante vocazioni all’ordine degli Oblati: tra questi padre Paolo Archiati di Leno uno dei sei consiglieri del superiore dell’Ordine Guglielmo Steckling; i missionari padri Enzo Abbatinali di Pievedizio, Mario Lombardi di Montirone, Pier M.Bonometti di Gussago; Pietro Bignami di Rezzato (della famiglia dei camiciai) da oltre 50 anni tra gli indiani ed esquimesi del nord canadese; i fratelli scolastici Silvio Bertolini a Dakar economo della delegazione missionaria; Palmiro Delaglio della Comunità Oblati di Passirano.

Classe 1931, padre Muffolini ha vissuto le difficoltà e povertà di quel periodo in montagna: l’unico riferimento era la Parrocchia dove il curato e poi parroco don Severino Cardoni curava e spronava i ragazzi più diligenti e volonterosi. Fortunato nel 1942 entra nella Scuola apostolica degli Oblati ad Onè di Fonte, primo di un gruppo di 4 "moschettieri" che don Severino ha avviato al sacerdozio: lo seguiranno infatti padre Domenico Ceresoli scalabriniano "cappellano delle Olimpiadi" in Australia, padre Giancarlo Rizzinelli dello stesso ordine missionario in Brasile, padre Silvano Fausti gesuita scrittore, consigliere del cardinale Martini ed impegnato nel sociale a Milano.

Padre Fortunato compie gli studi a Firenze per il liceo. Segue il noviziato e a Ripalimosani (Campobasso) dove il 15 Agosto del 1950 dà i voti religiosi. Poi l’ordinazione sacerdotale nel 1956 a S. Giorgio Canavese (nevicava fittamente) consacrato da mons. Maturino Blanchet vescovo oblato di Aosta, gli anni a Roma alla Università Lateranense, il suo apostolato vagante per l’Italia.

Per tre anni è predicatore itinerante ad Atessa, 2 anni professore di matematica e francese a Onè, missionario itinerante ancora a Bologna, vice rettore alla Casa degli Oblati di Firenze, un anno a Castiglione delle Stiviere, 11 anni a S. Maria Avico (Caserta) come superiore della casa che forma coadiutori missionari. Seguono 5 anni ancora a Bologna e dal 1986 l’approdo ad Aosta.

Per 18 anni la mattina presto ha detto la messa dalle Suore di S. Giovanni Bosco ed alle 8 in carcere a Brissogne. Pausa per il pranzo in parrocchia ed alle due ritorno in "ufficio" (così lui lo chiama). È l’esperienza che lo ha segnato nella vita e nella memoria.

A Brissogne, racconta, c’erano 250 carcerati, dovevano essere in 156: metà extracomunitari, un terzo tossicodipendenti. L’edificio per tre mesi non vede il sole, i quindici gradi sotto zero sono la normalità. Il carcere è riscaldato ma se si apriva una finestra si rischiava la polmonite. Non è facile fare i volontari in carcere. Qualcuno dei reclusi non aveva nemmeno i soldi per telefonare all’avvocato: lui cercava di rimediare con garbo aiutato personalmente dal vescovo e da persone di buon cuore. Risultati? Sorride. "Qualcuno ancora mi scrive, mi ricorda, mi racconta la sua vita quotidiana. È molto bello". Ma padre, il carcere serve a qualche cosa? "Tiene lontano qualche delinquente pericoloso dalla società ma per il resto succede poco o nulla". Cita mons. Riboldi: "Il carcere è normalmente la peggiore università del delitto".

Rovigo: il poeta Elia Bacchiega ritorna dai carcerati

 

Il Gazzettino, 2 gennaio 2007

 

Per la seconda volta in meno di un anno il poeta badiese Elia Bacchiega è tornato nel carcere di Rovigo. Mentre nella prima occasione ha presentato ai detenuti il suo secondo e ultimo libro di poesie e racconti, stavolta Bacchiega ha indossato le vesti dell’attore interpretando il monologo da lui stesso scritto, "Racconti di strada". Si tratta di un lavoro con il quale ha debuttato a Badia Polesine in Vangadizza nel settembre del 2005 e poi riproposto in altri centri sino a presentarlo in una delle serate dell’ultimo Ferragosto Badiese.

Sono episodi di vita realmente vissuta dallo stesso Bacchiega nei lunghi anni in cui ha abitato in via Colombano con i genitori e i fratelli. Si tratta di una lunga strada che collega la periferia badiese a località San Colombano e poi Villafora. La ricchezza degli aneddoti proposti e la precisa definizione dei personaggi fanno di "Racconti di strada" uno spettacolo che può essere adattato a tante realtà paesane del Veneto cosiddetto minore, spesso povero, ma con tanto cuore. Al carcere di via Verdi Bacchiega ha proposto sue poesie lette dal poeta ficarolese Giuseppe Pietroni, mentre la "colonna sonora" di "Racconti di strada" è stata interpretata da Alberto Greggio.

"Per me - spiega Bacchiega - si è trattato di un ritorno gradito dove sono stato accolto molto bene da tutti, compresa la direzione del carcere. Ho vissuto un’altra positiva esperienza in un clima certamente diverso rispetto al precedente. C’erano meno detenuti: ho avuto l’impressione che con l’indulto l’affollamento sia positivamente calato, tanto che si respirava una serenità diversa. Con piacere ho imparato ad apprezzare che con meno detenuti le occasioni per mettere a punto azioni alternative alla sola detenzione sono cresciute e ciò mi pare importante per percorrere la strada del recupero sociale di queste persone".

Minori: le azioni contro la prostituzione e la pedo-pornografia

 

Redattore Sociale, 2 gennaio 2007

 

In Italia, nonostante i ritardi e le difficoltà di attivare forme di cooperazione fattiva con i paesi interessati al fenomeno del turismo sessuale e dello sfruttamento a fini commerciali dei minori, sono state attivate negli ultimi anni varie iniziative sia di lotta alla prostituzione e pedo-pornografia, sia di sviluppo di una cultura dei diritti umani universali dei minori. Il punto sulle iniziative avviate nel nostro paese si può trovare nell’ultimo rapporto Ecpat, la campagna mondiale contro la prostituzione e il turismo sessuale (vedi lancio precedente).

Una delle iniziative più importanti è il "Ciclope", il Comitato interministeriale di coordinamento per la lotta alla pedofilia, ovvero il coordinamento di tutte le attività svolte in questo settore dalle diverse amministrazioni dello Stato. Al progetto Ciclope partecipano infatti undici ministeri e il primo obiettivo, oltre al coordinamento operativo dei vari uffici preposti, è quello di comunicare alla società civile la consapevolezza della gravità del problema. Negli ultimi anni è infatti cresciuto costantemente l’allarme sul fenomeno della pedofilia che nel 1999 ha fatto 572 vittime, nel 2000 più di settecento. Secondo gli esperti, uno dei dati più preoccupanti riguarda il contesto in cui si consumano i reati. La maggior parte degli abusi sui minori continua infatti ad essere consumata a casa o a scuola. Nel 50 per cento dei casi si tratta di familiari o conoscenti che abusano sui bambini. Anche se è confermato anche il dato sulle bambine che continuano ad essere le più colpite. Il 70 per cento delle vittime accertate è di sesso femminile.

L’Italia ha lanciato sulla pedofilia un piano nazionale per contrastare il fenomeno in modo organico e coordinato. Esiste anche un Osservatorio nazionale basato sul un sistema informativo completo. Dal punto di vista delle normative che sono state varate in Italia, oltre alle due leggi di cui abbiamo già parlato nel lancio precedente, sta crescendo la necessità di intervenire anche sul fronte della pedofilia on line, che consiste nell’adescamento on line e nello scambio di materiale pedo-pornografico.

Oltre all’iniziativa istituzionale contro la pedofilia con il progetto Ciclope, in Italia sono state avviate anche altre iniziative private. Una è quella che ha coinvolto la Tim e Wind nel 2005. Si tratta, come spiega l’ultimo rapporto Ecpat, di un sistema di protezione dei minori che le due società di telefonia mobile hanno adottato. È un sistema di prevenzione rispetto al possibile uso dei telefonini da parte di chi ha intenzioni di sfruttare i minori o scambiare messaggi per acquisti e compravendite di materiale pornografico. Un’altra iniziativa che si è sviluppata in Italia nel 2004 è quella lanciata da Save The Children Italia con il progetto "Easy". Sempre Save The Children, tra il 2002 e il 2005 ha lavorato al progetto "Stop-it", collegato all’associazione internazionale "Inhope" (International Association of Internet Hotlines).

Minori: decreto per chiusura immediata siti pedo-pornografici

 

Redattore Sociale, 2 gennaio 2007

 

Un Decreto per contrastare il fenomeno della pedo-pornografia in rete: lo ha firmato oggi il Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni. Realizzato di concerto col Ministero per le Riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione, entrerà in vigore tra 60 giorni. In questo arco di tempo i provider dovranno dotarsi di sistemi in grado di oscurare entro 6 ore dalla comunicazione ricevuta, i siti che diffondano, distribuiscano o facciano commercio di immagini pedo-pornografiche.

Il decreto, fa sapere lo stesso Ministero, è stato definito dopo una istruttoria durata alcuni mesi cui, oltre ai due Ministeri interessati, hanno partecipato attivamente anche la Polizia Postale e delle Comunicazioni e le stesse associazioni degli Internet Provider, ai quali spetterà l’onere di intervenire direttamente, oscurando i siti incriminati dopo aver ricevuto, secondo modalità concordate, apposita comunicazione.

Il provvedimento completa il percorso delineato quasi dieci anni fa, con la legge contro lo sfruttamento della prostituzione della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori del 1998 integrata dalla legge n. 38/2006. Quest’ultima in particolare ha previsto all’art. 19 l’istituzione, da parte del Ministero degli Interni, di un Centro nazionale per il contrasto della pedo-pornografia sulla rete internet, sotto la responsabilità della Polizia Postale e delle Comunicazioni, con il compito di raccogliere tutte le segnalazioni, provenienti anche dagli organi di polizia stranieri e da soggetti pubblici e privati impegnati nella lotta alla pornografia minorile, riguardanti siti che diffondono materiale concernente l’utilizzo sessuale dei minori avvalendosi della rete.

"Il decreto - ha dichiarato il Ministro - rafforza la lotta contro i contenuti pedo-pornografici e lo sfruttamento dei minori attraverso Internet. Internet è una straordinaria fonte di informazione ed un motore dell’innovazione. Per difendere la libertà contro ogni tentazione di censura preventiva e generalizzata, peraltro impraticabile, occorre colpire in modo certo ed efficace chi ne fa un uso criminoso contro i bambini. Sono soddisfatto perché saranno proprio gli Internet Provider a collaborare con la Polizia Postale e delle Comunicazioni per oscurare i siti illegali".

Libri: "L’usura, le usure", un fenomeno antico e moderno

 

Il Campanile, 2 gennaio 2007

 

Il saggio dal titolo "L’usura, Le usure. Tempi modi e luoghi di un fenomeno antico e moderno", curato da Lino Busà e Bianca La Rocca per il Centro Studi Temi, vede la luce a dieci anni esatti dall’approvazione della Legge 108/96, più nota come legge anti usura.

Non è un semplice caso, dal momento che questo libro rappresenta un bilancio, purtroppo non sempre esaltante, di questa importante legge. Il testo si articola in quattro parti. Nella prima, dopo aver offerto ai lettori un’ampia panoramica delle ragioni storiche, culturali e sociali che portano l’Italia ad essere, tutt’oggi, un Paese a forte rischio di indebitamento usuraio, analizza, con un racconto minuzioso e ricco di dettagli, alcuni dei quali fino ad oggi inediti, tutte le iniziative e il lungo iter legislativo che portò alla stesura e all’approvazione definitiva della Legge 108.

Nel capitolo La Lotta all’usura viaggia come un treno, infatti, vengono rievocate, con la lucidità e la conoscenza di chi ha vissuto in prima persona quel periodo, i tanti fatti che precedettero l’approvazione della Legge in quel lontano 7 marzo 1996. Solo chi fu protagonista attivo di quel processo può ricordare ancora con una certa precisione il lungo tempo in cui questa legge rimase impantanata alla Commissione Giustizia del Senato, mentre le forze politiche non trovavano un accordo per portarla alla Camera per la sua approvazione definitiva.

Erano giorni in cui, durante l’estenuante e faticoso dibattito nella Commissione parlamentare, incombeva una crisi di Governo che avrebbe portato, di lì a poco, alle elezioni anticipate, e quanti si erano battuti per una radicale riforma degli articoli del Codice Penale 644, 644 bis rischiavano di vedere naufragare miserevolmente anni di lavoro. Con un nuovo governo, infatti, si sarebbe dovuto ricominciare pressoché daccapo. Un esito, questo, a cui "lavoravano alacremente" le tanti lobby che si opponevano alla legge, prime fra tutte l’Associazione bancaria e la Banca d’Italia.

È in questo contesto che nacque, in Confesercenti, l’idea del Treno contro l’usura, un’iniziativa forte che si nutriva di parole semplici e fortemente evocative: "Uscire dal tunnel, si può", veniva ripetuto in continuazione ed il passaggio dal "tunnel" alla "galleria" al "treno" fu, per così dire, naturale. Il Treno contro l’usura fu una manifestazione straordinaria, diventando l’evento più importante di quel febbraio del 1996.

Il viaggio si guadagnò l’apertura dei telegiornali, i talk show realizzarono puntate speciali intorno al Treno ed all’allarmante fenomeno dell’usura, l’intera carta stampata, compresa quella più attenta al gossip, si occupò con reportage ed interviste del fenomeno. Un successo che lasciò il segno e fu accompagnato da una forte mobilitazione dell’opinione pubblica e della società civile, tanto che anche l’allora Pontefice, Papa Giovanni Paolo II, non mancò di far sentire la sua voce.

Così, malgrado il Parlamento fosse stato già sciolto e la campagna elettorale già avviata, la Camera dei Deputati si riunì in seduta straordinaria ed approvò, con il solo voto di astensione di Forza Italia, la Legge 108, passata alla cronaca come la legge contro l’usura. Inutile dire che quello fu un momento di grande speranza per le tante vittime che intravidero, nel nuovo istituto, un percorso di liberazione. Le denunce aumentarono, in molte procure si crearono pool anti usura; si attivarono fondi di solidarietà e di prevenzione.

Purtroppo, a questo primo momento di grande fermento e di iniziative è seguito un periodo di silenzio tanto che non è possibile non notare come il 7 marzo 2006 sia passato nel silenzio più assoluto: una presa di posizione di SOS Impresa, un’associazione contro l’estorsione e l’usura; una dichiarazione di Tano Grasso a un convegno organizzato in una località periferica, voci isolate in un mare di indifferenza.

La piaga dell’usura è, però, scomparsa dalla cronaca e dalla politica, ma non dalla vita di tanti cittadini. Oggi, come agli inizi degli anni Novanta resta il silenzio delle vittime e quello complice di gran parte delle istituzioni. Eppure, come dimostrano Busà e La Rocca, nell’analizzare centinaia di documenti giudiziari degli ultimi dieci anni e nel dare ascolto alle testimonianze delle vittime, l’usura rimane un elemento corruttivo della crescita economica del Paese.

Abbandonati i clamori della cronaca, convive silenziosamente accanto ad un’economia sana, assumendo aspetti sempre più organizzati e strutturati, e continuando a sottrarre benessere all’economia ed alla società. Sono ancora tante le lacune e le disattenzioni che minano l’efficacia della Legge 108. I due studiosi, in base a metodi di indagini del tutto innovativi, dimostrano quante e quali Regioni sono a maggior rischio di usura.

Analizzando nel dettaglio gli indicatori economico-finanziari, statistico-penali e criminologici. dimostrano che sono proprio alcune città del centro e del nord d’Italia a vivere in uno stato di sofferenza, mentre il sud continua ad offrire un quadro di desolante arretramento per quanto riguarda il mercato del credito.

Vecchi strozzini, continuano a convivere accanto a moderne ed efficiente organizzazioni finanziarie, apparentemente legali, mentre la criminalità controlla e si impadronisce sempre di più di nuove fette di mercato. I rischi per le famiglie e la piccola impresa diventano sempre maggiori.

Sono sempre i numeri, pur nella loro sterilità, a rendere perfettamente il quadro della situazione.

I commercianti (46%), gli imprenditori (22%) e gli artigiani (20%) sono le maggiori vittime dell’usura. Così come non sono da sottovalutare il 7% dei lavoratori dipendenti ed il 5% dei liberi professionisti. Nel 23% dei casi il ricorso al credito usuraio determina la fine dell’attività lavorativa della vittima, attraverso il fallimento (61%) o la chiusura e/o cessione a terzi (39%).

Ogni anno nel nostro Paese falliscono 40.000 aziende, per lo più piccole e a condizione familiare; la durata del prestito varia da un 41% in cui il rapporto usuraio si esaurisce nel corso di due/tre anni, ad un 26% che arriva a quattro/sei anni, ed un 15% che perdura oltre i 6 anni.

Le cifre del prestito iniziale nel 59% dei casi non supera le 10.000 euro, ed un altro 20% oscilla tra le 11.000 e le 25.000 euro. Mentre la cifra totale del prestito nel 46% dei casi supera i 51.000 euro ed è tipica dei prestiti che si protraggono a lungo nel tempo.

L’iter giudiziario rappresenta una delle noti più dolenti. Nel 44% dei casi il rinvio a giudizio arriva dopo due/quattro anni dalla denuncia, la sentenza di I grado dopo più di quattro anni (70%), con punte di nove anni di attesa (3%).

Negli ultimi dieci anni sono state oltre 5.000 le persone arrestate per usura ed altrettante quelle denunciate, altre 10.000 le persone coinvolte a vario titolo in vicende usuraie, (fiancheggiatori, presta nomi, guardaspalle).

La graduatoria dell’incidenza statistico-penale evidenzia situazioni di particolare gravità anche in piccole città apparentemente tranquille come Rieti nel Lazio, Campobasso nel Molise e L’Aquila in Abruzzo. Secondo la graduatoria dell’Indice di Pericolosità Sociali, la Calabria, con le Province di Reggio e Vibo Valentia sono quelle in cui l’usura si presenta con un fenomeno acuto con una percentuale ragguardevole di reti criminali ben organizzate. Dopo la Calabria, nell’ordine compaiono le province di Napoli, Roma, dove sono attivi vari gruppi criminali di un certo spessore, e Pescara, dove l’usura è gestita da famiglie rom. A Napoli si avvertono intrecci con associazioni a delinquere di tipo mafioso. Al Nord è preoccupante la situazione di Genova e, fatto del tutto nuovo, cominciano a comparire alcune province del Veneto.

Questo saggio, quindi, oltre a rappresentare un interessante strumento di lavoro, è anche una severa critica verso tutto ciò che ha dimostrato limiti e carenze di una legge ottima, ma che è necessario migliorare, soprattutto sotto l’aspetto della prevenzione. Se, da un parte, sono moltiplicati i centri di aiuto alle vittime ed hanno assunto più forza le esperienze di solidarietà, dall’altra, viste le profonde modificazione in atto nel mondo del prestito ad usura, si vuole indicare una possibile strada di rivisitazione della Legge.

Confesercenti ha assunto dieci anni fa un ruolo da protagonista, che ha mantenuto ed esteso in tutto questo periodo, non solo sul piano delle analisi e dello studio, ma soprattutto su quello dell’aiuto concreto ai tanti imprenditori a rischio usura o alle vittime di questo odioso reato. Dalla rete di Ambulatori anti usura alla attività di prevenzione e sensibilizzazione, ai tanti Consorzi fidi, cercando di dare risposte concrete ed un aiuto visibile e riconoscibile.

Il problema del credito alle imprese, e soprattutto alle piccole, deve diventare una grande questione nazionale, perché da esso dipende gran parte dello sviluppo del nostro Paese e del Mezzogiorno in particolare. Occorre un concerto di azioni che vedano impegnati il Governo, il mondo bancario, le forze sociali, per garantire efficienza e trasparenza senza le quali la strada sarà sempre in salita. Questo saggio è un ulteriore passo su questa strada.

Pena di morte: Prodi; moratoria subito nell’Odg dell’Onu

 

Affari Italiani, 2 gennaio 2007

 

Il Presidente del Consiglio Romano Prodi si è impegnato ad avviare le procedure formali perché l’assemblea generale delle Nazioni Unite metta all’ordine del giorno la questione della moratoria universale sulla pena di morte. Lo riferisce l’ufficio della Presidenza del Consiglio in una nota.

L’iniziativa è stata sollecitata da leader dei radicali Marco Pannella, che da sette giorni si sottopone ad un completo sciopero della fame e della sete affinché il governo presenti una risoluzione per votare una moratoria presso l’assemblea dell’Onu.

"Il preannuncio è quasi allettante, da acquolina in bocca, ma di quale Assemblea si parla?". È il commento di Pannella al comunicato di Palazzo Chigi sull’avvio di procedure formali all’Onu sulla pena di morte. "Si tratta dell’Assemblea in corso attraverso il terzo comitato o gli altri il cui rapporto deve ancora essere discusso e votato, o di un’Assemblea straordinaria ai sensi degli articoli 8 e 9 della Carta Onu?", si chiede il leader dei Radicali.

L’impegno italiano sulla moratoria delle esecuzioni capitali non basta a Pannella, che giudica l’iniziativa troppo generica. "Sono felice di intravedere una via d’uscita - ha detto - ma non interrompo lo sciopero della fame". Peggiorano però le sue condizioni di salute. "È sempre più urgente la sospensione del digiuno in corso e il ricovero in ambiente ospedaliero. - fanno sapere i medici - All’odierno controllo, le condizioni generali dell’onorevole risultano sostanzialmente invariate, ma con maggior evidenza dello stato di profonda disidratazione".

L’iniziativa del governo all’Onu non piace a Calderoli, che l’ha definita "ipocrita". Soddisfatto invece Umberto Ranieri, dei Ds. "Conferma l’impegno italiano contro la pena di morte". Neanche i dirigenti radicali sembrano essere soddisfatti dall’impegno preso dal governo.

"Non è soddisfacente, per noi è generico dire che si avviano procedure formali per mettere all’ordine del giorno la questione", ha detto a Reuters Sergio D’Elia, segretario dell’associazione radicale Nessuno tocchi Caino.

"Un impegno concreto non può che essere quello di depositare il testo di una risoluzione all’assemblea dell’Onu, ma quel che è ancora più importante è che già in queste ore si dia inizio alla raccolta di firme presso gli stati che intendono sponsorizzare il testo in modo da sapere che risoluzione si discuterà".

Alla domanda se l’impegno del governo non sia sufficiente neanche per fare sospendere a Pannella lo sciopero della fame, D’Elia ha risposto che non sta a lui decidere. "Pannella avrà preso nota dell’iniziativa del governo e lui stesso reagirà", ha chiarito il segretario di Nessuno tocchi Caino.

Il leader dei radicali è intervenuto su Radio Radicale, prima che fosse diffusa la notizia dell’iniziativa del governo, per ribadire la sua posizione e tranquillizzare il pubblico sul suo stato di salute. Il dottor Claudio Santini, che compone il collegio di medici che assiste Pannella, ha però dato un quadro preoccupante delle condizioni del suo assistito. "Tanto tranquillizzare non posso", ha detto Santini, intervenendo subito dopo Pannella dai microfoni della stessa radio. "L’azotemia è salita in maniera improvvisa ... questa è una novità inquietante rispetto ai digiuni precedenti che segnala un’alterazione renale grave, a tutto questo si stanno sommando segni di disidratazione", ha detto il medico. "La situazione sta per entrare in una zona non recuperabile".

"Come anche esplicitato da un comunicato di Palazzo Chigi di questa mattina, il governo italiano ha intenzione di dichiarare il proprio impegno per la riapertura della sessione Onu ai fini di una moratoria contro la pena di morte". Lo dice Vittorio Craxi, sottosegretario di Stato agli Affari Esteri con delega ai rapporti con le Nazioni Unite.

"Credo di poter affermare - aggiunge - che l’azione di Marco Pannella abbia dunque avuto un esito immediato, in quanto fondata su un altissimo valore di natura politica ed umanitaria". "Lieto di aver dato un contributo - conclude Craxi - penso che Marco Pannella debba ora riprendersi il proprio diritto alla salute".

Marco Pannella aveva scritto al premier Romano Prodi per chiedere che l’Italia, membro non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, approfitti del suo incarico per chiedere all’Onu una immediata moratoria sulle esecuzioni. Sarebbe "un atto molto semplice ma dal chiaro significato politico", ha spiegato il leader radicale auspicando anche che la questione sia "all’ordine del giorno di un’Assemblea Generale straordinaria dell’Onu da convocare ai sensi degli articoli 8 e 9 delle sue Regole di procedura e nella quale presentare una risoluzione per la moratoria".

Prodi aveva replicato durante l’intervista concessa alla trasmissione radiofonica Baobab: "Vorrei rassicurare i radicali e Marco Pannella: l’Italia, nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, agirà perché la condanna della pena di morte diventi operativa e comune in tutti i paesi del mondo. È un’impresa difficile, ma col tempo ci si riuscirà".

Iraq: la fine di Saddam Hussein e le reazioni nel mondo

 

Reuters, 2 gennaio 2007

 

Prima la tv al Iraqyiah ha trasmesso le immagini degli ultimi istanti di vita: Saddam Hussein calmo ma teso, circondato da uomini incappucciati, accompagnato al patibolo, un cappio attorno al collo in una stanza bianca. Poi sono arrivati i pochi fotogrammi del cadavere, un filmato di pessima qualità, il corpo avvolto in un lenzuolo bianco, la testa piegata e il collo spezzato.

Saddam è stato impiccato all’alba, alle sei di Baghdad. "La condanna del criminale è stata eseguita": così la televisione di Stato irachena ha posto la fine ufficiale alla parabola dell’ex raìs. Rinviate invece alla fine delle festività di Eid al Adha (mercoledì o giovedì prossimo) le esecuzioni del fratellastro Barzan al Tikriti e dell’ex presidente del Tribunale Rivoluzionario, Awad al Bandar.

Un Saddam dipinto dai testimoni come tranquillo, entrato nella cella della morte con in mano il Corano. La morte dell’ex rais, 69 anni, sarebbe avvenuta rapidamente. Il corpo dell’ex rais è stato consegnato al leader della sua tribù e sepolto nel suo villaggio natale di Uwja. Le autorità avevano anche discusso l’opportunità di consegnarlo alla famiglia (in Giordania) o di seppellirlo in luogo segreto, forse per essere riesumato più tardi, per evitare che la tomba diventasse luogo di culto.

Intanto si teme una nuova esplosione di violenza nel paese. E il primo attentato contro gli sciiti è giunto subito: un camion bomba è esploso in un mercato a Kufa, a sud della capitale; sono 31 i morti, molti donne e bambine. Un uomo è stato ucciso dalla folla perché ritenuto l’attentatore.

Violenze e tensioni prevedibili, secondo il presidente del Consiglio, Romano Prodi. "Purtroppo le prime ore vedono delle conseguenze di tensione, di violenza che erano sostanzialmente attese. Già ieri mi sono pronunciato sull’aspetto della pena di morte, ma anche la preoccupazione che questa servisse ad aumentare la tensione".

Secco e grave un messaggio dal Quirinale: "Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conferma la contrarietà del nostro Paese a ogni sentenza di morte ed esecuzione capitale, interpretando i sentimenti profondi del popolo Italiano e gli alti valori morali e giuridici della Costituzione italiana".

Si chiudono così giorni di notizie contrastanti sull’esecuzione della sentenza, avvenuta in effetti appena quattro giorni dopo che la corte d’Appello del tribunale speciale aveva confermato la pena capitale, martedì scorso. E si apre il dopo Saddam, fra le polemiche, le critiche e le congratulazioni.

Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush da parte sua con un comunicato ha definito l’esecuzione "un esempio di quella giustizia che Saddam negò alle vittime del suo brutale regime".

L’Iran, per una volta in sintonia, ha esaltato quella che definisce "una vittoria degli iracheni". Parigi "prende atto" dell’esecuzione e invita gli iracheni alla riconciliazione; Londra, stretto alleato di Washington, ribadisce la contrarietà alla pena capitale ma "rispetta la decisione delle autorità irachene".

"Giustizia è stata fatta in nome del popolo iracheno" ha detto il premier di Baghdad Nouri al Maliki, che ha però lanciato un invito alla riconciliazione.

Padre Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, ha invece parlato di una "notizia tragica". La Libia ha proclamato "tre giorni di lutto per il prigioniero di guerra Saddam Hussein".

 

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