Rassegna stampa 29 gennaio

 

Giustizia: Mastella; processi troppo lunghi, ridurre le liti

 

Asca, 29 gennaio 2007

 

"È stato sconfitto il terrorismo mafioso. E non è poco! Purtroppo non è stata ancora debellata la mafia". È quanto, tra l’altro, ha detto il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, nella visita di oggi ai tribunali di Sciacca e Agrigento. "Bisogna trovare mezzi e strumenti - ha aggiunto il Guardasigilli - per evitare la legalizzazione mimetizzata della mafia.

Bisogna combattere la "borghesia" mafiosa. E occorre che nelle leggi che andremo a fare non ci si debba dividere tra spinte giustizialiste ed esigenze garantiste". Mastella ha poi ricordato che "il numero dei reati rimasti impuniti perché ad opera di ignoti ammonta a due milioni. Un dato impressionante che, messo assieme ai tempi lunghi dei processi, non dà effettività alla pena.

Per cui la sanzione penale non rappresenta argine alla criminalità. Altro che indulto! Ognuno faccia la sua parte. Come ha detto Sciascia, a ciascuno il suo". Il ministro, soffermandosi sul tema della lunghezza dei processi, ha sottolineato la necessità di evitare alle liti minori, come quelle condominiali, di giungere sempre nelle aule di giustizia.

Non solo, Mastella ha ipotizzato la possibilità di prevedere "una più ampia causa di non procedibilità per la scarsa rilevanza del fatto da estendere all’intero settore penale". Il Guardasigilli ha infine ribadito l’importanza dell’udienza di programma, "per definire la scansione del processo spingendo le parti a giocare a carte scoperte con tempi definiti: cinque anni per l’intero ciclo processuale".

Giustizia: Consulta; sentenza illegittimità della legge Pecorella

 

Altalex, 29 gennaio 2007

 

La Corte costituzionale, nella camera di consiglio del 24 gennaio 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui esclude che il pubblico ministero possa proporre appello contro le sentenze di proscioglimento e dell’art. 10, nella parte in cui prevede che sia dichiarato inammissibile l’appello proposto dal P.M. contro una sentenza di proscioglimento prima dell’entrata in vigore della legge suddetta.

La Corte ha altresì dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 576 del codice di procedura penale e dell’art. 10, commi 2 e 3, della legge n. 46 del 2006, in tema di appello della parte civile contro le sentenze di proscioglimento. La sentenza verrà depositata nei prossimi giorni.

Milano: anno giudiziario; c’era una volta la certezza della pena

 

Il Giornale, 29 gennaio 2007

 

Ogni anno un passettino indietro. E dire che presidenti di corte e procuratori generali, ogni volta, fanno la stessa diagnosi, propongono le medesime terapie. Gli avvocati inscenano identiche proteste. I ministri di turno prendono impegni. E tutto resta come prima. Anzi: peggio.

Dice il presidente della corte d’appello di Milano, Giuseppe Grechi: "Ci si chiede di assumere una condotta da manager, ma se fossimo un’impresa ora vi parlerebbe un curatore fallimentare". Con quello che ha speso la Procura di Parma per il caso Parmalat, il rischio è quasi reale.

C’è anche del nuovo ad agitare il sistema giustizia: l’indulto. Concepito nella fretta, si lamenta Ennio Fortuna, gran capo dei pubblici ministeri di Venezia. Mai così ampio (tre anni) e mai senza amnistia incorporata. Siccome i tribunali hanno pendenze penali di appena nove anni (e lasciamo stare il civile), facciamogli pure fare un po’ di lavoro inutile. L’80 per cento dei processi, informa Francesco Pintor, pg di Bologna, si concluderà con la pena interamente condonata. Anche una pena a sei anni verrà azzerata: tre anni per indulto, altri tre per le forme alternative alla detenzione. E poi si parla di certezza della pena.

Poi ci si scandalizza se già si calcola che i "vicini di casa" di Erba fra sette-otto anni potranno tornare liberi. Esempio di rigore per i nostri ragazzi, che ci permettiamo di giudicare (e punire) per i loro esibizionismi adolescenziali. Certo gravi, certo commendevoli, ma sicuramente frutto di un disagio sociale, familiare, culturale ed educativo del quale, noi adulti, sembriamo non accorgerci. Fa bene a infervorarsi il giudice dei minori di Ancona, Ugo Pastore, richiamando docenti e autorità scolastiche ai loro doveri, anche di denuncia. Sembra invece prevalere la buona regola del far finta di niente. Per il buon nome della scuola. L’ultimo spunto riguarda le coppie di fatto e questa è una novità di quest’anno. Ogni giorno, infatti, c’è un contenzioso giudiziario tra genitori naturali per l’attribuzione dei diritti di custodia e visita dei figli dopo lo scioglimento della coppia. Una riflessione è sicuramente d’obbligo, mentre si parla di Pacs.

Venezia: da febbraio 20 ex carcerati saranno senza lavoro

 

Il Gazzettino, 29 gennaio 2007

 

La denuncia di Gianni Trevisan, presidente della cooperativa "Il Cerchio": tra due giorni i beneficiari dell’indulto non avranno più lo status di "svantaggiati". La situazione è grave: "Lo Stato ha solo aperto le porte senza curarsi degli strumenti per il reinserimento nella società".

L’indulto non ha solamente riportato sulle strade migliaia di delinquenti, molti dei quali pericolosi, che torneranno inevitabilmente alla loro vecchia occupazione. Anche le persone che hanno voglia di tornare a far parte della società civile rischiano di veder compromesso questo progetto. Lo Stato, infatti, non ha previsto alcuno strumento per la reintroduzione dei detenuti nella società e nel mondo del lavoro. Ha semplicemente spalancato le porte delle carceri lasciando tutti al proprio destino. La denuncia viene da chi da ormai un decennio lavora per il reinserimento sociale dei carcerati e che tra un paio di giorni si troverà in una spiacevole situazione. Gianni Trevisan è il presidente della cooperativa sociale "Il Cerchio", attraverso la quale in 10 anni sono passate circa 500 persone, delle quali 380 scontando misure alternative alla detenzione.

"Tra il Cerchio e la Coop. Rio Terà dei Pensieri - spiega Trevisan - ci sono venti persone scarcerate in agosto, il cui status di "svantaggiati" scadrà il primo febbraio. Che significa? Che in febbraio la cooperativa sociale sarà al di sotto del 30 per cento di soggetti svantaggiati previsto dalla legge e sarà costretta a lasciarli andare".

 

Lasciarli andare significa licenziarli, perché la cooperativa per legge non può tenerli. È solo il Governo che ha mancato oppure hanno responsabilità anche gli enti locali?

"Il Governo ha fatto l’indulto, nel quale personalmente credo, ma ha semplicemente buttato in strada migliaia di persone senza garantire alcun intervento. Inoltre ha tagliato i fondi a comuni e province così che questi non possono più intervenire. La Regione recentemente ha costruito un’ottima legge, che prevederebbe in caso di assunzione a tempo indeterminato di queste persone la partecipazione ai contributi sociali per il 50 per cento a suo carico. Purtroppo anche così non saremmo in grado di mantenerli, i conti non quadrerebbero in quanto non sempre c’è lavoro da offrire. Bisogna inoltre dare atto che Comune e Provincia hanno garantito attraverso le proprie strutture (Actv e Vesta) molte commesse, così come ci ha dato lavoro il Consorzio Venezia Nuova".

 

Il problema riguarda maschi e femmine in modo indistinto oppure ci sono differenze numeriche tra i due casi?

"Ce ne sono eccome. Il carcere maschile pare che a pochi mesi dall’indulto sia pieno come lo era prima, in pratica si è riempito e quindi non saremo mai in grado di dare a una buona parte di loro la possibilità di scontare la pena lavorando. Alla Giudecca, la popolazione carceraria si è ridotta effettivamente del 50 per cento, quindi significa che quasi a tutte è possibile garantire un’occupazione. È un po’ un circolo virtuoso, chi in carcere si prepara un lavoro non ci torna mentre chi rimane in cella e basta se esce non ha alternative, con questo stato di cose".

 

Ci sono poi altri problemi legati all’indulto che vi vedono nell’occhio del ciclone?

"Chi esce dal carcere vede ormai solo le cooperative sociali come il luogo deputato a offrirgli un lavoro. Nessuno va agli ex uffici di collocamento, viene direttamente da noi. Siamo lieti di accoglierne il più possibile, ma per farlo abbiamo bisogno prima di tutto che diano lavoro a noi come cooperativa. Fino a non molto tempo fa, una percentuale di ex detenuti era assorbita da Vesta o dall’indotto generato dal Tronchetto. Oggi non è più così".

 

Ci sono soluzioni immediate all’orizzonte?

"Bisogna che ce ne siano, e di immediate. Bisogna che la Regione faccia un intervento legislativo per istituire una terza categoria di persone che non sia né normale né svantaggiata che possa però rientrare nell’esenzione per le cooperative dagli oneri sociali. Bisogna ovviamente che lo Stato preveda fondi e strumenti per gestire questa situazione. Non ci siamo svegliati oggi - conclude Trevisan - lo abbiamo denunciato da mesi a Comune, Provincia e Regione, ma nessuno finora si è mosso".

Droghe: Ferrero; su riforma manca accordo nella maggioranza

 

Redattore Sociale, 29 gennaio 2007

 

In materia di dipendenze Ferrero ha confermato l’intenzione del Governo di procedere a una revisione della normativa vigente, ma ha detto "il disegno di legge in materia non è stato ancora presentato perché all’interno della maggioranza sono presenti sensibilità diverse e non è opportuno che sia presentato prima che intorno ad esso si sia raccolto il necessario consenso".

Un tavolo interministeriale ad hoc ha intanto definito le linee guida che saranno presto illustrate davanti alla XII Commissione del Senato. "Tali linee guida - ha detto Ferrero - si muovono in continuità con quanto previsto nel programma elettorale dell’Unione e prevedono, tra l’altro, la depenalizzazione dei comportamenti di mero consumo di sostanze stupefacenti, in linea con l’esito del referendum del 1993, lasciando altresì al giudice un margine di discrezionalità nella distinzione tra questi comportamenti e il reato di spaccio. Si prevede inoltre maggiore attenzione verso gli interventi di carattere preventivo, nel tentativo di indurre maggiore consapevolezza sui rischi connessi al consumo".

Droghe: cocaina; a Reggio Emilia progetto per chi vuole uscirne

 

Progetto Uomo, 29 gennaio 2007

 

Il fenomeno della tossicodipendenza sta cambiando radicalmente. Dalla persona in forte disagio sociale e in stato di emarginazione, con un rapporto di dipendenza da una sostanza, per cui tutte le sue energie e attività erano finalizzate alla ricerca e all’assunzione della dose, si sta passando a un modo diverso di assumere sostanze lecite (alcool e psicofarmaci) e illecite: dall’uso episodico a quello nei week-end, negli spazi e nei tempi del divertimento, a quello regolare ma in dose moderate, da non pregiudicare, almeno inizialmente lo svolgimento della vita quotidiana.

Da uso trasgressivo ad "habitus sociale" trasversale socialmente e per età con: prevalenza dell’uso ricreazionale e prestazionale (lavoro, studio, relazioni, sport) nei gruppi informali e nei luoghi del divertimento; non più legato al disagio; con scarsa conoscenza e consapevolezza dei rischi del policonsumo, consumo continuativo e frequente; uso socializzante, non percepito come anti-sociale, ma addirittura socializzante e come marker di successo; uso percepito come "consumo normale", bene di consumo come altri, anche se si tratta di sostanze illegali; necessità sempre più impellente di uniformarsi al gruppo, ad una cultura dell’apparenza, di una vita mediata dalla chimica; incapacità di affrontare autonomamente dolore, fatica, frustrazione, competizione; incapacità di saper scegliere, mettere a valore, creare alleanze, incapacità di uscire da "un’ottica di consumo".

I consumatori di questo tipo non si considerano drogati, sia che si tratti dell’adulto professionista-manager che del giovane che usa diverse sostanze. Ma nemmeno chi sta loro intorno, familiari o colleghi, percepisce un problema di droga. Questo avviene in particolar modo per la cocaina. La città di Reggio Emilia ha assistito ad un drammatico aumento del fenomeno.

I sequestri di cocaina da parte delle Forze dell’ordine si sono praticamente decuplicati in un lasso di tempo relativamente breve, così come intravediamo una strategia del mercato particolarmente aggressiva e capace di modulare e allocare l’offerta di polvere bianca in maniera flessibile e pervasiva (sulla piazza reggiana si va dai 30 ai 120 euro a secondo della purezza e qualità della sostanza). A questo scenario non corrisponde una immediata capacità del sistema, seppur eccellente, ad agire efficaci strategie di contrasto e di presa in carico.

A Reggio Emilia abbiamo costruito una forte alleanza socio-sanitaria,sia per la progettazione che lo svolgimento di servizi finalizzati alla prevenzione e all’inclusione sociale,superando la logica della separazione tra politiche sociali e politiche sanitarie,

Abbiamo ingaggiato un importante lavoro col privato sociale, e oggi, con la presenza sul territorio dei Poli Sociali Territoriali lavoriamo per costruire alleanze sempre più robuste sui territori e con la comunità per la messa a valore della cittadinanza attiva.

Alleanze che ritroviamo altrettanto motivate al Tavolo provinciale contro il consumo di sostanze, nato nel febbraio scorso, che con la collaborazione della Regione Emilia Romagna e dell’Osservatorio Europeo delle droghe e delle dipendenze ha dato vita a una ricerca-azione che offre strumenti adeguati e aggiornati a chi deve operare in una realtà di non facile lettura. Ma abbiamo la percezione, noi amministratori insieme ai tecnici, agli operatori del privato sociale, che ci troviamo di fronte ad un punto di svolta. Dobbiamo, insieme, riflettere sulla necessità di dare vita ad una vera e propria "rivoluzione culturale". Dobbiamo saper leggere meglio questo difficile tempo dove la presenza di una "mediazione" chimica appare sempre di più ineluttabile.

I dati riguardanti la cocaina redatti dal Laboratorio Previsionale della Regione Lombardia e dell’ASL della città di Milano ci avvertono che in soli tre anni i consumatori aumenteranno del 50% mentre i prezzi potrebbero notevolmente diminuire, incrementando ulteriormente la domanda.

A Reggio Emilia abbiamo avvertito con forza la necessità di ribellarci a questo scenario che incomincia a palesarsi come ineluttabile. Rimettere la lotta alla droga al centro dell’agenda politica per noi significa che l’approccio alla prevenzione e al contrasto delle dipendenze deve basare sulla riduzione dei consumi e non solo sulla riduzione dei danni.

Sappiamo che è una lotta impari, che i nostri nemici sono tanti ed agguerriti, che di fianco alla criminalità organizzata e alle mafie che sanno agire vere e proprie politiche di marketing esiste un nemico più subdolo che paradossalmente si chiama benessere,o feroce e disperata ricerca della felicità. Oggi siamo quello che consumiamo. Il possesso di merci rappresenta la scala valoriale di riferimento che sostituisce reti e relazioni di solidarietà e fiducia.

La droga e le dipendenze non solo mettono a rischio la salute e la vita della nostra gioventù, ma minano alla radice i processi di inclusione sociale, le nostre politiche di comunità e con esse il nostro modello di welfare che da esse si origina. Ci arrendiamo o abbiamo il coraggio di pensare ad una cultura alternativa? Che ce ne facciamo di una comunità " drogata" e "prestazionale"?

Dal confronto col Ceis è nata una collaborazione per affrontare in modo nuovo la questione cocaina. Il Progetto "No cocaine per una cultura del limite", nato sotto la supervisione di Nizzoli e diretto da Mario Cipressi, prevede come forme di contatto un "help line" e un sito web (www.drogaonline.it). L’obiettivo è quello di favorire al massimo l’approccio con tutte quelle persone che tengano alla loro immagine sociale e che mai si rivolgerebbero ai tradizionali servizi.

È un progetto innovativo che vuole lavorare non solo sulla motivazione, l’orientamento e la prevenzione alla ricaduta, ma sulla disponibilità al cambiamento e sulla crescita sul piano valoriale.

L’innovazione è l’altra sfida che bisogna vincere ma che allo stesso tempo bisogna giocare uniti. Rileggere il territorio, significa anche rileggere la storia dei nostri servizi e con coraggio essere disposti a cambiarli avvicinandoli alle persone e raffinandoli con il loro contributo, costruire patti istituzionali, ma soprattutto di comunità, alleanze territoriali, attivare sentinelle sociali, ma anche mettere in campo nuovi riti, ingaggiare chi ancora non c’è, avorare per una responsabilità diffusa. È necessaria l’integrazione e la coerenza di tutte le politiche, non solo socio-sanitarie, ma scolastiche, urbanistiche, culturali, formative, commerciali, ricreative.

Immigrazione: Ferrero; problemi sono comuni in tutta Italia

 

Asca, 29 gennaio 2007

 

"I problemi dell’immigrazione sono un po’ simili in tutta Italia, dove c’è comunanza di risposte dalle parti sociali, dai sindacati, Confindustria, Caritas, ed associazioni dei comuni; c’è necessità del superamento della legge attuale per rendere possibile l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro". Lo ha detto tra l’altro il ministro alla solidarietà sociale Paolo Ferrero, concludendo ad Ancona il "viaggio nell’Italia dell’immigrazione", per un approfondimento delle problematiche legate al mondo dell’immigrazione, viaggio partito dall’Umbria.

Una iniziativa per "capire e cogliere le necessità - ha aggiunto il ministro - conoscere il pensiero delle varie parti sociali, di tutti coloro che da tempo lavorano su tale problematica". Ferrero ha aggiunto che gli immigrati "sovente sono gente che lavora normalmente, ma in forme illegali perché la Bossi-Fini, impedisce di stare regolarmente in Italia: questo è un punto da modificare. Altro aspetto è quello del rinnovo dei permessi, che è una specie di percorso ad ostacoli in cui gli immigrati spesso finiscono per diventare clandestini, a colpa della nostra burocrazia.

Ciò dobbiamo vedere e cambiare". Il ministro ha risposto ad alcune domande dei giornalisti, prima dell’inizio dei lavori dell’incontro alla Loggia dei Mercanti, su "viaggio nell’Italia dell’immigrazione". Sulla abolizione dei CPT, Ferrero ha concordato: "è in corso una discussione - ha continuato - e non tutte le posizioni sono in linea.

La mia opinione è che sostanzialmente "si può risolvere la questione facendo si che da un lato chi esce dal carcere non sia nella necessità di entrare nel CPT, (centro di permanenza temporanea); dall’altro è urgente per gli immigrati che hanno solo il reato della clandestinità, realizzare dei centri di riconoscimento, senza quelle caratteristiche dei CPT che assomigliando a dei carceri e qui, verificare le posizioni". Anche sui Pacs, Ferrero ha illustrato il suo pensiero.

"È abbastanza semplice; il programma dell’Unione dice chiaramente cosa bisogna fare e credo che ciò vada fatto e per tutti. Personalmente considero quel programma non molto avanzato, ma mi sento vincolato a quel programma perché deciso tutti insieme; da mio punto di vista - ha concluso - credo che l’accordo che si raggiungerà debba valere per tutti". Il Ministro aveva incontrato prima dell’avvio dei lavori, il presidente della giunta Gian Mario Spacca.

Con Ferrero, il sottosegretario Cristina De Luca, il prefetto di Ancona Giovanni D’Onofrio e il questore Giorgio Iacobone. Al ministro, il presidente Spacca ha sottolineato gli impegni della Giunta marchigiana che "crede e investe nelle politiche sociali per raggiungere gli obiettivi della coesione della comunità e perché le stesse sono un contributo fondamentale anche per lo sviluppo economico". Spacca ha ricordato che la spesa per la sicurezza è significativamente aumentata negli ultimi anni e, nel 2006, la spesa pro-capite di ogni marchigiano è stata di 1.980 euro. Il prefetto D’Onofrio ha confermato che il territorio marchigiano si presenta ancora tranquillo grazie alle politiche diffuse di welfare, alla compattezza della sua comunità e ad un tasso di disoccupazione che è il più basso d’Italia.

Gran Bretagna; carceri strapiene, lista d’attesa per entrare

 

Ansa, 29 gennaio 2007

 

La sentenza sia puntuale, per il carcere poi si vedrà. Il ministero degli Interni britannico sta prendendo in considerazione perfino una "lista d’attesa" per i criminali non troppo pericolosi nel tentativo di risolvere il problema delle prigioni sovraffollate.

Le carceri di Sua Maestà scoppiano e secondo quanto rivelato dall’Independent on Sunday il governo laburista di Tony Blair è ormai pronto a tutto per bloccare una crisi che ha già creato molti imbarazzi al premier. Il ministro dell’Interno John Reid è ormai da mesi sotto accusa a causa del malfunzionamento del sistema della giustizia. Il nuovo scandalo carcerario ha cominciato a montare soltanto qualche giorno fa, quando un giudice del Galles, dopo aver rimesso in libertà un uomo incriminato per pedopornografia, aveva spiegato di essersi attenuto ad una circolare scritta proprio da Reid in cui si consigliava di mettere in galera soltanto i criminali più pericolosi. Ad un giorno di distanza la medesima giustificazione è stata addotta per la liberazione di un uomo ancora in attesa di processo per abusi su un adolescente. Perfino ad un ladro recidivo, ormai al suo ottavo reato, la prigione è stata risparmiata.

In seguito al rilascio dei due pedofili Blair era dovuto intervenire di persona ammettendo che la lettera esisteva, ma negando che nella nota il suo ministro avesse ordinato di mettere in libertà criminali pericolosi per il pubblico. "È vero - aveva infatti dichiarato il primo ministro - esiste un problema sui posti in prigione, ma se qualcuno è pericolo per il pubblico non v’è da chiedersi dove debba stare. Dovrebbe stare in prigione".

Cosa più facile a dirsi che a farsi però, se è vero che il governo sta prendendo in considerazione la creazione di una "lista d’attesa" per i futuri detenuti. Una misura d’emergenza che i critici di mister Reid hanno già definito un modo disperato per risolvere una situazione disperata. L’opinione pubblica è pronta a spalleggiarli. Danno ai nervi già le liste d’attesa ospedaliere, figuriamoci quelle carcerarie.

Ma anche a prescindere dalla messa in atto o meno di quest’ipotesi, i guai per il ministro degli Interni sembrano non finire mai. Sempre ieri il settimanale News of the World ha infatti rivelato che la polizia ha perso le tracce di ben 322 persone accusate di reati a sfondo sessuale, tra i quali stupratori e pedofili. Il capo della Federazione delle forze di polizia, Jan Berry, ha dichiarato che il ministero degli Interni e quello della Giustizia erano stati avvertiti del problema già tre anni fa, ma che nessuno era riuscito a trovare una soluzione efficace. Proprio un bel pasticcio per Reid ai cui uffici amministrativi erano già sfuggiti centinaia di reati compiuti da cittadini britannici all’estero rientrati poi nel loro Paese senza colpo ferire. "Dobbiamo fare di più", è stato invece il solo mesto commento che ha potuto fare il ministro per la Giustizia inglese Harriet Harman, interpellata sull’argomento.

Ciliegina su una torta sempre più amara, nei giorni scorsi, proprio mentre lo scandalo delle carceri montava come la panna, ha rassegnato le dimissioni anche Rod Morgan, capo dell’ufficio del ministero della Giustizia incaricato della supervisione della detenzione dei minori. Il sistema giudiziario minorile infatti non sembra passarsela meglio di quello primario e negli ultimi anni è stato letteralmente travolto da un’ondata di piccoli criminali.

 

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