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Giustizia: pdl; per ex detenuti quote-lavoro in appalti pubblici
Apcom, 28 febbraio 2007
Occorrono misure che permettano agli ex detenuti il reinserimento nel mondo del lavoro. Ad esempio, riservando loro una quota nell’assunzione delle maestranze di un’impresa appaltatrice pubblica, e prevedendo una defiscalizzazione per le imprese private che assumano lavoratori appena usciti dal carcere. È quanto propone in un progetto di legge il presidente della commissione Giustizia alla Camera, Pino Pisicchio. "Tutto il mondo politico - dice - nei mesi scorsi ha detto, giustamente, che l’adozione dell’indulto senza un intervento coerente per evitare che gli ex detenuti tornino a commettere reati, sarebbe stata inutile. È questo, allora, il tempo delle azioni concrete". "I detenuti che hanno scontato la pena - spiega Pisicchio - lasciatosi alle spalle il carcere, si trovano a fare i conti con un mondo che non è pronto a riaccoglierli, e a doversi reinserire faticosamente in una società civile che tende a guardarli con sospetto e timore. Per molti di nuovo in libertà, ma senza risorse, tornare a delinquere è spesso l’unica via di sopravvivenza: il tasso di recidiva, secondo quanto rivela il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, è pari addirittura al 68,45%". "Garantire agli ex detenuti un lavoro, prevedendo un’adeguata formazione e verificando la condotta in carcere - conclude il presidente della commissione Giustizia - rappresenterebbe, oltretutto, un gesto di coerenza con i principi costituzionali che tendono alla rieducazione e al reinserimento dell’ex detenuto". Lombardia: 250 borse-lavoro per gli scarcerati con l’indulto
Redattore Sociale, 28 febbraio 2007
È il progetto "Lisola" promosso da Regione Lombardia e l’amministrazione penitenziaria. I fondi a disposizione ammontano a 570 mila euro. Sono 250 le borse lavoro per detenuti lombardi scarcerati con l’indulto previste dal progetto "Lisola" (Liberati per l’indulto, sostegno al reinserimento lavorativo). Questa mattina il progetto, promosso da Regione Lombardia e Provveditorato regionale del Dipartimento amministrativo penitenziario, è stato presentato ad associazioni, cooperative sociali ed enti che si occupano di detenuti: saranno questi ultimi infatti a gestire i singoli progetti di inserimento degli ex carcerati in aziende della Lombardia. "I fondi a disposizione ammontano a 570 mila euro -spiega Antonella Maiolo, consigliere regionale e Presidente della Commissione Speciale sulla situazione carceraria e per il rispetto dei detenuti- 500 mila provengono dal Dipartimento dell’Amministrazione carceraria del Ministero della Giustizia e gli altri 70 mila dalla Regione Lombardia". Nei prossimi mesi, la data non è stata ancora definita, verrà pubblicato il bando al quale presentare i progetti. "L’importante è che permettano un effettivo inserimento lavorativo -sottolinea Antonella Maiolo -. Devono garantire ai detenuti di continuare a lavorare anche dopo che sarà finito il periodo coperto dalla borsa. In passato ho visto situazioni in cui venivano impiegati in mansioni che non permettevano di acquisire una formazione professionale spendibile poi nel mercato del lavoro". Secondo i dati resi noti nel dicembre scorso da Luigi Pagano, Provveditore regionale alle carceri, in Lombardia sono 3254 i detenuti che hanno beneficiato dell’indulto: 3049 uomini (1757 italiani, 1292 stranieri) e 205 donne (90 italiane e 115 straniere). Di questi, 245 erano già rientrati negli istituti di pena (144 uomini stranieri, 96 italiani e 5 donne) per aver commesso nuovi reati. "Uno dei problemi più grossi per chi esce dal carcere è trovare un lavoro -conclude Antonella Maiolo -. Queste borse di studio non risolvono tutti i problemi, ma sono un gesto concreto per non lasciarli soli". Trento: una nuova "guida" in più lingue per i detenuti stranieri
Redattore Sociale, 28 febbraio 2007
Sono state predisposte dal Centro informativo per l’immigrazione in inglese, albanese, serbo-croato, arabo e italiano. Dopo l’indulto i carcerati stranieri erano 33. Ora oscillano tra i 50 e i 60, oltre il 50% della popolazione carceraria. Nuove guide in più lingue per i detenuti stranieri del carcere di Trento. Sono state predisposte dal Cinformi (Centro informativo per l’immigrazione) in inglese, albanese, serbo-croato e arabo, oltreché, ovviamente, in italiano. Dopo l’indulto dello scorso anno i carcerati stranieri che rimanevano dietro le sbarre erano 33. In maggioranza tunisini (11) e marocchini (8). Ora oscillano tra i 50 e i 60, oltre il 50% della popolazione carceraria. "Ma l’aumento non è dovuto alle recidive - afferma Michele Larentis, consulente dell’Atas (l’associazione trentina per l’aiuto agli stranieri) che una volta alla settimana è in via Pilati per sostenere i colloqui con i carcerati - perché tutti gli stranieri usciti allora hanno cambiato città". La guida, una ventina di pagine, contiene tutte le informazioni necessarie riguardanti i tempi e i modi di accesso ai vari servizi "offerti" dalla struttura carceraria. Quindi, la spiegazione delle varie modalità di ingresso, la possibilità di colloqui e telefonate, il vitto, l’acquisto di generi tramite spesa, il ricevimento di pacchi, il servizio sanitario, l’uso delle docce come della tv, della radio, del registratore. Ma anche l’accesso alla palestra, alla sala giochi e alla biblioteca. Nella guida sono poi fornite le notizie sull’attività scolastica, formativa, culturale, ricreativa e sportiva. Per quanto riguarda l’attività religiosa è sottolineato che "sono in corso contatti per garantire l’assistenza religiosa anche con ministri di religione musulmana". Oltre a questo libretto, ne viene fornito da qualche tempo un altro, sempre plurilingue, con le informazioni sui permessi di soggiorno e la tutela legale. "Più del 50% degli stranieri - dice Larentis - è irregolare. A fine pena, quindi, non potranno rimanere in Italia". Padova: l’assessore Sinigaglia; aiutare chi è uscito con l’indulto
Il Gazzettino, 28 febbraio 2007
Il Comune ha coordinato le associazioni di volontariato che hanno messo a disposizione assistenza legale e servizi. L’arresto di Alfredo Salvatore, il rapinatore che ha confessato di avere sparato al tabaccaio di via Palestro durante un tentativo di rapina, ha riportato l’attenzione sull’indulto, visto che l’arrestato, un tossicodipendente pugliese, era tornato in libertà nell’agosto scorso grazie proprio alla sanatoria concessa dal governo. A Padova avevano beneficiato di questa sorta di "perdono" 320 dei 900 detenuti che si trovavano nella Casa di Reclusione, o al Circondariale di via Due Palazzi. Immediatamente alcuni gruppi di volontari, tra cui l’Associazione "Granello di senape", coordinati dal Comune, avevano avviato lo sportello "Sos indulto" mettendo a disposizione un operatore sociale specializzato, un avvocato penalista, due praticanti, due laureati in giurisprudenza e un volontario che si erano occupati di 108 utenti, di cui 29 italiani e 79 stranieri. A tutti coloro che erano usciti dal carcere erano stati erogati i seguenti servizi gratuiti: 141 pernottamenti (106 alla casa a Colori, 16 al Torresino, 18 ai Piccoli Passi e 1 all’Oasi); 122 buoni pasto da utilizzare alla Cucine Economiche Popolari; 55 consulenze legali, 41 orientamenti al lavoro; 100 schede telefoniche da 5 euro; 14 biglietti ferroviari. "Situazioni così - ha spiegato Sinigaglia - vanno governate, perché questa è l’unica maniera per garantire la sicurezza dei cittadini. Chi esce dalla galera deve avere dei punti di riferimento ben precisi ed è per questo che noi abbiamo avviato il "Piano carcere" i cui risultati sono eloquenti: le recidive per chi vi ha aderito, infatti, sono scese dal 70 al 13%. Bisogna rieducare queste persone prima all’interno dei penitenziari e poi orientarle una volta che vengono fuori. Coloro che dopo la detenzione per esempio vengono inseriti in cooperative di lavoro difficilmente tornano a delinquere". "Certo - ha detto ancora il vice sindaco - situazioni come quella che ha per protagonista il rapinatore di via Palestro sono eccezionali. Non sappiamo perché sia partito dalla Puglia per venire a proprio a Padova a commettere una rapina, tra l’altro armato di una pistola con il colpo in canna. Non conosciamo la sua storia, ma chi è in carcere spesso vive situazioni laceranti, perde i collegamenti familiari e per questo ha bisogno di essere rieducato. Il problema dell’indulto è che non era stato preparato. Il Parlamento ha agito con una certa fretta e in una settimana ha messo fuori migliaia di detenuti. Noi abbiamo chiesto alla Regione e al Ministero dei finanziamenti per attuare dei percorsi di accompagnamento per gli ex detenuti, ma per il momento sono state privilegiate solamente le realtà più grosse, come Milano, Roma e Torino, senza tener conto che il carcere di riferimento del Veneto è proprio quello di Padova, realtà dove ci sono moltissimi volontari, ma non le risorse. Fortunatamente abbiamo 120 mila euro per tre anni erogati dalla Fondazione Cassa di Risparmio con i quali riusciamo a far partire i percorsi di legalità in collaborazione con le scuole, le borse lavoro e l’apprendimento lavorativo. Inoltre stiamo seguendo i casi di coloro che scontano le pene all’esterno. Insomma il Comune ha fatto la sua parte: in questo momento sono cento i detenuti impegnati in percorsi di recupero". Bollate: lezioni-concerto fanno entrare la musica in carcere
Adnkronos, 28 febbraio 2007
La musica entra nelle carceri grazie alla fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano "Giuseppe Verdi" e Telecom Progetto Italia: dopo le iniziative al carcere milanese di San Vittore e Le Vallette di Torino, è la volta di cinque lezioni-concerto destinate ai detenuti della Casa Circondariale di Bollate. Il programma sarà inaugurato il 19 marzo, alle ore 18, dal concerto eccezionalmente aperto al pubblico dell’ottetto di fiati dell’Orchestra Sinfonica "Giuseppe Verdi", impegnato in un programma dedicato a Mozart e Rossini. Il progetto "Musica in carcere" nasce dalla volontà di portare un momento di approfondimento culturale, in forma di lezione concerto, ai detenuti. Durante gli incontri, infatti, i musicisti sono chiamati a illustrare anche dal punto di vista storico i brani scelti, agevolando l’ascolto attraverso la descrizione della musica, degli strumenti e dei compositori. Il programma del primo appuntamento prevede la Serenata in do minore K. 388 "Nachtmusik" di Wolfgang Amadeus Mozart e brani tratti da "Il Barbiere di Siviglia" di Gioacchino Rossini. Per la seconda lezione-concerto (23 aprile), pagine tratte da Vivaldi, Beethoven e Mozart, mentre il 5 maggio si esibirà il duo composto da clarinetto e arpa con musiche di vari autori. Il 16 maggio il quartetto d’archi eseguirà trascrizioni di celebri brani dei Beatles e di Scott Joplin, Mozart e Bach; per l’ultimo appuntamento (22 giugno), il trio composto da violino, flauto e cembalo suonerà pagine di Vivaldi, Haendel e Zelenka. Roma: "Prisons", apre la mostra fotografica di Francesco Cocco
Exibart, 28 febbraio 2007
Oggi alle ore 18.00 si inaugura a Roma, presso la Sala Santa Rita, la mostra fotografica Prisons, un ritratto delle carceri italiane attraverso le suggestive immagini raccolte dal fotografo Francesco Cocco. La mostra, promossa dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali in collaborazione con Contrasto sarà aperta al pubblico dall’1 al 30 marzo 2007. Prisons è un percorso fotografico all’interno delle carceri, nelle celle e nei corridoi dei maggiori istituti penitenziari italiani, dove uomini e donne, detenuti e detenute, si sono lasciati ritrarre per dare in qualche modo voce alle loro esistenze. Più di una descrizione sulle carceri, Prisons vuole essere una finestra su quell’umanità che popola, come dice Cocco, "gli interni di quei contenitori, di quei grandi e asettici edifici che a volte osservavo mentre percorrevo in automobile qualche tangenziale". La sua narrazione è pura, a tratti scarna, dolorosa e impietosa; condotta con un linguaggio essenziale che non cerca ornamenti e non cela l’essenza. Le fotografie, in bianco e nero, sono state realizzate tra il 2001 e il 2005 nelle carceri di Milano, Modena, Palermo, Bologna, Trani, Roma, Messina, Prato, Torino, Cagliari, Alghero, Pisa e sono state raccolte nel volume Prisons pubblicato in Italia da Logos nel 2006, con testi di Adriano Sofri e Renata Ferri. La sequenza visiva rappresenta la testimonianza preziosa di un mondo a parte, di cui conosciamo l’esistenza ma che non vediamo e di cui, di conseguenza, non ci occupiamo. Il progetto Prisons è stato realizzato grazie alla preziosa collaborazione con il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria e il Ministero di Giustizia. La mostra è stata presentata a Modena nell’estate del 2006 prodotta dalla Federazione DS di Modena. Bologna: concerto in carcere con il progetto "Parole comuni"
Vita, 28 febbraio 2007
L’associazione di promozione sociale Gruppo Elettrogeno, il settore Servizi Sociali del Comune di Bologna e la Casa Circondariale di Bologna, nell’ambito del progetto Parole Comuni - Teatro, scrittura, musica, pratiche comunicative, presentano lo spettacolo Concerto, evento musicale condotto da un gruppo di musicisti composto da detenuti e non. Il progetto consiste in un percorso laboratoriale rivolto ai detenuti e alle detenute della Casa Circondariale di Bologna; in particolare dall’ottobre 2006, all’interno della Casa Circondariale, in convenzione con il Settore Servizi Sociali del Comune di Bologna e in collaborazione con la Casa Circondariale di Bologna, sono attivi due percorsi di laboratorio a cura di Gruppo Elettrogeno: Insieme - laboratorio di musica in corso nella Sezione Penale Maschile e Parole Comuni - laboratorio di teatro, video e scrittura in corso nella sezione femminile. I laboratori proseguiranno fino a giugno prossimo e la presentazione dello spettacolo Concerto è il primo allestimento proposto dal gruppo di laboratorio musicale condotto da musicisti che operano a Bologna, Sebastiano Scollo, Fabio Tricomi, Roberto Bolelli. Il gruppo musicale, composto da cinque detenuti in formazione rock standard e dai tre musicisti Sebastiano Scollo, Fabio Tricomi, Roberto Bolelli in formazione "folk" presenterà una scaletta di 16 brani musicali, selezionati soprattutto tra alcuni grandi classici della canzone italiana, tra cui Vasco Rossi, Fabrizio De Andrè, Fabio Concato, Michele Zarrillo, Ron, Massimo Ranieri, Fausto Leali, Adriano Celentano, musica napoletana, siciliana e tanti altri. Gruppo Elettrogeno attualmente sta conducendo Parole Comuni, laboratorio di teatro, video, scrittura con le detenute della Sezione Femminile della Casa Circondariale di Bologna. Nei mesi di maggio/giugno è previsto l’allestimento di uno spettacolo teatrale Droghe: Prc; se "quasi nulla è cambiato"... chiedete a Prodi
Redattore Sociale, 28 febbraio 2007
Il responsabile delle Politiche sociali del PRC, risponde alla denuncia-appello del Cartello "Non incarcerate il nostro crescere", che lamentava ritardi per un nuovo approccio alla questione. "Cari amici del Cartello Non incarcerate il nostro Crescere, ho letto con interesse la vostra lettera, è ritengo che sia stato utile proprio nel momento di maggior crisi del governo dell’Unione il vostro appello nel quale vedo dei segnali di novità che apprezzo, soprattutto per quanto riguarda il tema dei servizi". Così Francesco Piobbichi, responsabile delle Politiche sociali per conto del PRC. Piobbichi fa riferimento alla lettera resa nota ieri da parte dello stesso Cartello, con cui si evidenziava come, passato un anno dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo di legge Fini-Giovanardi sulle droghe e a dispetto di quanto indicato nel programma dell’Unione, quasi niente è cambiato in Italia, "né a livello legislativo, né per quanto riguarda le difficili condizioni in cui si trovano a lavorare gli operatori pubblici e privati del settore dipendenze". Il Cartello faceva anche riferimento alla riduzione dell’investimento in materia al ministero della Solidarietà sociale. "Vado per ordine - afferma Piobbichi -, c’è un punto che vorrei segnalare a tutte le forze che in qualche modo operano nel campo delle dipendenze e del sociale, in questi mesi l’impegno di una parte della coalizione per determinare una permeabilità di queste istanze nella politica ha determinato una sorta di empasse, nella quale sono confluite tutte le istanze, mentre altre forze politiche, e soprattutto altri Ministri non si sono sentiti parte in causa pur avendo sottoscritto il programma. Io penso che per mettere la questione al centro della politica del nostro paese occorre che questa massa critica non si diriga di nuovo verso i soliti noti, le cui posizioni si conoscono a memoria - e mi pare si condividano -, ma si infiltri nell’intero schieramento dell’Unione, e soprattutto si chieda direttamente allo stesso Romano Prodi, di cominciare a dire qualcosa sul tema droghe, visto che è il garante del rispetto del programma e che su questo tema non si è mai pronunciato, nemmeno nel suo ultimo discorso". "Abrogare la Fini Giovanardi è una priorità - precisa Piobbichi -, non si capisce altrimenti che senso abbia avuto intervenire sull’indulto per poi lasciare in piedi le leggi che creano carcerazione sociale. Dal mio punto di vista le difficoltà di ieri al Senato sono le stesse di oggi e di domani, e sta a tutti quanti noi allargare i sentieri ristretti che si sono determinati, svolgendo anche un’azione culturale, egemonica, nella nostra società. In questa prospettiva le varie sensibilità che compongono il cartello possono fare molto per favorire nell’Unione una discussione non ideologica, basata su elementi reali". E continua: "L’altro aspetto dell’appello invece apre finalmente uno spiraglio che speriamo trovi punti di articolazione nei prossimi mesi che è quello del sistema dei servizi, a partire dalla discussione sulle risorse, e quindi dalla discussione che si avrà prima e durante il DPEF. Io penso che occorre produrre una massa critica necessaria per cambiare l’agenda delle priorità, e far intendere alle forze della maggioranza che vogliono destinare la fetta di ricchezza derivante dalle maggiori entrate per abbassare le tasse alle imprese, che l’emergenza da affrontare oggi è quella sociale, dal fondo per la non autosufficienza, alla casa, alle politiche per le dipendenze, per non parlare delle pensioni. Ma anche questo aspetto, se pur affrontato correttamente, non risolve il tema della costruzione di un sistema coerente e uniforme dei diritti del nostro paese. Diciamocelo francamente, la modifica del titolo V della costituzione sta determinando una forma di neocentralismo regionale, sulla quale è utile aprire una riflessione critica, così come sull’attuazione della 328 del 2001. Se il Ministero della Solidarietà sociale sta cercando di costruire con le regioni e la Consulta degli operatori un nuovo piano di azione contro le dipendenze, della durata di tre anni, abbiamo forse la possibilità di sperimentare un nuovo modo di costruzione del sistema dal basso, in cui anche gli utenti/consumatori abbiano voce, dopo che l’accentramento autoritario del soppresso DNPA aveva di fatto scardinato l’intero sistema degli interventi (le regioni erano completamente avulse dalla sua attività). Io penso - conclude - che occorre allora passare da un sistema della sperimentazione dei servizi che rende la precarietà strutturale ad un sistema dei servizi in sperimentazione in cui si consolida l’esistente, si migliora la qualità del servizio e la precarietà si restringe. Per fare questo occorre che la programmazione degli interventi socio sanitari debba prevedere, per legge, i livelli essenziali di assistenza validi per tutto il territorio nazionale. La sfida è enorme ma la politica acquista senso solo se è in grado di entrare in sintonia con i bisogni reali del paese". Da segnalare, inoltre che ieri sera anche il ministro della Solidarietà sociale Ferrero aveva risposto al cartello degli operatori, affermando: "Condivido le preoccupazioni avanzate oggi (ieri, ndr) dal mondo degli operatori, queste sono anche le mie preoccupazioni e per questo sto lavorando in seno al Governo. Per questo ho convocato per la prossima settimana il Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga, l’organismo interministeriale che si occupa del tema. E per questo siamo lavorando insieme alle Regioni al varo del piano triennale di intervento su questo tema, piano centrato su prevenzione, cura e riduzione del danno". Droghe: Torino; sindaco Chiamparino apre a "stanze del buco"
Redattore Sociale, 28 febbraio 2007
Chiamparino: "Le sale di iniezione sul modello inglese o svizzero? A certe condizioni posso anche starci". E gli operatori si mostrano ben disposti. Tossic park. Così è stata denominata dai mezzi d’informazione locali l’area del Parco Stura, sulle rive dell’omonimo fiume, che, nel periodo post olimpico ha visto nascere e crescere un vero e proprio "mercato della droga" a cielo aperto. Consumatori e venditori gomito a gomito, a suscitare proteste e marce dei comitati spontanei del quartiere, preoccupati dal degrado della zona. Il problema è esploso nell’estate scorsa, quando, durante una retata, pusher e consumatori scatenarono una sassaiola contro le forze dell’ordine e due immigrati senegalesi affogarono nel tentativo di sfuggire all’arresto. Oggi, dopo numerose azioni di polizia, Tossic Park è stato sgomberato dalle "scomode presenze" (che in realtà, come normalmente avviene in questi casi, si sono semplicemente spostate di qualche chilometro, trovando nuova collocazione), ed è in atto un progetto per trasformarlo in un campo da golf. Il sindaco Chiamparino, intervistato da La Stampa, sottolinea il successo ottenuto, aprendo alla sperimentazione delle "stanze del buco". "Le sale di iniezione sul modello inglese o svizzero? A certe condizioni posso anche starci. Penso ai drogati cronici o a quelli che accettano di entrare in un programma di recupero. Se la Regione è d’accordo, possiamo parlarne... Purtroppo il problema è decisamente più grande e complesso per liquidarlo così" afferma il sindaco sulle pagine del quotidiano torinese. La ricetta di Chiamparino prevede però anche un momento fortemente repressivo: aiuto ai tossicodipendenti cronici e a chi accetta di intraprendere un percorso di disintossicazione e riabilitazione, pugno duro per chi si autogestisce il consumo: "Mi riferisco all’altra faccia dell’emergenza: quella di chi, contrariamente al tossico cronico, si "autogestisce" la droga. Al drogato perso o al senegalese che spaccia non cambia nulla finire in galera. Quelli, diciamolo pure, non hanno niente da perdere. Invece penso ai tanti professionisti, ben vestiti e alla guida di macchine di lusso, che si riforniscono dai pusher. Quelli un’alternativa ce l’hanno". Pugno duro fatto di salatissime multe e affidamento ai servizi sociali per lavori socialmente utili: "Trovo che sia molto più efficace condannare uno di questi signori ad una pena riabilitativa, accompagnata da una multa con la maiuscola. Se quando li becchi in flagrante li obblighi a prestare assistenza ai malati o agli anziani per qualche settimana, magari facendogli pagare 10 mila euro di multa, chissà, probabilmente capiscono il concetto". Droghe: Forum; stiamo pagando l’immobilismo di un decennio
Redattore Sociale, 28 febbraio 2007
Parla la presidente del Forum Droghe. "Tossic Park è uno degli aspetti post olimpici di Torino. L’approccio al problema solo dal punto di vista dell’ordine pubblico non può che creare situazioni del genere". "Tossic Park, ovvero la riproposizione in scena aperta della vendita e del consumo di droga è uno degli aspetti post olimpici di Torino. L’approccio al problema solo dal punto di vista dell’ordine pubblico, con le retate pre-olimpiche al Parco del Valentino e al Monte dei Cappuccini, non può che creare situazioni del genere. Se non si affiancano a questo tipo di azioni misure socio-sanitarie, il risultato non può essere differente". È l’opinione di Susanna Ronconi, oggi presidente del Forum Droghe e componente della Consulta del ministero della Solidarietà sociale sulle tossicodipendenze, a lungo operatrice del Gruppo Abele di Torino. "Prima - continua la Ronconi - c’erano numerosi punti di spaccio, più piccoli e meno visibili, i cui ‘utenti’ si sono concentrati in un’unica area dopo le azioni di polizia. Da qui nasce Tossic Park. Non si è risolto il problema, lo si è solo spostato. D’altra parte Torino è una città che ancora non ha un luogo in cui si possa discutere congiuntamente di questo problema e di quali strade intraprendere per poterlo risolvere, Torino non ha un’Agenzia per le droghe. Stiamo pagando oggi un decennio di immobilismo politico sul tema".
Il Sindaco Chiamparino ha parlato di Narcosale, come possibile strumento. Cosa ne pensa? "Già nel 2002/2003 il sindaco aveva indetto una commissione di esperti per valutare la possibilità di utilizzare lo strumento delle narcosale. In quell’occasione, come Forum Droghe, avevamo organizzato un convegno invitando gli amministratori di Zurigo e Francoforte, che già avevano intrapreso quella strada. Ovviamente non se ne fece nulla. Oggi si ripropone il problema. Col passare degli anni i nodi vengono al pettine. Evidentemente le narcosale non possono rappresentare la risoluzione del problema. Sono uno degli strumenti possibili".
L’altra parte del "programma Chiamparino" parla di pugno di ferro contro i consumatori. Il sindaco afferma che si deve colpire la domanda "Sono basita del fatto che anche Chiamparino esprima la cultura di Fini e Giovanardi. Sono 50 anni che verifichiamo il fallimento dell’approccio punitivo nei confronti del consumatore. Abbiamo il 20% circa dei consumatori che sono soggetti problematici. Per lo più consumatori di strada. Il restante 80% governano il proprio consumo. Agendo a colpi di codice penale, il rischio è quello di criminalizzare il consumatore, facendo crescere notevolmente la quota dei soggetti problematici. Mi sembra una presa di posizione ideologica. I sindaci europei che hanno ben governato il problema della tossicodipendenza (Francoforte, Zurigo, Amsterdam e ultimamente anche parecchi comuni belgi), lo hanno fatto accantonando le prese di posizione ideologiche e agendo in maniera pragmatica. Sarebbe utile un confronto fra sindaci".
Chiamparino parla di un mondo di consumo fatto da professionisti con auto di lusso. È relazionabile a Tossic Park? "È molto raro che i professionisti, o più genericamente chi assume sostanze in maniera ludica e socialmente integrata, si rivolga al mercato di strada. Tossic Park è una piccola quota del mercato delle sostanze. Molto spesso questi soggetti si riforniscono attraverso vie protette, lontano dagli spazi pubblici, solitamente anche per vie amicali". Emarginazione: Fiopsd; da Governo approccio fondato su pietà
Redattore Sociale, 28 febbraio 2007
Dopo l’intervento a Napoli sul reddito di cittadinanza da parte del sottosegretario alla Solidarietà Sociale Donaggio, lettera aperta di Paolo Pezzana. Sotto accusa un approccio "fondato non sui diritti quanto sulla pietà". Il disagio e l’emarginazione non possono essere affrontato dalla politica partendo dall’idea che sia una cronicità, una condizione da cui non si può uscire. È questo il senso della critica che il presidente della FIO.psd - Federazione Italiana degli Organismi per le persone senza dimora, Paolo Pezzana, muove in una lettera aperta al Sottosegretario alla Solidarietà Sociale Cecilia Donaggio, dopo l’intervento a Napoli in tema di reddito minimo, ripreso da Redattore Sociale. Sotto accusa un passaggio specifico delle dichiarazioni della Donaggio: "bisogna condizionare gli interventi all’adozione di comportamenti positivi da parte dei beneficiari. Occorre ripensare una misura che tenga distinti coloro che non posso uscire dalla condizione di disagio e coloro che invece posso essere aiutati a recuperare la situazione di svantaggio e ricostruire la propria autonomia". "Mi permetto di farle rilevare - scrive Pezzana - che è molto grave ed irrispettoso della loro dignità affermare che vi siano persone che non possono uscire dalla condizione di disagio. Con qualche sforzo posso comprendere lo spirito e gli intendimenti della Sua affermazione nel contesto in cui è stata pronunciata, ma resta lo stesso la gravità di un approccio culturale e politico che ritiene la cronicità del disagio un dato di fatto da accettare, ed in base al quale persino discriminare come impostare un intervento di politica sociale". Questa, spiega Pezzana, era "esattamente la concezione delle persone in disagio grave che aveva il Governo precedente all’attuale e che informava di se il Libro Bianco del Welfare del 2003". Un approccio "non tanto fondato sui diritti e la loro effettiva accessibilità quanto sulla pietà e di conseguenza demandato principalmente al volontariato". Diversa invece l’esperienza dell’organizzazione: "La relazione, l’accompagnamento e l’interlocuzione con le persone in disagio grave, se realmente praticate, funzionano, ci ferisce davvero sentire ancora parlare di persone che non possono farcela, e quindi croniche". "La nostra esperienza, - prosegue Pezzana - come l’esperienza di chiunque quotidianamente lavori con le persone senza dimora ed in stato di grave emarginazione, è chiara ed univoca nell’indicarci che, investendo adeguate risorse e avendo il coraggio di spendere il tempo necessario nella relazione che l’altro ci richiede, il cambiamento oltre il disagio è una possibilità concreta per tutti, nessuno, ma proprio nessuno escluso!". Secondo la Fiopsd manca la "volontà politica di investire più risorse economiche e professionali in questo settore, che è marginale, avaro di soddisfazioni e visibilità e non paga in nessun senso, neppure in termine di potenziali consensi". "Poiché ho molta stima del Suo operato e di quello del Ministero di cui fa parte, con il quale la mia Federazione è lieta e convinta di collaborare, non posso credere che Lei la pensi come appare. Voglio pensare di avere frainteso le Sue parole, perché sono certo che avallare un approccio del genere, selettivo, individualista, competitivo e residuale, non sia compatibile né con la cultura né con il programma e le intenzioni del Governo che proprio in questi giorni sta rilanciando la sua attività". A questo tema la Fiopsd ha dedicato una Carta dei valori. Pena di morte: il quadro internazionale, per non dimenticare
www.fondazioneitaliani.it, 28 febbraio 2007
Il 20 febbraio la Corte Suprema giapponese conferma la condanna a morte di Kazuo Shinozawa, 55 anni, facendo salire a 100 il numero dei prigionieri nel braccio della morte del paese. Nel giugno 2000, dopo aver rapinato una gioielleria nella città di Utsunomiya, a nord-est di Tokyo, Shinozawa avrebbe dato alle fiamme il negozio, provocando la morte di 6 persone impossibilitate ad uscire. Secondo gli avvocati difensori, l’incendio avrebbe invece un’origine accidentale. "Il numero dei detenuti nel braccio della morte è notevolmente aumentato nell’arco degli ultimi due o tre anni", ha riconosciuto il Ministro della Giustizia giapponese, Jinen Nagase, aggiungendo tuttavia che il trend non deve suscitare preoccupazioni, dal momento che "le sentenze vengono emesse in scrupoloso accordo con la legge". Partire dal particolare per arrivare al generale. Prendere a esempio un numero che ci riconduca a un altro, poi alla somma dei due, all’aggiunta di altri e poi di altri ancora, fino a raggiungere una cifra complessiva che ci porti a conoscenza di quante volte e dove si decide lucidamente e legalmente della morte di un essere umano. Il caso giapponese è solo uno dei più eclatanti in questi ultimi giorni. E, soprattutto, è solo uno dei pochi di cui si faccia menzione. La notizia, diffusa dalla maggiore agenzia di stampa giapponese e poi clonata da tutte quelle mondiali, riporta nome e cognome del processato, con a fianco la descrizione dettagliata del crimine commesso. Ma nessuno è al corrente di nome e cognome degli altri condannati presenti al mondo, né soprattutto ha idea delle motivazioni che li costringono nel braccio della morte, in attesa di un giudizio che, in alcuni paesi, arriva solo poche ore dall’esecuzione. In Giappone, ad esempio, le esecuzioni avvengono durante il periodo estivo, quando il Parlamento non lavora, evitando, quindi, le discussioni parlamentari. Il braccio della morte giapponese è articolato in celle minuscole, all’interno delle quali i detenuti, che non hanno mai contatti con gli altri, possono tenere solo tre libri dal contenuto giudicato "non offensivo o sovversivo". In Cina la pena di morte è prevista anche per reati quali evasione delle tasse, traffico di droga, gioco d’azzardo, bigamia, gestione di un bordello, disturbo della quiete pubblica, contrabbando di sigarette, sfruttamento della prostituzione, pubblicazione di materiale pornografico, furto di mucche, cammelli e cavalli. "Amnesty International" stima che almeno 1.770 persone sono state giustiziate e almeno 3.900 condannate a morte in Cina nel 2005, ma i dati reali si ritiene siano molti più alti. Nel marzo 2005, Liu Renwen, un esperto legale molto noto, ha dichiarato che "arrivano a 8.000" le persone giustiziate ogni anno". In Arabia Saudita anche il traffico di droga, la stregoneria, l’adulterio, la sodomia, l’omosessualità, la rapina su autostrada, il sabotaggio e l’apostasia (rinuncia all’Islam) sono puniti con decapitazione e lapidazione costituiscono gli estremi per una condanna a morte. Nel 1998 il Governo del Bangladesh ha approvato l’uso della pena di morte per crimini commessi contro donne e bambini, compresi traffico di esseri umani, violenza sessuale e omicidio. Prima la pena massima per questi crimini era 10 anni di reclusione. I condannati a morte in questo paese sono raddoppiati negli ultimi tre anni, arrivando a 675, rinchiusi in sole 53 celle costruite un tempo per ospitare un solo detenuto. In Egitto le sentenze definitive, che passano prima dal "muftà", la maggiore autorità religiosa, sono infine trasmesse al Presidente della Repubblica, al quale la legge conferisce il potere di commutazione e di grazia. Il neo Presidente del Kenya Mwai Kibaki ha annunciato di voler abolire la pena di morte e, il 25 febbraio 2003, ha commutato in ergastolo le condanne a morte di 195 detenuti, mentre altri 28 sono stati liberati dopo aver scontato dai 15 ai 20 anni di braccio della morte o per aver tenuto una buona condotta. Nonostante l’ultima esecuzione in Kenya sia avvenuta nel 1987, il paese si è astenuto sulla risoluzione per l’abolizione della pena di morte approvata dalla Commissione ONU per i Diritti Umani il 20 aprile 2005 e i detenuti nel braccio della morte, di cui si conosce appena il nome e le cui imputazioni si perdono delle nebbie della burocrazia, ammontano a circa 1.900. L’Asia è reduce da secoli di dominazione imperiale e le leggi risentono evidentemente dell’influenza di un potere assoluto, oltre che di un codice d’onore e di un senso della giustizia che affondano le radici in una storia millenaria rimasta emancipatasi spesso dal resto del mondo. L’Africa, da parte sua, è stata dilaniata prima dalle colonizzazioni e poi dalle conseguenti guerre civili, che, aiutate dalla povertà insormontabile e dall’emarginazione nei confronti dei paesi più sviluppati, hanno portato a una concezione della violenza e del valore della vita del tutto sfasato rispetto al livello di evoluzione umana al quale si dovrebbe essere giunti. C’è inoltre da dire che spesso gran parte delle motivazioni che spingono questi due continenti a non abolire la pena di morte rimangono legate ad interessi politici o economici o sono di carattere religioso. Per quanto riguarda la religione cattolica Papa Giovanni Paolo II aveva, nel 1995, stipulato in un’enciclica: "Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente a possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo sono ormai praticamente inesistenti. La nuova evangelizzazione richiede ai discepoli di Cristo di essere incondizionatamente a favore della vita. La società moderna è in possesso dei mezzi per proteggersi, senza negare ai criminali la possibilità di redimersi. La pena di morte è crudele e non necessaria e questo vale anche per colui che ha fatto molto del male". Per quanto riguarda l’Europa, infatti, fatta eccezione per Bielorussia e Lituania, paesi d’altra parte abolizionisti, la pena di morte è stata abolita completamente. Nonostante una moratoria delle esecuzioni introdotta a marzo del 1997, le corti turche, invece, hanno continuato a emettere condanne a morte. Pare che alla fine del 1999 nel paese ci fossero 400 condannati. Dei 50 stati degli USA, sono 38 quelli che prevedono la pena di morte nei loro ordinamenti. 42 i reati federali che prevedono la pena di morte, ad esempio omicidi di membri della Cia, del Fbi, della Dea (Antidroga), di agenti delle altre agenzie federali anticrimine, gli omicidi compiuti all’interno di parchi nazionali, o sulle principali autostrade. I 12 stati che non hanno la pena di morte sono: Alaska, Hawaii, Iowa, Maine, Massachusetts, Michigan, Minnesota, North Dakota, Rhode Island, Vermont, West Virginia, Wisconsin. A loro devono aggiungersi Washington DC e il protettorato di Puerto Rico. Gli Stati Uniti derivano da una Storia costellata di lotte interne per l’occupazione e la supremazia a scapito delle popolazioni autoctone e i "miti di fondazione" relativi alla costruzione della democrazia federale sono caratterizzati da una lunga epoca di giustizia "privata" che ha avvicinato i cittadini e di conseguenza la legge a un uso smodato delle armi da fuoco. Secondo un’indagine del Governo USA 11.127 morti violente vengono provocate dall’utilizzo improprio di armi da fuoco, concesse in porto d’armi con estrema facilità anche a minorenni. A severe e giuste pene carcerarie e di riabilitazione una legislazione rigida e antiquata sostituisce troppo spesso la pena capitale, in alcuni stati sancita da giurie corrotte e pilotate - fatto provato da un’inchiesta condotta da Wes Travis nel 1998 - . Ultimamente la pena di morte negli Stati Uniti sta subendo un processo di revisione senza precedenti: mentre a Parigi la tre-giorni mondiale sul tema si è conclusa con una richiesta di moratoria universale, circa 1/3 dei 38 Stati Usa che applicano la pena capitale ha sospeso o posticipato le esecuzioni, per risolvere questioni legali ed etiche che si fanno sempre più pressanti. A conti fatti, il 72% degli States non ha effettuato esecuzioni nel 2006. Sono solo 14 gli stati che hanno effettuato esecuzioni, e solo 6 gli stati che hanno effettuato più di 1 esecuzione. Il numero di esecuzioni del 2006 è del 12% più basso rispetto al 2005, ed è diminuito del 49% rispetto al 1999. Calcoli preliminari indicano che il numero di condanne a morte emesse nel 2006 sia stato il più basso da quando la pena di morte è stata reintrodotta 30 anni fa. L’evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte in atto nel mondo da almeno dieci anni, si è confermata, quindi, anche nel 2005 e nei primi sei mesi del 2006. I paesi o i territori che hanno deciso di abolirla per legge o in pratica sono oggi 142. Di questi, i paesi totalmente abolizionisti sono 90; gli abolizionisti per crimini ordinari sono 10; 1 paese, la Russia, in quanto membro del Consiglio d’Europa, è impegnato ad abolirla e, nel frattempo, attua una moratoria delle esecuzioni. A introdurre questa stessa moratoria sono 5; i paesi abolizionisti di fatto, che non eseguono cioè sentenze capitali da oltre dieci anni, sono invece 37. I paesi che tuttora applicano la pena di morte sono 54, a fronte dei 60 del 2004 e dei 61 del 2003. La tendenza a un abbandono della pena di morte trova conferma anche nel fatto che diminuisce ogni anno non solo il numero dei paesi mantenitori, ma tra questi anche quello di coloro che la praticano effettivamente. Nel 2005, solo 24 di questi paesi hanno effettuato esecuzioni, a fronte dei 26 del 2004 e dei 30 del 2003. Di conseguenza, è diminuito anche il numero delle esecuzioni nel mondo. Nel 2005 sono state almeno 5.494, a fronte delle almeno 5.530 del 2004. Ancora una volta, l’Asia si è confermata essere il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo. I tre paesi record per le esecuzioni sono Cina, Iran e Arabia Saudita. In Cina vi sono state almeno 5.000 esecuzioni, il dato complessivo del 2005 corrisponde ad almeno 5.413 esecuzioni, in diminuzione comunque rispetto al 2004, quando erano state registrate almeno 5.450 esecuzioni. Le Americhe sarebbero un continente praticamente libero dalla pena di morte, se non fosse per gli Stati Uniti, l’unico paese del continente che ha compiuto esecuzioni nel 2005: 60 le persone giustiziate (erano state 59 nel 2004 e 65 nel 2003). In Europa vi è una sola macchia che deturpa l’immagine di continente, altrimenti totalmente libero dalla pena di morte: la Bielorussia che nel 2005 ha effettuato almeno 2 esecuzioni. In Africa la pena di morte sta cadendo in disuso: nel 2005 è stata eseguita in soli quattro paesi - Uganda (8), Libia (6), Sudan (4) e Somalia (1) - dove sono state registrate almeno 19 esecuzioni contro le 16 del 2004 e le 60 del 2003 effettuate in tutto il continente. La redazione ottimista di questi dati non basta a mettere a tacere il fatto forse più importante. Come si è detto all’inizio, le notizie e i dati relativi ai detenuti di tutto il mondo condannati e attualmente in attesa della data in cui verrà privata loro la vita sono ancora del tutto imprecisi e incerti. Si basano su fughe di notizie, trafiletti di cronaca locale e comunicazioni ufficiose o comunque mai del tutto attendibili perché mancanti di prove a sostegno. Gli sforzi statistici sono quindi da considerarsi del tutto indicativi e, soprattutto, di gran lunga arrotondati per difetto: pare che la cifra identificativa dei detenuti prigionieri del braccio della morte si aggiri intorno a 12.600 unità. Questa vaghezza è frutto di un’informazione mai del tutto esaustiva proprio perché spesso messa a tacere dagli stessi organi che regolano l’attuazione della pena di morte. Esistono numerose associazioni internazionali che si occupano di monitorare costantemente e aggiornare la situazione mondiale, tentando di sensibilizzare l’opinione pubblica affinché sia possibile emettere un giudizio realmente globale che metta fine all’attuazione di questo crimine. Tra queste, in particolare "Amnesty International" e "Nessuno Tocchi Caino", attualmente impegnate in una Campagna per promuovere una Moratoria ONU contro la pena capitale, hanno fornito i dati riportati in questo articolo. Usa: 44enne giustiziato dopo 25 anni nel braccio della morte
Reuters, 28 febbraio 2007
In Texas un detenuto è stato giustiziato con un’iniezione letale dopo aver trascorso 25 anni nel braccio della morte in seguito ad una condanna alla pena capitale per l’omicidio nel 1982 di un commesso viaggiatore di mobili. Donald Miller, 44, è stato il settimo condannato a venir giustiziato quest’anno in Texas, lo stato Usa più attivo sul piano della pena di morte, il 349° da quando il Texas ha ripristinato nel 1982 la pena capitale. Miller era stato condannato per aver sparato a Michael Mozingo, 29 anni, durante una rapina il 2 febbraio 1982, uccidendolo. Mozingo e Kenneth Whitt, che vendevano mobili con un camion, erano stati attirati a Houston in una casa da Miller con la promessa di un acquisto. I due erano stati invece rapinati e uccisi. Miller, all’epoca 19enne, era stato condannato a morte nel dicembre 1982 e da allora ha vissuto nel braccio della morte. Nel 2004 un giudice federale aveva ordinato una revisione di parte del processo, richiesta respinta dal quinto circuito delle Corti d’Appello, e la Corte Suprema aveva poi rifiutati di esaminare il caso. Miller, che non ha fatto dichiarazioni prima di morire, ha chiesto come ultimo pasto pollo fritto, ketchup, un sandwich con pancetta lattuga e pomodoro, due enchiladas, tè dolce ed un dolce allo zenzero. Il Texas ha in programma altre nove esecuzioni quest’anno. Cecenia: Consiglio d’Europa; nelle carceri torture sistematiche
Peace Reporter, 28 febbraio 2007
Le autorità cecene compiono sistematiche torture, compreso l’uso dell’elettroshock per ottenere confessioni forzate, sui detenuti nelle carceri della regione. Lo ha detto oggi Thomas Hammarberg, commissario del Consiglio d’Europa per i diritti umani, dopo aver visitato una prigione nella capitale cecena Grozny. "Oggi ho incontrato gente che mi ha convinto che non c’è solo un sistema di maltrattamenti, ma di tortura", ha detto Hammarberg al presidente filo-russo Ramzan Kadyrov. "Non si tratta di un caso o due, ma di un intero sistema", ha aggiunto. Kadyrov ha risposto dicendo che, finché era primo ministro (due settimane fa), la difesa dei diritti umani non era una delle sue competenze, e ha promesso di voler indagare sulle accuse di maltrattamenti. Le celle visitate da Hammarberg contengono fino a 10 detenuti per stanza.
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