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Giustizia: Mastella; troveremo risorse per medicina penitenziaria
Redattore Sociale, 22 febbraio 2007
Mastella: "La salute é un diritto fondamentale da tutelare e da garantire a chiunque". Le richieste degli operatori sanitari non restano inascoltate. Le richieste degli operatori sanitari degli istituti penitenziari sono al centro dell’attenzione del ministro della Giustizia, Clemente Mastella, consapevole che "la salute é un diritto fondamentale da tutelare e da garantire a chiunque. Un diritto dal quale non può essere escluso nessuno, nemmeno i detenuti, che se malati e privi di cure, si troverebbero a vivere una sofferenza resa ancora più drammatica dalla condizione in cui si trovano". Lo fa sapere in una nota del dicastero il ministro rispondendo alle richieste dei medici. Di qualche giorno fa la notizia delle dimissioni di Francesco Ceraudo, medico del carcere Don Bosco di Pisa, dalla presidenza dell’Amapi (Associazione dei Medici dell’Amministrazione Penitenziaria italiana), che conta 5.000 iscritti fra medici e infermieri. Un gesto di protesta contro il taglio di 13 milioni di euro dal bilancio della sanità in carcere previsto dalla Finanziaria 2007. Ieri sempre l’Amapi ha indetto una giornata di protesta e una manifestazione nazionale a Pisa. "Il Guardasigilli - prosegue la nota - ha dato disposizioni affinché vi sia una ripartizione dei fondi di funzionamento che consentirà di fare fronte alla lamentata riduzione degli stanziamenti previsti nella Finanziaria. Sono stati così recuperati interamente 12 milioni e cinquecentomila euro unitamente ad un surplus da utilizzarsi per gli adeguamenti contrattuali". Giustizia: comunicato della Società di Medicina Penitenziaria
Comunicato stampa, 22 febbraio 2007
Il Consiglio Direttivo della SIMSPe è stato ricevuto ieri dal Pres. Ettore Ferrara, Capo del DAP, in un momento assolutamente particolare, nel quale la limitatezza dei fondi di bilancio si unisce ad un particolare fermento nel settore sanitario penitenziario. Presenti il Direttore Generale dei Detenuti e del Trattamento, Cons. Sebastiano Ardita e la D.ssa Bruna Brunetti, Dirigente dell’Ufficio Sanitario del DAP, hanno preso parte all’incontro il Presidente ed il VicePresidente della SIMSPe, Dr Andrea Franceschini e Prof. Sergio Babudieri, oltre che i Segretari Nazionali, Angelo Cospito e Luciano Lucanìa. Ha partecipato anche il past-president Giulio Starnini. La Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria è stata presentata dal Dr Franceschini, mentre il Prof. Babudieri ha sottolineato l’efficacia e la ricaduta degli studi scientifici che sono già attivi da anni in infettivologia, psichiatria e dermatologia penitenziarie, e che dovranno essere estesi ad altri settori del sapere medico, in particolare la cardiologia e le disabilità, oggi ulteriori vere emergenze sanitarie nei penitenziari. Il Dr. Cospito ha sottolineato il ruolo imprescindibile delle UOSP presso i Provveditorati, mentre il Dr. Lucanìa evidenziando la disponibilità della SIMSPe a partecipare alle attività organizzative in cantiere, ha anticipato al Pres. Ferrara un documento ufficiale relativo alla necessità di ricostituire lo Staff Sanitario presso il DAP e di formalizzare il settore sanitario nel panorama strutturale del Dipartimento e di tutti i Provveditorati, anche in relazione alle nuove forme organizzative discendenti dalla corrente Legge Finanziaria 2007. È ormai necessario, inoltre, l’aggiornamento della pianta organica dei Medici Incaricati e dovranno essere stabilizzati i colleghi Medici Incaricati Provvisori, unitamente ed un necessario differente inquadramento dei colleghi SIAS. Il Presidente Franceschini ha inoltre manifestato a nome di tutti gli operatori sanitari espressioni di fiducia nei vertici del Dipartimento per le azioni in corso finalizzate al reperimento di ulteriori fondi per la sanità penitenziaria. Il Capo del Dipartimento ha apprezzato l’impegno della SIMSPe ed ha sottolineato la necessità di lavorare insieme, in collaborazione, per assicurare ai detenuti la migliore assistenza sanitaria. Ha assicurato inoltre la massima attenzione per ogni utile proposta di natura organizzativa che possa provenire dagli ambienti professionali operanti nell’istituzione.
S.I.M.S.Pe. Onlus - Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria Il Presidente, Dr. Andrea Franceschini Giustizia: penalisti sostengono sciopero dei medici penitenziari
Ansa, 22 febbraio 2007
I penalisti scendono in campo a sostegno dei medici e degli infermieri delle carceri in sciopero della fame contro i tagli della sanità penitenziaria. L’Unione delle Camere Penali, in una nota, spiega che la protesta "va appoggiata al fine di ottenere dal ministro Mastella un concreto impegno economico teso a rendere possibile la tutela della salute dei detenuti nelle carceri italiane". Nel sottolineare che il taglio degli investimenti di circa il 15% rispetto al 2006, stimato in 13 milioni di euro in meno, "rischia di privare in via definitiva i detenuti di ogni tutela sanitaria", l’Ucpi si impegna a promuovere "tutte le iniziative politiche di denuncia e di protesta utili a conseguire tutela della salute dei detenuti in carcere" e invita le forze politiche e le istituzioni nazionali e locali "a porre in essere tutti gli sforzi necessari a garantire il diritto alla salute alla comunità carceraria". Giustizia: continua sciopero di medici e infermieri penitenziari
Toscana In, 22 febbraio 2007
Medici ed infermieri penitenziari di tutta Italia hanno deciso di incrociare le braccia dal 21 febbraio per protestare contro il Governo Prodi, responsabile di aver sottratto 13 milioni di euro, destinati alla sopravvivenza di questa particolare branca medica che opera sotto l'egida del Ministero di Grazia e Giustizia. La decisione è stata presa a Pisa dal direttivo Amapi (l'Associazione Medici Amministrazione Penitenziaria) che ha confermato di voler proseguire ad oltranza la sciopero della fame, giunto al quarto giorno, al quale hanno aderito la Polizia penitenziaria e alcune centinaia dei 40 mila detenuti delle carceri italiane. Di fronte a carceri e prefetture di alcune città, il personale sanitario Amapi (oltre 4000 tra medici ed infermieri) ha manifestato incatenandosi l'un l'altro. In particolare, il direttivo Amapi, assieme a Franco Corleone, garante dei detenuti toscani, ha manifestato davanti al "Don Bosco" di Pisa, dove opera il presidente nazionale prof. Francesco Ceraudo. "Quello che da oggi in poi potrà accadere nelle carceri italiane - ha dichiarato Ceraudo - sarà attribuibile solo e soltanto alle scelte scellerate di questo Governo che è riuscito a tagliare risorse a chi di risorse non ne ha nessuna. Un taglio che ci trasformerà a breve in becchini costretti a redigere certificati di morte, in barba al diritto alla salute per tutti, sancito dalla Costituzione. Ci hanno lungamente fatto promesse, abbiamo scritto al Presidente Napolitano, a Prodi, a Mastella, ma niente di niente è accaduto. Già mancano i medicinali salvavita, la normale manutenzione delle attrezzature, in un contesto quale è il carcere, pieno zeppo di psicotici, sieropositivi, cardiopatici, diabetici, con patologie quali, la Tbc, o l'epatite C. Questi soggetti, adesso, si riverseranno negli ospedali e negli ambulatori delle Asl, rigorosamente sotto scorta, causando seri problemi di sicurezza ed, ovviamente, epidemiologici. Piacenza: carcere al collasso, servono nuovi finanziamenti
Libertà, 22 febbraio 2007
Nuova interrogazione al ministro della giustizia sulla situazione del carcere di Piacenza. Dopo quella recente di Tommaso Foti (An), è la volta degli onorevoli Gennaro Migliore e Graziella Mascia (Rifondazione comunista). I due parlamentari chiedono "se non si ritenga necessario adottare adeguati provvedimenti, anche finanziari, volti a migliorare le condizioni di disagio sia dei detenuti che del personale della casa penitenziaria di Piacenza". La situazione del carcere di Piacenza, fanno sapere, è drammatica, sull’orlo del collasso. Il carcere ospita 240 detenuti invece dei 178 regolamentari e il reparto femminile è occupato solo da 6 detenute. Questo sovraffollamento - continuano i parlamentari - non viene compensato da un rafforzamento degli organici della polizia penitenziaria e del personale civile: "I turni di lavoro del personale, infatti, sono di 8 ore su 6 giorni lavorativi anziché di 6 ore, con largo utilizzo dello straordinario. Molti posti di servizio sono infatti soppressi. Nessun lavoratore ha di fatto la certezza del proprio orario di lavoro dovendo spesso "trattenersi" per sostituire gli assenti, oltre il normale orario e con preavvisi che giungono in tempi estremamente ridotti. Spesso viene utilizzato un alto numero di personale per adempiere al servizio traduzioni detenuti o piantonamenti in luoghi esterni di cura, rinforzando quelli (19) già destinati a tale scopo, che troppo spesso a loro volta espletano turni massacranti di lavoro (dalle 9 alle 18 ore) durante i piantonamenti; il personale di polizia penitenziaria svolge inoltre funzioni che spetterebbero al personale del comparto ministeri". Ancora: "Un forte disagio deriva inoltre dalla riforma della medicina penitenziaria e dai tagli che si sono operati; infatti oltre al taglio operato sui farmaci, allo stato attuale non funziona il servizio odontoiatrico e dalle 3 alle 6 non viene coperto il servizio medico (sostituito dalle strutture esterne di cura); da tempo urge inoltre un adeguamento delle camere detentive secondo i dettami del D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà); questo adeguamento potrebbe contribuire a migliorare le condizioni igieniche oltre che ad alleviare il lavoro del personale penitenziario; le risorse però a disposizione dei dirigenti e capi area contabile non sono sufficienti a coprire i programmi di spesa previsti per il 2007". I parlamentari chiedono al ministro di verificare anche la possibilità di un trasferimento della sezione femminile. Firenze: impegno per migliorare qualità della vita in carcere
Toscana In, 22 febbraio 2007
È quanto affermato dalla Presidente della Commissione politiche sociali del Comune di Firenze Agostani "Continuiamo il nostro lavoro sulle condizioni di vita nelle carceri e sul reintegro sociale". Confermiamo a Firenze l’impegno politico per i detenuti e i loro diritti umani". È quanto ha dichiarato la consigliera e Ds e presidente della commissione politiche sociali Susanna Agostini. "Questo è possibile grazie ad un percorso consolidato nel tempo - ha proseguito la consigliera Agostini - ed a scelte politiche sociali e sanitarie importanti sulle quali hanno investito diversi livelli delle istituzioni locali, grazie anche alla fitta rete di volontariato, tessuto attivo dentro e fuori dal carcere. Una tesi spiegata anche nella relazione annuale del garante dei diritti dei detenuti Frano Corleone per il consiglio comunale di Firenze. Il garante è una figura specifica voluta fortemente dall’amministrazione, un soggetto che ha la facoltà di interloquire con i referenti alti dell’organizzazione carceraria per far rispettare i diritti fondamentali di donne, di uomini, e spesso anche di minori che vivono entro le mura dei carcere". "Sappiamo quali sono le caratteristiche di inciviltà alle quali si doveva porre rimedio - ha sottolineato la consigliera dei DS - il sovraffollamento delle carceri italiane, la condivisione di una cella da parte di molte persone, l’assenza di supporti igienici sanitari minimi, necessari a salvaguardia e cura di malattie contagiose. Altre problematiche sono costituite dal freddo nelle stanza, dalla mancanza di acqua calda per potersi lavare fino alle non sottovalutabili necessità individuali e di affettività e vita di relazione familiare". "Per questi motivi - ha osservato Susanna Agostini - l’indulto è stato un provvedimento utile. Oltre a evidenziare, anche se con notevoli difetti di comunicazione, le lunghe attese di giudizio e la portata di alcuni reati commessi dai 23.580 soggetti che ne hanno potuto usufruire sul territorio nazionale. Ben l’80% dei parlamentari italiani ha votato l’indulto, un provvedimento che fin qui condividiamo e che contribuirà a riportare a miglior decoro e civiltà anche la vita di coloro che restano reclusi. È stato l’avvio di un percorso che deve proseguire con rapidità: il dimezzamento del numero dei detenuti a Sollicciano è l’opportunità per attuare da subito le riforme necessarie perché mai più si giunga al precedente grado di insostenibilità delle carceri. Come gruppi politici lavoreremo fin da subito affinché il governo cambi le norme che hanno prodotto lesione ai diritti costituzionali. La comunità internazionale e la nuova Europa dovranno farsi carico di innovative legislazioni che comprendano regole certe per uomini e donne che sono costretti a spostarsi dal proprio paese d’origine per cercare lavoro e condizioni migliori di vita". "Sulla stampa - ha concluso la consigliera dei DS - sono evidenziati quali possono essere oggi i profili di una moderna criminalità, basata su mercati diffusi in sfere economiche internazionali, ciò impone innovazioni nel sistema della giustizia, del diritti e della pena. Fin da subito ci attiviamo perciò verso il parlamento e la magistratura per le riforme necessarie. Allo stesso modo ci impegniamo a favorire la crescita a livello territoriale di quella indispensabile rete delle opportunità di studi, di lavoro, anche durante il periodo di pena allo scopo di evitare ricadute nella trappola dell’illegalità. Al raggiungimento di questo obiettivo può contribuire anche l’impegno nell’ambito del mercato delle opportunità abitative anche per coloro che si trovano in condizioni di semilibertà. A tal proposito è necessario anche un chiarimento in merito al futuro della struttura di Santa Teresa". Palermo: per protesta s’incatena in mutande davanti municipio
Ansa, 22 febbraio 2007
Filippo Accetta, portavoce dei disoccupati ed ex detenuti in lotta per un posto di lavoro, s’è incatenato a una delle statue in piazza Pretoria, davanti all’ingresso del municipio di Palermo. L’uomo è nudo, indossa solo le mutande. Vicino a lui è stata allestita una bacheca con affissi alcuni documenti della Regione siciliana e del Comune che si impegnavano a trovare una soluzione per i disoccupati. Accetta ha iniziato anche lo sciopero della fame. "Rimarrò qui fino a quando ne avrò forza - dice - C’è molto freddo, ma pur di farci ascoltare le proveremo tutte". Stamattina si è svolto il processo per direttissima nei confronti dei tre arrestati di ieri durante gli scontri tra alcuni disoccupati e la polizia in tenuta antisommossa. I tre, una donna e i suoi due figli, sono stati rilasciati con l’obbligo di firma. Erano accusati di minacce, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Napoli: scarcerata madre bimbi in gabbia, ma ha espulsione
Il Mattino, 22 febbraio 2007
Non intende lasciare l’Italia e per questo si rivolgerà al ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che domenica scorsa, nel commentare la foto che il 15 febbraio scorso la ritraeva nella gabbia riservata agli imputati nell’aula della Corte d’Appello di Napoli con i suoi due figli in tenera età, aveva parlato di "spettacolo ignobile" e avviato una ispezione per chiarire le eventuali responsabilità. Slavika, questo il nome di battesimo della donna di origine serba condannata ad un anno di reclusione per due furti commessi in appartamenti, è stata scarcerata ieri sera dopo aver scontato otto mesi in custodia cautelare nel carcere avellinese di Bellizzi, ma entro domenica dovrà lasciare il Paese, perché sprovvista di permesso di soggiorno. Il decreto di espulsione, del quale ha dato notizia Sky Tg24, è stato firmato dal prefetto di Avellino, Paolo Orrei, ed è stato notificato a Slavika all’uscita del carcere dagli agenti del servizio immigrazione della questura avellinese. La donna, con i suoi due bambini, insieme ai suoceri e al convivente, ha fatto ritorno alla baraccopoli in provincia di Caserta, dove vive insieme ad altri sette figli avuti da precedenti relazioni. Slavika spera che il ministro prenda a cuore il suo caso, impegnandosi a rimediare d’ora in avanti agli errori commessi, anche se vi è da rilevare che il ministero competente, nel caso di Slavika, è quello dell’Interno piuttosto che della Giustizia. Intanto, la famiglia di Slavika ha dato incarico all’avvocato Luciano Bason, di impugnare il provvedimento della prefettura di Avellino, sul cui territorio è stato accertato il reato di immigrazione clandestina. Firenze: a Solliccianino un sabato diverso a ritmo di Gospel
Agi, 22 febbraio 2007
"Solliccianino", casa circondariale a custodia attenuata, apre ancora una volta i cancelli e rinsalda il suo legame con il territorio di Firenze, accogliendo uno spettacolo Gospel del Rhythm ‘n Sound Chorus. Il coro, diretto dal musicista Riccardo Galassi, si esibirà sabato 24 febbraio a favore dei detenuti, degli operatori, delle autorità e delle associazioni che collaborano ormai da anni con la Direzione del carcere. Il Gospel tornerà in carcere, non con finalità meramente ricreative, ma con l’intenzione di proporsi come occasione di incontro e confronto, di accrescimento culturale e di fattivo scambio, tra i detenuti e tutti gli altri partecipanti all’evento. La manifestazione si realizzerà grazie all’intervento ed al concreto sostegno economico dato da CNA Impresa Donna Toscana che, attraverso questa azione, conferma la propria volontà di collaborare con la struttura penitenziaria anche per la specificità del mandato di quest’ultima che è deputata al trattamento ed al reinserimento di giovani detenuti, tutti accomunati dalla problematica della tossicodipendenza. L’iniziativa fa parte del programma di eventi ed incontri che Cna Impresa Donna progetta per affrontare problematiche sociali. Il concerto è un modo per entrare in contatto con una realtà difficile e complessa come quella carceraria, emblema delle mille contraddizioni delle moderne società civili, luogo di sofferenza, ma anche di recupero e di riprogettazione della propria esistenza. Sondrio: prevenzione, il mondo del carcere incontra le scuole
Provincia di Sondrio, 22 febbraio 2007
Anche la polizia penitenziaria partecipa al vasto programma di educazione alla legalità in atto ormai da alcuni anni che coinvolge i rappresentanti di diverse istituzioni, a partire dalla scuola e dai corpi delle forze dell’ordine. Lo scopo è quello di attuare una scrupolosa opera di prevenzione, attraverso l’educazione, senza la quale la sola repressione dei reati non basta a contenere il numero dei comportamenti devianti, soprattutto da parte dei giovani. Già domani mattina alcuni operatori della struttura di via Caimi, compreso il comandante della polizia penitenziaria Arnaldo Boi, dalle 8 alle 10 parleranno agli alunni di una classe dell’istituto tecnico De Simoni di Sondrio. Altre iniziative dello stesso tipo si svolgeranno a fine marzo e ad aprile. Appuntamento clou il 27 aprile quando, all’interno del carcere, i detenuti si esibiranno in uno spettacolo teatrale alla presenza dei ragazzi delle superiori. Padova: "Sabati di libertà", colpevoli di essere figli di detenute
Comunicato stampa, 22 febbraio 2007
I ventidue scatti di Giuseppe Aliprandi, in mostra al Tito Livio di Padova fino al 17 marzo, racchiudono istanti di intensa umanità vissuti dai bambini delle mamme detenute. Una realtà di disagio e sofferenza, circondati dalle solite squallide mura, dove le "ore d’aria" sono poche al giorno, dove tutte le finestre hanno le sbarre, le porte sono sempre chiuse. In questa situazione sono costretti a vivere i bambini delle mamme detenute in Italia. Vivono in carcere, scontando colpe non commesse, accanto alle madri fino al compimento del terzo anno d’età, successivamente affidati a sconosciuti o, nel migliore dei casi, a qualche parente. Una vita spezzata proprio nella fase formativa più importante e delicata. Da un lato questa legge italiana n° 663 del 1986 (legge Gozzini), ha voluto salvaguardare il diritto alla maternità, attraverso un difficile compromesso per la libertà dei bambini, però è necessario rendersi conto del danno psicologico che tutto ciò comporta. Come spiegare loro che questa non è la dimensione della vita reale, che ad una certa ora devono rimanere chiusi dentro… che non sono colpevoli? Quali danni arrecano su di loro i ritmi della detenzione? Sono necessarie strutture alternative, più consone alle esigenze dei bambini, senza con questo sminuire il senso della pena inflitta a chi commette reato. Per lo più sono giovani donne straniere, quelle che popolano le anguste celle delle carceri femminili di Rebibbia e della Giudecca, condannate per furto o reati minori, che non sono tutelate da nessuno e spesso sono abbandonate, dai compagni o mariti, al loro destino. Attualmente, dopo l’indulto, la presenza di bambini al di sotto dei tre anni si è ridotta ad una cinquantina. "L’essere umano, per fortuna, trova sempre risorse inaspettate dentro di sé - ha commentato Giuseppe Aliprandi - fotografare questi bambini che stanno vivendo una situazione ingiusta, in una convivenza forzata e difficile, è stata un’esperienza incredibile; sono riusciti comunque a creare uno spirito di comunità, li ho trovati abbastanza aperti." Ed ha concluso: "Un paese che tiene i bambini in carcere non è degno di definirsi tale." Il progetto "Bambini e madri nelle carceri italiane" nasce dall’incontro e la collaborazione tra Giuseppe Aliprandi ed i volontari dell’associazione "A Roma, insieme", che da 12 anni s’impegnano a "liberare" i bambini ogni sabato dell’anno, per una giornata diversa di libertà nei parchi, in campagna o al mare, secondo la stagione, per consentire loro di spaziare con lo sguardo.
Giuseppe Aliprandi. Sabati di libertà". Mostra promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Spettacolo - Centro Nazionale di Fotografia e il Liceo Classico "Tito Livio", a cura di Enrico Gusella. Direzione della mostra: Alessandra De Lucia. Padova, Aula Magna del Liceo "Tito Livio" (Riviera Tito Livio, 9) - 17 febbraio - 17 marzo 2007 Orario: da lunedì a venerdì 09.00/17.00; sabato 09.00/13.00. Chiuso la domenica. Info: Segreteria Liceo Tito Livio 049 8757324 - 049 8752095. Sabato 3 marzo 2007: convegno sul tema madri e bambini, ore 10.00, aula Magna Liceo Classico Tito Livio Droghe: ricerca Cnr; i prefetti vedono solo la punta dell’iceberg
Redattore Sociale, 22 febbraio 2007
Una piccolissima parte dei consumatori stimati di sostanze stupefacenti viene intercettata dalle forze dell’ordine e segnalata al prefetto. Presi in considerazione i segnalati tra il 2000 e il 2005. Calano le segnalazioni ai prefetti per detenzione di eroina, rimangono sostanzialmente immutate quella per possesso di cannabis, aumentano in maniera evidente quelle per possesso di cocaina e altre sostanze. Ma la cosa più rilevante, il dato macroscopico è che i prefetti riescono a intercettare solo la punta dell’iceberg, una quantità per certi versi irrisoria rispetto a chi fa uso di sostanze. Il dato emerge da uno studio effettuato dal Cnr di Pisa, che prende in esame le segnalazioni delle forze dell’ordine secondo quando prescritto dagli articoli 75 (sanzioni amministrative) e 121 (segnalazioni al servizio pubblico per le tossicodipendenze) del Dpr 309/90, meglio noto come legge Jervolino-Vassalli. I dati. Le segnalazioni al prefetto per possesso di cannabis sono state 34.998 nel 2000, sono saliti a 35.896 nel 2001 e a 35.909 nel 2002, fino a prendere il tratto discendente nel 2003 (34.905, nel 2004 (35.176) e nel 2005 (30.779). Crollate le segnalazioni per possesso di eroina; dalle 4.238 del 2000 alle 2.715 del 2005; mentre la cocaina ha seguito in tragitto inverso: si è passati infatti dalle 2.947 segnalazioni del 2000 alle 4.871 del 2005, con un crescendo costante nel corso degli anni. Crescono anche le segnalazioni per possesso di altre sostanze (dalle 1.271 del 2000 alle 2.091 del 2005). Se si considerano, inoltre, non le segnalazioni totali ma solo il numero dei soggetti segnalati, si evidenzia un trend per ciascuna delle sostanze che incrementa le considerazioni sopra esposte: ecco, infatti, una riduzione del numero delle persone segnalate per tutte le sostanze, ad eccezione della cocaina. Lo studio, poi, fa una stima delle quote di soggetti intercettati dalle forze dell’ordine e segnalati alle prefetture, rispetto alla stima di soggetti che fanno uso di sostanze nella popolazione. Bene, per possesso di cannabis è stato segnalato nel 2005 solo l’1,2% del totale delle persone che si stima facciano uso della sostanza (2% nella fascia 15-24 anni; 1% nella fascia 25-34 anni; 0,6% nella fascia 35-44; 0,4% in quella 45-54; 0,1% nella fascia oltre i 55 anni). Per possesso di cocaina, invece, viene segnalato solo lo 0,8% dei soggetti. Per possesso di eroina, infine, è stato segnalato nel 2005 il 4% del totale dei soggetti che si stima facciano uso della sostanza. Aumenta in maniera significativa, nel corso dei 5 anni considerati, anche l’età media dei soggetti segnalati: di un anno per cannabis (da 23 a 24 anni di media) e cocaina (da 28 a 29), di due anni per l’eroina (da 30 a 32 anni). Quanto al quantitativo di sostanze per cui si viene segnalati, si osserva una riduzione significativa della quantità media di cannabis, passata dai 7,2 grammi del 2000 ai 3,1 del 2005, mentre sono aumentati i quantitativi medi per segnalazione per ciò che concerne l’eroina: da 0,8 grammi del 2000 a 1 grammo del 2005. La media generale dei quantitativi di sostanze rimane tuttavia sostanzialmente stabile, con 1,4 grammi. Nel dettaglio, nel 2005 il 50% delle segnalazioni per possesso di cannabis riportava un quantitativo medio di 1,5 grammi e che il 75% delle segnalazioni aveva comunque un massimo di 3 grammi. Il 50% delle segnalazioni per eroina riportava 0,4 grammi (per il 75% massimo un grammo); il 50% delle segnalazioni per cocaina riguardava possessi di 0,5 grammi (al massimo un grammo per il 75%). Infine, volendo evidenziare le eventuali segnalazioni ripetute nel corso del tempo per la stessa persona, l’indagine ha selezionato i 41.887 soggetti segnalati per la prima volta nel 2001 e seguiti nel tempo fino al 2005. Bene, l’88% di questi soggetti non ha mostrato successive segnalazioni con le forze dell’ordine. In questo contesto, i 36.509 soggetti non più risegnalati erano composti per l’83% da persone segnalate per cannabis, il 7% per cocaina, l’8% per eroina e il 2% per altre sostanze. L’osservazione complessiva è che i soggetti che presentano più segnalazioni nel corso del tempo "sono soggetti più giovani per ogni tipo di sostanza considerata e aumenta la frequenza di coloro che fanno uso di eroina rispetto alla cannabis". Lo stesso tipo di osservazione fatta per le segnalazioni è stata fatta anche per gli eventuali trattamenti attivati presso i Ser.T. Si è così stimato che circa il 35% dei soggetti segnalati nel 2001 ha avuto un trattamento nei 4 anni successivi, a prescindere dall’invio da parte della prefettura (il 49% inviato dalla prefettura e il 51% su base volontaria). Olanda: "ganasce" anti-fuga per le ginocchia dei detenuti
Ansa, 22 febbraio 2007
Ci sono le ganasce per bloccare le auto parcheggiate dove non dovrebbero essere parcheggiate e presto ci saranno anche le ganasce-robot per bloccare i detenuti che durante i permessi speciali potrebbero essere tentati di darsi alla fuga per non tornare più in prigione. Una novità che entrerà in funzione in Olanda appena ci sarà l’approvazione del Parlamento prevista nelle prossime settimane. Di che si tratta? Il termine ganascia, applicato agli esseri umani, può far pensare a uno strumento di tortura, a un attrezzo medioevale, a qualcosa di crudele. Ma non è così. Si tratta di un congegno, simile a un lucchetto, che viene applicato alle ginocchia. Grazie alla sua flessibilità permette a chi è costretto a subirlo di camminare normalmente ma non di correre perché se corre il lucchetto si irrigidisce automaticamente e blocca le ginocchia proprio come le ganasce bloccano le ruote di un’auto. Ma c’è di più: una volta applicate a un ginocchio del detenuto in libera uscita, le "morse" ne impediranno la fuga bloccando le sue gambe se tentasse di uscire dal territorio stabilito o non rientrasse in carcere negli orari stabiliti. I primi a muoversi con questo nuovo sistema "anti-evasione" applicato alle ginocchia saranno i detenuti appartenenti alla categoria Tbs, sigla che nel regolamento carcerario olandese indica un certo tipo di prigionieri considerati particolarmente pericolosi e a rischio di ricadute, come pedofili, maniaci sessuali, seminfermi di mente. Come prevede la legge questi detenuti dopo un certo numero di anni in carcere vengono sottoposti a un programma di recupero che per reinserirli gradualmente nella società consente loro di trascorrere ogni mese alcuni giorni fuori dalla prigione ma in libertà vigilata, con a fianco un assistente sociale che li tiene d’occhio giorno e notte. Molti però hanno approfittato dei permessi speciali per scappare e in alcuni casi per reiterare il reato. È a questo punto che nasce l’idea delle ganasce alle ginocchia per i Tbs in libera uscita. Per la verità sono stati presi in considerazione anche altri congegni. Si è pensato di munire gli accompagnatori del detenuto di uno spray capace di immobilizzare il Tbs ai primi segni di fuga ma poi si è scoperto che lo spray provocava danni alla pelle. Si è anche pensato a un bracciale in grado di trasmettere una scossa elettrica ma è stato scartato perché troppo pericoloso. Il lucchetto flessibile a metà gamba sembra la soluzione ideale. Il portavoce del ministero della Giustizia, Wim van der Weegen, assicura che i test hanno tutti dato risultati convincenti. "Se il detenuto rispetta le regole neanche se ne accorge di camminare con le ganasce. Ma se disobbedisce viene subito immobilizzato dall’apparecchio". Qualche preoccupazione invece nella stampa. "Si mettano pure le ganasce a detenuti altamente pericolosi - scrive un giornale - ma se il congegno funziona qualcuno potrebbe essere tentato di estenderne l’uso mettendo, per esempio, le ganasce ai bambini per farli camminare al passo con i genitori, a chi entra in una gioielleria perché potrebbe scappare con una collana di diamanti, ai visitatori di un museo per essere sicuri che si muovano lentamente".
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