Rassegna stampa 4 dicembre

 

Giustizia: su "pacchetto sicurezza" minacce di rottura

 

La Stampa, 4 dicembre 2007

 

Fra veti incrociati e tante incognite, al Senato giunge in dirittura d’arrivo il decreto legge sulle espulsioni dei cittadini comunitari per motivi di ordine pubblico. L’esito del voto, previsto fra questa sera e mercoledì, è tutt’altro che scontato. Lo scenario che si prefigura nell’aula ricalca un copione già letto in questi ultimi mesi, con una maggioranza sostanzialmente divisa.

Da un lato c’è la sinistra che con i suoi correttivi ha teso a smussare le asperità di un decreto giudicato troppo duro perché approvato in tutta fretta dal Consiglio dei ministri sull’onda dell’emergenza. Dall’altro incombe l’incognita dei liberal-democratici di Lamberto Dini e dei senatori di Unità democratica Bordon e Manzione, che si ritengono svincolati da un voto "blindato" su un testo "corretto", e minacciano di appoggiare gli emendamenti della destra.

"Se qualcuno pensa di ammorbidire il decreto, sappia che per noi è inaccettabile: considereremo di poter agire con le mani libere", avverte Willer Bordon. "Valuteremo emendamento per emendamento, poi decideremo", preannuncia il diniano Giuseppe Scalerà.

Ma il capogruppo in Senato di Rifondazione Comunista, Giovanni Russo Spena, è categorico: "Abbiamo trovato un punto di equilibrio in maggioranza, qualsiasi peggioramento del di troverebbe il nostro voto contrario".

Il governo potrebbe ricorrere alla fiducia, ma è un’ipotesi questa che Enzo Bianco, presidente della commissione Affari Costituzionali, sembra escludere: "Credo che si troverà un punto di equilibrio". L’esecutivo, insomma, rischia grosso, e forse non a caso il Capo dello Stato Napolitano ha incontrato Lamberto Dini proprio ieri pomeriggio, vigilia dei voto a Palazzo Madama.

La commissione Affari Costituzionali ha dovuto lasciare il suo lavoro a metà: non ha fatto in tempo a concludere l’esame di tutti i 56 emendamenti. Il dl è approdato al Senato senza un relatore, "corretto" su pressioni della sinistra con una serie di emendamenti che, secondo il centrodestra, lo hanno in buona parte neutralizzato.

Le modifiche sostanziali sono quattro: l’esame da parte del giudice monocratico, e non più del giudice di pace, delle convalide per gli allontanamenti; una definizione più precisa della casistica e dei criteri da adottare per i provvedimenti; impossibilità di espulsione immediata per reati commessi molto tempo addietro o in altri paesi; inserimento nel di sanzioni anti-razzismo.

Tutti punti, questi, che dovrebbero essere recepiti dalla maggioranza. Compreso quello, su cui è stato finalmente raggiunto un accordo, dei Centri di Permanenza Temporanea dove rinchiudere l’immigrato comunitario in attesa dell’espulsione: secondo la nuova versione voluta da Rifondazione, nel di si fa riferimento a "luoghi idonei alla permanenza": non solo i Cpt, dunque, ma anche il domicilio dello stesso comunitario espulso, o spazi adeguati nelle questure.

I centristi di Dini, così come Bordon e Manzione, sono tentati di votare alcuni emendamenti del centrodestra. Soprattutto quello che prevede la predisposizione di una serie di meccanismi per accertare il tempo effettivo di permanenza in Italia di un immigrato privo di mezzi di sussistenza: se da un lato la legge stabilisce un massimo di tre mesi, le direttive europee consentono infatti la libera circolazione di cittadino comunitario senza obbligarlo a specificare la durata del suo soggiorno quando entra in un paese straniero. "Un emendamento questo che è difficile non votare", spiega Bordon.

Giustizia: abolizione dell’ergastolo, carceri in protesta

 

Carta, 4 dicembre 2007

 

C’è chi chiede l’applicazione di misure penali nei confronti di lavavetri e writer, chi propone modifiche restrittive di provvedimenti approvati in una stagione di garanzie e diritti, come la legge Gozzini, ma c’è anche chi promuove una campagna per l’abolizione dell’ergastolo. Dal primo dicembre, in cinquanta carceri italiane, settecentocinquanta ergastolani hanno cominciato uno sciopero della fame per dieci giorni - ma almeno quaranta sarebbero disposti a proseguire ad oltranza - per chiedere al presidente e ai capogruppo del Senato che la discussione del disegno di legge [prima firmataria Maria Luisa Boccia, Prc] sull’abolizione dell’ergastolo venga effettuata prima possibile.

L’organizzazione della protesta è stata affidata al sito internet dell’associazione di volontariato fiorentina Pantagruel [www.informacarcere.it]. Centinaia di detenuti, così si sono messi in rete. L’idea di organizzare uno sciopero della fame l’ha avuta un detenuto di Spoleto, Carmelo Musumeci: la sua lettera, pubblicata su web, ha fatto ben presto il giro delle prigioni.

E in poche settimane sul sito sono comparse le risposte, centinaia di adesioni da tutte le carceri. Con un testo sempre uguale: "Per il rispetto dell’articolo 27 della Costituzione secondo cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, dichiaro che dal primo dicembre 2007 inizierò uno sciopero della fame ad oltranza a sostegno dell’abolizione dell’ergastolo".

In un’altra lettera inviata dagli ergastolani al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, tra l’altro, si legge: "L’ergastolo è una pena che rende il nostro futuro uguale al passato, un passato che schiaccia il presente e toglie speranza al futuro… È una morte bevuta a sorsi. È una vittoria sulla morte perché è più forte della morte".

Lo sciopero della fame è stato sottoscritto al momento da 750 ergastolani [cioè quasi due su tre], ma anche da altre 10 mila persone, fra familiari, detenuti comuni, operatori sociali e politici.

Per sostenere il lancio della campagna, alcune settimane fa l’associazione Antigone e Rifondazione comunista hanno promosso anche un appello al mondo della cultura e dello spettacolo perché possa veicolare il grido dei detenuti e spingere il parlamento a una scelta "coraggiosa, opportuna e civile". Tra gli altri, hanno aderito Mimmo Calopresti, Ascanio Celestini, Erri De Luca, Leo Gullotta, Wilma Labate, Carlo Lizzani, Citto Maselli, Mario Monicelli, Massimo Ranieri, Ettore Scola e altri.

In concomitanza con l’inizio dello sciopero della fame, gli ergastolani Annino Mele e Salvatore Pezzino del carcere di Saluzzo [Cuneo] hanno promosso invece il loro "autoseppellimento". "Non potendo guardare in faccia alcun nostro futuro - spiegano in una lettera -, proviamo a chiuderci dentro le rispettive morgue rinunciando a tutto e tutti, con la differenza che ogni giorno per cinque minuti a partire dalle ore 16 ci suoniamo le campane a morto". L’autoseppellimento consiste nel non uscire dalla cella per nessun motivo, niente udienze con il direttore o colloqui con i familiari, niente docce, nessuna visita medica.

In realtà, finora il no all’abolizione dell’ergastolo di molti politici e del ministro della giustizia Clemente Mastella non sembrano lasciare grandi speranze, se non quella di riaprire almeno un dibattito pubblico serio su questi temi. Ma secondo Vittorio Antonini, detenuto e vicepresidente dell’associazione Papillon [alla quale aderiscono settemila detenuti di cinquantadue istituti di pena e che insieme a Carta ha promosso la campagna per regalare un abbonamento ai detenuti http://bottega.carta.org/] non tutte le proposte del disegno di legge che prevedono l’abolizione dell’ergastolo sembrano condivisibili, a cominciare dalla quelle sulla "detenzione speciale", cioè l’allungamento della pena che può arrivare fino a 38 anni. "In alternativa bisognerebbe applicare le leggi vigenti - dice Antonini - come la condizionale per tutti gli ergastolani che hanno raggiunto il limite minimo che oggi è di ventisei anni".

Giustizia: abolizione dell’ergastolo, solidarietà da Parigi

 

Ansa, 4 dicembre 2007

 

Breve occupazione oggi dei locali dell’Ansa a Parigi da parte di una ventina di manifestanti del collettivo "99/99/9999" che intendono esprimere il loro sostegno al movimento di sciopero della fame cominciato il primo dicembre nel carcere di Spoleto per chiedere l’abolizione dell’ergastolo. "Su 1294 condannati all’ergastolo - si legge in un comunicato consegnato all’Ansa - 755 hanno deciso di partecipare, così come 8.400 prigionieri, familiari e simpatizzanti. Alcuni hanno scelto di fare questo sciopero della fame con rotazioni settimanali ma una quarantina di loro hanno fin d’ora annunciato la loro solidarietà con strumenti differenti". Il movimento di protesta "fa seguito alla richiesta collettiva di 310 condannati all’ergastolo delle carceri italiane che esigevano a giugno il ripristino della pena capitale per se stessi, "stanchi di morire un po’ tutti i giorni - hanno detto - abbiamo deciso di morire una volta per tutte". "Al momento stesso - conclude il comunicato - in cui l’Unione europea si lancia in una campagna internazionale contro la pena di morte, stigmatizzando tanto la Cina quanto gli Stati Uniti, l’armonizzazione attuale delle politiche penali europee l’ha sostituita con pene fino alla morte". Il Collettivo, che prende il nome dalla "data della fine della pena scritta sui certificati di detenzione dei condannati all’ergastolo in Italia", annuncia altre azioni "in Italia e altrove".

Giustizia: chiusura Opg, lettera da infermieri penitenziari

 

Ristretti Orizzonti, 4 dicembre 2007

 

Nel lontano 1981 furono aboliti - in teoria - i manicomi. Oggi, a distanza di 27 anni, abbiamo ancora molti residui manicomiali e strutture anonime ne ripercorrono le loro negatività. Se c’è al mondo una persona e una sigla sindacale che crede nella chiusura degli Opg questo sono io e il Sai ma credo anche che i proclami siano solo propaganda dannosa e inutile soprattutto per le persone per le quali si vuole dimostrare solidarietà.

La chiusura di una struttura totalizzante come un manicomio, per di più se giudiziario, necessita di approfondite analisi ma anche e sopratutto di strutture sanitarie in grado se non nella custodia ma a difendere e tutelare la patologia degli stessi ammalati. Da tempo tutti si riempiono la bocca con la chiusura di tali strutture, ma nessuno formula alternative serie e valide per gli ospiti.

Io ripeto sono assolutamente a favore della chiusura degli Opg, ma con la consapevolezza che la chiusura, se non accompagnata dalla creazione di strutture alternative adeguate, sarebbe un omicidio di massa e sarebbe meglio che l’onorevole Caruso si documentasse su cosa successe alla chiusura dei manicomi civili. Decine e decine di ex internati morti in poco tempo; famiglie distrutte, in quanto si sono dovute sobbarcare senza preparazione il sostegno e la cura degli ex internati.

Se qualcuno ha soluzioni alternative troverà in me una alleato fidato e convinto se no la mia battaglia di professionista sarà per una "degenza", così io la chiamo, più umana, ma almeno protetta. Io non difendo assolutamente gli Opg, ci mancherebbe, ma difendo il diritto alla salute e alla cura degli ammalati.

 

Marco Poggi

Segretario Nazionale del Sai

Sindacato Infermieri Penitenziari

Cagliari: sconti in libreria per chi regala dei libri ai detenuti

 

Agi, 4 dicembre 2007

 

Tre librerie di Cagliari e una di Quartu Sant’Elena (Cagliari) da sabato prossimo fino al 6 gennaio praticheranno uno sconto del 20% ai clienti che decideranno di acquistare volumi e libri da devolvere ai detenuti dell’istituto di pena di Cagliari e del carcere minorile di Quartucciu. L’iniziativa "Chi legge è uguale per tutti", è stata organizzata per la prima volta nell’isola dal comitato "Oltre il carcere: libertà e giustizia" di cui fa parte anche l’associazione "Asquer: diritti e beni pubblici".

"Iniziative di questo genere", ha spiegato stamane Antonella Barone, rappresentante del ministero della giustizia, "servono a incentivare i detenuti alla lettura. Negli istituti penitenziari italiani ci sono oltre un centinaio di laboratori che coinvolgono i carcerati sia per quanto riguarda la scrittura che la lettura. Tra le iniziative più interessanti, c’è un esperimento di biblioterapia avviato nel penitenziario di Ravenna. Spesso si hanno difficoltà nel proporre progetti di questo tipo perché c’è un alto tasso di detenuti stranieri, cui si cerca di offrire libri dei loro paesi di provenienza, oppure persone con un basso livello di scolarizzazione".

Verona: quando carcere e Università collaborano…

 

Comunicato stampa, 4 dicembre 2007

 

Giovedì 6 dicembre la presentazione del Progetto al Polo Zanotto. Sarà senz’altro un’ottima notizia per i detenuti di Montorio: uno sportello informativo interno al carcere, a cui rivolgersi per un’assistenza giuridica ad ampio raggio sui temi che li riguardano.

A dare consulenza non saranno solo docenti universitari, avvocati e associazioni di volontariato, ma anche studenti in corso delle Facoltà di Giurisprudenza e di Scienze della Formazione.

I primi interverranno per fornire risposte su tematiche giuridiche quali, tra le altre, le modalità per le misure alternative e per le pratiche amministrative interne, mentre gli studenti di scienze della formazione si vedranno coinvolti nei percorsi indirizzati al reinserimento sociale di chi è recluso. Lo faranno in collaborazione con l’Uepe (Ufficio Esecuzione Penale Esterna), l’organo amministrativo cui compete la riabilitazione sociale del detenuto fuori delle mura del carcere.

Da un progetto pensato oltre un anno fa, nasce la concreta possibilità di unire due fette della società che è davvero una fortuna possano incontrarsi. Una conquista dal punto di vista didattico che permetterà agli studenti interessati di svolgere un’attività di tirocinio formativo, accumulando crediti - e soprattutto esperienza - nel mondo del carcere e della giustizia: quello che molti di loro dovranno affrontare nel futuro lavorativo.

Uno sportello simile esiste già in altre città. A darne testimonianza non poteva mancare la presenza del professore Emilio Santoro dell’Università di Firenze, prezioso punto di riferimento il cui intervento si terrà nel pomeriggio.

La mattina - con inizio alle 9.30 al Polo Zanotto in viale dell’Università 4 - sarà destinata alla presentazione del progetto da parte del rettore dell’Università di Verona Alessandro Mazzucco e del direttore del carcere di Montorio Salvatore Erminio. Interverranno inoltre i docenti direttamente coinvolti nel progetto (Maurizio Pedrazza Gorlero, preside della Facoltà di Giurisprudenza e Mario Longo, preside della Facoltà di Scienze della Formazione) e la direttrice dell’Uepe Maria Rosaria Caso.

Oltre al citato intervento del prof. Santoro, il pomeriggio - a partire dalle 14.00 - dedicherà ampio spazio all’esperienza e ai progetti delle associazioni di volontariato coinvolte a Verona nella realtà della giustizia e della pena, impegnate per favorire la realizzazione di continue collaborazioni, simili a questa.

A dimostrazione che si tratta di esperienze significative, verranno presentati altri sportelli in atto o in via di formazione, destinati a persone detenute o che comunque vivono in condizione di marginalità: gli sportelli per la ricerca lavoro e per gli stranieri, quello destinato agli affetti e alle famiglie delle persone recluse e lo sportello degli avvocati di strada per i senza dimora. Di prossima realizzazione lo sportello per le vittime dei reati, inteso a promuovere la cultura della pena come riparazione. L’incontro riserverà infine un momento alla testimonianza diretta di tutoraggio del professore Giuseppe Tacconi, che accompagna un detenuto di Montorio - iscritto alla facoltà di Scienze della Formazione - nel suo percorso universitario.

Insegnamento e giustizia trovano quindi un punto di incontro e l’informazione destinata alle persone recluse, diviene un passo significativo nella formazione di chi la fornisce. Un’esperienza davvero importante per gli studenti coinvolti, che accumulando crediti, si renderanno utili a chi di chiarezza ha davvero bisogno.

 

Ufficio Stampa de "La Fraternità"

Agrigento: direzione separa i detenuti italiani da stranieri

di Francesco Di Mare

 

La Sicilia, 4 dicembre 2007

 

Italiani con gli italiani, stranieri con gli stranieri: è ciò che avviene nel carcere di contrada Petrusa della città dei Templi, dove la popolazione dei detenuti originari del nord Africa o dell’Est europeo ha raggiunto picchi mai visti. Nella sezione "Comuni", in particolare, i reclusi "indigeni" e quelli extracomunitari raggiungono quasi lo stesso numero.

Una situazione che presta il fianco a potenziali problematiche riguardanti la convivenza all’interno delle celle, dove sono tra l’altro tornati i letti a "castello" con 3 o 4 materassi uno sopra l’altro come ai "vecchi tempi". Che poi tanto vecchi non sono, visto che al Petrusa si è tornati ai numeri precedenti all’indulto, con circa 400 detenuti "ospiti" di una struttura che, in condizioni normali, ne potrebbe contenere non più di duecento.

La novità riguarda dunque il continuo aumento di stranieri dentro il penitenziario agrigentino. Nella realtà caratterizzata dall’emergenza immigrazione clandestina - che ha portato le forze dell’ordine ad arrestare in un colpo solo anche trenta persone accusate di essere scafisti di una sola imbarcazione, come quella approdata a Palma nelle scorse settimane - tunisini, marocchini, egiziani sono ormai i più assidui "frequentatori" della casa circondariale diretta da Giovanni Mazzone.

Trattandosi di persone con abitudini culturali e religiose decisamente diverse da quelle di un detenuto italiano e, soprattutto, siciliano, è balzato all’ordine del giorno il tema della convivenza dietro le sbarre.

Chi ad esempio prega rivolgendosi verso La Mecca potrebbe suscitare qualche perplessità in chi sotto il cuscino mette il santino di padre Pio, oppure chi ha delle abitudini igieniche o alimentari differenti dall’altro potrebbe innescare dissidi difficilmente sanabili.

Per evitare situazioni sgradevoli e potenzialmente rischiose per l’ordine all’interno delle celle, la direzione ha deciso da qualche tempo di sistemare i detenuti a seconda della propria origine. Dunque, tunisini con tunisini, italiani con italiani.

"Il tutto senza alcuna valutazione di tipo razziale - sottolinea il direttore Giovanni Mazzone -: la scelta è basata unicamente su una valutazione attenta della situazione attuale all’interno del nostro penitenziario. L’aumento della popolazione straniera ha comportato un cambiamento generale nella gestione della struttura".

Segno dei tempi che cambiano per le conseguenze della pressione migratoria verso l’Italia: fenomeno che si avverte anche dietro le sbarre.

E dietro le sbarre del Petrusa si registra un ulteriore fenomeno che non può non preoccupare. "Il turn over tra detenuti, ovvero il ricambio tra chi entra e chi esce, vede in aumento coloro i quali entrano rispetto agli scarcerati - sottolinea il direttore -. Ciò ci obbliga a gestire situazioni sempre diverse, tra l’altro con problemi di carattere economico di un certo rilievo. Basti pensare che per acquistare il materiale di cancelleria confidiamo nei fornitori che continuano a farci credito". Insomma, tanti piccoli grandi segnali di allarme giungono dalla casa circondariale della città dei Templi, sintesi perfetta di quanto accade in tanti altri penitenziari del Belpaese.

Bologna: Comune approva Odg sulla Casa Circondariale

 

Sesto Potere, 4 dicembre 2007

 

Sul ripristino di adeguate condizioni di permanenza, per detenuti e operatori, nella casa circondariale di Bologna, è stato approvato un ordine del giorno dal Consiglio comunale di Bologna. L’ordine del giorno, presentato dal consigliere Sergio Lo Giudice e altri, è stato votato per parti separate.

La prima parte in cui si invitano "i parlamentari eletti a Bologna a favorire l’approvazione di normative più efficaci relativamente alle difficoltà in cui versa il sistema carcerario e, in particolare, a farsi parte attiva per" l’adozione delle misure necessarie a superare le difficoltà strutturali in cui versa il sistema carcerario italiano (parte finale) è stata approvata con 34 voti favorevoli di tutti i gruppi (meno AN), e due voti astenuti del gruppo AN. La seconda parte (parte restante) è stata approvata all’unanimità. L’ordine del giorno nel suo complesso è stato infine approvato con 34 voti favorevoli di tutti i gruppi (meno AN), e due voti astenuti del gruppo AN.

Avellino: i detenuti-operai si confrontano con i vescovi

 

Il Mattino, 4 dicembre 2007

 

Dal chiuso delle celle, ai saloni del centro Pastorale per sottoporsi al giudizio della gente. Questa mattina i detenuti-ceramisti e i detenuti-apicoltori delle case circondariali di Ariano Irpino e Sant’Angelo dei Lombardi si metteranno in discussione. Lo faranno partecipando, con i loro prodotti, alla giornata organizzata presso il Centro Pastorale "S. Francesco" di Ariano Irpino alla presenza dei vescovi D’Alise e Alfano, dei direttori e assistenti sociali dei carceri di Ariano e Sant’Angelo, di amministratori comunali e responsabili dell’Asl Av1.

Parleranno della loro esperienza, proiettata sicuramente sul futuro, e soprattutto della necessità che la società civile guardi con occhi diversi il mondo carcerario si parlerà questa mattina. Per portare a termine le due esperienze è stato necessario coinvolgere diverse istituzioni, tra cui la Regione Campania che ha finanziato i corsi di formazione professionale.

Alla fine si può dire che ciò che oggi viene messo in mostra al Centro S. Francesco corrisponde ad un primo obiettivo, quello di garantire ad alcuni detenuti non solo una formazione professionale, ma anche fiducia nelle proprie possibilità. Il vescovo D’Alise, che lo scorso anno si fece promotore di una raccolta di fondi per l’acquisto di un forno per la cottura della ceramica da donare ai detenuti, oggi ufficializzerà l’intenzione di promuovere un’associazione per aiutare i detenuti, una volta che siano fuori dalla casa circondariale.

Sanremo: i sindacati denunciano "troppi carichi di lavoro"

 

www.sanremonews.it, 4 dicembre 2007

 

Le Organizzazioni sindacali e locali del personale di Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Sanremo, tramite comunicato, esprimono "insopportabili ed ingiustificabili carichi di lavoro sul personale di Polizia Penitenziaria in servizio presso il carcere di Valle Armea".

Inoltre segnalano che "stanno giungendo presso la Casa Circondariale di Sanremo, su assegnazioni del Dap, detenuti appartenenti a sezioni protette provenienti da Istituti di altre Regioni a dispetto del principio di competenza territoriale che imponga di tenere presso le Case Circondariali gli imputati a disposizione dell’A.G. e a dispetto del principio di territorialità dell’esecuzione penale che imporrebbe di non trasferire o assegnare detenuti fuori dal territorio regionale ove risiedono ed hanno famiglia".

Il comunicato continua smentendo quanto dichiarato dai direttore della casa circondariale al Secolo XIX Web che sostiene "La nostra struttura è di nuova concezione, con una funzionalità che consente di far fronte a particolari esigenze restrittive. Mi riferisco al braccio ‘Sex offender" poiché, in verità, la struttura e ormai al collasso in quanto non vi è più spazio per ospitare altri detenuti nell’attuale sezione protetta sovraffollata".

Inoltre denunciano che "la Casa Circondariale di Sanremo non può diventare un Istituto di approdo né un centro nazionale di raccolta di ristretti appartenenti a sezioni protette perché non munito di apposito padiglione tale da consentire l’accoglienza di tutti quei detenuti come ben sa la direzione sanremese, consapevole che nelle camere detentive, dell’attuale sezione protetta ci sono 8-9 detenuti su letti a castello e che nonostante ciò non si vedono provvedimenti tangibili volti ad uno sfollamento della sezione protetta".

Infine segnalano che "vengono assegnati presso la Casa Circondariale di Sanremo detenuti bisognevoli di continue cure ed assistenza sanitaria presso i presidi ospedalieri senza tener conto che la struttura sanremese non può gestire detenuti affetti da patologie psichiatriche che richiedono l’assegnazione in Cdt esistenti presso altre strutture penitenziarie".

Napoli: strappo al 41-bis, Cutolo prende in braccio figlia

 

Ansa, 4 dicembre 2007

 

Tutto, nelle mani di un camorrista, può servire a far passare un’arma, anche il pannolino di un neonato. Perciò, a Terni, quando lunedì scorso è arrivata Denise, un mese di vita, per conoscere suo padre, Raffaele Cutolo, boss della Nco, nove ergastoli, 41 bis, a consegnargli la piccola doveva essere un agente di polizia penitenziaria. Il papà però rifiuta: "Mia figlia la prendo in braccio prima io, o rinuncio". Eliminato già l’ostacolo del vetro che separa l’uomo dal resto del mondo, il passaggio diretto del frugoletto in tutina rosa, dalle mani di mamma alle mani di papà, viene accordato.

Anche questo ha il suo prezzo, però, quando si è stati capi sanguinari di migliaia di affiliati: una perquisizione, subito dopo il contatto con la bambina, che costa a Cutolo 10 dei 60 minuti di colloquio (mensile) con la moglie. Di nuovo padre dal 30 ottobre scorso, "o professore" riceve la bambina dalle mani di Immacolata Iacone, sua moglie, che ha partorito al Nuovo Policlinico di Napoli, dopo essersi sottoposta ad un intervento di inseminazione artificiale. Dopo una concessione ottenuta dal ministero della Giustizia nel 2001, svariati tentativi dal 2003, e una gravidanza tenuta nascosta a tutti, nella casa di Ottaviano.

Cutolo-padre tiene la bimba fra le braccia per circa 15 minuti, è emozionato, intimidito dall’esserino - pesa poco più di tre chili - come tutti i padri di questo mondo. E se su questa nascita - clamorosa in un matrimonio ventennale che ha memoria di un solo bacio fra i coniugi - fu proprio la famiglia a cercare le attenzioni della stampa, questa volta i genitori non vogliono che dell’incontro si sappia. È una riunione di famiglia, dove ogni sguardo, ogni parola, ogni possibile effusione passa per le maglie strettissime del 41 bis.

Denise, la piccola che per i cugini, appena nata, aveva "gli occhi azzurri di zia Rosetta" - sorella leggendaria del boss, che resse il clan mentre lui era in carcere - torna fra le braccia di Immacolata. E il padre fa appena in tempo a riprendersi dalla tenerezza, che è già di nuovo oscurato dall’incombenza successiva: deve subito spogliarsi per la perquisizione.

Umiliante per l’ex superboss, che fino al marzo scorso, nel carcere di Novara, ha preferito rinunciare al contatto diretto con il suo legale, rimanendo piuttosto sempre dietro a quel vetro, proprio per evitare le ispezioni. "Non è questa la sede per contestare il 41 bis - dice l’avvocato Gaetano Aufiero -.

Abbiamo impugnato ancora una volta le condizioni del carcere duro e attendiamo l’udienza di discussione nel Tribunale di Perugia, entro qualche settimana. L’incontro fra Cutolo e sua figlia doveva avvenire lontano dai riflettori. Dal momento che ora la cosa è trapelata però, sento di dire che trovo questo trattamento e tutte queste precauzioni eccessive. Va stigmatizzata questa esasperazione nell’applicazione del 41 bis".

 

 

Segnala questa pagina ad un amico

Per invio materiali e informazioni sul notiziario
Ufficio Stampa - Centro Studi di Ristretti Orizzonti
Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 - Padova
Tel. e fax 049.8712059 - Cell: 349.0788637
E-mail: redazione@ristretti.it
 

 

 

 

 

Precedente Home Su Successiva