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Indulto: Mastella; i dati sulla recidiva non sono sconvolgenti
Apcom, 10 aprile 2007
In Campania, il 15% delle persone scarcerate grazie all’indulto è stato arrestato nuovamente. Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, commenta come "fisiologico" il fenomeno. Il Guardasigilli, rispondendo a una domanda di un giornalista, a Napoli, ha dichiarato: "Non mi pare siano dati sconvolgenti rispetto all’andamento del Paese - ha detto il ministro - in Campania c’è un 3% in più rispetto alla media nazionale, il che significa una quota fisiologica". Mastella ha poi nuovamente difeso il provvedimento emesso otto mesi fa e ha aggiunto: "Il 15% non mi sembra un elemento ossessivo che si possa attribuire all’indulto, né alle vicende campane. Sarebbe stato molto bello - ha concluso - se non ci fosse stato il rientro di nessuno, ma alcune cose sono inevitabili, purtroppo". Indulto: a Napoli il 15% di recidivi, la media nazionale è l’11,3%
Il Mattino, 10 aprile 2007
A distanza di otto mesi dall’applicazione dell’indulto, il numero di chi torna a delinquere e torna in carcere resta contenuto. Con un’eccezione significativa: la Campania. Il record di detenuti per i quali si sono riaperte le celle dei penitenziari appartiene alla nostra regione. Il tasso di recidiva interessa il 3,5 per cento di persone che, l’estate scorsa, avevano riacquistato la libertà grazie al provvedimento di legge approvato dal Parlamento. I dati (aggiornati al 31 marzo scorso) sono frutto di uno studio diffuso dal ministero della Giustizia. Dalla ricerca di via Arenula emerge sostanzialmente una tendenza: tra i reclusi che hanno beneficiato dell’indulto la percentuale dei recidivi (cioè di coloro che hanno commesso un nuovo reato) tocca il 11,35 per cento; mentre coloro che prima di beneficiare del provvedimento di clemenza erano sottoposti a misura alternativa e che sono tornati a delinquere, la percentuale scende al 2,06. In particolare, i dati rilevano che su 25.834 detenuti usciti grazie all’indulto, sono tornati a commettere nuovi reati in 2.932; mentre su 17.315 soggetti sottoposti a misure alternative, il numero dei recidivi è stato di 356 unità. Per quanto riguarda la nazionalità dei recidivi, i dati confermano il trend dei mesi scorsi, quando una ricerca aveva dimostrato che tra quanti tornano a violare la legge, tra italiani e stranieri, il primato spettava ai nostri connazionali. Ma veniamo al dato relativo alla nostra regione. Alla Campania spetta il poco esaltante record di recidivi per i quali si sono riaperte le porte del carcere: circa il 15,38 sul totale nazionale. Un dato, questo, che era già stato evidenziato dal ministero di via Arenula due mesi fa. A febbraio la Campania e soprattutto Napoli - nel pieno di un’emergenza criminale che ha indotto il governo a varare un patto per la sicurezza dell’area metropolitana - presentava un tasso di recidiva superiore di circa 3,5 punti rispetto alla media nazionale. Il record negativo della Campania non è tuttavia molto superiore al tasso medio di recidiva delle altre regioni in cui sono presenti le grandi metropoli urbane. Intanto questa mattina il ministro della Giustizia Clemente Mastella torna a Napoli. Alle 10 il Guardasigilli sarà presente alla inaugurazione del nuovo ingresso del Palazzo di Giustizia del Centro direzionale, che permetterà un secondo accesso nella cittadella giudiziaria. Il nuovo varco (che si apre su piazzale Mededil) consentirà di far fronte ai nuovi flussi di utenza in vista del completamento delle operazioni di trasferimento dell’intero settore civile nel Nuovo Palazzo di Giustizia. La cerimonia sarà però disertata dai rappresentanti dell’ordine degli Avvocati di Napoli. L’unico rappresentante della classe forense sarà il presidente del Consiglio dell’ordine Franco Tortorano, che consegnerà a Mastella un libro bianco che contiene "tutte le denunce presentate dal 2002 a oggi sulla carenza di servizi, a cominciare dalle vie di fuga e dagli ascensori della Torre A, destinata a ospitare gli uffici del settore civile". Giustizia: Manconi; presto altre case-alloggio per madri detenute
Ansa, 10 aprile 2007
Altre case alloggio per accogliere le madri detenute con i loro bimbi di non più di tre anni sorgeranno in Italia. Ne dovrebbero nascere una a Venezia, un’altra a Roma e poi a Matera e forse anche a Torino e in Irpinia. Lo ha annunciato oggi il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi, che ha visitato la prima di queste strutture speciali, aperta martedì scorso a Milano. "C’è un progetto di legge - ha spiegato Manconi - approvato in Commissione Giustizia della Camera che prevede la realizzazione di queste strutture dedicate e che, compatibilmente con l’iter legislativo, dovrebbe concludersi abbastanza velocemente". Infatti si sta cercando un edificio a Venezia; a Roma, invece, "l’ipotesi è concreta e si sta procedendo celermente", mentre sono in corso verifiche a Matera e in programma c’è anche di aprirne una nel capoluogo piemontese e in Irpinia. In questo modo, stando a quanto ha affermato il sottosegretario, si realizzerebbero dalle quattro alle sei case alloggio "per togliere bambini innocenti dal carcere, rispettare i loro diritti e assicura loro una crescita quanto più possibile normale". "Un numero di case alloggio - ha proseguito il parlamentare - che permetterebbe una copertura delle esigenze" perché, facendo i conti, sono tra 35 e 45 le mamme dietro le sbarre con i loro figli piccoli e presto potrebbero essere anche di più. Intanto, da martedì scorso, per la prima volta in Italia, mamme e figlioletti hanno lasciato il carcere milanese di San Vittore per essere trasferiti in un appartamento al piano terreno di un edificio in una zona semicentrale del capoluogo lombardo, in viale Piceno. Si tratta dell’Icam, l’Istituto di custodia attenuata per madri, una casa che nulla ha a che vedere con il carcere e dove ora sono ospitate due donne (una in attesa di giudizio e l’altra con una pena definitiva da scontare di circa un anno) con i loro piccoli, un bimbo e una bimba di meno di due anni. Si tratta di una struttura a misura di bambino ideata con la collaborazione di ministero, Regione, Provincia e Comune: un giardino e una ludoteca con tanti giochi, una biblioteca con libri e videocassette per grandi e piccini, una cucina con due tavoloni e seggioloni dove pranzare e cenare tutti insieme e una decina di stanze con lettini e culle per permettere ai piccini di dormire vicini alle loro mamme. E a dimostrazione che questa sezione distaccata di San Vittore, dove pur esistono misure di sicurezza, è così diversa, sono stati messi a punto una serie di accorgimenti come quello di "vietare" le divise agli agenti di polizia penitenziaria. L’unico ad indossarla è il portiere. Salute: Giulio Starnini; e non chiamiamoli più "reparti bunker"
Ristretti Orizzonti, 10 aprile 2007
Credo sia opportuno iniziare a mutare le aggettivazioni con le quali vengono descritte le realtà anche dure del carcere, se il nostro intento è cambiarle nella sostanza. Definire "reparto bunker" i reparti destinati al ricovero dei pazienti in stato di detenzione significa partire con il piede sbagliato. Questi reparti, per la realizzazione dei quali ho molto lavorato e lavorerò ancora (esistono a Milano, Roma e Viterbo), si definiscono di "medicina protetta" e garantiscono un’assistenza ospedaliera eccellente. Il problema che permane, come ha sottolineato il Garante per i detenuti della Regione Lazio, Angiolo Marrroni, è quello di farli diventare un po’ meno "bunker" e un po’ più reparti ospedalieri nei quali, accanto all’aspetto sanitario possa coesistere anche quello dell’accoglienza. Parlare di sbarre, segrete e quant’altro già in fase di progettazione mi preoccupa, perché orienterà gli ingegneri a costruire un carcere, piuttosto che un reparto ospedaliero. La sicurezza delle persone ricoverate e del personale si costruisce con la collaborazione e con il rispetto reciproco. Complimenti al dott. Pirruccio, che ha saputo sensibilizzare i referenti regionali alle problematiche del ricovero in ospedale. Se vorrà potrà avvalersi dell’esperienza degli altri reparti già realizzati per consentire che Padova e il Veneto rappresenti un’ulteriore e più importante tappa in questo percorso di affermazione dei diritti umani anche per i detenuti malati.
Giulio Starnini, Responsabile Unità Operativa Medicina Protetta Malattie Infettive Ospedale Belcolle di Viterbo Salute: lezioni di "pronto intervento cardiaco" per gli agenti
Ansa, 10 aprile 2007
Molti detenuti hanno un "cuore a rischio" anche per il condizionamento ambientale della vita carceraria. Per questo l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri e il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, in collaborazione con Heart Care Foundation, hanno promosso una campagna di prevenzione. Cardiologi terranno nelle carceri lezioni di pronto intervento, anche per l’uso di defibrillatori, per la polizia penitenziaria. La fase pilota del progetto partirà venerdì prossimo, con giornate di incontri e corsi tenuti dai cardiologi ospedalieri. Ogni anno, afferma una nota del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, numerosi detenuti muoiono, alcuni per cause cardiovascolari. Cosenza: un progetto per il recupero dei detenuti immigrati
Quotidiano di Calabria, 10 aprile 2007
Un progetto per attivare percorsi di recupero e inserimento nel tessuto sociale di detenuti immigrati è stato presentato, nel corso di un incontro tenutosi a Castrovillari, dall’assessore al Mercato del lavoro della Provincia di Cosenza, Donatella Laudadio. "Sportello informa - lavoro immigrati" è il titolo dell’iniziativa che ha coinvolto, oltre all’assessorato provinciale, le principali autorità degli istituti penitenziari della provincia di Cosenza. Laudadio ha illustrato il progetto, avviato da poco nell’istituto di pena di Castrovillari, che consiste in un sostegno psicologico ai circa trenta detenuti migranti extracomunitari presenti. L’iniziativa, che l’assessore ha auspicato possa essere avviata anche negli altri istituti di pena del comprensorio e per la quale è stata stanziata una cifra di settemila euro, prevede l’inserimento nelle carceri della figura del mediatore culturale, l’avvio di una serie di incontri con i detenuti, sostegno psicologico e seminari per promuovere l’integrazione, il recupero della legalità e l’inserimento linguistico. Il progetto prevede, inoltre, corsi di formazione per l’inclusione nel mercato del lavoro. Lo stadio successivo del progetto, secondo quanto ha riferito l’assessore Laudadio, è la stesura di un piano di lavoro che mira a coinvolgere gli altri istituti di pena del comprensorio, all’interno dei quali si registra la presenza di detenuti migranti. Verona: anche un vestito nuovo rende il carcere più umano
L’Arena di Verona, 10 aprile 2007
Un lavoro silenzioso e continuo, di cui beneficiano in molti ma di cui si parla di rado. È l’attività della San Vicenzo nel guardaroba nel carcere di Montorio dove ormai si contano 91 presenze. Si tratta di 91 settimane, tutti i mercoledì mattina, salvo brevi pause estive o natalizie. Il guardaroba maschile funziona regolarmente: ogni settimana vengono confezionati e distribuiti, in media, più di 60 sacchetti di vestiario. Sono state effettuate 5.567 consegne, assistiti 1670 detenuti. I rapporti con la direzione e con il personale della polizia penitenziaria si svolgono in un clima di cordialità e di collaborazione. Ma non è sempre stato così. In passato, quando la San Vincenzo ha iniziato la sua attività (vale a dire un paio d’anni fa) c’era qualcuno che guardava con sospetto o con perplessità l’attività dei volontari che andavano ad aiutare i detenuti. Ora la presenza dei volontari della San Vincenzo è diventata un altro importante punto di riferimento per chi si trova dietro le sbarre. Certo, i controlli di ciascuno restano rigorosi ma poi, una volta all’interno, i volontari vengono salutati cordialmente, il personale offre loro qualche caffè, ci si scambia dei saluti. "Piccoli segni, forse, ma importanti", dicono i volontari, "in un ambiente dove la disciplina è d’obbligo e la sicurezza un assoluto. Le deroghe, le deviazioni, le sviste non sono sconsigliate ma sono vietate". Sotto il profilo dei flussi, le "domandine", dei detenuti arrivano subito e sono già vagliate: si vuole che il materiale vada a chi non ne ha bisogno, cioè a chi gode già dell’assistenza della propria famiglia o di altre associazioni. Inoltre si vuole evitare che il vestiario diventi merce da baratto. Anche le consegne dall’esterno sono regolate in modo preciso: se ne possono effettuare solo due per ogni mese, solo il lunedì mattina dalle 9 alle 12. Sui arriva in ausilio un altro importante collaboratore, la Caritas diocesana, che continua a mettere a disposizione della San Vincenzo il furgone per il trasporto del materiale. Il rapporto diretto con i detenuti non è consentito ai volontari. Ogni tanto, tuttavia, qualcuno passa, bussa, con discrezione, raccomanda che la sua richiesta venga soddisfatta e se ne va alla svelta. Qualche altro ha bisogno urgente di vestiario e arriva in guardaroba accompagnato da un agente. Ma tutto questo non oscura il lavoro di chi si dedica ai problemi di chi sta dietro le sbarre. Anzi. Sono già molti i detenuti che hanno fatto sapere ai volontari della San Vincenzo quanto apprezzino il loro impegno. Sono parecchi a contare su questa presenza costante, anche se indiretta, che fornisce abiti e biancheria a tante persone che altrimenti non avrebbero a disposizione nemmeno un cambio di vestiario. E questo è il punto cruciale dell’attività della San Vincenzo. Il materiale non basta mai e la biancheria, soprattutto quella da bagno, deve essere sostituita di frequente. Bisogna sempre lavorare sui grandi numeri. Perché per un detenuto che se ne va ne arrivano altri due. Quello della San Vincenzo, perciò, è un cammino destinato a durare a lungo, che richiede un grande impegno economico ma anche personale. "In gennaio alcuni detenuti, davanti al guardaroba hanno ringraziato i vincenziani", testimoniano alcuni volontari. "Chi non parlava italiano ha ringraziato alzando le braccia. Per l’ennesima volta li abbiamo sentiti come sono: nostri fratelli nel bisogno". Con l’indulto della scorsa estate sono usciti dal carcere di Montorio circa 350 detenuti, Dagli 800 iniziali erano passati, a fine agosto, a circa 450. Ora, per effetto dei "rientri" e per l’apporto della criminalità comune, sono quasi 600. E ogni settimana arrivano le domande di circa 15 nuovi arrivati, sprovvisti di tutto, bisognosi di tutto. Treviso: il Vescovo è stato in visita ai detenuti di Santa Bona
Il Gazzettino, 10 aprile 2007
Hanno ricordato la sofferenza di Gesù durante il processo che l’ha portato alla croce, mettendolo in parallelo con la loro detenzione. Una lettera commossa ma fiduciosa quella affidata dai detenuti di Santa Bona al vescovo Mazzocato, a margine della messa di Pasqua. "In questo giorno speciale - hanno scritto - si affronta come in nessun altro giorno dell’anno il mistero della vita e della morte, che oggi quasi quasi sono tutt’una, e l’una si combina all’altra inevitabilmente. Un venerdì di tanti anni fa, un uomo chiamato Gesù venne condannato a soffrire e morire in croce, per volere di certi uomini, dopo un giudizio sommario, avendone loro l’autorità. Allora qualcuno si lavò le mani in segno di distacco. Il condannato Gesù affrontò il giudizio e il sacrificio, andando incontro al suo destino e rispondendo alla cattiveria con il bene. Ora come allora, per l’uomo, le cose non sono tanto cambiate, esistono ancora autorità, giudizi, condannati, esecuzioni, decisioni importanti prese con estrema facilità. Alla fine c’è sempre qualcuno che decide per qualcun altro. E ancora oggi ci sono uomini che non sanno ascoltare, terminando così a ripetere il gesto di tanti anni fa: lavarsi le mani per non prendersi responsabilità. Essi credono l’ascolto superfluo, scontato e non invece l’apertura per poter comprendere, credere nell’altro". Un accenno, nella lettera, c’è stato anche per la loro sofferenza: "A volte accade, causa la scarsa fiducia e il non attento ascolto, o il non stare semplicemente a sentire, di dimenticare di tirar giù dalla croce chi ha già sofferto abbastanza. E ancora, per una questione di principi propri, fare di certe regole lo strumento per far valere la propria autorità, non sapendo forse che tali ragioni potrebbero precludere l’anelare a nuovi percorsi, a rinnovate speranze, a cambiamenti e vantaggi quasi per tutti. Perché il problema della gramigna nel giardino non si risolve estirpando tutti i tipi di piante". Informazione: domani Radio Carcere esce con "Il Riformista"
Ristretti Orizzonti, 10 aprile 2007
Domani, mercoledì 11 aprile, uscirà con "Il Riformista" la pagina settimanale di "Radio Carcere", a cura di Riccardo Arena. In questo numero: due realtà detentive molto diverse. Quella del carcere dell’isola di Favignana e quella del carcere dell’isola della Gorgona. Favignana: degradata e costosa. Le celle sono messe a 10 metri sotto il livello del mare, senza finestre e ogni detenuto costa al giorno 300 euro. La Gorgona decorosa e meno costosa. Tutti i detenuti lavorano e percepiscono uno stipendio. Lì ogni detenuto costa "solo" 170 euro al giorno. Vi segnalo anche l’editoriale di Fabio Lattanzi: "L’Italia: il Paese, dove anche le cose ovvie risultano impossibili da realizzare". Ricordo l’appuntamento di questa sera alle 21.00 su Radio Radicale, con la versione parlata di Radio Carcere.
Riccardo Arena Genova: visita di Mastella, ma il Sappe organizza una protesta
Comunicato Sappe, 10 aprile 2007
Sale la tensione nel carcere di Marassi. E i poliziotti penitenziari aderenti al Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria Sappe, il più rappresentativo della Categoria con 12mila iscritti (più di 300 quelli in servizio nel carcere di Marassi) organizzano un manifestazione di protesta per il 28 aprile prossimo, in occasione della visita a Genova del Ministro della Giustizia Clemente Mastella. "Saremo in centinaia in piazza, davanti al carcere, a gridare la nostra rabbia verso una Amministrazione Penitenziaria sorda e indifferente alle gravi problematiche del Personale di Polizia, che si dimentica sistematicamente delle donne e degli uomini del Corpo e che vorrà presentare al ministro una situazione idilliaca, ben diversa dalla dura realtà", denuncia Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sappe. "Da anni denunciamo la grave situazione della Polizia Penitenziaria di Marassi, che oltre ad essere costantemente sotto organico di più di 100 agenti rispetto a quanto prevede il Decreto ministeriale dell’8 febbraio 2001 sulle dotazioni organiche del carcere della Valbisagno, registra un’ulteriore carenza di 70 agenti, sulla carta assegnati a Marassi ma temporaneamente trasferiti in altre sedi penitenziari del Centro - Sud. Continuano ad arrivare, dal Ministero, anziché rinforzi, provvedimenti beffa di trasferimento temporaneo di alcuni dei pochi agenti rimasti per potenziare (!) presidi del Centro-Sud Italia. Come, ad esempio, i varchi d’accesso del Palazzo di Giustizia di Roma, la squadra di calcio dell’Astrea, l’Istituto per minorenni di Firenze o addirittura il Gruppo Operativo Mobile, che dovrebbe rappresentare l’èlite del Corpo ma a cui continuano ad essere aggregate unità di Polizia Penitenziaria senza alcuna esperienza professionale, scelte non si sa in base a quali criteri, visto che da anni non viene fatto nessun interpello trasparente per l’assegnazione del Personale. E al danno si aggiunge la beffa, visto che i destinatari di questi provvedimenti sono quasi sempre persone con pochi anni di servizio, mentre colleghi più anziani e con gravi problemi familiari non riescono ad ottenere un provvedimento di distacco temporaneo o un trasferimento in altre sedi penitenziarie, fattispecie per altro previste dal nostro Contratto di lavoro. Noi non intendiamo affatto contestare i distacchi per art. 7 del Contratto (assegnazioni temporanee per gravissimi motivi di carattere familiare), per legge 104/92 (assistenza familiari disabili) e/o per mandato elettorale, ma deve però essere altrettanto chiaro che deve essere concessa un’alternanza tra il personale, perché abbiamo colleghi con gravi situazioni familiari che non possono accedere neanche temporaneamente alla mobilità di sede". Il Sappe dunque sarà in piazza nel giorno della visita del Ministro Mastella a Genova (che sarà proprio a Marassi per inaugurare la nuova Caserma degli Agenti) per gridare "la rabbia dei poliziotti penitenziari, che si sentono abbandonati da un’Amministrazione regionale e centrale sorda e indifferente ai nostri problemi. E che la situazione sia esplosiva lo dimostra anche quanto è successo nel giorno di Pasqua, quando i nostri colleghi hanno praticamente buttato via il pasto fornito nella mensa di servizio interna perché immangiabile. Il primo piatto era ravioli con salsa di noci freddi, scotti e con una salsa acidula. Il secondo, che doveva essere un roast-beef di vitellone, si è trasformato in vitello in salsa tonnata cattivo nel gusto e nell’aspetto. E, per finire, il piatto forte l’agnello al forno con carciofi: c’erano solo ossa e pochi pezzi di carne, per di più dall’odore avariati e freddi. Doveva esserci anche lo spumante, visto il giorno di festa, ma non se n’è vista traccia. Che controlli dispone il Provveditorato Regionale della Liguria, che ha esperito la gara di appalto tra le ditte partecipanti?" Il Sappe non esclude di adottare come forma di ulteriore protesta l’astensione dalla consumazione del vitto fornito dall’Amministrazione penitenziaria regionale conclude: "Non accettiamo un trattamento simile, indegno per degli appartenenti ad un Corpo di Polizia chiamati a svolgere un quotidiano duro e difficile lavoro, costantemente sotto organico ed offesi pure quando vanno a mangiare nella mensa di servizio. E sabato 28 aprile saremo veramente in tanti nel piazzale Marassi per gridare al Ministro Mastella la nostra rabbia!" Droghe: il ministro Livia Turco; anche lo "spinello" è distruttivo
Ansa, 10 aprile 2007
Intervistata da "A - Anna", la rivista diretta da Maria Latella, Livia Turco, ministro della Salute, racconta per la prima volta come ha parlato di spinelli a suo figlio sedicenne e spiega perché, secondo lei, il Tar ha bocciato la sua legge. Dello "spinello libero" la Turco afferma: "Non l’ho mai pensato, né detto. Sono talmente convinta che faccia male da esercitare fino in fondo, a differenza di tanti genitori di oggi, la mia funzione educativa su mio figlio sedicenne. Gli ho fatto capire che fa male, che lui non deve farsi irretire. Tutte le droghe, compreso lo spinello, sono distruttive. A mio figlio ho fatto un capoccione così. E lui ha capito". Quanto alla bocciatura del Tar, per il ministro il tribunale "aveva un pregiudizio. Ma ha bocciato anche la legge Fini-Giovanardi. Perché è inapplicabile, viziata dall’ideologia". La Turco coglie infine l’occasione per commentare la possibilità di una scissione di Mussi dai Ds dicendo: "Mi pare una sorta di compagnicidio. Siamo della stessa famiglia. Mi auguro si tratti di tattica, altrimenti sarebbe una violenza gratuita e politicamente suicida". Belgio: 10 mila detenuti e raddoppio dei "braccialetti elettronici"
Ansa, 10 aprile 2007
Nelle carceri belghe ci sono quasi 2.000 detenuti in più della capienza prevista e nell’ultimo anno è aumentato dell’87,7% l’uso dei braccialetti elettronici. È quanto risulta dal rapporto diffuso oggi a Bruxelles dai responsabili nazionali del settore penitenziario. Alla data del primo marzo scorso i detenuti in Belgio erano 9.950, mentre le carceri, ne possono ospitare, complessivamente, 8.311. Le donne sono 447. Rispetto ad un anno fa, c’è stato un aumento di detenuti del 3,9%, mentre la ricettività delle prigioni è rimasta la stessa. I detenuti sottoposti a sorveglianza tramite braccialetto elettronico sono 612, di cui 43 donne, con un aumento dell’87,7 per cento. Nell’arco del 2006 sono finite in carcere 16.189 persone e ne sono state rilasciate 15.537.
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