in copertina
"dentro" di Gian Enrico Barbagli
Di
quella visita ricordo ancora ogni minimo particolare, perché a causa della mia
età ancor tenera, era la prima volta che entravo in un luogo simile. Appena vi
misi piede, il cuore cominciò a battermi così forte da farmi male. Il custode
ci condusse in una cameretta puzzolente, che riceveva scarsa luce da una
finestrella protetta da due inferriate, e ci indicò uno sportello aperto, in
una delle pareti, ad altezza d’uomo, attraverso cui potevamo parlare col
detenuto da noi richiesto. Per vederlo dovetti alzarmi sulla punta dei piedi.
Quanto piacere mi fece che, a prima vista, mi riconobbe.
Così finisce “Visita al carcere”, il primo testo di Uscita di sicurezza, la
raccolta autobiografica in cui Ignazio Silone ci regala, come pepite sparse,
piccoli e grandi tesori di una vita tormentata e intensamente vissuta.
L’uomo che lo riconobbe, lui lo aveva incontrato anni prima, il primo giorno
in cui aveva accompagnato il padre al lavoro. Dopo aver percorso un lungo tratto
di strada a piedi per arrivare al loro appezzamento, nella conca del Fucino, il
padre si era accorto, con vivo disappunto, di aver per la prima volta
dimenticato a casa il suo sigaro. E insieme aveva capito che suo figlio ben poco
avrebbe potuto aiutarlo nel lavoro dei campi. Così lo aveva mandato, con una
moneta in mano, sul ciglio della strada per trovare qualcuno che gliene vendesse
uno.
Dopo diversi e maldestri tentativi, l’unico che cedette alle disperate
suppliche del ragazzo, non senza divertito sarcasmo, fu un uomo sconosciuto,
sporco e cencioso. Non volle nulla in cambio: “Un mezzo sigaro lo si regala, o
lo si rifiuta”. E assieme al sigaro regalò al ragazzo, che si sentiva
responsabile di quella dimenticanza, la felicità di dimostrare al padre che
almeno questo, lo aveva saputo fare.
Anni dopo vide arrestare questo stesso uomo per furto, lo riconobbe, ed ottenne
dal questore il permesso di andarlo a trovare, con qualche sigaro in tasca per
lui. Visto fuori, visto dentro; l’unico generoso, e forse un ladro; il
consolatore, e colui che è consolato. Quanti punti di vista e possibili ipotesi
su quest’uomo, così diverso a seconda dei momenti, ma sempre lo stesso. Lo
splendido simbolismo di questo brano ci mostra due uomini, per due volte
entrambi con la mano tesa, a guardarsi negli occhi e a chiedesi cosa sia
successo all’altro.
Questo numero di Primapersona ci regala pepite un po’ diverse. Al di là di
ogni buonismo, abbiamo lasciato la parola ai carcerati non per raccontarci cosa
sia successo prima di arrivare in carcere, ma per dirci come si vive lì, quante
cose il carcere può far nascere o distruggere. Memorie e diari di uomini chiusi
dentro, e di donne che vanno a trovarli. La grande protagonista è come sempre
la scrittura: sia dalle memorie che dai testi scientifici abbiamo cercato di
circoscrivere i suoi usi, le sue funzioni e i suoi ruoli fra le mura delle case
circondariali. Vediamo come il carcere sia stato uno dei primi luoghi in cui si
è sistematicamente chiesto di scrivere la propria vita, e seguiamo
l’evoluzione di questa pratica: dall’ottocento lombrosiano delle
autobiografie scritte per scopi scientifici, ai diari sollecitati oggi da
psicologi, formatori e semplici volontari che col diario offrono solo un luogo
d’espressione, e che inviano poi tutto all’archivio diaristico.
Fra i contributi scientifici, testi sui graffiti nelle celle,
dall’Inquisizione in poi, e ricerche sulle mura di cinta di Rebibbia e Regina
Coeli per capire se, anche per la scrittura, quella è una frontiera.
In apertura del numero, ancora una volta un testo importante: poche pagine di
Michel Foucault tradotto appositamente per i nostri lettori. Il filosofo
impegnato cui tanti di noi, nel comporre questo numero, hanno sentito di dover
fare appello.
Primapersona
- Numero diciassette
Anno
IX - n° 17, pp. 116 - [finito di stampare il 30 giugno 2007]
Carceri
e carcerati
editoriale
E ora levate il muro! di Pietro Clemente
il
grande classico
Le loro prigioni
di Michel Foucault
cura e traduzione di Anna Iuso
le
storie
Dentro o fuori
Mi salvo la pelle scrivendo di Paolo Severi, a cura di Patrizia Dindelli
Il sorvegliato di Antonio Specchio, a cura di Silvia Bragagni
Agente, la prego di Valdimar Andrade Silva, a cura di Antonella Brandizzi
Mancanza d'aria di Alberto Bonvicini, a cura di Loretta Veri
diari
paralleli
I giorni dell'attesa di Claudia Sonia Colussi Corte e Anna Maria Caredio, a cura
di Daniela Brighigni
letture
bendate
Quaderni a sbarre a cura di Silvia Bragagni e Daniela Brighigni
la
sapienza
I libri di pietra di Daniel Fabre
Fin da bambino di Pierpaolo Leschiutta
Sulla carta ruvida e scura di Fabio Caffarena
Il diritto di uscire di Caterina Benelli
Crepe nel muro di Duccio Demetrio
in
tema
L'autoterapia delle "ombre" di Emilio Pozzi
Lettere in un fazzoletto di Caterina Giannottu
Nata in prigione di Roberto Boiardi
La caverna generatrice di Loredana Gambuzzi
Limite invalicabile di Alessio Catalini e Francesco Della Costa
testimonianze
Notti insonni a porte chiuse di Luigi Erminio Pelo, a cura di Natalia Cangi
diario
dei diari
Novecento di Saverio Tutino
in
libreria
I libri dell'autobiografia di Antonietta Di Vito, Alessandro Garofoli
Diari che diventano libri di Alessandro Artini, Ursula Galli
posta
ferma
Qualcosa di eterno a cura di Loretta Veri
con le fotografie di
Annalisa Savoca, realizzate in esclusiva per questo numero presso la Casa
circondariale di Arezzo e il Carcere Regina Coeli di Roma
redazione
Saverio Tutino (direttore), Anna Iuso (vice direttrice)
Mario Aldinucci (caporedattore)
Daniela Brighigni (segretaria di redazione)
Alessandro Artini, Silvia Bragagni, Camillo Brezzi, Natalia Cangi,
Patrizia Dindelli, Andrea Franceschetti,
Fabrizio Mangiameli, Laura Mormii, Nicola Maranesi, Loretta Veri
photo
editor
Laura
Mormii, Annalisa Savoca, Loretta Veri
grafica
Gian
Enrico Barbagli