Rassegna stampa 10 agosto

 

Giustizia: i cretini d’agosto… sia di destra che di sinistra

 

Liberazione, 10 agosto 2007

 

Quando ieri è arrivato in redazione il flash d’agenzia con le parole di Giancarlo Gentilini, ex-sindaco e ora vicesindaco di Treviso, le abbiamo lette e abbiamo fatto la solita smorfia di disgusto. Ci siamo detti che non c’era notizia, perché ormai di simili truci idiozie il vicesindaco di Treviso - una delle figure più forti e rappresentative della Lega Nord - ne ha dette talmente tante che non si contano più e non sono nuove.

Poi però abbiamo riletto la frase di Gentilini ("incaricherò i vigili di fare pulizia etnica dei culattoni") che è una frase del tutto organica al pensiero nazista, e abbiamo pensato che l’abitudine all’hitlerismo non è mai una buona abitudine. E che ogni volta che qualcuno - della Lega o no - pronuncia frasi naziste come questa, o anche semplicemente frasi razziste - come spesso capita a Bossi a Calderoli e ad altri - bisogna avere la capacità e la forza di indignarsi come se fosse la prima volta.

E poi indignarsi non basta. Occorre pretendere dei provvedimenti. Le parole di Gentilini pongono alla destra una grandissima questione di responsabilità: sottovalutarle e considerarle un fatto di folclore sarebbe un errore tremendo. Perché condannerebbe questo paese ad avere una destra indelebilmente marcata dalla orrida cultura razzista o addirittura - come in questo caso - hitleriana. E a nessuno fa piacere vivere in un paese dove la destra è impresentabile. E tutta la battaglia politica, in ogni campo, viene contaminata e fatta degenerare da questo problema.

Io considero la Lega Nord una delle espressioni più lontane dal mio modo di pensare. Molte posizioni politiche della Lega - fondamentalmente la sua aspirazione a ottenere la supremazia delle province del nord, cioè delle province ricche sul resto del paese - secondo me sono fortemente reazionarie e da combattere con tenacia e anche con aggressività.

Però, quelle, restano posizioni politiche legittime. Per capirci, quelle espresse, ad esempio, da Roberto Maroni o persino da Roberto Castelli. Quando invece la Lega accetta il nazismo di Gentilini, o il Calderoli anti islamico, o certe uscite razziste di Bossi o di Borghezio, è tutta la Lega a vedere messa in discussione la propria legittimità democratica, e di conseguenza tutta l’alleanza di centrodestra.

Finito questo ragionamento, piomba sui nostri tavoli una dichiarazione delirante e offensiva di Francesco Caruso - giovane deputato del Prc - che serve a ricordarci che la cretineria non è una esclusiva della destra. Caruso dice che l’ex-ministro del lavoro (Ulivo) Tiziano Treu e l’ex consulente del ministero (senza partito) professor Marco Biagi sono assassini. Perché?

Perché le leggi che hanno preparato (le leggi sul lavoro, quelle che regolano tra l’altro il lavoro a tempo determinato, cioè il lavoro precario) sono responsabili di 1.200 morti all’anno. Le dichiarazioni di Caruso provocano immediatamente molte reazioni, e allora lui le corregge e le modifica leggermente.

Sono idiozie pure, queste frasi di Caruso. Per due ragioni. La prima è che l’usanza di definire assassini gli avversari politici è una usanza "totalitaria", francamente insopportabile. Esistono gli assassini in politica, sono quelli che ordinano le uccisioni e gli stermini. Bene, sia chiaro: né Biagi, né Treu, e neppure l’odiatissimo Silvio Berlusconi sono assassini.

Nessuno ci impedirà di svolgere polemiche ferocissime contro di loro, ma nessuno di loro è Pinochet. Quanto al professor Biagi, era un intellettuale assolutamente non violento, ed è stato ucciso. Chi lo ha ucciso è un assassino, non il professor Biagi.

Seconda ragione: le morti bianche, purtroppo, sono un fenomeno che precede - e di molto, molto tempo - le leggi di Treu e del ministro Maroni (cioè la legge 30 alla quale ha lavorato anche il professor Biagi, che tuttavia non ne è l’autore. Il suo nome viene usato, in una non elegante speculazione politica, da chi vuole ad ogni costo difendere la legge).

Le leggi che hanno dato il via libero al precariato sono - credo - pessime leggi, che vanno cambiate dal centrosinistra, e anche per questo abbiamo convocato una manifestazione per il 20 ottobre. Però c’entrano molto poco con il fenomeno degli omicidi bianchi. I quali colpiscono quasi sempre o lavoratori a tempo indeterminato, regolari, o - la maggior parte delle volte - lavoratori clandestini, assunti a due lire da imprenditori senza scrupoli, che sono responsabili, certamente, di concorso in omicidio.

Una parte consistente del nostro mondo imprenditoriale, che lucra e aumenta i profitti tenendo bassa la sicurezza sul lavoro, porta una gigantesca responsabilità personale per quelle 1.200 morti all’anno. È chiaro che è così, e che parlare di "casualità", ogni volta che cade un operaio, è una gigantesca ipocrisia, della quale, spesso, anche la stampa è complice. Le fesserie di Caruso certo non ci aiutano nella battaglia per rendere chiare queste cose.

P.S. Siccome Francesco Caruso è stato eletto deputato dal Prc, e siccome questo è il giornale del Prc, ci sentiamo in dovere di porgere le nostre scuse alla moglie e ai figli di Marco Biagi.

 

Piero Sansonetti

Lazio: Sappe; 4.648 detenuti, carceri al limite della capienza

 

Adnkronos, 10 agosto 2007

 

"L’indulto varato un anno fa dal Parlamento (con una maggioranza abbondantemente superiore ai 2/3 richiesti, è opportuno ricordarlo a chi ancora oggi vorrebbe imputarne la potestà esclusivamente al ministro della Giustizia Clemente Mastella) era un provvedimento inevitabile per il grave sovraffollamento dei penitenziari nazionali e liguri, in particolare, ma oggi rischia di essere vanificato dalla mancata approvazione di alcune riforme fondamentali per la giustizia proprio da parte delle Camere parlamentari e dalla scarsità di risorse destinate al settore penitenziario".

Lo dichiarano Giovanni Battista De Blasis e Maurizio Somma, rispettivamente segretario generale aggiunto e segretario regionale del Lazio del Sindacato autonomo polizia penitenziaria, Sappe, l’organizzazione più rappresentativa del personale con 12mila iscritti, commentando i dati relativi alla situazione penitenziaria ad un anno dall’approvazione dell’indulto.

"A livello nazionale - proseguono De Blasis e Somma - i soggetti usciti dalle patrie galere per effetto dell’indulto sono stati 26.632. Dai penitenziari del Lazio sono stati scarcerati 2.582 detenuti (1.572 italiani e 1.010 stranieri): 181 da Cassino, 219 da Frosinone, 53 da Latina 133 da Velletri, 334 da Civitavecchia, 248 da Viterbo, 870 da Rebibbia Nuovo Complesso, 188 da Regina Coeli, 25 da Rieti, 208 dal reparto femminile di Rebibbia, 11 da Paliano e 115 dalla casa di reclusione di Rebibbia. Rientrati in carcere dopo aver beneficiato dell’indulto sono stati ad oggi 5.699 persone (5.553 uomini e 146 donne) e di questi 584 nel Lazio (557 uomini e 27 donne)".

"Purtroppo - sottolineano gli esponenti del Sappe - la mancata programmazione da parte di Governo e Parlamento di interventi strutturali per il sistema carcere, chiesti anche dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano, contestualmente all’approvazione dell’indulto ha vanificato in pochi mesi gli effetti di questo atto di clemenza. Oggi i penitenziari si stanno nuovamente affollando. La capienza nazionale regolamentare di circa 43mila posti è stata ampiamente superata, con circa 45mila detenuti attualmente presenti.

E quella laziale è al limite, con 4.648 posti a disposizione e 4.489 detenuti presenti. Pensare che a pochi mesi dall’approvazione dell’indulto il numero dei detenuti si era drasticamente ridotto". -"Al 30 settembre 2006, ad esempio - spiegano De Blasis e Somma - erano presenti a livello nazionale 38.326 detenuti e nel Lazio ce n’erano circa 3.800. La mancata adozione di interventi strutturali sulla pena ha quindi vanificato l’effetto indulto.

A tutt’oggi non ci risulta che classe politica e governativa abbiano fatto seguire all’indulto i necessari interventi strutturali sull’esecuzione della pena, che garantiscano la giusta sanzione a chi commette reati soprattutto a tutela delle vittime della criminalità e che rendano la pena uno strumento efficace per ripagare la società del reato commesso".

"A cominciare -proseguono gli esponenti del Sappe dall’individuazione di provvedimenti legislativi che potenzino maggiormente l’area penale esterna (destinando i soggetti a misure alternative alla detenzione e impiegandoli in lavori socialmente utili non retribuiti) e dall’incremento degli organici della Polizia Penitenziaria, unico Corpo di Polizia cui affidare completamente l’esecuzione penale esterna a tutto vantaggio della cittadinanza, destinando le unità di Carabinieri e Polizia di Stato oggi impiegate in tali compiti nella prevenzione e repressione dei reati, specie di quelli di criminalità diffusa".

"In tal senso - concludono De Blasis e Somma - è apprezzabile e va sostenuta con forza la determinazione del ministro Mastella di impiegare, per effetto di un proprio Decreto stilato di concerto con il Ministero dell’Interno ed attualmente in discussione con le Organizzazioni Sindacali di Categoria, le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria proprio negli Uffici per l’Esecuzione Penale esterna. È davvero necessario "ripensare" il carcere, ma bisogna farlo con urgenza prima che la situazione del sistema penitenziario torni di nuovo ad essere allarmante".

Veneto: da Regione 450mila € per progetti culturali in carcere

 

Asca, 10 agosto 2007

 

Iniziative della Giunta regionale a favore delle millesettecento persone detenute nelle carceri venete. Il governo veneto, su proposta dell’Assessore regionale alle politiche sociali Stefano Valdegamberi, ha approvato una delibera che assegna 450 mila euro di contributi a favore di progetti con finalità educative, culturali, ricreative e sportive, proposti e curati da associazioni di volontariato e del privato sociale, in stretta collaborazione con le direzioni degli istituti, si occupano in modo mirato di queste problematiche.

Il provvedimento assegna 350 mila a progetti destinati a detenuti negli istituti di pena e 100 mila euro a persone in area penale esterna (cioè affidate in prova ai servizi sociali, o in semilibertà, o detenzione domiciliare). "Si tratta di un impegno costante, che prosegue da anni con attenzione all’obiettivo centrale che è il recupero della persona detenuta, il suo inserimento sociale e lavorativo, come prevede anche il protocollo d’intesa in vigore tra ente regionale e ministero.

Negli ultimi sette anni - ricorda Valdegamberi - la Giunta Regionale, per la realizzazione di iniziative educative, culturali, sportive e ricreative a favore delle persone detenute ha stanziato 3 milioni di euro, la maggior parte dei quali con fondi propri, coinvolgendo la totalità degli istituti penitenziari del Veneto e svolgendo 215 progetti che hanno riguardato complessivamente 40.400 detenuti". I progetti approvati e finanziati dovranno concludersi entro 12 mesi dalla comunicazione di avvio ricevuta dalla Regione.

Al 31 dicembre 2006 nei 10 Istituti di Prevenzione e Pena, aventi complessivamente una capienza di 1.782 posti, erano presenti 1.665 detenuti. Di questi, il 15,6% erano veneti (n. 261 soggetti), l’11,4% avevano meno di 25 anni (n. 190 soggetti), il 94,3% di sesso maschile (n. 1570 soggetti) e il 42,8% con una sentenza definitiva (n. 713 soggetti). 508 (pari al 30,51%) risultavano essere tossicodipendenti (66 con meno di 25 anni).

Il totale di soggetti in misura alternativa (affidamento in prova ai servizi sociali, semilibertà, detenzione domiciliare, semidetenzione) nel Veneto, alla data del 30 giugno 2006, è di 1.888. Per quanto riguarda invece le misure di sicurezza (applicabili ai minorenni con meno di 14 anni: libertà vigilata, collocamento in comunità), in Veneto sono state concesse a 137 soggetti.

Emilia Romagna: 50% di detenuti stranieri. Lega: espellerli!

 

Adnkronos, 10 agosto 2007

 

Le carceri dell’Emilia-Romagna "scoppiano" di detenuti stranieri. Una presenza che, rapportata alla percentuale di immigrati residenti, "evidenzia l’elevata propensione criminale di una significativa quota di stranieri residenti in regione". L’atto d’accusa, dati alla mano, porta la firma del consigliere regionale della Lega Nord, Roberto Corradi, che cita numeri forniti dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (aggiornati al 30 giugno scorso) e ricorda che, per mantenere i detenuti stranieri, "lo Stato spende ogni anno più di un miliardo e 360 milioni di euro".

L’esponente del Carroccio chiede dunque alla Giunta di "intervenire presso il Governo perché avvii una massiccia campagna di espulsione dei detenuti stranieri, affinché scontino le condanne detentive nei propri Paesi di origine". Altra soluzione proposta da Corradi è di operare nell’ambito della politica dei flussi migratori per vietare l’ingresso in Italia a cittadini provenienti da Paesi per i quali si registra in Italia una particolare incidenza criminale; privilegiando, invece, "flussi migratori da parte di stranieri appartenenti alle comunità che, in proporzione alla percentuale di residenti nel nostro Paese, non evidenziano particolari inclinazioni criminali". Infine, Corradi chiede che si "interrompa qualunque rapporto di collaborazione ed aiuto, nei confronti di quei Paesi che non si rendono disponibili ad accettare il rimpatrio dei propri cittadini che hanno commesso crimini".

Brescia: l’egiziano morto suicida temeva per la sua famiglia

 

Giornale di Brescia, 10 agosto 2007

 

Era molto preoccupato per la sua famiglia l’egiziano in carcere per aver venduto una dose letale di cocaina a una ventenne di Desenzano che si è suicidato martedì sera a Verziano. Il 32enne era finito in cella subito dopo la morte della giovane marocchina all’ospedale di Desenzano. Per la coca ceduta alla ragazza era stato male anche lui. Il nordafricano aveva scelto di collaborare e, proprio per questo motivo, era stato trasferito, in isolamento, nel carcere di Verziano. Martedì, approfittando di quindici minuti in cui era privo di controllo, il giovane si è impiccato alla porta usando la cordina delle tende. Pare che il detenuto, che con la sua collaborazione aveva consentito di fare arrestare altri due acquirenti della partita di cocaina incriminata, fosse preoccupato per eventuali vendette nei confronti della sua famiglia.

Il giovane era angustiato anche dalla detenzione: sperava in un provvedimento meno restrittivo, in una sorta di premio per la sua collaborazione. Ma per un’eventuale misura alternativa avrebbe dovuto aspettare ancora. E non si è adattato. Non riusciva a stare in cella e ha scelto di morire.

Cagliari: per i detenuti un’asta e una raccolta di cancelleria

 

Agi, 10 agosto 2007

 

Per due sere, il 14 e il 15 agosto, il Comitato "Oltre il carcere: libertà e giustizia" organizza a Cagliari, davanti a Buoncammino, un’asta di beneficenza a favore delle donne recluse e una raccolta di materiale di cancelleria destinata ai figli dei detenuti.

L’anno scorso negli stessi giorni il comitato presieduto da Antonio Volpi e animato da Alessandra Bertocchi, educatrice e insegnante della Scuola edile di Cagliari, aveva promosso una raccolta di libri usati da distribuire fra le biblioteche carcerarie della Sardegna. I cagliaritani avevano risposto consegnando circa 3.000 volumi.

La prossima settimana fra le 17 e e le 21 di Ferragosto e del giorno precedente volontari del Comitato e una dozzina di bambini della scuola media di via Venezia proporranno in un gazebo davanti al carcere una vendita di oggetti. Per una pelliccia di visone donata apposta da una benefattrice cagliaritana, si partirà da una base d’asta di 500 euro con rilanci di 10 euro. Saranno proposti anche oggetti in ceramica artistica (base d’asta 70 euro per ciascuno) offerti dalla Scuola edile di Cagliari.

"Invitiamo, inoltre, i cagliaritani a portare i loro figli e a donare penne, matite, quaderni, zaini e tutto il materiale utile a fornire il corredo scolastico per i figli dei detenuti", è l’appello di Bertocchi. "Il nostro non vuol essere assistenzialismo, ma soprattutto un lavoro educativo che insegni la solidarietà".

Il ricavato dell’asta servirà per acquistare materiale per la cura personale delle detenute, come tinture per capelli e ceretta depilatoria, con lo scopo anche di favorire la socializzazione e la collaborazione fra loro. "Parlando con ex detenute", ha spiegato Bertocchi, "ci siamo resi conto che le donne recluse sentono molto la mancanza di piccoli gesti quotidiani. Il carcere non fornisce l’occorrente. La sezione femminile risente molto della mancanza d’intimità".

Tutte le iniziative del comitato, attivo da un anno e mezzo in Sardegna, si svolgono in collaborazione con la direzione di Buoncammino. L’ultima, in particolare, è patrocinata dall’assessorato ai Servizi sociali del comune di Cagliari. Il comitato, che nei giorni dell’indulto ha anche raccolto 500 indumenti nuovi donati dalla comunità cinese cagliaritana per i detenuti che lasciavano il carcere, collabora anche con le associazioni "Asquer" e "I Sardi".

Larino: aspettando una tettoia per i parenti dei detenuti

 

Avvenire, 10 agosto 2007

 

Un gesto di "umana civiltà": la costruzione di una sala d’attesa nell’area antistante la Casa circondariale del Comune di Larino.

Sono un parente di un detenuto della Casa circondariale di Larino e, quindi, per ovvie ragioni, sono un testimone diretto di quanto sto scrivendo. Il carcere di Larino è una struttura moderna, gestita a mio giudizio egregiamente, e dove noi parenti, ma la stessa cosa ci dicono i detenuti, siamo accolti sempre con cortesia e gentilezza da parte delle guardie e della direttrice. Onestamente, questo va sottolineato, nella Casa circondariale di Larino, pur nel rigore delle regole carcerarie, ci sentiamo trattati come persone.

Le cose, però, cambiano quando ci troviamo fuori a fare attesa nell’area antistante il carcere, perché qui si è costretti, per ovvi motivi di turnazione, a rimanere per ore "al freddo e al gelo" nei mesi invernali e sotto un sole impossibile nel periodo estivo. E questo perché non esiste una sala d’attesa.

Qualche anno fa del problema si è occupato il cappellano del carcere, don Michele Valentini, che ha trovato la disponibilità della direzione della Casa Circondariale e subito anche l’approvazione dell’Amministrazione Provinciale di Campobasso (nota del 15 maggio 2001 prot. N. 10042, firmata dall’ing. Giorgio Marone) che concesse il "nulla osta alla realizzazione delle opere previste in progetto salvo quanto stabilito dal Comune competente per territorio per l’osservanza dei regolamenti locali". Sembrava fatta! Seguono, invece, per quanto mi risulta, anni di silenzio, nonostante diverse sollecitazioni del cappellano don Michele e della direzione del carcere.

Finalmente, un documento del Comune di Larino del 2005 prot. 1549, a firma dell’arch. Giuseppe Mammarella, fa rivivere le speranze di dare corpo a quello che considero "un gesto di umana civiltà", ma il Comune pone diverse condizioni e tra queste il parere preventivo della Provincia di Campobasso (Ma non era stata dato nel 2001?).

Il "sogno" era rimasto tale, l’unica novità era che per sapere nei dettagli cosa bisognava fare c’erano voluti ben quattro anni dalla lettera della Provincia di Campobasso!

Si riparte con il solito impegno della direzione del carcere, di don Michele Valentini e della Diocesi di Larino-Termoli. C’è l’incarico per il progettista ing. Alfonso Scardera, c’è il progetto, c’è la richiesta di approvazione, c’è la disponibilità di don Michele Valentini a sostenere a proprie spese la realizzazione dell’opera da donare poi all’Amministrazione penitenziaria, si mette in moto la "solita" burocrazia, passano gli anni ma la realizzazione di quel "gesto di umana civiltà", come amo chiamare la realizzazione della sala di attesa per i familiari dei detenuti di Larino, rimane sempre un sogno.

Che dire? È colpa della burocrazia! Mettiamola così! Ma alcune domande sono d’obbligo: Può la burocrazia, gestita dagli uomini, essere così "sorda" per anni? Può la burocrazia, gestita dagli uomini, lasciare che nel 2000, in un Paese come l’Italia, la gente si ammali perché costretta a subire il freddo ed il gelo d’inverno o il caldo d’estate? Può la burocrazia, gestita dagli uomini, impedire allo Stato di arricchirsi di un bene per realizzare il quale un semplice cittadino, che ha compreso e vuole dare risposta ai bisogni della gente, si dichiara disponibile a mettere mano nel proprio portafoglio?

È possibile tutto questo? Le "carte" dicono che è possibile. Lo dice anche la realtà: lo spazio antistante il carcere di Larino è ancora come era quando più di sette anni fa si cominciò ad avanzare richieste per realizzare un "box con servizi igienici" per alleviare le "sofferenze" di quanti, dall’estremo Nord come dall’estremo Sud, vanno a visitare i propri familiari.

A volte non sarebbe male "provare per credere"! Negli ultimi anni, e sempre per l’impegno e la disponibilità della direzione del carcere, di don Michele Valentini e della Diocesi di Larino-Termoli l’unica novità, in termini di "umana civiltà e di solidarietà verso i più deboli, è la realizzazione della Casa di accoglienza per assistere ed ospitare i familiari ed i detenuti. Una iniziativa di grande valore morale anche dal punto di vista del recupero alla vita dei detenuti e di cui chi l’ha voluta e sostenuta può, a ragione, essere orgoglioso. Un esempio, per la burocrazia che è sempre gestita dagli uomini, da imitare! Saprà farlo?

 

Giuseppe Ammoscato, Alcamo (TP)

Napoli: a Ferragosto il Sindaco con i ragazzi dell’Ipm di Nisida

 

Comunicato Stampa, 10 agosto 2007

 

Come da tradizione consolidata, nella giornata di ferragosto, il Sindaco di Napoli, On. Rosa Russo Jervolino, ed alcuni suoi collaboratori del settore delle politiche sociali, avrà un incontro con i ragazzi dell’Ipm di Nisida, assistendo anche ad uno spettacolo programmato per quella giornata, condotto dall’artista Pino de Maio, da tempo impegnato ad un’opera di prevenzione e di contrasto alla devianza minorile attraverso la musica popolare della tradizione napoletana.

 

Il Dirigente, dr. Sandro Forlani

Marche: Sappe; aumento dei reati predatori, record di rapine

 

Agi, 10 agosto 2007

 

Record di rapine in banca nelle Marche, secondo il Sappe regionale, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria: nel secondo semestre 2006 si è registrato un aumento del 87% delle rapine e del 9% dei furti rispetto allo stesso periodo 2005. Secondo il segretario regionale, Aldo Di Giacomo, si tratta di "un aumento dei reati soprattutto quelli predatori (scippi e furti), ma anche un aumento di reati commessi dagli stranieri", tutto questo "ad un anno dal provvedimento di indulto". "Gli stranieri nel nostro paese rappresentano il 4% della popolazione residente e pure raffigurano il 36,5% dei denunciati ed un terzo della popolazione detenuta. Il rischio - ha concluso Di Giacomo - è che la crescita dei reati commessi dagli stranieri finisca per penalizzare gli immigrati regolari che lavorano regolarmente e rispettano le leggi".

Kenia: due italiani incarcerati per possesso armi di plastica

 

Affari Italiani, 10 agosto 2007

 

La drammatica testimonianza del produttore cinematografico Francesco Papa che assieme a Silvano Scasseddu, accusati dalla polizia keniota di traffico d’armi, anche se di plastica.

"Siamo stati trattati come criminali: ci hanno interrogati e hanno preso le nostre impronte digitali. Poi ci hanno messo in una cella comune insieme con altre sette persone. Dovevamo stare scalzi, in condizioni igieniche disastrose. Ci hanno accusato di importazione illegale di armi, un reato che prevede dai 7 a i 15 anni di carcere. Tutto per un errore nello sdoganamento di una partita di fucili e pistole di plastica che servivano per girare un film".

Questo è la drammatica testimonianza che Silvano Scasseddu, mago degli effetti speciali, e il produttore cinematografico Francesco Papa, accusati dalla polizia keniota di traffico d’armi hanno rilasciato al settimanale "TV Sorrisi e Canzoni", in edicola domani, dal villaggio turistico dove si trovano agli arresti domiciliari da una settimana. I due cineasti erano impegnati nelle riprese del film "The African Game", che ha per protagonista principale Luca Ward, il divo di fiction di successo come "Incantesimo" ed "Elisa di Rivombrosa", quando sono stati arrestati e imprigionati.

"La tragica ironia è che siamo accusati di un reato che non avremmo neppure potuto commettere", ha dichiarato Silvano Scasseddu, "visto che la produzione ci ha ingaggiato tre giorni dopo che le armi finte erano già arrivate in Kenya e c’erano stati problemi con le autorizzazioni all’importazione. Problemi che tutti pensavamo fossero risolti visto che la stessa polizia keniota ha custodito il nostro arsenale di scena e lo portava ogni giorno sul set per riprenderlo poi in consegna la sera". "Per colpa della leggerezza di qualcuno - ha spiegato il produttore Francesco Papa - noi ora siamo bloccati qui. I nostri passaporti sono stati sequestrati e dobbiamo aspettare fino al 17 settembre, data della prima udienza del processo. Se ora qualcuno non interviene rischiamo una condanna a 15 anni di carcere come dei veri trafficanti d’armi".

 

 

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