Rassegna stampa 16 ottobre

 

Reggio Emilia: un appartamento per accogliere gli ex detenuti

 

Redattore Sociale, 16 ottobre 2006

 

Un appartamento per accogliere gli ex detenuti. Il primo, a Reggio Emilia, per quanto riguarda le persone che escono dal carcere. Si tratta della "Casa don Dino Torreggiani", inaugurata da appena due settimane e gestita dalla cooperativa sociale L’Ovile, una realtà che da 12 anni è impegnata sul fronte dell’inserimento lavorativo, abitativo e della riabilitazione psico-sociale di chi proviene da un altro tipo di istituto penitenziario, l’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio. Rivolta a chi deve scontare le cosiddette "misure alternative alla detenzione", come ad esempio gli arresti domiciliari, l’affidamento in prova ai servizi sociali, la libertà vigilata o la semi-libertà, la "Casa don Dino Torreggiani" parte dalla "difficoltà di perseguire, all’interno delle strutture carcerarie, l’obiettivo previsto sia dalla Costituzione sia dal codice penale, vale a dire quella rieducazione del condannato alla quale dovrebbe tendere la pena", dice Daniele Marchi, supervisore del progetto.

L’idea di offrire un tetto a chi esce dalla casa circondariale di Reggio e magari non ce l’ha nasce dalle tante "lettere dal carcere" arrivate a don Daniele Simonazzi, presidente dell’Ovile. "Ed è per rispondere a questa esigenza che il mondo della cooperazione sociale, del volontariato in carcere e parte del personale dell’istituto penitenziario si sono messe al lavoro per creare la casa don Torreggiani", continua Marchi. L’accoglienza all’interno dell’appartamento, che può ospitare fino a quattro persone, ha natura temporanea e dura in genere 12 mesi, massimo due anni. È rivolta a quei detenuti, anche e soprattutto stranieri, che abbiano intenzione di iniziare o continuare un percorso di reinserimento in società e che siano privi di reti parentali in grado di prendersi cura di loro. Le caratteristiche del progetto richiedono che gli ospiti della casa lavorino o comunque si dedichino ad attività di volontariato, mentre non consentono l’ammissione di ex carcerati tossicodipendenti, né di persone dipendenti dall’alcol o affette da patologie di tipo psichiatrico.

"Durante i mesi di permanenza all’interno della casa don Torreggiani - spiega Daniele Marchi - sono previsti momenti di riflessione e di responsabilizzazione dei condannati in relazione al reato commesso e percorsi di riconciliazione con la società e con le vittime. Tutto questo tramite progetti individualizzati, sotto la supervisione degli operatori, educatori e psicologi della cooperativa L’Ovile e con la vigilanza delle forze dell’ordine se richiesta dalla legge". Ma prima di essere ammessi a far parte dell’appartamento, con il parere favorevole dell’istituto penitenziario di Reggio Emilia, l’ex detenuto deve sostenere un colloquio preliminare, accettare il regolamento che vige all’interno della casa e firmare il patto di adesione all’intero progetto. Regole di convivenza che parlano di orari da rispettare, di spese a cui contribuire, di turni di pulizia, di camere che non devono essere chiuse a chiave, di visite di amici o familiari da concordare con gli operatori. E poi, ancora, è vietato introdurre alcolici o sostanze stupefacenti all’interno dell’abitazione, così com’è vietato far uso di farmaci se non quelli prescritti dal medico.

Padova: un medico di base anche per chi non ha la residenza

 

Redattore Sociale, 16 ottobre 2006

 

Veneto: è una delle proposte avanzate dal gruppo Agorà, che domani promuove a Padova un convegno dedicato alla tutela della salute di chi si trova in stato di grave emarginazione. Sarebbero 12 mila gli homeless nella regione

Secondo le ultime stime della Regione Veneto le persone senza fissa dimora superano la quota dei 12mila. Persone spesso dimenticate, di cui si conoscono solo le problematiche abitative, talvolta i disturbi psicologici e le dipendenze. Ma della loro salute chi si ricorda? Chi considera il fatto che non hanno un medico di base cui rivolgersi, un luogo in cui fare convalescenza, i soldi per le medicine? Da questi presupposti parte l’iniziativa del gruppo Agorà - coordinato da Daniele Sandonà - che a Padova, in occasione della giornata mondiale di lotta alla povertà, martedì 17 ottobre, promuove un convegno dedicato a questo particolare aspetto. L’incontro si svolgerà a partire dalle ore 9 presso la sala Anziani di Palazzo Moroni.

A spiegare il perché di questa iniziativa è la presidente dell’associazione "Gruppo R", co-promotore dell’evento, Emanuela Tacchetto. "Questo della salute dei senza tetto è un tema troppo spesso dimenticato e sottovalutato ed è per questo che abbiamo deciso di affrontarlo in questa sede".

"Le persone senza fissa dimora - evidenza Tacchetto come prima cosa da tenere presente -, non hanno un medico di base. Pertanto quando hanno bisogno di cure si rivolgono al Pronto soccorso facendo un uso improprio del servizio e al contempo non ricevendo, spesso per il troppo carico di richieste, le giuste attenzioni dai medici.

Un secondo aspetto da considerare è che una volta dimesse dall’ospedale nel caso debbano fare una convalescenza, queste persone non ne hanno la possibilità e tornando a vivere in strada rischiano di compromettere ulteriormente la loro salute". Terza problematica: la difficoltà di comprare i farmaci e di seguire le cure prescritte, anche per problemi psicologici.

"È vero - continua Tacchetto - a Padova le cucine economiche e la Caritas forniscono anche un’assistenza medica di base, ma è un servizio gestito da volontari, quindi con possibilità di intervento limitate e mirate elusivamente alla gestione dell’emergenza".

Una soluzione a tutto ciò sarà discussa nel convegno, ma la presidente del gruppo R ha già delle proposte: "In primis una forma di assegnazione di medico di base per chi non ha la residenza. Ma per fare questo ci vuole soprattutto una volontà politica. Pensiamo inoltre a destinare una struttura già esistente a luogo per la convalescenza post-ospedaliera, per ridurre almeno questa problematica".

Taranto: apre uno sportello del Progetto "Avvocati di strada"

 

Redattore Sociale, 16 ottobre 2006

 

Taranto importa il modello americano dell’"avvocato di strada". Ed è proprio quest’ultimo il nome dell’apposito sportello legale che sarà dedicato ai "senza tetto". Scopo principale del progetto è fornire alle persone senza fissa dimora una tutela giuridica qualificata ed organizzata sotto forma di volontariato ed in modo del tutto gratuito.

Coordinatore e fondatore del progetto è l’avvocato Antonio Mumolo. Lo sportello è stato avviato dall’associazione "Nessuno escluso onlus" nata a Taranto dallo scorso settembre, i cui obiettivi sono la garanzia e la tutela dei diritti civili, l’assistenza e la solidarietà sociale verso le fasce svantaggiate della società. Altro scopo dell’Associazione è quello di diffondere l’interculturalità, la tolleranza e l’integrazione sociale degli emarginati.

Per poter portare avanti il progetto l’associazione ha contattato alcuni avvocati del foro di Taranto in modo da poter garantire una tutela legale gratuita e organizzata ai senza fissa dimora. In Puglia lo sportello "avvocato di strada", oltre che a Taranto, è stato già avviato anche a Bari, Foggia e Lecce.

A livello nazionale il progetto "Avvocato di strada" è nato avviato per la prima volta alla fine del 2000 a Bologna su impulso dell’Associazione Amici di Piazza Grande. In Italia le cause di diritto civile, penale e amministrativo degli "avvocati di strada" sono state rivolte a difesa sia di cittadini italiani sia di cittadini comunitari ed extracomunitari.

A questa esperienza John Grisham ha dedicato il suo libro "L’avvocato di strada" che racconta la storia di un prestigioso e ricco professionista americano il quale, in una fredda mattina invernale, vede entrare un barbone nel suo studio armato di pistola. La polizia interviene e lo uccide. L’avvocato ne rimane sconvolto fino a riscoprire il valore che avevano le persone senza una fissa dimora, di cui nessuno si voleva occupare.

Rossano Calabro: doccia nelle celle? no, è solo acqua piovana

 

Quotidiano di Calabria, 16 ottobre 2006

 

Oggi pomeriggio saranno inaugurate presso la locale casa circondariale le officine metalliche "Efesto". Si aggiungono all’Azienda florovivaistica della casa di reclusione di Laureana di Borrello e alla falegnameria della casa di reclusione di Rossano. Le officine segnano un importante successo dell’amministrazione penitenziaria verso il compiuto perseguimento degli obiettivi costituzionali che devono caratterizzare la pena. Il coordinatore regionale della Uil-Pubblica Amministrazione Gennarino De Fazio ha espresso, in una nota, un giudizio positivo sulle varie iniziative rilevando come "i detenuti della Calabria avranno certamente maggiori occasioni di rieducazione, riscatto, formazione e crescita professionale. Senza dimenticare il beneficio stesso di poter lavorare ed essere dunque retribuiti durante la detenzione".

Il sindacalista, rifacendosi alla "durissima vertenza che da tempo contrappone la Uilpa Penitenziari, unitamente ad altri sindacati, alla gestione del Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria", sottolinea però che il giudizio positivo su tali iniziative e sulle politiche e strategie di miglioramento ed abbellimento dell’esterno e delle zone più accessibili al pubblico delle strutture penitenziarie non devono far ignorare ì gravi rallentamenti in relazione ai miglioramenti, agli adeguamenti e alle manutenzioni anche ordinarie degli ambienti detentivi.

A tal riguardo De Fazio denuncia che presso la casa circondariale di Vibo Valentia da tempo si registrano ingenti infiltrazioni di acqua piovana soprattutto agli ultimi piani dei padiglioni carcerari. A suo avviso sarebbe pertanto utile ed efficace più di qualsiasi descrizione che le autorità che parteciperanno alla cerimonia di presentazione delle Officine "Efesto" visitassero gli ultimi piani dei reparti detentivi e non soffermassero la loro detenzione sulle zone abbellite a bella posta che verranno da loro percorse.

De Fazio parla di "veri e propri allagamenti in alcuni settori delle sezioni detentive e in moltissime celle". E ancora di "acqua grondante da più parti, interruttori dell’energia elettrica disattivati per eccessiva dispersione causata dalle infiltrazioni e, infine, che la situazione attuale non garantisce neanche le condizioni di sicurezza e salubrità ai detenuti a quanti operano all’interno".

Sottolinea ancora come "nonostante l’avvicinarsi dell’inverno i lavori di copertura del fabbricato, avviati da mesi e che per essere ultimati necessitano solo dell’installazione di particolari pannelli sull’intelaiatura già predisposta, vanno avanti talmente a rilento che si dubita fortemente che possano essere completati con la celerità che la gravità della situazione richiede". Infine altra denuncia del sindacalista della Uil è quella della mancata installazione delle docce nei bagni annessi alle camere detentive, per come previsto dal Dpr 230/2000. La normativa prevede che i detenuti debbano poter effettuare la doccia nei servizi igienici della cella occupata e non, come avviene attualmente, in docce comuni, solo alcuni giorni alla settimana, dopo essersi sottoposti ai controlli previsti dai regolamenti.

"È evidente - conclude De Fazio - che se ciò venisse attuato oltre a migliorare gli standard qualitativi e igienici e, dunque, lo stesso livello di civiltà delle detenzione, vi sarebbero notevoli vantaggi sia in termini di sicurezza, anche per gli stessi reclusi, che in termini di riduzione dell’enorme carico di lavoro che grava sul personale di Polizia penitenziaria".

Brindisi: turco detenuto per dirottamento aereo tenta il suicidio

 

Il Gazzettino, 16 ottobre 2006

 

Avrebbe tentato il suicidio in carcere tagliandosi le vene Hakan Evinci, il dirottatore turco del Boeing 737 dellaTurkish Airlines che il 3 ottobre costrinse i piloti a far atterrare nell’aeroporto di Brindisi l’aereo partito da Tirana e diretto ad Instanbul. Il dirottatore avrebbe tentato di uccidersi quando si è reso conto che - in base alla legge italiana - rischia di restare in carcere per molti anni. Il detenuto è stato soccorso da un agente del penitenziario.

Avezzano: sindaco convoca incontro su situazione del carcere

 

Il Tempo, 16 ottobre 2006

 

Il carcere "San Nicola" di Avezzano è chiuso da mesi in attesa che inizino i lavori di ristrutturazione dell’edificio. Già diversi incontri si sono tenuti a Roma, presso il competente Ministero, nel corso dei quali si sono avute rassicurazioni e garanzie sull’apertura del cantiere entro la fine dell’anno, sullo stanziamento dei fondi destinati alla ristrutturazione, sulla sicura riattivazione a lavori completati. Resta, tuttavia, il nodo della collocazione temporanea del personale, in tutto una sessantina di dipendenti tra agenti penitenziari e personale amministrativo.

Proprio per affrontare questo argomento di pressante attualità, il sindaco di Avezzano Antonello Floris ha convocato per oggi, lunedì 16 ottobre, nel palazzo municipale, i massimi dirigenti del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria abruzzese, il direttore del carcere e le organizzazioni sindacali.

"Intendiamo trovare un accordo - spiega il primo cittadino - per assicurare una ricollocazione temporanea adeguata al personale sia amministrativo che del comparto sicurezza con l’obiettivo di eliminare tutti i possibili disagi che situazioni del genere comportano. Si vogliono evitare, insomma, i problemi conseguenti a trasferimenti in questa o quella struttura, peraltro diversa da quella richiesta in taluni casi dagli stessi dipendenti del "San Nicola".

Speriamo di riuscire a individuare, con l’apporto di tutti, una mediazione possibile - conclude il sindaco - per venire incontro alle esigenze di tante famiglie di Avezzano e dintorni". Nei giorni scorsi i sindacati Cisl e Uil del comparto ministeri e Cisl Sappe e Osapp Uil del comparto sicurezza avevano inviato una nota al Prefetto e allo stesso sindaco Floris, sollecitando un incontro urgente.

Nella missiva annunciavano, peraltro, la decisione presa dall’assemblea dei dipendenti di tenere un sit-in di protesta davanti all’istituto di pena il 18 ottobre prossimo, per due ore ad ogni inizio di turno lavorativo; di indire, inoltre, uno sciopero di 24 ore per il 20 ottobre riservato al solo personale del comparto ministeri, nonché di attuare, da parte del personale del comparto sicurezza, forme di protesta come astensione dalla mensa obbligatoria di servizio e sciopero della fame. A questo punto l’auspicio di tutti è che nel summit di oggi si imbocchi la strada giusta per risolvere tempestivamente i problemi che attanagliano il personale dell’importante struttura.

 

 

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