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Giustizia: 500 città di tutto il mondo contro la pena di morte
Redattore Sociale, 29 novembre 2006
Oltre 500 città del mondo si collegheranno con Roma per celebrare la quinta edizione della Giornata internazionale "Città per la Vita-Città contro la pena di morte" organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio. Dal Colosseo di Roma alla Plaza de Santa Ana di Madrid, dall’Obelisco centrale di Buenos Aires al Palazzo della Moneda a Santiago, dall’ Atomium di Bruxelles alla Piazza della cattedrale di Barcellona. I monumenti simbolo di oltre 500 città in tutto il mondo verranno illuminati giovedì prossimo per dire ‘nò alla pena di morte, e celebrare la Giornata Internazionale "Città per la Vita-Città contro la Pena di Morte". Giunta alla sua quinta edizione, la manifestazione organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio con la collaborazione del Comune di Roma, dell’Università di Roma Tre, della regione Lazio e della rete di organizzazioni per i diritti umani riunite nella World Coalition Against The Death Penalthy, può contare quest’anno su una partecipazione senza precedenti. Dalle 65 adesioni registrate nella prima edizione del 2002 si è arrivati a oltre 540, tra cui 34 capitali dei cinque continenti. "Siamo entrati in una fase nuova - ha spiegato il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti alla presentazione del programma della manifestazione - nel movimento contro la pena di morte prima tutti lavoravano in ordine sparso. Ora si sta creando una nuova massa critica che coinvolge organizzazioni e governi". L’appuntamento del 30 novembre - scelto per ricordare la data della prima abolizione della pena di morte dall’ordinamento di uno Stato europeo, avvenuta nel 1786 da parte del Granducato di Toscana - diventa anche l’occasione per fare un bilancio dei risultati della battaglia abolizionista e dello scenario attuale nei paesi in cui la pena di morte è ancora in vigore. I dati degli ultimi anni registrano un calo del numero di esecuzioni e una crescita del movimento di opposizione anche in paesi storicamente a favore della pena. In Giappone un gruppo di parlamentari ha proposto una moratoria delle esecuzioni. Anche in Cina, paese che detiene il record di esecuzioni, si sono registrati segnali significativi, come la decisione della Corte suprema di avocare a sé tutte le condanne a morte, provvedimento che dovrebbe ridurre in futuro il numero delle esecuzioni. Nel 2006 due paesi importanti come le Filippine e il Messico hanno sancito la fine delle esecuzioni segnando un punto di non ritorno in Asia e in America latina. Non solo. Negli Stati Uniti (dove nel 2005 le esecuzioni sono state 60) il movimento ha segnato un altro importante successo. "La Corte suprema - ha sottolineato Marazziti - ha dichiarato incostituzionale le esecuzioni dei disabili mentali e dei minori. E per la prima volta la sentenza cita il movimento di opinione pubblica, la crescita della coscienza pubblica mondiale". Un movimento di opinione che la Comunità di Sant’Egidio ha contribuito a rinsaldare e a catalizzare, come ha ricordato il presidente della regione Lazio, Piero Marrazzo intervenuto oggi alla presentazione della manifestazione. È stata Sant’Egidio a lanciare, assieme ai partner internazionali di Moratorium 2000 e Amnesty International, l’appello per una Moratoria universale (arrivato a oggi a cinque milioni di adesioni) e la World Coalition Against The Death Penalthy, fondata il 13 maggio del 2002 a Roma. Come allora, anche quest’anno la città capitolina sarà il centro delle celebrazioni mondiali. Le iniziative legate alla Giornata inizieranno già domani. A partire dalle 18, l’Università di Roma Tre ospiterà una maratona di testimonianze di rappresentanti delle organizzazioni delle vittime e di ex condannati che si battono oggi per l’abolizione della pena capitale. In serata è previsto un concerto del cantautore Angelo Branduardi. La manifestazione sarà trasmessa in diretta web. Giovedì la sala della Protomoteca del campidoglio ospiterà la Conferenza internazionale a cui parteciperà a anche il sindaco di Roma, Walter Veltroni. L’eco della Giornata continuerà con la mostra No Justice Without Life: fino al 12 dicembre saranno in esposizione a Palazzo Leonardi, a Piazza Santa Maria in Trastevere, le opere inedite di sei artisti di fama internazionale che hanno voluto dare un contributo alla lotta contro la pena di morte. Giustizia: la pena, questioni sulla "necessità" ed "efficacia" di Leodegaro Huober (Docente di Giurisprudenza Università di Napoli)
Il Denaro, 29 novembre 2006
Quella della "necessità" e della "efficacia" della pena sono le problematiche che da sempre hanno suscitato dispute tra giuristi e filosofi. Ma tali problematiche poche volte hanno investito il sistema giudiziario e quello politico sino al punto da creare vere e proprie crisi della Giustizia e dello stesso potere esecutivo. Non è un caso che il ns. Guardasigilli Mastella, preoccupato dalle critiche mosse dai Magistrati e dal CSM sul fatto che, a seguito del provvedimento dell’indulto, nei prossimi cinque anni nove processi su dieci finiranno nel nulla, abbia dichiarato: "Anch’io ho sofferto… non prenderò altre iniziative (amnistia?)." Dall’altra parte il Ministro Amato aveva affermato: "Serve certezza della pena". Certamente questo repentino passaggio da un orientamento "buonista e premiante" a quello di una dura "necessità" della pena è anche la conseguenza dell’ondata emozionale che sta attraversando il nostro Paese in seguito ad una recrudescenza di macro e microcriminalità che, purtroppo, vede Napoli protagonista. Ma tale ondata emozionale potrebbe generare una "irrazionale ira punitiva". A tal proposito il filosofo Seneca ( Seneca. De ira) affermava che "l’ira è un desiderio di punizione che si esprime in modo sbagliato". La giusta volontà punitiva è invece una lucida decisione maturata " a freddo" in modo razionale. Pertanto prima di avallare "al buio" questo "cambiamento di rotta" da parte dei poteri dello Stato bisognerà considerare questo principio: "La necessità delle pene dipende dalla loro efficacia". Questa efficacia , unitamente alla morale criminalità del fatto ed alla pericolosità sociale costituiscono le tre condizioni della giustizia penale. "Diconsi efficaci le pene quando conseguono lo scopo cui mira la umana giustizia in pronunziarle" (Adolphe Chauveau et Faustin Hélie. Théorie du code pénal. Legrand, 1836). Ma qual è questo scopo? Il Bentham ( Jeremy Bentham. Teorie des peines et des recompenses. Bruxelles, 1840), trasportato dall’idea che la " generale utilità " fosse il pensiero dominante delle pene insegna che "lo scopo principale della pena è la prevenzione dei reati, ossia il terrore". Senza negare alla pena il carattere della "esemplarità" tuttavia non si può imporre ad un uomo, seppur giudicato "colpevole" un dolore solo in nome della generale utilità. A questo proposito Charles Lucas (Charles Lucas. Conclusion generale de l’ouvrage sur le systeme penitentiaire en Europe et aux Etats-Unis, sui vie de la deuxieme petition aux chambres sur la necessité de l’adoption du systeme penitentiaire. Paris, 1830) attribuisce alla pena un ulteriore carattere, quello della "emendatio" del condannato che, anzi, costituisce lo scopo essenziale e fondamentale della punizione. Pertanto, l’efficacia della pena dovrà essere parametrata alla sua capacità emendatrice. Ma la pena per essere efficace non può prescindere dal suo scopo sociale: infondere ai consociati sicurezza e fiducia nella Giustizia. A tale fine Seneca affermava che la "più efficace pena" è quella che possiede le qualità di essere: esemplare / emendatrice / instruttiva. a. esemplare cioè capace di intimorire e frenare coloro che fossero inclini ad imitare il colpevole b. emendatrice, capace di rigenerare il carattere e le viziose abitudini del colpevole c. instruttiva, infliggendo un male che abbia una giusta proporzione con la gravità del fatto, producendo e avvalorando negli animi la convinzione della perversità degli atti che vengono legittimamente puniti. Ma non sono unicamente quelle enunciate da Seneca le proprietà che una pena " efficace" deve avere; infatti molti criminalisti di un più recente passato, tra i quali il Bentham, aggiunsero che le pene dovrebbero altresì essere: 1. Personali,dovendo il castigo colpire il solo autore del reato, e non, indirettamente, la famiglia. Pertanto il Legislatore nella scelta delle pene deve restringere questi effetti indiretti limitandone la portata al solo autore del reato. 2. Divisibili, ovvero " suscettive di gradata intensità o durata" . Essendo, infatti, molteplici le gradazioni della colpevolezza, è necessario che la sanzione debba graduarsi proporzionalmente. Le pene "indivisibili" che non corrispondessero ai diversi gradi della scala dei reati sarebbero, conseguenzialmente eccessive ed inefficaci. 3. Eguali e sicure. La pena ha come effetto la privazione di un bene; orbene tale bene non ha per tutti uguale valore. Infatti è mai possibile trovare due imputati che nella medesima circostanza siano dotati della stessa sensibilità in relazione ai sentimenti ed alle emozioni quali la vergogna, il dolore ed il patimento che possano derivare dall’erogazione di una medesima sanzione? La stessa pena, invece, comminata per entrambi, li colpisce in modo disuguale così come disuguale ne sarà l’efficacia. Pertanto se è il Legislatore a fissare i gradi delle pene dovrà essere il Giudice a graduarle successivamente in proporzione alla sensibilità che trova nell’imputato. Infine, principio valido per tutti gli studiosi, le pene devono essere sempre riparabili: la giustizia umana è fallibile e quindi deve essere sempre possibile poter correggere gli errori, in buona o in mala fede, commessi. In questa breve trattazione si evidenzia come la "vexata quaestio" sulla pena efficace abbia impegnato nel corso dei secoli filosofi e giureconsulti che hanno offerto il loro pensiero ai legislatori con il sacro intendimento di assicurare ai posteri una pacifica convivenza nel rispetto della legalità. Ma sicuramente costoro, tra i quali meritano di essere ricordati Beccaria, Filangieri, Pastoret, Berenger, Comte oltre ai citati Seneca, Bentham e Lucas, non potevano immaginare che la complessa e fantasiosa mente del Legislatore avrebbe poi partorito istituti quali: prescrizione, indulto, amnistia, grazia e benefici vari, altrimenti alle suddette qualità di una pena efficace avrebbero apocrifamente aggiunto quello della "Certezza" della espiazione. Giustizia: perché la "pena di morte" esiste anche da noi di A.G.M. (Assistente Volontaria della San Vincenzo dè Paoli, Firenze)
Ristretti Orizzonti, 29 novembre 2006
"I poveri, si dice, non avrebbero bisogno di opere di carità, bensì di giustizia. Le opere di carità - le elemosine - in realtà sarebbero, per i ricchi, un modo per sottrarsi all’instaurazione della giustizia e di acquietare la coscienza, conservando le proprie posizioni e frodando i poveri nei loro diritti." (Benedetto XVI, Deus Caritas Est: Giustizia e Carità, 26.) Perché così tante persone muoiono (per cause non propriamente naturali) o si uccidono in carcere? Il carcere è la lente d’ingrandimento delle povertà sociali del nostro tempo. È una realtà prevalentemente abbandonata a se stessa, preceduta da mancanza di prevenzione e seguita da insufficienti azioni di reinserimento ed accoglienza. Il carcere annienta l’individuo. Dopo anni di contatto con i carcerati si fa l’abitudine a loro e all’ambiente e si rischia di trattarli, a livello psicologico, come persone integre e libere. È così che, del resto, vuol apparire il carcerato, che, nell’ultimo spiraglio di dignità umana, non può accettare di aver perso ogni autonomia. Individui a stretto contatto con altri individui per mesi e mesi, per anni e anni. Ma è proprio vero che si fa l’abitudine a tutto? Abitudine di chi è soggetto in modo continuato a limitazioni, a ordini, a imposizioni: della polizia, delle leggi, dei compagni, dei superiori… Abitudine di chi deve dare ordini (per far rispettare l’ordine), di chi si è immerso nel volontariato, di chi deve giudicare, di chi dovrebbe rieducare, di chi deve far rispettare le leggi… Un equilibrio precario che si può spezzare con un semplice errore burocratico, con una incomprensione, con un’attesa e una speranza mal riposta o delusa, con una parola di troppo in un momento di tensione, con una spiegazione non data (dopo che sono stati ripetuti all’infinito regole e regolamenti ci si aspetta che tutti debbano sapere tutto). Ed ecco i detenuti che si improvvisano "praticanti di legge in un immenso studio legale associato": consultano codici, si confrontano; si illudono di trovare quel cavillo che può essere sfuggito al loro avvocato. Istanze, domande e domandine, ricorsi, suppliche, richieste… Ottenere i benefici di legge come diritto naturalmente acquisito, senza voler capire che "esseri umani" sono preposti a giudicare e decidere; cercare di avere qualcosa, qualsiasi altra cosa. La mancanza di affetti, la famiglia lontana, le delusioni d’amore, la mancanza di soldi, di casa, di lavoro, di amici veri, o, semplicemente, di ascolto. Stranieri giovani e forti che hanno attraversato difficoltà e fatiche incredibili alla ricerca di una vita migliore, i nostri giovani, distrutti dalla droga, abbandonati da tutti; persone in età avanzata, che non hanno più aspettative e non sanno se preferire la galera alla libertà … Allora i più fragili, i più soli, coloro che avrebbero bisogno di maggior aiuto, si rifugiano nell’alcool, nella droga, in una bomboletta di gas, in una fune improvvisata appesa a un improvvisato appiglio. Anche chi sembra apparentemente più forte si può arrendere e crollare. È stato condannato a morte! Chi ha emesso la sentenza? Chi si è approfittato di questi ultimi, direttamente o indirettamente, chi ha fatto parte della "giuria" che ha contribuito ad emettere quella sentenza di morte? Dove sono gli spacciatori? Dove sono gli sfruttatori? Dove siamo noi che ci vantiamo di adottare un bambino "a distanza" (ma bene a distanza, s’intende) col nostro superfluo e ci sentiamo in dovere di dispensare consigli e giudizi, ma ignoriamo e preferiamo non vedere i nostri vicini di casa in difficoltà, i bambini e i giovani abbandonati a loro stessi in un rimpallo di responsabilità; i tanti che cercano un posto letto e un lavoro. Ma, guai se si toccano i nostri diritti! Solo impegnandoci a "rimuovere le cause della povertà" come ci invita il Beato Federico Ozanam, possiamo sperare in un cambiamento sociale in linea col cambiamento dei tempi. Verona: asilo nido aziendale per i dipendenti del carcere
L’Arena di Verona, 29 novembre 2006
Domani, alle 10.30 in via San Michele 17, a Montorio, s’inaugura l’asilo nido aziendale "Il Castello delle Fiabe", in una palazzina di proprietà del Dipartimento amministrazione penitenziaria. La casa circondariale di Montorio aveva presentato in Regione, nel maggio 2004, con l’appoggio del Ministero di Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, un progetto per la realizzazione di un asilo nido aziendale di 30 posti bambino, destinato ai figli del personale della polizia penitenziaria e a dare una risposta alle esigenze del territorio. L’obiettivo è stato raggiunto dai partner del progetto: Ministero della Giustizia, casa circondariale di Verona, Consorzio Sol.Co Verona, Cooperativa San Marco Servizi, con sede a Peschiera, che gestisce la struttura. Gli spazi che il DAP ha messo a disposizione per la realizzazione del nido sono l’intero piano rialzato di una palazzina adiacente alla casa circondariale, estesi su circa 280 metri quadrati, con ingresso indipendente e un’area verde totalmente esclusiva e attrezzata per le attività ludiche dei bambini. La forma regolare e la dimensione sono ottimali per un asilo di 30 bambini e consentono di ricavare spazi per i piccoli delle diverse fasce d’ età. È un servizio rivolto a bambini e bambine fra i 3 e i 36 mesi, aperto a tutto il territorio, per accogliere sia i piccoli residenti nella zona che i figli dei dipendenti delle aziende limitrofe. Il nido è un sostegno ai genitori che lavorano e alla famiglia; un punto di riferimento per lo sviluppo dei bambini. È aperto dal lunedì al venerdì, dalle 7.30 alle 16.30. Sono previsti diversi turni di accoglienza e di uscita in base alle esigenze delle famiglie. Per informazioni rivolgersi a cooperativa San Marco Servizi, via Raffaello 13, Peschiera (tel. 045.6400836) oppure a Consorzio Sol.Co Verona, via Albere 86, (tel. 045.8104025), oppure a Ministero della Giustizia, casa circondariale Verona, via San Michele 15. Viterbo: l’Asl impegnata coi detenuti per la prevenzione
Il Messaggero, 29 novembre 2006
"Chi si trova a vivere, per un periodo della sua esistenza, il disagio della condizione carceraria resta comunque un cittadino che ha il giusto diritto a reclamare una sempre più efficace e puntuale assistenza medica e infermieristica. Un impegno, grazie anche alla collaborazione della direzione di Mammagialla, che sento il dovere di assumere nell’ottica di un generale miglioramento del servizio erogato ai nostri utenti, nessuno escluso". Parola di direttore generale della Asl di Viterbo. Giuseppe Maria Aloisio si è rivolto così ai reclusi della casa circondariale di Mammagialla che, ormai dal ‘99, si occupa anche dell’assistenza ai tossicodipendenti detenuti e del servizio di igiene e prevenzione in carcere. Durante l’incontro si è discusso infatti di prevenzione e del contributo che la Asl può assicurare agli operatori penitenziari e alla popolazione ristretta. Interventi che prevedono la presenza in Istituto, per una volta al mese, di due specialisti (di otorinolaringoiatria e di medicina generale) che accedono in carcere in orario di servizio. "L’obiettivo - ha assicurato Aloisio - è di migliorare la medicina penitenziaria nella prospettiva di equiparare l’assistenza sanitaria ai detenuti a quella erogata all’esterno". Sono già state prese decisioni importanti come la fornitura gratuita, tramite la farmacia dell’ospedale, di numerosi medicinali ed è stato attivato a Belcolle il reparto di medicina penitenziaria che può ospitare fino a 12 detenuti pazienti. Arezzo: detenuti portano in scena attentato… a vita spirituale
Arezzo Notizie, 29 novembre 2006
"Gli Enigmi di Kaspar Hauser. Esempio di un attentato alla vita spirituale", progettato ideato e diretto da Gianfranco Pedullà andrà in scena lunedì 4, martedì 5 e mercoledì 6 dicembre alle ore 16 presso la Casa Circondariale di Arezzo Questo spettacolo è dedicato ad un fatto realmente accaduto. In un piccolo paese tedesco nel 1828 viene trovato abbandonato in stato confusionale un giovane, Kaspar Hauser, che sapeva appena camminare e parlare. La comunità lo accoglie e lo educa alle sue regole, ai suoi valori. Dopo alcuni anni di inserimento uno sconosciuto lo uccide per motivi del tutto misteriosi e apparentemente inspiegabili, così, senza senso; come si uccide una mosca. Questa amara vicenda - sospesa fra educazione e natura - ha ispirato poeti e registi (dallo splendido film di Werner Herzog - L’enigma di Kaspar Hauser - a Kaspar, famoso testo teatrale di Peter Handke) fino al grande tema dei "ragazzi selvaggi", dal Medioevo a oggi abbandonati dagli uomini e educati dagli animali, che ha stimolato la creatività di tanti artisti come François Truffaut nel suo film L’enfant sauvage. Altre implicazioni rimandano al ‘mito del buon selvaggiò, all’atteggiamento diffidente ma anche curioso (e morboso) verso i forestieri e, in generale, i ‘diversi’ che irrompono nella vita degli uomini cosiddetti civili. Il Teatro Popolare d’Arte ha condotto un lungo laboratorio nel carcere di Arezzo su questi temi, un laboratorio di idee, di testi, di racconti. Molti detenuti si sono misurati con questa storia nel corso del lavoro (più di una trentina) e poi ne sono rimasti otto in scena, tutti rigorosamente debuttanti: quelli che hanno potuto portare l’esperienza fino alla giusta conclusione dell’incontro con il pubblico. Con loro è stata riscritta la storia, ambientandola in un non-luogo, un margine del mondo, forse una caserma al margine di una zona di guerra o, meglio, il circolo ricreativo di una caserma militare. Domina la noia, il cameratismo, il maschilismo. L’arrivo di Kaspar ne sconvolge i ritmi vitali, le relazioni, la stessa cadenza esistenziale. È stata così raccontata la solitudine, il giorno, la notte, l’incontro con gli uomini, il pedagogismo pedante, le violenze subite e le contraddizioni degli uomini. Tutto sembra indicare una progressiva e giusta accoglienza del nuovo venuto. Avendo imparato a parlare e ricordare sembra che voglia e possa svelare il suo mistero. Proprio in quel momento si compie il triste e assurdo destino di Kaspar Hauser. Rimane una nostalgia e un’amarezza acre per le tante morti (fisiche e spirituali) inutili e ingiuste ma anche una forte tensione vitale espressa da Kaspar, nella sua breve esistenza, ma anche da tutte le persone recluse. L’ellaborazione del testo e regia è Gianfranco Pedullà e Donatella Volpi che insieme a Marco Natalucci hanno condotto il laboratorio. Tra i protagonisti Andrea Alija, Karim Labidi, Luciano Landi, Luigi Liberatori, Imed Loghlami, Antonio Mastropasqua, Giampaolo Orioli, Massimo Papi, Rocco Zaffino e con la partecipazione di Marco Natalucci. Palermo: agente polizia penitenziaria arrestato per droga
La Sicilia, 29 novembre 2006
Un assistente di polizia penitenziaria in servizio presso il carcere dell’Ucciardone, è stato arrestato dagli agenti della sezione investigativa del commissariato Libertà per spaccio di droga e corruzione, essendo stato sorpreso con hashish, ma anche con due lettere indirizzate da altrettanti detenuti a congiunti. Si tratta di Leonardo Zinna, 28 anni, di Trapani. Gli agenti sono entrati in azione in seguito a una serie di appostamenti a piazza Nascè, dove una fonte confidenziale aveva segnalato la presenza di spacciatori. Hanno così notato un uomo giungere a bordo di una Citroen "Xsara Picasso" attendere e poi parlare con un giovane giunto a bordo di un ciclomotore. Il breve colloquio si è concluso con il passaggio di una busta che, svuotata dall’automobilista del suo involucro, è stata riconsegnata al motociclista. I due si sono allontanati, poi, in due diverse direzioni. A quel punto, in via Isidoro Carini, gli agenti hanno bloccato la vettura. Alla richiesta di un documento, Zinna ha esibito le sue credenziali di assistente di polizia penitenziaria, mostrando placca e tesserino. La perquisizione ha consentito di rinvenire sul sedile destro l’involucro ricevuto dall’uomo qualche minuto prima: così, tra delle fette di salmone, sono spuntati fuori 12 grammi di hashish e diverse cartine per il confezionamento di sigarette. Trovate anche le lettere indirizzate da due detenuti carcerari a parenti. Roma: consiglio pastorale dei 240 cappellani delle carceri
Avvenire, 29 novembre 2006
I cappellani carcerari sono "testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo". Il tema del Convegno di Verona, infatti, ben si adatta all’opera pastorale dei 240 sacerdoti che svolgono il proprio ministero in 204 carceri di tutta Italia. E questa è anche l’idea di fondo seguita per preparare il contributo offerto agli altri convegnisti dell’appuntamento ecclesiale nazionale. Quanto è emerso a Verona è uno degli argomenti al centro dell’attenzione del Consiglio pastorale nazionale dei cappellani delle carceri, iniziato ieri a Roma nella chiesa di Santa Lucia del Gonfalone e presieduto da monsignor Giorgio Caniato, ispettore generale dei cappellani del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Alla presenza di una trentina di sacerdoti, provenienti dalle diverse regioni della Penisola, la riunione si inserisce nel programma triennale che vuole individuare "percorsi per dare dignità e motivazioni ai cappellani delle carceri". Ieri è intervenuto padre Vittorio Viola, guardiano del monastero di Santa Chiara in Assisi, e nel pomeriggio si è svolta una tavola rotonda con la partecipazione di diversi operatori del mondo carcerario. Oggi l’attenzione sarà concentrata soprattutto sui temi di Verona. Citando l’intervento del segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori, ad un precedente Consiglio nazionale, monsignor Caniato scrive nella relazione offerta come contributo preparatorio del Convegno decennale: "Il cappellano opera nel carcere per essere testimone della carità di Cristo e annunciatore della sua speranza. Questo sia detto contro ogni rischio di riduzione umanitaria della missione". Tutta la sua azione, dunque, deve ispirarsi a questo "che è il vero bene di quanti vivono nel pianeta carcere". L’azione di evangelizzazione, inoltre, "non è solo per gli uomini detenuti, ma per tutti gli operatori" e "il lavoro non è certo facile". Per questo i cappellani fanno appello all’intera comunità ecclesiale. "Tutti gli uffici delle diocesi devono collaborare a questa pastorale secondo le loro competenze - scrive Caniato - perché i programmi diocesani vanno attuati per quanto possibile anche in carcere". Droghe: Commissione Sanità Senato chiede riesame Decreto Turco
Corriere della Sera, 29 novembre 2006
Guai per il decreto che ha raddoppiato le quantità di cannabis ad uso personale innalzando la soglia tra detenzione e spaccio. Il provvedimento del ministro della Salute, Livia Turco, ha ricevuto un nuovo colpo in Commissione sanità del Senato. Ieri è passato un ordine del giorno che impegna "il governo a riesaminarlo". Un voto sorprendente, condiviso da Cdl, Margherita e Ds, compresa Anna Serafini, senatrice ds e moglie di Piero Fassino. Ventuno favorevoli, tre i contrari (Verdi e Rifondazione), un astenuto (Ignazio Marino, presidente della Commissione). Un nuovo caso, che spacca la sinistra e riapre le ferite. Anna Finocchiaro, capogruppo dell’Ulivo a Palazzo Madama, insorge: "È un’iniziativa fuori luogo, non rispecchia la decisione dell’Ulivo che mai si era riunita su questo tema. La presidenza non era stata informata". La Serafini precisa: "Un voto in piena sintonia con ciò che Livia Turco ha sostenuto nelle ultime settimane". La sorpresa arriva a pochi giorni dall’iniziativa sostenuta dai Dl. Cinquantuno parlamentari, in testa i teodem capeggiati da Paola Binetti, hanno preso le distanze dal decreto creando un nuovo caso all’interno dell’Ulivo. La polemica è sembrata smorzarsi quando il ministro ha raccolto la richiesta dei "contestatori" di aprire un dialogo sul tema delle tossicodipendenze in modo da affrontare l’argomento in modo più generale. E in effetti lo scorso lunedì c’era stato il primo incontro. Ieri il nuovo colpo di scena. Un ordine del giorno di iniziativa Margherita presentato da Binetti, Emanuela Baio, Giuseppe Caforio (Idv) e Daniele Bosone (gruppo per le Autonomie). Racconta Cesare Cursi, senatore An in commissione: "Il giorno precedente la Cdl aveva proposto un odg che impegnava il governo a cambiare rotta sulla cannabis. Il relatore ds, Bassoli, aveva dato parere contrario. A quel punto abbiamo deciso di unirci all’iniziativa Binetti che raccoglieva le nostre istanze. Un grande successo". Il provvedimento contestato riguarda l’innalzamento delle quantità che si possono detenere senza rischiare il carcere: da 500 mg (dose stabilita dal governo Berlusconi) a 1.000 mg di principio attivo. La Turco ha spiegato la filosofia delle nuove norme: "Non vuol dire liberalizzare la droga ma evitare a migliaia di giovani di finire in prigione per qualche spinello". Il Polo chiede ora che il decreto venga ritirato, il ministro ha detto più volte di no. Ieri si trovava nel suo ufficio quando le è arrivata a metà pomeriggio la notizia dell’odg. "Sono serenissima, non voglio aggiungere altro su questa storia. Ho lavorato tutto il giorno come una bestia, come sempre. Ricordo solo l’incontro di lunedì scorso...". Non una parola sul comportamento dei suoi colleghi di partito, in primo luogo la Serafini. Droghe: le difficoltà degli operatori secondo la Federserd
Redattore Sociale, 29 novembre 2006
I cambiamenti del fenomeno-dipendenza e le maggiori complessità manifestate dagli utenti che si presentano ai servizi. Sono le principali difficoltà vissute dagli operatori dei Sert, secondo il presidente di Federserd, Alfio Lucchini, espresse in occasione del III Congresso regionale di Federserd, dal titolo "I servizi per le dipendenze - Presidi specialistici per il territorio", in corso a Milano. "È evidente che la struttura classica del Sert ha bisogno di nuove competenze in ordine agli strumenti da utilizzare ma anche in termini di spazi e competenze da acquisire - dice Lucchini -. Poi bisognerebbe fare in modo che le reti territoriali tra Sert e servizi psichiatrici siano veramente centrate ai rapporti tra pazienti e persone e non semplicemente a sterili protocolli". "Il congresso vuole affrontare una funzione non solo di base ma anche specialistica dei Sert -continua il presidente di Federserd -, analizzando qual è l’ambito in cui i servizi per le tossicodipendenze devono saper analizzare i bisogni di un territorio, valorizzando gli osservatori provinciali per le dipendenze, sempre come analisi dei bisogni e come approccio intermedio alle persone che hanno consumo problematico di sostanze o di alcol, con alcune sezioni dedicate alle unità di strada, alle unità mobili, ai drop in". Inoltre, la due giorni milanese "entra nel merito del percorso che un paziente deve affrontare quando arriva al Sert: dall’accoglienza alla fase terapeutica e riabilitativa - spiega Lucchini -. Le sessioni analizzano tutti gli strumenti necessari e affrontano tutta una serie di bisogni specialistici che il paziente può avere (dalla comorbilità psichiatrica agli interventi del servizio sociale comunale, dalle patologie correlate e infettive agli aspetti legati alla diagnostica di laboratorio). Infine -continua il presidente-, professionisti del settore si confrontano con i bisogni dei pazienti e nella tavola rotonda di domani pomeriggio indirizzeranno anche delle proposte al mondo politico, chiedendo di adottare i necessari strumenti di clinica delle dipendenze insieme a risposte politiche, culturali e di programmazione delle risorse. In Italia i Sert sono circa 550 e, a vario titolo, vi lavorano circa 7mila professionisti che nel corso di un anno costruiscono progetti terapeutici per quasi 200mila utenti. "Lo slogan del nostro congresso è Governiamo il presente, perché dobbiamo dare una risposta alle persone che si presentano ai servizi - aggiunge Lucchini -. Tra loro c’è sempre più gente con consumi problematici di sostanze stimolanti (cocaina in primis) o poliabusatori (alcol associato a stimolanti o psicofarmaci). Tra l’altro sono stati presentati dati che dimostrano come, in alcuni territori, nel 2006 i cocainomani stiano superando gli eroinomani. La capacità di attrattiva dei Sert è preziosa e la loro conservazione è una delle battaglie da fare a tutti i livelli. Moltissime persone prese in carico arrivano in fondo al percorso riabilitativo, anche se non ci sono dati significativi di follow up: in base ai dati sulle fasi terapeutiche, se dopo la fase diagnostica la persona continua a seguire il programma è un buon indicatore". Homeless: coordinamento nazionale degli "avvocati di strada"
Redattore Sociale
Un coordinamento nazionale strutturato, per condividere le esperienze dei diversi sportelli, le difficoltà, le buone pratiche. È l’obiettivo di "Avvocato di Strada", il progetto di tutela legale gratuita per le persone senza fissa dimora partito da Bologna e ora diffuso in 13 città italiane. Per la prima volta i referenti dei diversi sportelli, e di quelli che apriranno nei prossimi mesi (il 16 dicembre è prevista quella di Reggio Emilia, poi Napoli, Milano, Parma e Livorno), si sono incontrati a Bologna per conoscersi e confrontarsi. E di qui la proposta, nata da un’esigenza sentita da tutti: creare un organismo superiore e organizzato che coordini, metta a disposizione materiali, archivi le pratiche, raccolga esperienze ed esempi; una sorta di centro di documentazione. Ogni città, infatti, è "specializzata" in casi differenti, e condividere il modo di operare di ognuna può essere d’aiuto per tutti gli altri sportelli. Qualche esempio: a Lecce il 90% dei senza fissa dimora sono immigrati, a Bolzano, invece, il problema per molti è l’abuso di alcol, a Bologna l’80% sono italiani. "Il coordinamento già esisteva, fatto qui da noi a Bologna - spiega l’avvocato Antonio Mumolo, fondatore e coordinatore del progetto "Avvocato di Strada" - ma c’è ora l’esigenza, poiché gli sportelli negli anni si sono moltiplicati, di qualcosa di più organizzato. Costituiremo dunque un’associazione di volontariato i cui soci sono gli operatori degli sportelli in tutta Italia; ci incontreremo più spesso, implementeremo il nostro sito internet, condivideremo la giurisprudenza nelle diverse città, e stiamo pensando anche a un forum. Per ora questo primo incontro nazionale è stato molto positivo: noi conoscevamo tutti gli sportelli, ma tra di loro in pochi si conoscevano. È stato un bel confronto, anche per conoscere le diverse associazioni, sia laiche che cattoliche, che gestiscono in modo differente gli sportelli nelle varie città". Il progetto Avvocato di Strada è nato a Bologna nel dicembre 2000, all’interno dell’Associazione Amici di Piazza Grande Onlus, ed è sempre stato sostenuto dall’Associazione bolognese "Nuovamente, persone e progetti per la città". Fin dall’inizio, oltre alla tutela giuridica delle persone senza fissa dimora, uno degli obiettivi primari del progetto è stato quello di aprire sportelli di Avvocato di Strada in tutte le città italiane. Nel corso di questi anni sono stati organizzati numerosi incontri con legali di altri fori e associazioni di volontariato di altre città interessati a replicare l’esperienza bolognese. Così, sono nati via via sempre nuovi sportelli: nel 2004 sono stati inaugurati gli sportelli di Verona e Padova; nel 2005 quelli di Ferrara, Bari, Foggia, Bolzano e Trieste. Nel 2006 sono nati gli sportelli di Lecce, Venezia, Pescara, Taranto e Rovigo, il 16 dicembre verrà aperto lo sportello di Reggio Emilia, ed è attualmente è in fase avanzata l’apertura di sportelli a Napoli, Milano, Parma e Livorno. Homeless: anche a Trento arrivano gli "avvocati di strada"
Redattore Sociale, 29 novembre 2006
A Trento, i senza fissa dimora erano, lo scorso anno, 307 di cui 176 stranieri. Nel 2004 la cifra era di 272. Questi, almeno, sono i numeri delle persone "conosciute" dal servizio sociale comunale. Per loro, da domani, ci saranno gli avvocati di strada. Adesso sono una trentina che hanno dato la loro disponibilità ma la lista è aperta. C’è già il primo cliente che ha chiesto "udienza" per domani. Il progetto, che si chiama "Avvocati per la solidarietà" ed avrà una prima fase sperimentale di 6 mesi, è promosso dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e fa seguito ad altre analoghe iniziative già partite in diverse città italiane. Lo sportello, aperto da domani nella sede del Punto d"Incontro in via Travai, ogni giovedì dalle 14,30 alle 16,30, fornirà consulenze legali ai senza tetto che le richiedono. Quindi, problematiche legate all’immigrazione, anche quella clandestina, famigliari, civili e penali. In caso di procedimenti giudiziari gli avvocati volontari seguiranno, gratuitamente, l’assistito in aula. Le spese "vive" della causa saranno sostenute dal progetto. Nelle prossime settimane uno sportello verrà aperto anche a Rovereto, nei locali del Centro italiano femminile "L’intenzione - ha detto, presentando il progetto, il difensore civico Donata Borgonovo Re, garante dell’iniziativa - è quella di estendere il servizio direttamente sulla strada e nei dormitori dove ci sono i senza fissa dimora". Fondamentale sarà il lavoro delle associazioni e delle istituzioni che si occupano dei clochard perché rappresenteranno il filtro tra il "cliente" e l’avvocato. Molti i soggetti che collaborano con gli avvocati per la solidarietà, oltre all’ordine forense: Apas, Atas, "La Sfera", Comune di Trento, "Ambasciata dei Popoli", Fondazione comunità solidale, Caritas, Volontari di strada, Centro italiano femminile, Punto d’Incontro, Cinformi. Durante la presentazione, Violetta Plotegher, assessore comunale alle politiche sociali, ha annunciato che "in questo settore l’amministrazione sta lavorando in due ulteriori direzioni. La prima è l’istituzione, per i senza fissa dimora, della cosiddetta "dimora fittizia". In questo modo, sulla loro carta d’identità non ci sarà più l’acronimo Sfd (senza fissa dimora) ma il nome di una via. Così facendo potranno essere soddisfatti dei requisiti necessari per cercare e trovare, ad esempio, un lavoro. L’altra direzione riguarda - ha proseguito - la richiesta ai ministeri della solidarietà sociale e dell’interno per la concessione di alcune deroghe nel campo dei servizi di assistenza sociale urgenti". E qui il campo è quello degli immigrati clandestini che non hanno tutele sociali. Nel corso della presentazione è poi intervenuto Federico Zappini di Aps Officina sociale che ha chiesto che "i dormitori per i senza tetto, che dovevano essere già in funzione, vengano aperti". Per prenotare l’appuntamento con gli avvocati per la solidarietà, la segreteria è aperta dal lunedì al mercoledì e il venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17. Questi i numeri di telefono: 0461.984237; 334.7777587. Si cercano anche volontari per gestire la segreteria (tel. 0461.232050).
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