Rassegna stampa 8 maggio

 

Giustizia: non si deve parlare del carcere solo per via di Previti

 

Articolo 21, 8 maggio 2006

 

Finalmente se ne parla! Ancora una volta però c’è voluto un detenuto eccellente perché l’attenzione si spostasse sul carcere e sui suoi abitanti: sessantamila tra uomini e donne, senza contare i 45 bambini sotto i tre anni che vivono in cella con le loro madri. All’altro estremo ci sono gli ultrasettantenni, come Cesare Previti. Secondo i dati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, gli anziani in carcere sono 450. Per loro, la detenzione scorre uguale a quella dei loro compagni più giovani.

Non ci sono sezioni speciali, né attenzioni particolari, come per esempio per l’alimentazione di chi forse ha problemi di denti malsani. Per raggiungere le celle bisogna fare le scale a piedi e dagli spifferi che entrano dalle finestre sbarrate nei lunghi corridoi rumorosi della sezione è difficile difendersi. Un problema, quello degli anziani in carcere, molto volte sollevato da chi lavora dietro le sbarre, ma non recepito dal Parlamento. Almeno fino all’anno scorso, quando le Camere hanno approvato la legge "Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n.354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione", meglio nota come "ex Cirielli". Quella, per intenderci, che per molti mesi è stata chiamata "salva Previti".

"La pena della reclusione per qualunque reato [ad eccezione di quelli più gravi] può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza e accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell’esecuzione della pena, o dopo l’inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza né sia stato mai condannato con l’aggravante di cui all’articolo 99 del codice penale". Così stabilisce la legge: per gli ultrasettantenni il carcere non va bene; devono scontare la pena in regime di detenzione domiciliare.

E così accadrà per Previti che, assistito dai suoi avvocati, si prepara a tornare nel suo attico romano. Antonino P., 86 anni, detenuto anche lui a Rebibbia da diversi anni, resterà invece in carcere. Così come Luigi G. condannato a 54 anni di detenzione (ridotti a 30 che è il massimo della pena prevista in Italia) per una lunga serie di assegni falsi. E come loro resteranno dentro gran parte dei "nonni" che vivono dietro le sbarre. Non ha un domicilio e le strutture per anziani non ospitano detenuti, mentre quelle per detenuti non ospitano persone così anziane.

E così la legge "ex Cirielli" diventa un ulteriore presa in giro. Antonino Luigi e gli altri non usciranno dalla galera e per Antonino la speranza di rivedere la moglie e figli e di conoscere i nipoti che nel frattempo sono nati si fa più sottile.

In un luogo di privazione come il carcere i privilegi pesano ancora di più. Ed è un privilegio avere una cella singola, dove non devi condividere il poco spazio a disposizione con altre persone che non conosci e con cui non condividi nulla se non la galera. E per il detenuto Previti, rinchiuso nella sezione transito, cioè di passaggio in attesa di altra destinazione, l’ambita cella singola è saltata fuori. E la rabbia di chi aspetta da anni di avere uno spazio tutto suo, dove trascorrere le ore e i giorni, cresce.

Così come cresce il malcontento tra i familiari, in attesa per ore di fare il colloquio. In questi giorni il via vai di onorevoli e senatori diretti tutti dall’ex collega ha ingolfato il carcere. Alcuni familiari hanno aspettato anche cinque ore fuori dai cancelli per stare un’ora col proprio caro. Magari dopo un viaggio in pullman iniziato alle 4 del mattino. Per rivederlo dovranno aspettare un’altra settimana, come vuole il regolamento: sei colloqui al mese di un’ora l’uno oppure quattro telefonate di dieci minuti, a carico del detenuto. Gli onorevoli invece possono entrare tutti i giorni e il detenuto eccellente non è mai rimasto solo. Gli altri amici li rivedrà a casa tra qualche giorno. Allora i riflettori accesi sul carcere si spegneranno di nuovo. Antonino e gli altri anziani continueranno a scontare la pena in carcere. Per loro non basta una legge. Come per i bambini detenuti.

Giustizia: Previti in attesa decisione tribunale sorveglianza

 

Apcom, 8 maggio 2006

 

L’istanza presentata dai legali di Cesare Previti, attualmente al suo quarto giorno di detenzione nel carcere romano di Rebibbia, per la concessione degli arresti domiciliari è al vaglio del magistrato del Tribunale di Sorveglianza, Laura Longo. I legali di Previti non fanno previsioni sui tempi. "Previti ha trascorso una notte tranquilla. È lucido. Ha ricevuto numerose visite in questi giorni che gli e ci fanno sicuramente piacere", osserva l’avvocato Alessandro Sammarco. In mattinata l’ex ministro della Difesa, condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione a una pena di sei anni di reclusione nell’ambito del processo Imi-Sir, ha ricevuto le visite dei suoi colleghi di partito Antonio Tajani, Mario Pescante e Carlo Taormina.

Giustizia: Di Lello (Prc); Previti non doveva andare in carcere

 

Il Messaggero, 8 maggio 2006

 

Senatore Giuseppe Di Lello, il giornale di Rifondazione, il suo partito, parla già di amnistia.

"Il problema non si risolve con l’amnistia; certo l’amnistia ben venga, ma il problema si deve risolvere cambiando il meccanismo di incarceramento che in tutta Europa, in tutto il mondo civile, sta producendo sempre più detenuti".

 

Sembra contrariato dall’arresto di Previti.

"Ricordi che il movimento operaio si è sempre battuto per toglierle, le manette, non per metterle. Storicamente ha avuto sempre i giudici come nemici, non come amici".

 

Quindi?

"Io non esulto affatto per l’incarcerazione di Previti. Ma è ultrasettantenne e adesso dovrebbero dargli i domiciliari; non vedo come possano negarglieli".

 

Lo dice da ex magistrato?

"Lo dico da persona che ha sempre creduto nelle pene alternative al carcere. Sarei fuori dalla logica se per Previti non invocassi quelle stesse misure alternative. Noi di Rifondazione siamo per svuotare le carceri, per tutti. In questo senso sono garantista".

 

Svuotarle come? Rivedendo il sistema di applicazione delle pene?

"Si, cambiare il meccanismo. E abolire la ex Cirielli".

 

Non le piace la prescrizione abbreviata?

"Non è tanto per la prescrizione abbreviata, quanto per il fatto che vieta i benefici carcerari ai recidivi; un meccanismo infame che produrrà tanti detenuti in più".

 

Ci voleva Previti per capirlo?

"Ce ne accorgiamo solo quando va in carcere un potente che il sistema non funziona. È triste, ma è così".

Giustizia: Previti in carcere... e adesso si riparla di amnistia

 

Il Gazzettino, 8 maggio 2006

 

 

La proposta del direttore di "Liberazione", Sansonetti, che sabato aveva definito la carcerazione di Cesare Previti una "prepotenza eccessiva" ed aveva suggerito una amnistia per reati con pena fino a sei anni, "è evidentemente una provocazione, ma è anche sottesa ad un ragionamento tutt’altro che banale e da una cultura garantista, sia pure di segno diverso dalla nostra, con la quale è giusto aprire un confronto civile". Lo afferma Cicchitto (Fi), chiarendo che "questa ipotesi non dovrebbe essere ad personam (come del resto non lo era la legge ex-Cirielli ed i fatti stanno a dimostrarlo e a smentire i falsari) ma dovrebbe servire per chiudere una guerra civile fredda iniziata almeno dal 1992, che è tuttora in atto ed è durissima". Il caso Previti e altri che lo hanno preceduto, secondo Cicchitto, dimostrano infatti che "la violenza dell’uso politico della giustizia dal ‘92 ad oggi è durissima. Chi oggi, ad altro proposito, parla di fine della guerra dovrebbe proprio battere un colpo su questo terreno". Ma, secondo Taormina (Fi), "Previti non ha bisogno né di amnistia né di grazia, ma solo di un giudice vero che, in un processo per revisione, ne riconosca l’innocenza sulla base di quelle prove che fino a questo momento la magistratura milanese non ha voluto esaminare". Intanto, secondo Taormina, il Parlamento deve respingere le dimissioni di Previti. E contro la condanna e l’arresto dell’ex legale di Berlusconi torna a dire la sua anche Tajani (Fi), secondo il quale quella di Previti "è una vicenda da Corte di Giustizia Europea, viste le violazioni ai diritti della difesa perpetuate nel corso del processo, violazioni che saranno sicuramente censurate". Nell’Ulivo, però, Mantini afferma: "Se Previti vuole discutere nell’aula di Montecitorio le sue dimissioni venga pure, ma senza spirito di vendetta, sapendo sin d’ora che la Camera non potrà trasformarsi in giudice della Cassazione. Il processo di Previti è finito: ora può aprirsi la stagione dell’impegno comune per una giustizia efficiente e più giusta. Lo diciamo anche a quanti propongono l’amnistia fino a sei anni nel nome di Previti. L’amnistia ci sarà, ma nel nome della giustizia, del recupero di efficienza della giurisdizione e della legalità della pena nelle carceri, non nel nome di Previti". Rizzo (Pdci) afferma che "le sentenze dei magistrati, così come l’autonomia della magistratura, vanno rispettate sempre, sino in fondo, ma senza strumentalizzazioni".

Per il leader di An, Fini, invece, ora la sinistra dovrebbe scusarsi per le sue bugie: "Ha detto che avremmo fatto delle leggi per salvare qualcuno, quando il più diffamato dimostra dignità morale e politica e si sottopone al giudizio della magistratura".

Lucca: detenuti al lavoro per un giorno, ripuliscono la città

 

La Nazione, 8 maggio 2006

 

Rendersi utili alla città e dedicare un’intera giornata di lavoro al bene comune. Questo faranno sabato 6 maggio alcuni degli ospiti della casa circondariale di S. Giorgio, operando la pulitura della zona dei giochi dei bambini vicino al Caffè delle Mura, nel corso di una iniziativa "Lavoriamo fuori dalle Mura", voluta dall’assessorato al sociale del Comune di Lucca. "È momento di integrazione - sottolinea Ornella Vitali, assessore al sociale - che vede coinvolti ancora una volta gli ospiti della casa circondariale, per dare un segnale forte di vicinanza della città e far comprendere che c’è una possibilità di reinserimento nella società. Ma è anche un’occasione per queste persone per stare a contatto con la città e dimostrare la loro volontà di recupero e normalizzazione. Voglio ringraziare gli sponsor che renderanno possibile questa esperienza, come la ditta Papeschi che ci ha fornito le attrezzature e il materiale per il taglio dell’erba e la verniciatura; Sistema ambiente per la raccolta del verde sfalciato". Oltre alla casa circondariale sono coinvolte nel progetto anche il Centro diurno "7 arti" che ospiterà il pranzo offerto dalla cooperativa Kcs; la casa S. Francesco che ospita le persone in semi libertà, la Protezione civile comunale, l’associazione anziani Amici delle mura, il Centro diurno comunale e la comunità residenziale Pia Casa. La giornata di lavoro, svolta insieme all’Opera delle Mura prevede la pulitura del parco gioco per bambini vicino al Caffè delle Mura, con il taglio dell’erba, la raccolta rifiuti, la potatura e la rimessa a nuovo dei giochi con nuova verniciatura degli scivoli e delle altalene.

Giustizia: ex assessore Sicilia risarcito per ingiusta detenzione

 

Ansa, 8 maggio 2006

 

Il ministero dell’Economia dovrà versare a Turi Lombardo, ex assessore regionale socialista, 210 mila euro per ingiusta detenzione. Lo ha deciso la corte d’appello di Palermo. Lombardo, arrestato nel 1993 per presunta associazione a delinquere semplice, è stato definitivamente assolto "perché il fatto non sussiste", con sentenza della Cassazione. La Corte di appello di Caltanissetta aveva già condannato il ministero della Giustizia e si attendeva il pronunciamento della Corte di appello di Palermo. Lombardo è rimasto in carcere per quattro mesi e nove giorni e agli arresti domiciliari per un mese e 24 giorni. L’indennizzo tiene conto, come si legge nell’ordinanza, della durata della "sofferta detenzione", della natura doppiamente ingiusta della detenzione, dell’assoluta incensuratezza, del ruolo e della prestigiosa posizione sociale, del danno alla morale, immagine e reputazione di Lombardo. Turi Lombardo è stato assistito dagli avvocati Augusto Sinagra e Salvatore Ferrara, che esprimono "soddisfazione perché si tratta di un’ordinanza largamente condivisibile, tranne che nella somma attribuita che poteva essere liquidato nella misura massima prevista dalla legge". "Vicende come quelle di Turi Lombardo - concludono gli avvocati - dovrebbero indurre a maggiore prudenza tanto nella formulazione di giudizi etico-politici nei confronti di personalità pubbliche sottoposte a procedimenti penali quanto nell’utilizzo dello strumento della custodia cautelare preventiva". Lombardo non si è candidato alle regionali siciliane nella lista "Uniti per la Sicilia" per il veto opposto dai segretari regionali dei diversi partiti che la compongono: Rosario Rappa, (Rifondazione comunista), Salvo Raiti, (Italia dei Valori-Orlando), Orazio Licandro, (Comunisti italiani), Massimo Fundarò (Verdi) e Emilio Arcuri (Primavera siciliana).

Taranto: rissa nel carcere, ferito grave un detenuto

 

Ansa, 8 maggio 2006

 

Un pregiudicato tarantino, Walter De Cataldis, di 31 anni, detenuto nel carcere di Taranto per reati connessi allo spaccio di sostanze stupefacenti, è stato ricoverato con prognosi riservata nell’ospedale Santissima Annunziata dopo essere stato vittima di un pestaggio all’interno dell’istituto penitenziario. A quanto si è appreso, tutto sarebbe scaturito da un litigio fra detenuti per motivi banali mentre alcuni di loro stavano giocando a calcio. La lite sarebbe sfociata ben presto in rissa con l’aggressione da parte di alcuni a De Cataldis. L’intervento degli agenti di Polizia penitenziaria avrebbe evitato conseguenze più gravi. Il detenuto ferito è stato quindi accompagnato in ospedale e sottoposto a una tac; nonostante le sue condizioni siano gravi, il giovane non sarebbe comunque in pericolo di vita. Proseguono intanto gli accertamenti per stabilire l’esatta dinamica dell’episodio.

Made in jail: beato chi crede nella giustizia; sarà giustiziato…

 

Il Messaggero, 8 maggio 2006

 

Quella con la scritta "Beato a chi crede nella giustizia perché verrà giustiziato" riceve maggior successo fra gli avvocati ma la più venduta, in assoluto, ha stampato sopra una pecora nera, dall’evidente richiamo alla diversità e all’emarginazione. Chi realizza queste t-shirt esportate anche all’estero, vendute su Internet, fino in Canada e in Danimarca conosce sia la giustizia sia l’emarginazione: sono i detenuti ed ex detenuti romani (dell’istituto di pena di Casal di Marmo e della terza casa penale di Rebibbia), una ventina in tutto che costituitisi nel 1998 in cooperativa sociale ("Made in jail", fatto in carcere), possono attraverso questa attività finanziare iniziative per la formazione, per il reinserimento di chi ha finito di scontare la pena. Diecimila circa le maglie vendute ogni anno.

A Civitas - l’annuale appuntamento del terzo settore che si è svolto a Padova "Made in jail" ha allestito uno stand e vende il suo prodotto. Le scritte sulle maglie sono d’impatto e non manca l’ironia sulla condizione; tutte nascono dalla creatività degli autori, fra le mura del carcere. Fra queste: "Non mi avrete mai come volete voi", "Chi non passa alla storia passa alla geografia", "La libertà è sempre un buon bottino", "O t’elevi, o te levi", "Meglio i baci che l’idea". "Abbiamo diversi punti vendita in Italia, in questo momento ci stiamo occupando della distribuzione nazionale ma molte vendite le facciamo su Internet - spiega Valerio Bianchini, un socio-lavoratore della cooperativa - ed abbiamo tante richieste di spedizione. I detenuti che stampano le maglie vengono pagati, ma prima devono partecipare ad un corso di serigrafia". Chi è fuori vive di questo lavoro? "Più che vivere, si sopravvive. Io ho aperto un negozio a Bracciano ma per via dei costi per ora senza successo". Ciò che più conta è la motivazione del laboratorio: "È la speranza per i detenuti di combattere". Nella giornata conclusiva di Civitas si è parlato anche di reperimento delle risorse per il terzo settore. "Gli unici interlocutori - secondo Costanza Fanelli, presidente del Consorzio Casa Internazionale delle donne e presidente di Legacoop sociali - non possono più essere le istituzioni. È indispensabile che le fondazioni si mettano in rete con le istituzioni e il privato sociale per incanalare le risorse e destinarle in maniera logica e ragionata al terzo settore e al volontariato". Eugenio Lanza dell’European Investiment Bank ha ricordato che la Banca d’Inghilterra propone finanziamenti al non profit: "perché non essere presa d’esempio dalla Banca d’Italia?".

Lettere: sono la mamma di una detenuta tossicodipendente...

 

Left, 8 maggio 2006

 

"Sono una signora di 70 anni, mamma di una ragazza detenuta nel carcere di O. e purtroppo non ho avuto tante gioie dalla vita, ma vedendomi passare davanti anni di dispiaceri, ed essendomi fatta una forte corazza ho anche imparato a soffrire in silenzio e a non scaricare i miei problemi sugli altri. Ma, nonostante ciò, ritengo che ci siano delle cose per le quali non si può tacere in silenzio.

Essendo vedova da tanti anni e avendo vissuto tante disgrazie ho imparato a contare solo sulle mie forze, ragion per cui con una misera pensione cerco di mantenere tre vite. Infatti, oltre a me e a mia figlia che sta in carcere e necessita anche lei di molte spese sia di mantenimento, sia di difesa, devo provvedere anche alla mia nipotina che ha quattro anni e vive in casa con me. Questa per me è una pena atroce pur non essendo autrice di nessun reato, in quanto mia figlia sta in carcere per scontare una pena dovuta a reati commessi nel suo passato da tossicodipendente, e adesso che ha ancora qualche anno da scontare, non può crescere la sua creatura.

Ma la vera tragicità la viviamo ogni volta che si va ai colloqui, e per questo sono sempre combattuta nell’interrogativo se devo o non devo portare la bambina a far visita alla mamma. Quando penso che non ci sia gioia più grande di far stare mamma e figlia insieme, mi convinco che è giusto portarla, ma quando la vedo piangere all’uscita dal carcere per il distacco dalla madre non so più cosa sia giusto o sbagliato per lei. Quello che si prova quando andiamo a trovarla è una sensazione di dolore e di gioia insieme.

La bambina naturalmente vuole incontrare la sua mamma e durante la settimana mi fa tante domande: ma perché la mamma non è con noi? Perché deve stare lontana? E poi tanti perché, perché, perché.troppi per una nonna!

Naturalmente le dico che la mamma è li per lavorare e devo fare tanti sforzi con la fantasia per potergli dare delle risposte. Laura è ancora troppo piccola per capire certe cose, ma quello che mi preoccupa e che non è abbastanza piccola per non ricordare e per non rimanere traumatizzata dalle perquisizioni, dalla struttura carceraria, dai colori squallidi delle pareti, dalle guardie che non ci trattano certo con i guanti, dai cancelli e dalle porte blindate, per non parlare dei pacchi che consegniamo ai nostri cari. Una volta Laura ha preparato un pensierino per la mamma, ma questo regalo non gli è stato permesso di donarlo perché avremmo dovuto fare una domandina particolare.

Quello che mi fa più arrabbiare in tutto questo non è tanto mia figlia che ha compiuto alcuni reati, tutti tra l’altro di piccolo conto, per quanto non la giustifichi. Ma il disinteresse, il menefreghismo delle Istituzioni nei confronti dei bambini e delle famiglie. Mi chiedo perché non si possa trovare il modo di tutelare almeno loro che sono le uniche vittime innocenti. Basterebbe fare i colloqui all’aperto o in spazi che siano più accoglienti e intimi, e che tutelino al massimo i bambini, o trovare il modo di concedere gli arresti domiciliari o altre forme per scontare la pena. Vi prego di impegnarvi per porre fine a tanto dolore."

 

Rosaria

 

Risponde Irene Testa, dell’Associazione Radicale "Il Detenuto Ignoto"

 

La quota di donne detenute in carcere rappresenta circa il 5% della popolazione carceraria complessiva, anche se in questi ultimi anni il numero complessivo di donne in carcere è aumentato con l’aumento della popolazione carceraria. Naturalmente, molte di queste, oltre ad essere per lo più straniere e/o tossicodipendenti, sono madri.

Il problema figli e carcere è un problema vecchio, non certo secondario, grave e urgente non solo da ri-affrontare, ma soprattutto da risolvere. Attualmente il numero di minori con almeno un genitore in carcere è superiore a 45 mila. Sono bambini che spesso devono subire le brutture delle obsolete strutture carcerarie, le violenze psicologiche di un sistema punitivo che inevitabilmente tocca anche loro, che gli lascerà probabilmente dei traumi, che gli provocherà sensazioni e situazioni che ricorderà e che rivivrà magari in età adulta come disagi.

Immaginiamo come può essere devastata la vita di un bambino, magari abitante di un piccolo centro, che magari assista all’arresto del proprio genitore. Proviamo a pensare a quel bambino a scuola l’indomani mattina, o pensiamo al suo stato d’animo mentre si reca ogni settimana in carcere a fare i colloqui.

Sulla tutela dei minori che sono costretti ad entrare in contatto con l’ambiente carcerario, qualche piccolo passo in avanti, in pochi - troppo pochi - istituti, è stato pur fatto. Alcuni dispongono di spazi all’aperto o sale confortevoli dove far avvenire, se le condizioni di sicurezza lo consentono, gli incontri dei detenuti con i familiari. Esistono inoltre una serie di benefici previsti per le detenute donne, proprio in considerazione del loro ruolo di madre, che vanno dallo scontare la pena in misura alternativa alla detenzione domiciliare speciale, e che sono codificati nell’art.47 dell’Ordinamento Penitenziario.

Ma proprio questa normativa, lodevole negli intenti ma incompleta, sta alla base del più increscioso dramma correlato alla detenzione e all’infanzia, quello di circa 60 bambini, in un’età, quella fino ai tre anni, particolarmente preziosa e delicata, che condividono con le proprie madri e le altre detenute l’aria, gli umori, gli orari, i turni, gli ambienti delle patrie galere.

Giustizia: Sappe; carceri al collasso, non esiste solo Previti

 

Comunicato stampa, 8 maggio 2006

 

Sono quasi 62mila i detenuti presenti nelle carceri italiane, il numero più alto mai registratosi nella storia della Repubblica. E oggi sembra che l’unica attenzione che merita il carcere non è in relazione alle problematiche di chi vi lavora 24 ore su 24, ma la condizione di detenuti eccellenti come Cesare Previti.

"Il sistema penitenziario italiano" denuncia la Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il più rappresentativo della Categoria con oltre 12 mila iscritti "è votato inevitabilmente all’implosione. Ed è allora prioritario, una volta compiuti tutti gli adempimenti istituzionali e insediatosi il Governo Prodi, che l’emergenza carceri venga posta tra le priorità d’intervento del nuovo Esecutivo e del Parlamento".

La Segreteria Generale del Sappe comunica di avere già scritto al Presidente del Senato Marini ed a quello della Camera Bertinotti per denunciare la precarietà del sistema carcerario e le gravi condizioni in cui sono costretti ad operare gli uomini e le donne del Corpo di Polizia Penitenziaria, gravemente sotto organico.

"Le carceri del nostro Paese sono sovraffollate anche a causa di una miope politica della sicurezza fatta dal precedente governo che si è solo preoccupato di "sbattere" in carcere più persone possibili, senza chiedersi se il carcere era in condizione di recepirle e di avviare un percorso di recupero sociale che sia adeguato ai tempi. In particolare, negli ultimi anni, abbiamo registrato un notevole incremento di detenuti stranieri, (circa il 30% del totale della popolazione detenuta, con punte del 50-60% nel Centro Nord). Come sostengono alcuni autorevoli studiosi, al Sud del nostro Paese si sta sostituendo il Sud del Pianeta, significando con ciò che masse di diseredati si riversano nel nostro continente ed in particolare in Italia, senza alcuna prospettiva futura e con il solo rischio di finire prima o poi in carcere. "

"In base alle statistiche fornite da autorevoli università italiane, come quella di Bologna" prosegue ancora il Sappe "risulta che negli ultimi 100 anni l’unico strumento di contenimento della penalità nel nostro Paese, e, quindi, di deflazione degli Istituti di pena, è stato quello contemplato dagli atti di clemenza (amnistia e/o indulto). A ciò deve necessariamente aggiungersi un adeguato incremento dell’organico del Corpo di polizia penitenziaria, di recente depauperato di altre 500 unità a causa della disattenta politica di un ministro che ha totalmente abbandonato le carceri ed il Corpo di polizia penitenziaria. Infatti, contrariamente a quanto è avvenuto per altri Corpi di polizia, il 31 dicembre u.s. 500 agenti ausiliari sono stati congedati dopo un anno di servizio. Infine, è auspicabile che si proceda ad una seria politica di ammodernamento delle strutture penitenziarie secondo i migliori standard europei e in linea con il regolamento di esecuzione della Legge 354/75, come modificato nel 2000, al fine di migliorare le qualità della vita negli Istituti penitenziari, sia per i detenuti, sia per gli operatori. In conclusione, non possiamo non evidenziare la seria necessità di mettere in cantiere un progetto di riorganizzazione complessiva del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, che tenga in seria considerazione il Corpo di polizia penitenziaria, dopo 5 anni di totale abbandono."

Firenze: corso modellisti pelletteria per 8 detenuti stranieri

 

Redattore Sociale, 8 maggio 2006

 

Lavorare la pelle, disegnare modelli originali e produrre borse: otto persone straniere detenute presso il carcere fiorentino di Sollicciano - 6 uomini e 2 donne - diventeranno modellisti pellettieri. E potranno uscire dal carcere portando con sé un’esperienza concreta, un’abilità da poter sfruttare per costruirsi il futuro. Parte con questi obiettivi, quasi certamente il prossimo lunedì 15 maggio, un corso avanzato di formazione professionale in pelletteria, promosso dal Consiglio degli stranieri della provincia di Firenze e rivolto dunque a detenuti stranieri. Un’iniziativa che il Consiglio fiorentino lancia in collaborazione con la cooperativa sociale "L’isola di Arturo" di Scandicci, che gestirà la formazione, e con Arci Firenze, che metterà a disposizione i propri educatori, già normalmente a contatto con i detenuti. "L’iniziativa è finanziata dalla provincia di Firenze - spiega Domenico Medea, cooperativa L’isola di Arturo -, noi forniamo i docenti ed il laboratorio di pelletteria. Il corso è impostato secondo tutti i criteri di una formazione professionale avanzata, e in questo senso include anche l’insegnamento di programmi informatici come il Cad, che consente proprio di inserire nel pc i modelli pensati e ottenere la correzione". La formazione infatti prevede 250 ore nel laboratorio di produzione - per fare pratica nel taglio e nel cucito - 100 ore per la "modelleria", imparando dunque ad usare specifici programmi informatici da utilizzare nel lavoro. Infine i partecipanti potranno accedere a 100 ore di stage presso aziende del territorio.

Il corso, per un totale di 550 ore, si svolgerà proprio presso la sede della cooperativa (Via di Casellina 57, tel.055-7351407) "ed è già un elemento significativo il fatto che non si svolga in carcere - osserva Mourad Abderrezak, presidente del Consiglio stranieri -. I detenuti potranno frequentare sulla base dei permessi in linea con l’art.21 o perché in condizione di semilibertà. Volevamo promuovere qualcosa che fosse davvero di stimolo per il futuro, nell’obiettivo del carcere come luogo in cui una persona riesca a formarsi". La scelta del settore pelletteria "è legata al fatto che sul territorio toscano, fiorentino nello specifico, c’è una forte richiesta - precisa -. I partecipanti a questo corso sono detenuti giovani, che potrebbero riuscire ad accedere a contratti di formazione e ottenere delle prospettive concrete. Vorremmo dare loro un’opportunità non solo per inserirsi in futuro in questo contesto, ma anche per riuscire a tornare nel paese di origine e lì fare tesoro di quanto acquisito".

Caltanissetta: manufatti in vendita, i detenuti diventano artisti

 

La Sicilia, 8 maggio 2006

 

Quattro detenuti del carcere di Sciacca diventeranno incisori corallai e il progetto del ministero della Giustizia sarà esportato sul territorio nazionale. I detenuti, al termine della pena residua e della relativa attestazione frutto del corso per corallai che si svolgerà all’interno dell’istituto penitenziario saccense, saranno assunti da alcuni laboratori artigianali della città termale.

All’interessante convegno, dal tema "Sciacca nella storia e per il recupero della legalità", ha partecipato il gotha dell’Amministrazione penitenziaria: il provveditore del Dap-Prap Sicilia, Orazio Foramo, i consiglieri Di Maio e Turrini, il direttore dell’Ispp, Luigina Culla, il presidente del Cerisdi, Guglielmo Serio, e poi il docente universitario Antonino Pulvirenti e il dirigente generale dell’assessorato alla Pesca, Marinese.

Nel corso del convegno è stato anche sottolineata la necessità di dare una ulteriore spinta al progetto per la realizzazione di un nuovo carcere fuori dal perimetro abitato. Terreno già individuato da parte del Comune. Ora si attende una accelerazione al processo tecnico- burocratico.

Tornando al progetto del ministero della Giustizia, che vede la formazione professionale come uno degli elementi più incisivi ed efficaci per il reale inserimento del detenuto dopo aver scontato la pena, il corso di formazione per corallai si inizierà nei prossimi giorni e durerà alcuni mesi. Vi parteciperanno quattro detenuti selezionati per la loro predisposizione all’arte dell’incisione del corallo. Un progetto coordinato dalla responsabile dell’ufficio Studi e ricerche del Prap di Palermo, Marina Busà D’Urso. Nei prossimi giorni sarà attrezzata una sorta di laboratorio all’interno del carcere saccense.

Libri: "Confesso che amo - Parole d’amore dal carcere"

 

AA.VV. - Confesso che amo - Parole d’amore dal carcere

Lieto Colle 2006, € 10,00

 

Il volume raccoglie i testi poetici composti dai partecipanti al Laboratorio di Poesia della Casa di reclusione di Milano-Opera, e porta la prefazione di Luigi Pagano (Provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria della Lombardia), Alberto Fragomeni (Direttore del carcere di Opera), del poeta Guido Oldani e la postfazione di Silvana Ceruti, coordinatrice del Laboratorio, che da undici anni si dedica come volontaria a un "dialogo poetico" con i detenuti che hanno scelto (e ai quali è stato concesso dalla Direzione) di frequentare il corso. Il tema dell’antologia è l’amore, eletto a riferimento costante di una dimensione necessaria, ambìta nella sua totalità ma vissuta in frammenti: minute tessere, infatti, i brevi incontri, i colloqui, i permessi, gli scritti.

È quindi narrata l’emozione d’amore - bandito, negato, sofferto, immaginato, sognato - da chi vive in un luogo - il carcere - dove infinito è il tempo per attingere al ricordo, al desiderio, al rimpianto, ma anche alla speranza. La pubblicazione viene presentata il 9 maggio alle ore 17,30 a Palazzo Isimbardi - Sala degli Affreschi con la partecipazione del Presidente della Provincia Filippo Penati e delle cariche istituzionali. Al volume sarà riservato l’impegno editoriale alla diffusione devolvendo parte del ricavato per l’acquisto di strutture d’arredo per i bambini che risiedono nel carcere o che vi giungono in visita ai reclusi.

Nell’aspetto solidaristico dell’iniziativa va considerato - non ultimo - il senso di condivisione per i risultati assolutamente apprezzabili derivanti dall’applicazione per studio e impegno personale degli autori nell’operato svolto sotto l’egida della poesia; operato in cui la poesia assume la valenza di dialogo, di comunicazione, di rinnovata acquisizione del sé verso un processo di risocializzazione: dovere istituzionale, ma ancora di più, valore sociale e democratico.

Droghe: Russo Spena (Prc); chiederemo abolizione legge Fini

 

Ansa, 8 maggio 2006

 

"Chiederemo al governo di abolire la legge Fini perché criminalizza i giovani e non tocca gli spacciatori". Lo sottolinea in una dichiarazione il presidente dei senatori di Prc Giovanni Russo Spena. "Mancano pochi giorni - aggiunge Russo Spena - all’entrata in vigore della legge Fini-Mantovano-Giovanardi in materia di droghe e già sono iniziate pesanti molestie nei confronti dei consumatori di sostanze stupefacenti. Come quella avvenuta a Tione, nel Trentino, nei giorni scorsi, quando unità cinofile antidroga dei carabinieri hanno bloccato gli 800 studenti di un istituto superiore per sottoporre gli zaini al fiuto dei cani antidroga".

"È ovvio che iniziative di questo tipo non porteranno all’arresto di pericolosi spacciatori - afferma l’esponente di Prc - ma solo alla proposizione di un clima di tensione e contrapposizione con i giovani. Condivido le proposte politiche ed istituzionali del movimento antiproibizionista che ha organizzato la marcia a Roma domani in contemporanea con altre manifestazioni in tutto il mondo: a legge Fini sta già relegando in carcere giovani consumatori senza combattere gli spacciatori e senza differenziare la pericolosità delle sostanze il nostro impegno è quello di proporre al governo Prodi, tra i suoi primi atti, l’abrogazione dell’attuale normativa per decriminalizzare il consumo e la ‘condotta illecità, producendo anche una fase di sperimentazione dell’uso terapeutico della cannabis. Uso terapeutico - conclude Russo Spena - che è già pratica corrente in molti paesi e che utilizza il principio attivo della pianta, il Thc, sia nelle cure palliative ai malati terminali che come anti emetico per i pazienti sottoposti a chemioterapia".

Psichiatria: è necessaria una legge per riformare gli Opg...

 

Redattore Sociale, 8 maggio 2006

 

È necessario, con una nuova normativa, riformare gli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) che "rischiano di diventare una sorta di pena infinita per gli infermi mentali che vi sono rinchiusi". Questo l’SOS lanciato oggi in occasione del convegno dell’Associazione italiana per la lotta allo stigma in psichiatria (Ailas). L’Italia, denuncia l’associazione, "e rimasto l’unico Paese occidentale a mantenere i manicomi criminali, dove finisce chi ha commesso un reato, e stato riconosciuto infermo mentale ed e ritenuto ancora pericoloso per la società. Negli altri Paesi questi soggetti finiscono nelle strutture psichiatriche ordinarie".

A mettere in evidenza tale situazione di difficoltà non sono stati solo gli psichiatri, ma anche i magistrati che insieme ai medici lavorano e contribuiscono a inviare i detenuti in queste strutture. "In passato ha spiegato Paolo Canevelli, magistrato di sorveglianza a Roma - esclusa la capacita di intendere e di volere si finiva nel manicomio civile, mentre il manicomio criminale era riservato ai condannati con problemi psichici che non potevano essere gestiti; poi, nel 1930, con il codice Rocco, viene introdotto il concetto di pericolosità sociale e il manicomio giudiziario, appannaggio del ministero di Grazia e Giustizia, diventa la struttura deputata alla cura, la terapia e la custodia di persone pericolose. Da allora queste strutture non sono mai state toccate e sono dei veri e propri manicomi". "Una situazione piuttosto difficile che deve comunque fare i conti con il concetto di pericolosità sociale" hanno sottolineato anche gli operatori della salute mentale intervenuti al dibattito. Difficoltà acuita dal fatto che la detenzione nell’Opg ha una durata minima, ma non una massima. Questo significa che il magistrato, tenendo conto anche della perizia medica, indica dopo quanto avviene una verifica sullo stato dell’infermo mentale, che se viene ritenuto ancora pericoloso continua a soggiornare nell’Opg.

Per molti detenuti diventa un soggiorno senza soluzione di continuità e quasi senza speranza. Gli esperti intervenuti, hanno infatti puntato l’indice sulla scarsezza della terapia e delle cure che il detenuto riceve in queste strutture, che finiscono per essere solo luoghi di custodia. In assenza di un progetto di reinserimento esterno e se i malati non hanno una famiglia che li sostiene, è la denuncia degli operatori, e molto difficile uscire dall’Opg. Alla fine degli anni 90, ha ricordato il magistrato, "sono stati presentati due disegni di legge per superare gli Opg, ma non sono andati in porto.

E un percorso ha aggiunto - che si dovrà ripetere nella nuova legislatura". Anche una ricerca sugli Opg che risale al 2001, riferita sempre da Canevelli, era giunta alle conclusioni di chiudere i 6 ospedali psichiatrici giudiziari italiani che arrivano ad ospitare anche più 200 persone contemporaneamente, e istituire strutture più piccole, con un massimo di 50 persone, che puntino alla terapia più che alla custodia.

Perù: detenuti in rivolta nel carcere di Piura, diverse vittime

 

Ansa, 8 maggio 2006

 

I 1.500 detenuti del carcere di Rio Seco a Piura, nel nord del Perù, hanno inscenato una rivolta oggi all’alba sollecitando migliori condizioni di alimentazione e sanitarie, oltre che la sostituzione del direttore del centro di reclusione. Lo hanno reso noto i media a Lima. Secondo varie fonti, fra cui la testimonianza resa da un detenuto all’emittente radiofonica Rpp, l’ammutinamento, durato varie ore, avrebbe causato almeno tre morti e 30 feriti per l’intervento di reparti di agenti di polizia.

Usa: Bush; chiuderò Guantanamo e darò un processo ai detenuti

 

La Repubblica, 8 maggio 2006

 

Capisco che i tedeschi ripudiano la guerra, viste le loro terribili esperienze storiche. Capisco anche il loro "no" alla guerra contro Saddam, che per me fu e resta necessaria. Lo dice per la prima volta il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, alla Bild am Sonntag e spiega che anche nella crisi con l’Iran la via principale resta quella diplomatica, ma lascia aperte altre opzioni.

 

Signor presidente, gli americani hanno la sensazione di essere stati abbandonati dai tedeschi nella guerra contro Saddam Hussein?

"Io ho capito da tempo, che il ripudio della guerra è oggi parte della natura del popolo tedesco. I tedeschi, in qualsiasi schieramento politico si riconoscano, non amano la guerra. E posso capirlo. C’è stata una generazione di tedeschi che ha visto la sua vita distrutta da una guerra orribile. Io, allora, presi la mia decisione (ndr: di entrare in guerra contro Saddam) pienamente cosciente che bisogna affrontare le minacce prima che esse diventino realtà. E mi era ben chiaro che non tutti sarebbero stati d’accordo con me.

Abbiamo forgiato una importante alleanza e attuato con coerenza una difficile scelta. Adesso non si tratta di rivangare il passato. Si tratta di chiedersi come possiamo lavorare insieme per importanti obiettivi. Io sono grato al governo tedesco - l’attuale e il precedente - per l’aiuto alla ricostruzione della vita in Iraq. Scelte come quella di Schroeder, di condonare il debito iracheno, sono molto significative. Ci dicono che i tedeschi, anche se non erano d’accordo con la guerra, oggi sono convinti che il successo della democrazia in Iraq è di grande importanza".

 

La Cancelliera le ha anche chiesto, da mesi, di chiudere Guantanamo.

"Certamente, so che Guantanamo è un tema delicato. Io vorrei chiudere il campo e mettere i prigionieri sotto processo. La nostra suprema corte deve ancora decidere se vanno processati da un tribunale civile o militare. Ma sarà un tribunale a decidere di loro. Avranno un giusto processo. Quello che negarono alle loro vittime".

 

La guerra in Iraq è stata davvero un successo?

"Oh, sì, assolutamente sarà un successo. Se dodici milioni di persone che hanno vissuto sotto una brutale tirannia vanno a votare, è un successo! Ci dimentichiamo, troppo in fretta, la personalità di Saddam. È stato un tiranno brutale, ha usato armi di distruzione di massa contro il suo stesso popolo, ha occupato il Kuwait, ha violato le sanzioni, ha usato il programma "Oil for food" solo per arricchirsi. Rimuovere Saddam dal potere ha reso il mondo più sicuro. Specie per gli iracheni. Abbiamo trovato fosse comuni con uomini, donne, bambini. Ma è un duro lavoro trasformare una tirannide in uno Stato basato sulla libertà".

 

La nuova sfida viene dall’Iran. Come si può impedire che Ahmadinejad traduca in realtà le sue minacce, per esempio la distruzione di Israele?

"Il mondo in cui viviamo ci impone dei avere grande fiducia nei nostri valori, e molta determinazione. L’Iran ci pone davanti a una sfida. Io mi auguro che possiamo risolvere questo problema per via diplomatica, e credo che sia possibile, se le nazioni del mondo lavorano insieme".

 

Lei esclude un attacco militare all’Iran quale ultima ratio, o no?

"Come ho già detto, la cosa migliore sarebbe risolvere il problema per via diplomatica. Penso che possiamo riuscirci. Ma tutte le opzioni devono restare aperte sul tavolo".

 

Signor presidente, qual è stato il momento peggiore da quando è in carica?

"L’11 settembre 2001".

 

E il momento migliore?

"Ho vissuto molti grandi momenti, mi riesce difficile dire quale sia stato il migliore. Direi che il migliore è stato quando ho pescato un pesce di quasi quattro chili nel mio lago".

 

Come si prepara ai mondiali di calcio in Germania?

"Molti americani della mia generazione non capivano molto di calcio, non sapevano nemmeno come lo sport si giocasse, non avevano mai assistito a una partita. Ma adesso è cresciuta una nuova generazione, in sintonia con il mondo di oggi per cui il calcio e i mondiali sono l’evento sportivo più importante".

 

Chi vincerà?

"Naturalmente la squadra per cui tifo è la nazionale degli Stati Uniti. Mi dicono che è una buona squadra, ma chi sa se è abbastanza per vincere? Ma sono certo che faranno del loro meglio".

 

 

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