Rassegna stampa 28 maggio

 

Volterra: 2 detenuti morti suicidi; la lettera di una volontaria

 

Lettera firmata, 28 maggio 2006

 

È arrivata in redazione questa lettera, scritta da una volontaria nel carcere di Volterra: "Cari amici di Ristretti Orizzonti, voglio comunicarvi di due suicidi avvenuti nel carcere di Volterra. Io faccio volontariato là da più di 2 anni. Il giorno 24 maggio il giornale Il Tirreno ha parlato del secondo suicidio, ma non mi pare che lo abbiano fatto anche altri. Il primo suicidio è passato sotto silenzio. Il 20 maggio 2006, durante la notte, un giovane di circa 34 anni si uccide col gas del fornello e una busta di plastica, lascia una lettera con la richiesta di divulgarne il contenuto.

Il giovane si chiama Maurizio Cicatelli, di Battipaglia (Sa), detenuto da parecchi anni (forse 10 non ricordo), doveva scontarne ancora 6, credo, da quanto mi disse tempo fa. Era molto sensibile, soffriva moltissimo per la detenzione e il distacco dagli affetti familiari. Di recente aveva saputo di essere padre di una bambina e questo gli aveva ridato la voglia di vivere; pochi mesi fa si era sposato in carcere con la mamma della bambina e sembrava aver riacquistato delle speranze per il futuro. Negli ultimi giorni prima di morire aveva ricevuto il rigetto della richiesta di permesso premio. A mio avviso è sempre stato sottovalutato tutto di lui: la sua sofferenza, la sua sensibilità, le sue richieste di aiuto, la sua disponibilità ad assumersi delle responsabilità grosse come un matrimonio e una figlia, la sua intelligenza del cuore.

L’altro suicidio avvenne il 14 febbraio 2005, di pomeriggio, poco dopo le 17, orario in cui le celle vengono riaperte dopo 2 ore di chiusura. Quel giorno si impiccò Mohsen Fazani, giovane tunisino di circa 36-37 anni. Lo conoscevo poco, era molto intelligente e riflessivo e tanto sofferente. Delle sue intenzioni suicide si sapeva da qualche mese, io lo avevo saputo da un suo compagno e avevo avvisato la direzione e gli ispettori che provvidero a tenerlo d’occhio (e lo hanno fatto di sicuro).

Che dire? La detenzione, la reclusione stessa è un omicidio lento a cui i detenuti riescono a far fronte con sorprendenti risorse personali vitali, prodigiose sopravvivenze. In un carcere in cui ci sono alcuni operatori in buona fede, che credono nel trattamento e lo applicano come possono, con le difficoltà delle sproporzioni numeriche, come è possibile che non si accorgano dell’enorme portata di sofferenza e mortificazione che la detenzione comporta? Parlando con loro è questo che io vedo, buone intenzioni e poca consapevolezza. Saluti affettuosi".

 

Lettera firmata

Padova: una "Carta di Padova" per tutelare i diritti dei detenuti

 

Redattore Sociale, 28 maggio 2006

 

Al lavoro insieme agli esponenti dell’Ordine dei Giornalisti, della Federazione Nazionale della Stampa e dell’Ufficio del Garante della privacy per stilare una "Carta di Padova" che sul modello di quella di Treviso per i minori, definisca la deontologia e i criteri irrinunciabili con i quali produrre informazione sul carcere. L’iniziativa viene da Padova dove oggi si è svolta una giornata di studio e confronto su informazione e carcere. Cosa fa notizia oggi nell’ambito dell’informazione e della cronaca in particolare? Quali argomenti sono di grande attrazione per il pubblico ed i lettori dei media? Qual è lo spazio e l’importanza della cronaca nera e più in generale della cronaca giudiziaria? Come viene trattato questo genere di notizie? E quali sono invece, per chi fa informazione dal carcere, le modalità migliori per raggiungere dei lettori che non siano "addetti ai lavori" o che addirittura si sentano distanti da realtà come il carcere e le aree del disagio sociale?

Per tentare di rispondere a queste domande la redazione di "Ristretti Orizzonti" e la Federazione dell’Informazione dal carcere e sul carcere hanno promosso l’iniziativa. Nella mattina la discussione sul rapporto tra "grande informazione" e le "notizie dal e sul carcere": un confronto sul modo di trattare le notizie che hanno a che fare con la cronaca nera, e poi i temi della giustizia, del carcere, del disagio sociale; nel pomeriggio il dibattito con tutte le più importanti realtà dell’informazione dal carcere, su come comunicare con un pubblico di lettori "non addetti ai lavori", sfruttando gli spazi che i giornali, le radio, le TV locali sono disponibili a dare alle testimonianze che arrivano dal carcere. "Quello che non vorremmo più vedere - commentano i promotori - sono certe manipolazioni delle notizie che rimangono alla superficie dei fenomeni senza mai scavare in profondità. La vita, le vite invece hanno sempre tante sfumature e non è semplice raccontarle, soprattutto se permane una spinta, sempre più forte, alla rimozione culturale di tutto quanto è diverso e non omologato"

Veneto: De Poli; in carcere sovraffollamento, dipendenze e suicidi

 

Redattore Sociale, 28 maggio 2006

 

Sono 2767 i detenuti in Veneto (dati al 31 gennaio 2006) contro una capienza complessiva di 1772. "Le carceri del Veneto fanno i conti con i problemi di sempre: sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie, presenza di tossicodipendenti e alcoldipendenti, numero sempre crescente di stranieri, mancanza di lavoro in carcere, difficile situazione del reinserimento sociale e lavorativo", ha detto oggi l’Assessore regionale alle politiche sociali Antonio De Poli, intervenendo nella Casa di reclusione Due Palazzi di Padova, al convegno sull’Informazione dal carcere e sul carcere organizzato dalla direzione del carcere in collaborazione con il Centro di Documentazione Due Palazzi e con la Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia.

"Questi temi sono presenti solo eccezionalmente sui mass media: o nella stagione estiva quando il sovraffollamento e il caldo rischiano di far scoppiare le cose; o in casi di evasioni clamorose - ha aggiunto - Da questo punto di vista il rapporto tra informazione e carcere è fragile, insufficiente. Per questo la Regione Veneto ha volentieri contribuito a sostenere, fin dal suo inizio, il progetto di realizzare un Centro di documentazione all’interno dei Due Palazzi. L’obiettivo mi pare raggiunto: dotare le persone detenute di strumenti di conoscenza del mondo dell’informazione e della comunicazione e far diventare i detenuti stessi protagonisti dell’informazione che li riguarda. È un’attività che può cominciare ad invertire questo rapporto negativo tra mondo dell’informazione e mondo del carcere".

La Regione ha assegnato in questi anni (dal 2002 al 2005) circa 60mila euro per la realizzazione del centro di documentazione; il progetto ha visto la partecipazione di 85 detenuti ai corsi di informatica, pagine web, formazione redattori sociali. Nel 2005 ha assegnato 1 milione 610 mila euro a favore di interventi nelle carceri (a fronte di poco più di 300 mila euro di trasferimenti statali) di cui 500 mila per la realizzazione di attività educative, ricreative e sportive, promosse nelle carceri dagli enti del privato sociale e 1 milione 110 mila euro alle Aziende Ulss dei capoluoghi di provincia per attività di cura e assistenza e il funzionamento di presidi sulla tossicodipendenza nelle carceri (competenza passata alle Regioni e che prima era svolta dall’Amministrazione Penitenziaria). Per quanto riguarda i progetti finanziati dalla Regione Veneto in ambito sportivo, ricreativo e culturale, l’Assessore ha ricordato che dal 2000 al 2005 i progetti finanziati sono stati 166 con circa 34 mila utenti coinvolti e un finanziamento complessivo di 2 milioni 357 mila euro.

Il sovraffollamento - Sono 719 nel carcere di reclusione di Padova (a fronte di una capienza di 446), 218 detenuti nel carcere circondariale di Padova (capienza 98); 130 detenuti a Belluno (capienza di 84); 96 detenuti a Rovigo (capienza 66); 263 detenuti a Treviso (128 di capienza); 230 detenuti nel carcere circondariale di Venezia (capienza 111), 101 detenute nel carcere di reclusione femminile di Venezia (capienza 111), 46 detenute nel carcere circondariale femminile della Giudecca di Venezia (capienza 38);688 nel carcere circondariale Montorio di Verona (capienza 554); 277 detenuti nel carcere circondariale di Vicenza (136 di capienza). Per quanto riguarda l’Istituto Penale per Minorenni di Treviso, le presenze nel primo semestre del 2005 erano 20 di cui 16 stranieri e 4 italiani. I detenuti dipendenti da sostanze sono il 30% di cui il 62% italiani; il 2% è affetto da Hiv.

Aumentano i suicidi - Nel 2004 sono stati 2 (uno a Belluno e 1 a Padova), nel 2005 sono stati 6 di cui 4 a Padova, 1 a Venezia e 1 a Vicenza. Nell’Istituto per minorenni di Treviso ci sono stati invece 4 episodi di autolesionismo nel 2004, saliti ad 8 nel 2005. Sono 71 gli operatori delle Aziende Ulss che lavorano nelle carceri (dagli assistenti sociali, agli educatori, dagli infermieri ai medici, dagli psichiatri agli psicologi.

Il regime di semilibertà - Al 30 giugno 2005 erano 130 i detenuti che godevano di questa possibilità (32 a Padova,27 a Venezia, 26 a Verona, 18 a Vicenza, a18 a Treviso, 9 a Rovigo) di cui 33 stranieri; i permessi premo concessi nel Veneto dal 1° gennaio 2005 al 30 giugno 2005 sono stati 596 (di cui 574 uomini e 22 donne) di cui 449 nel carcere di reclusione di Padova (di cui 157 stranieri), 45 nel carcere di Verona (11 stranieri), 19 a Vicenza (7 stranieri), 22 a Rovigo (3 stranieri)

Carceri: solo tossici e immigrati; 1.200 morti in cinque anni

 

L’Unità, 28 maggio 2006

 

 

Le carceri? Scoppiano. O meglio, cresce il numero dei detenuti stipati in spazi sempre più stretti e in prigioni senza fondi per garantire l’assistenza e la rieducazione. Poco importa poi se chi sta dietro le sbarre deve fare i conti con la disperazione o qualche malattia, la popolazione carceraria cresce.

A leggere i dati elaborati dalle associazioni che prestano assistenza in prigione, c’è poco da stare allegri. "Dietro le sbarre ci sono complessivamente 63mila detenuti - denuncia Riccardo Arena conduttore di Radio Carcere, la trasmissione che si occupa dei diritti dei detenuti ogni martedì su Radio Radicale - e questo su una capienza che oscilla tra 43mila e 44mila posti a disposizione". Il risultato è presto spiegato. "È chiaro che le ventimila persone in più devono stare in questi spazi che, quindi si riducono - prosegue Arena - naturalmente a discapito della salute e della rieducazione".

Una situazione che, come rimarca Arena, che è anche avvocato penalista, rischia di degenerare. "Il fatto vero è che ormai siamo allo sbando più totale, non ci sono i soldi per le attività di recupero, per l’assistenza sanitaria e tutto quello che consegue". Proprio per trovare una soluzione, che porti all’alleggerimento delle prigioni, Arena assieme al mondo del volontariato che gli ruota attorno sta presentando due disegni di legge per l’indulto e l’amnistia. "Solamente in questo modo si potrà trovare una soluzione". O meglio si potranno rendere più vivibili le prigioni dove i numeri della disperazione quasi si sprecano. Secondo i dati elaborati da Ristretti orizzonti, dati consultabili anche sul sito www.ristretti.it, negli ultimi cinque anni dietro le sbarre sono morte 1191 persone. Di queste, 448 per suicidio mentre gli altri per malattia o, in alcuni casi, per cause da accertare.

I dati forniti poi dalla Funzione pubblica della Cgil non sono più confortanti. Soprattutto se si pensa che l’80 per cento della popolazione carceraria è recidiva, e solo il 12 per cento di questa sconta condanne per fenomeni di criminalità organizzata. Senza dimenticare poi i detenuti per droga che, a leggere il dossier preparato dalla funzione pubblica della Cgil interessa il 30 per cento dei detenuti mentre il 32 per cento dei detenuti sconta condanne per reati contro il patrimonio e il 33 per cento reati legati all’immigrazione. "In questo scenario veramente allarmante - denuncia Fabrizio Rossetti responsabile dipartimento carceri della Funzione pubblica Cgil - c’è da ricordare che attualmente e dall’entrata in vigore della Bossi Fini si è registrato un aumento di diecimila detenuti l’anno".

Dati che, a sentire il sindacalista, sono destinati a lievitare ancora. "L’applicazione della Bossi Fini e della Giovanardi Fini - prosegue Rossetti - ci porta ogni due mesi almeno 1000 detenuti in più, siamo veramente allo sfascio". Ne è convinto pure Patrizio Gonnella, responsabile di Antigone, l’associazione che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti. "È vero che il problema della carcerizzazione di tutti i reati è un po’ diffuso in tutta Europa, soprattutto perché in questi anni c’è stato un notevole taglio alle risorse destinate alla solidarietà sociale - dice - ed è cresciuto il fenomeno migratorio ma è altrettanto vero che la situazione italiana è ormai allo sbando". E gli esempi del rappresentante dell’associazione quasi si sprecano. "Chi ha governato in questi anni pensava che il problema si potesse risolvere con l’edilizia penitenziaria - dice - e per questo motivo è stata costituita pure la società che poi è partita con i piedi sbagliati e il piano è stato bocciato dalla Corte dei conti". Risultato? "Sono stati fatti solamente atti legislativi per aumentare la popolazione detenuta - replica - mentre le carceri inaugurate sono state pensate e progettate dal governo precedente". Intanto però il numero dei detenuti cresce e le carceri scoppiano.

Giustizia: le riforme viste da "Radio Carcere", di Riccardo Arena

 

www.radiocarcere.com, 28 maggio 2006

 

"Il patto per la Giustizia"

 

Prima delle elezioni abbiamo interrogato i principali partiti sulle riforme necessarie in tema di Giustizia. Qui abbiamo pubblicato le loro intenzioni politiche di riforma. Da destra a sinistra, ci hanno detto quello che occorreva fare per il processo penale, la pena e l’ordinamento giudiziario. Promesse pre-elettorali. Radio Carcere oggi individua i principali punti di riforma sulla giustizia penale che quei politici hanno scritto qui di voler fare. Si tratta di uno schema che riassume diversi e complessi aspetti di riforma. Ognuno di questi argomenti verrà affrontato singolarmente e in modo più approfondito nei prossimi numeri di Radio Carcere.

 

Le riforme di Radio Carcere

 

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, appena eletto, ha affermato: è l’ora delle riforme. Affermare che la giustizia penale è da riformare è pleonastico. Una riforma che deve essere legislativa e organizzativa. La giustizia penale è infatti regolata da norme, applicate da uomini (giudici, pubblici ministeri e avvocati), l’attività dei quali va organizzata, gestita secondo criteri manageriali. Uomini di cui va curata la professionalità ed a cui vanno assicurata dotazioni tecniche e strutturali.

 

Gli obiettivi principali

Dare al processo tempi ragionevoli. Restituire alla pena le funzioni che le sono proprie. Prevenzione e rieducazione sono realizzate solo se tra la commissione del fatto reato e la pena non intercorrono tempi irragionevoli. Restituire alla custodia cautelare la funzione di cautela e non di surrogato di una pena che non giunge mai.

Aumentare la qualità delle decisioni. Riducendo il rischio di errore giudiziario: di assoluzioni e condanne ingiuste. Risultato che si ottiene solo curando la selezione e la preparazione di coloro che concorrono amministrare la giustizia: giudici (in primo luogo), pubblici ministeri, avvocati e forze dell’ordine. Ogni soggetto ha un ruolo fondamentale e tutti devono concorrere al raggiungimento del risultato: l’accertamento della verità. Devono essere eliminate ogni forma di abuso, anche quella che si estrinseca attraverso la manipolazione e strumentalizzazione del dato normativo.

Ripensare il sistema sanzionatorio e rendere la custodia in carcere conforme al dettato costituzionale. Permettere che questa sia afflittiva - rieducativa e non umili il condannato, sottraendogli la dignità.

 

Processo penale

 

Modifica del codice di procedura penale e delle leggi collegate. L’impianto normativo deve essere modificato. Il giudizio di primo grado deve essere disciplinato in modo tale da garantire una decisione. Giusta. Garanzie reali e non formali. La sentenza di primo grado deve essere esecutiva. Esecutività che può essere sospesa sia dal giudice che emette la sentenza sia dal giudice dell’impugnazione. L’appello deve essere coordinato al primo grado.

Cosa succede oggi: in primo grado il giudice decide dopo avere ascoltato testimoni. In secondo grado il giudice decide, con la possibilità di modificare la decisione del primo, dopo aver letto i verbali delle trascrizioni dei testimoni. Una contraddizione in termini. La prospettiva di Radio Carcere: il secondo grado deve avere solo funzione rescindente. Esecutività e appello rescindente assicurerebbero una riduzione dei tempi e una razionalizzazione del sistema. La pena. Applicata in tempi ragionevoli rispetto alla commissione del reato assicurerebbe la prevenzione e la rieducazione. Permetterebbe la limitazione della custodia cautelare, utilizzata spesso come una anticipazione dalla pena. Eliminerebbe il paradosso di una condanna che diventa esecutiva dopo tre gradi di giudizio e di una pena che si sconta prima di questa, in virtù di un giudizio sommario quale quello cautelare.

 

Amministrazione uffici giudiziarie e razionalizzazione risorse economiche

 

L’amministrazione degli uffici giudiziari deve essere completamente rivista. Gli uffici devono essere gestiti con criteri manageriali. Questi devono avere tutte le dotazioni tecniche e umane necessarie. La spesa deve essere razionalizzata, osservando criteri economici. Si potrebbe pensare l’introduzione di un direttore generale accanto alla figura del Presidente. Il primo un amministrativo, il secondo un magistrato con funzioni di garanzia.

 

Ordinamento giudiziario

 

Accesso alla magistratura. Selezionare diversamente i giudici. Curane la formazione giuridica e umana. Dotandoli degli strumenti necessari. Formazione calibrata relativamente ai compiti. Un pubblico ministero deve sapere dirigere le indagini. Un Presidente deve sapere dirigere un udienza. E necessario adottare un criterio meritocratico. Finalizzato a selezionare gli uomini in ragione delle mansioni che devono ricoprire. La valutazione deve avere come criterio guida la verifica di quanto prodotto e il risultato dell’attività svolta.

L’attività di un giudice va valutata attraverso i provvedimenti scritti. Importante e la quantità dei provvedimenti prodotti. Fondamentale è però la qualità. Valutazione che è operata fisiologicamente dai giudici delle impugnazioni. Negativamente sarà valutato quel giudice il quale ha emesso provvedimenti che vengono censurati dai giudici delle impugnazioni. Importante per la valutazione di un pubblico ministero è l’esito dell’attività svolta. Esito che si misura verificando condanne o assoluzioni ottenute a seguito di richieste a giudizio. Perdita dell’idoneità e sanzioni disciplinari. La perdita dei requisiti deve portare all’allontanamento del magistrato. Il compimento di illeciti disciplinari deve essere sanzionata tempestivamente. Il magistrato deve essere responsabile, come tutti, delle sue azioni.

 

Consiglio superiore magistratura

 

Un Consiglio superiore diverso capace di operare valutazioni meritocratiche, capace di sanzionare i magistrati autori di illeciti disciplinari. Autonomo. Con una diversa composizione. Diminuire i componenti togati. Un numero maggiore di componenti laici. Eletti da togati, garantendo così l’autonomia della magistratura. Elezione con un sistema elettorale maggioritario, che premi la professionalità del singolo e non l’appartenenza ad una corrente.

 

Sistema punitivo e penitenziario

 

Amnistia e indulto. Indispensabili. Per garantire le condizioni minime di vivibilità in carcere. Sono circa 62 mila i detenuti nelle carceri italiane. Carceri che potrebbero ospitare 44 mila detenuti. 18 mila detenuti in più. Il sistema carcerario è al collasso. È fuori legge. Riduce le persone detenute a uomini senza dignità. Occorre ripensare tutto il sistema penitenziario. Intervenire sulle strutture e sull’uso che se ne deve fare. Ristrutturare le carceri. Pensare non a carceri nuove ma a carceri diverse. Diversificare la detenzione tenendo conto della pericolosità e della gravità del reato commesso. Non sono sempre necessari carceri di sicurezza. Carceri con sicurezza attenuata. Dove fare scontare la pena a detenuti non pericolosi. Istituti che avrebbero costi di edificazione e di manutenzione molto inferiori a quelli odierni. In Italia esistono già carceri a custodia attenuata. Funzionano. Danno ottimi risultati e costano meno.

Meno costi per la sorveglianza. In queste strutture la persona detenuta lavora all’esterno o all’interno del carcere. Attraverso questa detenzione si paga la pena e ci si prepara alla libertà. Evidenti i vantaggi anche per i cittadini liberi, sia in termini di sicurezza che di costi. Sono pochissimi in Italia questi istituti a custodia attenuata. Ottuso non investire sulla loro diffusione. Carceri diverse e pene diverse. La pena non deve essere costituita dalla sola custodia in carcere. Funzione affittiva e rieducativa possono essere raggiunte anche diversamente. Fornire al giudice che applica una condanna la possibilità di scegliere tra pene diverse dal carcere.

Riforme urgenti e indispensabili. La realizzazione delle quali non può essere effettuata con la metodica sino ad ora utilizzata. Commissioni ministeriali composte da decine di persone. Riunite una volta alla settimana. Capaci di dare prodotti modesti, la qualità dei quali è sotto gli occhi di tutti, in tempi inaccettabili. Il Ministero di giustizia si deve dare carico di predisporre le riforme coadiuvato da pochi tecnici esterni. Le riforme devono essere prodotte in pochi mesi.

 

A proposito di riforme, di Corso Bovio (Avvocato)

 

La nostra giustizia è afflitta da problemi gravissimi: la lentezza dei processi, l’incertezza della cause penali che seguono percorsi del tutto casuali ed hanno esiti difficilmente prevedibili, il sovraffollamento delle carceri. Il codice di procedura penale ha subito negli anni centinaia di interventi oggi è assolutamente disomogeneo. Andrebbe attuata una gran pulizia ed una "ristrutturazione" per renderlo ordinato e razionale depurato da formalismi inutili che servono solo all’arte del cavillo.

Le motivazioni delle sentenze vanno rese chiare e lineari: sono pronunciate in nome del popolo italiano, dovrebbero essere intellegibili per qualunque cittadino. Sono contrario a rendere esecutiva la sentenza di appello o peggio quella del Tribunale. La presunzione di innocenza sino a condanna definitiva impone che solo con la Cassazione si possa mandar in galera una persona. Va però dato atto che la Suprema Corte è oggi oberata da una quantità enorme di ricorsi che è necessario ridurre, potenziando i filtri per "eliminare" le impugnazioni inammissibili o manifestamente infondate.

La custodia cautelare va drasticamente limitata, circoscritta ai delitti più gravi, ai casi connotati da oggettiva pericolosità, e non continuare ad essere, come è tragicamente da anni, la scorciatoia per ottenere confessioni.

Un provvedimento di clemenza, sollecitato pure dalla Chiesa, è assolutamente necessario; ma amnistia e indulto sono misure tampone che non risolvono il problema di fondo, quello di prigioni a misura d’uomo con concrete e serie possibilità di lavoro. Non solo il Giudice di Pace ma anche il Tribunale dovrebbe poter applicare variegate pene alternative, come il lavoro di pubblica utilità (anche per periodi continuativi e non brevi) o la permanenza domiciliare.

Il funzionamento degli uffici giudiziari deve essere radicalmente ripensato. Mezzi tecnici e risorse umane vanno adeguati al fabbisogno. Anche se non sono mai potuto "entrare nei numeri", sono convinto che i fondi ci siano: il problema è quello del loro migliore impiego, con una visione globale si possono attuare economie di scala e significativi risparmi.

General manager dei tribunali, collegati al Ministero di Giustizia sono indispensabili; il loro ruolo va coordinato con quello dei Presidenti delle "corti", ma organizzazione e gestione dei Palazzacci vanno affidati a tecnici competenti, a direttori di macchina, pur rispettosi delle prerogative e dei ruoli dei magistrati.

Accesso in magistratura, selezione dei giudici, formazione giuridica, psicologica, e anche di management, sono temi fondamentali che vanno però prima disciplinati in astratto e poi applicati e verificati sul campo. La formazione deve esser costante e mirata, diversa per le funzioni di investigatore e di accusatore, rispetto a quelle dei giudicanti.

Il tema della carriera dei magistrati è il più spinoso. La selezione e la progressione devono basarsi su effettive capacità e meriti. Si può non esser d’accordo con gli esami, ma questi restano una delle strade praticabili. Sarebbe necessario pesare la produzione del giudice sia sotto il profilo qualitativo, sia sotto quello quantitativo. Se i provvedimenti di un magistrato vengono troppo spesso annullati per errori o vizi evidenti, questo va registrato nel suo "fascicolo personale". Fino ad oggi la carriera è stata assolutamente automatica: le valutazioni positive sull’operato dei giudici da parte del Consiglio giudiziario sono monotonamente conformi e di routine, salvi i casi di colpe evidentissime e clamorose. Nei Consigli giudiziari va rafforzata la voce dei laici (avvocati, personale amministrativo, eccetera). L’azione disciplinare deve esser più certa, meno casuale, più tempestiva. La "responsabilità" del giudice è tema ineludibile. I piani sono due: quello del giudizio disciplinare e quello delle azioni risarcitorie contro coloro che hanno ingiustamente provocato danni al cittadino. La legge del 1988 sulla responsabilità civile, frutto della volontà popolare, ha avuto modestissima applicazione, va riscritta ed aggiornata.

Anche se già riformato nel 2002, il Consiglio Superiore della Magistratura abbisognerebbe di molti "ritocchi". Esso è però disciplinato dalla Costituzione, che è impresa ardua "revisionare".

Molti problemi poi più che dalle norme nascono dallo spirito corporativo della categoria, difficilissimo da sradicare, soprattutto con le sole leggi.

Quest’anno il Governo ha varato la riforma dell’ordinamento giudiziario che dovrebbe entrare in vigore tra il "corrente mese" e ottobre, ma il terzo potere, assumendo una veste politica per non dir legislativa, chiede il suo immediato blocco e una radicale riforma della riforma. A me pare uno straripamento dal proprio ruolo e un troppo drastico rifiuto, profittando del cambio di maggioranza, a verificare sul campo le innovazioni. La giustizia si risana con spirito di collaborazione superando logiche partigiane, sia politiche, sia di corpo.

 

A proposito di riforme, di Nello Rossi (Consigliere della Corte di cassazione)

 

Radio Carcere mette nero su bianco idee e proposte per restituire funzionalità e ragionevole celerità alla giustizia penale. E, opportunamente, fornisce indicazioni anche sul rinnovamento dell’ordinamento giudiziario, necessaria premessa dell’auspicata trasformazione del processo e della giurisdizione. È uno stimolo a ragionare di una riforma vera dello " statuto" della magistratura, coerente con i principi costituzionali e capace di produrre quella razionalità organizzativa e quell’efficienza che allo stato mancano al nostro sistema.

Una riforma, per intenderci, radicalmente diversa, nella filosofia di fondo e nelle soluzioni concrete, da quella voluta dall’ex Ministro Castelli.

Difficilissimo da leggere e da interpretare - come ha candidamente ammesso l’ex Ministro - il gigantesco groviglio di commi, lettere, numeri partorito nella scorsa legislatura si rivelerà ancora più difficile da attuare. Oggi c’è ancora tempo per bloccare gli effetti della legge n. 150\2005 e dei decreti che le danno attuazione, abrogando o sospendendo l’efficacia delle nuove norme per il periodo di tempo necessario al varo di una riforma vera. Altrimenti si produrranno guasti assai gravi: ad esempio, il rallentamento o, in alcuni casi il blocco, dei trasferimenti e delle promozioni dei magistrati, un intollerabile sovraccarico della giustizia disciplinare, l’impasse del sistema di formazione degli uditori giudiziari e dell’aggiornamento professionale.

Previsioni troppo pessimistiche? Allarmismi inutili ed eccessivi ? Gli scettici potranno consultare, sul sito dell’associazione nazionale magistrati, uno studio che, con statistiche e stime aggiornate, dimostra il contrario. Più volte, in passato, i magistrati italiani sono stati trattati come fastidiose Cassandre o accusati di "dare i numeri". Salvo poi a vedere confermate in ritardo dal Ministro della Giustizia - come è avvenuto per le cifre relative alla legge Cirielli - i dati forniti e le previsioni formulate.

A mio giudizio le parole-chiave cui fa ricorso il "manifesto" di Radio Carcere per indicare le linee di un moderno ordinamento giudiziario sono in gran parte giuste e condivisibili. Professionalità e responsabilità dei magistrati. Attenzione ai temi dell’organizzazione e dell’efficienza (inedita in un paese che troppo spesso ama declamare i massimi principi senza curarsi delle condizioni necessarie alla loro effettiva realizzazione). Investimenti nella formazione permanente di tutti gli operatori della giustizia.

Ci sono però due aspetti che non convincono. Il primo è l’insistenza sulla "selezione meritocratica" dei magistrati, individuata come lo strumento per migliorare il servizio giustizia reso ai cittadini. Ha davvero senso - per una realtà come la magistratura - ragionare in termini di pura meritocrazia e puntare a costruirne l’organizzazione come una sorta di piramide, in cima alla quale stanno i migliori? Il punto è che "tutti" i magistrati - in qualunque ufficio ed in qualunque parte del paese operino- adottano quotidianamente decisioni che incidono sulla libertà personale, sul patrimonio, sull’attività produttiva, sullo status personale e familiare dei cittadini.

Il vero obiettivo è perciò quello di garantire che "tutti" i giudici ed i pubblici ministeri in servizio abbiano standard adeguati di professionalità, allontanando dal difficile compito di amministrare giustizia coloro che non si dimostrano più all’altezza.

Servono dunque severe e rigorose valutazioni periodiche di professionalità su tutti i magistrati e non concorsi per individuare una ristretta elite di migliori ( da inviare poi dove? Al penale? Al civile? In primo grado, dove si affrontano per la prima volta i casi più nuovi e scottanti? O nei gradi superiori di giudizio, ai quali oggi si approda quando una decisione sbagliata ha già prodotto i suoi effetti dannosi?).

In passato compiacenze ed indulgenze verso "pochi" magistrati improduttivi o inadeguati hanno fatto pagare un prezzo assai alto, in termini di credibilità, ai "molti" magistrati che lavorano con grande dedizione e capacità. Ma oggi le proposte pubbliche ed impegnative dell’associazione nazionale magistrati sulle valutazioni di professionalità testimoniano che si è voltato pagina. Così che i magistrati sono i primi a chiedere che, nel quadro di una profonda riforma dell’ordinamento, siano previste verifiche periodiche di professionalità, capaci di controllare con il necessario rigore la laboriosità e la produttività dei singoli e, attraverso controlli a campione, la qualità tecnica dei provvedimenti.

Il secondo punto di dissenso rispetto alle sollecitazioni di Radio Carcere riguarda la proposta di cambiare la Costituzione, aumentando il numero dei membri del CSM eletti dal Parlamento e riducendo quello dei componenti eletti dai magistrati. Per questa via, infatti, si corre il rischio di aumentare proprio quel tasso di politicizzazione del CSM che è oggetto delle più frequenti critiche rivolte all’organo di governo autonomo della magistratura.

Pescara: i detenuti raccontano fiabe per l’Unione Italiana Ciechi

 

Il Tempo, 28 maggio 2006

 

"Ti dò la mia parola". Che si dipinge con i colori della solidarietà, si sfuma con le tinte dell’attivismo sociale e si rinvigorisce con le fiabe vibranti di Roberto Vecchioni. Sbarca oltre le sbarre per ridare valore alla vita dei detenuti e al contempo far scoprire il piacere della lettura ai non vedenti, ma anche semplicemente a chi guida per ore e ore o a chi per svariati motivi non può leggere. Un progetto che, portato avanti da Apc (Agenzia promozione culturale) di Sulmona, lega le sinergie della Casa di reclusione di Sulmona e dell’Unione italiana Ciechi e si avvale dell’appoggio della Regione Abruzzo (in particolare dell’assessore alla cultura e alle politiche sociali Elisabetta Mura).

"Ti dò la mia parola" ora ha smesso di scrivere un capitolo e si appresta a buttarne giù un altro. Quindici detenuti, infatti, dopo aver imparato le tecniche di base della lettura, della dizione e della respirazione, si apprestano a incidere in formato mp3 un libro parlante. Entro fine dicembre il cd sarà disponibile gratuitamente per tutti coloro che lo richiederanno (consultando il sito dell’Unione Italiana Ciechi). E andrà ad arricchire gli 80mila testi che compongono la biblioteca nazionale del libro parlato.

Le pagine del "Diario di un gatto con gli stivali" (ed. Einaudi) di Roberto Vecchioni, dunque, saranno vivificate dalla voce dei reclusi che decodificheranno quelle emozioni e quei sogni che solo le fiabe sanno suscitare. Anche se queste favole non sono, come sembrano, quelle già sentite. Anche se Pollicino si guarda alla specchio e non si riconosce più o Cenerentola muore ammazzata. Niente è come sembra. Il messaggio di Vecchioni è chiaro. Ma lo è altrettanto quello di questi carcerati che si attivano per cercare di cancellare un passato scomodo e costruire un dignitoso futuro. Nel libro la magia vince la logica e tutto può essere rovesciato all’infinito in un gioco di specchi. Un messaggio di speranza che varca i limiti della storia e lega chi vive un’esistenza mutilata.

"È l’apertura di un passaggio tra il mondo chiuso del carcere e la società civile nell’ottica del reinserimento dei detenuti - ha dichiarato Elisabetta Mura, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato anche Rosa Giammarco, responsabile Apc, Americo Montanaro, presidente provinciale della sezione dell’Aquila dell’Unione italiana Ciechi, Antonio Carraio, presidente della Comunità Montana Peligna, Giacinto Siciliano, direttore del carcere di Sulmona e l’educatore Frank Mastrogiuseppe -. Un altro tassello importante che si aggiunge alle iniziative che stiamo realizzando anche in collaborazione con il sindaco di Sulmona, La Civita". Come ad esempio la vendita di manufatti realizzati dai detenuti in diversi negozi del centro storico della città durante la prossima Giostra Cavalleresca.

Giustizia: caso Carretta; Ferdinando libero dalla prossima settimana

 

Adnkronos, 28 maggio 2006

 

 

Novità nel caso Carretta: la prossima settimana, infatti, Ferdinando Carretta, il 44enne di Parma autoaccusatosi di avere ucciso i genitori e il fratello minore nell’agosto dell’89, sarà un uomo praticamente libero. Tempo qualche giorno e il Tribunale di Sorveglianza di Mantova, a quanto apprende l’adnkronos, emetterà il decreto di revoca della misura di sicurezza e la conseguente concessione della "licenza di esperimento". In altre parole, Ferdinando Carretta, attualmente detenuto nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, la prossima settimana diventerà un uomo praticamente libero.

Lo attende una comunità di recupero a Forlì dove Carretta verrà ospitato. L’unica piccola restrizione, in base a quanto disporrà il magistrato di sorveglianza, riguarderà il fatto che una volta alla settimana, ma l’intervallo potrebbe essere anche più lungo, Ferdinando dovrà presentarsi per i controlli ai servizi sociali del territorio. Per il resto sarà un uomo libero e non si esclude che in futuro non decida di ritornare nella sua casa di via Rimini, luogo del massacro del padre Giuseppe, della madre Marta e del fratello Nicola, secondo quanto confessò lo stesso Carretta, ritrovato a Londra nel 1998. Interpellato sulle novità, Marco Moglia, uno dei legali di Ferdinando, si limita a dire: "Chiediamo il massimo riserbo data la fase estremamente delicata".

La liberazione di Ferdinando Carretta non è l’unica novità. Accanto a questo aspetto, infatti, vi è anche quello legato all’eredità, argomento di lite giudiziaria tra Carretta e le zie. Tra i due appartamenti di Parma e i liquidi, la somma lasciata dai genitori si aggira sui 700 mila euro. Al riguardo, martedì prossimo presso la Corte d’appello di Bologna sarà celebrata la prima udienza d’appello, ma con tutta probabilità, salvo eventuali accordi tra le parti, la vicenda non si concluderà nell’immediato. In primo grado la partita si era chiusa a favore delle zie.

Napoli: parenti non possono assistere un detenuto in fin di vita

 

Il Mattino, 28 maggio 2006

 

Burocrazia e ritardi organizzativi della polizia penitenziaria non avrebbero permesso ai parenti di un detenuto ricoverato nell’ortotraumatologia del Cardarelli di stargli vicino nelle ultime ore di vita. Una storia amara che racconta il suo difensore, l’avvocato Carlo Fabozzo: "Il mio assistito, Ermete Angelillo di 65 anni, era piantonato in ospedale da dieci giorni. Aveva partecipato a una rissa ed era stato colpito da un proiettile alla spalla destra. Ma i sanitari hanno rinviato di alcun giorni l’intervento chirurgico perché aveva una glicemia altissima".

Il primo intoppo venerdì, quando il detenuto è stato operato. Dalla Procura il Pm Parascandolo ha autorizzato la figlia Concetta a trascorrere tre ore affianco al padre. "Era stato già operato alla spalla. Ma quando nel pomeriggio sono arrivata in ospedale, il piantone non mi ha fatto entrare spiegandomi che dovevo essere prima identificata nel carcere di Poggioreale.

Operazione che non si poteva fare a quell’ora", spiega la figlia. Annullata la visita, Concetta Angelillo è tornata a casa. Ieri, a ora di pranzo, è tornata nel Cardarelli e solo allora ha saputo che il padre, trasferito in rianimazione, era deceduto alle 9.30. "Papà in mattinata aveva chiesto a una signora che nella stessa stanza assiste il proprio figlio di telefonarmi - racconta la figlia del detenuto - ma la polizia penitenziaria gliel’ha impedito minacciando perfino di sequestrarle il cellulare".

Perugia: una gara podistica dentro al carcere di Capanne

 

Il Messaggero, 28 maggio 2006

 

Si comincia tutto con un passo, un passo per costruire il proprio futuro, un passo verso la libertà. Lo ha ricordato la direttrice del carcere di Capanne, Bernardina di Mario che ieri ha applaudito, insieme alla polizia penitenziaria, gli undici detenuti del carcere di Capanne che hanno partecipato alla manifestazione "Vivicittà Uisp, Corriamo la libertà", una gara podistica organizzata all’interno delle mura del carcere di Capanne. La città, dunque, entra dentro al carcere, si aprono i cancelli della struttura e per un’ora non ci sono né cittadini liberi né detenuti ma solo atleti che si sfidano, con una competizione leale, a chi corre più veloce, a chi copre in meno tempo il percorso interno del carcere per due volte.

Partecipano, come detto, undici detenuti, quelli che seguono il corso di educazione fisica. Sono tutti stranieri, la stragrande maggioranza del magreb, un giordano, nigeriani, un rumeno.

Sono tutti giovani, qualcuno è poco più di un ragazzo, in gran parte sono finiti lì dentro per spaccio di droga. Non hanno pene lunghe da scontare e quasi tutti collaborano alla vita del carcere con piccole mansioni: pulizia, gestione del verde, consegne dei pacchi. La gara è amatoriale, ma si fa sul serio. Un po’ di riscaldamento, qualche metro di corsa. Poi si comincia. Maglie bianche contro canotte arancioni, due giri poi vinca il migliore.

Il "Capanne team" ce la mette tutta, al primo giro le distanze non sono poi così tante: in testa ci sono gli atleti veri della Uisp, ma le canotte arancioni resistono. Il secondo giro selezioni i migliori: qualcuno si arrende e si mette a sedere all’ombra del muro di recinzione, qualcun altro arranca ma non molla.

Dalle finestre delle celle sono grida di incitamento e di augurio. E la scena si ripete quando gli atleti passano sotto le finestre dove sono detenute le donne. Arriva il primo e, forse, è la fortuna a metterci lo zampino: ha il numero 13. Applausi e sorrisi e per lui anche gli onori del Comune di Perugia e del Coni che regalano due gagliardetti da appendere in palestra.

Via via tagliano il traguardo gli altri, accompagnati dall’incitamento degli atleti. "È stato bello", raccontano. E c’è lo spazio anche per un gesto di galanteria: una coppa viene regalata alla direttrice del carcere perché rimanga, come simbolo di una giornata dove tutti hanno potuto essere, per un’ora, i migliori e meritare un premio. Applausi, sorrisi e abbracci, la promessa che, la prossima volta, arriveranno anche delle scarpe adatte per la corsa e la speranza di uno dei cinque vincitori: "Una bella iniziativa, ma speriamo che non ci sia un’altra occasione qui dentro".

Giustizia: Associazione Papillon Rebibbia; amnistia e indulto subito!

 

Associazione Papillon, 28 maggio 2006

 

È noto che a fronte della legislazione vigente e della pesante crisi sociale, le carceri sono stracolme- circa 62.000 detenuti per 30.000 posti! - e che, caso quasi unico in Europa, ci sono ben 200 detenuti politici in galera dalla fine degli anni ‘70 (altri 200 in esilio) condannati a pene eccezionali dalle leggi emergenziali dell’epoca, create provvisoriamente per debellare il fenomeno della lotta armata. Non vogliamo far paragoni impropri, ma è doveroso dire che dei nefasti protagonismi dello Stragismo (che tanti lutti seminarono tra la popolazione) e di Tangentopoli (che tante risorse depredarono al Paese per foraggiare la politica e i partiti) nessuno è in carcere, laddove addirittura prosciolti e riabilitati!

Mentre migliaia di poveri disgraziati e un pezzo della generazione degli anni 70, subiscono tutt’ora la vendetta dello Stato attraverso quelle leggi provvisorie divenute permanenti e le facili estradizioni, per fare tabula rasa - dopo l’11 Settembre- della "Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo" e del diritto d’asilo. Anzi, la nuova generazione, quella salita alla ribalta per desiderare-realizzare un "nuovo mondo possibile", rischia proprio in virtù del giustizialismo e conservatorismo istituzionale di perdere i diritti politici e sociali; di finire a lungo in galera a causa delle numerose battaglie fatte in tutela dei diritti-bisogni negati: iniziative perseguite con tipologie di reati aberranti, quali quelli associativi usualmente aggravati da "quell’eversione dell’ordine democratico", recentemente affibbiati a 29 precari di Bologna, rei di essersi autoridotto il biglietto del cinema per reclamare l’accesso gratuito alla cultura, e ad un gruppo di studenti per essersi autoridotto il prezzo del pasto alla mensa universitaria più cara d’Italia.

Dalle giornate del Marzo 2001 a Napoli ad oggi possiamo già tracciare un sommario bilancio negativo per i movimenti e le realtà dell’autorganizzazione sociale e sindacale sotto il profilo della criminalizzazione e della repressione di qualsiasi forma di dissenso e ribellione allo stato di cose presenti e di qualsivoglia spazio di agibilità politica di riappropriazione e di contrattazione sociale. Questo paese sta vedendo l’opposizione sociale continuamente obbligata a fare i conti con una repressione dura e pesante

È giunto il momento perché il movimento si interroghi e produca una campagna di massa che rompa l’isolamento. Per la ripresa dell’iniziativa per la depenalizzazione dei reati sociali, per l’abolizione dei reati associativi, per l’amnistia e l’indulto generalizzati per tutti nessuno escluso.

 

Papillon Rebibbia Onlus

Piacenza: allarme della Cgil; carenza di personale nel carcere

 

Libertà, 28 maggio 2006

 

La protesta della polizia penitenziaria piacentina per la carenza di personale nel nostro carcere sbarca in Parlamento. Il parlamentare Tommaso Foti (Alleanza Nazionale) ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia in cui sottolinea come la mancanza di diversi agenti nell’organico della casa circondariale impedisca il buon funzionamento della struttura. Nel frattempo alle Novate è scoppiata la grana del piano ferie. Come scrive Giuseppe Genesi della funzione pubblica della Cgil "il direttore ha incaricato l’ufficio servizi a comunicare a una parte del personale, il diniego del periodo di ferie richiesto". A fronte di questa situazione il sindacato ha chiesto un immediato incontro per trovare una soluzione unanime per garantire i diritti del personale di polizia penitenziaria di Piacenza. "Diversamente - scrive Genesi - proclameremo lo stato d’agitazione". "La popolazione dei detenuti è in continuo aumento e conta oggi 330 unità, a fronte di una capienza di 175 persone - ha recentemente sottolineato la funzione pubblica della Cgil - e il personale si assottiglia sempre di più, sarebbero necessarie almeno altre 20-25 persone. Attualmente gli agenti sono 175. Manca personale femminile, mancano almeno 7-8 ispettori e altrettanti soprintendenti, e chi riveste il ruolo deve sobbarcarsi anche compiti esecutivi che non gli competono: il personale dei quadri di concetto è costretto infatti a svolgere compiti di livello inferiore, invece del personale dei quadri esecutivi".

Una situazione descritta come vicina al collasso che ha indotto il deputato piacentino Tommaso Foti (An) a presentare un’interrogazione al al ministero della Giustizia per denunciare la scarsità di personale e per sollecitare un intervento. Nell’interrogazione il parlamentare sottolinea come non sia ancora risolta la "cronica carenza di personale nella struttura penitenziaria della casa circondariale di Piacenza, cosa che impedisce l’ottimale funzionamento della struttura". "Inoltre - prosegue Foti - all’insufficiente numero di agenti, si sommano situazioni da tempo note di scarsa efficienza della stessa struttura". Il parlamentare piacentino chiede, quindi, "urgenti iniziative" in merito al neoministro della Giustizia Clemente Mastella. Ricordiamo che Tommaso Foti era intervenuto più volte anche in passato per denunciare la situazione.

L’emergenza personale nel nostro carcere ha avuto una diretta conseguenza su un tema "scottante" come il piano ferie estivo predisposto come ogni anno tra il personale.

"Abbiamo appreso - scrive Genesi al direttore del carcere - che l’ufficio servizi è stato incaricato di comunicare a una parte del personale il diniego del periodo di ferie richiesto. Il piano - aggiunge il sindacalista - doveva essere pubblicato entro il 30 aprile e non solo ad oggi ciò non è avvenuto, ma si sta sconvolgendo la vita privata a quel personale a cui gli è stato comunicato il diniego delle ferie nel periodo richiesto e che aveva già provveduto a prenotare soggiorni estivi". Si lamenta inoltre che i periodi di ferie proposti in sostituzione a quelli scelti sono in mesi con compresi nell’accordo per le ferie estive.

"Al fine di evitare che le decisioni che si stanno intraprendendo siano deleterie per il personale e per la gestione dell’istituto - conclude la nota di genesi - chiediamo un immediato incontro con la direzione per trovare una soluzione unanime per garantire i diritti del personale di polizia penitenziaria in servizio a Piacenza. Diversamente, senza alcun margine di dilazione, questa volta, proclameremo lo stato d’agitazione".

Foggia: entro giugno aprirà uno sportello-stranieri in carcere

 

Gazzetta del Mezzogiorno, 28 maggio 2006

 

Dovrebbe aprire entro giugno lo sportello informativo per i detenuti stranieri del carcere di Foggia. In tempo per le campagne estive del pomodoro che vedono aumentare il numero di cittadini stranieri presenti a Foggia e spesso anche il numero di ospiti stranieri nel carcere, almeno secondo le previsioni. Lo conferma il direttore della casa circondariale foggiana, Davide Di Florio, che ieri ha siglato un protocollo d’intesa con il Comune, rappresentato all’assessore comunale ai diritti dell’uomo, Michele Del Carmine, presente anche Domenico La Marca, del centro interculturale Baobab, che assicurerà l’offerta dei servizi allo sportello.

Sono 630 i detenuti al carcere di Foggia, 90 gli stranieri di cui 80 uomini, prevalentemente magrebini ed albanesi, e 10 donne, quasi tutte nord africane. Numeri destinati a crescere in estate: "Dobbiamo attivare lo sportello - conferma Di Florio - prima dell’entrata nel pieno delle campagne agricole, durante le quali è possibile prevedere l’aumento degli stranieri detenuti". Stranieri che in carcere incontrano maggiori difficoltà rispetto agli italiani. Difficoltà di mera comprensione della lingua, e quindi di quello che accade loro intorno, ma anche difficoltà oggettive, legate al fatto di essere soli e quindi di non poter contare sull’aiuto delle famiglie per le esigenze primarie.

Lo sportello, che dovrebbe essere aperto almeno una volta alla settimana, servirà ad aiutare gli stranieri detenuti a superare il primo impatto con la vita nel carcere, e poi a conoscere le norme che la regolano, a conoscere anche i loro diritti, le leggi italiane e i percorsi alternativi alla detenzione, favorirà gli eventuali contatti con le ambasciate e la ricerca di lavoro, produrrà materiale tradotto in più lingue. I servizi saranno garantiti da mediatori culturali dell’associazione Baobab, che fungeranno da tramite anche fra il mondo e la cultura dello straniero e la nostra.

"Cercheremo - conferma Domenico La Marca, responsabile del centro Baobab - di provvedere alla esigenze materiali dei detenuti stranieri che non possono contare su nessuno, e questo grazie alla rete di associazioni di volontariato che ci appoggiano". "Siamo i primi in Puglia ad attivare questo servizio", commenta l’assessore Del Carmine. "Il servizio sarà sperimentale, durerà un anno ma noi speriamo sia propedeutico ad un percorso di inserimento dello straniero nella nostra società anche dopo le sbarre. I primi passi? La distribuzione di un questionario per capire le condizioni di vita dei detenuti stranieri, le loro difficoltà e le loro necessità".

Giustizia: la Cassazione; Erika non è pentita, resti in carcere

 

Il Messaggero, 28 maggio 2006

 

Resterà in carcere Erika De Nardo, perché non si è ravveduta del "terribile crimine commesso" e non è possibile escludere che possa esserci un rischio di "recidiva". Quello sguardo sorridente, la voglia di vita che emerge dalle foto che la ritraggono mentre gioca a pallavolo nella sua unica uscita fuori dal penitenziario, non hanno convinto la Corte di cassazione che ieri, depositando le motivazioni della sentenza numero 18486, ha respinto la richiesta di libertà condizionata da scontare in una comunità di recupero. A distanza di cinque anni da quel 12 febbraio in cui a Novi Ligure la ragazza ha ucciso la madre Giusy Cassini e il fratellino Gianluca, con la complicità del fidanzato Omar, non ci sono elementi, per i giudici supremi, che fanno pensare a una presa di distanza dal "vissuto criminale di gravissima entità" del quale si è resa colpevole.

Il verdetto conferma la decisione dei magistrati di Milano del 27 maggio 2005: "Evidentemente la Cassazione ha ritenuto corretta la nostra procedura", ha commentato il presidente del Tribunale dei minori, Livia Pomodoro. In particolare, la Prima sezione penale - presieduta da Mario Sossi, il giudice rapito dalle Br nel 1974 - ha condiviso il giudizio sulla carenza del "requisito del sicuro ravvedimento, inteso come conclusione del processo di adattamento sociale giustificativo di una prognosi negativa circa la futura recidività". Gli "ermellini" ricordano anche che, dalla relazione psicologica, emerge che Erika - 22 anni compiuti ad aprile - "denotava un progressivo adattamento alla vita carceraria che le era valsa la concessione (seppure non per tutti i semestri di detenzione) della liberazione anticipata". La ragazza, inoltre, aveva seguito studi regolari. Nonostante questo, però, Erika "mostrava aperture di consapevolezza, ma la loro intermittenza e la mancanza di un effettivo senso di colpa esigevano un trattamento lungo e tutt’altro che scontato negli esiti, per la presenza di un marcato assetto di natura schizoide, che scinde i fattori affettivi da quelli cognitivi, non permettendone l’armonizzazione". La libertà condizionata, aggiungono, è vissuta da lei "solo come uno strumento per evitare il carcere per adulti e per poi avvicinarsi a quel traguardo di emenda tuttora ben lontano".

"Si tratta di una decisione illogica - commenta il suo avvocato Mario Bocassi - perché se è vero che non si è pentita, ciò significa che è affetta da gravi disturbi bisognosi di essere curati in una struttura terapeutica e non in un carcere. La Cassazione non ha risposto a quel vizio di legittimità che era stato denunciato, che consisteva nella contraddittorietà evidente: nel momento in cui sottolinei che una persona è malata, con una patologia marcata che evidentemente è un difetto di coscienza, pretendere il pentimento è una contraddizione. Se non capisce, non si può pretendere che si penta di ciò che non ha capito".

Cagliari: Buoncammino scoppia, pochi agenti e sovraffollamento

 

Sardegna Oggi, 28 maggio 2006

 

È grave la situazione all’interno del carcere cagliaritano di Buoncammino. A denunciare una situazione che sta diventando esplosiva sul fronte della sicurezza e della salute sono i sindacati confederali e quelli autonomi. L’organico ridotto dei lavoratori e delle lavoratrici della Casa Circondariale del Capoluogo, insieme al sovraffollamento delle celle ed ad una organizzazione del lavoro da rivedere sono i punti critici che i rappresentanti delle organizzazioni sindacali Cgil-Fp, Cisl-Fp, Uil, Sinappe, Fsa, Sialpe-Asia vorrebbero discutere in un tavolo tecnico con il Provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Sardegna, Francesco Massidda. Con un ulteriore appello al Ministro della Giustizia si chiede l’apertura di un confronto sulle risorse per l’ammodernamento delle strutture e sull’organico degli agenti in tutte le carceri dell’Isola. Intanto, in assenza di un incontro che ponga le basi su una verifica delle esigenze del carcere di Cagliari, il prossimo 5 giugno ci sarà un sit-in di protesta davanti agli uffici del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria (Prap).

Attualmente nel carcere cagliaritano lavorano 278 unità che, secondo le organizzazioni sindacali di categoria, sono insufficienti per gestire i 491 detenuti presenti su 332 previsti dalla soglia massima e su 471 di quella tollerabile. A questo si aggiunge, nella pratica, l’impossibilità di godere delle ferie (70 giorni di ferie non godute pro capite), se non per un periodo massimo di 10 giorni all’anno, ed una carenza di personale aggravata da 50 agenti "riformati per stress" provocato da un ingente carico di lavoro dal 2001 sino ad oggi. Inoltre 41 agenti inseriti nell’organico di Buoncammino svolgono il loro lavoro nelle altre carceri dell’Isola che soffrono anch’esse di mancanza di risorse umane. "In questa situazione accade che nei reparti detentivi, dove sono previste 7 unità - fanno sapere i rappresentanti sindacali - molto spesso gli agenti in servizio effettivo sono solo 3, mentre nel settore femminile, nei turni notturni, dalle 20 alle 6, il servizio è svolto da un’unica agente". La mobilitazione dei lavoratori della polizia Penitenziaria è cominciata lo scorso 8 maggio, quando gli agenti hanno iniziato ad astenersi dall’uso della mensa obbligatoria di servizio e ad attenersi scrupolosamente agli ordini di servizio e ai regolamenti che disciplinano la loro attività.

Intanto i militanti ed i dirigenti della Rosa nel Pugno hanno organizzato per il 2 giugno, Festa della Repubblica, alle 10,30 un sit-in davanti alla Casa Circondariale di Buoncammino per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi della realtà carceraria isolana dove alle precarie condizioni delle strutture obsolete si aggiungono gravi condizioni sanitarie. Secondo la consigliera regionale Maria Grazia Caligaris (Sdi-RnP), promotrice dell’iniziativa, "gli inaccettabili indici di sovraffollamento delle strutture carcerarie sarde che comportano condizioni di invivibilità per i carcerati, per gli Agenti di Polizia penitenziaria e gli operatori nonché l’impossibilità di attuare qualunque forma di programma di recupero per chi deve scontare una pena richiedono un immediato intervento da parte del Parlamento".

Savona: ci sarà un nuovo carcere, per 250 detenuti e 150 agenti

 

La Stampa, 28 maggio 2006

 

La telenovela del nuovo carcere di Savona si sta finalmente avviando al termine. Dopo un lungo iter, che ha visto accantonate altre soluzioni che sembravano più accreditate dal punto di vista dell’impatto ambientale (Albamare e Metalmetron su tutte), sta ora entrando nella fase decisiva la realizzazione del nuovo carcere che verrà costruito sulla collina boscosa di Passeggi, situata a sinistra del tracciato della Savona-Torino e al confine fra Savona e Quiliano. Ricevuta l’approvazione definitiva della Regione, si stanno per attivare i procedimenti amministrativi che porteranno all’esproprio dei terreni situati all’interno della zona destinata ad ospitare quella che, a conclusione dei lavori, si presenterà a tutti gli effetti come una cittadella, fra i 250 detenuti, le 150 guardie e 15 detenuti in regime di semilibertà.

Oltre alla dimensione economica del progetto (un investimento da circa 75 milioni di euro), anche dal punto di vista ambientale sono stati necessari numerosi approfondimenti che hanno comportato, in ultima analisi, forti prescrizioni sulla movimentazione di terra e sulla piantumazione successiva alla costruzione degli edifici. La collina di Passeggi è stata peraltro l’unica zona che ha trovato la piena approvazione del ministero di Grazia e Giustizia che per il carcere chiedeva requisiti particolarmente severi. L’insediamento di Zinola interesserà una superficie complessiva di 20 ettari, nella quale troveranno posto non solo numerosi edifici, ma anche laboratori, infermeria, alloggi per le guardie, campi sportivi. Si tratterà insomma di un carcere modello che dovrebbe garantire ai detenuti la possibilità di scontare la pena nelle condizioni ottimali per conseguire un reale scopo rieducativo e di recupero sociale.

Usa: Guantanamo; oltre 60 detenuti sarebbero minorenni

 

Ansa, 28 maggio 2006

 

Sono oltre 60 i detenuti minorenni reclusi nel carcere americano di Guantanamo. È quanto rivela un rapporto del gruppo britannico in difesa dei diritti umani "Reprieve", che contraddice le assicurazioni che l’amministrazione statunitense aveva fatto in precedenza alle autorità di Londra sulla presenza di minori. Tra i prigionieri, catturati quando avevano meno di 18 anni - si legge oggi sull’edizione domenicale dell’Independent - vengono elencati i casi di Mohamed El Gharani, arrestato a Karachi nell’ottobre del 2001, quando aveva 14 anni, e quello di Omar Khadr, nato in Canada e arrestato nel 2002 allora 15enne. Figlio di un noto comandante di al Qaeda, quest’ultimo è in particolare accusato di aver ucciso un soldato americano. Entrambi sono finiti in regime di isolamento. La rivelazione rischia di provocare nuovi attriti tra Londra e Washington su Guantanamo, dopo l’affondo dell’Attorney general, Lord Goldsmith, che aveva definito la struttura penitenziaria americana a Cuba "un simbolo dell’ingiustizia". "Sarebbe un fatto davvero, davvero negativo - commentano fonti anonime del governo britannico al domenicale - se saltasse fuori che lì ci sono detenuti minorenni".

Usa: molesta una bambina, ma è troppo basso ed evita il carcere

 

Tg Com, 28 maggio 2006

 

La mancanza di statura lo ha salvato dal carcere. Condannato a dieci anni di reclusione per aver molestato una bambina, Richard Thompson non andrà in cella perché è alto un metro e mezzo. Secondo il giudice americano Kristine Cecava "è troppo basso per sopravvivere in una prigione statale". L’uomo sconterà la condanna con la condizionale, dovrà indossare un bracciale elettronico e non potrà restare solo nella stessa stanza con minori di 18 anni. La singolare sentenza emessa dal giudice della contea di Cheyenne, in Nebraska, ha destato sorpresa nel mondo della giustizia. "È strano - ha commentato la portavoce della Coalizione Contro la Violenza Domestica - che il giudice mostri più interesse per la incolumità del molestatore in prigione che per la vittima". Stupito anche Steve King, secondino del carcere del Nebraska che il criminale ha appena evitato: "Abbiamo nelle nostre celle detenuti ancora più bassi di lui - ha osservato la guardia carceraria -. Alcuni di loro sono duri come l’acciaio". La decisione ha però ricevuto il plauso della Organizzazione Nazionale degli Adulti Bassi di Statura.

 

 

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