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Indulto: alla Camera si vota, Di Pietro protesta in piazza
Corriere della Sera, 25 luglio 2006
Da oggi alla Camera le votazioni sull’indulto che unisce gran parte della maggioranza, Forza Italia e Udc. Dure invece le critiche del ministro Di Pietro e dell’Italia dei valori che chiede l’esclusione dei reati finanziari dallo sconto di pena. Sulla questione ieri e intervenuto anche il presidente della Repubblica Napolitano, che si è detto "molto attento" al problema delle carceri. Per il presidente della Camera Bertinotti invece: "L’atto di clemenza è una priorità assoluta, che dovrebbe essere approvato entro l’estate". Sull’indulto senza benefici per i reati finanziari, Antonio Di Pietro alza la posta ma l’Unione, spronata da anche Fausto Bertinotti ("È una priorità assoluta, va approvato entro l’estate"), cerca di tirare dritto per la strada che prevede un accordo politico con Forza Italia per votare alla Camera, forse già stasera, il provvedimento di clemenza. La conferma dopo il vertice dell’Ulivo ieri sera. Prodi: "È materia che riguarda l’iniziativa del Parlamento". E Franceschini, capogruppo dell’Ulivo alla Camera: "C’è un’emergenza-carceri e siccome è necessaria una maggioranza di 2/3, tra la scelta di fare questo indulto o non fare niente abbiamo deciso la prima opzione, senza modifiche". Infatti serve la maggioranza qualificata (420 deputati) per varare il provvedimento concordato con Berlusconi: sconto di 3 anni, esclusi i reati più gravi (terrorismo, mafia, violenza sessuale, pedofilia, grande spaccio di droga). Il provvedimento, relatore Enrico Buemi (Rnp) potrebbe far tornare in libertà circa 12 mila dei 38.086mila detenuti definitivi. Per far sentire la sua voce, contraria all’inclusione nell’indulto dei reati finanziari e contro la pubblica amministrazione, Di Pietro è passato alle vie di fatto: si è "autosospeso" dalle attività di ministro anche se poi ha precisato che si impegna "a non fare cadere il governo". Infine, ha annunciato che stamattina alle 9 lui, ministro del governo in carica, guiderà davanti a Montecitorio una manifestazione contro "l’Unione che sull’indulto è sotto ricatto del centrodestra ". Toni forti per i vertici dell’Unione: "Il consenso dei due terzi è stato faticosamente raggiunto, e credo che sia difficile modificare il testo ", spiega la vice capogruppo dell’Ulivo Marina Sereni. Tuttavia, nei Ds, si è poi levata la voce autorevole di Luciano Violante che ha chiesto una "riflessione più approfondita sull’indulto esteso ai delitti finanziari, bancari, di corruzione, di concussione e di peculato". L’onorevole Cesare Previti (condannato a 6 anni e interdetto a vita dai pubblici uffici), che avrebbe un vantaggio solo sulla pena principale consentendogli l’affidamento ai servizi sociali, è stato evocato dal partito dei dipietristi. Ma Luigi Manconi, sottosegretario alla Giustizia, ritiene "stupefacente che si consideri qualificante per il centrosinistra una campagna per spedire in galera un ultrasettantenne interdetto permanentemente dai pubblici uffici". Sull’altro fronte c’è Gaetano Pecorella (FI) che ricorda i termini dell’accordo: "Qualcuno vorrebbe l’esclusione di alcuni reati non per giustizia sociale ma solo in odio a qualcuno". Replica Di Pietro: "Il problema non è Previtima le altre persone per le quali l’indulto non deve valere, ad esempio i "furbetti" del quartierino". Più esplicita Libertà e Giustizia: "Non è clemenza, è una porcata". Ma c’è anche il viceministro dell’Interno, il diessino Marco Minniti, che chiede l’esclusione dei reati di estorsione e di usura con l’aggravante dell’associazione mafiosa. I verdi Paolo Cento e Angelo Bonelli propongono infine che all’indulto segua un provvedimento per la confisca dei beni dei corrotti e dei bancarottieri. Oggi il testo Buemi verrà votato a partire dalle 15. Sugli emendamenti di Di Pietro potrebbero confluire i voti di An e della Lega ma alla fine conterà il numero dei presenti. Perché i 2/3 si calcolano sugli eletti. Indulto: Mastella; sovraffollamento carceri a livelli intollerabili
Il Campanile, 25 luglio 2006
Fare presto. Il più presto possibile. Ma rispettare l’autonomia del Parlamento. Sulla questione dell’indulto il ministro di Giustizia Clemente Mastella si è sempre attenuto a questi due concetti chiave. Ribaditi ieri in un’intervista al Messaggero. Procedere all’approvazione del gesto di clemenza in tempi brevi, innanzitutto. "Mi auguro" dice Mastella "che accada in settimana, perché conoscendo le prigioni italiane, dopo averle girate in quest’ultimo periodo, mi sono reso conto che il disagio della popolazione carceraria è davvero grande". Del resto, proprio in occasione di una delle prime visite ad una struttura penitenziaria, il Guardasigilli lanciò la proposta del provvedimento di amnistia e indulto. Il carcere era quello romano di Regina Coeli, quasi due mesi fa. "Bisogna umanizzare le carceri, il cui sovraffollamento ha raggiunto l’intollerabile" affermò Mastella. E sottolineò "che la popolazione carceraria sia eccedente è un fatto su cui non si può far finta di nulla". Insomma, "posso promuoverlo e lo farò" concluse davanti ai detenuti che innalzavano cartelli con su scritto "Amnistia-indulto". Certo "non dipende solo da me, altrimenti l’avrei già concesso…", mise in guardia all’epoca. E al quotidiano di via del Tritone ribatte sullo stesso punto: l’autonomia del legislativo. Nessuna pressione sulla Camera, che ieri ha cominciato ad esaminare il testo limato in commissione Giustizia: "Per carità, abbiamo lasciato fin dall’inizio l’iniziativa alle Camere ed è giusto che adesso vadano avanti loro". La linea parlamentare è stata, del resto, quella seguita dal partito del Guardasigilli. L’Udeur, infatti, addirittura prima che iniziasse la discussione in commissione giustizia a Montecitorio, aveva già presentato la sua proposta di legge in materia. Il testo prevedeva un tetto di pena di quattro anni per l’amnistia e due per l’indulto, un controllo del giudice dell’esecuzione sulla condotta del condannato dopo l’eventuale clemenza, e lo svolgimento di volontariato sociale da parte del destinatario del provvedimento. Esclusi dalla clemenza i "crimini di maggiore allarme sociale, come quelli finanziari o sessuali". Così, Largo Arenula ha dato il suo fattivo contributo a quello che poi sarebbe diventato il testo base per la discussione di questi giorni in Aula, il quale prevede uno sconto di pena di tre anni e la cancellazione delle pene accessorie temporanee ma non di quelle accessorie permanenti e le interdizioni. Non potranno usufruire del provvedimento i detenuti per reati di mafia, pedo-pornografia, violenza sessuale, sequestri e tratta di persone, spaccio e riciclaggio di droga. Se chi usufruisce dell’indulto commette un reato entro cinque anni torna in carcere. Come si può notare, le divisioni fra e nei poli hanno impedito la messa a punto anche di un testo sull’amnistia. Ieri i garanti per i detenuti delle maggiori città hanno rivolto un appello rivolto al ministro Mastella, un incitamento ad andare avanti anche rispetto al gesto d’indulgenza per i reati. Fanno presente che "non si può attendere oltre". Intanto, sbrigata la "pratica" indulto, all’attenzione del Parlamento e del ministero della Giustizia molto probabilmente arriverà, sull’onda delle polemiche di queste settimane, la controversa definizione del reato di terrorismo. Anche su questa materia Mastella è chiaro: poiché "il terrorismo è diventato una minaccia seria" è "compito del legislatore indicare un concetto di terrorismo che non lasci spazio a libere interpretazioni". In sostanza, occorre "rideterminarne le norme in modo che siano trasparenti in filigrana, che possano essere lette allo stesso modo sia in un verso che nell’altro". Dunque, atteggiamento "socratico" quello del Guardasigilli - "fino a quando le leggi ci sono vanno rispettate, quindi ognuno può esprimersi secondo quello che ritiene logico da parte sua, soprattutto in caso di leggi che possono apparire di controversa interpretazione" - ma anche forte attesa rispetto ad un’iniziativa del legislatore in tal senso. Indulto: Capotosti; o si approva questo testo o salta tutto
Il Campanile, 25 luglio 2006
"O l’indulto sarà approvato così com’è o è destinato a saltare per l’ennesima volta". Il capogruppo dei Popolari-Udeur in commissione Giustizia alla Camera, Gino Capotosti, non ha dubbi: è impensabile rimettere mano al testo.
Alla Camera è iniziata la discussione generale sull’indulto, ma Di Pietro insiste nel chiedere un ulteriore confronto. È fattibile? "L’indulto è per sua natura un provvedimento che necessita di una maggioranza pari ai due terzi. I Popolari-Udeur sono favorevoli ad un atto di clemenza fin dalla visita di Papa Giovanni Paolo II in Parlamento. Ora, dopo sei anni, siamo riusciti a raggiungere un ampio accordo sul testo e riteniamo utile continuare a sostenerlo. Riaprire la discussione a questo punto, significherebbe far saltare l’approvazione del provvedimento".
Come replica a Di Pietro che accusa l’Unione di essere scesa a compromessi con Fi per incassarne l’appoggio? "Non condivido le sue argomentazioni e ritengo inaudito che un ministro con delega ai lavori pubblici tenga sotto scacco il Parlamento su materie giudiziarie. È lecito che esprima il suo dissenso, ma non che lo strumentalizzi per imporre il suo punto di vista".
Non ci sono, quindi, i margini per apportare modifiche al testo? "In Aula è iniziata la discussione generale ed è stato necessario stralciare l’indulto dall’amnistia. Chi ora chiede delle modifiche, dica chiaramente di non voler più sostenere il provvedimento: o approviamo il testo adesso così com’è oppure salterà ancora una volta". Indulto: Franceschini; tra fare questo e non fare niente…
Apcom, 25 luglio 2006
C’è una situazione di "sovraffollamento delle carceri" e poiché per approvare l’indulto servono i due terzi del Parlamento "tra fare questo indulto e non fare niente, abbiamo deciso di fare questo indulto". Lo dice il capogruppo dell’Ulivo Dario Franceschini al termine del vertice con Prodi e i leader di partito. Indulto: Leoni; l’indulto non è una legge salva-Previti
Aprile on-line, 25 luglio 2006
Un inizio travagliato, quello che si è avuto ieri alla Camera per la discussione generale sulla proposta di legge riguardante l’indulto. Il testo base, dopo essere stato licenziato dalla Commissione Giustizia, è infatti approdato all’Aula di Montecitorio per il voto parlamentare che, cominciato nella giornata di oggi, arriverà ad un esito definitivo soltanto mercoledì, quando appunto si potrà sciogliere il nodo relativo alla sua possibile approvazione attraverso il voto finale della Camera. Ma le acque della politica e della società civile hanno cominciato già ad agitarsi. L’estensione dell’indulto ai reati finanziari e bancari e a quelli di corruzione, concussione e peculato è infatti oggetto di una convinta contestazione da parte di una consistente fetta della società civile, come il movimento dei girotondi che della battaglia per la giustizia ha sempre fatto la sua bandiera ufficiale di riferimento. Per non parlare di alcune forze politiche al governo. Nella mattinata di oggi, l’Italia dei Valori con in testa il ministro delle Infrastrutture e leader del partito, Antonio Di Pietro, si è data appuntamento davanti Montecitorio per protestare contro questo allargamento. Tutti convinti che ciò si tradurrà in forme di favoritismo politico per molti esponenti illustri, Cesare Previti in prima fila. Ma anche all’interno dei Ds qualche voce critica si è sollevata per contestare la proposta di legge: Luciano Violante, per esempio, ha frenato sull’estensione del provvedimento, invitando i suoi ad una accorta riflessione. Di questo tema caldo, ma anche dell’azione politica del governo abbiamo parlato con Carlo Leoni, vice presidente della Camera.
Una prima domanda non può non partire dalla condizione generale vissuta dalla maggioranza di governo. Nel programma dell’Unione il tema dell’indulto era stato presentato più o meno nei termini in cui arriva oggi in Aula. Così come lo era la questione del ritiro delle truppe dall’Iraq e del rifinanziamento delle missioni all’estero. Allora perché la coalizione governativa non riesce a marciare unitariamente? Secondo me c’è un difetto di direzione politica, non mi riferisco ovviamente a Prodi, mi riferisco ad una direzione politica collegiale. I segretari di partito, per altro quasi tutti nel governo, non stanno cercando una direzione politica comune. Non è possibile che ci sia un ministro che scappa da una parte, otto parlamentari che scappano dall’altra: così non si va da nessuna parte. C’è bisogno di recuperare la situazione fin dalle prossime ore, non è questione di giorni: bisogna garantire quella compattezza che i nostri elettori si attendevano e che oggi, con enorme sgomento, non vedono.
Veniamo al caso specifico. L’estensione dell’indulto ai delitti finanziari, bancari e a quelli di corruzione, concussione e peculato viene aspramente criticata da esponenti politici e movimenti. Da alcuni viene addirittura definito come una passerella legislativa salva Previti. Tu però sei di avviso contrario, perché? L’indulto serve ad una popolazione carceraria costituita in maggioranza da emarginati, immigrati e tossicodipendenti e il testo varato dalla Commissione Giustizia aiuta proprio loro e non gruppi di privilegiati. Per quanto riguarda Previti è agli arresti domiciliari nella sua casa di piazza Farnese con la concessione di alcune ore giornaliere di libertà: l’eventuale prospettiva di affidamento ai servizi sociali non mi pare tutto questo gran favore. In ogni caso non dobbiamo farci condizionare da cosa del genere quando ciò che è veramente in gioco è la condizione di vita materiale di migliaia di emarginati e il rispetto dell’articolo 27 della Costituzione che sancisce che la pena non deve essere contraria al senso di umanità e deve tendere alla rieducazione del condannato. La condizione attuale dei detenuti contrasta con l’articolo 27 della Costituzione. Aggiungo che, naturalmente, tutto si può discutere compreso l’inserimento dei reati finanziari, ma sul centrosinistra grava una responsabilità molto pesante. Dopo le delusioni date alla popolazione carceraria negli anni passati durante i governi di centrodestra, non possiamo adesso essere noi, che nel programma dell’Unione avevamo previsto un provvedimento di clemenza, a dimostrare la nostra inconcludenza. Quindi il centrosinistra deve ritrovare la sua unità intorno ad un testo e questo testo deve essere in grado di raggiungere i due terzi dei voti parlamentari. Altrimenti è meglio che parte di settori o personalità di centrosinistra dicano chiaramente che non vogliono attuare l’indulto. Il testo elaborato dalla Commissione Giustizia naturalmente è un documento perfettibile, ma ha il pregio del rigore e dell’efficacia e non è un regalo a qualcuno di specifico, tanto meno ai ceti privilegiati, perché punta a fare uscire dal carcere persone che stanno soffrendo una pena aggiuntiva non comminata dal giudice.
Quindi non è un arretramento sul terreno del principio o della legalità... Sfido chiunque a dirmi quali sono i politici che stanno in carcere e che potrebbero beneficiare di un provvedimento del genere: non ce ne è nemmeno uno. In carcere per reati contro la pubblica amministrazione non ci sono esponenti politici, quindi non si stanno facendo sconti a nessuno. Ripeto, si può discutere anche di questo, ma a condizione che si trovi una piattaforma che conquisti i due terzi dei voti parlamentari. Una cosa infatti deve essere chiara: noi l’indulto dobbiamo farlo, soprattutto dopo che è stato preannunciato e promesso dal ministro di Grazia e Giustizia durante la sua visita nelle carceri. Lo hanno sottolineato più volte Bertinotti e diversi esponenti del centrosinistra. A questo punto sarebbe drammatico se il centrosinistra si fermasse.
Alleanza Nazionale e Lega cavalcano le paure più diffuse e comuni, sostenendo che con il provvedimento di indulto si apriranno le celle a pedofili e malavitosi... No, non è assolutamente vero. Esistono tutta una serie di reati per i quali l’indulto non darà benefici: quelli di mafia, di terrorismo, di violenza sessuale, di pedofilia, di riduzione in schiavitù e di traffico della droga. Indulto: i discografici protestano, un nuovo regalo ai "pirati"
Apcom, 25 luglio 2006
I discografici scendono in campo contro l’indulto. "Dopo i disastri della legge ex-Cirielli e della inappellabilità delle sentenze di assoluzione in primo grado (legge Pecorella), l’Italia fa un nuovo regalo a contraffattori e pirati, attraverso l’indulto", denuncia il presidente di Fimi Enzo Mazza, commentando il provvedimento di clemenza in discussione alla Camera. "Si parla di tutelare il made in Italy e di combattere la piaga della contraffazione, che oggi rappresenta il 25% del mercato italiano nel solo settore musicale - prosegue il presidente dei discografici - poi si fa di tutto per svuotare le norme che consentono di combattere con efficacia il fenomeno, alla faccia delle direttive europee e degli impegni internazionali sottoscritti dal nostro Paese. Come si può pensare di attrarre investimenti da parte di grandi aziende che producono creatività, se ogni sei mesi - conclude Mazza - si fa un regalo alle mafie del falso che fatturano miliardi di euro?" Indulto: Violante; prima dobbiamo cambiare la Costituzione
Il Messaggero, 25 luglio 2006
La proposta Violante l’aveva discretamente fatta arrivare ai colleghi dell’Unione già qualche settimana fa, subito dopo le elezioni ad essere precisi: prima cambiamo la Costituzione, poi votiamo l’indulto da soli senza venire a patti con nessuno: "Sarebbe un rinvio di appena pochi mesi", aveva messo in chiaro, "basterebbe spiegarlo al paese, se lo vogliamo entro Natale sarebbe tutto fatto". Così aveva suggerito, assai discretamente Violante, allorché nella maggioranza si era cominciato a parlare di amnistia e indulto. E il problema, oggi come allora, sta tutto in quell’art.79 della Costituzione che recita: "L’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale". Maggioranza dei due terzi vuol dire per forza di cose trovare un accordo con l’opposizione: senza, non si fa niente. Ecco, da qui era partita la riflessione dell’ex presidente della Camera. Perché negoziare con Berlusconi quando si parla di giustizia è sempre difficile, effettivamente. Tanto più che il prezzo da pagare in questo caso - gli emissari del leader forzista non si sono mai nascosti dietro a un dito - è l’estensione dei benefici dell’indulto anche a Cesare Previti. L’ex avvocato di fiducia del Cavaliere è stato condannato a cinque anni con sentenza definitiva per corruzione in atti giudiziari. Attualmente si trova agli arresti domiciliari in considerazione dell’età: grazie allo sconto di tre anni previsto dall’indulto, la sua pena si ridurrebbe a due anni e potrebbe essere affidato ai servizi sociali. Dunque o l’indulto vale per tutti, Previti incluso, o per nessuno: il discorso è molto chiaro. L’imbarazzo nel centrosinistra ad accettarlo, pur di dar corso al provvedimento di clemenza, è chiaro altrettanto. Anche se Prodi con i suoi ha derubricato il problema sollevato da Di Pietro e altri a "ricerca di visibilità facendo del facile moralismo" dal momento che "qui si sta parlando di indulto, che svuota le carceri, non di amnistia, che cancellerebbe le condanne: la differenza è sostanziale". Se Prodi, come si diceva, è deciso ad andare avanti su uno dei pochi terreni bipartisan ancora rimasti, con l’avvicinarsi del voto finale dubbi e perplessità negli alleati sono andati però aumentando. Domenica proprio fra alcuni prodiani. Ieri nei Ds. E torna, allora, quella proposta di Violante, scartata a suo tempo perché - sostengono oggi nella Margherita, seccati - "del tutto irrealistica". È vero, dicono, che per cambiare una norma costituzionale paradossalmente basta la maggioranza semplice, e dunque l’Unione sarebbe autosufficiente. Ma poi rischi di dover affrontare un referendum confermativo: "E allora addio indulto per sempre". Violante resta convinto che al contrario la sua idea sia fattibile, ieri ne ha parlato con alcuni colleghi, spiegando che oltre a tutto l’indulto non è immediatamente applicabile in ogni caso e quindi comunque i detenuti solo in teoria riuscirebbero a sfuggire al caldo torrido di questa estate grazie all’intervento del Parlamento. Insomma, fra i Ds il desiderio di evitare di far la figura di quelli che rimettono Previti in libertà è assai forte. E il tempo per trovare una soluzione è davvero poco. Indulto: Cisl-Fp, necessario per riumanizzare le carceri
Asca, 25 luglio 2006
"La Cisl Fp è favorevole all’indulto, per ragioni rispetto alle quali le polemiche di questi giorni ci appaiono come il classico (ma pericolosissimo) granello di sabbia capace di bloccare l’intero ingranaggio". Lo afferma il segretario nazionale della Cisl Funzione Pubblica responsabile del settore, Nino Di Maio. "La prima ragione - spiega Di Maio - è che non si possono ammassare più di 62.000 persone in spazi che sono stati progettati e costruiti per contenerne quarantamila al massimo. Ma al di là di questo dato, sul quale non è necessario fare commenti, vorremmo far riflettere la politica, i comuni cittadini e i cosiddetti opinion leader su una serie di interrogativi: cos’è il carcere in questo paese? A cosa serve? Come sta e che cosa fa la gente che ci lavora? Agenti di polizia, assistenti sociali, psicologi, medici, educatori? Quale è la qualità della loro vita lavorativa? Quali strumenti ha? E quali chance ha da offrire? E chi è che viene recluso? E con quali effetti? È pur vero che i problemi dell’universo carcerario sono complessi e le strade per affrontarli non sono né semplici né a portata di mano - continua il sindacalista - e tuttavia necessarie e urgenti. Strade obbligate sono anzitutto la riforma del diritto penale, che vorremmo più aderente all’indirizzo europeo. Poi c’è da intervenire sulla giustizia sociale con le sue istanze di inclusione, che appare sempre più incompatibile con quella penale. E i lavoratori penitenziari questo lo sanno. Sanno bene che il carcere così come è diventato un’esperienza criminogena e anche di sofferenza inutile, per tutti, lavoratori e detenuti. La prima cosa da fare, perciò - conclude Di Maio - è abbattere il numero di detenuti. Solo dopo sarà possibile intervenire sui punti in crisi del sistema e in maniera più complessiva. Se poi c’è chi mira ad avere un provvedimento ad hoc, a favore di qualcuno e contro qualcun altro, questo come sindacato non ci interessa più di tanto". Indulto: l’Unione e il compromesso, di Pancho Pardi
Aprile on-line, 25 luglio 2006
Si discute in Parlamento sull’indulto. Una riduzione di pena che permette di alleggerire la situazione disastrosa delle carceri. L’esigenza in realtà dovrebbe essere affrontata con spirito riformatore e una visione di prospettiva. Invece qui è l’emergenza estiva che impone la necessità e detta i tempi. Tuttavia basta l’informazione che circola in rete per capire che le condizioni di vita dei carcerati impongono l’indulto. Il problema è come attuarlo. Il modo adottato dall’Unione non convince. Per unanime ammissione l’indulto è imposto dalla necessità di ridurre l’insostenibile affollamento delle carceri con uno sconto di pena per i piccoli reati, in gran parte collegati alle tossicodipendenze e alla presenza illegale degli immigrati. Sono infatti esclusi i reati di grave allarme sociale, come terrorismo, mafia, violenza sessuale, pedofilia. Ma contro ogni logica sono compresi invece i reati finanziari e societari, la corruzione, il falso in bilancio, il danno alla pubblica amministrazione. L’argomento addotto è uno solo ed è di disarmante sincerità. Per approvare l’indulto sono necessari i due terzi dei voti e Forza Italia non lo vota se non ne godono corrotti e corruttori. In pratica L’Unione - con la sola eccezione dell’Italia dei Valori e di qualche altro parlamentare critico - ha accettato di pagare la realizzazione dell’indulto per i poveri disgraziati con l’allargamento della misura a vantaggio degli affaristi. Non si capisce perché Forza Italia possa permettersi di ricattare l’Unione pretendendo l’allargamento dell’indulto, mentre L’Unione non ha pensato di contrastare Forza Italia sfidandola ad assumersi la responsabilità di far cadere una misura da tutti considerata necessaria. Va anche osservato che essa non ha alcuna efficacia sulla riduzione dell’affollamento carcerario, perché, per motivi facilmente comprensibili, gli autori di reati finanziari di solito non si trovano in carcere. La scelta di questo pessimo compromesso è sostenuta dai suoi promotori con l’argomento secondario che l’indulto non cancella i reati e i processi; e che lo sconto di pena lascia intatta la riprovazione sociale: l’espressione è di Massimo Brutti. Sarebbe interessante ascoltare il parere delle migliaia di piccoli risparmiatori rovinati da Cirio, Parmalat e altre avventure successive per sapere se basta loro come risarcimento la riprovazione sociale per chi li ha gettati sul lastrico. L’indulto allargato ai reati finanziari è non solo il cattivo prodotto di una trattativa che non doveva nemmeno essere intavolata, ma rappresenta l’apertura di una prospettiva insidiosa: l’impossibilità di tracciare un limite certo tra economia legale ed economia illegale. Il giornale di Rifondazione ha attaccato con un’asprezza senza precedenti chi è contrario non all’indulto ma al suo ampliamento patogenetico. Dovrebbe invece riflettere sulla portata strategica micidiale di quella misura. Oggi alle ore 11 si riuniscono davanti a Montecitorio, dove si discuterà il provvedimento, coloro che avevano votato una maggioranza di centrosinistra perché si aspettavano che il governo da quella espresso avrebbe fatto leggi di centrosinistra. Di fronte a una legge di centrodestra ritengono di doverlo dire. Lo fanno senza alcuna maligna soddisfazione. Sono ancora pronti a difendere a tutti i costi questo governo, perché quello che gli succederebbe sarebbe disastroso. Ma ritengono che la critica alla classe dirigente sia uno dei compiti più necessari e delicati della democrazia. Giustizia: contro l’indulto Di Pietro si autosospende
Gazzetta del Sud, 25 luglio 2006
Alla Camera è partita la discussione sull’indulto con Antonio Di Pietro ("Mi impegno a non far cadere il governo...") che, presosi una vacanza dagli impegni ministeriali, s’è sistemato sui banchi del governo per assistere a "tutto il dibattito" (potrebbe concludersi domani) e manifestare la sua contrarietà al provvedimento che invece ha trovato una sponda autorevole nel presidente della Camera. Bertinotti ha affermato che è una "priorità assoluta e ha una scadenza temporale immediata", mentre sul caso Previti s’è limitato a ricordare che "c’è già una condanna". A favore dell’indulto rimane la gran parte del centrosinistra con alcune significative obiezioni nella Margherita: schieramento che s’è allargato (è necessaria una maggioranza di due terzi) a Forza Italia e all’Udc. Ancora contraria An, ma soprattutto la Lega che con Maroni fa sapere che se la CdL "sarà divisa, si aprirà una questione politica". Di Pietro s’è messo ormai alla testa del partito trasversale del "no all’amnistia e al colpo di spugna" con iniziative che attirano visibilità. Ieri ha seguito i lavori in Aula e oggi guiderà un sit in davanti a Montecitorio: oltre all’Italia dei Valori, saranno presenti anche movimenti e associazioni vicine al centrosinistra (come i Girotondi) contrarie al provvedimento. "In questo modo non creo problemi al governo, perché l’indulto è materia parlamentare, ma da cittadino esprimo il mio dissenso da un atto politicamente scorretto", ha spiegato il ministro delle Infrastrutture che ha subito messo le mani avanti sul "fuorviante balletto" sulle sue dimissioni. "Come promesso agli elettori non farò cadere il governo, ma voglio contribuire ad una coalizione che si basi sul consenso e non sul ricatto", ha assicurato Di Pietro che ha ricordato come in materia di giustizia "da 15 anni esiste una maggioranza trasversale che si ritrova benissimo quando deve assicurare l’impunità". E ha rammentato ai parlamentari dell’Unione che "è scorretto e immorale scendere a patti con Forza Italia anche perché nel nostro programma elettorale si parla di clemenza solo al termine di un processo di ristrutturazione della giustizia". Nel dibattito è intervenuto anche il ministro della Giustizia, Clemente Mastella: ha ricordato che corruzione e concussione sono reati "sempre esclusi" dall’amnistia, ma non dall’indulto, il provvedimento ora in Parlamento. Intanto, Di Pietro raccoglie qualche solidarietà nella maggioranza, come quella del prodiano Monaco: "Ha ragione, i reati finanziari vanno esclusi, anche perché non c’entrano con l’affollamento delle carceri". I Ds non sono compatti. Da una parte il "partito" di Violante che "non comprende l’estensione dell’indulto ai delitti finanziari, bancari, di corruzione e peculato...", dall’altra quelli come Angius, Minniti, Leoni convinti che non è un "colpo di spugna". Dall’Udeur si sfotte Di Pietro ("Non avevamo dubbi che non faceva cadere il governo...", afferma Fabris), mentre dai radicali, allo Sdi, dai Verdi al Prc ai comunisti c’è una salda barricata per l’indulto e la negazione che il provvedimento sia un "salvaPreviti". È in difficoltà l’opposizione, spaccata a metà. Dalla Lega che minaccia una crisi nella coalizione e ricorda con Maroni che il provvedimento "è un colpo di spugna inaccettabile" ad Alleanza nazionale che, pur contraria, si trova a convivere con alcuni dubbi, come quello di Alemanno "favorevole se non è un colpo di spugna". Posizioni che collidono nella sostanza, ma non nelle affermazioni, con la posizione favorevole all’indulto di Forza Italia ("È utile ricercare convergenze") e Udc ("È intollerabile ogni rinvio sulla pelle dei detenuti", afferma Pierferdinando Casini). Indulto: i detenuti di Rebibbia in sciopero della fame
Ansa, 25 luglio 2006
I detenuti di Rebibbia nuovo complesso e quelli di alcune carceri siciliane annunciano che inizieranno delle pacifiche proteste che hanno per obiettivo principale quello di ottenere un provvedimento di indulto generalizzato, senza esclusioni, soprattutto verso quel tipo di reati che nelle regioni del centro e del sud vengono contestati con estrema facilità a migliaia di cittadini. Nel carcere di Rebibbia nuovo complesso (oltre 1600 detenuti) la protesta inizierà, venerdì 21 luglio, e avrà per obiettivo anche la denuncia della drammatica situazione della sanità penitenziaria e il ritorno a Roma di 15 detenuti recentemente trasferiti perché avevano promosso delle mobilitazioni dentro l’istituto. Queste mobilitazione pacifica si aggiunge a quelle che in Sardegna, nella sezione speciale del femminile di Rebibbia e in altri carceri del nord i detenuti stanno organizzando con i medesimi obiettivi, a cui si aggiungono anche la contestazione degli abusi compiuti nell’uso della custodia cautelare in carcere (oltre ventitremila detenuti in attesa di giudizio) e l’eccessiva discrezionalità dei Magistrati di Sorveglianza nell’applicazione dei cosiddetti benefici previsti dalla Legge Gozzini. Alla vigilia di un decisivo passo in avanti sulla strada delle riforme del nostro sistema penale e penitenziario, per le quali i detenuti organizzati dall’associazione Papillon si sono battuti fin dal settembre del 1997, ci sembra giusto e utile che i Parlamentari e i Consiglieri Regionali di tutti i partiti politici entrino negli istituti penitenziari dove è in corso la pacifica mobilitazione per incontrare i detenuti ed ascoltare anche le loro ragioni. Imperia: incinta 8 mesi, in carcere perché manca il braccialetto
Secolo XIX, 25 luglio 2006
Finisce sul tavolo del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e del ministro della Giustizia, Clemente Mastella, il caso di Maria Antonova, la cittadina russa coinvolta nel delitto-giallo di Vasia insieme al marito, l’ex spia del Kgb Roman Antonov, e in carcere da maggio nonostante sia all’ottavo mese di gravidanza. Resta in cella perché non si trova in Italia neppure uno di quei "bracciali elettronici" collegati al Gps (il sistema globale di posizionamento) il cui utilizzo è pur previsto da anni da un apposito decreto legge. Per questo motivo il gip del tribunale di Imperia ha rifiutato l’ennesima istanza di concessione degli arresti domiciliari alla donna. Anche sulla scorta del parere del pubblico ministero Filippo Maffeo, che ha di nuovo detto no alla scarcerazione per il pericolo di fuga, suffragato dal fatto che della Antonova, già madre di quattro figli, non si avrebbe identità, né provenienza certa. L’avvocato Mario Leone, difensore della donna, però non ci sta. E ha deciso di rivolgersi al presidente Napolitano. "Il tribunale di Imperia e la procura della Repubblica avranno le loro ragioni - ha commentato il legale - ma qui ci sono in ballo diritti costituzionali e non posso non rilevare l’eccezionalità della situazione, dato che la mia assistita dovrebbe partorire a breve e già ha manifestato malori ricorrendo, non senza lungaggini burocratiche, alle cure mediche e ospedaliere. Le strade offerte dalla giustizia le ho percorse proprio tutte. Ora non mi rimane che ricorrere alle cariche istituzionali. Non solo, per fornire l’assoluta certezza circa le generalità e la provenienza della donna, pur avendo già accertato la sua cittadinanza e la residenza a Taganrog, ho chiesto l’intervento del consolato russo per ottenere documenti in originale". Per il pm Maffeo, i cui timori sono comprensibili, i certificati russi dovrebbero costituire una garanzia maggiore sulla eventuale rintracciabilità, in caso di fuga, della Antonova. Nei giorni scorsi, vedendosi rigettata l’istanza di scarcerazione con regime di custodia domiciliare, l’avvocato Leone aveva chiesto al gip di Imperia l’applicazione della legge 275 bis sulla scarcerazione dell’imputato subordinata alla procedura di controllo elettronico. Il sistema, previsto nel 2000 dall’ex ministro dell’Interno, Enzo Bianco, fu messo a disposizione delle forze dell’ordine in 5 città italiane (Catania, Roma, Milano, Napoli e Torino). Ma venne successivamente ritirato (la convenzione tra "On guard plus" fornitrice e il ministero dell’Interno fu sospesa): il braccialetto, applicato in un caso a Catania, venne infatti sfilato dal detenuto che lo ripose in un cassonetto dell’immondizia e si diede alla fuga. La magistratura imperiese ha cercato in tutti i modi di soddisfare l’originale ma pertinente richiesta dell’avvocato Leone. La risposta ufficiale, però, è stata che "la polizia giudiziaria non ha la disponibilità degli strumenti necessari". Il responso è stato dato dopo aver contattato polizia, carabinieri e polizia penitenziaria. Di qui la decisione del legale imperiese di rivolgersi alle più alte cariche dello Stato, invocando i diritti alla scarcerazione per le donne in stato di gravidanza a termine. Giustizia: i Garanti; la detenzione è "a sfondo sociale"
Redattore sociale, 25 luglio 2006
Una popolazione carceraria, quella italiana, "caratterizzata in gran parte da situazioni di disagio e di emarginazione". Una vera e propria "detenzione sociale", per cui "l’insufficienza di un provvedimento di clemenza a risolvere la crescente carcerizzazione non è più un alibi accettabile". E" quanto dichiarano, in un comunicato congiunto rivolto al ministro della Giustizia Clemente Mastella, Angiolo Marroni, Desi Bruno, Maria Pia Brunato, Franco Corleone e Mario Fappani, garanti per i diritti delle persone private della libertà personale rispettivamente del Lazio e dei Comuni di Bologna, Torino, Firenze e Brescia. I dati: "Il numero delle persone detenute in custodia cautelare e in esecuzione pena - scrivono i garanti - supera le 60mila presenze (all’incirca il 55% sono detenuti definitivi e il 45% sono in attesa della definizione del giudizio)". E la popolazione carceraria è "caratterizzata in gran parte da situazioni di disagio e di emarginazione, a volte aggravate da scelte politiche e legislative che hanno esasperato la consistenza dei problemi: il 27 % rappresenta, per difetto, l’area della tossicodipendenza, il 30% quella della immigrazione oltre ad una percentuale all’incirca del 10% rappresentata da altre situazioni di disagio". Il quadro complessivo induce a ritenere "che oltre almeno due terzi della popolazione carceraria si collochi in una fascia di disagio socioeconomico e psichico". Una detenzione "a sfondo sociale - dicono i garanti - , alla quale da tempo si risponde senza un progetto complessivo capace di ridurre sensibilmente il numero di coloro che ne fanno parte". Il risultato è un sovraffollamento "tale da determinare condizioni di vita intollerabili per la riduzione di spazi vitali". La situazione, così com’è, "rischia di peggiorare ulteriormente per effetto della legge 251/2005 (ex-Cirielli) - si legge nella nota diffusa dai garanti - che prevede l’inasprimento del trattamento sanzionatorio e di riduzione delle possibilità di accesso alle misure alternative delineando uno scenario di tolleranza zero" nei confronti di quella detenzione sociale di cui si è detto". A tutto ciò "si aggiunge anche il non infondato timore di un aumento di provvedimenti restrittivi per effetto della nuova legge in materia di stupefacenti (n. 49/2006)". Per Marroni, Bruno, Brunato, Corleone e Fappani, "è indubbio che l’emanazione di un provvedimento di indulto comporta necessariamente una riduzione delle presenze in carcere, e trattasi di un provvedimento non più rinviabile, a cui deve accompagnarsi un provvedimento di amnistia che riduca il carico giudiziario e ponga fine a quelle vicende processuali comunque destinate alla prescrizione". Certamente "una politica di riduzione del sovraffollamento carcerario richiederà altri strumenti e ne siamo per primi consapevoli - concludono i garanti - , ma la riduzione dell’area della detenzione sociale va di certo perseguita attraverso scelte di politica legislativa che non abbiano di mira, contro ogni evidenza, obiettivi di tipo ideologico e, si auspica, attraverso una complessiva riforma del codice penale e di tutta l’area degli illeciti penali". Droghe: le associazioni; il sistema è vicino al collasso
Redattore sociale, 25 luglio 2006
Un sistema a rischio di collasso quello dei Ser.T. secondo il Cartello "Non incarcerate il nostro crescere" che, in una lettera aperta al Governo, lancia un appello per chiedere di ripristinare per intero il Fondo Nazionale Politiche Sociali ed il Fondo Nazionale di Lotta alla Droga, "strumento indispensabile per la ricerca, gli interventi innovativi, la garanzia di raccolta ed analisi di dati affidabili", ma anche d prevedere interventi specifici per le droghe all’interno del disegno dei Liveas e di rendere il sistema di raccolta ed analisi dei dati a livello nazionale più adeguato, moderno ed utile per tutti i soggetti interessati. "Il Ministro alla Salute Livia Turco si è, molto recentemente, chiesta in che stato versano i Ser.T., dopo anni di abbandono. L’intero sistema è vicino al collasso; lo mantengono ancora in piedi solo tenui fili, la dedizione degli operatori, lo sforzo dei responsabili". "L’ultima Relazione al Parlamento (con i dati del 2005) mostra con grande evidenza che i problemi droga-correlati non sono sotto controllo: - prosegue - aumentano i consumi problematici di cocaina, si stabilizzano i consumi di oppiacei ed, al tempo stesso, si rendono evidenti altri aspetti delle patologie: quelle infettive e la comorbilità psichiatrica. A fronte di questo panorama, i Servizi Pubblici sono in situazione di drammatica sofferenza, soprattutto per quanto riguarda il personale: una inchiesta dell’Agenzia Comunale delle Tossicodipendenze di Roma rileva una grave carenze di personale nei Ser.T. romani, che in alcuni casi sono deficitari di più del 38%: mancano soprattutto psicologi e assistenti sociali. Quindi diventano strutture sempre più a rischio di medicalizzazione, anche se tra le figure mediche un numero elevato di professionisti ha un contratto non rinnovabile e breve, dai 3 ai 6 mesi, per poche ore settimanali. Una tendenza alla "precarizzazione" diffusa e preoccupante che, allo stesso tempo, produce una netta diminuzione dei trattamenti integrati e l’impossibilità di poter contare su équipe stabili. Per far fronte all’inevitabile diminuzione delle risorse umane legate al periodo delle ferie, alcuni Dipartimenti delle Dipendenze si organizzano chiedendo "in prestito" personale dai servizi vicini". Non meno drammatica secondo il Cartello la situazione del carcere. "Non si può andare avanti con qualche operatore Ser.T. che opera in carcere, con qualche esperto ex art. 80 incaricato per 6 ore la settimana nella media nazionale, quando in grosse carceri gli interventi sono (poco) garantiti da equipe rinnovate ogni sei mesi attraverso lotte aspre con le Regioni competenti per territorio. E attendiamo da tempo il decreto di transizione della sanità carceraria alla sanità pubblica, per garantire uguali.diritti ai cittadini detenuti". Le associazioni chiedono di riprendere al più presto il percorso che garantisca il passaggio della sanità penitenziaria alla sanità regionale ed alle Asl e parlano di "uno scadimento drammatico degli interventi sulla popolazione carceraria ed una diffusa impossibilità a garantire qualsivoglia continuità tra il carcere ed il dopo-carcere, nel territorio". Non meno drammatica è la situazione degli Enti Accreditati. "Le comunità ricorrono ai prestiti bancari sovvenzionando di fatto il mercato profit dal momento che non vi è nessun tipo di agevolazione rispetto a mutui o alle cessioni di credito quando queste vengono fatte da realtà non profit. Il volontariato si fa quindi "costrettariato" dal momento che anche il diritto minimo degli operatori (pagamento degli stipendi) diventa una variabile in mano ai burocrati e ai ragionieri delle Asl. Le prestazioni terapeutiche degli Enti Accreditati sono apparentate ai fornitori di lampadine o di carta igienica e pagate con ritardi drammatici. Gli operatori diventano essi stessi a rischio di assistenza alla luce degli stipendi bassi, del precariato imperante, della non assoluta certezza di vedersi retribuiti con regolarità". In profonda crisi di risorse anche il sistema della riduzione del danno. "Interventi di "bassa soglia", camper, scambi di siringhe, interventi di prossimità e su strada non possono più sopravvivere. I camper giacciono inutilizzati in qualche cortile, gli operatori costretti a cambiare attività. Meglio non va per le azioni di prevenzione, legate alla stessa dinamica "a progetto" delle riduzioni del danno e fortemente penalizzate dai tagli mostruosi al Fondo Sociale Nazionale. Gli ultimi cinque anni di Governo hanno determinato la devastazione che è sotto gli occhi di tutti. Oltre alle note vicende del Fondo Sociale Nazionale, abbiamo assistito alla sparizione del Fondo Nazionale di Lotta alla Droga ed i nuovi provvedimenti legislativi si sono caratterizzati, tra l’altro, per non avere previsto alcuna risorsa aggiuntiva, nemmeno a fronte di un prevedibile aumento di interventi e di trattamenti derivati dall’applicazione delle sanzioni".
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