Rassegna stampa 28 giugno

 

Amnistia: ministro Mastella riceve il Comitato promotore

 

Apcom, 28 giugno 2006

 

Una delegazione del Comitato per l’amnistia - composta da don Antonio Mazzi, Marco Pannella e Rita Bernardini, con Stefania Tallei e Paola Morozzo della Rocca in rappresentanza della Comunità di S. Egidio - è stata ricevuta questa mattina dal guardasigilli Clemente Mastella.

"Usciamo più rafforzati da questo incontro". Così ha dichiarato don Mazzi al termine della visita al ministero della Giustizia, dove è arrivato in tarda mattinata insieme al leader della Rosa nel Pugno che stanotte ha deciso di sospendere per tre giorni lo sciopero della fame. "La delegazione ha voluto ribadire al ministro la volontà di andare avanti, anche puntando ad alleanze slegate da logiche di maggioranza. D’altronde non potrebbe essere diversamente, vista la necessità di predisporre un testo che dovrà raggiungere la maggioranza dei due terzi del Parlamento".

Il guardasigilli, dal canto suo, ha confermato l’ampia disponibilità all’ascolto, nella consapevolezza, in materia di amnistia, della sovranità del Parlamento. "Ogni parte politica - ha detto Mastella - se vuole realmente giungere dopo tanti anni ad un atto di clemenza, deve rinunciare a qualcosa di proprio a vantaggio dell’obiettivo comune. Resta il problema di un’amnistia che non spaventi il cittadino comune. In questa direzione un aiuto alla comprensione dei problemi del mondo penitenziario può venire anche dal volontariato, dal mondo cattolico e dall’associazionismo, oltre che da media e tv".

Amnistia: Manconi; adesso ci sono le condizioni giuste

 

Redattore Sociale, 28 giugno 2006

 

"Mai come in questo momento ci sono state condizioni favorevoli per fare una proposta unitaria sull’amnistia e indulto. Ma non siamo ancora in dirittura d’arrivo". Lo ha dichiarato oggi a Rai Utile il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Manconi.

"Nel centrodestra sono venute fuori posizioni molto interessanti o inedite, come quelle di Udc, alcuni settori di An, Berlusconi con Forza Italia e nuove come quella della Lega. Nel centrosinistra - ha aggiunto il sottosegretario alla Giustizia - c’è un’ampia convergenza su amnistia e indulto. Ci sono resistenze nei due schieramenti che mettono in pericolo il raggiungimento di questo obiettivo che è un obbligo sacrosanto, morale, politico, giudiziario e sociale".

"Di Pietro - ha concluso Manconi - si oppone all’amnistia. Dichiara un suo scetticismo, un’ostilità al provvedimento, ma ritengo non ne farà motivo di scontro. Ricordo però al mio schieramento che l’atto di clemenza fa parte del programma di governo del centrosinistra, esposto alle Camere da Prodi".

"Ci sono tre questioni fondamentali che se adeguatamente e radicalmente affrontate potrebbero da sole ridurre l’affollamento carcerario: la legge Bossi-Fini; la Giovanardi-Fini sulle droghe; la Ex Cirielli. Se un provvedimento di clemenza - ha proseguito nel suo intervento Manconi - è un’esigenza richiesta dalle condizioni del sistema carcerario e giudiziario, e prescinde dagli interessi politici, non può essere subordinato alla tutela delle riforme già fatte". La questione dell’ordinamento giudiziario - ha aggiunto il sottosegretario alla Giustizia - "così come riformato dal centrodestra è sicuramente tema di discussione. Ritengo che Mastella ieri non abbia parlato di un azzeramento di quell’ordinamento, ma certamente il nostro giudizio è straordinariamente critico".

Giustizia: Mastella; con indulto fuori dai 10 ai 15mila detenuti

 

Gazzetta del Sud, 28 giugno 2006

 

Chi si fermasse ai numeri dell’indulto o dell’eventuale amnistia - dai 10 ai 15 mila detenuti rimessi in libertà - presentati per la prima volta da Mastella a Palazzo Madama, non coglierebbe il senso pieno dell’intervento presentato dal Guardasigilli nella sua audizione davanti al Senato. Una audizione nella quale ha presentato il suo "manifesto", improntato al dialogo e a un riformismo che non sia prigioniero dei veti ma anche alla "discontinuità" con l’impostazione della CdL.

Mastella ha detto chiaramente che ha in animo di cambiare, "senza intento demolitorio" la "riforma da ancien regime" voluta dal Polo, eliminando ad esempio nei concorsi per entrare in magistratura l’opzione anticipata tra attività requirente e giudicante e i colloqui psico attitudinali, ed attenuando il rigido accentramento gerarchico nei capi delle Procure. Ha anche ribadito di essere favorevole alla distinzione delle funzioni, ma in una versione "soft" rispetto alla scelta definitiva voluta dalla riforma Castelli.

E ha mostrato coraggio laddove ha persino lanciato l’idea dell’introduzione di meccanismi di incentivazione secondo i quali i magistrati che lavorano di più dovrebbero guadagnare di più e ha sostenuto la necessità di prevedere valutazioni, ogni quattro anni, sull’attività dei magistrati, che in caso negativo potrebbero sfociare nel blocco per un quadriennio della progressione economica o con la destinazione ad altra funzione.

Poi, naturalmente, ha parlato di amnistia e di indulto. La situazione di sovraffollamento delle carceri, ha detto, lo "preoccupa molto" e Mastella ha ribadito di essere favorevole ad un provvedimento straordinario, da abbinarsi a "misure di sistema", cioè a interventi per assicurare la ragionevole durata dei processi.

"La prospettiva di clemenza che intendo segnalare - ha detto Mastella - va intesa solo come stimolo alle forze politiche", dato che lui non ha mai pensato "a gesti solitari". Deciderà il Parlamento, eventualmente.

"Nella situazione attuale - ha spiegato il Guardasigilli - l’applicazione dell’indulto comporterebbe la scarcerazione di 10.481 persone, un sesto della popolazione carceraria, se concesso nella misura massima di due anni e di 12.756 se concesso nella misura massima di tre anni".

Dall’eventuale amnistia arriverebbe invece "un effetto additivo pari a circa il 20%". Come dire che si supererebbe quota 15 mila. Se ne può parlare, anche se la strada resta in salita e già domani la commissione giustizia del Senato, come ha anticipato il suo presidente Pino Pisicchio (Idv) potrebbe avviare l’iter.

Non poteva mancare un cenno sulle intercettazioni. Secondo Mastella è "improcrastinabile" un intervento normativo contro uno strumento investigativo che rischia di essere usato come "una clava per la lotta politica". "I modi per arrivarci li scelga il Parlamento", precisa. E propone di intervenire su due fronti: uno legislativo con "adeguate sanzioni pecuniarie a carico di testate giornalistiche che illegittimamente pubblicano documenti coperti" da segreto; l’altro, amministrativo, con l’attuazione del codice per la privacy. La questione non è di poco conto, anche da un punto di vista finanziario, visto che le intercettazioni gravano sul bilancio dello Stato per 307.346.676,72 euro.

Mastella al Senato: una giustizia al servizio dei cittadini

 

Gazzetta del Sud, 28 giugno 2006

 

A Palazzo Madama il Guardasigilli ha illustrato le linee programmatiche: processi più rapidi con incentivi ai magistrati più solerti e meno risarcimenti per effetto della legge Pinto. Sì alla separazione delle funzioni tra pm e giudici, ma in modo soft.

La Giustizia al servizio dei cittadini: sì ma con processi più rapidi, separazioni delle funzioni soft, incentivi per i magistrati più solerti, tutela della riservatezza, atti di clemenza e soprattutto maggiori investimenti, del resto, le risorse finanziarie a disposizione del dicastero non bastano. È questa la ricetta proposta ieri dal Guardasigilli Clemente Mastella durante l’audizione al Senato sulle linee programmatiche del suo Ministero (la relazione è qui leggibile nei documenti correlati).

Legge Pinto. In quattro anni, ha detto Mastella, dal 2002 al 2005, per effetto della cosiddetta legge Pinto, i risarcimenti a carico dello Stato per l’eccessiva lunghezza dei processi, sono cresciuti in modo esponenziale: da un milione e 260 mila euro si è passati a quasi 9 milioni di euro. "La spesa - ha continuato il Guardasigilli - ha avuto un incremento notevolissimo, poiché a fronte di 2681 decreti di condanna per i quali sono stati versati nel 2002 1.266.354,84 di euro, si è passati ai 1654 decreti per i quali però sono stati rimborsati 5.478.871,69 milioni di euro". Cifra che sale vertiginosamente nei due anni successivi. Del resto, per i circa 2.014 decreti, ha chiarito il Guardasigilli, nel 2004 lo Stato ha pagato 6.627.974,36 euro. Per non parlare poi, dello scorso anno, durante il quale a fronte di 2.494 decreti, ne sono stati rimborsati 8.921.3525,11. A tutto ciò si aggiunge, che questi importi riguardano pagamenti già effettuati e quindi non sono comprese anche le maggiori somme rimaste da erogare.

La situazione, tuttavia, almeno secondo Mastella "va affrontata al più anche ripensando a forme alternative di conciliazione". È necessario, comunque, ha messo in guardia il ministro di via Arenula, un organico monitoraggio dei tempi dei processi e di quelli di pagamento delle somme liquidate a titolo di equa riparazione. "Purtroppo, ha detto ancora il Guardasigilli - questa figura speciale di risarcimento è stata gestita male, senza alcun coordinamento, per cui va predisposto un intervento correttivo della legge 89/2001, la cosiddetta Pinto". Infatti, non bisogna dimenticare, ha ricordato Mastella, che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto la legge Pinto "non compatibile con la Convenzione dei diritti umani".

Incentivi per i magistrati più solerti. Per i magistrati più in gamba il Guardasigilli ipotizza nella sua relazione degli incentivi. "È stata anche avanzata la tesi - ha spiegato Mastella - di collegare una parte del trattamento stipendiale alla realizzazione del programma elaborato dal magistrato come la riduzione dei tempi e l’eliminazione dell’arretrato". E ha aggiunto: "Questa è una tesi forte che richiederebbe comunque un intervento legislativo; ma che alcuni prospettano come efficace già con il cosiddetto "effetto annuncio"".

Separazione delle funzioni tra Pm e giudice. Per il ministro della Giustizia bisogna mettere mano a quella parte del decreto legislativo 160/05 che si occupa della "distinzione delle funzioni".

"Pur convinto della unicità sistematica dell’ordine giudiziario - ha detto Mastella - sono, infatti, sensibile all’esigenza, di natura sociale più che istituzionale, secondo cui chi ha esercitato funzioni requirenti o giudicanti in una sede non possa esercitare, per almeno un quadriennio, le diverse funzioni nel medesimo distretto". E ha continuato: "Sono altresì convinto - ha aggiunto - dell’esigenza che ogni passaggio richieda l’obbligatoria frequenza di un corso di riqualificazione professionale e, ovviamente, un successivo giudizio di idoneità espresso dal Csm, previo parere del competente Consiglio giudiziario".

Tuttavia, secondo il Guardasigilli "Queste esigenze non sembrano imporre necessariamente una scelta definitiva tra le due funzioni, nei termini attualmente previsti nel decreto legislativo n. 160, potendo pienamente essere realizzate anche con la conservazione di un impianto normativo più aderente al dettato costituzionale, che consenta, alle condizioni indicate, la possibilità di passaggio dall’una all’altra funzione".

Le possibili correzioni della Riforma Castelli. Il Guardasigilli durante l’audizione alla Commissione Giustizia di Palazzo Madama non è stato tenero con la riforma dell’Ordinamento giudiziario che porta la firma del suo predecessore, il leghista Roberto Castelli: "in buona parte - ha detto Mastella - ha un’impronta burocratica ancient regime ed è questa impronta che io intendo rimettere in discussione".

Nel suo discorso il Ministro ha indicato le parti del testo del D.Lgs 160/05, che per la gran parte è già entrato in vigore, che intende rivedere, in particolare, quelle norme che riguardano i concorsi di accesso, la distinzione delle funzioni tra giudice e pubblico ministero, i test psico-attitudinali e la progressione in carriera attraverso i concorsi.

Per cui non più concorsi interni, del resto, l’idoneità iniziale per entrare in magistratura si può raggiungere "senza penalizzare nell’attesa fasce di giovani e famiglie non in condizioni di sostenere la relativa gravosità economica". Meglio, secondo Mastella, rafforzare il sistema di accesso attraverso le scuole pubbliche di specializzazione e con l’ammissione diretta di quanti abbiano riportato un altissimo voto di laurea e una buona media globale".

Ma non solo, il Ministro vuole mettere mano anche ad altre norme della riforma dell’Ordinamento giudiziario: va eliminata l’opzione anticipata tra attività giudicante e quella requirente: niente più decisioni affrettate per il magistrato su quale carriera intenda intraprendere "non solo perché spezza decisamente l’unità culturale della giurisdizione ma anche perché - ha detto il Guardasigilli - delle rispettive professionalità l’interessato non può avere una cognizione piena e finirà per orientare la sua scelta in rapporto alle sedi disponibili, non certo in coerenza con una effettiva vocazione".

Inoltre, Mastella è convinto che vada anche eliminato il colloquio psico-attitudinale durante gli esami orali, "sulla cui rilevanza, metodologia applicativa ed efficacia nessuno degli esperti interpellati ha saputo dire gran che". Via anche la progressione in carriera tramite concorsi dei quali l’ultimo decreto della riforma Castelli "fa una minuziosa e farraginosa classificazione; il tutto sulla falsariga di un regime impiegatizio che riproduce nella filosofia di fondo l’ordinamento del 1941".

Intercettazioni. È improcrastinabile, ha detto ieri il Guardasigilli, un intervento normativo in materia di intercettazioni telefoniche "tale da rafforzare gli aspetti di garanzia individuale dei soggetti coinvolti in uno strumento probatorio molto invasivo".

Mastella, ha spiegato inoltre, che anche "se è vero che nell’ambito delle indagini preliminari le ipotesi di reato in fase di accertamento implicano spesso l’acquisizione di circostanze ed episodi per i quali, su un piano generale, viene coinvolto l’esercizio legittimo del diritto di cronaca; va considerata tuttavia, con grande attenzione, la necessità di assicurare un’adeguata tutela dei diritti di persone coinvolte dalla possibile pubblicazione pressoché integrale di innumerevoli brani di conversazioni telefoniche, semmai intercorse con terzi estranei ai fatti o che non risultino indagati".

L’obiettivo, ha continuato il Ministro, è quello di "contemperare l’efficienza di un efficace mezzo di ricerca della prova correlata allo sviluppo tecnologico e delle comunicazioni con la tutela della riservatezza, non soltanto sotto il profilo della repressione del comportamento illecito dei soggetti preposti all’utilizzazione del mezzo".

Tuttavia, l’intervento auspicato da Mastella può esplicarsi su un duplice versante: legislativo e amministrativo. Per quanto riguarda la parte legislativa introducendo adeguando sanzioni pecuniarie per quelle testate giornalistiche che "illegittimamente pubblichino documenti coperti dal segreto di indagine o comunque dal segreto d’ufficio". Quanto al lato amministrativo dell’intervento, il Guardasigilli ha ipotizzato, invece, di dare " attuazione alle norme del D.Lgs 196/03, contenente il codice per la privacy, in sintonia con le iniziative già assunte, sul versante della gestione della telefonia fissa e mobile, dal Garante per la protezione dei dati personali". E ha concluso: "Nessuno ipotizza museruole legislative per mitigare o frenare il diritto di cronaca, ma bisogna convenire che, allo stato, risultano spesso lesi la dignità della persona ed il doveroso rispetto della persona, valori questi che non solo appartengono al patrimonio etico della nostra società, ma sono anche costituzionalmente garantiti".

Atti di clemenza. Il ministro della Giustizia spera che su amnistia e indulto il Parlamento decida presto, del resto, non ha mai pensato a gesti solitari.

Tuttavia, dati alla mano, Mastella, ha spiegato che su un totale di 61.353 detenuti, con un indulto fino a due anni lascerebbero le carceri in 10.481 (un sesto del totale), mentre con un indulto fino a tre anni sarebbero liberi in 12.756. Con l’amnistia, invece, il 20 per cento in più, ossia ci sarebbe "un effetto additivo di scarcerazioni".

Quanto al sovraffollamento delle carceri, ha detto il Ministro, ha inciso molto la legge cosiddetta Bossi Fini con 13.645 ingressi in carcere solo nel 2005 (in proposito si veda il contributo di Franco Pittau sull’immigrazione irregolare in Italia).

Risorse. "Nonostante ogni buon proposito - ha detto ancora il Guardasigilli - mi vedo costretto in questa sede a segnalare che, per la sola gestione corrente dell’esercizio 2006, occorreranno 154,4 milioni per l’amministrazione giudiziaria in senso stretto, 103,5 milioni per l’amministrazione penitenziaria, 22 milioni per la giustizia minorile". E ha concluso "In totale non meno di 279,9 milioni di euro". E dopo Palazzo Madama oggi alle 14.30 Clemente Mastella è atteso a Montecitorio l’argomento è lo stesso: illustrare le linee programmatiche del suo dicastero.

Oggi al Senato. Il voto di fiducia sul maxi emendamento presentato dal governo al Dl che proroga l’emanazione di alcune norme regolamentari, inizierà attorno alle ore 12 di questa mattina. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama.

Lazio: una proposta di legge regionale per i detenuti

 

Redattore Sociale, 28 giugno 2006

 

"Credo che si debba cominciare a ragionare seriamente sulla situazione dei detenuti nelle nostre carceri". Lo ha detto Alessandra Mandarelli, assessore alle Politiche sociali della Regione Lazio a margine di una riunione, congiunta delle tre commissioni, Ambiente e lavoro, Politiche sociali, e Sicurezza, per concordare un iter veloce alla proposta di legge "Interventi a sostegno dei diritti della popolazione detenuta nel Lazio".

"Se i nostri istituti di pena non sono in grado di ospitare dignitosamente i detenuti - ha affermato la Mandarelli -, bisogna pensare per forza a soluzioni alternative come l’amnistia o l’indulto per i reati minori, studiando forme di accompagnamento e reinserimento sociali contestuali al provvedimento nazionale. Non è questione ideologica ma pragmatica".

"Intanto, abbiamo presentato una proposta - ha spiegato l’assessore Mandarelli - che contiene elementi significativi di novità, sulla falsariga delle politiche di Giunta, per una programmazione partecipata metodo fondamentale del nostro modo di operare. La gestione di una materia, quella delle carceri, attraversa trasversalmente diverse competenze, e dobbiamo necessariamente avvalerci di una programmazione condivisa: altrimenti rischieremo un approccio miope, non strutturale ma congiunturale. Assessorati alla Sanità, al Lavoro e alle Politiche sociali devono infatti, a mio parere, cooperare in una materia così socialmente rilevante, realizzando un sistema ancora più ampio rispetto a quello dell’integrazione socio sanitaria".

"E inoltre l’articolo 17 della proposta di legge - ha continuato l’assessore - prevede l’assunzione a tempo determinato di personale di assistenza proprio attraverso i distretti socio-sanitari e all’interno dei piani di zona, previsti dalla legge 328 del 2000. Assunzioni che, ho proposto, vengano precedute da accordi di programma tra gli assessorati alla Sanità al Lavoro e alle Politiche sociali, e i distretti. Accordi nei quali dovrà essere specificato la finalità di questi interventi e le modalità di realizzazione in un quadro di politica di sistema". "Sono passi importanti, soprattutto per i detenuti che spesso si trovano a vivere situazioni molto difficili. Auspico - ha concluso l’assessore Mandarelli - che l’iter, che ci porterà alla definizione della legge, sia il più possibile rapido".

Giustizia: serve un dialogo su amnistia e intercettazioni

 

Il Denaro, 28 giugno 2006

 

Il clima di tensione che caratterizza il rapporto tra la maggioranza e l’opposizione non è stato certo mitigato dall’esito del voto referendario. Questo clima non giova alla sopravvivenza del Governo Prodi, e anzi fa alzare la tracotanza di tutta la sinistra radicale a scapito di quelli che nel centro sinistra, cercando di ragionare e di far ragionare, prevedono che andando avanti così, l’Esecutivo "neanche il panettone natalizio potrà mangiare".

Chi dimostra questa saggia prudenza sa che con qualche voto di maggioranza al Senato non si va avanti e porta il Ministro Mastella a dichiarare che "bisogna darsi un metodo, che c’è la necessità che tutti rinunziano a qualcosa pur di dialogare con l’opposizione".

Non a caso Mastella, insieme a Cossiga, Follini e Tabacci si è reso promotore di un appello trasversale prima del voto perché dopo l’esito del referendum "torni lo spirito costituente e si possa condividere una seconda parte della Costituzione che non neghi gli spunti positivi emersi nella legislatura appena conclusa".

Di fronte al muro contro muro questo spiraglio apre qualcosa, dicendo che anche nel testo varato dalla precedente maggioranza della Cdl, non tutto è da buttare e che quindi per riaprire un tavolo di confronto sul tema, non solo non va demonizzato l’avversario ma si deve riconoscere anche quello di positivo che ha fatto.

Insomma, un metodo di confronto da sperimentarsi specie da chi ha nel cuore le sorti dell’attuale Governo e che ha risolto il referendum e alla fine della lunga stagione elettorale dovrà dar luogo a una concreta attività, trovando nel Parlamento i riscontri necessari.

Il Guardasigilli Mastella cerca di dare l’esempio di questo metodo, rinunciando a bloccare con un decreto legge la riforma dell’ordinamento giudiziario varato dal Governo Berlusconi, beccandosi per questo l’ostilità di una parte dei magistrati e le polemiche del ministro Di Pietro.

Ancora sul tema dell’amnistia, il Guardasigilli media e propone un confronto non solo con la maggioranza ma anche con l’opposizione, richiedendo oltretutto il provvedimento per essere approvato i due terzi del Parlamento. Conoscendosi sul tema il no della Lega e di An, il confronto è con i giuristi di Forza Italia e dell’Udc, ben sapendo che dovrà essere ricercato un tetto per l’amnistia e per l’indulto, per poi successivamente entrare nel merito dei reati da considerare amnistiabili o condonabili, esclusi, ovviamente, quelli di pedofilia e di criminalità organizzata.

Il provvedimento di amnistia e di indulto, che servirà a svuotare le carceri da tutti ritenute sovrappiene si rende necessario ove si considera che dal 1989 non se né approva uno, e che nel sistema giudiziario e carcerario italiano è stato fisiologico nella Prima Repubblica, avere ogni cinque anni di media un provvedimento in tal senso.

A favore dell’iniziativa del Guardasigilli, oltre a molti esponenti del centro sinistra, si è schierata il capogruppo dei Ds al Senato, senatrice Finocchiaro, che ritiene il tema della giustizia quello su cui sarà possibile sperimentare quel dialogo di cui si è detto.

Sull’altro tema di attualità, quello delle intercettazioni, venuto alla luce per varie vicende giudiziarie che hanno portato esponenti del Polo a dichiarare che si risente "il tintinnio delle manette", Mastella ha dimostrato la sua apertura sia facendo porre all’esame degli esperti del suo Ministero uno studio sulla questione, sia facendo presentare un progetto di legge da deputati dell’Udeur che, unito ad altri nel frattempo presentati anche dal Polo, aprono un serio confronto parlamentare.

Dialogare quindi e con tutti, come va facendo e continua a fare il ministro Mastella, ritenendo che affrontando il merito di questioni da molti condivise si possa dar luogo a quel clima nuovo che dia l’avvio a un nuovo e più rispettoso metodo nella gestione del rapporto tra maggioranza e opposizione: questo metodo non deve implicare ipotesi di trasformismo, cui sembrerebbe propenso Buttiglione, contrari Berlusconi e Fini, dichiarando il primo la sua disponibilità a votare il decreto del Governo per il rifinanziamento della missione militare in Afghanistan, mettendo così in difficoltà non solo le sinistre radicali che non tollererebbero questa forma di "soccorso bianco" al Governo ma le stesse forze moderate del centro sinistra, il cui compito non è e non può apparire quello di far subentrare l’Udc al posto di Rifondazione nella maggioranza.

Insomma, se dialogo ci deve essere esso non dovrà intervenire su scelte politiche divaricanti la maggioranza ma su temi di grande coinvolgimento sociale quali l’amnistia e le intercettazioni, che sono sostenuti da varie parti, sia del Polo che dell’Unione e che non implicano appoggio o ritiro di appoggio al Governo ma possono dar luogo a intese parlamentari.

Misure alternative al carcere e nuovi delitti, di Arrigo Cavallina

 

Voci Vincenziane, 28 giugno 2006

 

Succede, e recentemente qualche episodio ci ha turbati, rattristati, inorriditi, che persone con una condanna non completamente espiata, ma fuori dal carcere, commettano ancora un delitto. Cerco di capire in base a quale provvedimento erano fuori, ma sembra che in questi casi i giornalisti abbiano dimenticato ogni nozione di diritto che pure dovrebbe aver fatto parte delle loro materie d’esame. Termini come semilibertà, lavoro esterno, libertà vigilata, permesso premio, licenza sono adoperati del tutto indifferentemente come sinonimi. Prevale la sottolineatura compiaciuta della parola "premio" associata al permesso. Un delinquente viene addirittura premiato. Che legge è questa? Siamo dalla parte di Caino contro Abele?

La norma costituzionale che sta alla base dell’ordinamento punitivo stabilisce che "le pene devono tendere alla rieducazione del condannato". Concetto un po’ equivoco e invecchiato, si tende ad interpretarlo come risocializzazione, reinserimento, ricucitura dello strappo provocato dal reato, ricostruzione del dialogo sociale. In ogni caso è chiara l’idea di sicurezza che ne è sottintesa: una pena che ricambia male con male, che semplicemente infligge una sofferenza tenendo per un certo tempo il colpevole chiuso a chiave in prigione, rischia di restituirlo poi alla società tale e quale, forse incattivito, pericoloso e minaccioso.

La minaccia invece si attenua se il tempo di pena è dedicato a rimuovere le cause (psicologiche, culturali, ambientali, familiari, valoriali, economiche, ecc.) che avevano indotto al crimine, se la persona diventa più capace di abitare nella società civile rispettandone i valori del lavoro, del rispetto reciproco, della legalità.

Le leggi che hanno riformato l’ordinamento penitenziario in coerenza con la Costituzione, le stesse leggi che, viene detto, premiano Caino, attuano in realtà un principio educativo semplice: si impara dall’esperienza.

La legge prevede che la pena consista in un progetto, un percorso di ritorno che utilizza strumenti diversi in progressione; ogni passaggio è consentito sulla base della valutazione della positiva risposta (partecipazione) all’attività rieducativa. Dopo un periodo sufficientemente lungo in cui l’attività si svolge interamente dentro il carcere, si aprono possibilità di uscita per riannodare i rapporti con l’esterno, in particolare con la famiglia e il lavoro. Si tratta dei permessi (di qualche ora fino a qualche giorno), della semilibertà (lavoro fuori e ritorno quotidiano in carcere), dell’affidamento (interamente fuori, con precisi obblighi di orari, frequentazioni, colloqui, divieti di allontanamento, e relativi controlli che sono anche forme di contenimento e aiuto). Non si tratta di "meno pena", ma di una modalità diversa di pena.

Funziona? Difficile fare le statistiche di quello che non succede. Quanti sono i potenziali delinquenti che, grazie a questo intervento di progressivo riavvicinamento alla società, non hanno più commesso reati e non minacciano più la nostra sicurezza? Cioè quanti delitti si sono evitati e si stanno evitando?

Leggo i dati ministeriali al 31 dicembre 2005. In tutto l’anno le misure alternative revocate in seguito alla commissione di nuovi reati sono state lo 0,24%. Se questa cifra lascia un margine perché non comprende tutto, i funzionari esperti assicurano che siamo comunque al di sotto del 2%.

In più del 98% dei casi la legge ha funzionato.

In mancanza di dati ministeriali, abbiamo una ricerca di valore indicativo effettuata in Toscana sullo strato basso, in un certo senso i più probabili autori di nuovi reati perché già recidivi. Questi in effetti, ammessi alla misura alternativa dell’affidamento, hanno commesso ulteriori reati nella misura del 12%. Ma quelli che prudentemente sono stati tenuti in carcere fino all’ultimo giorno di pena hanno poi commesso reati nella misura del 75%.

Non mi pare possano restare dubbi sul fatto che la legge in vigore tutela la nostra sicurezza molto più efficacemente di una pena confinata nell’esclusione.

Resta però il dubbio se almeno qualcuno dei crimini più gravi (gli omicidi che ci sconvolgono) non sia legato ad una decisione sbagliata, affrettata.

Il percorso di reinserimento del condannato, l’ammissione alle sue singole tappe, è accompagnato da quella che si chiama "osservazione scientifica della personalità", di cui il giudice tiene conto nelle decisioni. Ma scienza non vuol dire certezza, la prognosi può essere solo probabilistica, e la probabilità stessa dipende dagli strumenti di valutazione di cui si dispone. La figura professionale di riferimento per questa attività, chiamata a conoscere il detenuto, raccogliere le conoscenze delle altre figure e riferire al giudice, è l’educatore. Ha dunque un ruolo fondamentale nei riguardi della stessa sicurezza sociale. Attualmente di fronte a 60.000 detenuti, custoditi da oltre 40.000 poliziotti penitenziari (numero ritenuto insufficiente), gli educatori sono 551. Meno di uno ogni 100 detenuti

Ci sono più di 22.000 detenuti ai quali restano da scontare meno di tre anni, e che potrebbero dunque, non tutti ma in buona parte, uscire in regime di affidamento. Con l’effetto a catena di ridurre il sovraffollamento, ripristinare condizioni più umane di detenzione, consentire al personale di svolgere attività di trattamento educativo e di osservazione "scientifica" più efficaci. Ma il personale scarso non è in grado di conoscere tempestivamente le persone, i giudici di sorveglianza scarsi di prendere decisioni, e spesso proprio le pene più brevi si scontano in carcere fino all’ultimo giorno.

Trieste: progetti di autoimpresa per persone svantaggiate

 

Market Press, 28 giugno 2006

 

L’ambito è quello della seconda fase dell’iniziativa comunitaria Equal, che favorisce metodi e politiche innovative che contrastano la discriminazione e la disuguaglianza nell’accesso al mercato del lavoro. Il contesto di attuazione è una regione il cui Governo ha dato vita ad un’articolata strategia di diffusione della cultura di impresa. In questo spazio d’azione prende il via "Solaris", progetto gestito da una nutrita schiera di partner (Ass. N. 4, Centro Caritas di Udine, Comunità Piergiorgio, Cooperativa sociale di Udine, Cramars, Finreco, Associazione idea Onlus, Università degli studi di Udine) con capofila l’Ires del Friuli Venezia Giulia. Solaris interviene - ha dichiarato l’assessore al Lavoro, Formazione, Università e Ricerca Roberto Cosolini ieri mattina, nel corso della presentazione del progetto assieme a Paolo Molinari Dell’ires - per accompagnare la fuoriuscita da una condizione di esclusione, mediante la realizzazione di progetti di autoimpresa, di persone che sono in una condizione di svantaggio (portatori di disabilità fisiche, ex-tossicodipendenti, ex-alcolisti, ex-detenuti, nomadi, ex prostitute, donne che hanno subito maltrattamenti e violenze, vittime di nuove povertà) valorizzandone risorse e potenzialità. Un’esperienza che si innesta su un percorso già avviato, ha continuato l’assessore, perché parte dalla conclusione di "Imprenditorialità estrema per una vita indipendente", un altro progetto realizzato nella prima fase di Equal per affrontare i medesimi temi. Ma Solaris è importante anche perché occupa uno spazio specifico, ha proseguito l’assessore, nelle strategie della Regione per promuovere l’imprenditorialità in Friuli Venezia Giulia.

Un esempio di questo impegno è dato dai risultati di Imprenderò, realizzato nell’ambito delle iniziative del Fondo Sociale Europeo 2000-06. Imprenderò è destinato a continuare - ha detto Cosolini - e consentirà di rafforzare gli strumenti che i partner di Solaris avranno a disposizione nel percorso di accompagnamento dei soggetti interessati. A sostegno delle iniziative attuate nell’ambito di Solaris ci sono anche - ha confermato Cosolini - gli incentivi della legge 18/2005, che oltre ad intervenire nella creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato e nella stabilizzazione di situazioni di precariato, si propone di sostenere i soggetti a rischio intervenendo a favore di attività d’impresa. Inoltre il progetto, per il tipo di partner che concorrono alla sua attuazione, rappresenta una sperimentazione importante dell’attuazione di quanto previsto dal programma triennale di politica del lavoro a proposito dell’inserimento lavorativo dei disabili. Una sfida che, ha dichiarato l’assessore, si vince solo impegnando tutti i soggetti coinvolti in una forte logica di sistema.

Pordenone: le promesse del ministro per il nuovo carcere

 

Il Gazzettino, 28 giugno 2006

 

"Il carcere di Pordenone è una priorità per il governo Prodi". Lo ha confermato ieri il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, durante un incontro a Roma con il sindaco di Pordenone, Sergio Bolzonello, il sottosegretario Ettore Rosato, l’onorevole Manlio Contento, l’assessore comunale Gianni Zanolin e l’esponente dell’Udeur Luciano Clarizia.

La costruzione del nuovo carcere cittadino sta vivendo un’impasse poiché l’Unione europea ha di fatto bloccato l’iter. Facendo qualche passo indietro, si ricorderà che il governo Berlusconi aveva indetto una gara per la costruzione dei penitenziari di Varese e Pordenone attraverso l’assunzione di un leasing; l’istituto di credito che vinceva la gara avrebbe proposto anche il nome dell’impresa costruttrice. Ad aggiudicarsi l’appalto è stata l’olandese Ing, la quale si è poi affidata a un’impresa di fiducia.

Una metodologia che non è piaciuta agli imprenditori italiani, tant’è che l’Associazione nazionale costruttori ha deciso di presentare due ricorsi contro la procedura adottata dal precedente governo perché quel tipo di gara, secondo loro, discriminando le imprese. Il primo ricorso è stato indirizzato al Presidente della Repubblica che lo ha rigettato, approvando la procedura; il secondo è stato rivolto all’Unione europea che, invece, ha aperto un’infrazione non per l’aspetto finanziario della gara, ma per quello che riguarda l’appalto vero e proprio, quindi la costruzione delle carceri.

Questo, dunque, è lo stato attuale delle cose sul quale il ministro Mastella è intervenuto ieri, spiegando alla delegazione pordenonese che ora il Dipartimento per l’edilizia penitenziaria, ramo del ministero di Giustizia, valuterà se costruire il carcere cittadino con l’iter già stabilito o se superare l’impasse europea andando direttamente a un altro tipo di gara. Una decisione che sarà presa entro ottobre, anche sulla base dei tempi della giustizia europea."Il ministro Mastella ci ha spiegato che sono in attesa della definizione dell’Unione europea - ha affermato, soddisfatto, il sindaco Bolzonello - Ma la cosa più importante è il fatto che ci abbia confermato la priorità per il carcere di Pordenone e che abbia compreso che è l’intera città che si sta muovendo". Sulla stessa lunghezza d’onda l’onorevole Contento: "Il ministro si è posto in linea di continuità con il lavoro svolto, sottolineando l’importanza di non disperdere i finanziamenti e di poter dare soluzione a questo grave problema della città".

Ariano Irpino: detenuti in scena, il carcere diventa teatro

 

Il Mattino, 28 giugno 2006

 

Tra le mura del carcere ci sono anche occasioni di riscatto e di speranza. Basta non farsi annullare dallo sconforto, ma guardarsi attorno e partecipare ad una delle tante iniziative che Direzione Carceraria e Area Didattica mettono in campo per rendere la detenzione meno pesante. Dodici detenuti di diverse nazionalità, pur sapendo di dover scontare una lunga detenzione, hanno partecipato non solo ai corsi di scuola media inferiore, riuscendo a superare brillantemente gli esami finali, ma hanno anche messo in piedi, con la collaborazione dei propri insegnanti, una vera e propria compagnia teatrale. Un saggio della propria bravura lo daranno venerdì 30 giugno (ore 16,30), quando in una sala trasformata a teatro reciteranno la commedia "Trattoria Bella Napoli", tratta da un autore anonimo su Internet.

Alla presenza dei vertici della casa circondariale, di autorità civili e religiose, degli agenti di custodia e ovviamente degli altri detenuti si esibiranno in una rappresentazione teatrale che è anche lo specchio di tante vicende che si verificano al di fuori del carcere. La trattoria Bella Napoli, infatti, non è altro che il punto di attacco della malavita organizzata ad una famiglia che cerca di vivere onestamente con il proprio lavoro. Non è la prima volta che i detenuti del carcere di Ariano Irpino si cimentano in rappresentazioni teatrali. Altre volte si sono addirittura esibiti presso l’Auditorium Comunale, alla presenza del pubblico locale. Merito del direttore Iuliano, del vice La Montagna, degli insegnanti Parente, Schirillo, Lo Conte, Ruggiero e Castagnozzi, dei tanti psicologi, assistenti sociali e collaboratori che hanno reso possibile tutto questo. Per i detenuti quasi l’avverarsi di un sogno. Per gli altri la conferma che si può dare di più, anche se dietro le sbarre.

Immigrazione: con Bossi-Fini 13.645 in carcere nel 2005

 

Agi, 28 giugno 2006

 

La legge Bossi-Fini sull’immigrazione ha finito per appesantire il già pesante numero di detenuti nelle carceri italiane. Il guardasigilli Clemente Mastella ha ricordato nell’audizione alla Commissione Giustizia del Senato che la legge Bossi-Fini sull’immigrazione nel solo 2005 ha portato in carcere 13.645 persone e "per 11.519 - ha precisato - è stata contestata la violazione dell’espulsione quasi sempre come unico reato".

Kenya: assolti i coniugi italiani detenuti per droga dal 2004

 

La Repubblica, 28 giugno 2006

 

Sono rimasti in carcere in Kenya per quasi due anni, Angelo Ricci, 70 anni, e la moglie Estela Feruli, 43 anni, detenuti in condizioni drammatiche con l’accusa di essere trafficanti di cocaina. Oggi i due italiani, marito e moglie, arrestati il 14 dicembre del 2004 a Mombasa, sono stati assolti dalla Corte di Nairobi.

Ricci, di Biccari (Foggia), e la moglie Estela Feruli, di origine calabrese ma nata a Buenos Aires e naturalizzata cittadina italiana nel 1985, risiedono a Malindi, sulla costa keniana, centro turistico molto frequentato dagli italiani, da una dozzina d’anni. Angelo Ricci è in possesso di un regolare permesso di lavoro di tipo H, quello concesso agli imprenditori. E in effetti si occupa di vendita e locazione di proprietà sulla costa.

Attraverso un intermediatore locale, nel settembre del 2004, aveva affittato una proprietà a un gruppo di olandesi. È in questa proprietà che nel dicembre 2004 erano stati trovati 800 chilogrammi di cocaina, e poco lontano altri 400: valore, almeno 70 milioni di euro. Ricci e la moglie, saputo che la polizia stava effettuando un’operazione in quella casa, si presentano spontaneamente alle autorità, per chiarire ogni cosa, e dichiarare la propria completa estraneità.

Gli affittuari si erano nel frattempo dileguati e per i due italiani era iniziato il calvario. Erano stati arrestati, quindi trasferiti a Nairobi con l’accusa di essere partecipi del gigantesco traffico di droga, mentre l’intermediario ed altri keniani erano stati subito rilasciati.

Tra un rinvio e una lungaggine, incredibilmente senza ottenere la liberazione su cauzione - che in Kenya non viene di fatto mai negata - e malgrado le pressioni del Consolato, la coppia è rimasta in carcere fino a oggi. Sullo sfondo, l’ipotesi che dietro il grande traffico ci fossero nomi importanti della politica e dell’economia keniana, e che la carcerazione degli italiani facesse comodo per confondere le acque.

Il magistrato capo di Nairobi, Aggrey Muchelule, ha stabilito che l’accusa non è riuscita a provare le tesi contro i nostri connazionali. "L’accusa non è riuscita a collegare gli accusati alle droghe che sono state trovate in due distinti edifici", ha detto Muchelule nel suo verdetto. L’importante processo, che si è aperto nel gennaio dello scorso anno, è stato contrassegnato dalle polemiche, con accuse di inquinamento delle prove e di coinvolgimento della autorità.

 

 

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