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Rovigo: detenuto 40enne s’impicca nel bagno del carcere
Il Gazzettino, 15 giugno 2006
Lo hanno trovato i compagni di cella impiccato alle sbarre della finestra del bagno della cella. Si è suicidato all’interno del carcere di Rovigo Giuliano Mantovan, il camionista di 40 anni, finito in manette per aver seviziato la convivente nella notte fra venerdì e sabato scorsi. Quella notte di follia e di terrore deve evidentemente aver lasciato tracce nella psiche dell’uomo che nei colloqui con il gip di Rovigo e con lo psicologo del carcere era parso sereno, ma in colpa per le sevizie inferte alla convivente. La tragedia si è consumata nella serata di lunedì scorso. Mantovan dopo aver cenato con i compagni di cella si è recato in bagno. Pochi minuti dopo la macabra scoperta, l’uomo si era impiccato alla finestra del bagno utilizzando come cappio una striscia del lenzuolo della sua branda. Nessuno si era accorto di niente. Il camionista era sottoposto ad un regime di stretta sorveglianza, gli agenti di polizia penitenziaria avevano il compito di monitorarlo costantemente. E così è stato fatto, per questo motivo non sembrano esserci responsabilità per il suicidio. Mantovan era stato rinchiuso in una cella con tre detenuti (un italiano, un marocchino e un cinese) perché non fosse lasciato solo. Era inoltre sottoposto ad una terapia di tranquillanti. Evidentemente l’uomo non ha retto ai sensi di colpa per le sofferenze inferte alla convivente, una donna di 47 anni originaria di Porto Tolle. La follia era scoppiata nella notte fra venerdì e sabato scorsi, Mantovan, pare per motivi di gelosia, dopo aver legato la donna al letto l’aveva seviziata con calci e pugni nella sua casa di Taglio di Po. Poi aveva tentato di suicidarsi prima tagliandosi le vene dei polsi, poi aprendo il rubinetto del gas. Nel frattempo le convivente era riuscita a sfuggire al suo aguzzino lanciandosi dalla finestra del primo piano, quindi trascinatasi alla stazione dei carabinieri aveva lanciato l’allarme. L’uomo poi era stato arrestato con l’accusa di disastro doloso, sequestro di persona e lesioni gravissime.Il personale di polizia penitenziaria del carcere di Rovigo, intanto, ha fatto sapere che tutto quello che si poteva fare per la sicurezza e la tutela di Mantovan è stato fatto. Non mancano però i riferimenti alla perdurante carenza di personale nell’istituto di pena e alla necessità di una revisione dell’intero sistema penitenziario. La Procura comunque ha aperto un fascicolo d’indagine per accertare eventuali negligenze.
Due tentativi di suicidio e una fuga dal cortile
Negli ultimi mesi il carcere di Rovigo è stato teatro di altri due tentativi di suicidio, segnale di un malessere fra i detenuti. Circa un anno fa l’estremo e disperato gesto era stato minacciato da un detenuto che intendeva tagliarsi la gola con una lametta da barba. Gli agenti di polizia penitenziaria, poi erano riusciti a riportarlo alla calma impedendo che il suicidio si verificasse. Sempre un anno fa un secondo episodio di tentato suicidio con un detenuto di origine marocchina che era riuscito a fabbricarsi un cappio con il quale intendeva impiccarsi. Anche in quell’occasione si era rivelato determinante l’intervento degli agenti e del personale sanitario presente all’interno della struttura di via Verdi. Qualche mese fa la casa circondariale rodigina era invece stata il teatro di una spettacolare evasione. Un cittadino di origine slava era, infatti, riuscito ad eludere la sorveglianza, a scavalcare il muro di cinta e a fuggire a bordo di un’automobile rubata. L’uomo poi era stato coinvolto in un incidente automobilistico ed era finito all’ospedale, prima di tornare all’interno di una cella.
Si è fatto ciò che si poteva, ma il personale è carente…
Pentole e tegami sbattuti contro le sbarre per un minuto. In questo modo i detenuti del carcere di Rovigo hanno voluto ricordare Giuliano Mantovan, impiccatosi nella serata di lunedì alla finestra del bagno della sua cella. Ma le reazioni alla tragica vicenda arrivano anche dal sindacato degli agenti di polizia penitenziaria. La Cgil fa infatti sapere, per bocca di Gianpietro Pegoraro, che "tutte le misure di sicurezza erano state adottate, agenti di polizia e operatori medici hanno agito per il meglio e con tutte le cautele del caso. Mantovan era costantemente sorvegliato come prescritto. Era stato visto per l’ultima volta pochi minuti prima del suo suicidio". Ad un primo esame della vicenda, quindi, non sembrano esserci responsabilità da attribuire. Tuttavia la Cgil coglie l’occasione per porre l’accento sulla necessità di una maggiore attenzione al pianeta carcere. Anche perché la struttura di via Verdi risulta in cronico sovraffollamento: oltre cento detenuti a fronte di un limite di tolleranza di 66. "Nel caso specifico - sostiene Pegoraro - è stato fatto tutto quello che si poteva e si doveva. Ribadiamo però l’esigenza di una maggiore sinergia fra carcere e territorio, si tratta anche di un problema sociale. Il mondo delle carceri, e quindi anche quello di Rovigo, soffre di problemi che si trascinano da anni: carenza di personale, necessità di strutture più moderne. Se ad esempio ci fosse più personale medico i rischi che possano succedere episodi come quello di lunedì si ridurrebbero. Il problema dei suicidi nelle carceri italiane è attuale". Inoltre il personale di polizia penitenziaria chiede interventi per migliorare la vita all’interno degli istituti di pena. "Ormai non si può più - insiste Pegoraro - rimandare il confronto sul tema dell’amnistia e dell’indulto. Chiediamo inoltre una revisione della normativa penale, occorre una riformulazione del sistema penitenziario, anche attraverso diverse disposizioni circa pene e reati per cui si deve finire in carcere". L’avvocato di Mantovan era Luca Tecchiati di Taglio di Po. Il legale aveva incontrato il suo assistito durante l’udienza di lunedì pomeriggio. In merito al suicidio per il momento non intende rilasciare alcuna dichiarazione. Amnistia: otto iniziative legislative, tra Camera e Senato
Adnkronos, 15 giugno 2006
Sono otto, tra Camera e Senato, le iniziative legislative per la concessione dell’amnistia: sei a Montecitorio, di cui tre firmate dal Verde Marco Boato, e due a palazzo Madama, di cui una presentata dal presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. Delle otto proposte, due vertono sulla modifica del primo comma dell’articolo 79 della Costituzione: l’obiettivo è quello di ridurre il quorum per l’approvazione dei provvedimenti di clemenza, passando da una maggioranza qualificata, i due terzi dei componenti di ciascuna Camera, ad una maggioranza assoluta. Le proposte di legge per la concessione dell’amnistia, due a firma di Marco Boato, una presentata dal deputato di Alleanza nazionale Giuseppe Consolo, ed una quarta sottoscritta dagli esponenti della Rosa nel pugno, tra i quali anche il ministro per gli Affari europei Emma Bonino, muovono tutte dalla considerazione che la situazione carceraria del nostro Paese sia "disastrosa" e che l’approvazione da parte del Parlamento di un provvedimento di clemenza, peraltro auspicato da Papa Giovanni Paolo II nella sua storica visita a Montecitorio nel 2002, possa contribuire a rendere meno emergenziale la gestione dell’universo carcerario italiano. L’ipotesi avanzata nelle quattro proposte di legge, tutte depositate alla Camera, è quella di un’amnistia per i reati commessi entro il 31 dicembre del 2005, e che comportino una pena detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni, e di un indulto per reati fino a tre anni. Si tratta, in sostanza, di reati come minaccia a pubblico ufficiale, falsa testimonianza (su un reato per il quale può essere concessa l’amnistia), rissa (se non vi sono lesioni personali gravi o gravissime), violazione di domicilio (se non vi è stata violenza sulle persone), furto aggravato (se ricorrono le circostanze attenuanti), truffa (se non vi sono aggravanti), ricettazione, reati commessi da minori quando il giudice ritiene possa essere concesso il perdono giudiziale. Per i reati più gravi, nessuna delle proposte di legge prevede la concessione di amnistia o indulto, a cominciare, ovviamente, dai reati di mafia. Le proposte di legge costituzionale presentate da Boato e Consolo tendono in qualche modo a restituire sostanza ai provvedimenti di amnistia e indulto, proprio percorrendo la strada di un meccanismo che renda più semplice l’approvazione dei provvedimenti di clemenza da parte delle aule parlamentari. Dal 1992 ad oggi, sottolinea Boato, il Parlamento "non ha voluto o non ha potuto scrivere una pagina innovativa" su questo tema. Il quorum dei due terzi, introdotto proprio nel ‘92, aveva avuto come conseguenza da un lato la diminuzione, drastica, del numero di provvedimenti di clemenza, "obiettivamente troppo frequenti nella fase precedente della storia repubblicana", ma, dall’altro, "la cancellazione, di fatto, dal nostro ordinamento giuridico, degli istituti di amnistia e di indulto". Analogo il ragionamento di Consolo: "gli istituti dell’amnistia e dell’indulto - spiega il parlamentare di An - si sono progressivamente svuotati di significato per l’estrema difficoltà di raggiungere l’altissimo quorum richiesto. E c’è il rischio che si vada verso un’abrogazione taciuta di tali istituti che, non può essere dimenticato, sono stati fortemente voluti dall’Assemblea Costituente, massima espressione democratica della Repubblica alla sua nascita". La duplice proposta, dunque, si prefigge come obiettivo quello di modificare il solo primo comma dell’articolo 79 della Carta costituzionale, prevedendo che le leggi di clemenza siano approvate a maggioranza assoluta dei componenti di Camera e Senato nella votazione finale ed escludendo la previsione di una maggioranza qualificata per l’approvazione di ciascun articolo. Una riforma che non interviene né sulla nozione giuridica né sulla funzione dei due istituti, ma solamente sul quorum deliberativo della legge. La Rosa nel pugno, nel presentare la sua proposta, punta sulla drammaticità della situazione carceraria italiana: 60.000 detenuti, "un record nella storia repubblicana", in celle "che potrebbero ospitarne a malapena 42.000". Un’emergenza che secondo gli esponenti radical-socialisti trae origine soprattutto dalla lentezza della macchina giudiziaria: secondo i dati dell’amministrazione della giustizia, sottolinea la Rosa nel pugno, risultano pendenti quasi 10 milioni di processi, di cui circa 4 milioni civili e 6 milioni penali. Tra la data del delitto e quella della sentenza, rileva Rnp, la durata media è di 35 mesi per il primo grado del processo e di 65 mesi per l’appello. Tempi di attesa ancor più lunghi sul fronte della giustizia civile. "Occorre varare la più straordinaria, forte, ampia, decisa e rapida delle amnistie che la Repubblica italiana abbia conosciuto dalla sua nascita, per ridurre immediatamente almeno di un terzo il carico processuale dell’amministrazione della giustizia", dicono il primo firmatario Enrico Buemi e i suoi colleghi di partito. Un capitolo a parte merita il disegno di legge presentato a palazzo Madama dal presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. Il titolo del provvedimento depositato dal senatore a vita potrebbe far pensare ad una provocazione: "Concessione di amnistia per i reati di spionaggio, di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, commessi contro lo Stato italiano e gli Stati alleati e associati". "Vasta e penetrante - scrive l’ex capo dello Stato nella premessa all’articolato - è stata l’azione di informativa e contro informativa condotta contro l’Italia e, in Italia, contro Stati anche alleati ed associati dai servizi speciali dei Paesi del disciolto Patto di Varsavia o di altri Paesi a regime comunista". "La fine della guerra fredda, lo scioglimento del Patto di Varsavia e del Consiglio di mutua assistenza economica (Comecon), la dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche e la normalizzazione della vita politica interna italiana, richiedono - prosegue Cossiga - che si chiuda definitivamente un capitolo doloroso della storia europea ed italiana". Amnistia, quindi, per i reati commessi entro il 31 dicembre del 1994 "commessi da agenti, anche italiani, dell’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche e degli altri Stati del Patto di Varsavia, nonché della Repubblica popolare di Cina, della Repubblica del Vietnam e della Repubblica della Corea del Nord". Un’amnistia che, tuttavia, sottolinea il senatore a vita, "non impedisce l’accertamento dei fatti che costituiscono reato a soli fini di informazione" da parte del Sismi e del Sisde. Una provocazione? "L’amnistia - dice Cossiga - o ha carattere generale, o non è". Il senatore a vita è convinto che alla sua iniziativa si opporranno "l’Italia dei valori e una parte di Forza Italia per principio", ma anche "una parte della sinistra, perché, sbagliando, ritiene che la sua legittimità democratica sia dovuta alla sua lotta contro il terrorismo e perché teme che un provvedimento di amnistia vada a salvare persone come Mambro o Fioravanti, nonché Berlusconi e i suoi". E Cossiga sottolinea di aver scritto al nuovo ministro Guardasigilli Mastella: "per capire - spiega - se da un provvedimento di clemenza verrebbero esclusi gli eversori di destra, ma anche Berlusconi, i figli di Berlusconi, i cugini di Berlusconi, gli avvocati di Berlusconi, i dirigenti delle aziende di Berlusconi, i consulenti di Berlusconi...". Amnistia: Uil penitenziari a Mastella; siamo favorevoli
Ansa, 15 giugno 2006
La Uil-Penitenziari, guidata dal segretario Eugenio Sarno, ha incontrato informalmente il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, e ha espresso parere favorevole a un provvedimento di amnistia "Abbiamo avuto modo di sottolineare al ministro - dichiara Sarno in una nota del sindacato - la nostra condivisione rispetto alla volontà di legiferare un provvedimento di clemenza per i detenuti. Un atto che si rende necessario considerato l’attuale, e insostenibile, sovrappopolamento degli istituti di pena". A condizione che "non si creino, però, false aspettative che potrebbero contribuire a far salire la tensione interna, già a livelli di guardia". "Abbiamo chiesto al Ministro - continua Sarno - una particolare attenzione anche verso chi opera negli istituti penitenziari e rilevato come la grave deficienza organica del Corpo di Polizia Penitenziaria amplifichi i rischi per l’intera sicurezza pubblica. L’ennesima evasione perpetrata l’altro giorno a Perugia è sintomatica della difficoltà di organizzare servizi che coprano almeno i livelli minimi di sicurezza. La coperta oramai è troppo corta". "Resta prioritaria - prosegue il comunicato - una iniziativa politica per recuperare immediatamente i 550 ausiliari della polizia penitenziaria che il Governo Berlusconi ha lasciato a terra. Nel corso degli ultimi quattro anni diverse strutture penitenziarie sono state aperte senza alcuna integrazione degli organici. La prossima settimana si inaugurerà anche il nuovo istituto di Laureana di Borrello (RC) senza alcun intervento sugli organici". Infine - conclude Sarno - "è oltremodo doveroso non dimenticare la giustizia minorile che rischia di essere il parente povero del sistema. Estensione della legge Meduri ai direttori dei minorili e una nuova, più efficiente, organizzazione le priorità che abbiamo segnalato". Amnistia: La Russa (An); prima indagine su sicurezza cittadini
Agi, 15 giugno 2006
"Prima di avviare la discussione su un’eventuale proposta di legge in materia di amnistia, occorre un’indagine parlamentare approfondita sulla sicurezza dei cittadini italiani". È quanto dichiara Ignazio La Russa, presidente dei deputati di Alleanza Nazionale. "Senza prima avere la consapevolezza del reale livello di tutela che le istituzioni offrono al cittadino non si può neanche prendere in considerazione l’ipotesi di un provvedimento di clemenza". Amnistia: Bertinotti, la Camera ne può discutere già a luglio
Ansa, 15 giugno 2006
Sull’amnistia "ritengo che sarebbe giusto e possibile iscrivere il tema nel programma dei lavori della Camera di luglio. Questa è una risposta che ho già dato ad una sollecitazione in una riunione di capigruppo e rimane una mia opinione personale", ha detto il presidente della Camera Fausto Bertinotti rispondendo ad una domanda dei giornalisti relativa allo sciopero intrapreso da Marco Pannella e da altri a sostegno del provvedimento e per l’assegnazione di otto senatori alla Rosa nel pugno. "Toccherà alle sedi istituzionalmente preposte definire il calendario ed il programma per giugno e per luglio ed in quella sede si prenderanno le decisioni", ha aggiunto Bertinotti. In relazione alla richiesta concernente gli otto senatori il presidente della Camera ha risposto che "per il mio ruolo è d’obbligo un atto di preliminare rispetto dell’autonomia dell’altro ramo del Parlamento. Nella condizione in cui sono mi pare assolutamente d’obbligo". Bertinotti è al Parlamento europeo, del quale ha fatto parte sino a qualche mese fa, per un incontro con il presidente Josep Borrell e con i componenti del gruppo della Sinistra unitaria. Il viaggio a Strasburgo è il primo all’estero dopo l’elezione a presidente dell’assemblea di Montecitorio. Giustizia: Papa interverrà su condizione detenuti nel mondo
Vita, 15 giugno 2006
"Con il Santo Padre", ha detto oggi il cardinale Martino, "stiamo pensando di fare qualcosa rispetto alla situazione delle carceri in tutto il mondo". Il Papa sta studiando le modalità per un intervento sulla condizione dei detenuti nelle carceri di tutto il mondo. È quanto ha detto questa mattina il cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, al termine della conferenza stampa con la quale è stata presentata la Coalizione internazionale sulla detenzione dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo. "I diritti umani non sono rispettati nelle carceri di tutto il mondo e proprio per questo, d’accordo con il Santo Padre - ha detto il cardinale Martino - stiamo pensando di fare qualcosa rispetto alla situazione delle carceri in tutto il mondo". "Stiamo studiando - ha aggiunto - la maniera in cui concretizzare questa iniziativa, già il Papa parlò di questo problema durante le sua vacanze in Valle d’Aosta e appunto in merito alla questione delle carceri stiamo studiando ciò che possiamo fare. Speriamo -ha concluso il cardinale- di poter al più presto arrivare a una conclusione". Giustizia: domani l’Osservatorio di "Antigone" visita 40 carceri
www.temigiustizia.it, 15 giugno 2006
Il 16 giugno 2006 riparte l’attività dell’Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione e sull’esecuzione penale dell’Associazione Antigone. L’attività dell’Osservatorio giunge così alla sua quarta edizione. Verranno organizzate nuove visite in tutti gli istituti di pena presenti sul territorio nazionale. Gli osservatori, con un’autorizzazione ministeriale, potranno entrare nei singoli istituti per osservare le condizioni di detenzione, raccogliere dati sulla popolazione presente, visitare le sezioni, le celle, gli spazi aperti e raccogliere altri dati che verranno poi elaborati e successivamente pubblicati in un volume. Verrà, inoltre, pubblicato sul sito dell’Associazione (www.associazioneantigone.it) un Rapporto on line che si compone di schede redatte per ogni singolo istituto, continuamente aggiornate dal lavoro di osservazione. L’Osservatorio, frutto di un’attività collettiva che ha visto impegnate negli anni oltre cento persone, ha come filosofia di fondo il fatto che nessun luogo pubblico debba mai rimanere oscuro, e tanto meno il carcere, nella consapevolezza che, aprendo il carcere alla società e la società al carcere, tutti possano farsi garanti dei diritti dei detenuti. Solo nella giornata del 16 giugno saranno visitate oltre quaranta carceri, con un occhio particolare rivolto alle condizioni di vita nelle celle sovraffollate. I risultati del monitoraggio saranno illustrati martedì 20 giugno alle 13 presso la sala stampa della Camera, alla presenza di parlamentari delle commissioni giustizia di Camera e Senato. Palermo: minori, nuove opportunità di inserimento sociale
Redattore sociale, 15 giugno 2006
Il progetto è stato realizzato con l’obiettivo primario di offrire opportunità di inserimento sociale a tutti i giovani presi in carico dalla giustizia minorile o a rischio di coinvolgimento in attività criminose, attraverso l’attivazione di laboratori multimediali e di comunicazione che hanno consentito ai ragazzi selezionati, di utilizzare le nuove tecnologie informatiche, di apprendere nuovi linguaggi e nuovi approcci di comunicazione. L’area d’intervento ha riguardato le regioni del Mezzogiorno d’Italia, classificate dalla Comunità Europea nell’Obiettivo 1: Sicilia, Sardegna, Basilicata, Puglia, Campania e Calabria. "È stato un progetto vissuto con il cuore ma condotto con la testa. Ci siamo resi conto che il progetto non poteva essere realizzato da soli ma che occorreva creare una squadra che coinvolgesse diverse regioni", ha affermato Francesco Di Giovanni. Il progetto ha interessato la creazione di 29 laboratori, rispettivamente: 2 in Basilicata, 4 in Calabria, 7 in Campania, 5 in Puglia, 3 in Sardegna e 8 in Sicilia. I ragazzi coinvolti sono stati 260, in età compresa tra 15 e 21 anni. Dei giovani, il 27.30% sono state donne mentre il 72,70% uomini. L’87,87% di questi giovani ha accusato difficoltà relazionali mentre il 76,19% è in stato di disoccupazione. Per quanto riguarda il titolo di studio, si sono avuti il 31,20% con la licenza elementare , il 65,20% con la licenza media e solo il 3,60% senza titolo. L’esperienza più significativa del progetto è stata quella di avere creato il portale "www.iammonline.it" un luogo di interscambio comunicativo ed esperienziale dei giovani inseriti nel Progetto ISIS. Inoltre, 146 sono stati, complessivamente, gli operatori coinvolti nel progetto. La rete ISIS ha attivato iniziative di sensibilizzazione e scambio, anche, con le scuole, 86 sono state quelle della Campania, 42 della Sicilia e 8 della Calabria. "ISIS" è stato finanziato nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (PON) "Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia 2000-2006", promosso dal Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Ha avuto la durata di 18 mesi ed ha ricevuto il premio P.A. Aperta 2005: premio alle migliori azioni per rendere accessibili le amministrazioni e i servizi ai disabili e alle fasce deboli. "Il PON rappresenta un investimento a largo raggio per portare il Sud a uno sviluppo pari a quello di altre regioni italiane e di altri paesi europei", ha detto il vice-prefetto Emilia Zarrilli. I risultati del progetto sono stati presentati oggi nell’ambito del convegno nazionale "ISIS tanti cortili per una piazza grande" presso l’aula Baviera del Centro per la Giustizia Minorile per la Sicilia Complesso Malaspina di Palermo. Al convegno hanno partecipato la dott.ssa Daniela Melchiorre, sottosegretario di Stato alla giustizia, il Dott.Rosario Priore, Capo del dipartimento giustizia Minorile, la dott.ssa Emilia Zarrilli, viceprefetto, Dipartimento Pubblica sicurezza-PON "Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia" Misura II.3 "Risorse Umane per la diffusione della legalità", la dott.ssa Serenella Pesarin, direttore generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari del Dipartimento Giustizia Minorile e Francesco Di Giovanni, coordinatore del Progetto ISIS. "Bisogna dare senso e significato alle nostre progettualità. Occorre muoversi per costruire per tutti i giovani sistemi di giustizia sociale che siano la premessa della legalità. Il progetto ISIS è un esempio di come si può costruire la solidarietà attraverso il coordinamento di tutte le forze", ha detto Serenella Pesarin. Il convegno ha voluto offrire, sia ai servizi della giustizia minorile che ai servizi pubblici e privati che promuovono e sostengono iniziative di inserimento sociale e lavorativo a favore dei giovani a rischio di emarginazione sociale, l’occasione per riflettere sulla sperimentazione attuata dal Dipartimento Giustizia Minorile- direzione Generale per gli Interventi di giustizia Minorile e attuazione dei provvedimenti giudiziari in collaborazione con l’associazione Inventare Insieme (Onlus) e con altri enti del privato sociale. Perugia: evasione detenuto; Cisl chiede dimissioni direttrice
Il Messaggero, 15 giugno 2006
Nei cinque mesi e mezzo di reclusione non ha ricevuto visite né, apparentemente, ha mantenuto contatti con l’esterno. Ma l’evasione di Ilir Paja, 33 anni, albanese accusato di aver ucciso un connazionale a Duisberg, in Germania, potrebbe essere il frutto di una triangolazione che, sfruttando magari un altro detenuto, lo abbia messo in contatto con un complice esterno. È questa una delle ipotesi sulle quali stanno lavorando gli investigatori, coordinati dal sostituto procuratore, Andrea Claudiani, impegnati a ricostruire le ultime ore prima della clamorosa fuga. L’idea è che Paja abbia sfruttato un connazionale recluso a Capanne per tenere, attraverso i colloqui, contatti con un "gancio" esterno. Così sarebbe stata architettata l’evasione che prevedeva un complice ad attenderlo in qualche zona nei dintorni della casa circondariale. Qualcuno che gli avrebbe fornito protezione e copertura magari per allontanarsi addirittura dall’Italia. Ed è anche in questa direzione che si sta movendo il cosiddetto "lavoro di intelligence" della polizia che ha ormai interrotto le ricerche all’esterno del carcere. Ma oltre a un caso penitenziario, l’evasione di Paja è diventato anche un caso sindacale. Dopo l’intervento del Sappe, il sindacato di categoria, fortemente critico nei confronti delle carenze del supercarcere (a cominciare dal mancato funzionamento del sistema di allarme sul muro di cinta perché non collaudato) ieri è stato il sindacato dei lavoratori pubblici della Cisl (Fps), a prendere posizione sull’episodio. E lo ha fatto, scrivendo nomi e cognomi dei responsabili (in primo luogo la direttrice del carcere), in una lettera inviata al ministro Mastella, al capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Tinebra, al direttore del personale dello stesso dipartimento, Sparacia, ed ai due sostituti procuratori incaricati delle indagini, Claudiani e Razzi. Secondo la Fps Cisl regionale l’evasione di domenica scorsa è il risultato di carenze gestionali organizzative del carcere più che di mancanze istituzionali centrali. "Già nel 2004 - spiega Rodolfo La Sala, segretario regionale Fps Cisl - in una lettera inviata ai più alti livelli istituzionali avevamo previsto l’attuale, ulteriore precipitare della situazione, esprimendo dubbi e perplessità sull’idoneità gestionale del carcere di Perugia. Ed ora come allora non si tratta di un atteggiamento preconcetto o personalistico nei confronti della dottoressa Di Mario, ma solo l’evidenziazione di una serie di fatti storici". Il sindacato parla quindi "di quattro evasioni (con due detenuti ancora latitanti), di alcuni suicidi "inquietanti" e di un’ispezione amministrativa a seguito del decesso di un detenuto, registrati durante l’attuale gestione". Da qui la richiesta esplicita di sostituire l’attuale direttrice, "preponendovi - aggiunge la Fps Cisl - un dirigente in grado di esercitare tale ruolo nel rispetto di criteri di efficienza, efficacia ed economicità". "Reputiamo sterile e fuorviante - conclude La Sala - lamentare carenze strutturali o di organico (in presenza di 250 agenti di polizia penitenziaria a fronte di 270 detenuti): la gestione e l’organizzazione di un carcere sono aspetti riconducibili alla professionalità ed alla res Lazio: dal Consiglio Regionale una mozione per l’amnistia
Asca, 15 giugno 2006
Il consiglio regionale del Lazio ha approvato in seduta odierna una mozione mediante la quale si impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale a farsi promotori di un’iniziativa politica nei confronti del Governo nazionale per l’approvazione di un provvedimento di clemenza nei confronti dei detenuti. Un provvedimento di amnistia - recita la mozione - rappresenterebbe non solo un atto di civiltà ma anche una forte spinta per una giustizia più giusta e più veloce. "Si tratta di un segnale politico importante - dichiara Luigi Nieri, assessore al bilancio, programmazione economico-finanziaria e partecipazione della Regione Lazio - Con questa mozione il Consiglio mostra grande attenzione e sensibilità per le condizioni della popolazione detenuta. Un atto che vuole essere un contributo positivo alla riflessione avviata dal Ministro della Giustizia. Nella nostra Regione come in tutto il paese le carceri sono sovraffollate e spesso prive di servizi di assistenza fondamentali - continua Nieri - Si tratta di una vera e propria emergenza sociale che va affrontata con tempestività". "A breve - aggiunge l’assessore - riapriremo il confronto sulla proposta di legge che prevede alcuni interventi a sostegno dei diritti della popolazione detenuta della regione Lazio. Con questa proposta si vuole dare un inquadramento sistematico agli interventi della Regione in materia penitenziaria soprattutto in ambito sanitario ed educativo. Venerdì prossimo inoltre - conclude Nieri - andrò in visita alla casa di reclusione di Rebibbia per incontrare i detenuti in sciopero e ascoltare le loro motivazioni". Sanremo: un camper carico di libri regalati per il carcere
Corriere Adriatico, 15 giugno 2006
Al carcere di San Remo è arrivato un camper carico di libri. È successo il 24 aprile scorso quando, Sergio Vespignani, incaricato della Biblioteca Zucchini di Faenza, alla guida di un camper, si è presentato davanti ai cancelli della Casa circondariale di San Remo per consegnare un carico di circa mille libri di narrativa da destinare alla biblioteca del carcere. I libri erano tutti arrivati in dono da lettori e amici della Biblioteca Zucchini. Ma da chi era partita la iniziativa? Nientemeno che dalle monache di clausura dell’Ara Crucis di Faenza. "Le vie del Signore per il carcere sono veramente infinite!", ha esclamato qualcuno. E questa volta hanno aperto anche le porte del carcere.Ricevuto dal cappellano del carcere, padre Federico, Sergio Vespignani, aiutato da alcuni graduati della polizia penitenziaria, ha scaricato le trenta e più scatole di libri. Da tutti è stato espresso un vivo ringraziamento per un simile gesto di solidarietà, auspicando che per il futuro si possano rinnovare e consolidare questi rapporti di collaborazione tra l’amministrazione penitenziaria e la Biblioteca (ma non solo la Zucchini). Tutto questo è stato l’atto conclusivo di una iniziativa partita nel Natale scorso dal Monastero dell’Ara Crucis di Faenza che già da tempo intrattiene relazioni con il cappellano e col capo educatore del carcere di San Remo. La Biblioteca Zucchini ha risposto subito all’appello delle monache, mettendo a disposizione una parte di libri "doppi" di cui era in possesso, lanciando tramite internet e alcuni comunicati stampa un pubblico appello per raccogliere adesioni e partecipazioni a questa campagna di solidarietà a favore di un mondo difficile come quello carcerario. La risposta di tanti faentini è stata immediata e generosa, ed ha consentito di raccogliere circa un migliaio di volumi, tutti in buon stato di conservazione (alcuni addirittura comprati ex novo dai donatori). Sono stati così superati gli obiettivi previsti. Pistoia: teatro in carcere con il progetto "Concatenazioni"
Redattore sociale, 15 giugno 2006
Favorire "concatenazioni": parte lunedì 19 giugno a Pistoia una due giorni di attività e dibattiti sul tema "culture e carcere". Il progetto "ConCatenAzioni", promosso dall’assessorato alla cultura della Provincia di Pistoia e dalla Casa circondariale cittadina - in collaborazione con il Comune di Pistoia e la Compagnia Teatro Popolare d’Arte - è inserito in "VariAzioni", programma di iniziative coordinato dalla Provincia. Per due giorni dunque - 19-20 giugno - al "Mèlos - Lo spazio delle musiche" (a Pistoia, in via dei Macelli) si parlerà di linguaggi culturali e di carcere per conoscere meglio una realtà difficile anche attraverso progetti culturali di ampio respiro - biblioteche, teatro, informazione e giornalismo, filosofia, cinema - realizzati per e con i detenuti di molte carceri del nostro paese. L’idea di un progetto articolato si è sviluppata intorno all’attività della Compagnia Teatro Popolare d’Arte che, sotto la guida del regista Gianfranco Pedullà (impegnato dal 1992 anche nella Casa Circondariale di Arezzo) ha iniziato a lavorare, dal novembre 2005, con i detenuti della Casa Circondariale di Pistoia coinvolgendoli in un’interessante esperienza di laboratorio teatrale. È nata da qui l’idea, portata avanti insieme all’assessorato alla cultura della provincia, di creare all’interno del carcere un apposito spazio teatrale, che potesse accogliere le varie attività laboratoriali e di spettacolo realizzate all’interno, ma anche ospitare gruppi musicali o teatrali dall’esterno. Una parte della palestra del carcere è stata dunque attrezzata, grazie ai fondi del Ministero della Giustizia integrati con quelli della Provincia e della Regione Toscana (Progetto Porto Franco), con palco, quinte, fonica, luci e schermo per proiezioni; una struttura modulare che si è andata connotando come un vero e proprio spazio teatrale. "Per troppo tempo il carcere è stato considerato come pattumiera sociale in cui si agitano tensioni di difficile soluzione - ha detto il Direttore della Casa Circondariale di Pistoia, Silvano Fausto Casarano - credo siano maturi i tempi perché il "pianeta carcere" si possa riscattare da una definizione semplicistica". Il programma delle iniziative, disponibile sul portale della provincia di Pistoia, prevede tra le varie cose proiezioni di film in collaborazione con il Festival dei Popoli di Firenze, la presentazione, con l’associazione Pantagruel di Firenze, del libro reportage sull’universo carcerario italiano "Sembrano proprio come noi" di Daniela De Robert, confronti, a livello nazionale, tra operatori, giornalisti, persone a contatto con la realtà del carcere. Sarà rappresentato anche, in data ancora da stabilirsi, "La terra vista dalla luna" di Pier Paolo Pasolini con la regia di Gianfranco Pedullà, realizzato dagli stessi detenuti di Pistoia. Avezzano: 1 milione e mezzo di euro per ristrutturare il carcere
Prima da Noi, 15 giugno 2006
Un tavolo di lavoro congiunto tra Ministero e sindaco per un rapido svolgimento degli interventi. È questa la risposta all’interpellanza dell’onorevole Rodolfo De Laurentiis, indirizzata al Ministro della Giustizia e che è stata discussa questa mattina in Parlamento. Il deputato marsicano ha chiesto delucidazione sulle date di inizio e termine lavori, nonché su quella di riapertura dell’istituto carcerario. Nell’interpellanza ha chiesto, inoltre, che i lavori di ristrutturazione del carcere avvengano "in costanza d’esercizio, cioè senza penalizzare i lavoratori e i detenuti dell’importante struttura della Marsica, ipotizzando anche l’apertura di almeno un’ala dell’edificio". Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Luigi Scotti, ha risposto sottolineando che "i lavori di ristrutturazione dell’istituto di Avezzano sono stati inseriti nel programma edilizio del corrente esercizio finanziario con relativo finanziamento pari a un milione e 500mila euro. In conseguenza di ciò", ha aggiunto, "si sta provvedendo all’elaborazione del progetto preliminare per i lavori di adeguamento che sarà corredato dalle opportune verifiche di legge". Dopo una serie di incontri preliminari promossi da De Laurentiis tra Comune e Ministero, è stato istituito un tavolo di lavoro per l’iter della ristrutturazione. "Al fine di garantire un rapido svolgimento dei lavori", ha aggiunto il sottosegretario Scotti, "verrà istituito in data 20 giugno un tavolo di lavoro congiunto con il sindaco del Comune di Avezzano per la valutazione dei contributi di carattere tecnico ed economico che l’amministrazione comunale locale intenderà mettere a disposizione". Fino ad oggi non vi era stato nessun dato oggettivo che fugasse ogni dubbio circa l’eventuale chiusura definitiva della casa circondariale di Avezzano o circa l’assegnazione di fondi. Per quando riguarda i lavori in costanza di esercizio, invece, secondo il ministero comporterebbero problemi di carattere economico e di sicurezza. "Mi auguro che l’incertezza dei tempi", ha replicato in parlamento l’onorevole De Laurentiis, "sia circoscritta e che i lavori si concludano nel più breve tempo possibile in modo da alleviare le difficoltà, le criticità e le problematicità che la chiusura provvisoria ha determinato. Noi saremo attenti e vigili", ha concluso De Laurentiis, "e, soprattutto, tra un po’ di tempo torneremo a chiedere scadenze e modalità certe". Ferrara: porte aperte alla città, i detenuti vanno in scena
Il Resto del Carlino, 15 giugno 2006
Diretti da Horacio Czertok rappresentano Aspettando Godot, di Beckett. Così Maria Giovanna Cuccuru, assessore alla Salute, annuncia la rappresentazione teatrale in programma domani mattina alla Casa Circondariale. Una compagnia teatrale composta da dieci detenuti, sotto la regia del leader di Teatro Nucleo Horacio Czertok, metterà in scena Aspettando Godot di Samuel Beckett per un pubblico di specialisti del settore e rappresentanti delle istituzioni. Tra gli altri, saranno presenti la stessa Cuccuru, il direttore del carcere Francesco Cacciola e i professori universitari Claudio Meldolesi e Mariangela Tempera, che nel pomeriggio daranno vita a un incontro pubblico alla Biblioteca Ariostea sul tema del rapporto tra teatro e detenzione, durante il quale sarà proiettata per il pubblico una parte dello spettacolo. L’iniziativa è frutto di una collaborazione cominciata più di un anno fa tra l’assessorato alla Salute del Comune di Ferrara, la Casa Circondariale, il Centro Servizi per il Volontariato di Ferrara e Teatro Nucleo. "L’utilizzo del teatro è un mezzo per dare visibilità ai progetti realizzati - dice Cuccuru - e per mostrare i frutti del lavoro svolto con i detenuti. Dare visibilità a iniziative come questa modifica l’approccio nei confronti dei detenuti e aumenta la consapevolezza che il carcere non è una cosa diversa dalla città, ma una struttura che sta dentro la città". "Meravigliato" il direttore della Casa circondariale, Francesco Cacciola, "per i progressi fatti dai soggetti coinvolti, che sono aiutati a migliorarsi grazie al progetto", Horacio Czertok spiega che "il testo mette in scena l’attesa nella continuità dei giorni: un tema che sul palcoscenico crea l’assurdo, ma che è concreto per coloro che lo rappresentano". Bolzano: attestati a conclusione anno formativo in carcere
Provincia di Bolzano, 15 giugno 2006
Si è concluso oggi (giovedì 15) nella casa circondariale di Bolzano il percorso formativo 2005/2006 per circa 60 detenuti, promosso in collaborazione con la Provincia. Ai partecipanti ai corsi sono stati consegnati gli attestati di qualifica di commis di cucina, di preparazione all’esame di III media (150 ore), di italiano per stranieri, di tedesco per principianti e di preparazione al patentino, di scrittura creativa, di teatro e di informatica. Alla presenza delle autorità provinciali della scuola e della formazione professionale, del sindaco di Bolzano Spagnolli e degli enti che collaborano all’attività educativa all’interno del carcere di Bolzano, si è svolta oggi la cerimonia di chiusura dell’anno scolastico e formativo 2005/2006. La direttrice della casa circondariale Anna Rita Nuzzaci, insieme a Franca Berti, responsabile della scuola Dante Alighieri per il coordinamento delle iniziative scolastiche nel carcere, hanno fatto un bilancio dell’anno presentando tra l’altro il numero zero di una rivista fatta dai detenuti attraverso un corso di scrittura creativa. È stata presentata anche una brochure contenente ricette culinarie, arricchite di splendide immagini a colori, elaborate dagli allievi del corso di cucina svolto in collaborazione con la formazione professionale alberghiera di Merano. I detenuti hanno realizzato con l’occasione una piece teatrale, scritta da loro e recitata con molta ironia, grande partecipazione e capacità espressiva. A fine anno formativo sono stati consegnati gli attestati di qualifica di commis di cucina, quelli di preparazione all’esame di terza media (150 ore), quelli di italiano per stranieri, di tedesco per principianti e di preparazione al patentino, di scrittura creativa, di teatro e di informatica. Complessivamente sono stati circa 60 i detenuti coinvolti nelle attività di educazione permanente, sostenute dall’Assessorato provinciale alla cultura, di recupero dell’obbligo scolastico organizzate dalla Sovrintendenza scolastica, di informatica di base finanziate dal Fondo Sociale Europeo e di formazione professionale curate dal servizio della Provincia. La festa si è tenuta nella cappella del carcere, unico spazio di un certo respiro all’interno della struttura per molti aspetti obsoleta e soprattutto, come è stato ribadito negli interventi dei presenti, carente di spazi formativi adeguati. Lamezia: "Ponti di libertà", giornale nato tra studenti e detenuti
Gazzetta del Sud, 15 giugno 2006
Un ponte di libertà ideale era quello che i ragazzi della scuola media "Francesco Fiorentino" avevano voluto costruire dando vita ad un progetto di collaborazione didattico-educativo con la casa circondariale della città. Ed è stato così che nel corso dell’anno scolastico, proprio grazie all’impegno dei ragazzi, dei detenuti e dei docenti si è concretizzata un’idea attraverso il giornalino scolastico, "Ponti di libertà", redatto dal professore Emilio Sereno, che ha permesso un rapporto epistolare molto intenso. Concluso l’anno scolastico, però, i ragazzi non hanno voluto che questa loro interessante esperienza morisse con la chiusura della scuola. Così, accompagnati oltre che dai loro genitori anche dai docenti Teresa Ferrise, Concettina La Mantia e don Pino Latelli, hanno fatto visita ai detenuti. Ad accoglierli hanno trovato, insieme all’educatrice del carcere, Maria Francesca Branca, anche il comandante Vincenzo Trovato, l’ispettore Giacinto Longo, la polizia penitenziaria. Quello dell’incontro è stato un momento commovente. Da un lato gli occhi dei ragazzi che hanno avuto modo di conoscere i volti di chi, durante l’anno, ha scritto insieme a loro un pezzo di storia vissuta, dall’altro i detenuti che non hanno nascosto la loro commozione. Accompagnati nell’aula dei colloqui, i giovani studenti hanno trovato i detenuti ai quali hanno rivolto molte domande ricevendo risposte date con sincerità "parlando con il cuore in mano della loro triste esperienza di vita". È toccato all’educatrice del carcere, poi, illustrare sinteticamente ai ragazzi la vita carceraria, soffermandosi sulla "necessità della società ad accettare senza pregiudizi il detenuto che un domani uscirà dal carcere". Quindi, è stata la volta della professoressa Ferrise che, nel ringraziare il personale e i detenuti "per l’opportunità offerta in riferimento alla tematica svolta a scuola sulla educazione alla legalità", ha sottolineato "l’importanza e la valenza educativa per aver avuto l’opportunità di ascoltare direttamente l’esperienza vissuta, anche se sbagliata, raccontata dagli stessi detenuti in quanto incide profondamente sui ragazzi che ne recepiscono interamente il messaggio". Sulla stessa lunghezza d’onda la professoressa La Mantia che ha definito l’incontro "emozionante" affermando di essersi "arricchita di un’esperienza nuova, forte e coinvolgente". Particolarmente colpita, la rappresentanza dei genitori che ha apprezzato l’iniziativa auspicando "che il "ponte epistolare" possa continuare anche per il futuro". Nelle parole di don Pino, comunque, l’emozione e la validità della storia: "Osservando la tristezza dei volti dei giovani detenuti e guardando la sofferenza dei loro occhi - ha raccontato - li ho esortati a non disperare per il futuro coscienti e consapevoli che come nel carcere c’è una équipe educativa capace di aiutarli e di favorire il loro pieno recupero sociale, così "oltre le sbarre" si trovano persone altrettanto capaci di dar loro accoglienza, fiducia e solidarietà". Ecco perché li ha invitati "a continuare a scrivere e divulgare il giornalino "Ponti di libertà" redatto da loro stessi essendo uno strumento educativo ed utile ad altre persone che leggendo la loro esperienza, non commetteranno gli stessi errori". Prima di salutarli, infine, li ha esortati a "sognare", pur nella condizione di reclusi, in quanto "nessuno potrà incatenare la libertà del pensiero". Prima di andar via i ragazzi della "Fiorentino" hanno visitato la scuola del carcere e il dirigente scolastico, Rita Paone, ha manifestare l’entusiasmo "per il fruttuoso incontro avuto con i detenuti". Roma: un detenuto di 60 anni pestato nella sua cella
Garante Regionale dei detenuti, 15 giugno 2006
Detenuto sessantenne pestato nella sua cella del carcere di Rebibbia penale. L’uomo, in condizioni gravi, è stato ricoverato in coma al San Filippo Neri. Il Garante dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni: "Anche se non è legato alla protesta in atto a Rebibbia, l’episodio indica il clima di forte malessere che si respira dietro le sbarre. Il Parlamento affronti rapidamente la questione dell’amnistia". È stato pestato a sangue e ridotto in gravi condizioni all’interno della sua cella del carcere di Rebibbia Penale da altri detenuti, mentre gran parte degli altri reclusi era davanti alla tv per vedere il campionato mondiale di calcio. Protagonista della vicenda, un detenuto di sessant’anni, Vito Nicola La Catena. L’episodio è avvenuto ieri sera, intorno alle 21. Secondo quanto risulta al Garante regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni l’uomo - con fine pena 2013 per reati di natura finanziaria - è stato aggredito da un numero imprecisato di persone, pestato a sangue e ridotto in gravi condizioni. L’uomo è stato trasferito in coma all’ospedale Sandro Pertini e quindi ricoverato in rianimazione al San Filippo Neri. L’episodio non ha, comunque, nulla a che vedere con la protesta che i detenuti del carcere di Rebibbia Penale hanno messo in atto da sabato scorso. "Anche questo episodio indica il clima di forte malessere che c’è nelle carceri italiane - ha commentato il Garante dei detenuti Angiolo Marroni -. È giusto che gli autori vengano puniti e spiace ancora di più che questo fatto così grave sia accaduto in un carcere che da anni non vedeva episodi simili. Anche ciò mostra la necessità che il nuovo Parlamento affronti, in maniera rapida, la questione dell’amnistia o dell’indulto, altrimenti c’è il rischio che altri casi analoghi possano ripetersi". Roma: lettera dei detenuti sull'aggressione al loro compagno
Garante Regionale dei detenuti, 15 giugno 2006
I detenuti della casa di Reclusione di Rebibbia che stanno attuando una pacifica forma di protesta con astensione collettiva da ogni attività da sabato 10 giugno 2006 appena appreso dell’aggressione ad un compagno, che aveva aderito allo sciopero, il loro assoluto dissociarsi da quanto accadutogli e offrono allo stesso il pieno appoggio morale. I detenuti ribadiscono il fermo proposito di portare a termine la protesta civile, che viene supportata con reciproca solidarietà per sopperire agli immancabili disagi. I detenuti ringraziano le istituzioni incontrato in questi giorni dentro Rebibbia nelle figure del Garante regionale dei diritti dei detenuti avvocato Angiolo Marroni, del provveditore regionale del Prap Ettore Ziccone, e del sottosegretario alla giustizia con delega alle carceri, prof. Luigi Manconi, dimostratisi sensibili alle problematiche in essere. I detenuti restano in attesa di una definitiva risposta inoltrata al sottosegretario alla giustizia, come concordato dopo l'incontro avvenuto nelle casa di reclusione di Rebibbia il 12 giugno. La popolazione carceraria invita altresì a riflettere su come il sovraffollamento e le precarie condizione di vita interne a Rebibbia e drammaticamente in tutta Italia portino ad atti estremi, assolutamente non scusabili, purtroppo frutto delle degenerazioni di cui sopra
Firmato da 270 detenuti di Rebibbia Reclusione Teatro: Roma Rebibbia Femminile… "16 donne sulla porta"
Arte Studio, 15 giugno 2006
"16 Donne sulla porta". Esercizi di pratica teatrale per apprendisti filosofi 28 giugno 2006 ore 19.30 - Casa Circondariale Femminile di Rebibbia Uno spettacolo di Riccardo Della Pietra, realizzato con le detenute del Rebibbia Femminile
Arte Studio con la Regione Lazio, il Quinto Municipio, l’Istituto del Rebibbia Femminile, l’Università La Sapienza e l’Università Roma Tre realizza "Port Royal". "Port Royal" è un progetto di teatro educativo e sociale dedicato alla cura del sé, dove il cittadino debole, l’escluso sperimenta con la propria dimensione creativa e a vantaggio di tutta la comunità, nuove possibilità di relazioni in questo Terzo Millennio. In particolare, fra le altre attività, sarà presentato il 28 giugno al tramonto al Rebibbia Femminile dopo un laboratorio di cinque mesi uno spettacolo a cura di Riccardo Della Pietra realizzato con 16 detenute dell’Istituto. Lo spettacolo sarà replicato a Rebibbia Femminile il 29 e il 30 giugno. Lo spettacolo del 28 giugno sarà preceduto nel pomeriggio da un incontro col filosofo Carlo Sini e altri studiosi su arte e linguaggio: "L’arte del tè a Rebibbia". Ma, ed è questo un fatto assolutamente eccezionale, lo spettacolo sarà anche trasmesso in diretta al Cinema Farnese di Campo dei Fiori a Roma. 16 Donne sulla porta, che stanno per entrare. La prima donna è Clitennestra che entra in scena per salutare il ritorno del marito dalla guerra, la seconda donna è Cassandra, che entra nella reggia per essere ammazzata, la terza donna è Ofelia che entra in una stanza del castello per raccontare a suo padre di aver visto il principe col giustacuore slacciato e le calze cascanti alle caviglie, la quarta donna è Marilyn Monroe che entra nella roulotte per bere un whisky dopo una scena del film The Misfits girato nel deserto, la quinta è Aika, la sesta è Saraika, la settima è Efe e tutte le altre fino a 16 sono le donne che un giorno sono entrate dalla porta del carcere femminile di Rebibbia. Teatro al femminile come elogio dell’incertezza, incertezza intesa come possibilità di mettersi in relazione con l’esistenza. Le ragazze attrici avranno un comportamento inscenatorio. Si propone e si richiede al pubblico un conoscere intuitivo rispetto a quello razionale che ci può far comprendere immediatamente il senso della scena allestita. La conoscenza intuitiva presuppone anche una partecipazione costitutiva all’evento. La vita propria veduta e compresa attraverso il dono del racconto della vita altrui. Un progetto di Alba Maria Ungaro Bartoli. Per lo spettacolo a Rebibbia del 28 giugno inviare una e-mail a: 16donne@libero.it entro il 23 giugno fino a esaurimento posti. Al Linuxclub il progetto seguita con video, incontri, stage e spettacoli dal 1 al 6 luglio. Info: 0639742463 artestudiox@libero.it Giustizia: Sappe incontra il sottosegretario Luigi Manconi
Comunicato stampa, 15 giugno 2006
Proseguono gli incontri politici della Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, il più rappresentativo della Polizia penitenziaria con 12mila iscritti, con i nuovi vertici istituzionali del Ministero della Giustizia. Dopo l’incontro di giovedì scorso con il nuovo Ministro Guardasigilli Clemente Mastella, quest’oggi abbiamo incontrato il Sottosegretario alla Giustizia (con delega alla Polizia Penitenziaria) Luigi Manconi. "Nel corso dell’incontro" dichiara il Segretario Generale Donato Capece "sono stati affrontati e portati all’attenzione del Sottosegretario Manconi, perché assuma le opportune iniziative di competenza, le priorità per il Corpo di Polizia Penitenziaria e per il sistema carcere. Il Sappe ha chiesto a Manconi di individuare una soluzione legislativa utile alla riassunzione in servizio dei circa 530 agenti di polizia penitenziaria ausiliari, licenziati a fine 2005; l’apertura del tavolo tecnico per la revisione delle piante organiche del Corpo di Polizia Penitenziaria, ferme al 2001 e non rispondenti alla realtà operativa; una Delega al Governo per la riforma del Corpo, che preveda anche l’istituzione della Direzione Generale della Polizia Penitenziaria." Aggiunge il Sappe: "Con estrema soddisfazione, la Segreteria Generale ha preso atto non solo della convinta disponibilità di Manconi ma anche del fatto che il Sottosegretario era perfettamente a conoscenza delle questioni poste dal Sappe. Manconi ha tenuto a precisare la sua volontà di stare vicino alle donne e agli uomini della Polizia Penitenziaria, impegnandosi in prima persona nel promuovere ogni iniziativa utile per la tutela e la valorizzazione dei Baschi Azzurri. In particolare, il Sottosegretario si è assunto il preciso impegno di seguire la questione dei 530 ex ausiliari, condividendo appieno la rivendicazione del Sappe circa il loro legittimo diritto a rientrare nei ruoli del Corpo." Salerno: fate presto con l’amnistia, il carcere scoppia
Il Mattino, 15 giugno 2006
Quasi 950 detenuti per una capienza regolamentare di 527 reclusi e di una capacità "tollerabile" di 799 unità: sono le cifre della popolazione carceraria del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere la quale sta seguendo con interesse il dibattito sul tanto auspicato provvedimento clemenziale di amnistia, che non viene più emanato dal 1990, e di indulto. Un provvedimento che dovrebbe inglobare alcune decine di reati non gravi che prevedono condanne fino a tre anni (per i quali, già attualmente, non si sconta il carcere in virtù di pene detentive alternative) e in qualche caso fino a cinque al quale deve accompagnarsi, è opinione di molti addetti ai lavori del circondario giudiziario sammaritano, una riduzione del carico giudiziario per porre fine a quelle vicende processuali comunque destinate alla prescrizione. Una popolazione carceraria, quella sammaritana, caratterizzata come in quasi tutte le carceri della penisola, da gran parte di situazioni di disagio e di emarginazione: il 27 per cento rappresenta, per difetto, l’area della tossicodipendenza; il 30 per cento quella dell’immigrazione oltre a una percentuale all’incirca del 10 per cento rappresentata da altre situazioni di disagio (psichico o legato all’alcoolismo). Per l’avvocato penalista Alfonso Quarto, presidente della sezione sammaritana dell’Aiga, l’associazione nazionale dei giovani avvocati che con diverse iniziative è presente nei penitenziari campani, il "provvedimento di clemenza è da accogliere favorevolmente purché si metta all’ordine del giorno dei lavori parlamentari una riforma organica del sistema sanzionatorio e del sistema penitenziario. Sotto quest’ultimo profilo - spiega - deve essere necessariamente abrogata la legge Cirielli e devono essere potenziate le misure alternative alla detenzione, con la realizzazione dei cosiddetti "regimi di detenzione attenuata per le fasce deboli". Una questione, quella dell’amnistia, che interessa da vicino anche l’altra popolazione carceraria, quella del personale di polizia penitenziaria che non è aumentato in organico rispetto agli incrementi del 40 per cento dei reclusi nelle carceri. "Un organico fermo alle stime del 1993 - dichiara Pasquale Montesano, segretario nazionale dell’Osapp - e che deve fare i conti con la popolazione detenuta che nella struttura di Santa Maria Capua Vetere ha raggiunto livelli non più tollerabili. Nell’istituto penitenziario sammaritano la situazione è progressivamente peggiorata non solo in relazione alle oggettive condizioni del personale ma anche rispetto a quelle che si ritiene siano condizioni imprescindibili per una struttura che come bacino geografico è al centro delle attività giudiziarie e di polizia della provincia di Caserta. Per non parlare del contratto di lavoro scaduto nel 2005 e per i quali già il 25% della retribuzione mensile è costituito da prestazioni straordinarie". Droghe: Meloni (An); serve prevenzione, non riduzione danno
Ansa, 15 giugno 2006
"Noi di Azione Giovani pronti a scendere in piazza contro le stanze del buco: lo afferma, in una intervista a Rtl 102.5, la vicepresidente della Camera Giorgia Meloni, di An. A proposito di Ferrero, la deputata afferma: "Non mi aspettavo niente di diverso dall’esponente di un partito che in campagna elettorale distribuiva cartoncini per rollarsi le canne. Tutto ciò dice bene che posizione abbia Rifondazione Comunista sul tema della droga e a che posizioni Prodi abbia deciso di sottostare". "Noi di Azione Giovani siamo disposti a scendere in piazza e protestare, perché per l’ennesima volta la sinistra è incoerente sul tema della droga: ha un approccio minimale e demagogico. Da un lato è liberale e tollerante nei confronti della droga, dall’altro considera il drogato un malato incurabile. Noi diciamo che non si affronta così il tema della droga, la riduzione del danno conta meno della prevenzione, la sinistra non si pone il problema di come far uscire un drogato dal suo dramma, lo lascia andare. Mai ha voluto riconoscere i percorsi di recupero delle comunità terapeutiche, che invece - conclude - danno grandi risultati e possono restituire alla società persone che hanno molto da insegnare". Droghe: svelata area neurale che induce consumo cocaina
Ansa, 15 giugno 2006
Scoperta l’area del cervello che, in risposta a stimoli esterni, induce in tentazione i cocainomani spingendoli al consumo della droga: si tratta di una zona chiamata striato dorsale, la stessa regione che induce ai peccati di gola di fronte al solo odore o alla vista di un piatto appetitoso. Fornita da esperti del Department of Energy’s Brookhaven National Laborator e del National Institute on Drug Abuse (Nida), questa informazione potrebbe rivelarsi cruciale nell’ideazione di farmaci che riducano la tentazione a drogarsi indotta da stimoli esterni, come il solo rientrare in un luogo dove si è consumata la pericolosa polvere bianca, oppure vedere altri drogarsi. La notizia, resa nota sul Journal of Neuroscience, era in parte attesa in quanto lo striato dorsale è un circuito legato al desiderio e alla motivazione, ma finora mancavano le prove dirette, né si conosceva il meccanismo chimico con cui nello striato dorsale viene prodotto il desiderio indotto da stimoli esterni. Questi sono le "peggiori compagnie" di qualunque tossicodipendente che voglia smettere di drogarsi. Basta poco a far crollare la sua forza di volontà, un ricordo, un luogo segnato dal consumo dello stupefacente, il contatto con persone che si drogano a loro volta. Infatti questi stimoli invogliano a drogarsi, ma finora non si conosceva il meccanismo chimico che tesse la trama del desiderio, ha spiegato il direttore Nida e autore dello studio Nora Volkow, né si conosceva con esattezza dove si generasse la dinamica del desiderio "stimolo-indotto". Si sospettava però il coinvolgimento del neurotrasmettitore del piacere, la dopamina, implicata nell’instaurarsi delle dipendenze. E si sospettava dello striato dorsale in quanto una recente ricerca ne aveva svelato il ruolo nel farci venire "l’acquolina in bocca" di fronte al nostro cibo preferito. Per verificare i propri sospetti gli esperti hanno "pedinato" la dopamina seguendone ogni spostamento nel cervello di un gruppo di cocainomani posti di fronte a stimoli legati alla cocaina. I soggetti doveva vedere su video scene verosimili di altre persone nell’atto di consumare la droga. Così facendo gli esperti hanno visto che la dopamina si va a concentrare nello striato dorsale e che più è forte questa concentrazione più è ardente il desiderio di drogarsi che si scatena nei cocainomani alla vista del video. Ecco quindi che la tossicodipendenza ingaggia gli stessi processi neurobiologici legati al consumo di cibo stimolo-indotto; lo striato dorsale potrebbe divenire un bersaglio d’elezione per terapie volte a eliminare l’influenza negativa degli stimoli esterni sul tossicodipendente per facilitarne il percorso di disintossicazione. Iran: tre uomini impiccati per rapimenti e stupri in sud-est
Ansa, 15 giugno 2006
Tre uomini, di cui non sono stati forniti i nomi, sono stati impiccati a Kerman, nel sud-est dell’Iran, dopo essere stati condannati a morte per sequestro di persona e violenza carnale. Lo scrive oggi l’agenzia semiufficiale Isna. "I tre - ha detto un portavoce della magistratura locale - erano stati arrestati per sei sequestri di persona, rapina e, in alcuni casi, violenza carnale. Il processo è stato rapido e la Corte suprema ha approvato la sentenza capitale". Altri casi simili sono avvenuti negli ultimi anni in diverse città iraniane, in particolare Teheran, dove sono state sgominate bande di criminali dedite ai rapimenti e agli stupri in serie di ragazze. In un caso, nell’autunno del 2002, cinque condannati furono impiccati nello stesso giorno in due piazze della capitale. In Iran è prevista la pena di morte per i reati di omicidio, traffico di droga (quando trovati in possesso di almeno cinque chilogrammi di oppio), adulterio, apostasia e, in casi particolari, per rapina a mano armata e violenza sessuale. Cipro: più televisori ai detenuti per i mondiali di calcio
Ansa, 15 giugno 2006
I responsabili della prigione centrale di Nicosia hanno deciso di acquistare un numero imprecisato di apparecchi televisivi per consentire a tutti i detenuti che vi sono rinchiusi di assistere alla partite dei Mondiali di calcio. Lo riferisce il quotidiano in lingua inglese Cyprus Mail citando il direttore del carcere Michalis Hadjidemetriou secondo il quale, per poter far funzionare tutti i televisori, si è reso necessario aumentare le capacità dell’impianto elettrico dell’edificio per sostenere il sovraccarico di corrente che si verifica durante le trasmissioni delle partite. Anche le restrizioni imposte durante la notte sono state allentate per consentire ai detenuti di assistere alle partite trasmesse in ora più tarda e le luci, invece che alle 23.00 locali come di solito, saranno spente alla fine delle trasmissioni, intorno alle 24.00. L’acquisto di nuovi apparecchi Tv, ha detto Hadjidemetriou, rientra nell’approccio più umano deciso dalla direzione del carcere nei confronti dei detenuti, in particolare di coloro ai quali sono negate le visite dei familiari.
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