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Giustizia: Antignone; su amnistia spettacolo ignobile ma prevedibile
Progetto Uomo, 25 gennaio 2006
L’amaro commento del presidente dell’Associazione Antigone dopo l’ennesima delusione consumata in Parlamento. Dopo cinque anni e mezzo di chiacchiere si è consumata la farsa. Peccato che quella che per alcuni è una simpatica farsa, per i 61 mila detenuti stipati e mal-trattati nelle carceri italiane sia invece una tragedia. Ora sappiamo chi è favorevole e chi è contrario a un provvedimento di clemenza. I contrari sappiano che dovranno gestire una situazione penitenziaria al collasso. I posti letto sono meno di 43 mila. I 18 mila detenuti in eccesso rendono la vita quotidiana nelle carceri al limite del trattamento degradante. La ex Cirielli farà salire sino a 80 mila il numero dei detenuti entro pochi mesi. Nel frattempo accade che il 69,31% dei detenuti non abbia acqua calda in cella, il 60% delle detenute non abbia il bidet nella propria cella, il 55,6% dei detenuti viva in carceri dove non sono consentiti colloqui in spazi all’aria aperta. E tanto altro potremmo aggiungere. A chi nell’Unione ha votato contro l’amnistia e l’indulto rivolgiamo quella stessa domanda sempre rimasta senza risposta dall’attuale maggioranza: "Come intende gestire la situazione drammatica di affollamento penitenziario di immigrati, tossicodipendenti, poveri, matti nelle prigioni italiane? Con la solita ricetta di lavori pubblici penitenziari?" Così ci si è assunti la responsabilità di ammazzare le speranze di liberazione di decine di migliaia di persone. L’amnistia e l’indulto erano atti di giustizia sostanziale. Giustizia: dopo bocciatura amnistia servono scelte di civiltà
Città Nuova, 25 gennaio 2006
Dopo la bocciatura da parte del parlamento della proposta di amnistia riflettiamo sul senso di tali provvedimenti. L’idea di concederla per i detenuti responsabili di reati più lievi, risponde soltanto all’esigenza di alleggerire la situazione delle carceri sovraffollate o ha anche un aspetto etico e civile? L’esigenza è proprio quella di raggiungere gli effetti etici e civili, che soltanto giustificano l’amnistia. Infatti, concederla per alleggerire la situazione delle carceri sovraffollate non sarebbe di per sé un motivo valido (lo stato, cioè la comunità civile, ha il dovere di assicurare una espiazione della condanna in maniera rispettosa della dignità della persona); tuttavia, risponde ad un dovere di giustizia non far soffrire ai condannati una detenzione in condizioni degradate; quindi questa esigenza può concorrere alla concessione dell’amnistia o dell’indulto. Resta, comunque, l’esigenza che questo atto di clemenza raggiunga gli effetti etici e civili propri. Quali sono questi effetti? A me sembra che possano riassumersi in una parola riconciliazione. Riconciliazione tra il reo e la società, oltre che con le vittime dei reati (sotto questo aspetto - pur nelle logiche proporzioni - non c’è differenza tra piccolo o grande reato; tutti i reati offendono le persone vittime e la società). Questa riconciliazione richiede da parte dei rei un cammino di conversione, tanto più lungo e impegnativo, quanto più grave è il delitto commesso. L’amnistia per i reati più lievi e un indulto misurato per i reati più gravi è un’offerta di riconciliazione da parte della società civile cui dovrebbe corrispondere quanto meno una domanda di perdono da parte dei colpevoli. Ovviamente nel concedere la clemenza si dovrebbe tener conto della propensione al delitto da parte del condannato. Un’amnistia per i rei che hanno commesso per la prima volta un reato può essere certamente giustificata proprio nel segno dell’effettiva riconciliazione. Il pubblico più vasto è toccato dalle notizie sulle carceri, generalmente, soltanto quando esse creano problemi: non le sembra che sarebbe invece necessario guardare in faccia questa realtà, chiedendosi, ad esempio, perché i figli dei detenuti sono coloro che hanno la maggiore probabilità di finire a loro volta in carcere? Lo stato, cioè la comunità, deve farsi carico delle ragioni del delinquere. Bisogna andare alla radici dei mali morali - anche il reato è un male morale oltre che sociale. Ogni tipologia di reato ha in genere cause proprie, che vanno dalla singola persona all’ambiente familiare e sociale in cui essa vive. Bisogna rimuovere le cause morali e sociali dei delitti. Quanto al problema che i figli dei detenuti hanno maggiore probabilità di delinquere, se ciò è vero e nella misura in cui è vero, esso si spiega con una sola parola: mancanza di carità sociale. Lo Stato mette in carcere i rei e al massimo si cura di assicurare una certa espiazione della pena che tenda alla riabilitazione del condannato, ma si cura poco o niente della situazione delle famiglie dei carcerati. Lo stato e la comunità civile hanno il dovere di interessarsi delle condizioni di esistenza di queste famiglie, che spesso sono drammatiche. Prendersi cura di loro, dando l’assistenza indispensabile, è un atto di grande carità e civiltà, che oltre a prevenire l’eventuale sbandamento dei figli dei carcerati, potrebbe avere anche un effetto benefico sulla conversione autentica dei condannati. Ricordiamoci che Bartolo Longo istituì a Pompei un’accoglienza proprio per i figli dei carcerati. Uno degli argomenti di coloro che si oppongono a provvedimenti quali l’amnistia e l’indulto, sostiene che è necessario garantire la certezza della pena: le sembra un argomento valido? Certamente la certezza della pena fa parte dell’esigenza di giustizia ed è il presupposto dello stesso cammino di conversione e della riconciliazione, che ho detto prima. Tuttavia, non contrasta con questo principio la concessione, non programmata e non prevista, dell’atto di clemenza, che risponda alle esigenze dette sopra, che dovrebbero essere anche quelle di procurare una inversione di tendenza nella propensione al crimine. Droghe: al Senato la legge Fini è andata in fumo…
Liberazione, 25 gennaio 2006
"Mandiamo in fumo la legge Fini". Nel giorno in cui le nuove norme sulla droga approdano in Senato lungo la pista del decreto per le Olimpiadi di Torino 2006, operatori, movimenti, sindacati e forze politiche si sono ritrovati, ieri, in piazza, di fronte a Palazzo Madama, per protestare contro un provvedimento definito "pericolosissimo" e "sbagliato nel metodo e nel merito". Il blitz di fine legislatura annunciato dal ministro Carlo Giovanardi (delegato dal governo a gestire la vertenza droghe) è andato letteralmente in fumo a fine serata: le nuove norme proibizioniste non sono state infatti presentate in aula al Senato. Il decreto resta però in "agguato" fino a quando non verranno sciolte le Camere. Lo sanno bene i cartelli promotori della manifestazione di ieri mattina: "Non incarcerate il nostro crescere", "ConFiniZero", Mdma (movimento di massa antiproibizionista) e Cnca (coordinamento nazionale comunità di accoglienza). Un movimento di contrasto alle politiche proibizioniste iniziato nel 2000 a Genova in occasione della conferenza nazionale sulla diffusione delle sostanze stupefacenti, proseguito con l’organizzazioni di eventi di contro informazione come feste della semina, street parade, incontri e dibattiti in tutta Italia e ultima la contro conferenza organizzata a Palermo lo scorso dicembre contro il forum governativo. Un disegno di legge - quello firmato dal leader di An Fini - arenatosi in Parlamento per la sua impresentabilità, resuscitato grazie agli "stralci" del ministro Giovanardi e inserito all’ultimo momento nella discussione sul maxi emendamento per le prossime Olimpiadi. Uno slalom pericoloso che si è annunciato da subito come di quelli tortuosi e che "malcela" la fretta di Alleanza nazionale di portare in cascina più fieno possibile da presentare al suo elettorato. L’Unione ha gridato al blitz elettorale, il mondo dell’associazionismo e gli operatori di settore hanno denunciato le derive proibizioniste e autoritarie. "Questo governo sta facendo cose che neanche il fascismo aveva immaginato - ha spiegato Marco Contini, segretario di antiproibizionisti. it. – con questo procedimento, affidano al ministro della Salute, poteri discrezionali incostituzionali e lo fanno per decreto, senza che ci siano i requisiti della emergenza e necessità". Di "strategia del camuffamento" ha parlato anche Giovanni Russo Spena, presente al sit-in insieme ad altri parlamentari tra i quali Leopoldo Di Girolamo dei Ds e l’ex parlamentare Luigi Manconi, che ha poi annunciato l’intenzione di richiedere l’incostituzionalità del provvedimento. La forzatura non ha messo d’accordo neanche la Casa delle libertà. Prima fra gli scontenti, l’onorevole Stefania Prestigiacomo cha ancora una volta ha visto slittare la discussione sulla sua proposta di legge per le "quote rosa", originariamente prevista per ieri proprio al posto del ddl Fini-Giovanardi. Ma l’offensiva antipro, non ha riguardato solo il metodo, ma soprattutto il merito del provvedimento. "Nonostante l’operazione di lifting al ddl Fini (da 106 articoli a 18) - ha spiegato Francesco Piobbico responsabile droghe del Prc l’intero impianto autoritario è rimasto in piedi. Un sterzata legalitaria che farà finire in carcere migliaia di giovani solo per uno spinello". Attualmente il 33% dei detenuti è definito tossicodipendente, 17mila sono i ristretti condannati per reati legati alle droghe che, secondo i promotori della protesta, potrebbero arrivare a 37mila con l’applicazione del provvedimento. A non piacere è l’unificazione delle tabelle delle sostanze, cioè di quei parametri che distinguono tra droghe leggere e droghe pesanti e tra "consumo" e "spaccio": una persona sorpresa con più di 250 milligrammi di marijuana rischierebbe la stessa pena (da 6 a 20 anni di carcere) di chi detiene più di 500 milligrammi di cocaina. Controversa anche l’equiparazione tra le comunità e i servizi pubblici, considerato l’ennesimo regalo al privato, che rischierebbe di sottrarre al controllo pubblico il problema delle tossicodipendenze. "Con questo decreto - ha spiegato Giuseppe Bortone della Cgil - si attenta anche alla dignità e alla qualità del lavoro di settemila operatori pubblici dei Sert, che operano in condizioni già difficili e che non dovrebbero essere messi in un’assurda competizione con i poliziotti e gli operatori carcerari". "Stanno già esternalizzando i servizi - ha fatto eco Mario de Luca del Cnca - con ricadute pesanti sul controllo. Non si possono affidare poteri di certificazione delle tossicodipendenze agli stessi soggetti che poi fanno attività di recupero prendendo soldi dalle Asl avendo, quindi, tutti gli interessi a iscrivere nei propri registri il maggior numero di utenti possibile. Controllori e controllati diventano la stessa cosa ". In discussione c’è anche la norma che stabilisce che le comunità terapeutiche convenzionate potranno funzionare come strutture di detenzione/ riabilitazione, con utilizzo del lavoro coattivo come terapia riabilitativa. Una sorta di carcerazione privata, già da tempo sperimentata negli Usa e che vedrebbe in prima fila le comunità di Don Gelmini e gli eredi di Muccioli a San Patrignano. "Contestare la Fini - Giovanardi - ha avvertito però Valentina del centro sociale Forte Prenestino - non significa tornare alla Jervolino-Vassalli. Sulle droghe c’è bisogno di un cambiamento di rotta che affronti la questione in termini culturali. Ci sono 4milioni di consumatori di droghe leggere, criminalizzare chi fa uso di sostanze stupefacenti, significa costringere all’illegalità una fetta consistente della popolazione italiana". Legittima difesa: Buemi (Rsn); grave e irresponsabile scorciatoia
Ansa, 25 gennaio 2006
"Illudere il cittadino, che si difende da solo che ci possa essere un minimo di tolleranza nella valutazione di un suo eventuale eccesso di difesa, in particolare in caso di uccisione dell’aggressore alla sua persona e o al suo patrimonio, nella sua abitazione o nel luogo di lavoro, è grave ed irresponsabile": lo afferma Enrico Buemi, responsabile giustizia dello Sdi e dirigente della Rosa nel Pugno. "Invece di incentivare, anche soltanto in via di principio l’azione a tutela della sicurezza, mediante azioni private individuali o di apparati di polizia privata - spiega Buemi - sarebbe opportuno un maggiore impegno del governo e della maggioranza nel potenziamento degli strumenti a disposizione e l’impiego di adeguate risorse umane negli apparati preposti a tale funzione". "L’azione di tutela della sicurezza del cittadino - aggiunge il parlamentare - solo se svolta dallo Stato con l’impiego di professionalità qualificate, quantitativamente soddisfacenti e sotto il controllo e la verifica della magistratura può avere un’efficacia ed essere giusta ed equilibrata. Ma non devono mancare adeguate politiche sociali e di prevenzione tendenti a ridurre le aree di criticità poiché più sono grandi le ingiustizie che si realizzano nella società e più sono ampi i rischi di comportamenti asociali. Altre scorciatoie sono pura propaganda nella migliore delle ipotesi, ma corrono il rischio di diventare gravi atti di responsabilità se pur ammantati dal desiderio e dalla giustificazione di fare il bene comune". Legittima difesa: Violante; meglio evitare nuovi danni
Ansa, 25 gennaio 2006
"Se per leggi come questa, da scambiare tra le forze politiche del centrodestra perché ognuna abbia una bandierina da sventolare in campagna elettorale, che si invocano i tempi supplementari, prima la legislatura si chiude e meno danni questa maggioranza di governo farà subire alla collettività ". Lo afferma Luciano Violante, presidente dei deputati dei Democratici di Sinistra. "La legge sulla cosiddetta autodifesa armata espone i cittadini a violenze preventive da parte dei criminali - continua - costituisce il segno del fallimento della politica della sicurezza del governo Berlusconi, viola il principio fondamentale della civiltà europea per il quale la sicurezza dei cittadini non è delegata all’autodifesa ma è compito primario dello Stato - conclude Violante - e per questo la legge costituisce una umiliazione per tutte le forze di polizia". Legittima difesa: Camere Penali; un’altra legge ingiusta
Ansa, 25 gennaio 2006
"Purtroppo è stata approvata un’altra legge ingiusta: autorizza la legittima offesa". L’Unione delle Camere Penali boccia il provvedimento sulla legittima difesa approvato oggi dalla Camera. Ettore Randazzo, presidente dell’Ucpi, spiega che i penalisti hanno sempre avversato la legge "fin dalla sua presentazione in Parlamento, perché autorizza la legittima offesa anche nei confronti di chi non rappresenta un pericolo per la incolumità del cittadino". Randazzo sottolinea che "il nostro sistema era al proposito molto ben maturato e tutelava soltanto i casi in cui l’aggredito dovesse davvero difendere la sua incolumità sempre che la difesa fosse proporzionata all’offesa ricevuta". Legittima difesa: Santelli; privilegia vita cittadino onesto
Ansa, 25 gennaio 2006
"È un provvedimento che privilegia la vita, la tranquillità e la sicurezza del cittadino onesto invece di proteggere chi invade la sua sfera privata e personale". È il commento del sottosegretario alla Giustizia, Jole Santelli, sull’approvazione della legge sulla legittima difesa. "È una legge importante nel principio che aggressore e vittima non sono più sullo stesso piano" dice il sottosegretario ribadendo che è "una legge fortemente voluta da tutta la maggioranza". Ascoli: alunni a lezione nel carcere di Marino del Tronto
Ansa, 25 gennaio 2006
Le porte del carcere si apriranno domani per un gruppo di studenti, accompagnati da alcuni insegnanti, impegnati nel progetto Una mattina in carcere. Il progetto, molto innovativo, è rivolto agli studenti delle scuole superiori, allo scopo di non far sentire il carcere così lontano dalla nostra realtà e considerare chi è dentro, prima di tutto una persona con i suoi diritti. Lo scorso mese di novembre, presso il Liceo della Comunicazione delle Suore Concezioniste di via Kennedy, si era svolta la prima parte di questo progetto con un incontro-dibattito al quale avevano partecipato i responsabili della casa circondariale: la direttrice, Lucia Di Feliciantonio, e il comandante della Polizia Penitenziaria, Pio Mancini. "L’incontro - ha detto l’assessore alla Pubblica Istruzione, Gianni Silvestri - aveva lo scopo di preparare gli alunni ad un possibile impatto con il carcere; per far conoscere agli studenti delle due classi quinte del Liceo, la vita dei detenuti, le attività che svolgono durante il giorno e, soprattutto, come vivono nella sezione protetta". Domani, quindi, i ragazzi, come seconda fase del progetto, avranno modo di trascorrere una mattina in carcere. "Sarà - ha commentato l’assessore Silvestri - un’esperienza concreta che risulterà sicuramente utile ai ragazzi che, per la prima volta, varcheranno i cancelli del carcere e guidati all’interno della casa circondariale potranno visitare l’Ufficio Comando, l’Ufficio Matricola, l’area sanitaria e quella educativa, il laboratorio e il nucleo traduzione. Avranno modo di incontrare alcune figure professionali che operano nella struttura, come l’educatore, il cappellano, lo psicologo, gli assistenti sociali, gli agenti e sarà possibile anche poter comunicare e ascoltare qualche detenuto". Il progetto vuole perseguire l’obiettivo di una crescente integrazione della casa circondariale di Ascoli Piceno nel territorio e nel contesto sociale in modo da favorire la condivisione da parte della collettività, del concetto di sicurezza sociale da perseguire anche tramite il reinserimento sociale del detenuto. Usa: Cia e Pentagono denunciati per abusi a detenuti
Reuters, 25 gennaio 2006
Venti denunce di presunti abusi su detenuti da parte della Cia e di dipendenti del ministero della Difesa dall’inizio della guerra in Afghanistan sono state presentate al dipartimento della Giustizia per l’avvio di un’azione penale. Il vice-ministro della Giustizia William Moschella ha detto in una lettera del 17 gennaio al senatore Richard Durbin, un Democratico dell’Illinois, che i fascicoli riguardano sia la guerra in Afghanistan che in Iraq e contengono accuse non solo di abusi sulle persone, ma anche di possibili violazioni della legge federale e di trattati ratificati dagli Usa. Attivisti per le libertà civili dicono che i casi coinvolgono personale civile impegnato in interrogatori in cui si sarebbero commessi abusi. Soltanto un caso di un agente Cia è già arrivato in tribunale, quello di David Passaro, accusato nel Nord Carolina della morte di un detenuto afghano nel 2003. Moschella ha detto che gli altri 19 casi portati davanti al ministero della Giustizia sono stati esaminati da un pool di procuratori in Virginia. Due sono stati archiviati per insufficienza di prova, per tutti gli altri proseguono le indagini.
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