Rassegna stampa 28 dicembre

 

Giustizia: decreto legge abroga prescrizione reati contabili

 

Tg Com, 28 dicembre 2006

 

Il Consiglio dei ministri ha abrogato il cosiddetto "comma Fuda" contenuto nella Finanziaria sulla prescrizione dei reati amministrativi. La proposta di modifica che sarà presentata in Parlamento, spiega Chiti, è stata concordata con il ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani e il titolare dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Successivamente il Capo dello Stato ha emanato il decreto legge appena approvato, impedendo che la norma contestata entri in vigore.

Correggere la disposizione della Finanziaria che accorcia i tempi di prescrizione e risolvere le questione dei contributi Cip6. Sono questi gli argomenti che sono stati affrontati dal Consiglio dei Ministri nella riunione convocata per varare il decreto di correzione delle norme della finanziaria. Il decreto verrà dunque varato prima dell’entrata in vigore della Finanziaria (fissata ovviamente al 1 gennaio) e in questo modo la contestata disposizione non sarà mai legge, evitando che scatti il favor rei cui avrebbero potuto fare ricorso gli amministratori pubblici sotto accusa per reati contabili.

Ma l’Italia dei Valori nei giorni scorsi aveva chiesto che oltre alla correzione della prescrizione, nel decreto avrebbero dovuto trovare spazio anche le norme per il contenimento dei costi della politica non inserite in Finanziaria. Una richiesta che può acquistare più forza alla luce delle polemiche sull’indulto che hanno visto contrapposti proprio Antonio Di Pietro e il premier Romano Prodi.

L’altro argomento che ha tenuto banco è stato la querelle Cip6, l’altro "caso" scoppiato in Senato dopo la presentazione del maxi emendamento alla Finanziaria su cui il governo ha posto la fiducia prima a palazzo Madama e poi a Montecitorio per l’approvazione definitiva della manovra. La decisione politica di risolvere la questione, tornando alla prima versione della disposizione, era già stata raggiunta nella riunione convocata appositamente giovedì scorso a palazzo Chigi con Romano Prodi.

Giustizia: ricorso della Procura; la Balzerani non si è ravveduta

 

Il Giornale, 28 dicembre 2006

 

Non si è mai ravveduta, dunque l’ex brigatista Barbara Balzerani, alias "compagna Sara" deve tornare in carcere, altro che libertà condizionata. Non ha avuto dubbi, il sostituto pg di Roma Gianni Malerba, nello stilare il suo ricorso in Cassazione al provvedimento del Tribunale di Sorveglianza che, malgrado le sei condanne all’ergastolo, le ha aperto la cella dopo "appena" 21 anni e nove giorni. Nei suoi confronti, tuona il Pg in dieci pagine, c’è stato un "errato, superficiale e tautologico riconoscimento dei requisiti per la concessione del beneficio".

Nella condotta dell’ex Br, infatti, "non si rinvengono comportamenti sintomatici di ravvedimento, al di là del mero e forse opportunistico abbandono della posizione di "irriducibile"". L’istanza del procuratore Malerba ha inevitabilmente suscitato il plauso dell’opposizione di centrodestra.

"Rasserena l’animo sapere che in questo Paese c’è ancora qualcuno che abbia a cuore la difesa della legalità". Ha commentato Isabella Bertolini di Forza Italia che ha aggiunto: "Chi ha sbagliato deve pagare, non sono ammissibili sconti di pena per chi è stato condannato a 6 ergastoli, per chi si è reso protagonista di episodi che hanno terrorizzato il popolo italiano per 10 anni".

Ma anche nella maggioranza c’è chi condivide in pieno il ricorso alla Cassazione, come la dipietrista Silvana Mura che ha affermato: "La scarcerazione della Balzerani appariva come uno schiaffo in pieno volto ai parenti delle vittime, il cui parere negativo alla concessione della libertà vigilata non era stato tenuto in considerazione nella decisione del tribunale di sorveglianza.

Non si tratta di giustizialismo, - prosegue la Mura - ma di proporzionalità nel concedere sconti di pena e misure premiali, che pure sono strumenti necessari per il recupero dei detenuti. Una persona come la Balzerani, che già godeva del permesso di poter lavorare all’esterno del carcere per ritornarvi alla sera, non poteva essere rimessa in libertà,

Giustizia: Mura (Idv); adesso la Balzerani torni in carcere

 

Apcom, 28 dicembre 2006

 

"È rassicurante apprendere che il sostituto procuratore generale ha impugnato il provvedimento di scarcerazione a favore della ex Br Barbara Balzerani, sottolineando come tale provvedimento sia ingiustificato perché non c’è stato alcun ravvedimento da parte dell’ex terrorista". Lo dichiara la deputata di Idv Silvana Mura, che aggiunge: "Siamo lieti di apprendere ciò in primo luogo perché la scarcerazione della Balzerani appariva come uno schiaffo in pieno volto ai parenti delle vittime, il cui parere negativo alla concessione della libertà vigilata non era stato tenuto in considerazione nella decisione del tribunale di sorveglianza".

Mura rivendica di essere "stata tra i pochi a schierarmi pubblicamente, con tanto di articolo su Libero, contro questa scelta che colpiva duramente il principio di legalità e certezza della pena. Non si tratta di giustizialismo - sostiene - ma di proporzionalità nel concedere sconti di pena e misure premiali, che pure sono strumenti necessari per il recupero dei detenuti".

"Una persona come la Balzerani - afferma ancora l’esponente di Idv - condannata a sei ergastoli, che già godeva del permesso di poter lavorare all’esterno del carcere per ritornarvi alla sera, non poteva essere rimessa in libertà, almeno non così presto, senza neppure un atto formale di pentimento. Spero che ora questo errore possa essere corretto quanto prima".

Indulto: Aosta; il carcere di Brissogne ora è più vivibile

 

Ansa, 28 dicembre 2006

 

Sono 130 i detenuti nella Casa circondariale di Brissogne rispetto ai 280 del mese di luglio. Il dato è emerso oggi nel corso della visita del presidente della Regione, Luciano Caveri.

"L’indulto - ha dichiarato il presidente - ha ridotto la popolazione carceraria, permettendo i lavori di riqualificazione di tre sezioni del carcere, rendendolo più vivibile sia per il personale sia per i carcerati". La Regione aveva stanziato 7 mila euro per l’acquisto dei materiali necessari al miglioramento di celle e docce e i lavori sono stati fatti dagli stessi detenuti. Dei 130 detenuti, sono 56 quelli con condanna definitiva, mentre sono 61 gli stranieri. La Casa circondariale impiega 154 agenti di polizia penitenziaria, cui 14 donne. "Un numero - ha commentato Tullia Ardito - ancora insufficiente. Auspichiamo un rinforzo nell’ambito dell’accordo quadro con il ministero di Grazia e Giustizia". Rinforzi che Caveri auspica arrivino con "la possibilità di indire concorsi a base regionale, eventualità - ha precisato - di cui ho parlato con il ministro Clemente Mastella in un recente incontro". Il sindaco di Brissogne Italo Cerise ha annunciato che è stata fatta richiesta al ministero di Grazia e Giustizia di assegnare un nome al carcere: "la proposta è di assegnare alla struttura il nome di San Leonardo, in modo tale che carcere e la località di Brissogne cessino di essere un binomio".

Erba: sopralluogo di Azouz nell’appartamento della strage

 

Ansa, 28 dicembre 2006

 

Parlare di svolta, forse, è prematuro. Ma qualcosa sembra muoversi, dopo oltre due settimane di caccia all’assassino. In un riserbo assoluto, difficile da scalfire, gli inquirenti ieri hanno compiuto alcuni atti che lasciano intuire l’esistenza di una pista più privilegiata rispetto ad altre. Innanzitutto un nuovo giro di testimonianze tra vicini e conoscenti di Raffaella Castagna, persone convocate per l’ennesima volta dagli inquirenti e ascoltate, alcune più a lungo di altre, nella caserma di via Borgovico dai militari. Per proseguire, poi, con l’ingresso - per la prima volta da quando è stata compiuta la strage - di Azouz Marzouk nell’appartamento dell’orrore. Un sopralluogo in compagnia dei carabinieri, per verificare la possibile scomparsa di oggetti dalla casa di via Diaz.

 

Il sopralluogo

 

I carabinieri, in compagnia di alcuni consulenti e del giovane tunisino che nella mattanza dell’11 dicembre ha perso figlio, moglie e suocera, sono arrivati sulla scena del crimine poco dopo le 9. Un’intera mattinata di accertamenti, verifiche e, soprattutto, misurazioni. Il pool di magistrati che sta seguendo il caso vuole infatti una piantina esatta al millimetro della via, del cortile, delle scale e dell’appartamento teatro del quadruplice omicidio. Per tutta la durata degli accertamenti, via Diaz è rimasta chiusa al traffico.

Misurazioni a parte, è da sottolineare la presenza di Azouz durante il sopralluogo di ieri mattina. Accompagnato dal suo avvocato, Pietro Bassi, il giovane è entrato nella sua casa dopo oltre un mese e, soprattutto, per la prima volta da quando in quell’abitazione sono stati uccisi il figlio Youssef, la moglie Raffaella Castagna, la suocera Paola Galli e la vicina di casa, Valeria Cherubini. Pare che a Marzouk sia stato chiesto di verificare l’eventuale scomparsa di oggetti dall’appartamento. In particolare si cerca di capire se il (o i) killer abbia rubato i vestiti del giovane tunisino, con l’intenzione di togliersi gli abiti imbrattati di sangue i quali sarebbero poi stati bruciati, dando così origine al rogo.

In totale Azouz è rimasto nella casa per un’ora e mezza. "Ha reagito bene e con grande dignità - si limita a commentare il suo avvocato - Certo la sofferenza si intuiva. Non poteva certo restare indifferente di fronte a tutto quel sangue, a quello scempio e alla bestialità compiuta".

 

Testimonianze

 

Come detto, ieri nella caserma di via Borgovico i carabinieri hanno convocato una serie di persone, già sentite in precedenza. I militari hanno di nuovo ascoltato le testimonianze di alcuni conoscenti di Raffaella e di alcuni vicini di casa. Per qualcuno il colloquio si sarebbe protratto a lungo, segno che gli inquirenti seguono una pista ben precisa.

Nel giorno di Santo Stefano, inoltre, Massimo Astori e Antonio Nalesso, due dei pubblici ministeri componenti il pool di inquirenti che sta indagando sul caso, sono tornati al Sant’Anna per sentire l’unico sopravvissuto alla mattanza, Mario Frigerio. Un nuovo lungo colloquio che, però, non avrebbe fornito alcun nuovo riscontro.

 

Ris

 

Iniziano inoltre a giungere i primi responsi dai laboratori del Ris, il Reparto di investigazioni scientifiche di Parma. Nulla di decisivo, ma l’incrocio degli esiti dell’autopsia e di quelli degli accertamenti compiuti dai carabinieri del reparto di investigazioni scientifiche potrebbero fornire nuovi elementi utili all’inchiesta, tanto da far propendere finalmente per una pista maggiormente accreditata di altre.

 

Nulla osta

 

Infine, potrebbe giungere a breve il nulla osta per i funerali delle vittime della strage di via Diaz. Lo sostiene l’avvocato di Azouz Marzouk, ieri in Procura proprio per informarsi sui tempi per la restituzione delle salme: "Non voglio sbilanciarmi, ma penso che entro la fine dell’anno potrebbe finalmente essere concessa l’autorizzazione" ha detto Pietro Bassi. Anche questo, forse, un segno che dopo oltre due settimane qualcosa nell’inchiesta si muove.

Erba: l'unico sopravvissuto fuori pericolo, ma non ricorda nulla

 

Agi, 28 dicembre 2006

 

È fuori pericolo ma per ora non ricorda nulla di quei terribili minuti. Mario Frigerio, il 65enne scampato alla strage di via Diaz a Erba (Como) è stato trasferito dal reparto di Rianimazione dove era arrivato la sera dell’11 dicembre scorso e ora si trova in quello di Chirurgia dell’ospedale sant’Anna. Costantemente sorvegliato e protetto dai Carabinieri, finora, per quanto si apprende da fonti ufficiali, non sarebbe stato in grado di fornire elementi utili a risalire a chi ha compiuto quel massacro. L’uomo ha riportato gravi lesioni neurologiche. Riesce a parlare ma con molta fatica e il suo quadro clinico è ancora in piena evoluzione, pertanto la prognosi rimane riservata. Nell’eccidio ha perso la moglie Valeria Cherubini, che è stata inseguita dal suo assassino dal pianerottolo esterno del bilocale dove si è compiuta la mattanza fino al suo appartamento posto al piano superiore. L’hanno trovata aggrappata ad una tenda della finestra della camera con due pugnalate alla schiena e quella mortale alla gola.

Intanto la procura di Como nonha ancora firmato i nullaosta per la sepoltura delle quattro vittime: oltre alla 50enne, quella sera sono state massacrati Raffaella Castagna, la mamma della 30enne Paola Galli, il piccolo Youssuf di due anni, rispettivamente moglie, suocera e figlio di Azouz Marzouk, il pregiudicato 25enne tunisino inizialmente sospettato di essere l’autore della strage ma che quella sera si trovava in Tunisia. Anche durante i giorni scorsi Azouz è stato sentito dal pool di cinque magistrati che indagano, come sono stati sentiti tutti i vicini che abitano nella vecchia cascina ristrutturata di via Diaz e un ragazzo extracomunitario amico della giovane coppia. Oggi, intanto, l’avvocato del tunisino, Pietro Bassi, solleciterà nuovamente la Procura a firmare i documenti necessari per l’espatrio delle salme di Raffaella e del piccolo Youssuf che saranno sepolte a Zagua, ad una 50ina di chilometri da Tunisi, con rito islamico, come desiderato da Azouz.

Lazio: mancano fondi, bloccati stipendi di medici e infermieri

 

Adnkronos, 28 dicembre 2006

 

Le ragionerie di diversi istituti carcerari del Lazio non avrebbero fondi sufficienti e, per questo, da due mesi medici, infermieri e tutto il resto del personale sanitario che opera in convenzione in carcere è rimasto senza stipendi. La denuncia è del Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni. Da verifiche effettuate risulta che senza stipendio a novembre e dicembre (tredicesima compresa) sono rimaste 64 persone a Rebibbia Nuovo Complesso (32 infermieri 24 medici), 25 a Rebibbia femminile, 8 alla III casa di Rebibbia, 37 a Viterbo, e otto Rieti. Per svolgere il loro lavoro all’interno del carcere i medici guadagnano 21,15 euro l’ora, gli infermieri 16. Sempre a quanto risulta al Garante, l’assenza di fondi per gli stipendi del personale sanitario sarebbe legato da un lato alla mancata programmazione da parte del Provveditorato Regionale del Lazio degli stanziamenti necessari a coprire le spese di gestione di questo personale, dall’altro alle difficoltà dipendenti dalle ragionerie di ogni carcere.

"Ho inviato un telegramma urgente al nuovo Provveditore del Lazio Ilse Rusteni - ha detto il Garante regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni - sollecitando l’urgenza di provvedere al trasferimento dei fondi necessari a pagare le spettanze arretrate, onde garantire i diritti degli operatori sanitari ed evitare, al tempo stesso, ulteriori difficoltà al sistema penitenziario del Lazio in un periodo tradizionalmente delicato come quello delle festività Natalizie".

Monza: Scarceranda 2007, l’agenda realizzata dai detenuti

 

Ansa, 28 dicembre 2006

 

È in vendita in questi giorni l’agenda "Scarceranda 2007" prodotta da detenuti e detenute del carcere di Monza. Lo slogan dell’agenda è di utilizzarla "per evadere gli impegni e liberare il tempo". I detenuti hanno pensato all’intera realizzazione del progetto: dalla ideazione, alla produzione, fino alla commercializzazione. La produzione dell’agenda rappresenta per i detenuti un importante occasione sia per riprendere un percorso di integrazione sociale che per prodursi un reddito in maniera onesta. "Scarceranda 2007" è disponibile in due formati: S, la piccola, venduta a 8 euro più Iva, e XL, la grande venduta a 12 euro più Iva. L’agenda, già in distribuzione è organizzata con planning settimanale, annuale e rubrica, ed è arricchita da brevi frasi e aforismi ideati da detenute sui temi della libertà, della giustizia e degli affetti familiari. "Scarceranda" è anche reperibile on line sul sito www.bottegasolidale.com, gestito da un gruppo di ragazzi della Locride, ed è una iniziativa della cooperativa sociale Teseo.

Como: il vescovo; nell’anima non esistono sbarre o peccatori

 

La Provincia di Como, 28 dicembre 2006

 

"Ma sarà veramente possibile augurare buon Natale in una prigione?": monsignor Angelo Riva ha provocatoriamente suggerito il suo dubbio durante la messa celebrata il giorno della vigilia al Bassone. È tradizionale il rito, il 24 dicembre, solitamente presieduto dal vescovo monsignor Alessandro Maggiolini che a causa del suo stato di salute è stato costretto ad inviare l’augurio e la benedizione attraverso il vicario episcopale.

La sala con l’altare allestito per l’occasione insieme ad un piccolo presepe era gremita, e l’interrogativo di don Riva è risuonato come una sfida difficile per la piccola folla composta di detenuti, volontari, educatori, addetti alla polizia penitenziaria. "Siamo qui a considerare una nascita eccezionale, quella di un bambino che ci viene messo fra le mani - ha proseguito monsignor Riva - È Dio stesso che viene a trovarci. Abbiamo forse dei titoli per meritare questa visita?". Il quesito ha trovato risposta nel significato stesso del Cristianesimo, come ha chiarito ancora don Riva specificando che si tratta dell’unica religione che ribalta il percorso.

"Non è più l’uomo che si muove alla ricerca di Dio, ma è Dio stesso che va incontro all’uomo e lo accoglie così com’è, con la sua fragilità e i suoi errori", ha affermato schiudendo un orizzonte diverso che può trovare spazio nel cuore di ogni uomo. "Nell’anima non esistono sbarre, santi o peccatori, dentro o fuori dal carcere, la vita dipende dalla libertà profonda di ciascuno", ha richiamato ancora don Riva porgendo un augurio senza formalismi e senza finzioni.

Un augurio che non ha messo fra parentesi l’amarezza di un Natale trascorso nei pochi metri di una cella, inevitabilmente carico di contraddizioni e di nostalgia, lontano dalle persone più care, come hanno ricordato il cappellano padre Giovanni Milani e il responsabile dell’area educativa Mauro Imperiale ringraziando quanti hanno sostenuto la stessa liturgia resa particolarmente suggestiva da un vivace coro di giovani.

Il messaggio di speranza, tanto improbabile oltre le sbarre, si è fatto strada anche fra i detenuti che non hanno potuto partecipare alla celebrazione e che sono stati successivamente raggiunti da don Angelo Riva insieme ad un piccolo gruppo di educatori e volontari. Una stretta di mano attraverso l’inferriata, una confidenza sussurrata, un sorriso e un augurio di "buon Natale" che a qualcuno è parso incredibilmente reale.

Napoli: il vescovo con i detenuti, gli immigrati e i bimbi rom

 

Il Mattino, 28 dicembre 2006

 

L’abbraccio del cardinale Sepe Pranzo della solidarietà dietro le sbarre. È partita dal carcere di Poggioreale, il 23 dicembre, l’iniziativa della comunità di Sant’Egidio per le feste di Natale che approderà nel pomeriggio del primo gennaio prossimo nella marcia per la pace a Napoli. Tavola apparecchiata nella cappella dell’istituto di pena per 80 detenuti, 50 italiani e 30 stranieri, scelti tra i più abbandonati e bisognosi. Gli ospiti hanno mangiato serviti da una trentina di volontari, sotto gli occhi delle guardie penitenziarie, in un irrituale clima di armonia e anche momenti di commozione.

Tra gli "invitati" il direttore del penitenziario, Salvatore Acerra, l’assessore alle Politiche sociali del Comune, Giulio Riccio, il cantautore Eduardo De Crescenzo, da anni impegnato con le associazioni del volontariato, che finito il pranzo ha cantato alcuni dei brani più amati del suo repertorio come "Le mani". Per ogni detenuto un regalo: un pile, un pacchetto di sigarette, una busta da lettere già affrancata per scrivere a qualcuno.

Seicento commensali, poi, al pranzo del 25 nella Basilica di San Severino e Sossio. Stranieri, immigrati, persone senza dimora, rom, bambini, anziani, un’umanità varia e soprattutto dolente. Finita la messa, si è apparecchiata la tavola. È passato per salutare uno per uno i commensali, il cardinale Crescenzio Sepe. L’accoglienza più calorosa è stata quella dei bambini rom che lo hanno letteralmente sommerso di abbracci.

L’arcivescovo ha promesso che l’anno prossimo si fermerà a pranzo. "Un pranzo con i poveri, non dei poveri, con persone che vengono dal mondo del disagio" spiega Antonio Mattone, tra gli animatori di Sant’Egidio, "hanno collaborato anche tanti che non fanno parte della comunità, ma hanno chiesto di partecipare per servire a tavola. Abbiamo avuto offerte da parrocchie, molti privati cittadini, qualche azienda ci ha regalato il vino. E poi c’erano gli amici che conosciamo durante l’anno". Panettone e regali: maglioni di lana, guanti, walkman per gli stranieri, "una gara di solidarietà che è stata un segno di speranza per il futuro di Napoli nell’anno che verrà".

Nel segno della pace inizierà il 2007. Con una marcia che si muoverà alle 18 da piazza del Gesù e arriverà al Duomo. Ci sarà anche il cardinale Sepe. Un intero "anno di pace": in ottobre Napoli sarà sede della preghiera mondiale di tutte le confessioni, che Sant’Egidio ha organizzato con la diocesi.

Dice Mattone: "Verranno 400 capi religiosi da tutto il mondo, mussulmani e ebrei, nel rispetto delle diverse motivazioni, verranno due imam da san Marcellino e da Salerno, i rappresentanti della chiesa ortodossa. Pregheremo affinché sia pace per i paesi in guerra, soprattutto quelli che non vengono mai nominati, Uganda, Indonesia, che vivono situazioni molto difficili". Per Napoli, l’occasione di essere ricordata non per la violenza, ma punto di incontro e di cultura.

Firenze: due assessori comunali in visita all’Ipm "Meucci"

 

Toscana In, 28 dicembre 2006

 

Un percorso all’interno dell’istituto penale minorile Meucci, per conoscere le varie attività e i laboratori realizzati dagli ospiti, in collaborazione con le associazioni e i volontari del servizio civile. È l’iniziativa che si è svolta nella struttura di via degli Orti Oricellari, alla presenza dell’assessore al terzo settore Lucia De Siervo, dell’assessore alla pubblica istruzione e politiche giovanili Daniela Lastri, accompagnate dal direttore dell’istituto Fiorenzo Cerruto.

"Questo incontro con i giovani ospiti - hanno ricordato gli assessori De Siervo e Lastri - risponde alla necessità di fornire ai minori detenuti un’occasione di socializzazione attraverso un momento di aggregazione con il "fuori", che oggi consistono nella presentazione delle attività di laboratorio e di formazione con le associazioni di volontariato. Una serie di iniziative che potranno dare anche l’occasione ai ragazzi di inserirsi nella realtà sociale e di scommettere per un futuro migliore".

Durante l’incontro con i giovani ospiti dell’istituto, di cui oltre circa il 90% sono di provenienza straniera, sono stati mostrati i loro lavori che hanno svolto durante l’anno. Il filo conduttore dell’iniziativa è stato il viaggio negli spazi in cui i ragazzi svolgono ogni giorno le loro attività di laboratorio. La prima tappa è stata nel chiostro della struttura, che ospitava la mostra fotografica: momenti di pausa e di gioco dei ragazzi durante la giornata. È seguita poi la visita nei laboratori. La prima stanza accoglieva i lavori del laboratorio biciclette a cura della Cooperativa Ulisse, poi quello di rilegatoria a cura dell’associazione Auser, il laboratorio di Arte e Natura a cura dell’associazione Progress, la Ludoteca Cineforum a cura delle associazioni L’Altro Diritto e C.I.A.O., e il laboratorio teatrale a cura dell’associazione OSA Teatro.

Erano presenti anche le associazioni Il Varco e la Croce Rossa Italiana. Le varie iniziative nascono da progetti ben precisi. Tra questi ricordiamo "Twin Apple", a cura dell’assessorato alla pubblica istruzione e politiche giovanili, in collaborazione con l’associazione di volontariato Auser. Il progetto è attivo dal 1999 e consiste nel coinvolgimento diretto dei volontari artigiani in pensione. Questo perché si vuole favorire una continuità generazionale sia della cultura artigianale che dei valori di collaborazione e di solidarietà. Inoltre il progetto pone l’attenzione sulla creatività giovanile e quindi sulla pratica manuale, oltre a preparare i ragazzi ad imparare un lavoro che potrà essere utile in futuro. Il pomeriggio si è concluso con un buffet, organizzato dalla Cooperativa sociale Panglos e con l’esibizione di un gruppo di percussionisti dell’associazione Jupiter Ensemble Jupiter.

Lettere: scrivo da Prato, il carcere migliore che conosco

 

www.informacarcere.it, 28 dicembre 2006

 

La voce che, normalmente, circola in galera è: "quel carcere è brutto o quel carcere è buono". Io, come voi, ascolto queste parole ogni giorno. Chi scrive è un detenuto che è stato influenzato da queste voci e a causa di ciò ha cambiato diversi Istituti Penitenziari.

Approfitto di questo spazio per raccontarvi, in poche righe, la mia storia trascorsa in differenti Istituti e credo, con le mie parole e con la mia storia, di poter essere utile alle persone che ragionano come ragionavo io qualche tempo fa. In passato mi comportavo male al fine di cambiare istituto, il tutto perché influenzato da radio carcere: venivo consigliato, infatti, dagli altri detenuti che cambiando istituto avrei trovato una situazione di vita migliore e mi dicevano che l’unico modo per essere trasferito era quello di fare "casino". Cosa fossero i benefici non ne avevo idea, non conoscevo nemmeno la lingua italiana (avevo imparato solo le parolacce, le espressioni della lingua che di solito si imparano più velocemente, e le utilizzavo per relazionarmi con chiunque).

Oggi, dopo tanto tempo di sofferenza, mi rendo conto che sbagliavo, mi rendo conto di aver perso tempo e soprattutto di aver perso i benefici: nello specifico ho perso i giorni, ossia la liberazione anticipata.

Il tutto perché credevo che ci fossero carceri dove si viveva meglio; solo con il tempo ho capito che alla fine ogni carcere si equivale; è un luogo di sofferenza e quindi dovunque si vada si soffre. Certo ci sono carceri dove si vive meglio e altri dove si sta peggio, però alla fine "sempre carcere è". Vi parlo un po’ di questo istituto di Prato, perché ho vissuto per anni in ogni piano di questo stabile; nel 1998 vivevo al primo piano; stare lì è stata una dura punizione, ma nonostante tutto, c’era allegria e speranza perché aspettavi ogni giorno di uscire dal carcere; essendo "giudicabile", infatti c’è sempre la speranza di uscire da un momento all’altro. Sono stato trasferito in diversi istituti e in ogni istituto in cui sono stato, ascoltavo sempre le stesse voci riguardo alle carceri e la continue lamentele riguardanti il lavoro o la Magistratura di Sorveglianza.

Figuratevi che non c’è lavoro fisso e paga decente nemmeno per i cittadini onesti che si trovano fuori. Sono stato anche nel carcere di Porto Azzurro, che veniva descritto come un carcere modello; all’interno dell’istituto la regola era che dopo aver scontato un anno dentro a quel carcere, ti davano un lavoro fisso; dopo un anno di sofferenza ho avuto il mio lavoro fisso, con la paga mensile, pensate un po’ di 30 € (trenta euro). Non volendo stare in quel carcere, ho tentato di farmi trasferire presentando un’apposita istanza. Questo perché iniziavo a capire le procedure, come funziona il carcere e le conseguenze che invece derivavano dal comportarsi male; inoltre la mia condanna era ormai definitiva e le speranze di una celere uscita erano finite. Mi hanno trasferito con un "marchio nero", come è la prassi in alcuni istituti. La scusa maggiormente utilizzata per trasferire un detenuto da un carcere all’altro è la seguente: "trasferito per opportunità".

Così ho chiesto di poter venire in questo carcere perché era il migliore tra le carceri che avevo conosciuto; qui ho fatto un paio di anni al secondo piano, poi mi hanno spostato al terzo, dove mi sono impegnato al massimo con la scuola finché ho preso il diploma di ragioneria; avendo conseguito il diploma, mi sono potuto iscrivere all’Università e sono salito al quarto piano, al Polo Universitario, dove veramente si avverte un grande cambiamento in relazione agli altri piani. Questo istituto lo immagino come una piramide, manca soltanto un tassello (o un piano), l’ultimo, dove si può raggiungere la materia prima: ossia "la vita". Per qualcuno è facile, per qualcuno è più difficile, ma io sono convinto che tutti (chi al più presto e chi più tardi, così come il fiume raggiunge il mare) un giorno raggiungeremo la libertà; comportandoci bene e impegnandoci nello studio, abbiamo un filo in più di possibilità per raggiungere questo traguardo.

 

Leonart Stafa, Casa Circondariale di Prato

Lettere: Prato; il carcere ostacola l’affettività dell’individuo

 

www.informacarcere.it, 28 dicembre 2006

 

Il mondo carcerario, così complesso, ostacola l’affettività dell’individuo stesso. Sono da dieci anni e mezzo in carcere, vivo in questo mondo "vuoto", condividendo il dolore, la rabbia, ma anche le piccole gioie di ogni giorno, con le tante altre persone che sono qui ristrette; in questo mondo spesso e volentieri ti viene tagliata la speranza; con lunghi anni di fronte a te, la tua mente si trova nel buio, nell’incertezza, nel disordine e nella confusione che spingono l’individuo, in proporzione al sempre maggior tempo che passa all’interno dell’istituto, a ritornare "indietro". Dopo tanti anni di carcere, infatti, la nostra personalità regredisce ad un livello infantile o viene totalmente azzerata o diveniamo come delle pietre prive di sentimento e di emozioni. Si perde la capacità di relazionarsi con gli altri.

Dialogando con i miei compagni ho chiesto loro: che cos’è il carcere? Questo mondo sconosciuto dall’esterno, ma anche dall’interno, nessuno lo ha capito. Un giorno un carissimo amico, che ha fatto trenta anni di galera, mi ha dato un consiglio: "non cercare di capire quella macchina di distruzione, ma cerca di ricordare le cose che ti fanno felice. Sogna, cerca di essere creativo, evadi da queste mura di cemento che cercano di prendere la tua anima, che ti vogliono far diventare freddo come loro". In carcere spesso, ogni giorno, le persone ti richiamano a ciò che hai commesso, tramite indici somatici (gesti, sguardi, espressioni facciali…), mentre il tuo pentimento interno viene lasciato in un angolo, come se fosse un peccato.

Ai tempi della dittatura in Albania, ricordo che se sbagliava uno, pagavano in mille, se uno sbagliava nei confronti di un altro, veniva coinvolta l’intera famiglia. La tortura nei carceri era considerata alla stregua di un "pasto", eri obbligato a lavorare a turni nelle miniere e non avevi alcun diritto. Quando uno moriva dentro, il corpo non veniva dato alla famiglia sino a quando la condanna non fosse stata scontata per intero. Se uno era condannato a morte, la famiglia non poteva nemmeno avere il corpo del suo caro per piangerlo. Dopo la caduta del regime, che le famiglie hanno voluto i corpi dei loro cari, non li hanno potuti avere poiché li avevano gettati.

Ma una cosa strana era che le persone che erano sposate, ogni mese, potevano passare un’intera giornata con la propria moglie, da soli, nell’intimità. Perché una dittatura che non aveva nessuna pietà verso i detenuti, faceva una simile concessione? Penso che l’unica ragione è che se all’uomo togli l’affettività, gli hai tolto la voglia di vivere.

In Italia, che è un paese civile con diritti e doveri che tutelano la persona e che sono garantiti dalla Costituzione, il carcere per esistere deve avere uno scopo ben preciso e cioè quello di recuperare e reinserire la persona che ha preso una via sbagliata.

È giusto che chi sbaglia deve pagare, sono i detenuti stessi a riconoscerlo per primi, la maggior parte delle persone che ho avuto modo do conoscere, si dispiacciono per ciò che hanno commesso. Nei loro occhi, nella loro voce, ho notato il pentimento e la voglia di riscattarsi, in primo luogo e per quanto possibile, verso le persone alle quali hanno causato danni. Ma soffrono anche per i danni causati alle proprie famiglie e non ultimo a se stessi. Perché un individuo non può passare un intero giorno con la propria moglie e i propri figli, per poterli abbracciare e spiegare a loro il suo sbaglio, affinché non sbaglino anche loro? In quale direzione sta andando la società?....

 

Lulzim Blakçori, Casa Circondariale di Prato

Veneto: a rischio i corsi formazione professionale per i detenuti

 

Il Gazzettino, 28 dicembre 2006

 

Formazione professionale a rischio all’interno del carcere di Venezia. La Regione Veneto, infatti, non ha previsto nel bilancio 2007 il finanziamento che solitamente stanziava, oltre 350mila euro, per tutti gli Istituti di pena della regione."Se la situazione non cambia saremo in grossa difficoltà", spiega Gabriele Millino, presidente della cooperativa Rio Terà dei Pensieri, che svolge da tempo attività di formazione all’interno del carcere Veneziano.

"La formazione è un elemento importante per tutto il mondo del lavoro, occupati e disoccupati, tanto è vero che si parla sempre più di formazione continua all’interno dei posti di lavoro - interviene il presidente di Confcooperative Venezia Angelo Grasso -. Tale necessità assume sicuramente un rilievo maggiore se esercitata all’interno delle carceri, proprio perché consente di dare ai detenuti una minima speranza di trovare una nuova futura occupazione".

È stato lo stesso presidente nelle settimane scorse a scrivere una lettera a deputati, senatori e consiglieri regionali perché venga trovata una soluzione a questa situazione che potrebbe diventare critica. Un primo incontro con Palazzo Balbi c’è già stato e la Regione si è impegnata a trovare dei finanziamenti all’interno dei fondi sociali europei, ma ad oggi alla cooperativa veneziana non è arrivata ancora nessuna risposta all’appello fatto.

Da tempo Rio Terà dei Pensieri svolge formazione all’interno del carcere per fornire una professionalità alle persone che vi si trovano all’interno preparando quindi il loro reinserimento sociale. "Questo evita, di fronte ad un’oggettiva difficoltà occupazionale - spiega il presidente Gabriele Millino - di riportare, all’interno delle carceri, persone che per sopravvivere si troverebbero per forza di cose ad affrontare situazioni precarie con tutte le conseguenze negative che ne conseguirebbero". E la storia recente lo conferma con gli ex carcerati impegnati una volta usciti dall’istituto di pena in aziende e fabbriche del Triveneto.

Lodi: al vaglio l'istituzione del "difensore civico" dei detenuti

 

Il Cittadino, 28 dicembre 2006

 

Un "difensore civico" per i detenuti della casa circondariale di via Cagnola: è il progetto al quale stanno lavorando (pur in un contesto normativo non ancora ben definito a livello nazionale) la provincia, il comune di Lodi e le amministrazioni dei singoli paesi del Lodigiano.

La figura del "garante dei detenuti" è inserita in una proposta di legge che dopo un primo passaggio nella Camera dei deputati, per la verità, sembra essersi arenata: il documento è infatti tornato all’esame della commissione affari costituzionali di Montecitorio per alcune modifiche al testo che potrebbero cambiare sostanzialmente la norma, istituendo una commissione nazionale al posto di singoli garanti operanti a livello locale. In attesa di notizie più precise dai palazzi di Roma, nel Lodigiano l’iter burocratico si è comunque messo in moto

Il garante dei detenuti del carcere del capoluogo avrebbe un ruolo di "difensore civico" per coloro che scontano la pena e un’attività di intermediazione fra l’amministrazione penitenziaria, le amministrazioni locali, il mondo delle associazioni e quello del lavoro per i detenuti residenti nel territorio che si apprestano a rientrare nella società. Capofila del progetto è la provincia di Lodi: "Abbiamo contattato i comuni lodigiani per chiedere un contributo su base percentuale per sostenere le spese di funzionamento dell’ufficio, spese stimate in 10mila euro annui - spiega Mauro Soldati, assessore provinciale con delega ai servizi alla persona -.

Al di là dell’aspetto contabile, vorremmo che tutte le amministrazioni percepiscano l’importanza di questa figura, un mezzo per garantire a chi ha scontato la pena le giuste opportunità di trovare una casa, un lavoro, di accedere alla formazione professionale e all’assistenza sociale".

La giunta provinciale sta stilando in questi giorni lo statuto e il regolamento che definisca compiti e competenze del garante. "Non sarà una figura che si sostituirà a quella del magistrato di sorveglianza o che andrà a sovrapporsi a competenze già esistenti - sottolinea Silvana Cesani, assessore comunale di Lodi ai servizi sociali -.

Sarà soprattutto un mediatore delle istanze del detenuto in carcere e un "ponte" per l’esterno. Da questo punto di vista c’è l’assenso e la collaborazione sia della direzione della casa circondariale, sia del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria".

Tolmezzo: interrogazione sul carcere al ministro Mastella

 

Il Gazzettino, 28 dicembre 2006

 

Rapporti difficili sulla gestione del personale, sulla distribuzione dei carichi di lavoro, dei riposi, delle prestazioni straordinarie, persino sull’utilizzo della mensa. Da tre anni la segreteria dell’Osapp, Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria, segnala disagi all’amministrazione penitenziaria nella casa circondariale di Tolmezzo. Ma, dice il sindacato, senza ricevere risposta neppure dal provveditorato regionale. Ora il senatore Maurizio Eufemi dell’Udc ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro Mastella perché proceda nella verifica delle disfunzioni nel carcere di Tolmezzo.

Il senatore nel suo intervento rimarca che sono stati inaspriti i rapporti interni anche dai "procedimenti disciplinari nei confronti del personale della polizia penitenziaria coinvolto così, in una serie crescente di procedimenti penali che, pur risolvendosi fino ad ora favorevolmente per gli interessati, hanno recato rilevanti costi economici, fisici e morali agli stessi, incidendo anche sul rendimento e sulla funzionalità complessiva della struttura". Si segnalano anche gli alti costi per il rimborso delle spese legali che hanno pesato sull’amministrazione centrale. Di qui la richiesta d’intervento al ministro della Giustizia, perché si attenui la tensione esistente in carcere.

Iraq: Saddam condannato a morte, presto l’esecuzione

 

Agi, 28 dicembre 2006

 

Il governo iracheno sta stringendo i tempi per eseguire la condanna a morte di Saddam Hussein, che però difficilmente potrà avere luogo prima del 4 gennaio. All’indomani della conferma definitiva in appello della pena capitale per crimini contro l’umanità da eseguire entro 30 giorni, il ministro della Giustizia, Hashem al-Shibli, ha spiegato che la sentenza sarà trasmessa al presidente Jalal Talabani per il decreto di approvazione. "Non ci saranno provvedimenti di clemenza in questo caso - ha avvertito - appena riceveremo il decreto ci prepareremo ad agire".

Tuttavia un allungamento dei tempi è possibile a causa della festività musulmana dell’Eid al-Adha, la festa del Sacrificio successiva al pellegrinaggio alla Mecca che dovrebbe cominciare sabato e che si protrae per quattro giorni: "C’è l’Eid - ha spiegato il ministro - e questo potrebbe richiedere un po’ più di tempo".

Il presidente iracheno Talabani è contrario alla pena di morte ma ha già fatto sapere che non intende interferire e permetterà a un suo vice di firmare il decreto da inviare alla direzione generale dei penitenziari per ordinare l’esecuzione. Saddam era stato condannato a morte il 5 novembre per la strage del 1982 a Dujail, villaggio sciita una quarantina di chilometri a nord di Baghdad. Insieme all’impiccagione di Saddam saranno eseguite quelle del fratellastro, Barzan Ibrahim, e di Awad Hamed al Bandar, capo della Corte rivoluzionaria irachena del periodo baathista.

Iraq: da Europa appelli bipartisan contro condanna Saddam

 

Associated Press, 28 dicembre 2006

 

Dall’estero arrivano richieste di non eseguire la condanna a morte: lo chiede l’Unione Europea, ma anche Italia, Germania e Francia (che però "prende atto" della sentenza e sottolinea che la decisione "appartiene al popolo iracheno"), India e organizzazioni per la difesa dei diritti dell’uomo come Human Rights Watch e Fidh, Federazione Internazionale delle leghe per i Diritti dell’Uomo.

Di fronte alla prospettiva dell’impiccagione la Commissione europea e alcuni tra i principali stati membri hanno riaffermato la contrarietà in linea di principio alla pena capitale, senza entrare nel merito della condanna a morte. Bruxelles, Londra, Parigi e Berlino, commentano con prudenza la notizia che per gli Usa invece è "un’importante pietra miliare" nel cammino dell’Iraq verso il futuro. Netta invece la posizione italiana riassunta dalle parole del premier Romano Prodi. "Pur senza voler sminuire i crimini di cui si è macchiato Saddam Hussein e la ferocia con cui ha gestito il potere durante il regime, e pur nel rispetto dell’autonomia e della legittimità delle istituzioni irachene, non posso non esprimere la ferma contrarietà del governo italiano e mia personale alla condanna a morte dell’ex rais". Ieri il ministro degli Esteri Massimo D’Alema aveva detto: "Noi siamo contro la pena di morte, come italiani e come europei. Continuo a sperare che la sentenza non sia eseguita". Unico partito isolato nel coro di no bipartisan che arriva dall’Italia è la Lega con Roberto Calderoli: "Saddam Hussein deve morire", sottolinea Calderoli, " non da martire ma da criminale internazionale quale è stato". Marco Pannella, in sciopero della fame e della sete raccoglie molti consensi e qualche critica.

Critiche alla decisione del tribunale di Baghdad arrivano anche dal centrodestra. "Anche la vita dei criminali è sacra", dice Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc, "giustiziare Saddam è un grave errore". Per il senatore di An Altero Matteoli "la democrazia non si costruisce con le impiccagioni", mentre il segretario della Dc Gianfranco Rotondi chiede che "si applichi a Saddam il perdono cristiano".

 

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