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Giustizia: Erba; vicini sotto torchio, Azouz atteso in Procura
Ansa, 22 dicembre 2006
Dopo i vicini tocca a Marzouk. Ma non oggi. Forse potrebbe essere domani, forse dopo Natale. Il giovane tunisino, marito di Raffaella Castagna, verrà sicuramente convocato alla Procura di Como per un nuovo interrogatorio nell’ambito della strage di Erba. Quando anche il suo legale, Pietro bassi, non riesce a saperlo. Oggi, intanto, il legale di Azouz si è presentato nel corridoio della Procura di Como per alcuni atti per conto dell’immigrato. In Tribunale, comunque, l’attività del pool di magistrati che si occupa della strage va avanti in modo intenso. In giornata, a differenza di ieri quando i vicini di casa erano stati messi sotto pressione, nessun interrogatorio. Una specie di pausa di riflessione prima delle prossime mosse. In mattinata nuovo incontro nell’ufficio del sostituto procuratore Antonio Nalesso (presenti anche i Pm Fadda ed Astori) con i carabinieri del reparto operativo di Como. Nessuna novità per i funerali. Il nulla osta non c’è ancora e di sicuro verrà rilasciato dopo il Natale. Probabile che i funerali di Valeria Cherubini possono svolgersi prima degli altri tre. Una ipotesi che gli inquirenti non scartano affatto. Ed intanto migliorano sempre più le condizioni di Mario Frigerio, il superstite della mattanza. L’uomo resta ricoverato in rianimazione al Sant’Anna, ma ormai è fuori pericolo. E potrebbe iniziare a collaborare in modo importante con gli inquirenti: nelle ultime ore ha ricevuto la visita dei magistrati impegnati a risolvere il caso. E forse potrebbe avere detto loro qualcosa di più utile ed importante di quel poco che aveva riferito nei giorni scorsi. Giustizia: Caso Welby; Fini: il medico risponda alla giustizia
Rai News, 22 dicembre 2006
Oggi l’autopsia sul corpo di Piergiorgio Welby, 61 anni malato di distrofia muscolare da quando ne aveva 20, è morto ieri lasciandosi alle spalle una scia di polemiche. Dal mondo cattolico le accuse al medico Mario Riccio, che lo ha prima sedato e poi ha spento il macchinario che lo teneva artificialmente in vita. Riccio e Marco Cappato dell’associazione Coscioni, sono stati ascoltati dalla Digos come persone informate sui fatti. Il Presidente Giorgio Napolitano ha espresso il proprio cordoglio, mentre il ministro della Salute Livia Turco si impegna perché nessun malato venga mai lasciato solo al suo destino.
Bondi, solo con la legge si poteva decidere la sorte di Welby
Solo un intervento legislativo del Parlamento "avrebbe potuto dettare delle regole universali" applicabili anche al caso Welby. Questo il commento del coordinatore nazionale di Forza Italia, Sandro Bondi. "Non credo che in un Paese civile -ha spiegato Bondi - questioni così delicate si possano risolvere in questo modo. Sono molto impressionato sia per la morte di Welby sia per le modalità in cui è avvenuta. Un così drammatico caso umano avrebbe richiesto serietà e pietà umana. Invece la sorte di Welby è stata fin dal principio enfatizzata mediaticamente e poi utilizzata politicamente. Tutto ciò è avvenuto dopo che era stato richiesta una decisione della magistratura e delle autorità sanitarie.
Gianfranco Fini, chi ha posto fine alla vita Welby non potrà non rispondere alla giustizia
"La prima spontanea riflessione è: lasciatelo riposare in pace. Nei confronti di Piergiorgio Welby è forte, soprattutto in questo momento, un sincero sentimento di umana pietà". Lo ha dichiarato il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini. "Purtroppo - ha aggiunto Fini - la sua commovente e tragica vicenda è stata sin troppo strumentalizzata per meschine ragioni politiche da chi ha dimostrato di non avere alcuna remora di tipo morale. Si è giunti alla bassezza di rivendicare come meritorio un atto che ha posto fine a una vita più che a una sofferenza. Chi lo ha fatto non potrà non rispondere alla giustizia".
Bindi, pietà per Welby ma nessuna legge potrà mai decidere
Provo grande pietà e rispetto per la vicenda umana di Pergiorgio Welby. Nessuna legge avrebbe potuto né potrà in futuro legittimare questo caso di eutanasia. Non possiamo nascondere questa verità. È sconcertante la spregiudicatezza politica con cui i radicali affrontano in modo ambiguo e inquietante le questioni della vita e della dignità ella persona". È il commento del ministro per le Politiche della famiglia, Rosy Bindi, alla scomparsa di Piergiorgio Welby. "Alle domande angoscianti della sofferenza, del vivere e del morire di tanti malati non si risponde con le forzature o le scorciatoie dei fatti compiuti. C’è bisogno di una forte assunzione di responsabilità da parte di tutti. La politica non può fare tutto, ma certo -ha sottolineato il ministro- non può limitarsi a salvaguardare la libertà individuale. Ma deve sostenere una rete di solidarietà pubblica che sappia prendersi cura integralmente della persona e della sua famiglia, perché nessuno si senta abbandonato".
C’è la radiazione Ma l’articolo 35 può farlo assolvere
Adesso "il caso Welby" diventa il "caso Riccio". E a dirimerlo tocca all’Ordine dei medici di Cremona che dovrà giudicare l’anestesista che "ha staccato la spina". Quel gesto che il malato di distrofia muscolare ha per tanto tempo invocato. Ma quali rischi, oltre ai quindici anni di carcere previsti dalla giustizia ordinaria, corre il medico che ha spento il respiratore che teneva in vita Piergiorgio Welby? La sorte professionale di Riccio è tutta racchiusa nell’articolo 35 del codice deontologico: "Il medico - ricorda Andrea Bianchi, presidente dell’ordine dei medici di Cremona, che ieri sera si è riunito per decidere l’audizione di Riccio - deve desistere da diagnosi e cure se il paziente le rifiuta". Questa norma è un’ancora di salvezza. Ma resta il problema dell’interpretazione, fissare cioè quel confine che separa i diritti del malato dall’eutanasia. Come si comporterà, allora, la giustizia dei camici bianchi? La risposta arriva da Amedeo Bianco, presidente della Federazione degli ordini dei medici. "L’ordine di Cremona, da cui dipende il dottor Mario Riccio, comincerà aprendo una procedura di chiarimento sulla vicenda. In base alle risposte, l’ordine deciderà se dar luogo a un procedimento disciplinare anche nell’interesse del professionista. Il presidente proporrà alla commissione medici di valutare se esistono gli estremi per un’imputazione deontologica; se c’è stata violazione di alcuni articoli del codice deontologico. Il medico dovrà rispondere al consiglio, cioè all’organo che valuterà le eventuali possibilità che vanno dall’assoluzione alla radiazione. Tra questi due provvedimenti in mezzo ci sono: il richiamo, la censura (un atto ufficiale), l’ammonimento formale e la sospensione per un tempo massimo di sei mesi". Giustizia: Camera, no a indagine su eutanasia clandestina
Asca, 22 dicembre 2006
Il Parlamento non procederà ad una indagine conoscitiva sull’eutanasia clandestina ma ad una serie di audizioni ad esperti, medici, associazioni dei malati per affrontare tutte le tematiche legate ai temi dell’accanimento terapeutico e delle cure nella fase terminale della vita. La decisione è stata annunciata dal presidente della Commissione Affari sociali della Camera, Domenico Lucà al termine dell’ufficio di presidenza delle Commissioni Affari sociali e Giustizia intergrate dai rappresentanti dei gruppi parlamentari. Giustizia: in CdM il ddl "Pollastrini" contro violenza sessuale
Apcom, 22 dicembre 2006
"Arriva al Consiglio dei Ministri il disegno di legge sulle nuove disposizioni in tema di violenza sessuale, maltrattamenti, atti persecutori e sottrazione di minorenni". Lo annuncia il ministro per le Pari opportunità, Barbara Pollastrini, dopo il via libera al testo dato dal pre-consiglio di ieri. "Grazie al lavoro del mio Ministero e di quelli della Giustizia e della Famiglia, di concerto con gli altri Dicasteri interessati, e dopo un approfondito confronto con varie realtà sociali, tra le quali i Centri antiviolenza e le Case di accoglienza per le donne maltrattate, potremo finalmente licenziare - aggiunge - per affidarle all’esame del Parlamento, norme prevalentemente di sensibilizzazione e prevenzione, con interventi specifici per la tutela della dignità delle vittime di violenza sessuale, ma anche norme per un’effettiva certezza delle pene". Nel disegno di legge, oltre a valorizzare e precisare nozioni quali quelle di "identità di genere" e "orientamento sessuale", contiene 8 norme "qualitativamente dominanti di sensibilizzazione e di prevenzione", anticipa in una nota la Pollastrini. Come gli interventi formativi rivolti a docenti e personale sanitario per "rimuovere tutte le discriminazioni (compresa quella relativa all’orientamento sessuale)". Si introduce, poi, per la prima volta una norma per "proibire l’utilizzazione in modo vessatorio o discriminatorio a fini pubblicitari dell’immagine della donna o dei riferimenti all’orientamento sessuale o alla identità di genere". All’Istat si affida "un monitoraggio costante del fenomeno della violenza e dei maltrattamenti" per comprenderne meglio le caratteristiche fondamentali e individuare i soggetti più a rischio. Sono allo studio anche "interventi specifici in materia previdenziale". Si è costruita, inoltre, una vera e propria "carta dei diritti" della vittima di violenze e si sono progettati "programmi di reinserimento lavorativo assimilabili a quelli già operanti in materia di tratta degli esseri umani, che aiutano la donna a reinserirsi socialmente e professionalmente riconoscendole nuovi spazi e possibilità anche economiche di mantenersi autonomamente". Si dà vita al Registro dei centri anti-violenza presso il Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità per lo scambio di informazioni con le istituzioni pubbliche e la gestione condivisa degli interventi del piano nazionale un carattere permanente e strutturato. Il ddl contiene anche "alcune limitate misure repressive", non - spiega ancora la nota del ministro Pollastrini - per affermare "una generica volontà persecutoria o assecondare passivamente pulsioni di breve periodo dell’opinione pubblica, ma per garantire un’effettiva certezza delle pene già previste e per rimediare ad alcune lacune obiettive". Infatti, nella determinazione della pena per i reati di violenza sessuale si è esclusa la possibilità che il giudice valuti prevalenti o equivalenti le circostanze attenuanti rispetto a quelle aggravanti: in nessun caso i fatti costituenti causa di aggravamento della pena nello specifico possono essere annullati dalla valutazione favorevole di altre circostanze. Si è qualificato maltrattamento in famiglia anche il comportamento lesivo posto in essere nei confronti del convivente: un riconoscimento dell’eguale livello di protezione che "garantisce che quell’orientamento si consolidi senza eccezioni". Si eleva anche di un anno il minimo di quella pena. Un intervento che consentirà agli inquirenti di avvalersi delle intercettazioni ambientali e telefoniche, altrimenti non consentite. Nei casi di violenza sessuale, atti sessuali con persona minorenne e violenza di gruppo si è ammesso il ricorso al giudizio immediato, mentre si è ampliata la possibilità per la vittima, anche non minorenne, di sottrarsi al pubblico dibattimento rendendo le proprie dichiarazioni in sede di incidente probatorio, "così evitandole l’ulteriore frustrazione rappresentata dal dovere rendere dichiarazioni spesso intime e dolorose in sede di pubblica udienza". Per rimediare alle lacune obiettive dell’ordinamento, si è deciso che tra le cause di aggravamento della pena nei reati di violenza sessuale sia introdotta una nuova aggravante, sostitutiva di quella originariamente prevista per reati di violenza sessuali commessi nei confronti di minore infrasedicenne dal genitore o dall’ascendente ovvero il tutore. La nuova aggravante si estende anche alle ipotesi in cui il reato è commesso nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, il convivente o la persona che sia o sia stata legata da relazione affettiva anche senza convivenza. La violenza commessa dal coniuge, dal convivente, ovvero comunque dal partner non convivente è ritenuta più lesiva della violenza posta in essere dall’estraneo poiché implica l’approfittamento della condizione di affidamento che caratterizza le relazioni affettive; il rapporto affettivo abbassa la soglia di difesa, la potenziale vittima è meno vigile poiché non si attende alcun tipo di comportamento violento o aggressivo dalla persona ad essa legata sentimentalmente. Si è costruita e sanzionata una nuova figura di reato, cioè "atti persecutori": si tratta di quei "comportamenti molesti o minacciosi che, turbando le normali condizioni di vita, pongono la vittima in un grave stato di disagio fisico e psichico, di vera e propria soggezione e che sono capaci di determinare un giustificato timore per la propria sicurezza ovvero per la sicurezza di persona particolarmente vicina alla vittima". Il ddl prevede, ancora, che sia estesa la cosiddetta legge Mancino (che sanziona alcune forme di discriminazione) agli atti discriminatori fondati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere nonché a quelli perpetrati per ragioni di appartenenza razziale, etnica e religiosa. È prevista la possibilità per la Presidenza del Consiglio di costituirsi parte civile nei processi per atti discriminatori; nei processi per violenza nei confronti delle donne potranno altresì intervenire in giudizio gli enti locali e i Centri antiviolenza che abbiano prestato assistenza alla donna. Viene introdotto il reato di sottrazione e trattenimento di minore all’estero. Attualmente una simile condotta, che rientra in una tipologia diversa, comporta la pena della reclusione fino a due o tre anni. Le nuove disposizioni prevedono la pena della reclusione da uno a sei anni nel caso di sottrazione e trattenimento all’estero di minore di quattordici anni o di ultraquattordicenne dissenziente, ovvero da sei mesi a quattro anni nel caso in cui il minore sottratto e trattenuto all’estero sia di età superiore ai quattordici anni e consenziente. Giustizia: Cassazione; reagire a vigile prepotente non "resistenza"
Altalex, 22 dicembre 2006
(Sentenza Cassazione n° 36009/2006). Chi reagisce ad un comportamento "sconveniente o prepotente" di u vigile urbano non può essere condannato per resistenza a pubblico ufficiale. Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione annullando la condanna inflitta dalla Corte di Appello di Torino ad un cittadino che, multato per divieto di sosta, non aveva voluto seguire il vigile in ufficio ed aveva avviato la vettura, trattenuto per un braccio dall’agente che lo aveva trascinato a terra procurandogli alcune lesioni. La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’imputato, affermando che la sua condotta non fu finalizzata ad impedire o a ostacolare l’attività funzionale del pubblico ufficiale ma rappresentò una reazione al comportamento "non ortodosso e sconveniente" dello stesso, che, con arroganza e fare autoritario, lo aveva afferrato per un braccio e pretendeva di condurlo presso gli uffici della Polizia Municipale per contestargli formalmente la violazione del codice della strada già accertata in precedenza da un altro vigile urbano. Verona: dai detenuti fiori d’arancio confetti e bottiglie terracotta
Comunicato stampa, 22 dicembre 2006
Per chi è in procinto di sposarsi o di festeggiare una nascita e si trova a corto d’idee, può essere uno strumento utile. Fiori d’arancio, confetti e bottiglie di terracotta è il titolo del libretto promosso dall’Associazione "La Fraternità" e realizzato dai detenuti della casa circondariale di Montorio. Parla di nascite e di matrimoni, di come sono percepiti e festeggiati in varie parti del mondo dal Marocco al Ghana, all’Albania, mettendo insieme tradizioni di un tempo, ricordi ed emozioni: "Deciso il prezzo, il padre della ragazza dà a sua figlia una tazza di vino di palma perché possa mostrare al pubblico chi è suo marito" - racconta un detenuto nigeriano - "a questo punto la ragazza si guarderà intorno cercando il marito che si sarà nascosto tra i suoi amici e che poi si farò avanti per accettare la tazza di vino". "Si mettono tre nomi in base a cosa è accaduto prima o dopo la nascita: il mio nome, per esempio, significa figlio dell’onore. Io sono il settimo figlio, ma ero quello prediletto" - racconta a proposito delle nascite un altro detenuto. "Si tratta solo di frammenti. Frammenti preziosi però" scrive nell’introduzione del volumetto il direttore del Cestim Carlo Melegari, che vede nel carcere un luogo, oltre che "di sofferenza e di pena in tutti i sensi per tutti quanti vi sono ristretti", anche un "luogo provvidenziale di sperimentazione positiva delle relazioni interculturali e interreligiose di pace". "Visto che ovunque" - conclude Melagari - "bianchi o neri, cristiani o musulmani, credenti o non credenti, assieme si è chiamati e destinati a vivere, gli uni accanto agli altri, gli uni in relazioni - possibilmente di pace - con gli altri." Realizzato durante il corso di comunicazione e grafica promosso dall’Associazione "La Fraternità", il libretto - del costo di 1 € e il cui ricavato viene in parte consegnato ai detenuti che lo hanno realizzato - è disponibile presso la libreria Rinascita (corso Porta Borsari 32), il Centro studi immigrazione (via san Michele alla Porta, 3) e la Rondine (via Pallone 2/B). Si tratta del terzo "prodotto" di una serie che ha visto raccontare il desiderio di libertà dei detenuti in un primo numero uscito lo scorso dicembre e in un secondo, edito nel maggio scorso, illustrare i passatempi e la percezione dello scorrere del tempo in cella.
Per ulteriori informazioni Chiara Bazzanella 393.5641003 Associazione "La Fraternità" - via A. Provolo n. 28 37123 Verona - Tel./Fax 045-800.49.60 Caltanissetta: il murales "Speranza", donato dal Rotary club
La Sicilia, 22 dicembre 2006
È stato inaugurato ieri mattina il murales dal titolo "Speranza", donato dal Rotary club di San Cataldo alla locale Casa di reclusione. Il dipinto - realizzato da alcuni alunni dell’Istituto statale d’Arte "Juvara" vincitori del concorso bandito dal Circolo Giovanile "S. Anna" - arreda la sala visite del carcere dove, recentemente, è stato anche abbattuto il muro divisorio. Alla cerimonia sono intervenuti il direttore del carcere, Giuseppe Russo; l’ex direttore del carcere, Agata Blanca; il presidente del Centro Giovanile "S. Anna", Luigi Nocera; il preside dell’Istituto d’arte, Gaetano Falci; il tutor del Rotary, Valerio Cimino; il presidente del Rotary sancataldese, Raimondo Maira; il prefetto del club service, Rosa Anna Asaro; il dirigente del Ufficio scolastico provinciale, Antonio Gruttadauria; il vice sindaco di San Cataldo, Raimondo Fasciana; e il sindaco di Sommatino, Lorenzo Tricoli. Era presente anche il delegato per la Fondazione Rotary, Aldo Tullio Scifo, gli autori del murales (Maurizio Giulio Gebbia, Mirko Cavallotto, Amos Riccobene, Matteo Giammusso e Elia Favata) e una nutrita rappresentanza degli studenti dell’Istituto statale d’arte. Ha fatto gli onori di casa il direttore del carcere, Giuseppe Russo, che ha ringraziato il Rotary e i ragazzi per la realizzazione e auspicato altre collaborazioni. L’ex direttrice, Agata Blanca, ha spiegato i motivi che hanno portato all’eliminazione delle barriere tra carcerati e parenti in occasioni delle visite. Il preside Falci ha sottolineato l’apertura della scuola alla società attraverso la realizzazione di diverse opere d’arte negli edifici pubblici. Il tutor del Rotary, Valerio Cimino, ha portato il saluto del Governatore Alfred Mangion di Malta e ha sottolineato l’impegno di servizio del Rotary che, nel caso specifico, non è solo una sponsorizzazione ma un segno della vicinanza verso i detenuti e le loro famiglie. Il presidente del Rotary, Raimondo Maira, ha ringraziato la direzione del carcere per l’opportunità di servizio offerta al sodalizio mentre il prefetto del club, Rosa Anna Asaro ha donato una propria poesia dedicata ai carcerati. Antonio Gruttadauria ha ricordato che "oltre al muro abbattuto nella sala visite del carcere rimangono tanti altri muri nei rapporti tra le persone che devono ancora essere abbattuti". L’importanza della sinergia tra enti pubblici e privati è stato al centro degli interventi del vice sindaco di San Cataldo e del sindaco di Sommatino. "Il Rotary di San Cataldo - ha detto il presidente Maira - in pochi mesi ha realizzato due importanti progetti: la dedica di una strada alla Repubblica di Malta in occasione della visita del governatore e la realizzazione del murales nel carcere". Busto Arsizio: trasferire i "protetti" per fare spazio ai semiliberi
Varese News, 22 dicembre 2006
Trasferire i collaboratori di giustizia dal carcere di Busto ad altra casa circondariale in grado di ospitarli: questa la proposta del capogruppo regionale di Rifondazione Mario Agostinelli, oggi in visita alla struttura di via per Cassano. La proposta è mirata a permettere ai detenuti aventi diritto, alcune decine, di usufruire della semilibertà; infatti è necessario riservare ad essi un’ala particolare del carcere, attualmente destinata ai collaboratori di Giustizia o "pentiti". Attualmente il carcere di via per Cassano ospita circa 330 detenuti (una decina di nuovi "ospiti" sono arrivati solo ieri, e l’operazione "Tagli pregiati" ha contribuito ad aumentare la popolazione carceraria) su una capacità ottimale teorica di 280. Si tratta, beninteso, di un grosso passo avanti: prima del discusso indulto dell’estate scorsa, nel carcere bustese si affollavano ben 450 detenuti, anche cinque per cella in alcuni casi - e c’era chi dormiva sul pavimento - cifra ridottasi a 300 con l’indulto ma che sta già risalendo. Il carcere di via per Cassano è infatti il "polmone" di Malpensa, che vi scarica quasi quotidianamente i "cavalli", i corrieri della droga, quasi sempre sudamericani (sudamericani sono ben il 40% dei detenuti), pizzicati allo sbarco da GdF, doganieri e cani antidroga. A ricostruire questi dati sono state le persone che hanno accompagnato Agostinelli in questa visita al carcere: Saverio Ferrari, responsabile carcere di Rifondazione, insieme al consigliere comunale Antonello Corrado e ad Annibale Izzo, agente di polizia penitenziaria fino a poco tempo fa in servizio a Busto (ora a Bollate) ed esponente del sindacato di categoria Osapp. "Il nostro partito si è molto battuto per ottenere la creazione di una commissione carceri nella passata legislatura, che purtroppo non è stata rinnovata" lamenta Agostinelli. "L’attenzione resta alta, la mia qui è la dodicesima visita di un esponente del PRC dal 2001 in qua; l’attenzione sul tema resta alta". Il capogruppo regionale di Rifondazione ha trovato la struttura carceraria in condizioni complessivamente buone, ed ha avuto parole di solidarietà per gli agenti di custodia, che vivono spesso situazioni di grande difficoltà. In numero assoluto essi non mancherebbero, ma sul territorio nazionale sono mal distribuiti: ve ne è carenza al Nord, sovrabbondanza al Sud e nelle isole. Attualmente gli effettivi in servizio a Busto sono 213 (in teoria 243) sui 280 previsti; un quarto di essi è "casermato", ossia non ha la possibilità di trovarsi casa e far arrivare i familiari, per lo più a causa degli affitti esorbitanti rispetto ad una paga non certo generosa. Antonello Corrado ribadisce la necessità di una più stretta collaborazione fra carcere e Comune di Busto Arsizio. "Abbiamo proposto attività congiunte, ad esempio creare una cooperativa in cui in futuro i semiliberi possano dedicarsi ad una serie di attività lavorative. Inoltre va definita anche la collaborazione con Casa Onesimo (struttura volontaria che si occupa di assistere detenuti appena liberati) attraverso una apposita convenzione". Minori: "Orizzonti a colori" per circa 700 minori stranieri
Redattore Sociale, 22 dicembre 2006
Sono circa settecento i minori migranti in Italia in condizione di solitudine, ovvero non accompagnati dai genitori o dai parenti, che sono stati aiutati quest’anno nell’ambito del progetto "Orizzonti a colori". Si tratta di un progetto lanciato appunto l’anno scorso da Save the children, che ha lavorato con il Centro di giustizia minorile, con il Comune di Roma, la Casa dei diritti sociali-Focus e il Centro Informazione ed Educazione allo sviluppo, potendo anche contare sul sostegno della Fondazione Vodafone Italia, il cui contributo darà ora la possibilità di rinnovare per un altro anno le attività in favore dei minori stranieri. In occasione della giornata mondiale dei migranti, oggi Maurizia Iachino, presidente di Save the Children Italia, ha spiegato che per la loro condizione i minori migranti non accompagnati sono particolarmente esposti a rischio. "Per questo - ha detto Iachino - è fondamentale mettere in campo progetti come "Orizzonti a colori", che diano un contributo fattivo per prevenire l’illegalità e lo sfruttamento". L’obiettivo del progetto è quello di aiutare nel reinserimento questi ragazzi sfortunati e soprattutto "offrire una diversa prospettiva di vita a quelli finiti nel circuito penale". Non si tratta d’altra parte - di un fenomeno marginale e neppure tanto circoscritto se è vero - come dicono le cifre fornite dal Comitato Minori Stranieri - che i minori non accompagnati presenti in Italia (dati aggiornati al 30 settembre 2006), sono 6551, di cui l’80,52% maschi. Interessante notare anche le provenienze geografiche di questi minori: il gruppo più numeroso presente attualmente in Italia è quello dei rumeni che rappresentano il 35,66% del totale. Il secondo gruppo per importanza numerica è quello dei minori non accompagnati provenienti dal Marocco, che rappresenta il 21,83%. Al terzo posto, sempre come presenza, il gruppo dei minori albanesi che rappresentano il 15,46%. Circa un quarto di questi ragazzi ha un’età compresa tra i 7 e i 14 anni, mentre più della metà (il 53%) ha un’età compresa tra i 16 e i 17 anni. Meno del 20% hanno 15 anni. Per quanto riguarda l’attuale collocazione, sono due le regioni italiane che mantengono il primato delle presenze: la Lombardia con 1573 minori migranti soli e il Lazio con 1050 migranti soli. Per quanto riguarda il Lazio, come succede per altri indicatori che riguardano l’immigrazione, è Roma il polo di attrazione principale. La maggior parte dei minori non accompagnati vive infatti nella capitale, dove la comunità più numerosa, rispettando anche qui le dinamiche nazionali, è quella dei rumeni. In questo caso, poi, non si tratta solo di occuparsi dei minori completamente soli, ma anche di quelli che pur vivendo nello loro comunità (i Rom per esempio) non sempre hanno genitori o comunque adulti in grado di occuparsi di loro. Secondo i responsabili di Save the Children, il primo anno di attività del progetto Orizzonti a colori ha dato ottimi risultati, sia dal punto di vista del sostegno realizzato a favore dei minori soli, sia dal punto di vista della qualità della collaborazione che si è istaurata tra le organizzazioni no profit e le istituzioni coinvolte nel progetto. Il risultato concreto è dunque di tutto rispetto: in un anno di attività, sono stati appunto circa 700 i minori stranieri con i quali si è stabilito un rapporto e si sono stabilite delle azioni di sostegno. Gli operatori di "Orizzonti a colori" hanno agito sia su strada, che attraverso le istituzioni che si occupano di minori, in particolare il Centro di Pronta Accoglienza e l’Istituto Penale minorile. Ma che tipo di attività svolgono gli operatori preposti al progetto? Si va dalle informazioni sanitarie, all’accoglienza, dall’aiuto diretto alle tante necessarie consulenze legali. Sul tipo di interventi realizzati nei primi dodici mesi di vita del progetto, vedi il lancio successivo.
Nell’equipe di "Orizzonti a colori" anche 3 "educatori alla pari"
Il progetto "Orizzonti a colori" è affidato a un’equipe costituita da 16 operatori, che agiscono in diversi campi (dalla mediazione culturale e sociale alla consulenza legale) su vari piani. Molto spesso gli operatori agiscono direttamente in strada, dove entrano in contatto con i minori non accompagnati. Anzi l’attività su strada è quella più considerata dall’equipe, visto che su 16 operatori, 14 compongono l’unità di strada integrata. Nel team, composto anche da una etnopsicologa e da un consulente legale, ci sono operatori che vanno "a caccia" dei minori diverse volte alla settimana. Ovviamente il contatto con i minori non accompagnati avviene nei luoghi dove con più frequenza si riunisco le comunità dei migranti e in particolare i minori soli. Decisivo in questo senso è stato l’accordo e la collaborazione tra Save the Children e il Centro di contrasto alla Mendicità Infantile e il Polo Anti-tratta del Comune di Roma. Ma una delle novità più importanti di questo progetto e della composizione del team operativo riguarda la presenza della figura di "educatori alla pari". "Si tratta - spiega Carlotta Sami, direttore dei programmi di Save the Children - di ragazzi stranieri sulla soglia della maggiore età che vengono scelti e formati per fare da mediatori sociali con i loro simili". I ragazzi scelti finora e inseriti già nel team operativo del progetto sono 3. Ma ci sono già altri 8 ragazzi e ragazze pronti a entrare in azione. Si tratta di adolescenti rumeni, rumeni Rom, albanesi e afghani, che sono stati selezionati in strada e che ora hanno la possibilità di aiutare concretamente i minori non accompagnati sulla base del progetto di Save the Children. Per loro è stato organizzato un corso di formazione specifico che è durato circa sei mesi. Sempre secondo Carlotta Sami, si tratta di una esperienza unica non solo in Italia. Neppure in Gran Bretagna - dove l’esperienza della mediazione culturale e sociale è molto avanti - si era ancora tentato qualcosa di simile. Per quanto riguarda invece le nazionalità di provenienza dei minori soli, anche a Roma sono comunque i rumeni i più numerosi. Dei 554 minori con cui gli operatori del progetto sono entrati in contatto durante il 2006, 333 provenivano dalla Romania, 195 dall’Afghanistan, mentre tra le altre provenienze ci sono l’Albania, la Moldavia, la Nigeria, la Bulgaria e la Polonia. Rispetto ai risultati dell’attività, si registrano 40 minori che sono stati inseriti nelle strutture di accoglienza. Tra i ragazzi sfortunati, ce ne sono poi sempre alcuni più sfortunati degli altri. In questo senso i responsabili del progetto fanno sapere che nel corso dell’anno ci sono stati 10 minori che sono stati accompagnati presso i servizi sanitari perché sono stati vittima di casi di sfurttamento della prostituzione. Una delle attività innovative messa in campo con il progetto Orizzonti riguarda la mediazione sociale. L’equipe ha infatti potuto assicurare la presenza di quattro dei suoi operatori nel Cpa penale di Roma, ovvero nel Centro di prima accoglienza dove vengono condotti i minori tratti in arresto e in attesa di convalida. Questa decisione è stata giudicata con grande favore perché permette di aiutare direttamente i minori migranti laddove sono più in difficoltà. I ragazzi che hanno potuto cominciare a beneficiare di questo nuovo intervento del team di Orizzonti a colori sono stati quest’anno 84. Gli operatori cercando di sostenere i ragazzi condotti nel Cpa. In particolare cercano di rimotivarli e di spingerli verso percorsi di reinserimento e formazione. Il compito più importante che svolgono dunque gli operatori della mediazione sociale è quello di fare da ponte tra i ragazzi soli e le istituzioni. Se nel Cpa sono stati eseguiti in un anno 84 "interventi", per quanto riguarda la mediazione linguistico-culturale attuata in tutte le strutture interessate (ma in particolar modo nell’Istituto Penale Minorile) sono stati registrati più di 400 "interventi". La novità di inserire nelle strutture gli operatori del progetto Orizzonti è stata giudicata con grande favore. "Il consistente incremento dell’utenza straniera in particolare di quella rumena - dice Donatella Caponetti, direttore del Centro di Giustizia minorile del Lazio - sollecita strategie di intervento strettamente connesse con le risorse attive nel territorio. I tale direzione il progetto Orizzonti a colori rappresenta una sperimentazione innovativa nei percorsi educativi in favore dei minori stranieri". Trento: "residenze assistite" per stranieri non accompagnati
Redattore Sociale, 22 dicembre 2006
"Residenze assistite" decentrate sul territorio per i minori stranieri non accompagnati: un modello alternativo di accoglienza pensato dalla provincia di Trento che lo scorso anno ha accolto, in carico ai servizi sociali, 111 ragazzi, quasi tutti nella città di Trento. Sono perlopiù adolescenti che arrivano, illegalmente e soli, dall’Albania, dal Marocco e dall’Europa dell’Est. Vivono per strada, dove rischiano di scivolare nella devianza e di rimanere vittime della criminalità; non vanno a scuola e non accedono ai servizi sanitari e sociali (anche se le norme nazionali e internazionali garantiscono loro il diritto alla protezione e tutela, all’istruzione, alla salute) e quando raggiungono i 18 anni possono ottenere un permesso di soggiorno solo se dimostrano di avere una casa dove abitare e un contratto di lavoro, o se frequentano un corso di studio, e se hanno partecipato per almeno due anni ad un "progetto di integrazione sociale e civile", e sempre che nel frattempo abbiano ricevuto dal Comitato minori stranieri un provvedimento di "non luogo a procedere al rimpatrio". Altrimenti diventano maggiorenni clandestini. Il modello nuovo modello di intervento è stato approvato venerdì scorso dalla Giunta provinciale su proposta dell’assessore Marta Dal Maso e prevede la permanenza a Trento del servizio di pronta accoglienza presso il già esistente centro per minori a Roncafort e un certo numero di gruppi appartamento, destinati a quei ragazzi che non ce la fanno a vivere in relativa autonomia. La residenza assistita è "una struttura intermedia" - spiega nella delibera l’assessore alle politiche sociali Dalmaso - "capace di rivalutare pienamente la funzione dei domicili autonomi attraverso un percorso di progressiva autonomia in grado di superare il complesso e a volte critico passaggio del ragazzo tra il gruppo appartamento e il domicilio autonomo, in modo da non vanificare la prima esperienza e valorizzare la seconda. Un modello che costituisce una innovazione nell’ambito della rete di servizi oggi esistenti, che tende ad accrescere l’efficacia dell’intervento in questo specifico target di utenza, l’efficienza gestionale e la vivibilità territoriale". Anche nella provincia di Trento, come in altre realtà italiane, alcuni ragazzi stranieri diventati maggiorenni sono ricorsi al Tar contro i provvedimenti di diniego alla richiesta di rinnovo di permesso di soggiorno, un ricorso che comporta tempi lunghi, con la conseguenza che questi giovani rimangono in carico, in una situazione di attesa, ai servizi sociali. Da qui - spiega l’amministrazione - nasce la quota d’ingresso per la permanenza dopo la maggiore età di 14 minori stranieri non accompagnati riservata alla nostra provincia. Il percorso di accompagnamento all’acquisizione di una crescente autonomia non si ferma sulla soglia del "gruppo appartamento": "per questi ragazzi - spiega - è necessario pensare a un sostegno orientato al lavoro, allo studio, alla cura di se stessi e del proprio alloggio, alla ricerca di una casa, all’apprendimento della lingua italiana, all’integrazione con il territorio". Percorsi che potranno essere attivati - in una logica di integrazione tra diversi attori, pubblici e privati (Provincia, enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, enti del privato sociale) - con interventi individualizzati e strutturati per moduli, proprio all’interno delle Residenze Assistite. "L’obiettivo - si spiega al Servizio Politiche sociali - è quello di innovare il sistema dei servizi dedicati all’accoglienza dei minori non accompagnati, con un sistema di accoglienza in grado di ridurre i costi pur mantenendo o aumentando lo standard qualitativo del servizio offerto". E questo per varie ragioni: necessità di alleggerire la pressione sulla città di Trento esercitata oggi da un numero considerevole di strutture per l’accoglienza dei minori; evitare una forte concentrazione di studenti stranieri nelle scuole professionali e dell’obbligo dei comuni di Trento e Rovereto, senza sfruttare le opportunità e i servizi dei molti Istituti professionali presenti nelle valli; sfruttare gli sbocchi occupazionali offerti dalla periferia; preservare i ragazzi da contesti poco educativi e, in qualche caso, potenzialmente devianti; minori costi delle strutture nelle zone periferiche. Droghe: aumentano cocainomani; per le feste vera epidemia
Redattore Sociale, 22 dicembre 2006
Previsioni allarmanti degli esperti Ausl. Sempre più in voga nei party, da sola o alternata all’ecstasy, la cocaina ha soppiantato l’eroina. E sulla piazza modenese transitano quantità crescenti di "neve". È la polvere bianca che provoca euforia e una sensazione ingannevole di onnipotenza, il nuovo business delle organizzazioni criminali. Molti incidenti stradali finiti in tragedia svelano, al momento dell’autopsia, che il conducente era in preda a delirio da stupefacenti. Cocaina ed ecstasy sono le droghe incriminate per quel senso di benessere artificiale che suscitano, cancellando sensazioni come la fame, la stanchezza e il malumore, salvo poi causare un crollo nervoso quando vengono meno gli effetti. E per le feste gli esperti si aspettano una vera e propria epidemia. Le statistiche sui sequestri operati dalla Polizia Stradale, dai Carabinieri, dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza dimostrano che sulla piazza di Modena transitano quantità crescenti di "neve". Il dato si riflette a livello sanitario: "È il quadro che emerge dalla relazione del settore dipendenze patologiche - spiega Claudio Ferretti, responsabile tossicodipendenze nel dipartimento di Salute mentale dell’Ausl - aumenta il numero di consumatori di cocaina, il 14% sul totale dei 1335 pazienti che sono venuti alla nostra osservazione, mentre resta preponderante la quota di consumatori di eroina. Sono invece assenti dalle statistiche ambulatoriali i consumatori sistematici di ecstasy e cannabinoidi, a riprova del fatto che queste persone non si considerano drogate e non richiedono spontaneamente interventi di cura presso il Ser.T.". Gli interventi per assuefazione alle droghe fanno parte di una rete di assistenza che coinvolge strutture pubbliche e accreditate del sistema sanitario, tra queste l’ospedale Villa Rosa, diretto da Pier Luigi Forghieri, che sulle droghe emergenti organizza regolarmente convegni e seminari: "Insieme a Villa Igea abbiamo affrontato più volte i temi della tossicodipendenza da sostanze e di abuso di alcol. La diffusione degli allucinogeni è motivo di preoccupazione - aggiunge Forghieri - e richiede un approccio psichiatrico e clinico adeguato". Vedremo insomma sempre meno siringhe in circolazione? È una tendenza, ma il triste cerimoniale del "buco" e della sindrome da astinenza sono tuttora problemi molto gravi. Meno appariscente, ma non meno insidiosa, secondo la ricerca del sociologo Gianni Morandi, che dirige l’Osservatorio dipendenze dell’Ausl la fenomenologia del danno da cocaina. Le donne sono relativamente risparmiate, ogni sei casi selezionati e studiati dal Ser.T., cinque sono uomini. Da segnalare infine l’aumento del numero di persone con problemi di alcol (745) e le crescenti richieste di partecipazione ai corsi antifumo (478) rivolti a quanti vogliono liberarsi dalla schiavitù del tabacco.
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