Rassegna stampa 3 agosto

 

Indulto: Mastella, ad oggi ci sono 5.300 scarcerazioni

 

Ansa, 3 agosto 2006

 

Ad oggi ci sono state circa 5.300 scarcerazioni in seguito all’indulto. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. "Oggi sono uscite dal carcere romano di Rebibbia 4 mamme con bambini e questo mi sembra un aspetto positivo - ha aggiunto". E sui dei rientri in carcere subito dopo il rilascio il ministro sottolinea: "statisticamente non mi sembra un dato preoccupante".

Indulto: Mastella; il reinserimento spetta agli enti locali

 

Ansa, 3 agosto 2006

 

Il reinserimento sociale dei detenuti spetta agli enti locali: lo ha ricordato il ministro della Giustizia Clemente Mastella rispondendo alla Camera, nel question time, a un’interrogazione del deputato Riccardo De Corato di An sui finanziamenti ai Comuni per il reinserimento sociale di chi beneficia dell’indulto. Il dicastero di via Arenula, dice Mastella, "è chiamato a svolgere un’attività di collaborazione con autorità deputate a garantire che il reingresso in libertà di una cospicua parte di popolazione detenuta avvenga nel modo consono alle finalità di reinserimento sociale cui la stessa pena detentiva è orientata con le sue chiare ricadute in termini di garanzie di sicurezza per i cittadini". Il ministro ha anche sottolineato che si sta valutando la possibilità di promuovere un bando straordinario a valere sui fondi della Cassa delle ammende da espletarsi con procedure d’urgenza. Le scarcerazioni finora sono state finora circa 5.300.

L’allarme terrorismo. Mastella ha ribadito che nessuno degli scarcerati dopo l’entrata in vigore dell’indulto aveva rapporti con il terrorismo. Il Viminale ha fatto, comunque, sapere che i questori sono stati incaricati di monitorare le scarcerazioni di extracomunitari condannati per reati minori che potrebbero essere collusi con organizzazioni terroristiche. Si sta comunque decidendo sull’espulsione e il rimpatrio dei soggetti più pericolosi.

A volte la libertà dura poco. Il ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro, cha ha combattuto senza sosta contro l’approvazione della legge, improvvisando anche sit in di protesta di fronte a Montecitorio, non demorde. "L’indulto - dice l’ex magistrato - come è stato concepito è stato un errore grave e non ha risolto il problema della sofferenza carceraria, perché nel giro di sei mesi ci torneranno quasi tutti, i primi stanno già rientrando dopo poche ore".

Casi sporadici per ora, ma alcuni liberati dall’indulto restano solo poche ore fuori dal carcere: è di nuovo dietro le sbarre l’uomo di 54 anni scarcerato a Udine, che scontava una pena per maltrattamenti familiari, che ha aggredito a San Daniele del Friuli (Udine) l’ex moglie, tendando di soffocarla e mandandola in ospedale con una prognosi di 30 giorni, nonostante fosse soggetto alla misura del divieto di rientro nel territorio comunale. Ora deve rispondere di tentato omicidio, mentre un cittadino marocchino di 35 anni, residente a Pordenone, è stato arrestato dai Carabinieri con l’ accusa di violenza sessuale poche ore dopo la sua liberazione per l’ indulto. È già rientrato a San Vittore, dopo il processo per direttissima, un detenuto scarcerato martedì e arrestato in via Barzoni per tentato furto di un’auto, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni all’agente che lo aveva fermato. Caso analogo a quello di un detenuto uscito dal carcere di Cagliari arrestato per il furto di una moto, rubata perché non voleva tornare a casa a piedi, come ha candidamente confessato mentre lo riportavano dietro le sbarre. Due pluripregiudicati, invece, a Macomer (Nuoro) sono rientrati in carcere per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e danneggiamenti dopo essersi ubriacati nel primo bar incontrato sulla strada di casa e aver picchiato gli agenti di una volante e i carabinieri intervenuti per sedarli. O, ancora, di un detenuto, uscito da appena 5 ore dal carcere di Marassi, beccato nella notte a Genova mentre tentava di sfondare a sprangate la vetrina di un ristorante.

Una curiosità: a Spinazzola (Bari), c’è un detenuto che ha in carcere tutto per lui. L’indulto, infatti, ha svuotato le celle dalle quali sono usciti 44 detenuti sui 45 persone dietro le sbarre. Dovevano scontare tutti, tranne uno accusato di reati sessuali, pene fino a due anni, completamente azzerate dall’indulto.

Più dignità per chi lascia il carcere. Intanto il ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero ha convocato le associazioni di volontariato. "È indubbio - dice Ferrero - che ci siano persone che sono uscite e non hanno alcun punto di riferimento. Voglio ragionare con le associazioni e attivarci immediatamente per creare una rete di sostegno. Vogliamo che chi esce non sia solo e non rischi così di ritornare a delinquere".

Alcune associazioni chiedono più dignità per chi lascia il carcere. "Sono migliaia i carcerati che, grazie all’indulto, stanno lasciando i luoghi di detenzione - denuncia Grazia Passeri, presidente dell’associazione Diritti civili del 2000 - e tutti escono da Rebibbia, Regina Coeli, San Vittore,

l’Ucciardone e Poggioreale con sulle spalle i sacchi neri dell’immondizia con dentro i pochi effetti personali: un’ immagine inquietante di un fallimento umano, di un peso aggiuntivo che non è giusto i detenuti debbano portare tornando a casa".

Il lavoro della Polizia penitenziaria. Dal canto suo il Sappe, sindacato di Polizia penitenziaria ha spiegato che l’indulto rappresenta un super lavoro per gli Uffici matricola delle carceri e per i poliziotti penitenziari che ci lavorano. "Pochi sanno - spiegano in una nota - che le scarcerazioni di migliaia di detenuti dalle carceri italiane in questi giorni per effetto della legge sull’indulto avvengono grazie allo straordinario lavoro, allo spirito di sacrificio, all’abnegazione ed alla professionalità delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria impiegati negli Uffici Matricola, chiamati a svolgere un compito davvero gravoso".

Napoli: gli dicono che torna a casa, 39 enne muore d’infarto

 

Il Mattino, 3 agosto 2006

 

Non ha fatto in tempo ad incontrare la moglie e la figlia che lo attendevano in strada assieme a tante altre donne. Aveva fatto le valigie e si era messo lì ad aspettare, guardando nervosamente il soffitto e fumando senza soluzione di continuità, senza pensare a quanta nicotina mandava giù. Ma quando si attende una bella notizia le ore diventano eterne, anche per chi è abituato a trascorrere anni in una cella e per chi è alle prese con un futuro che sembra remoto. Ed è così che l’indulto è stato fatale per uno dei tanti detenuti prossimi a lasciare la prigione, Procolo De Pasquale, classe ‘67. De Pasquale, originario di Pozzuoli, è morto ieri mattina, stroncato da un infarto, un malore improvviso. Inutile la corsa in ospedale, ieri mattina presto.

Ha lasciato il carcere di Poggioreale in ambulanza, poco dopo le otto, ma quando è arrivato al Loreto Mare la sua condizione si è immediatamente aggravata. I medici hanno fatto di tutto per salvarlo, ma il cuore ha cessato inesorabilmente di battere. Gioia di vivere o forse la paura di affrontare tutt’ad un tratto una vita nuova, carica di incertezze e delle responsabilità di sempre, quelle che la cella di un penitenziario tiene congelate, sospese nel vuoto. Era in cella per estorsione ed evasione, due reati che se non aggravati dall’appartenenza ad un sistema camorristico rientrano tra le condotte condonabili, secondo il provvedimento approvato recentemente in Parlamento.

Il suo fine pena - raccontano dal carcere - sarebbe scaduto fra qualche mese, il prossimo 28 ottobre, ma la notizia di una liberazione anticipata lo aveva messo in agitazione, in uno stato di inquietudine. "L’indulto a Napoli è anche questo - spiega il direttore del carcere di Poggioreale Salvatore Acerra -, il modo in cui è deceduto Procolo De Pasquale ci ha lasciato in uno stato di malinconia e di impotenza. Non soffriva di particolari patologie, anzi, godeva di ottima salute.

Gli avevamo comunicato un paio di giorni fa che sarebbe stato tra i primi ad uscire. Il resto per noi era routine. Abbiamo saputo dal suo compagno di cella, che aveva esultato di fronte alla liberazione anticipata e che aveva trascorso insonne l’ultima notte, a spegnere e accendere sigarette". De Pasquale aveva preso anche a fare progetti, confidando a se stesso e all’amico di poter intraprendere una strada diversa dal crimine, una vita normale, senza celle e aule di giustizia.

Un sogno che si è interrotto bruscamente, per un pregiudicato incapace di reggere l’improvvisa clemenza dello Stato. Ma l’indulto a Napoli è anche la storia di Giovanni, pregiudicato di Mugnano in cella per evasione, probabilmente detentore di un record nazionale. Scarcerato due sere fa, ieri mattina era già in cella. Era uscito dal carcere di Ariano Irpino per essere ammanettato poche ore dopo. Piccolo malvivente incallito, non ha resistito alla tentazione. Ed è tornato subito sul mercato, mettendosi in affari nel campo della ricettazione. I carabinieri lo hanno arrestato in via Bakù, mentre provava a disfarsi di un’auto nuova di zecca, ovviamente rubata subito dopo essersi ritrovato con un piede fuori dalla cella.

È l’altra faccia dell’indulto, che qui a Napoli alimenta speranze in una folta platea di detenuti. "Lo sforzo del personale dell’ufficio matricola è notevole - spiega il direttore di Poggioreale -, per noi è stata una boccata d’ossigeno. Lo scorso aprile abbiamo raggiunto quota 2250, un sovraffollamento intollerabile". Dello stesso avviso il penalista Francesco Piccirillo: "Era un provvedimento necessario, perché il carcere da tempo disattendeva i principi di umanità previsti dalla Costituzione. Eravamo in una situazione di illegalità, non si poteva fare altrimenti. Una resa dello Stato? lo capiremo solo in futuro, in relazione alle prospettive di riabilitazione che lo Stato saprà creare in futuro per i tanti detenuti scarcerati".

Indulto: l’allarme viene dai clandestini, Prodi corre ai ripari

 

La Stampa, 3 agosto 2006

 

Il governo proverà a correre ai ripari, a decidere come rispondere ai problemi emersi con l’applicazione dell’indulto: clandestini, stranieri condannati per reati minori ma ritenuti collegati agli ambienti del radicalismo islamico, e infine sostegno dello Stato agli ex detenuti che devono reintegrarsi nella società. Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha convocato un vertice a Palazzo Chigi, venerdì mattina, prima dell’inizio del Consiglio dei ministri: vi parteciperanno il Guardasigilli Clemente Mastella, il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, e quello della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero.

Che qualche "indultiato" potesse commettere di nuovo un reato, era nell’ordine delle cose. Il "problema", il cui impatto, forse, non è stato valutato fino in fondo dal Parlamento, riguarda soprattutto gli ex detenuti stranieri. Sono 5.393, quelli che usufruiranno dell’indulto. Ed è vero che il "problema" è stato solo "anticipato" di tre anni. In queste ore, Viminale e Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria stanno incrociando i dati in loro possesso. A un primo esame, "gran parte dei cittadini stranieri detenuti nelle carceri sono clandestini". Già ieri, per esempio, dei 19 stranieri scarcerati a Bologna, sette sono stati accompagnati nel Ctp, altri 4 hanno ricevuto il provvedimento di espulsione, solo due erano regolari. Questo significa che, seppure condannati per altri reati -, come quelli legati al traffico e allo spaccio di droga, per esempio - si tratta di cittadini la cui identità non è stata mai accertata ufficialmente.

Ieri al Viminale si sono tenute riunioni tecniche per elaborare un quadro dettagliato della situazione, e per tentare di offrire una possibile risposta al vero "problema": una volta fuori dal carcere che fine fanno questi "clandestini"? Secondo la Bossi-Fini, che il ministero dell’Interno intende puntualmente applicare, vi sono due strade da seguire: la prima è quella del loro trattenimento nei Centri temporanei di permanenza, fino a quando le autorità consolari dei Paesi ritenuti o dichiarati essere di provenienza non certifichino la loro nazionalità. La seconda: il decreto di allontanamento entro cinque giorni.

Naturalmente, occorre fare i conti con la realtà. E oggi i Ctp funzionanti hanno una capienza prevista di circa 1.350 posti. Gran parte dei quali, con il continuo afflusso di clandestini da Lampedusa e dalle coste siciliane, non sono in grado di soddisfare questa improvvisa domanda, che di per sé supera abbondantemente i posti letto disponibili. Il decreto di allontanamento - come l’esperienza dimostra - equivale a una presa d’atto della "clandestinizzazione" di questi ex detenuti. Cosa fare, dunque? Domani, Romano Prodi lo valuterà insieme al ministro dell’Interno, Giuliano Amato, e agli altri ministri. La decisione scontata per risolvere il "problema" - ma non per questo sposata dal ministro e dal governo - è quello delle espulsioni "mirate".

Ovvero, in presenza di una nazionalità accertata, voli di rimpatrio per coloro trattenuti nei Ctp. Ma ai "clandestini" che non troveranno posto nei Centri, cosa accadrà? Una ipotesi di scuola, del tutto teorica e difficilmente praticabile a questo punto, sarebbe quella di un provvedimento normativo che stabilisce che in attesa di una identificazione certa, il detenuto che beneficia dell’indulto rimane ospite della struttura carceraria. C’è poi un altro aspetto del problema: gli stranieri condannati per altri reati ma ritenuti vicini agli ambienti del terrorismo islamico. Il Capo della Polizia, il prefetto Gianni De Gennaro, lunedì scorso ha inviato una circolare a tutti i prefetti e questori, invitandoli a "monitorare" costantemente la situazione, il che, tradotto concretamente, significa tenere sotto controllo questi ex detenuti. Da una prima stima si parla di una ventina di "soggetti a rischio" che usciranno grazie all’indulto. Una soluzione possibile è quella di richiamarsi alla gestione del precedente ministro dell’Interno, Beppe Pisanu: l’espulsione per motivi di ordine e di sicurezza nazionale. Ma questo, appunto, dovrà essere un indirizzo condiviso dal ministro Amato e dalla maggioranza. Clandestini e paraterroristi. Non solo: l’indulto riguarda anche una popolazione di soggetti deboli (tossicodipendenti, soprattutto). Il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, in questi giorni ha chiesto al presidente Prodi di ragionare su come "costruire reti sul territorio" per non abbandonare a se stessi queste persone.

Indulto: Manconi; non ci metteremo a inseguire gli stranieri

 

Libertà, 3 agosto 2006

 

Appena scarcerati grazie all’indulto, otto cittadini stranieri senza permesso di soggiorno hanno ricevuto il decreto di espulsione (dovranno lasciare l’Italia entro 5 giorni). È successo a Oristano ma, codice alla mano, può succedere dappertutto per il migliaio di detenuti recluso per aver violato la legge Bossi-Fini sull’immigrazione clandestina. Però la linea del governo è di "non accanirsi", cioè di non rincorrerli per non affollare ancora di più i Cpt (Centri di permanenza temporanea) già al collasso.

Un "comportamento irresponsabile" replica l’opposizione. Secondo Landi (An) "migliaia di extracomunitari clandestini ora girano liberi privi di controllo, assistenza e lavoro, quindi facile preda della criminalità".

"Vogliamo modificare radicalmente la Bossi-Fini, quindi non ci metteremo a inseguire gli immigrati scarcerati per rispedirli a casa o nei centri di accoglienza temporanea", spiegava all’indomani dell’entrata in vigore del provvedimento il sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi. Ma, ha precisato poi Manconi, "già da una settimana sono pronte le misure per fronteggiare il problema".

E sulle scrivanie di questori e prefetti è già arrivata la direttiva del capo della Polizia Gianni De Gennaro, che invita a monitorare quegli stranieri in uscita dalle carceri legati agli ambienti dell’estremismo islamico. Persone condannate, non per terrorismo, ma per reati minori, come la falsificazione di documenti, che potrebbero aver avuto però un ruolo di supporto logistico a cellule estremiste.

Ieri Alfredo Mantovano (An) ha minacciato il ministro dell’Interno Giuliano Amato. "Se non applica la Bossi-Fini verrà denunciato". "Significherebbe - ha detto Mantovano , violando una legge ancora in vigore, permettere a extracomunitari clandestini a elevata pericolosità di circolare liberamente". "Sapevo che sarei stato strumentalizzato - la risposta di Manconi - Chi beneficia dell’indulto ha lo status giuridico prevalente di "indultiato", poi è soggetto alla legge. Per questo in una situazione di prima assistenza non li inseguiremo". Quindi cosa succederà? "Le forze di polizia verranno avvisate dalle direzioni degli istituti di pena e provvederanno a fare il loro dovere".

Indulto: i Radicali; e adesso si lavori per il reinserimento

 

Agenzia Radicale, 3 agosto 2006

 

Il via libera definitivo all’indulto rappresenta un fatto innanzitutto doveroso e importante per il popolo dei detenuti che da tempo speravano in questo provvedimento, per le condizioni penose delle affollatissime strutture carcerarie, ma anche per un altro aspetto, che non viene mai considerato dai politici e i cittadini contrari o un po’ scettici alla clemenza, - inerente - come ha sottolineato il segretario dei Ds Piero Fassino in una sua recente intervista su La Stampa, alla conseguente sicurezza dei cittadini che è in crisi anche se le carceri sono piene.

Prima e durante il voto delle Camere sia nella maggioranza che nell’opposizione si sono creati dei fronti del no. Nel centro-sinistra in particolare il leader di Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e il leader dei Comunisti Italiani, Oliviero Diliberto, non hanno digerito l’estensione del provvedimento ai reati finanziari. Posizione questa fondata su presupposti demagogici che non tengono conto quanto i cosiddetti "potenti", presunti beneficiari dell’indulto sui reati finanziari, spesso se la cavano con gli arresti domiciliari o al massimo con qualche mese di galera, senza considerare i privilegi scandalosi dei pentiti mafiosi e assassini. Tutto questo dimostra quanto siano infondate e demagogiche le loro posizioni.

All’interno del centro-destra invece il fronte del no è rappresentato come noto dalla Lega Nord e di AN (tranne l’eccezione del parlamentare Matteoli), che in tutta la precedente legislatura hanno cercato in tutti i modi di archiviare la vicenda, per i motivi che ben conosciamo. Ora i detenuti che usciranno dal carcere sono circa 20 mila, che dovranno essere aiutati ad inserirsi nella società in modo effettivo, il che non è certo facile.

Nei giorni scorsi all’indomani dall’approvazione del Senato della norma, c’è stata la testimonianza drammatica di una mamma romana sessantottenne che, disperata, ha chiesto un incontro urgente con il Ministro della Giustizia, perché teme che il proprio figlio tossicodipendente possa uscire dal penitenziario e tornare a porre violenza su di lei. Una tale tragedia naturalmente merita il più grande rispetto, ma non deve però essere usata da nessuno come strumento per mettere in discussione l’atto di clemenza. Come radicale e libertario mi reputo soddisfatto dell’iniziativa parlamentare, anche se come al solito non è stato riconosciuto in modo degno dai mass media, il forte impegno di Marco Pannella e dei suoi sostenitori radicali e non solo a favore dell’amnistia e/o clemenza, dalla marcia di natale a Roma ai digiuni etc.

Indulto: Umbria; la Giunta regionale vara misure urgenti

 

Spoleto on-line, 3 agosto 2006

 

Favorire il reinserimento sociale e gestire il primo impatto degli ex detenuti usciti dalle carceri umbre a seguito del recente indulto. È quanto si propone un atto approvato dalla Giunta regionale, su proposta dell’assessore alle politiche sociali Damiano Stufara, che contiene provvedimenti urgenti a sostegno dei Comuni umbri sede di istituti penitenziari, dove, secondo le stime, torneranno in libertà circa 400 ex detenuti. I Comuni di Perugia, Terni, Orvieto e Spoleto, dove maggiore sarà l’impatto di quanti beneficeranno dell’indulto, potranno quindi contare su un contributo straordinario della Giunta regionale di 100 euro per ogni ex detenuto scarcerato, al fine di far fronte alle prime e più urgenti necessità di queste persone. Il tutto avvalendosi anche di un forte collegamento con la Conferenza regionale di volontariato di giustizia per offrire agli ex detenuti un primo "kit" di sopravvivenza. Nell’esprimere "apprezzamento" per il provvedimento di clemenza varato dal Parlamento, Stufara ha comunque sottolineato che "l’indulto va considerato come un primo passo necessario verso una più sostanziale rivisitazione dell’intero sistema penale e penitenziario, se si vuole effettivamente attribuire alla pena - ha detto l’assessore - la sua funzione costituzionale di recupero e reinserimento. L’atto approvato stamani - ha concluso Stufara - consente ai comuni umbri di affrontare l’emergenza dettata dall’uscita di un numero significativo di ex detenuti. Il primo obiettivo che ci siamo posti è infatti quello di garantire a queste persone, in stretta collaborazione con la rete del volontariato, un immediato ed adeguato sostegno relativamente alla possibilità di pasti, di un alloggio e per poter raggiungere i luoghi di residenza"...

Indulto: Pisa; 92 ne beneficiano, circa 70 sono già in libertà

 

Redattore Sociale, 3 agosto 2006

 

Sono già quasi tutti in libertà i detenuti del Don Bosco di Pisa che hanno beneficiato dell’indulto: 92 persone su un totale di circa 370 presenze. "Procediamo abbastanza bene, non ci sono realtà particolarmente critiche - afferma il direttore del penitenziario, Vittorio Cerri - Dobbiamo ancora procedere alla scarcerazione di una ventina di persone, al momento sono soddisfatto di come viene gestita la situazione, stiamo facendo tutto quello che è possibile per non lasciare nessuno senza alcun riferimento". Sul totale dei detenuti beneficiari 39 sono gli italiani, 53 gli stranieri e 13 le donne. Secondo il rapporto 2006 della Fondazione Michelucci l’istituto, a fronte di 370 presenze, avrebbe una capienza regolamentare di 226 persone ed una tollerabile di 305. È il tessuto sociale che "sta rispondendo bene - sottolinea Cerri - funziona un sistema di cui fa parte sia il personale del penitenziario, che ha lavorato senza sosta nel modo migliore, sia la rete dei volontari a disposizione per provvedere all’accoglienza.

Due punti di riferimento fondamentali per noi sono l’associazione Prometeo, che si occupa dei detenuti malati di Aids e la cooperativa sociale Don Bosco". I volontari di Prometeo, per cui già lavoravano tre persone dal carcere, sono andati a prendere un altro detenuto che non ha nessuno a cui rivolgersi. La sezione "Prometeo", all’interno del Don Bosco, accoglie detenuti sia sieropositivi che sani, disponibili a condividere il loro tempo e ad assistere i compagni malati. Fondamentale anche il supporto della cooperativa Don Bosco, presso cui già lavorano quattro persone. E l’ospedale cittadino si è reso disponibile ad accogliere quattro detenuti che erano ricoverati al Centro clinico presente all’interno del penitenziario, e che hanno ancora bisogno di cure mediche. "In casi come questi deve intervenire anche il buon senso e lo spirito di collaborazione. Per ora nessuno degli scarcerati è stato riportato dentro - aggiunge Cerri - speriamo che mettendo insieme tutte le forze si riesca a dare risposte adeguate".

Indulto: Sardegna; un milione di euro per reinserimento

 

Redattore Sociale, 3 agosto 2006

 

La Sardegna vara degli interventi di reinserimento sociale per i detenuti in uscita dal carcere in seguito all’approvazione dell’indulto. Tali misure saranno finanziate con un milione di euro.

La delibera è stata approvata ieri sera dalla Giunta regionale, che ha condiviso la proposta dell’assessore dell’Igiene e sanità e dell’Assistenza sociale, Nerina Dirindin, secondo cui la legge 31 luglio 2006, n. 241 ("Concessione d’indulto") determinerà in Sardegna la dimissione dagli istituti penitenziari di circa 600 detenuti bene.

"Una parte rilevante di tali soggetti ha vissuto prima della detenzione condizioni gravi di degrado sociale, di miseria e di illegalità che prevedibilmente non hanno trovato alcuna soluzione nel periodo della detenzione stessa - si legge nella delibera -. Molti di loro non possono contare su una dimora, su un reddito anche minimo, su un’adeguata rete di solidarietà". Da qui la proposta di promuovere, a favore di soggetti a cui è stato concesso indulto e che vivono condizioni di maggior disagio sociale, "azioni di prevenzione rispetto ad una eventuale reiterazione di reato, di sostegno e di reinserimento sociale e lavorativo".

L’Ufficio esecuzione penale esterna e il Centro giustizia minorile della Regione hanno manifestato la loro disponibilità a segnalare ai rispettivi Comuni di residenza i soggetti beneficiari di indulto che necessitano di interventi sociali. "I Comuni, a seguito di detta segnalazione - si legge ancora nella delibera -, ma anche autonomamente laddove verifichino l’esistenza di condizioni di grave disagio, possono predisporre (anche avvalendosi delle associazioni di volontariato e di promozione sociale e della cooperazione sociale) interventi di carattere alloggiativo, accoglienza e riparo notturno, potenziamento di servizi mensa; progetti di inserimento socio-lavorativo, di tutoraggio e di accompagnamento sociale richiedendone il finanziamento alla Regione: non possono essere previsti interventi di assistenza economica". Tutte le azioni finanziate, per un importo massimo di 3.000 euro per soggetto, dovranno essere realizzate nei sei mesi successivi alla data di scarcerazione. Le ulteriori specificazioni operative del programma sono affidate alla Direzione generale delle politiche sociali dell’Assessorato all’Igiene e Sanità e dell’Assistenza sociale.

Ciò detto, dunque, La Giunta regionale, delibera "di promuovere, a favore di soggetti beneficiari di indulto e che vivono condizioni di maggior disagio sociale, azioni di prevenzione rispetto alla eventuale reiterazione di reato, di sostegno e di reinserimento sociale e lavorativo; i Comuni possono predisporre per i soggetti interessati interventi di carattere alloggiativo, accoglienza e riparo notturno, potenziamento di servizi mensa; progetti di inserimento socio-lavorativo, di "tutoraggio" e di accompagnamento sociale: non possono essere previsti interventi di assistenza economica; le azioni finanziate, per un importo massimo di 3.000 euro per soggetto, dovranno essere realizzate nei sei mesi successivi alla data di scarcerazione; di imputare la spesa di euro 1.000.000 al capitolo 12252 - 00 UPB S 12068 del Bilancio regionale 2006".

Indulto: Lazio; 500 mila euro per "l’emergenza indulto"

 

Redattore Sociale, 3 agosto 2006

 

La Regione Lazio ha deliberato oggi lo stanziamento di 500 mila euro per fronteggiare "l’emergenza indulto". La somma servirà a finanziare un piano urgente articolato in diversi punti, tra cui l’attivazione di un numero verde regionale, il censimento delle disponibilità degli alloggi in tutto il territorio regionale e la verifica delle possibilità di realizzare eventuali strutture di accoglienza (prefabbricati e roulotte), la sollecitazione ai Comuni a mettere a disposizione un servizio trasporti straordinario che colleghi il carcere con le stazioni ferroviarie e i capolinea principali, accordi con le ferrovie e con il Cotral per far sì che fino ad una settimana dall’uscita dal carcere l’ordine di scarcerazione sia valido a tutti gli effetti come documento di viaggio. Previsto anche un accordo con il Banco Alimentare che attraverso i referenti territoriali potrà distribuire nei centri limitrofi agli istituti di pena cibo e vettovagliamento.

"Il piano - ha affermato l’assessore alle Politiche sociali, Alessandra Mandarelli - è il frutto di una collaborazione attiva tra assessorati, istituzioni ed organizzazioni". "Era necessario muoversi in fretta attraverso un piano straordinario di sostegno per le persone che stanno uscendo grazie all’indulto - ha confermato l’Assessore al Bilancio, Luigi Nieri - Attraverso questo stanziamento straordinario la Regione Lazio vuole mandare un chiaro messaggio di rassicurazione a chi temeva pericoli per la sicurezza".

Pochi giorni fa è stata approvata in commissione la proposta di legge quadro sul carcere, testo che a breve approderà in Consiglio per l’approvazione definitiva. "Il Lazio - commenta ancora Nieri - sarà così la prima regione in Italia ad avere una legge quadro su questi temi. È necessario programmare gli interventi con attenzione e agire fuori dall’emergenza: solo se riusciamo a garantire prontamente la reintegrazione delle persone che escono dal carcere, possiamo ridurre i casi di recidiva solitamente così diffusi". La decisione della Giunta laziale è stata accolta con soddisfazione dal Garante regionale per i detenuti, Angiolo Marroni, da cui era partita la proposta nella riunione di ieri in prefettura con il sottosegretario alla Giustizia Manconi.

Indulto: un super-lavoro per Uffici matricola delle carceri

 

Comunicato stampa, 3 agosto 2006

 

"Indulto: super lavoro per gli Uffici matricola delle carceri e per i poliziotti penitenziari che ci lavorano. Pochi sanno che le scarcerazioni di migliaia di detenuti dalle carceri italiane in questi giorni per effetto della legge sull’indulto avvengono grazie allo straordinario lavoro, allo spirito di sacrificio, all’abnegazione ed alla professionalità delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria impiegati negli Uffici Matricola, chiamati a svolgere un compito davvero gravoso. Nessuno fino ad oggi l’ha detto, lo diciamo pubblicamente con l’auspicio che il ministro della Giustizia Clemente Mastella ed il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tinebra abbiano anche per loro le stesse pubbliche parole di apprezzamento e ringraziamento che hanno avuto per la magistratura e per il personale delle cancellerie dei Tribunali". È il commento della Segreteria Generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe, il più rappresentativo della Polizia Penitenziaria con oltre 12mila iscritti, all’intensa attività degli Uffici Matricola dei penitenziari italiani dall’approvazione dell’indulto per i detenuti.

"In alcuni organi di informazione è stato evidenziato che c’è stato chi si è lamentato (qualche detenuto e qualche famigliare) di aver dovuto aspettare anche delle ore prima dell’agognata scarcerazione. Ma nessuno o quasi ha detto quello che i poliziotti penitenziari, e in particolare gli addetti agli Uffici Matricola, hanno dovuto affrontare . A fronte di migliaia di scarcerazioni , pochi di numero a causa del periodo estivo , hanno dovuto , nel minor tempo possibile, preparare materialmente l’uscita del detenuto che non si risolve certo con la sola apertura della cella e accompagnamento al portone. Dietro ogni scarcerazione c’è il controllo della posizione giuridica (può davvero uscire il detenuto?) la preparazione degli effetti personali, l’inserimento al terminale della variazione di posizione giuridica,la preparazione della notifica in tre copie, la redazione del verbale di elezione di domicilio, il controllo e la consegna dei soldi che gli spettano e via di seguito... Con una stima approssimativa, per ogni detenuto è necessario impiegare circa un’ora di lavoro, se va bene, se i terminali funzionano e non sono (come sempre succede) lenti. In più occorre poi effettuare le variazioni su più sistemi informatici collegati al Dipartimento penitenziario centrale, alle Autorità Giudiziarie, alle altre Forze di Polizia. Un carico di superlavoro, insomma, davvero notevole".

"I colleghi e le colleghe" conclude il Sappe "hanno lavorato in questi giorni anche dodici - tredici ore al giorno (sempre in tensione), dalla mattina presto alla tarda serata. Un lavoro sotterraneo e particolarmente gravoso, dove non sono ammessi errori, svolto con fatica, concentrazione preparazione e abnegazione. Ed è per questo che auspichiamo per i nostri poliziotti penitenziari pubbliche parole di apprezzamento e ringraziamento da parte del ministro della Giustizia Clemente Mastella e del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tinebra.

Giustizia: Montelupo; ma perché gli Opg esistono ancora?

 

Vita, 3 agosto 2006

 

Il Comune di Montelupo Fiorentino, il Forum nazionale per la riforma della sanità penitenziaria, la Regione Toscana e la Provincia di Firenze promuovono congiuntamente un Convegno nazionale per il 26 settembre p.v. dal titolo "Diritto alla salute delle persone detenute. Superamento degli Opg. Ruolo delle Regioni".

Sono passati più di ventisei anni dalla approvazione della legge n. 180 di riforma dell’assistenza psichiatrica che ha fatto giustizia della pericolosità del malato di mente, ha messo fine ai manicomi, ha posto le basi per un percorso terapeutico della malattia mentale che esclude la violenza sotto qualsiasi forma e afferma il diritto alla salute mentale per tutti come obiettivo e impegno della comunità nazionale. Immediatamente dopo la legge 180, e in coerenza con essa, furono avanzate proposte di legge per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg).

Quelle proposte furono del tutto accantonate. Così, gli Ospedali psichiatrici giudiziari sono rimasti in tutti questi anni in un pesante cono d’ombra, cristallizzati in norme ed assetti sempre più in contraddizione con i principi della Costituzione e sempre più stridenti rispetto all’evoluzione del diritto e delle scienze sociali. Il Convegno di Montelupo Fiorentino intende riaprire la questione degli Opg per proporre un percorso di superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari che tenga conto del conferimento al SSN, e dunque alle Regioni italiane, della competenza sulla salute delle persone detenute, qualunque sia il luogo di esecuzione della pena, avvenuto con la legge n. 230 del 1999, legge pienamente coerente con il Titolo V della Costituzione.

La Toscana, tra i promotori dell’iniziativa e unica in Italia, il 4 dicembre 2005 ha approvato la legge n. 64 che assegna al Servizio sanitario regionale il compito di tutelare il diritto alla salute delle persone detenute. È l’apertura di una nuova fase, coerente con le leggi quadro e con la Costituzione, una linea che ha bisogno d’essere generalizzata in tutto il Paese, sostenuta a tutti i livelli e coerentemente applicata.

Entro questo nuovo quadro giuridico e istituzionale può e deve essere collocata la proposta di superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari. Il Convegno si muove su due piani tra loro strettamente interdipendenti: da un lato, sollecita la formulazione in Parlamento di proposte di legge per dare una soluzione sistematica e definitiva alla questione della " misura di sicurezza" su cui poggiano sia gli Opg che le Case di cura e custodia, dall’altro avanza proposte concrete per l’avvio immediato, nell’ambito delle leggi esistenti, di un percorso di superamento delle forme con cui fin qui si è realizzata più la custodia che la cura delle persone malate di mente incorse in reati.

I promotori del Convegno partono dalla convinzione che non solo sia giusto garantire il diritto alla cura delle persone ristrette in Opg senza ulteriori attese, ma che la competenza sulla salute conferita alle Regioni richiede di superare l’extra territorialità propria degli Opg e di avvicinare le persone malate alla rete dei servizi sanitari e sociali che devono impegnarsi per il trattamento della malattia e per il recupero sociale delle persone. Non si tratta di una scorciatoia per il superamento degli Opg, ma di un impegno ineludibile a tutti i livelli su una questione complessa che ha bisogno sia di un progetto sanitario e sociale svolto in ogni Regione che di una soluzione giuridica realizzata a livello nazionale.

Il Convegno nazionale intende chiamare a confronto le Istituzioni, gli operatori e i soggetti sociali per rimettere in agenda la questione degli Opg e per avviare una fase nuova che sia il principio della fine degli Ospedali psichiatrici giudiziari, mettendo al centro la cura delle persone malate, adeguando e calibrando le esigenze della sicurezza, senza approdare ad un semplicistico spostamento dei malati di mente nelle carceri italiane.

Indulto: ed ora scatta l’operazione "Ragazzi fuori"...

 

Vita, 3 agosto 2006

 

Sapesse come sono belli i piedi dei ragazzi che escono dalla galera, scriveva Adriano Sofri a Giovanni Paolo II. Oggi l’unico sentimento suscitato dai piedi dei 15mila detenuti che si apprestano a uscire dal carcere è un cinerea preoccupazione. L’altra faccia dell’indulto è l’emergenza. Secondo le stime, il 40% dei detenuti in uscita non ha una casa dove andare, né una famiglia o una rete sociale di riferimento. Mastella, dopo la pubblicazione della legge sull’indulto in Gazzetta Ufficiale, ha sguinzagliato i suoi cinque sottosegretari in giro per l’Italia a pianificare gli interventi necessari ad accompagnare il reinserimento degli ex detenuti "in condizioni di fragilità". Il sottosegretario Luigi Manconi però non è in grado di dire quanti siano e si limita a dichiarare che si sosterrà con forza il terzo settore.

Il terzo settore, per parte sua, sa bene che "l’indulto è un atto umanitario che, senza pretese magicamente risolutive, sposta l’ambito dei problemi e delle soluzioni dall’istituzione penitenziaria alle istituzioni pubbliche e private del territorio " (sono parole di Valerio Luterotti, coordinatore di Federsolidarietà). Come dire: siamo in ballo, balliamo. Noi ci siamo, senza allarmismi, in continuità con il lavoro di sempre. Anche se con numeri enormi, tutti d’un botto. "La cooperazione sociale, in questa fase d’emergenza, accelererà i suoi percorsi", continua Luterotti, "ma nella linea della continuità. Non mancano le idee né i progetti, dall’inserimento lavorativo all’housing sociale. Non chiediamo risorse economiche aggiuntive ma un modo più integrato di operare, verso formule interistituzionali più partecipate e vincolate più ai risultati che alle procedure ". Intanto nelle carceri di Milano e provincia si passano al vaglio i fascicoli dei 2.405 detenuti che godranno dell’indulto, per individuare i bisogni di ciascuno e dare a ogni detenuto in uscita un indirizzo preciso a cui rivolgersi. Secondo Luigi Pagano, provveditore delle carceri lombarde, "un terzo dei detenuti non può rispondere ai bisogni elementari. Questo censimento qualitativo permette di individuare tempestivamente le risorse più adatte per aiutarli".

Indulto: il Viminale; monitorare i sospetti per terrorismo

 

Il Messaggero, 3 agosto 2006

 

Il ministro di Giustizia Mastella, accolto da cori da stadio e da un’ovazione a Rebibbia in uno spettacolo dei detenuti, dice: "Ahimé qualcuno è ricaduto in tentazione, ma rassicuro l’opinione pubblica: non siamo di fronte a una invasione di delinquenti".

Gli effetti dei tre anni di sconto di pena con l’indulto, che ha già portato fuori dalle carceri più di tremila detenuti, cominciano a vedersi con non poche polemiche. Ci sono clandestini in libertà e detenuti già riarrestati perché tornati a compiere reati, denunciano An e Lega, che, diversamente da Forza Italia, hanno votato contro il provvedimento di clemenza.

I primi due giorni di indulto con 3.334 persone tornate in libertà (una delle quali ha subito tentato di uccidere la moglie, in provincia di Udine) sono stati accompagnati anche da una circolare antiterrorismo del Viminale, che invita a monitorare gli stranieri scarcerati, già segnalati perché vicini ad ambienti dell’estremismo islamico. Un primo bilancio sarà fatto domani, prima del Consiglio dei ministri, dai responsabili di Giustizia, Interno e Difesa con il presidente Prodi, per analizzare la situazione e individuare, se necessario, provvedimenti urgenti.

La circolare del Viminale ai questori è partita lunedì, prima che si aprissero le porte delle carceri per l’indulto. Nel mirino gli extracomunitari segnalati per vicinanza con ambienti del fondamentalismo islamico. Si tratta, in sostanza, di persone non condannate per terrorismo, ma per reati minori come la falsificazione di documenti, che potrebbero aver avuto un ruolo di assistenza a cellule estremiste. Un esempio viene da Milano: sono in condizione di uscire dal carcere grazie all’indulto (ma avrebbero comunque finito di scontare la pena tra circa un mese) anche Youssef Abdoui e Mohammed Loubiri, due nordafricani condannati nel settembre dell’anno scorso a quattro anni e un mese e quattro anni, per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e alla ricettazione di documenti falsi. Gli imputati non avevano presentato ricorso in Cassazione e la condanna era diventata definitiva.

In primo grado i due erano stati condannati per associazione a delinquere aggravata dalle finalità di terrorismo, perché sospettati di essere fiancheggiatori del gruppo "Salafita per la predicazione e il combattimento", ma i giudici d’appello, riducendo le pene, avevano escluso nel dispositivo la sussistenza di contatti degli imputati con il movimento ritenuto legato al fondamentalismo islamico.

Ma ci sono altri casi. Pietro Melis, in carcere per maltrattamenti alla moglie, appena è uscito dal penitenziario di Udine ha massacrato la donna di botte. Lei ora è in ospedale, lui è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio. Ma altri "riarresti-lampo" ci sono stati a Trieste, dove dopo 12 ore un ex detenuto è stato sorpreso mentre tentava di rubare un’auto; a Genova, dove un uomo dopo aver vagato per cinque ore ha sfondato la vetrata di una pizzeria per rubare; a Cagliari, dove due ex detenuti, per festeggiare la riacquistata libertà, hanno esagerato con l’alcool e aggredito due poliziotti che chiedevano loro i documenti; a Milano, dove un ragazzo liberato martedì, ieri è morto per overdose, mentre un altro è tornato in carcere dopo aver tentato di rubare un’auto. Il problema più complesso è che la maggior parte dei detenuti usciti non ha nulla e che solo amministrazioni locali e associazioni di volontariato stanno cercando di dare una mano.

Il ministro Mastella si schermisce: "Alcuni detenuti, spero molti, si sono ravveduti, ma l’arresto di chi è ricaduto in tentazione dimostra che c’è controllo del territorio".

Indulto: Vicenza; il Comune non è pronto per l’emergenza

 

Il Gazzettino, 3 agosto 2006

 

L’incontro con la direttrice del carcere S. Pio X, Irene Iannucci, è in programma giovedì 10 agosto. Prima non è stato possibile e certo l’indulto concesso ad agosto crea anche qualche problema per via delle ferie. La Consulta delle carceri, di cui fa parte anche l’assessore ai servizi sociali, Davide Piazza, dovrà cercare in quella data di creare un argine all’indulto piovuto dall’alto, improvvisamente e senza paracadute.

"So che è previsto uno stanziamento di 30 milioni di euro per il reinserimento nella società dei detenuti che hanno beneficiato dell’indulto - dice l’assessore -, abbiamo scritto all’associazione dei comuni (Anci) del Veneto per sapere come si potranno usare. Noi non siamo pronti e non esistono piani di assorbimento a lungo termine. Fino ad oggi dal San Pio X uscivano uno o due detenuti al mese e l’albergo cittadino era perfettamente in grado di assolvere alle prime necessità di chi non aveva un posto dove andare".

Il problema che dovrà dirimere la riunione del 10 agosto è proprio quello dei "flussi": quante persone saranno rilasciate, in che giorni, quante sono quelle che avranno certamente bisogno di assistenza perché privi di un tessuto familiare o di relazioni in grado di dar loro appoggio. E poi ci sono anche gli stranieri.

"È certo che quelli finiranno in mano alla malavita quasi subito, i dati dicono che dopo ogni indulto gli episodi di criminalità sono sempre aumentati - dice rassegnato Davide Piazza -. È improponibile economicamente e strutturalmente aiutare tutti coloro che usciranno, dobbiamo creare una rete". La rete c’è già, ma come giustamente sottolinea l’assessore è un problema di numeri: chi poteva prepararsi in così poco tempo? Ieri già in due persone si erano rivolte ai servizi sociali.

"L’indulto mi trova d’accordo, perché migliorerà le condizioni di vita in carcere di molte persone, ma le modalità e la tempistica sono folli". A parlare è Claudio Stella, di Utopie Fattibili e coordinatore della cooperativa S. Marco di Peschiera del Garda che gestisce numerosi eco centri anche nel Vicentino dove vengono impiegati molti detenuti.

"Non c’è un piano generale - spiega Stella - non hanno parlato con le case di accoglienza, le cooperative, le associazioni di volontari, le comunità di recupero per tossicodipendenti, non hanno creato strutture abitative anche solo di emergenza. Ma non è tutto, hanno fatto l’indulto ad agosto, quando tutti sono in ferie. Incredibile". Per molti carcerati si porrà il problema della sopravvivenza: senza casa, lavoro e soldi come potranno vivere? "Ieri mi hanno chiamato in due. Sono stati fortunatissimi perché avevano il mio numero - continua Stella - uno ha iniziato a lavorare stamattina (ieri per chi legge) uno inizia domani (oggi). Fatalità c’era bisogno di loro e li ho assunti, ma non hanno una casa, il primo stipendio lo vedranno il 20 settembre. Sono pure lontani dal luogo di lavoro. Ad uno abbiamo dato uno dei motorini usati che recuperiamo, all’altro una bici e vedremo se riusciremo a procurare un altro mezzo. Ma l’assicurazione costa 174 euro, il bollo 54, poi c’è la benzina". E sopra tutto una preoccupazione: quando si è disperati si è disposti a tutto. L’assessore Piazza non esagera preoccupandosi molto per la cittadinanza che, confessa, ha già cominciato a telefonare in Comune, allarmata per una possibile escalation di microcriminalità.

Indulto: Vicenza; i clandestini liberati saranno subito espulsi

 

Il Gazzettino, 3 agosto 2006

 

I clandestini che in questi giorni godranno dell’indulto e usciranno dal carcere saranno espulsi. È questa l’intenzione della polizia, che in questi giorni esaminerà singolarmente i casi di una cinquantina di immigrati irregolari in Italia detenuti al S. Pio X che saranno scarcerati per effetti del provvedimento di condono penale voluto dal ministro Mastella. Un intervento - che per la questura è una prassi - che risulta una risposta anche al malcontento dell’opinione pubblica di fronte ad una legge che ha suscitato non poche perplessità.

L’incontro. Ieri il questore Dario Rotondi si è incontrato con il procuratore Ivano Nelson Salvarani per studiare la fattibilità del progetto e per avere copia dei nominativi dei detenuti che torneranno in libertà. Inoltre, ha contattato i vertici della casa circondariale per stilare un piano degli orari d’uscita dei clandestini.

Le espulsioni. "Il meccanismo funziona sempre, non solo in caso di indulto - spiega il questore -: quando un clandestino viene scarcerato, provvediamo a prenderlo in consegna e a imbarcarlo sul primo aereo per il suo paese. In questo caso, però, abbiamo dovuto studiare delle strategie precise perché il numero è rilevante, fra le 40 e le 50 persone". La polizia chiedeva che fosse possibile diluire le scarcerazioni nel tempo, per consentire di organizzare al meglio le pattuglie e i voli, ma il carcere deve liberare i detenuti entro la mezzanotte del giorno in cui la procura firma il provvedimento. Per questo, sono giorni frenetici per la questura, che attende coloro che beneficiano dell’indulto in via della Scola e al contempo prende accordi con aeroporti e frontiere.

I limiti. "Purtroppo gli accompagnamenti non sono sempre possibili. Spesso, queste persone hanno altre pendenze con la giustizia oltre a quelle per cui erano in carcere, e in tal caso prima di espellerle bisogna sentire il parere delle procure che hanno in gestione quelle inchieste. I tempi sono lunghi, non possiamo trattenere le persone per giorni. Senza contare - aggiunge Rotondi - che l’accompagnamento coatto non è possibile per tutti i paesi".

I Cpt. I centri di permanenza temporanea garantirebbero una sistemazione per gli stranieri irregolari in attesa di espulsione. "ma in questi giorni sono drammaticamente carichi. Se normalmente è difficile trovare posto, adesso, fra gli sbarchi di Lampedusa e l’indulto le possibilità di far alloggiare lì gli ex detenuti del S. Pio X sono quasi pari a zero".

I casi singolari. A Vicenza non ci sono stati arresti di persone appena liberate, come è accaduto in altre parti d’Italia. Ma è successo che le feste per l’ottenuta liberazione anticipata abbiano creato qualche disagio. Come è accaduto a quel marocchino di 42 anni che, con una lunga lista di precedenti, appena uscito ha pensato bene di santificare la giornata bevendo a più non posso. Morale: all’una di notte, ubriaco perso, zigzagava per viale della Pace, creando turbativa per gli automobilisti che hanno chiamato il 113. La volante lo ha soccorso, perché era caduto tre-quattro volte a terra ferendosi, e lo ha accompagnato in ospedale. Un altro magrebino, ieri nel primo pomeriggio, è riuscito a farsi denunciare per resistenza e segnalare per ubriachezza dopo aver fatto una gran confusione e una mezza sceneggiata all’ingresso della questura. Un vicentino, che era detenuto a Ferrara, invece, è stato costretto all’autostop per tornare a casa dall’Arginone, il carcere estense. "Ma ho trovato subito chi mi ha dato un passaggio", ha riferito contento. Resteranno in cella, dopo settimane di proteste, invece, i due anarchici trentini che sono detenuti proprio al S. Pio X. In molte occasioni i loro compagni di Rovereto hanno manifestato in via Dalla Scola, ma non potranno godere dell’indulto poiché i reati per i quali sono stati condannati a 9 mesi senza condizionale (violenza e resistenza ai carabinieri) li hanno commessi dopo il 2 maggio.

Indulto: Milano; 32enne appena liberato muore per overdose

 

La Provincia di Cremona, 3 agosto 2006

 

 

Ha potuto gustare la libertà solo poche ore. Scarcerato da San Vittore per effetto dell’indulto, S.B., 32 anni, di Cremona, tossicodipendente conclamato, ieri pomeriggio è morto per overdose. Il giovane, con precedenti penali per furto, in sospetta crisi di overdose, ieri pomeriggio si è accasciato in via Viutruvio, nei pressi della stazione Centrale.

A trovarlo così è stato un passante verso le 15. Subito soccorso e trasportato in codice rosso dal 118, il cremonese è arrivato cadavere al Fatebenefratelli. Intanto ieri a Cremona, l’"esodo" è cominciato a metà mattinata ed è continuato fino a tarda sera. Sì, un esodo, perché in 80 hanno lasciato il carcere nel secondo tour de force, qui a Cà del Ferro, per il direttore Ornella Bellezza e per gli agenti della polizia penitenziaria. Grazie all’indulto, i detenuti escono (in tutto sono circa 140, di cui una sessantina stranieri), gli agenti fanno i doppi turni.

Il direttore Bellezza ieri si è concesso mezz’ora di pausa pranzo. Il fax era bollente, le Procure stanno mandando tempestivamente, come ha sollecito il ministero, l’okay alle scarcerazioni di Tizio e Caio. E oggi si replica. Nella mattinata di ieri, ne sono usciti dieci, di cui due stranieri. Il grosso è cominciato a metà pomeriggio. A dieci-quindici minuti di distanza, uno dopo l’altro, gli ex detenuti hanno riassaporato la libertà. Tutti si sono lasciati alle spalle il carcere con il proprio bagaglio fatto di storie personali: furti, rapine, spaccio, truffe.

C’è chi non sapeva dove andare, chi era atteso vuoi dal familiare vuoi dall’amico, nel piazzale di cemento che ribolliva. Familiari come una signora arrivata da Milano. "Sono qui per mio nipote - ha raccontato -. È stato condannato per spaccio. Ha 37 anni. Uscirà. Scriva che la situazione sanitaria qui è pessima". Perché? "Perché mio nipote è sieropositivo, purtroppo. Il primo anno non è stato curato. Per fortuna ha un fisico robusto e ce l’ha fatta". Nella lista degli scarcerati, ieri c’era Pasquale, di Paullo (Milano). Anche lui dentro per spaccio. "Non sappiamo ancora quando uscirà, ma lui è uno di quelli che non ha un lavoro. E chi lo prende? Questo è il vero problema. Fanno le leggi, ma non pensano alle conseguenze", ha detto una giovane donna che aveva appena terminato l’ora di colloquio col fratello. Anche lui di Paullo, anche lui dentro per spaccio "ma solo di fumo, mica roba pesante".

Indulto: il carcere di Spinazzola (Bari) svuotato al 99%

 

Asca, 3 agosto 2006

 

Un solo detenuto e tutti gli agenti penitenziari in servizio a fargli la guardia: insomma un carcere tutto per lui, un privilegio insperato. Succede a Spinazzola, piccolo centro della Murgia barese con un altrettanto piccolo istituto penitenziario, dove l’indulto sta provocando un autentico esodo. Così 44 detenuti su 45, il 99% della popolazione carceraria, sta lasciando questa struttura di cui vi sono altri 2 esempi analoghi a Minervino Murge, pure nel barese, ma utilizzata come caserma dei Carabinieri e a Genziano di Lucania. L’esodo ha una spiegazione: tutti i detenuti dovevano scontare pene massime fino a 2 anni e l’indulto ha azzerato tutto, tranne l’unico recluso, accusato di reati sessuali. Alcuni degli ex-detenuti hanno pure cominciato a lavorare, appena liberi, per un’azienda informatica di Bari, la Svimservice, che da qualche mese li aveva coinvolti in un progetto di tele lavoro chiamato "Bridge"( ponte), un progetto di reinserimento lavorativo con tanto di corso di formazione di 10 settimane tenuto all’interno del carcere.

Indulto: Ravenna; gli ex detenuti si rivolgono ai Servizi sociali

 

Corriere Adriatico, 3 agosto 2006

 

Sono già una trentina le persone rimesse in libertà a Ravenna dopo l’ approvazione dell’indulto. Altri si aggiungeranno nei prossimi giorni. "La stima di un 30-35% di detenuti che potranno beneficiare della legge - spiega la direttrice del Carcere di Port’Aurea - si rivelerà corretta. Vorrei sottolineare, anche per fare chiarezza sull’argomento, che si tratta di iniziative d’ufficio e che quindi non è necessario che siano gli avvocati a presentare pratiche particolari per poter usufruire dei benefici dell’indulto".

A Ravenna, intanto, le istituzioni hanno al momento gestito senza difficoltà una situazione che, soprattutto nelle metropoli, ha creato vere e proprie emergenze umanitarie. A Bologna, ad esempio, il Comune ha allestito 20 posti letto per ospitare quei detenuti extracomunitari rimessi in libertà e in attesa del rimpatrio. "Da noi si sono già presentati dieci ex detenuti - spiega il direttore del Consorzio dei Servizi Sociali, Carlo Savorelli - ma nessuno ci ha chiesto aiuto per dormire o alloggiare in città, si tratta soprattutto di uomini che vorrebbero raggiungere le loro famiglie.

A chi lo ha richiesto abbiamo dato biglietti del treno e buoni pasto. Va comunque detto che non è stato necessario istituire fondi particolari, parliamo di circa dieci persone, sono poco più che una famiglia numerosa e la rete di servizi e assistenza creata in questi anni le ha potute accogliere senza particolari problemi. Se la richiesta dovesse cambiare allora ci attiveremo in maniera diversa".Circa un terzo dei 120 detenuti attualmente nella casa circondariale di Port’Aurea potranno usufruire dell’indulto recentemente approvato. Ciò significa che dal carcere ravennate potranno uscire circa 40 persone, la struttura tornerebbe così ad ospitare un numero di detenuti "tollerabile" essendo stata costruita per una capienza di circa 90 persone.

Indulto: Brescia; dalle associazioni un aiuto per 20 ex reclusi

 

Redattore Sociale, 3 agosto 2006

 

Quando le porte del carcere si chiudono è la fine, ma anche quando si aprono non sempre c’è da stare allegri. L’indulto ha graziato anche chi non ha casa, parenti, amici. Anche chi non ha nessuno, non ha soldi e non ha un lavoro, si è trovato di colpo libero, senza paracadute e senza rete.

Una rete di solidarietà è stata messa in atto dalle associazioni che da sempre si occupano di chi ha bisogno. L’associazione Carcere & Territorio, Vol.ca (volontari carcere) e Caritas hanno attivato presso la sede di Carcere e Territorio lo sportello d’ascolto. Il numero dell’associazione e l’indirizzo sono ben visibili dentro e fuori il carcere. E le richieste di aiuto non si sono fatte attendere.

Sono stati oltre una ventina i detenuti rimessi in libertà che si sono rivolti allo sportello. Un’esigua percentuale rispetto agli oltre cinquecento detenuti scarcerati, ma non per questo da sottovalutare. La maggior parte dei detenuti che ha chiesto aiuto aveva il problema di trovare un tetto, un posto dove passare la notte e anche di trovare qualcosa da mettere sotto i denti. Per il pasto non c’è stato problema, perché era a disposizione la mensa Menni della Caritas. Più difficile trovare una soluzione al bisogno di un tetto. L’associazione Carcere & territorio dispone di alcuni spazi, ma si tratta di sistemazioni che vengono concesse in base a un progetto studiato a misura di ogni persona. Fare fronte all’emergenza non sempre è possibile: per gli ex detenuti qualche spazio è stato trovato, poi sono stati segnalati i dormitori disponibili in città.

Il pool di associazioni ha anche garantito il rientro a casa a chi non aveva i soldi per il biglietto ferroviario. In tre o quattro han potuto salire sul treno solo grazie all’acquisto del biglietto da parte delle associazioni. Le associazioni sono pronte a fronteggiare anche altre richieste, a dare una mano e a dispensare consigli. Gli aiuti non sono mancati, ma è anche possibile che qualche ex detenuto in difficoltà non abbia saputo bene cosa fare e a chi rivolgersi.

Il momento scelto per ossigenare i carceri non è il migliore. Ne è convinto Angelo Canori, presidente dell’associazione Vol.ca e vicepresidente di Carcere & territorio. "Siamo in agosto - spiega Canori -. Gli ex detenuti escono in un momento in cui non è possibile mettere a punto un progetto lavorativo e anche tanti volontari sono in ferie". Canori ha qualche precisazione anche sulla concessione dell’indulto. "Personalmente - commenta il presidente di Vol.ca - credo che l’indulto sia positivo perché non si può tenere il detenuto, anche se colpevole, in condizioni disumane; ma così, senza progetto, non è positivo. Vedo bene un minor utilizzo del carcere, mentre andrebbero utilizzate maggiormente le misure alternative. Il carcere non rieduca anche perché non ci sono i mezzi sufficienti e gli spazi. Servono fondi per dare la possibilità alla giustizia di essere rapida".

Indulto: Palermo; gli ex detenuti chiedono lavoro in piazza

 

Agi, 3 agosto 2006

 

Un gruppo di persone rimesse in libertà grazie all’indulto hanno protestato questo pomeriggio a Palermo davanti a uno degli ingresso del porto per chiedere un lavoro. In piazza anche i familiari degli ex detenuti, in tutto una ventina tra i quali anche due donne. La richiesta dei dimostranti è quella di essere occupati nell’ambito dei "Piani di inserimento professionale" (Pip) del Comune di Palermo. Una minaccia di bloccare l’imbarco del traghetto per Napoli in partenza questa sera non è stata attuata e la manifestazione, svoltasi sotto un massiccio di poliziotti e carabinieri, si è dispersa pacificamente.

Indulto: Roma; ha lavoro e casa, ma rischia l’espulsione

 

Comunicato stampa, 3 agosto 2006

 

Una donna colombiana di 43 anni, sposata da tre anni con un italiano, mamma e nonna, è stata scarcerata e ora rischia di tornare in Colombia perché la cittadinanza si acquisisce dopo cinque anni. Era stata arrestata nel 2003 per un reato di droga, ma in carcere ha compiuto un percorso di recupero sociale che le ha consentito di avere un lavoro stabile e una casa. Oggi però, scarcerata con l’indulto, rischia di essere espulsa perché non ha avuto il tempo di andare in ambasciata per i documenti di soggiorno.

Protagonista della vicenda - segnalata dal Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni - C. R. una detenuta guatemalteca di 29 anni scarcerata per effetto dell’indulto. La giovane, arrestata nel 2003, era stata ammessa ai benefici dell’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario (il lavoro esterno con rientro in carcere la notte) nel centro cinofilo esterno del progetto "Confido", da diversi anni attivo nel carcere di Rebibbia Femminile che si occupa di addestramento dei cani per disabili. In breve, l’articolo 21 viene trasformato in un contratto a progetto di un anno che scade ad aprile 2007 a 750 euro al mese. C. R. non ha però il permesso di soggiorno: il suo è andato perduto durante la detenzione; per questo ha un appuntamento con l’Ambasciata per fare dei nuovi documenti che, con queste garanzie, sicuramente le verrebbero rilasciati.

Uscita dal carcere di Rebibbia Femminile la donna è stata accompagnata in Questura perché non in regola con i documenti, foto segnalata e trasferita al Cpt di Ponte Galeria dove rischia l’espulsione. Il magistrato di Sorveglianza, colui che può decidere la revoca della sua espulsione, non tornerà prima della fine del mese. La sua vicenda è stata segnalata dal Garante regionale dei diritti dei detenuti al Sottosegretario alla Giustizia Luigi Manconi.

E sempre da Rebibbia femminile arriva un’altra storia: quella di una detenuta colombiana di 43 anni, già mamma e nonna, sposata da tre anni con un cittadino italiano e in carcere per reati connessi alla droga. Scarcerata, la donna è stata trasferita in Questura e ora rischia l’espulsione ne suo Paese d’origine perché la cittadinanza italiana si acquisisce dopo cinque anni dal matrimonio con un italiano. "Abbiamo scelto questi due casi come simbolo degli effetti collaterali e indesiderati del provvedimento di indulto - ha detto il Garante regionale dei Diritti dei detenuti Angiolo Marroni - Abbiamo segnalazioni di tanti casi di detenuti scarcerati, o prossimi alla scarcerazione, che si troveranno ad affrontare problemi logistici a volte anche gravi. Per questo sollecito tutte le istituzioni ad accelerare le procedure per dare concreto avvio al piano straordinario che consenta di accogliere e sostenere i detenuti in questi primi giorni di rinnovata libertà".

Indulto: Lazio; a Regione e Comuni la gestione del fondo

 

Comunicato stampa, 3 agosto 2006

 

La decisione giunta al termine di un vertice operativo con il Prefetto Achille Serra, i rappresentanti del Garante Regionale dei Detenuti Angiolo Marroni e gli assessori ai servizi sociali della Regione Lazio Alessandra Mandarelli, della Provincia di Roma Claudio Cecchini e del Comune di Roma Raffaella Milano. Sarà la Regione Lazio, di concerto con i nove comuni della regione sedi di istituti di pena, a gestire lo stanziamento straordinario di 500mila euro stabilito ieri dagli assessorati regionali al Bilancio e ai Servizi Sociali per far fronte all’uscita dei detenuti dalle carceri per effetto dell’indulto. È questa l’indicazione emersa al termine di un vertice operativo che si è tenuto nel pomeriggio alla Prefettura di Roma con il Prefetto Achille Serra, i rappresentanti del Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni e gli assessori ai servizi sociali della Regione Lazio Alessandra Mandarelli, della Provincia di Roma Claudio Cecchini e del Comune di Roma Raffaella Milano. Il meccanismo messo a punto è il seguente: nel momento in cui un detenuto, per effetto del provvedimento di indulto, si appresta ad uscire dal carcere, viene informato dalla direzione del carcere che può rivolgersi ai Servizi Sociali del comune. Questi ultimi, sulla base delle richieste, avvieranno il supporto materiale necessario e, dove necessiti, anche quello economico. "Dopo la riunione di oggi passa finalmente alla fase operativo il piano straordinario di assistenza che nei giorni scorsi il mio Ufficio ha proposto al ministero della Giustizia e ai vari gradi di governo nazionali e regionali - ha detto il Garante Regionale dei Diritti dei detenuti Angiolo Marroni - Oltre che per dare un concreto aiuto ai detenuti, questa operazione è estremamente confortante sia per evitare allarmismi sociali in ordine alla sicurezza dei cittadini, che per affrontare e risolvere in maniera costruttiva e in termini solidali questa situazione, dando in questo modo un taglio innovativo all’indulto approvato dal Parlamento".

Indulto: Milano; anche i minori usufruiscono del provvedimento

 

Redattore Sociale, 3 agosto 2006

 

Indulto anche per i minori. A Milano sono 5 le ragazze e 7 i ragazzi che lasciano il "Beccaria" e 9 i minori sottoposti a misure alternative che tornano in libertà. Numeri esigui, se paragonati a quelli degli adulti che beneficiano dell’indulto, ma significativi se si considera che al Beccaria, in media, ci sono 70 minori. I giovani che dal Beccaria tornano alle loro famiglie o vengono ospitati in comunità "potranno usufruire dell’aiuto offerto dai servizi sociali e dalle strutture del privato sociale", assicura Flavia Croce, direttore del Centro per la giustizia minorile della Lombardia." Esiste, infatti, una collaborazione già in atto tra le nostre strutture e i servizi del territorio, indipendentemente dall’indulto- spiega Croce. - La legge ha anticipato l’uscita, ma c’erano già dei progetti in corso per i singoli ragazzi". Anche il vicedirettore del "Beccaria" Tiziana Valentini sottolinea che "i ragazzi non verranno lasciati a se stessi".

Ma non sarà semplice per i servizi sociali presenti sul territorio seguire tutti i ragazzi. Come nel caso di 3 minori che lasciando il Beccaria sono tornate a vivere in famiglia e che già quando erano in istituto non seguivano i percorsi psico - socio - rieducativi previsti. Scelte diverse da quelle di un’altra ragazza, anche lei beneficiaria dell’indulto, che ha chiesto espressamente di poter continuare il percorso intrapreso all’interno dell’istituto anche all’esterno, in una struttura protetta. La principale conseguenze dell’indulto, per quanto riguarda i minori, sembra quindi essere il venire meno del vincolo penale connesso al percorso di rieducazione. "Nel momento in cui si applica l’indulto finisce il nostro mandato" dice Croce. Con questa legge "diventa compito dei ragazzi motivarsi in autonomia. Noi qui lavoriamo proprio perché loro acquisiscano questa consapevolezza", spiega Valentini. I numeri dei minori che potrebbero beneficiare dell’indulto potrebbero crescere nei prossimi mesi. Potrebbe accadere, infatti, che le procure decidano di scorporare i reati: se cioè un ragazzo è stato processato per due reati, potrebbe venire applicare l’indulto soltanto a uno di questi.

Poi c’è la possibilità, per i minori con condanna non ancora definitiva, di chiedere la revoca della misura cautelare a cui sono sottoposti in attesa della condanna. Infine, potrebbe succedere che gli avvocati dei ragazzi che sono in custodia cautelare e per i quali si prevede una pena inferiore a tre anni, chiedano la revoca della misura cautelare. Si tratta solo di ipotesi, ma se andassero in porto "arriveremmo a dimezzare l’istituto" dice Valentini. E questo sarebbe un bene o un male? "La custodia cautelare e la pena sono l’ultima ratio nella filosofia del codice penale minorile - spiega il vicedirettore del Beccaria - per cui si dovrebbe ricorrere a queste misure quando nient’altro è praticabile. Se ci sono altri percorsi possibili e se c’è il presidio del territorio io credo che l’indulto sia un bene."

Indulto: Emilia Romagna; la Regione convoca gli enti locali

 

Redattore Sociale, 3 agosto 2006

 

L’Emilia Romagna pensa ad iniziativa in favore dei detenuti che hanno usufruito dell’indulto. L’assessore alla Promozione delle politiche sociali, Anna Maria Dapporto, convocherà nelle prossime settimane la Commissione regionale per l’area penale adulti, l’organismo istituito con un protocollo d’intesa nel 1998 tra Regione e Ministero della giustizia, di cui fanno parte i rappresentanti degli enti locali e dell’amministrazione penitenziaria in Emilia Romagna. Al centro dell’incontro, cui saranno invitati anche i componenti della Conferenza regionale Volontariato e Giustizia, ci sarà proprio il programma di iniziative comuni che Regione ed enti locali potranno mettere in campo, anche alla luce delle risorse finanziarie nazionali e regionali disponibili, per promuovere il reinserimento delle persone che in questi giorni stanno uscendo dal carcere.

L’iniziativa è stata annunciata oggi dalla stessa Dapporto. "Il provvedimento di indulto - sottolinea infatti la Dapporto - è stato un atto di umanità di fronte a un sovraffollamento carcerario così elevato da rendere la vita in carcere durissima sia ai detenuti che agli operatori, e da non consentire lo svolgimento delle attività di rieducazione e reinserimento sociale, che sono il più profondo scopo del carcere per la nostra Costituzione."

A tutt’oggi, in base ai dati forniti dal Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, sono stati dimessi dagli istituti penitenziari dell’Emilia-Romagna 495 detenuti. Anche a fronte di questi numeri gli enti locali della regione così come la rete del volontariato penitenziario si sono attivati per affrontare l’urgenza e garantire le azioni necessarie.

"Non va dimenticato - precisa l’assessore Dapporto - che questo evento richiede iniziative di accoglienza e reinclusione per molte persone contemporaneamente. Per evitare il più possibile recidive di reato e frequenti ritorni in carcere che potrebbero vanificare il provvedimento di clemenza, e per mantenere alto e migliorare il clima di senso civico e solidarietà nella comunità regionale".

Indulto: Padova; dal Csv arrivano contribuiti per l’accoglienza

 

Redattore Sociale, 3 agosto 2006

 

Il Csv di Padova sostiene con un contribuito le Associazioni di Volontariato impegnate nello sportello di prima accoglienza per le persone scarcerate a seguito dell’indulto. "Per quanto discussa o discutibile la questione dell’indulto, essa sta in questi giorni comportando per migliaia di persone serie difficoltà dal momento stesso della scarcerazione - commenta Alessandro Lion, direttore del Csv -. Non è facile infatti trovarsi senza soldi e in agosto in una città deserta (magari sotto la pioggia) e cercare di sbarcare il lunario di quella che dovrebbe essere una nuova vita fuori dal carcere. Al di là delle polemiche e delle opportunità l’attenzione come volontariato è alla persona umana che va tutelata guardando oltre le leggi e le scelte politiche".

Il Consiglio direttivo del Csv della provincia di Padova ha così deciso di contribuire con una cifra significativa alle spese di prima necessità, che le Associazioni di Volontariato riterranno opportuno sostenere in quanto impegnate in questi giorni (e non solo) nello Sportello di prima accoglienza per le persone scarcerate. È anche questo un modo per sostenere la solidarietà e quanti operano a favore dei carcerati e delle loro famiglie.

Indulto: Piemonte; allertati i Ser.T. per le prese in carico

 

Redattore Sociale, 3 agosto 2006

 

Mario Valpreda, assessore alla Salute e Sanità della Regione Piemonte interviene sull’indulto e lancia l’allarme per i tossicodipendenti scarcerati in seguito al provvedimento. Allertati, con una lettera, Sert e privato sociale della regione affinché mettano a disposizione una corsia preferenziale di accesso alle cure.

"Dopo una prolungata detenzione - spiega l’assessore - i tossicodipendenti riducono la propria tolleranza nei confronti delle sostanze stupefacenti e in particolare dell’eroina. Ciò li espone, in caso di ripresa del consumo una volta liberi, a un elevato rischio di morbilità e mortalità per overdose. Per questo, abbiamo ritenuto opportuno sollecitare i Sert ad alzare ulteriormente la soglia di attenzione e a facilitare la presa di carico di queste persone da parte dei servizi, per i trattamenti appropriati a ridurre i pericoli".

Nella stessa lettera, Valpreda sottolinea l’importanza di garantire continuità assistenziale a tutti quei soggetti che già nel corso della reclusione avevano aderito a percorsi di recupero e riabilitazione all’interno o all’esterno del carcere, come ad esempio i detenuti ospitati presso la struttura a custodia attenuata "Arcobaleno". A sollecitare un intervento in tal senso, nei giorni scorsi, era stato anche il procuratore della Repubblica di Torino, Marcello Maddalena.

Indulto: Puglia; un segretariato sociale per i 951 scarcerati

 

Redattore Sociale, 3 agosto 2006

 

Sono 951 i detenuti che beneficeranno dell’indulto in Puglia. Le operazioni di scarcerazione si sono avviate nei giorni scorsi in tutte le procure e le carceri della regione. Sempre nei giorni scorsi il sottosegretario alla Giustizia Alberto Maritati ha incontrato sindacati, associazioni, magistrati e forze dell’ordine che operano in favore delle persone più deboli o oggetto di esclusione sociale, al fine di definire interventi in favore dei detenuti che in questi giorni lasceranno le strutture detentive. Sono poco meno di 70 i milioni di euro depositati nella Cassa delle ammende: con questa somma saranno finanziati, tramite le Prefetture, progetti mirati al reinserimento degli ex detenuti.

"Salutiamo questo atto di clemenza come un atto di serietà di governo", dice mons. Ruppi, presidente della Cep, Conferenza Episcopale di Puglia e arcivescovo di Lecce. "Partecipiamo alla gioia di molti per l’approvazione dell’indulto da parte del Parlamento ed esultiamo perché su questo argomento c’è stata la larga maggioranza delle forze politiche, a conferma che è possibile superare gli steccati politici in vista del bene comune", afferma in una dichiarazione.

Accorta e critica la dichiarazione che ci ha rilasciato don Raffaele Bruno, cappellano del carcere "Borgo San Nicola" di Lecce. "Sicuramente un intervento che andava fatto. Certamente possiamo definirlo un gesto di clemenza, dietro il quale c’è comunque un problema di giustizia, giacché il carcere è di per sé una pena aggiuntiva rispetto alla condanna, a causa della scarsa qualità della vita condotta all’interno delle strutture penitenziarie. Quindi l’indulto pone un problema costituzionale, quello di ricondurre il carcere a struttura detentiva senza pene aggiuntive".

E ha posto poi il problema della cronologia legata ad un periodo, come quello estivo, critico di per sé: "Il fatto che arrivi in agosto, quando gli enti locali sono in ferie, e già in affanno a causa dei tagli ai fondi sociali, pone certamente il problema dell’impatto di un certo numero di persone, ovviamente multiproblematiche dal punto di vista sociale, e che agli enti locali si rivolgeranno in questi giorni. Occorre quindi pensare a quali forme di accompagnamento siano possibili. Ieri sera in Prefettura a Lecce c’è stata una riunione con gli enti locali, le forze dell’ordine, le associazioni di volontariato e tutti gi altri attori a vario titolo impegnati nel settore della marginalità e dell’inclusione sociale. Il problema - ha continuato Bruno - non è soltanto risolvere l’emergenza, ma soprattutto cercare di garantire un livello almeno minimo di accompagnamento in questa fase, che è quello di evitare le solitudini, di evitare che gli ex detenuti facciano i conti con i propri problemi da soli. Per questo si è concordato sulla necessità di costruire una rete sociale che funga da contenimento ma che abbia anche un’espressione progettuale".

Quest’ipotesi di intervento è stata definita di "segretariato mirato": "segretariato mirato su più livelli: accompagnamento, informazione, ascolto rivolti agli ex detenuti, ma anche supporto e sostegno agli enti locali, e infine controllo dell’allarme sociale che più che essere reale è indotto da un certo tipo di informazione" ha aggiunto don Raffaele Bruno.

E ha continuato: "Sicuramente c’è una fascia della popolazione che è perplessa rispetto all’indulto e nei confronti della quale occorre intervenire mediando socialmente le situazioni più critiche che si verranno a creare sul territorio. Ma la funzione più importante del segretariato mirato è quella di progettazione: vogliamo rispondere certamente ai disagi dell’immediato, ma vogliamo soprattutto guardare al futuro. Nell’immediato occorre monitorare alcune situazioni di particolare difficoltà, anche di tipo economico, e intervenire con progetti di accompagnamento di tre, quattro mesi di reddito minimo, legati alla prestazione di lavori socialmente utili. Questo darebbe il tempo al segretariato mirato, e siamo già nella fase progettuale, di stringere legami più saldi con il mondo dell’imprenditoria, per realizzare progetti di più ampio respiro in termini di reinserimento e inclusione sociale. L’indulto è solo una circostanza. Può diventare un malessere, ma questa non è la mia opinione, oppure può essere un’opportunità per aiutare la società a prendere atto che tra i suoi cittadini esistono anche i condannati, di cui spesso ci si dimentica e a cui invece andrebbero garantiti pari dignità e diritti."

 

 

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