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Giustizia: aggiornamento delle iniziative sul "disastro carcerario"
Comunicato stampa, 22 settembre 2005
Prosegue il digiuno a staffetta di Franco Corleone, giunto all’undicesimo giorno e di Sergio Segio, giunto al quarto. Oggi digiuna anche Andrea Boraschi, direttore di "A buon diritto, associazione per le libertà". Stefano Anastasia, presidente della Conferenza volontariato giustizia digiunerà i giorni 26-27-28 settembre, mentre Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, digiunerà i giorni 29-30 settembre e 1° ottobre. Il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ha comunicato che nella prima riunione utile dei Capigruppo della Camera porrà le questioni sul carcere da noi sollevate, per verificare a quali delle proposte da noi sostenute può essere attribuita la sede legislativa e quali possono invece essere calendarizzate. Situazione politica complessiva e crisi incipiente permettendo. Nei prossimi giorni, anche da parte nostra vi sarà un’iniziativa di sensibilizzazione dei Capigruppo della Camera attraverso una lettera e richiesta di incontro. Domani, venerdì 23 settembre alle ore 10 (e non 11,30 come comunicato in precedenza), a Milano davanti al carcere di San Vittore si terrà un sit-in e conferenza stampa, per sensibilizzare i media sull’iniziativa di protesta e di proposta. Hanno già comunicato la presenza Giuliano Pisapia, Giuseppe Vanacore, Giorgio Roversi, Francesco Vazzana, Franco Vanzati, Corrado Mandreoli, Danilo Villa, Giuseppe Civati, Sergio Silvotti, Sergio Cusani, Licia Roselli, Cecco Bellosi, Maurizio Baruffi, Sergio Segio. Naturalmente, si raccomanda di intervenire anche a tutti gli altri aderenti all’iniziativa di Milano e dintorni, segnalandoci la propria presenza. Sempre a Milano, mercoledì 28 settembre, alle ore 11 davanti alla sede del Consiglio Regionale della Lombardia, il Pirellone di via Fabio Filzi, si terrà un sit-in con cartelli. Nell’occasione chiederemo un incontro ai capigruppo delle forze politiche rappresentate nel Consiglio Regionale, per chiedere una mozione sui temi sollevati e un intervento presso il Parlamento per sollecitare l’iter di alcune proposte legislative, a cominciare da quella tesa a istituire un Garante nazionale delle persone private della libertà. Anche per questa iniziativa si richiede agli aderenti milanesi di comunicare al più presto la propria presenza e disponibilità. Pur faticosamente, la stampa nazionale comincia a dare atto del digiuno e delle iniziative in corso. Oggi, giovedì 22, l’Unità pubblica un articolo della giornalista Luigina Venturelli, (qui in allegato) martedì 20 lo aveva fatto la giornalista di Repubblica Claudia Fusani (vedi su http://www.fuoriluogo.it/dettagli.php?id=4080) Sempre martedì, Riccardo Arena, nella pagina di "radio carcere" pubblicata sul quotidiano "Il Foglio" aveva segnalato il digiuno a staffetta in corso. Il sito di Vita (vedi su http://www.vita.it/articolo/index.php3?newsid=59651) ha pubblicato con risalto una notizia sull’iniziativa, come già aveva fatto sulla rivista della scorsa settimana. Oltre a quelle già segnalate nei giorni scorsi, continuano a pervenire nuove adesioni. Quelle di ieri sono: Andrea Boraschi, direttore di A Buon Diritto. Associazione per le libertà, Giuseppe Civati consigliere DS Regione Lombardia, Associazione Naga, Milano, Giuliano Pisapia, deputato, Grazia Grena, volontaria, Lodi. Si ricorda che l’indirizzo mail cui fare pervenire le adesioni è: sergiosegio@libero.it e che è auspicato l’impegno di tutti per fare funzionare al riguardo una "Catena di Sant’Antonio", indispensabile per tenere in vita e fare crescere l’iniziativa nelle prossime settimane, stante anche l’ancora insufficiente attenzione mediatica. Così pure si richiede agli aderenti di sensibilizzare la stampa anche locale delle rispettive città.
Sergio Segio, Associazione SocietàInformazione Napoli: Poggioreale, diciotto detenuti in una cella e un solo bagno
Liberazione, 22 settembre 2005
Sovraffollate, fatiscenti, invivibili per le pessime condizioni igienico-sanitarie. E, ormai, fuorilegge, perché il "Regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario", che non introduceva "nulla di rivoluzionario", ma semplicemente bagni decenti, acqua calda, docce e cucine, è rimasto lettera morta. Il pessimo stato delle carceri italiane è documentato nel secondo rapporto di Antigone. L’associazione ha "schedato" le più importanti prigioni del paese. Ed ha scoperto che nella maggior parte dei casi il Regolamento non è stato attuato, che ci sono carceri, come quella di Poggio Reale a Napoli, dove in una cella vivono 18 detenuti con un solo bagno, che a Bari la metà delle docce a disposizione non funziona, che in molte prigioni, come quella di Rebibbia a Roma, non c’è neppure l’acqua calda e in altre manca addirittura lo spazio all’aperto per i colloqui. Unica eccezione il carcere di Opera a Milano, "parzialmente" adeguato alle nuove norme. "Il Regolamento - spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - non prevedeva nulla di rivoluzionario, solo norme di buon senso che avevano lo scopo di migliorare la qualità della vita delle persone detenute". Approvato nel 2000, doveva essere attuato nei successivi cinque anni, ma ad oggi, nulla o quasi, denuncia Antigone, è stato fatto. Il lavoro di osservazione diretta portato avanti dall’associazione - contenuto in un cdrom - ha riguardato le condizioni di vita materiale di un numero di detenuti superiore al 50% dell’intera popolazione reclusa. Ecco alcuni dati. Per ciò che concerne le celle, l’89,4% dei detenuti non ha doccia; il 69,31% dei reclusi non ha accesso all’acqua calda; il 60% delle detenute non ha il bidet. Il 12,8% vive in carceri dove nelle celle il bagno non è situato in un vano separato ed è invece collocato vicino al letto; l’82,6% vive in carceri dove non vi sono cucine ogni 200 persone; il 55,6% dei detenuti vive in carceri dove non sono consentiti colloqui in spazi all’aria aperta. Giustizia: Bertinotti; serve un’amnistia per i reati sociali
Liberazione, 22 settembre 2005
Da Pontedera a Pisa la distanza è breve, dalla fabbrica al carcere è un salto dimensionale. Il "don Bosco", il carcere dove è detenuto Adriano Sofri, ha in qualche modo dato l’idea, lanciata dal Prc, Arci e da molte altre sigle, e che ha già riscosso discreti consensi, di far votare alle primarie anche i carcerati. La visita al "don Bosco" è anche l’occasione per Bertinotti di tornare su un tema accantonato in fretta in questa legislatura: "Sono sempre fermamente convinto della necessità dell’amnistia per i reati sociali. Un tema che anche Giovanni Paolo II ha sollevato durante la sua visita in parlamento e che la maggioranza di Berlusconi ha colpevolmente disatteso". La prigione pisana accoglie un alto numero di immigrati, ma per loro esiste un’altra forma di prigionia: la legge Bossi-Fini e i Cpt. A Pisa però, da dieci anni, il comune e due associazioni, il "Cerchio" e il "Progetto", hanno creato un centro di prima accoglienza capace di dare alloggio e assistenza sanitaria gratuiti a 25 persone e di svolgere con loro un lavoro di integrazione e di accompagnamento, con l’obiettivo, di ottenere un lavoro ed una casa "perché i migranti non sono solo importanti dal punto di vista produttivo, ma anche da quello sociale" spiegano i presidenti delle due cooperative. Proprio per la loro importanza nella società, e visto che almeno alle primarie del centrosinistra avranno diritto di voto, Bertinotti li esorta a recarsi alle urne "perché una vostra massiccia partecipazione farebbe il segno più tangibile della vostra volontà di diventare cittadini d’Italia". I migranti ascoltano attenti ma nelle loro parole non c’è altro che la delusione: "Sono venuto in Italia nel 1993 e in Africa ho lasciato moglie e quattro figli. Ho fatto tutti i lavori possibili ma non ho mai ottenuto un permesso di soggiorno più lungo di sei mesi. E con mille euro di stipendio cosa faccio, quando più della metà partono per l’affitto? In Algeria non posso tornare, cosa devo fare fratello?" racconta un uomo che non vuol dire il suo nome. Ma ti aspettavi questo quando sei venuto in Italia? "Io adesso non riesco neanche a guardare avanti. Fratello, tu il tuo paese lo conosci meglio di me". Vercelli: cercansi diplomati Isef per lezioni di ginnastica in carcere
La Stampa, 22 settembre 2005
Cercansi diplomati Isef per impartire lezioni di ginnastica ai detenuti del carcere Billiemme. L’appello è del Comune e l’incarico partirà dal prossimo gennaio per proseguire fino al dicembre 2008, con una pausa a giugno, luglio ed agosto. Il compenso è di 20,66 euro lorde all’ora. Chi fosse interessato deve avere la qualificazione professionale specifica, il diploma Isef oltre ad un’esperienza specifica nel settore. È necessario presentare la domanda in carta libera alle Politiche sociali del Comune di Vercelli, in piazza del Municipio 9, entro mezzogiorno del 7 ottobre. Nella domanda dovranno essere presentati i dati personali, il codice fiscale e l’eventuale partita Iva; il possesso del diploma specifico con il punteggio ottenuto ed i titoli acquisiti, nonché l’eventuale esperienza specifica nel settore con l’indicazione dei periodi di attività svolta. Alla domanda dovranno essere allegati la copia del diploma e il certificato con indicazione del punteggio ottenuto. E ancora: una copia dei certificati di servizio con indicazione del periodo di attività svolta e/o altri titoli acquisiti. Per ogni informazione è, comunque, possibile rivolgersi al settore Politiche Sociali al numero 0161.596535. Televisione: da stasera a mezzanotte su Italia Uno il serial "Oz"
Age, 22 settembre 2005
Arriva stasera a mezzanotte su Italia 1, una delle serie americane più hot: "Oz", definita al suo debutto come la più "scabrosa, violenta e affascinante soap opera mai vista". Ambientata in un carcere di massima sicurezza il cui quinto braccio, soprannominato "Il Paradiso" dai suoi carcerieri, è per molti l’anticamera dell’inferno, ha visto alternarsi tra i registi Matt Dillon, Chazz Palminteri, Kathy Bates, Steve Buscemi. Estremo realismo, grande impatto scenico, "Oz" è per gli americani una serie di culto. Protagonista e narratore della storia è Augustus Hill (Harold Perrineau Jr), un detenuto sulla sedia a rotelle che racconta la vita e le storie di alcuni detenuti: come Miguel Alvarez, pugnalato al petto mentre stava per varcare le porte di Oz o Tobias Beecher, un avvocato debole e naif, accusato di aver ucciso una giovane ragazza mentre guidava sotto l’effetto di stupefacenti. Donald Groves invece si è macchiato dell’orrendo crimine di cannibalismo: ha mangiato la madre e risparmiato il padre solo per il giorno del ringraziamento. Tom Fontana, creatore, co-produttore (con Barry Levinson) e sceneggiatore, chiese e ottenne che l’enorme set che avrebbe ospitato le riprese sorgesse a pochi passi da casa sua, a New York, in una fabbrica abbandonata. Nello stesso tempo si assicurò dai dirigenti della HBO l’assoluta libertà creativa nell’intrecciare i destini dei mostruosi abitanti di Oswald e dell’infernale quinto braccio, facendo mettere per iscritto che la tv non sarebbe mai intervenuta per censurare. Su Italia 1 da domani arriva la prima stagione di "Oz", che vanta una serie di ospiti illustri: da Tony Musante (capo degli uomini d’onore), a Rita Moreno (West Side Story) a Leon Robinson. In America ne sono state realizzate sei seguitissime serie, le prime tre delle quali in Italia sono andate in onda su Fox (Sky). Prima di "Oz", da domani su Italia 1 alle 23 andrà in onda la quarta serie del pluri premiato "The Shield", il poliziesco che in questa stagione vede una new entry di grande prestigio: Glenn Close. Napoli: sciopero della spesa a Poggioreale e Secondigliano
Il Mattino, 22 settembre 2005
Non più sciopero della fame o battitura delle inferriate o lanci di stracci in fiamme ma "sciopero della spesa" nello spaccio del penitenziario. È partita da Poggioreale e Secondigliano l’innovativa forma di protesta dei detenuti contro il sovraffollamento e le pessime condizioni igienico-sanitarie per sollecitare l’amnistia e l’indulto. I reclusi continuano ad acquistare solo acqua, sigarette e bombolette del gas ma non più posate, bicchieri, piatti, saponi o detersivi: tutti generi ai quali dovrebbe provvedere il Dap ma che essi preferivano scegliere. "I detenuti di Napoli sono stati intelligenti", commenta Beneduci dell’Osapp, che scenderà in piazza il 28 a Roma. Treviso: due detenuti curano i cimiteri e imparano un lavoro
Il Gazzettino, 22 settembre 2005
Lunedì la Giunta comunale ha dato il via libera ad un progetto che prevede il coinvolgimento dei detenuti della Casa Circondariale di Santa Bona nei lavori di manutenzione dei cimiteri comunali. Si tratta di un progetto sperimentale, volto a favorire il reinserimento nella società dei detenuti attraverso l’assegnazione di un lavoro al di fuori del carcere. La sua attuazione oltre al reinserimento sociale dei carcerati avrebbe anche il non trascurabile vantaggio di avere costi limitati per il Comune, che potrà godere di contributi statali. Nei giorni scorsi è stato stretto un accordo di massima tra il Comune, la cooperativa Alternativa e Treviso Servizi, la società municipale che si occupa tra le altre cose della gestione dei servizi cimiteriali. Due detenuti lavoreranno e si occuperanno della manutenzione dei cimiteri "minori", cioè tutti escluso quello di San Lazzaro. Saranno scelte naturalmente le persone più idonee, che dovranno avere l’avallo del direttore della Casa Circondariale. Si tratterà con ogni probabilità di detenuti in scadenza di pena, così avranno la possibilità di ritrovarsi già con un lavoro una volta liberi. Nelle loro mansioni saranno seguiti costantemente da un dipendente della cooperativa Alternativa. A Cà Sugana si guarda con molta fiducia al progetto e si pensa già alla possibilità di ampliare questa collaborazione in futuro, nel momento in cui la sperimentazione dovesse avere esito positivo. Un altro settore in cui avvalersi del lavoro dei carcerati potrebbe essere quello della gestione dei rifiuti, che rientra sempre tra le competenze di Treviso Servizi, magari impiegandoli nei Cerd. Una possibilità che nella migliore delle ipotesi potrebbe concretizzarsi già dal prossimo gennaio. Per i lavori di manutenzione dei cimiteri Cà Sugana auspica si possa partire il prima possibile, magari entro ottobre, in modo da curare i camposanti in vista del primo novembre. Torino: sciopero dei dipendenti del Cssa il 26 settembre
Comunicato sindacale, 22 settembre 2005
I sindacati Cgil Fp Torino, Cisl Fps Torino, Uil Pa Torino e la Rsu del Cssa del Ministero della Giustizia di Torino hanno indetto uno sciopero dei dipendenti del Cssa per il giorno 26 settembre 2005. I Centri di Servizio Sociale Adulti del Ministero della Giustizia hanno funzioni fondamentali: nella gestione dell’esecuzione penale esterna, in particolare di misure alternative alla detenzione, con compiti essenziali di aiuto e controllo dei condannati; nell’attività di osservazione e trattamento dei detenuti, in collaborazione con gli Istituti Penitenziari. Tali funzioni hanno ripercussioni positive anche sulla sicurezza dell’intera cittadinanza, poiché perseguono lo scopo di favorire il reinserimento nella società delle persone che hanno commesso reati, tendendo a rimuovere le cause che hanno indotto comportamenti devianti. Si è giunti a questa forma di protesta dopo oltre un anno di stato di agitazione dei dipendenti, visti gli scarsi risultati raggiunti e le insoddisfacenti risposte da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia e del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria del Piemonte e Valle D’Aosta rispetto a: l’inesistenza di un’idonea ed unica sede del Cssa, che consenta di garantire qualità ed efficienza professionale; ad oggi permane una suddivisione in due sedi distinte e del tutto inadeguate di un ufficio concepito come unico e dotato quindi di un unico apparato organizzativo; la grave carenza di personale tecnico-amministrativo. Lo sciopero mira ad ottenere un’unica sede e adeguato personale, necessari per l’espletamento delle funzioni previste dalla normativa, nel rispetto di tutti i cittadini: sia degli utenti del Cssa, sia dell’intera collettività, portatrice di istanze di sicurezza sociale. I lavoratori chiedono la solidarietà della cittadinanza, invitandola al presidio che terranno durante lo sciopero. Il 26 settembre 2005 dalle ore 10 alle ore 12 in piazza Castello, dinanzi al palazzo della Prefettura.
Cgil Fp Torino - Cisl Fps Torino - Uil Pa Torino - Rsu del Cssa del Ministero della Giustizia di Torino Droghe: 10.000 cocainomani rivoltisi ai servizi, punta dell’iceberg
Redattore sociale, 22 settembre 2005
"Non incarcerate il nostro crescere" è il nome del cartello di organizzazioni ed enti pubblici e privati del campo delle tossicodipendenze, riunite oggi a Roma per porre al Governo le proprie richieste. Ne fa parte anche il Gruppo Abele. Il suo vicepresidente, Leopoldo Grosso, chiede ai piani alti della politica più risorse per pianificare nuovi interventi in risposta ad un mondo, quello delle droghe e dei consumatori, in rapida evoluzione. Se una volta erano in maggior numero i tossicodipendenti da eroina a rivolgersi ai servizi, nel 2004 ben 10.000 cocainomani si sono presentati nei Ser.T. Per Grosso "si tratta solo della punta dell’iceberg". Dietro ci sono tutti quelli che ne fanno un uso saltuario, o un abuso non necessariamente problematico. É una popolazione integrata, giovane, con un lavoro e un buon reddito. Di cocaina se ne trovano due tipi sul mercato, una molto costosa per le élite, ed una poco pura e a buon prezzo per le masse. La cocaina viene perlopiù sniffata. La fumano - crack - i consumatori che vivono nell’emarginazione e nella povertà. Tra gli eroinomani cresce invece l’assunzione della cocaina in iniezione. Il che pone un problema sanitario. Data la scarsa purezza del prodotto venduto in strada, e quindi la brevità del suo effetto, i consumatori possono farsi anche 20 iniezioni al giorno. Il che significa avere bisogno di 20 siringhe pulite. Non è un caso che tra questa popolazione si misuri un ritorno di crescita dei tassi di infezione da Hiv per lo scambio di siringhe usate. Un capitolo a parte spetta ai trattamenti metadonici di mantenimento, 65.000 circa in Italia nel 2004. La letteratura scientifica prova che se il trattamento col metadone non è affiancato da un trattamento sociale e psicologico fallisce nel 50% dei casi. Ora è evidente che "se le risorse economiche diminuiscono per i tagli alla spesa sociale, aumentano in eguale misura i trattamenti esclusivamente farmacologici". Tra i più giovani cannabis ed ecstasy sono le sostanze psicoattive più consumate. Almeno la metà dei ragazzi italiani frequentano le discoteche e qui vengono in contatto con l’ecstasy. Il 25% di essi l’ha provata o la assume regolarmente, contestualmente al divertimento e allo sballo. In questo come in altri casi "non si può parlare di dipendenza, ma occorre riflettere sul consumo ed intervenire con interventi di prossimità e di prevenzione, d’informazione sul consumo". Ed è necessario anche "l’introduzione del test rapido per le sostanze. Le pasticche del sabato sera sono spesso fabbricate in laboratori artigianali. Se un ragazzo si intossica e finisce all’ospedale, il medico deve poter sapere la composizione della pasticca che ha ingerito e del veleno che lo ha intossicato, o è troppo tardi". Per quanto invece riguarda la cannabis "è la droga che presenta minori rischi". Il suo consumo è diffusissimo tra i giovani e meno giovani e deve costituire semmai non tanto un problema penale quanto piuttosto un problema di carattere sanitario. "Auspicabile" un suo utilizzo per fini terapeutici. L’alcool? Leopoldo Grosso non tentenna: "É il grande sottovalutato". Le vittime per patologie correlate all’alcolismo sono le più numerose e l’alcool è la principale causa degli incidenti stradali. Grosso propone "una riduzione degli orari di vendita di alcolici, controlli più rigorosi sulle strade ed un maggiore investimento educativo". E di investimenti ha bisogno anche il carcere, che - conclude lo psicologo - "garantisce il reinserimento lavorativo a fine pena solo al 2,5% dei 14.500 tossicodipendenti detenuti, favorendo così l’instaurarsi di circoli viziosi di recidività" (Gabriele Del Grande) Droghe: nuove regole per le comunità di recupero in Sardegna
Redattore sociale, 22 settembre 2005
Le comunità sarde per il recupero dei tossicodipendenti faranno presto un salto di qualità, migliorando gli standard di assistenza, adeguando le strutture e offrendo nuove possibilità a tanti pazienti che ora per farsi curare sono costretti a lasciare la Sardegna. Lo prevede la delibera che determina i requisiti minimi per l’autorizzazione al funzionamento e per l’accreditamento delle comunità, presentata dall’assessore regionale alla Sanità Nerina Dirindin e approvata dalla Giunta Soru. La delibera recepisce l’atto d’intesa Stato-Regioni firmato nel 1999 e adottato da appena cinque regioni (Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna, Marche e Veneto). Tra le novità, quella che le comunità sarde potranno accogliere e curare pazienti con doppia diagnosi (cioè con un disagio psichico legato a quello più specifico della dipendenza), così come nasceranno strutture in grado di accogliere donne tossicodipendenti insieme ai loro figli. Verrà istituito un gruppo di lavoro che dovrà preparare un Programma Regionale di Contrasto delle Dipendenze Patologiche, mentre la Regione valuterà i risultati ottenuti dalle comunità. Grazie ad un maggiore apporto di professionalità, sostenuto da un sistema tariffario più adeguato, le comunità verranno dunque ripensate anche in funzione delle "nuove dipendenze". Con questa delibera, frutto di un confronto con il Coordinamento delle comunità terapeutiche isolane, la Sardegna si propone di diventare una delle regioni all’avanguardia nella cura delle tossicodipendenze. In Sardegna la rete dei servizi di contrasto delle tossicodipendenze è costituita da 14 Sert, di cui almeno uno operativo in ciascuna Azienda Usl, 17 Comunità terapeutiche (con un’offerta di residenzialità di 464 posti), di cui 12 strutture terapeutico - riabilitative, 3 strutture pedagogico - riabilitative, una struttura residenziale per persone dipendenti da alcol e una struttura di pronta accoglienza. Nel 2004 i pazienti in trattamento nei Sert sono stati circa 5000. Nelle comunità sono state accolte 732 persone, mentre 298 sardi hanno scelto una comunità fuori dall’isola. Nel 2004 la Regione ha riconosciuto alle comunità 3 milioni 148 mila euro, mentre per i sardi curati fuori dall’isola la spesa è stata di poco più di due milioni di euro. Sempre nel 2004, nell’isola sono state registrate alcune linee di tendenza come l’aumento del numero di inserimenti nelle comunità terapeutiche (con un incremento pari al 6,7% rispetto al 2003 e al 7,9% rispetto al 2002); la riduzione (pari al 12,6% rispetto al 2003 e al 6,2% rispetto al 2002) del numero di pazienti in trattamento presso i Sert; l’aumento delle persone che utilizzano sostanze di abuso e che non fanno alcun riferimento al sistema dei servizi per le tossicodipendenze pubblico e di privato sociale, come rilevato nell’ultima Relazione annuale al Parlamento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Immigrazione: sono 8 mila i minori stranieri non accompagnati
Redattore sociale, 22 settembre 2005
Migliaia di invisibili. Ombre senza identità. Eppure danno fastidio quando domandano l’elemosina, quando vendono il proprio corpo sui marciapiedi o commettono piccoli reati. Nel loro paese sarebbero bambini, da noi sono "immigrati non accompagnati". I minori stranieri che arrivano in Italia senza genitori né permesso di soggiorno sono oltre 8 mila. Ma una cifra precisa è impossibile da stabilire, perché vivono in clandestinità. Il fenomeno dei bambini invisibili è stato al centro del convegno "Minori non accompagnati: bambini o stranieri?", organizzato ieri pomeriggio presso la Camera del lavoro di Milano. All’incontro sono intervenuti Livia Pomodoro, presidente del Tribunale per i minori di Milano; Aurora Campus, docente di Sociologia presso l’università Bicocca di Milano e Don Gino Rigodi, cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria. Il fenomeno - Nell’85% dei casi si tratta di maschi, con un’età compresa tra i 10 e i 17 anni. Adolescenti partiti con l’aiuto di mamma e papà. "Per i genitori si tratta di un investimento -dice Aurora Campus, autrice di "Minori stranieri soli. Tra politiche di accoglienza e politiche di controllo"-. Pensano di garantire ai propri figli un futuro e a loro stessi una maggior tranquillità economica". Il 27% dei minori non accompagnati arriva dall’Albania, il 25% dal Marocco, il 22,7% dalla Romania. Un flusso che rispecchia l’immigrazione degli adulti. Anche per la destinazione scelta: Lombardia (22% del totale), Lazio (14%) e Piemonte (12%) sono le regioni che accolgono il numero più alto di ragazzi stranieri. "Hanno un progetto migratorio preciso: guadagnare dei soldi da spedire a casa -spiega Aurora Campus-. Ma questo desiderio in Italia si blocca. Impedire ai ragazzi di lavorare significa interrompere il loro sogno migratorio. Li si condanna così a finire in un istituto di pena o in una comunità di accoglienza, in attesa di un rimpatrio forzato". La legge Bossi Fini non fa regali ai maggiorenni: una volta compiuti i diciotto anni o si ha un lavoro e una casa o si ritorna in patria. Solo per chi è arrivato prima dei 14 anni è previsto il rilascio di un permesso di soggiorno per studio o lavoro. Le possibili soluzioni - "Il nostro obiettivo è quello di intercettare i minori prima che lo facciano le organizzazioni criminali -afferma Livia Pomodoro-. In molti casi sono gli stessi ragazzi a contattarli. Si sentono tutelati e affascinati: lavorano poco e il guadagno è alto. Poco importa la cittadinanza, basta un tetto sopra la testa e un gruppo che li protegga. In cambio commettono furti o omicidi". Nel 2003 il carcere Beccaria ha accolto 1581 detenuti sotto i 18 anni (fonte: ministero della Giustizia; ndr). Gli stranieri erano 895. Il 63% di loro era in attesa di giudizio. Don Gino Rigodi li conosce uno a uno: "Ognuno ha esperienze diverse. Nordafricani e albanesi hanno legami buoni con la famiglia di origine, mentre i romeni si portano dentro il buco dell’abbandono -racconta-. Per questi ultimi la comunità non funziona. Ci entrano e subito tentano la fuga". Le Forze dell’ordine si occupano dei minori stranieri quando trasgrediscono la legge, anziché prevenire la loro emarginazione. "Occorre intercettare i ragazzi prima che arrivino in carcere -prosegue Don Rigoldi. I romeni si possono incontrare quando arrivano a Milano con i pullman, magari con l’aiuto di un connazionale adulto. Un riferimento discreto che risponda ai loro bisogni senza risultare assillante. Dovremmo favorire il loro ingresso con corsi formativi e di lingua italiana".
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