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Un digiuno per non essere complici, di Franco Corleone
Carta, 15 settembre 2005
Il 12 settembre sono iniziati i lavori parlamentari per l’ultimo scampolo di legislatura (150 o 180 giorni prima delle elezioni) e l’attenzione è concentrata sulla legge elettorale e sul disegno di legge contro le intercettazioni telefoniche. Sul carcere e i suoi problemi rischia di calare una pietra tombale. Ho riflettuto molto prima di decidere di lanciare una iniziativa nonviolenta e di dialogo che non sia di pura testimonianza ma abbia qualche possibilità di conseguire alcuni obiettivi. Mi sono convinto che non si poteva restare in silenzio e impotenti di fronte a una catastrofe annunciata. Il bilancio della legislatura per il carcere è assolutamente negativo; nulla è stato fatto non solo dal punto di vista delle riforme necessarie, ma neppure rispetto all’ordinaria amministrazione. Si è fatta balenare la prospettiva dell’amnistia e dell’indulto, per poi lasciare le macerie dell’inganno, della delusione e della frustrazione. Così 60.000 detenuti vivono ammassati in celle inadeguate, senza cure, senza attività trattamentali e risocializzanti, senza educatori, immolati sull’altare della sicurezza. Il 22 agosto sono scaduti i cinque anni che il nuovo Regolamento di applicazione dell’Ordinamento Penitenziario (DPR n. 230 del 2000) da me fortemente sostenuto come sottosegretario ed elaborato da Sandro Margara, prevedeva per le opere di ristrutturazione degli istituti penitenziari a cominciare dai servizi igienici, dalle cucine agli impianti elettrici. Nulla è stato fatto e la responsabilità del Ministro Castelli per una inadempienza che impedisce la vivibilità e viola i diritti umani è grave, censurabile e forse sanzionabile. Il carcere che tiene ristretti i cittadini che hanno violato la legge, viola le sue leggi mettendosi così fuori dalla legalità. È una situazione che non può essere tollerata e che va denunciata come inadempienza senza alibi. Per dare un segno, anche minimo, di attenzione al mondo dei senza voce, chiedo al Presidente della Camera Casini di inserire all’ordine del giorno dei lavori tre proposte di legge che raccolgono un consenso ampio e trasversale e che occuperebbero non più di un pomeriggio di esame a Montecitorio. Si tratta della proposta per l’istituzione del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, già esaminata dalla Commissione Affari Costituzionali e che ha come relatore l’on. Nitto Palma di Forza Italia; della proposta sull’affettività per i detenuti firmata da ottanta deputati tra cui Boato. Ruggeri, Folena, Biondi e Pecorella; della proposta che ha come primi firmatari Realacci e Paoletti Tangheroni per il diritto di visita alle carceri per sindaci e presidenti di provincia. Per i problemi del carcere di Sollicciano, chiedo al Presidente del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tinebra, di prendere i provvedimenti che gli sono stati suggeriti e illustrati per rispettare la capienza regolamentare prevista per il carcere di Firenze garantendo l’ispirazione originaria dell’istituto che non sopporta di essere un mero contenitore di corpi. Sempre per Sollicciano chiedo al ministro Lunardi e al responsabile del ministero delle Infrastrutture per la Toscana, ing. Ernesto Reali, di trovare i pochi fondi per completare il progetto del Giardino degli Incontri dell’architetto Michelucci che regalerebbe un po’ di poesia al carcere e un’opera d’arte alla città, facendo interagire due mondi separati. La notizia del suicidio di un anziano di 73 anni a Sollicciano mi fa sentire più disarmato. Lunedì 12 ho cominciato un digiuno con la speranza di aiutare una riflessione collettiva sulla tragedia quotidiana. Spero di non essere solo. Giustizia: terzo giorno sciopero fame garante detenuti Firenze
Asca, 15 settembre 2005
Terzo giorno di sciopero della fame per il Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze Franco Corleone. L’iniziativa di Corleone punta a sollecitare la discussione in Parlamento di tre provvedimenti sulle carceri. Per questo motivo, il Garante dei detenuti ha anche scritto una lettera al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Il primo provvedimento, spiega il Garante, è "la proposta Pisapia sull’istituzione del difensore civico delle persone private della libertà personale, esaminata dalla Commissione Affari Costituzionali e che ha come relatore Nitto Palma; il secondo è la proposta di legge Boato sull’affettività in carcere; il terzo la proposta Realacci e Paoletti Tangheroni per il diritto di visita agli istituti penitenziari per i sindaci ed i presidenti di Provincia". Hanno dato l’adesione all’iniziativa e nei prossimi giorni inizieranno il digiuno i Consiglieri Regionali Ds Daniela Belliti, Enzo Brogi, Filippo Fossati, Bruna Giovannini, Alessia Petraglia, Severino Saccardi e Ambra Giorgi. Hanno inoltre aderito Sergio Segio del Gruppo Abele, il presidente di Antigone Patrizio Gonnella, Francesca Chiavacci, presidente Arci Firenze, e Vincenzo Striano, presidente Arci Toscana. Giustizia: lettera; aderisco a sciopero della fame di Corleone
Liberazione, 15 settembre 2005
Caro direttore, aderisco all’appello del garante dei detenuti del comune di Firenze, Franco Corleone e di altre persone per una mobilitazione sul problema dei diritti nelle carceri e inizio anche io da questa mattina (martedì 13, ndr) lo sciopero della fame. Prestare attenzione a ciò che accade al di là delle mura presenti in tante città grandi e piccole, in tante isole, è un dovere essenziale, rispettare i diritti anche di chi è privato della libertà personale è la base di qualsiasi discorso che affronti i diritti umani. Qui in Italia invece, come purtroppo in tante parti del mondo un sovraffollamento elevato, il non investimento sulla sanità penitenziaria, alcune normative restrittive, rendono la vita nelle carceri sempre più dura e invivibile ed infatti aumentano a dismisura i suicidi e gli atti di autolesionismo. Aumentano anche le tante donne e uomini reclusi che hanno seri problemi psicologici, qui in Abruzzo per esempio nel carcere di Sulmona (tristemente noto per i tanti suicidi) sono molti i casi di forte disagio psichico. Rilanciamo anche con questo sciopero della fame la possibilità di rimettere in campo l’ipotesi dell’indulto e dell’amnistia, così come di sviluppare pene alternative al carcere, per percorrere questa eventualità è bene rimettere in discussione la norma che prevede il voto dei due terzi dei parlamentari per l’approvazione dell’indulto o amnistia. Questo sciopero della fame al quale invito anch’io altre ed altri ad aderire, vuole essere anche un momento di vera attenzione per il mondo isolato e dimenticato delle carceri.
Giulio Petrilli - L’Aquila Salerno: ex detenuto senzatetto s’incatena davanti a ufficio sindaco
Il Mattino, 15 settembre 2005
Si incatena alle porte del Comune. Da nove mesi aspetta l’alloggio Iacp, al Borgo. Gli spetta di diritto. In graduatoria è al 14esimo posto. Le case da distribuire sono 28. Nell’attesa, non ha un tetto dove vivere. Da ex detenuto, ha ottenuto ospitalità in un casa per recupero dei tossicodipendenti a Battipaglia. "Lì non ci voglio più stare - spiega Luigi, 40enne, ebolitano - Sono titolare di un diritto sacrosanto". Ieri mattina è giunto in Comune, voleva parlare con il sindaco, ma ha trovato le porte chiuse. Presa una catena, si è attaccato ai maniglioni antipanico. E lì è rimasto, finché i vigili urbani e due collaboratrici di Melchionda non l’hanno convinto a desistere. "La casa mi è stata aggiudicata a dicembre. Sono passati nove mesi. Quando me la date?", ha chiesto Luigi. Dopo una prima discussione con il tenente Mario Dura, l’aggiudicatario ha avuto un incontro con Cosimo Cicia, assessore alle Politiche sociali. "Gli ho detto di pazientare - spiega Cicia - telefoniamo ogni giorni all’Iacp. Stanno esaminando i ricorsi, a breve termineranno". Sono 60 le domande che bloccano le aggiudicazioni. Le valutazioni dei ricorsi sono iniziate a luglio, a quanto raccontano in Comune. Le sedute si svolgono tre volte a settimana. Nella commissione d’esame ci sono anche dei dipendenti comunali di Eboli. Giustizia: processi eterni e condanne fuori tempo massimo
Vita, 15 settembre 2005
Ogni giorno incontriamo persone che si ritrovano pene enormi da scontare senza essersi potute difendere, mostruose condanne in contumacia. Ci fosse almeno una piccola speranza che la riforma dell’ordinamento giudiziario possa rendere più rapida ed efficace la giustizia nel nostro Paese, forse tutti noi che passiamo tanto tempo in mezzo a storie di galera accetteremmo qualsiasi legge, anche la peggiore. Ma in questi mesi di tutto si è parlato fuorché di quello che ogni giorno incontriamo nelle carceri: persone che si ritrovano pene enormi da scontare senza essersi potute difendere, mostruose condanne in contumacia, gente che, dopo anni di difficoltà, ha avviato una vita "normale" e si vede improvvisamente spazzare via tutto da condanne per reati commessi dieci-quindici anni fa. La testimonianza che segue arriva dalla Giudecca, dove è detenuta Sonia: la sua è una storia come, purtroppo, ce ne sono tante, di processi che durano un’eternità e condanne che arrivano inesorabili a distruggere equilibri costruiti con fatiche immani.
Ornella Favero
La mia storia inizia anni fa, quando sono stata coinvolta insieme a mio marito in una vicenda di possesso di droga, e non sono riuscita a far riconoscere che non c’entravo nulla, nonostante fossero a mio favore anche le dichiarazioni del maresciallo dei Carabinieri, che ha sostenuto di non avermi mai visto in certi giri e non aver mai sentito parlare di me. Mio marito si è assunto le sue responsabilità scagionandomi, ma non è servito a niente. Dopo un anno c’è stato il processo e abbiamo preso una condanna a cinque anni e mezzo di carcere. Siamo ricorsi in appello, ma l’appello poi è stato fatto dopo nove anni, e lì ci hanno riconfermato la condanna. Cosa pensavamo in tutti questi anni di attesa? Succede un po’ così: passa il primo anno e vedi che non arriva niente, il secondo è lo stesso, allora pensi che tutto vada in prescrizione. E invece l’anno scorso, quando siamo tornati dalle ferie, ho trovato la comunicazione che mi fissava il processo di appello. Mia figlia, che ha sedici anni, non se l’aspettava, quello che è successo, però mi chiedeva sempre se sarei stata "fuori" per il suo compleanno. Così, quando sono venuti i Carabinieri a prendermi e mi stavano portando in carcere qui a Venezia, ho chiesto loro di lasciarla venire con me e farla scendere a casa di mio cognato. Ho dovuto fare così perché è successo tutto troppo in fretta, nessuno si è preoccupato di avvisarci, di darci il tempo di parlare con lei, di prepararla: come se, dopo tanti anni, improvvisamente fossimo diventati persone da guardare a vista. Ora lei abita con la famiglia di mio cognato, che ha un figlio di un anno più giovane di lei, e viene a trovarmi tutte le settimane. L’anno scorso si è ritirata da scuola e non penso che riprenderà a studiare. Il rapporto tra me e lei è tranquillo, anche se ha un po’ il mio carattere e quindi ci scontriamo sempre, però alla fine ci riappacifichiamo. Mi scrive spesso e va regolarmente a colloquio anche con suo papà. Ma la sua vita non è più quella di prima. Eppure era passato così tanto tempo che c’eravamo davvero illusi di non finire in carcere come pericolosi criminali.
Sonia, dal carcere della Giudecca Gran Bretagna: la "tratta" è un problema in forte crescita
Redattore Sociale, 15 settembre 2005
La Polizia Metropolitana di Londra adotta nel 2004 il progetto Paladin Child: un monitoraggio di tre mesi, dell’arrivo di tutti i minori non accompagnati all’aeroporto di Heathrow. Risultato: di 1.738 minori identificati, 551 "a rischio". Di 14 si perdono completamente le tracce, 7 sono ragazze africane adolescenti. Per la tratta delle donne i dati del Ministero dell’Interno parlavano già nel 2000 di un numero di vittime compreso tra 142 e 1.420. I dati sono poco attendibili per la clandestinità del fenomeno. Tuttavia il problema del traffico di esseri umani in Gran Bretagna è presente e conosciuto da anni. Si tratta soprattutto di donne e bambini, adescati dai trafficanti nei paesi di origine (Est Europa, Asia, Africa sub-sahariana) con false promesse di soldi e lavoro, in contesti di povertà e forte disagio, a volte in zone di guerra. Giunti oltre Manica i trafficanti sequestrano loro i documenti per limitarne i movimenti, e minacciandoli di ritorsioni e vendette, anche sui familiari, in caso di denuncia. Forzati a lavorare, soprattutto nell’industria del sesso, le vittime sono spesso vincolate in un rapporto di schiavitù fino al saldo di un debito contratto con le spese di viaggio e di mantenimento, che spesso aumentano in modo arbitrario, rendendo di fatto impossibile che la vittima riesca a pagare la propria libertà. Alla prostituzione forzata si affianca in misura crescente la schiavitù domestica. Donne e bambini costretti a lavorare 18 ore al giorno, pulendo casa e badando ai vecchi e ai bambini, in buone famiglie, sotto il peso di ricatti, minacce, botte e abusi. Alcuni bambini trafficati, specialmente africani, sono sacrificati come feticci in cerimonie rituali. È il 21 settembre 2001 quando la Polizia di Londra recupera dal Tamigi il cadavere di un bambino di cinque anni, decapitato, amputate le braccia e le gambe. Le indagini chiariscono che il piccolo è stato comprato in Africa per essere ucciso come feticcio in un rito di stregoneria. Da allora cosa ha fatto il governo inglese? Nel 2002 sono state approvate le prime leggi che riconoscono il traffico un crimine e ne perseguono i responsabili. Ma la vera questione, denuncia Women’s Commission, ovvero la protezione delle vittime, non è stata ancora affrontata in modo organico. In altri paesi, quali Usa, Olanda, Italia, la legge garantisce alle vittime accoglienza, protezione e recupero, nella possibilità di regolarizzare la propria presenza sul territorio. In Gran Bretagna ad oggi l’unica alternativa al rimpatrio offerta alle vittime è la domanda di asilo politico, che però in questi casi difficilmente è accettata, vista la rigidità dei criteri per il riconoscimento dello status di rifugiato. Esistono case di accoglienza per bambini e donne vittime della tratta del sesso, ma, sostiene il rapporto, sono insufficienti se non inquadrati in un’adeguata legislazione. "Il traffico di esseri umani verso il Regno Unito - conclude Women’s Commission - continuerà a crescere finché non si applicherà la legge contro i trafficanti e non si svilupperanno strategie per sostenere le comunità a rischio e proteggere le vittime del traffico, perché non siano oggetto della vendetta dei loro trafficanti e perché non ricadano in nuovi abusi." Busto Arsizio: previsti accordi tra Comune e carcere in vari ambiti
Varese News, 15 settembre 2005
"Un’esperienza di arricchimento personale": queste le parole di Enrico Salomi, consigliere comunale Udc, al termine della visita di un gruppo di consiglieri capitanati dal Sindaco Rosa al carcere di Busto Arsizio. Oltre a Rosa e Salomi erano presenti i consiglieri di maggioranza Binaghi, Genoni, Pellegatta e Porfidio e in rappresentanza dell’opposizione Valerio Mariani e Antonello Corrado. Le notizie emerse durante la visita sono sostanzialmente buone, per la prima volta da lungo tempo, e il clima all’interno della struttura sembra molto rasserenato dopo il ritorno del direttore Salvatore Nastasia. "Si tratta di una brava persona, un uomo molto attento alle necessità di chi qui è recluso o lavora" osserva Paolo Genoni, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale. "La prima emergenza resta purtroppo quella dei farmaci: mancano i soldi per acquistarli, e in particolare c’è bisogno di antibiotici". L’emergenza farmaci era già stata denunciata dal consigliere Corrado vari mesi fa, e i consiglieri di maggioranza ed opposizione insieme ora ringraziano il collega di Rifondazione per avere sollevato il velo di silenzio che copriva le condizioni obiettivamente difficili della struttura di via per Cassano. Ora è lo stesso capogruppo di Rifondazione Comunista a tornare sull’argomento farmaci: "Nastasia si è detto più che disponibile ad accettare medicinali raccolti all’esterno del carcere, purché vengano consegnati da rappresentanti istituzionali come noi. La precedente direttrice ci aveva detto che ciò non era possibile; e devo dire che il nuovo responsabile del carcere mostra orientamenti ed atteggiamenti del tutto opposti, nel senso dell’apertura e della disponibilità". Insomma, il clima si fa più disteso, e finalmente una collaborazione fra l’ente Comune e la direzione del carcere non è più una chimera. In precedenza la rigida interpretazione di norme e regolamenti da parte della ex direttrice Ciampoli non aveva reso la vita di detenuti e agenti di custodia ancora più difficile del solito. Tra le varie idee di collaborazione, c’è anche quella di organizzare in futuro una partita di calcio detenuti-consiglieri, o, perché no, un "triangolare" con gli agenti di custodia. Più nel concreto, il Comune dovrebbe cooperare in prospettiva con il carcere per l’organizzazione del lavoro dei detenuti - "ancora adesso in troppi passano 20 ore su 24 a marcire inutilmente in cella" lamenta Corrado, "c’è ancora da fare per far tornare a regime le attività lavorativi e i corsi d’istruzione". Inoltre, Audio Porfidio ha trovato la disponibilità del direttore Nastasia circa l’opportunità di preparare una stanza speciale e separata presso l’Ospedale cittadino, da destinarsi ai detenuti in cura, per evitare l’impiego eccessivo e con turni pesanti di personale di custodia per piantonare il detenuto malato, troppo spesso ricoverato in corsia in mezzo ai normali degenti, con tutti i fastidi che ciò può causare. Sempre Porfidio, infine, non ha mancato di far notare l’assenza, al fianco di Rosa, di assessori. "Non si poteva convocare almeno Mazzucchelli, visto che i Servizi sociali sono direttamente interessati?". E sarà proprio la Commissione Servizi sociali ad affrontare quanto prima le necessità più urgenti del carcere, come la raccolta di farmaci ("potremmo auto tassarci noi consiglieri" azzarda Porfidio) o, più avanti, i progetti di collaborazione per il lavoro dei detenuti. Gran Bretagna: più suicidi nelle carceri, soprattutto di giovani
Il Pensiero Scientifico Editore, 15 settembre 2005
I tassi di suicidio nella popolazione maschile delle carceri sono 5 volte superiori a quelli della popolazione normale: lo rivela una ricerca pubblicata dalla rivista Lancet, che pone con forza all’attenzione delle autorità sanitarie e politiche il problema delle condizioni di vita nelle carceri. I ricercatori del Department of Psychiatry dell’University of Oxford e del Department of Public Health and Primary Care dell’University of Cambridge hanno analizzato l’incidenza dei suicidi nelle prigioni inglesi e gallesi dal 1978 al 2003 (un totale di 1.312 suicidi) e scoperto che il tasso complessivo di suicidi è 5 volte superiore a quello medio della popolazione generale. Particolarmente elevato il numero di suicidi tra i detenuti tra i 15 ed i 17 anni, che arriva ad essere 18 volte superiore a quello degli adolescenti fuori di prigione. Seena Fazel, leader del gruppo di ricercatori britannici, commenta: "Abbiamo dimostrato che nell’ultimo quarto di secolo la percentuale di suicidi nelle carceri è stata elevatissima, molto più di quanto ci si aspettasse, ed è in costante e drammatico aumento soprattutto tra i detenuti più giovani. Non possiamo fare una stima precisa sulle cause di questi comportamenti suicidi perché potrebbero essere legati in qualche modo anche a situazioni personali indipendenti o precedenti alla incarcerazione, come ad esempio abuso di droghe o patologie mentali. Ma l’insieme dei dati raccolti deve spingere le autorità sanitarie degli istituti di pena ad adottare misure urgenti di prevenzione". Usa: in Texas eseguita condanna a morte per donna di colore
Ansa, 15 settembre 2005
Esaurito l’ultimo appello alla Corte Suprema, Frances Newton, una donna condannata a morte in Texas, ha ricevuto l’iniezione letale nel carcere di Huntsville. Newton è la prima nera a venir giustiziata nello stato, dall’epoca della Guerra civile e la terza donna messa a morte in Texas da quando, nel 1982, è tornata in vigore la pena capitale texana. 41 anni, Newton è stata condannata per aver sterminato la propria famiglia il 7 aprile 1987 a Houston, uccidendo il marito e i due figli piccoli. Il movente, secondo la sentenza, era il desiderio di riscuotere un’assicurazione sulla vita, legato alla crisi in cui era entrato il suo matrimonio. Frances allora era giovanissima. La donna si era sempre proclamata innocente, accusando un misterioso spacciatore di droga - mai identificato - di essere il vero autore della strage. Palermo: da bene confiscato alla mafia a "Teatro della libertà"
La Sicilia, 15 settembre 2005
Da bene confiscato alla mafia a "teatro della libertà". Riapre villa Pantelleria. Dove c’era la mafia recitano i detenuti. Un’enorme area a verde confiscata a Cosa nostra diventa luogo di riscatto sociale e culturale. L’area è quella di Villa Pantelleria, una delle più belle residenze estive settecentesche della nobiltà palermitana nella piana dei Colli, che negli anni Novanta corse il rischio di essere spazzata via per fare spazio a tre giganteschi palazzi: questa era l’idea del costruttore Caravello, poi condannato in via definitiva per associazione mafiosa. Oggi, scampato il pericolo, per Villa Pantelleria c’è una nuova vita. Il teatro che abbatte le barriere. Il parco di Villa Pantelleria (vicolo Pantelleria 10), bene confiscato alla mafia e assegnato dall’Amministrazione all’associazione "Il teatro per la libertà", diretto da Lollo Franco, si apre ai cittadini e diventa palcoscenico dello spettacolo teatrale della Compagnia Pagliarelli Il giullare alla corte del Settecento palermitano di Antonio Maria Di Fresco e Lollo Franco, per la regia di quest’ultimo. La presentazione dell’iniziativa, ieri mattina, con il sindaco Diego Cammarata, l’assessore alle Risorse immobiliari e Beni confiscati fuori dal centro storico, Pippo Enea, l’attore e regista Lollo Franco e gli attori. "La riapertura di Villa Pantelleria - ha detto il sindaco Cammarata - è un avvenimento di grande rilievo per la città, estremamente concreto e simbolico insieme. Un gioiello architettonico ed un’oasi verde che stavano per essere perduti per sempre, sono stati sottratti alla criminalità e diventano spazi per attività educative e per il godimento di tutti i cittadini". "Riconsegniamo una villa e un parco che possono essere un punto di riferimento per la città, è una grande scommessa - ha affermato l’assessore Enea - il parco e la villa hanno delle straordinarie potenzialità che sono sotto gli occhi di tutti, il nostro impegno sarà a trecento sessanta gradi per recuperare al più presto tutta la villa". Il giullare andrà in scena il oggi, domani e sabato alle 21.30 con ingresso gratuito. Nell’ampio piazzale centrale, davanti al prospetto della casena, è stata allestita una tribuna per gli spettatori e varie file di sedie, per circa 1.500 persone. La villa, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19, terrà i suoi cancelli aperti per consentire a bambini, anziani, visitatori di respirare in un’oasi verde libera dal cemento e di usufruire delle attività di animazione ed intrattenimento portate avanti dall’associazione. Il giullare, una favola comica, drammatica, suonata, cantata e ballata. Lo spettacolo intende riscoprire, in chiave moderna, la teatralità dei giullari siciliani.
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