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Giustizia: Gonnella (Antigone); Castelli sbaglia diagnosi e terapia
Ansa, 22 ottobre 2005
Contro l’affollamento delle carceri italiane "il ministro Castelli sbaglia sia la diagnosi che la terapia". A sottolinearlo è Patrizio Gonnella, Presidente Nazionale di Antigone che definisce la "ex Cirielli, un disastro preannunciato per le carceri italiane". "Il Ministro Castelli - afferma Gonnella - ci cita dicendo che abbiamo ragione nel sostenere che con la ex Cirielli ci sarà una esplosione del sistema penitenziario. Noi abbiamo calcolato una stima di ulteriori ventimila detenuti che in un anno andranno a riempire le già affollate e fatiscenti carceri italiane. Ma il Ministro sbaglia sia la diagnosi che la terapia". "Non è infatti costruendo nuove carceri - aggiunge Gonnella - che si potrà mai risolvere il problema del sovraffollamento. Non lo diciamo noi ma lo ha detto già la Corte dei Conti a chiare lettere bocciando il piano di edilizia penitenziaria del Ministero. Inoltre la storia italiana ci insegna che, per costruire un nuovo carcere, partendo da zero, ci vogliono più di dieci anni. Per cui il Ministro dovrebbe sostenere pubblicamente che questa proposta di legge, liberticida per molti e pseudo garantista per pochi, va cestinata". Ex Cirielli: Pisapia; stop all'esame del Pdl, prima dati Corti Appello
Ansa, 22 ottobre 2005
Fermare l’esame della pdl ex Cirielli alla Camera in attesa di valutare i dati delle Corti d’Appello sugli effetti che avrà il provvedimento. Lo chiede Giuliano Pisapia, deputato del Prc e componente della commissione Giustizia della Camera. "Le ulteriori precisazioni del Primo Presidente della Corte di Cassazione, Nicola Marvulli - dice infatti - rendono ancora più inquietanti le conseguenze che deriverebbero dall’approvazione della proposta Cirielli sia in relazione alla prescrizione dei reati (anche gravi e con sentenza di condanna già in appello), sia in relazione alle norme palesemente incostituzionali che riguardano la recidiva e che, in particolare, determinerebbero un aumento di oltre 30.000 presenze in carcere (quasi esclusivamente soggetti deboli ed emarginati, ivi compresi i tossicodipendenti) con tutte le intuibili ripercussioni sulle condizioni di vivibilità all’interno degli istituti di pena". "A questo punto, sarebbe non solo ragionevole, ma necessario e doveroso nell’interesse complessivo della giustizia, l’annullamento dell’esame del provvedimento o, quantomeno, la sua sospensione in attesa che pervengano dati certi dalle varie corti d’appello che l’opposizione aveva chiesto al governo fin dal dicembre scorso, e che aveva formalmente rinnovato nel settembre di quest’anno. Qualora l’attuale maggioranza non decidesse di annullarne o sospenderne l’esame - afferma ancora Pisapia - insisteremo per l’approvazione delle pregiudiziali di costituzionalità e della questione sospensiva che abbiamo presentato alla Camera, non solo per quanto emerso dai dati della Cassazione (che pure sono parziali), ma anche per i commenti di tutta la dottrina più autorevole, unanime nel ritenere le norme sulla prescrizione e sulla recidiva palesemente incostituzionali". Ex Cirielli: Rutelli; spero che la maggioranza ritiri il Pdl
Asca, 22 ottobre 2005
La ex Cirielli? "Spero che non ci sia battaglia. Spero, quindi, che la maggioranza la ritiri". Lo ha affermato Francesco Rutelli, presidente della Margherita, definendola una "legge inquietante" a causa della quale "migliaia di processi si prescriverebbero per salvare un solo imputato!". "Andate a dire agli italiani, andate a dire alle forze di polizia che tutto passa in cavalleria -ha aggiunto- solo per salvare un potente! È uno scandalo!". Roma: 15enne ha ucciso i genitori ed è rinchiuso a Casal del Marmo
Garante Regionale dei detenuti, 22 ottobre 2005
È sorvegliato 24 ore al giorno all’interno del carcere di Casal del Marmo, perché è alto il rischio di atti autolesionisti, il giovane quindicenne che martedì scorso ha ucciso a colpi di pistola i genitori a Roma. A quanto si è appreso il giovane Federico (affetto da un disturbo ossessivo - compulsivo) si alimenta in maniera irregolare ma, fino a questo momento, non è stato necessario a ricorrere all’alimentazione artificiale per la quale, comunque, la struttura è attrezzata e pronta ad intervenire. Sul suo caso stanno lavorando insieme gli assistenti sociali, l’equipe di psicologi di Casal del Marmo e quella di via Sabelli, che già lo aveva in cura. "Pur comprendendo l’esigenza di un’azione penale, visto il gravissimo atto compiuto, - dichiara il Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni - resta il fatto che, in un caso così straordinariamente tragico è evidente un forte disagio psichico che il carcere certamente non è adatto a curare. Bisognerebbe, infatti, che venisse assistito e seguito da una struttura all’interno della quale svolgere una possibile azione di recupero". Mafia: per ministro Pisanu servono misure segrete anticrimine
La Stampa, 22 ottobre 2005
Più uomini, mezzi, squadre speciali di investigatori e maggiore vigilanza sulle attività finanziarie delle cosche: a cinque giorni dall’omicidio Fortugno il Viminale presenta le misure straordinarie contro la criminalità. Ma intanto, da sindacati, enti locali e imprenditori, piovono critiche per "l’assenza dello Stato" in Calabria e in commissione Antimafia, maggioranza e opposizione sono ai ferri corti proprio sul disegno di legge per la gestione dei beni sequestrati ai boss. Stamattina, al vertice nazionale convocato dal ministro dell’Interno verranno formalizzate le nuove direttive impartite alle forze dell’ordine per combattere la ‘ndrangheta. Alcune misure eccezionali, puntualizzano al Viminale, non verranno rese pubbliche, ossia saranno tenute segrete per non comprometterne l’efficacia. "Abbiamo di fronte una multinazionale del crimine con sede storica a Reggio e proiezioni economiche e criminali nel resto d’Italia, in buona parte d’Europa e oltreoceano - ha spiegato Giuseppe Pisanu riferendo ieri alla Camera sulla situazione in Calabria dopo l’assassinio del vicepresidente del consiglio regionale -. Negli ultimi tempi sono cresciute in maniera allarmante le minacce agli amministratori locali per piegarli a comportamenti illeciti". Ai politici calabresi che "onorano con coraggio le loro responsabilità democratiche", il ministro dell’Interno promette "fattivo e incondizionato sostegno". La strategia del governo prevede "impegno sul territorio" attraverso unità di specialisti a sostegno degli investigatori locali e un’articolata operazione di "intelligence" per scovare i tesori della ‘ndrangheta nel mondo. A tenere banco, però, è il "botta e risposta" tra Pisanu e il presidente degli industriali calabresi Pippo Callipo, secondo cui la morte del diellino Francesco Fortugno "poteva essere evitata" se lo Stato avesse preso in serio esame gli allarmi lanciati da chi nel territorio calabrese vive, opera, agisce. "Siamo stati lasciati soli - accusa Callipo, raccogliendo solidarietà da forze politiche e sindacali -, qualche mese fa, dopo il nostro appello a Carlo Azeglio Ciampi, alcuni funzionari del dicastero degli Interni sono scesi per proporci dei questionari grotteschi tipo "che cosa ne pensano gli imprenditori della mafia?". Insomma non si è fatto nulla di concreto, si è perso tempo". Immediata la replica di Pisanu: "Ho incontrato il presidente della Confindustria calabrese più di un anno e mezzo fa, avevamo concordato rapporti stretti di collaborazione e, per facilitargli le cose, si era stabilito che la riunione successiva si sarebbe tenuta fuori dal ministero dell’Interno. Ma a quella riunione, alla quale partecipò il capo della Polizia con alcuni altissimi funzionari, arrivarono solo tre imprenditori calabresi". Ed è scontro a tutto campo pure in commissione Antimafia. Per la prima volta in questa legislatura il centrosinistra ha votato contro il documento della Casa delle libertà sull’emergenza cosche ritenendolo "inadeguato all’escalation di violenza delle ‘ndrine nella Locride" e ne ha presentato uno proprio chiedendo entro quattro giorni le audizioni di Pisanu e del ministro della Giustizia Roberto Castelli "per verificare con il Csm come sia possibile intervenire sotto il profilo legislativo". La distanza tra i due poli è notevole. La maggioranza vuole affidare all’Agenzia del Demanio l’amministrazione dei patrimoni sequestrati alle cosche, mentre per l’Unione la gestione spetta agli uffici provinciali del Commissario antiracket. La Cdl, inoltre, intende ampliare la revisione delle confische a tutte le persone che ne hanno interesse giuridico, mentre l’opposizione bolla la novità come "un regalo ai boss che va incontro alla loro richiesta di rivedere le condanne penali". Nel frattempo il disegno di legge continua il suo iter alla Camera e, assicura il forzista Roberto Centaro, presidente della Commissione, "risulta recepita buona parte delle nostre indicazioni". Droghe: abuso di alcol e stupefacenti, arriva la confisca dell’auto
Il Giorno, 22 ottobre 2005
Per chi verrà sorpreso a guidare in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti scatterà la confisca del mezzo. Il giro di vite riguarda chi circola con fari non funzionanti, freni inefficienti, marmitte manomesse o motorini truccati Via 3 punti dalla patente. Sono previste sanzioni da 71 a 286 euro, che lievitano da mille a 10 mila euro se il veicolo è utilizzato per competizioni. Sanzioni pesanti per chi è trovato alla guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti: non solo è previsto l’arresto fino a 3 mesi con l’ammenda da 1.000 a 4.000 euro ma sarà confiscato anche il veicolo. Lo strettissimo giro di vite per chi guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droga è contenuto in un emendamento, presentato dal sen. Michele Boscetto (Fi) al decreto legge sulla patente a punti, approvato dal Senato e all’esame della Camera. "Chiunque guida in stato di ebbrezza o in stato di alterazione fisica psichica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito, ove il fatto non costituisca più grave reato con l’arresto fino a 3 mesi e con l’ammenda da 1.000 a 4.000 euro. Con la sentenza di condanna, anche appena condizionalmente sospesa, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato. Se della violazione deriva un incidente stradale, si applica la reclusione fino a 6 mesi e la multa 5.000 a 20.000 euro. All’accertamento del reato consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da 6 mesi a 3 anni". Si vedranno tolti 3 punti dalla patente quanti, automobilisti e motociclisti, circoleranno con i mezzi non perfettamente funzionanti o con alterazioni in alcune caratteristiche costruttive e funzionali. Lo prevedono le nuove norme del codice della strada, approvate nel decreto legge sulla patente a punti passata all’esame della Camera. Il giro di vite su chi circolare con fari non funzionanti, freni inefficienti, marmitte manomesse o motorini truccati, sono state introdotte da due emendamenti presentati dai senatori Francesco Chirilli (Fi) e Mauro Fabris (Udeur). Oltre ai 3 punti tolti dalla patente sono previste sanzioni da 71 a 286 euro, che lievitano da mille a 10 mila euro se il veicolo è utilizzato per competizioni. Francia: ragazzine pericolose crescono, e fanno paura…
Ansa, 22 ottobre 2005
Agiscono normalmente in gruppi di 3 o 4 le ragazzine pericolose in Francia. Come nella notte fra il 3 e il 4 settembre scorso quando quattro adolescenti - dai 15 ai 18 anni - appiccarono il fuoco ad un palazzo della periferia di Parigi. Morirono, al di là dello loro intenzioni, 19 persone: loro - hanno detto - volevano solo bruciare la cassetta della posta di Nadia, una loro ex amichetta delle quale erano gelose. Ragazzine pericolose crescono. Al primo aprile scorso su 611 minori detenuti in Francia solo 30 erano ragazze, ma, secondo il sociologo Sebastien Roche, "le minori di sesso femminile godono di una certa clemenza da parte della polizia e della magistratura. A reato uguale una ragazza si vede infliggere misure educative e civili, non penali come i maschi". Nel 2004 le ragazzine costituivano il 14,6% dei minori messi sotto accusa dalla polizia. Colpiscono, insultano e rapinano: in quindi anni il numero di quelle passate in un commissariato è aumentato del 140%, mentre è del 94% la crescita dei coetanei maschi. Complessivamente, negli ultimi otto anni, il numero dei minori arrestati per violenze è triplicato. Si comincia a studiare il fenomeno. L’Inserm, l’istituto nazionale della sanità e della ricerca medica, ha condotto una indagine, pubblicata dall’Express, sulla salute dei minori seguiti dai servizi giudiziari sia perchè autori di reati, sia perchè in situazioni a rischio come fughe o maltrattamenti. Secondo questa inchiesta, le ragazzine vanno male, peggio dei maschi. Hanno una serie di disturbi seri, come anoressia, bulimia, fughe, droghe, tentativi di suicidio. Quando "rompono" si lasciano andare ad atti estremi, pericolosi per loro e per gli altri. Ai servizi educativi arrivano a gruppetti, come quando agiscono per rubare un telefonino cellulare o denaro. Un po’ di tempo fa tre adolescenti, dai 14 ai 15 anni, hanno torturato, nelle toilette della Gare de Lyon, una ragazza di 21 anni, solo per rubarle qualcosa. "Dietro ogni reato commesso da queste ragazzine - spiega Hervè Bafre, educatore ai servizi di Antony, alla periferia di Parigi - si scopre una situazione di sofferenza familiare. Il passaggio all’azione è per la minore un mezzo per dare l’allarme e per fare entrare la giustizia all’interno del nucleo familiare". Secondo l’Inserm, il 40% delle ragazzine seguite dai servizi giudiziari, contro il 22% dei maschi, raccontano che hanno delle relazioni "inesistenti", "cattive" o "né buone né cattive" con la madre. Le ragazzine cercano di fuggire di casa, si gettano in una vita sessuale "molto esposta", si rifugiano nella droga, cercano il suicidio: una su due delle minori sentite dall’Inserm ha detto di aver cercato di uccidersi. Andarsene di casa, drogarsi, morire: l’obiettivo, in ogni caso, è una fuga. Prostituzione: chi collabora non potrà essere accusato...
Ansa, 22 ottobre 2005
Se una prostituta collabora con le forze di polizia non potrà essere accusata. Nessuna delle sue dichiarazioni potrà essere usata contro di lei. È quanto prevede un emendamento al testo sulla prostituzione presentato oggi dal relatore Giancarlo Pittelli (FI). Tuttavia, si legge sempre nella proposta di modifica della maggioranza, se le rivelazioni della "pentita" avranno rilevanza penale, il Pm potrà comunque interrogare gli interessati in presenza del proprio difensore. Ma non sono queste le uniche novità. Il relatore infatti ha presentato oggi in commissione Giustizia otto emendamenti che di fatto modificano il testo in molte sue parti. Tra questi quello che riduce il carcere al cliente. Nel testo già emendato, che è ancora all’esame della commissione, si prevede che la persona che venga trovata in luogo pubblico o aperto al pubblico con una prostituta possa essere condannato a sei mesi di carcere. Forza Italia ora chiede che la detenzione non superi i tre mesi. In più si stabilisce che la prostituta dovrà essere comunque munita di un certificato che "attesti l’assenza di agenti patogeni che possono essere trasmessi con il rapporto sessuale" anche se lavora in casa. O in qualsiasi altro luogo privato. In caso contrario si rischia la sanzione dai 500 ai 4.500 euro. Gli emendamenti presentati dal relatore scatenano proteste nel centrosinistra. "Questi qui - ha dichiarato Franco Grillini (Ds) riferendosi agli esponenti della Cdl - vogliono mettere le mani nelle mutande degli italiani. Non è possibile che ci sia un’ingerenza così forte da parte dello Stato nella vita privata dei cittadini. Anche nelle abitazioni private vogliono andare ad indagare...". "L’unica cosa positiva - aggiunge - è la riduzione del carcere da sei mesi a tre. Anche loro hanno capito di aver sbagliato. La detenzione a sei mesi era davvero eccessiva. E se ne devono esser resi conto. Visto che l’intero provvedimento è un testo di pura propaganda, che vogliono approvare in fretta per le prossime elezioni, non potevano prevedere condanne così forti". L’opposizione potrà presentare ora dei sub-emendamenti al testo (il termine scade martedì alle 12), ma questi, come da regolamento, non potranno essere soppressivi. Milano: sorvegliato speciale lascia panchina-domicilio, arrestato
Ansa, 22 ottobre 2005
A Giuseppe M., 42 anni, napoletano trapiantato a Milano, la decisione di prendere casa nella panchina di un giardino pubblico di Milano era costata l’ arresto, uno dei tanti del suo curriculum. Il più singolare, probabilmente. Il suo status di "sorvegliato speciale" gli impone, infatti, di trascorrere la notte nel proprio domicilio ma lui, contravvenendo alla disposizione del giudice, si era allontanato da "casa" per - ha spiegato - un bisognino notturno, lontano da occhi indiscreti, dietro una siepe. In quel momento sono passati i poliziotti che avevano il compito di verificare che i sorvegliati speciali fossero dove dovevano essere. E lui non era sulla sua panchina-domicilio. Inevitabile l’arresto, non appena è stato rintracciato. Una notte in guardina, poi davanti al giudice, che non ha potuto fare altro che convalidare l’arresto, pur disponendone l’immediata scarcerazione. E così Giuseppe è tornato alla sua panchina per qualche giorno, prima di prendere la decisione di trasferire nuovamente il domicilio, eletto adesso presso un centro di accoglienza a due passi da piazza della Repubblica. Una panchina è un letto un po’ spartano, ma un gazebo che la ripara dalla pioggia è un lusso, per un senzatetto. Forse è per questo che Giuseppe M. - una vita contraddistinta da un andirivieni dal carcere (furto, rapina, estorsione, stupefacenti, ubriachezza molesta per una lunga serie di condanne), la separazione dalla moglie con allontanamento da casa, una certa insofferenza a regole di vita in comune - l’aveva scelta come casa, quella panchina immersa nel verde dei giardinetti di viale Ortles, e l’aveva indicata alle autorità come suo domicilio ufficiale. Sì, perché, anche se non di particolare rilievo, arresti e condanne gli erano valsi lo status di sorvegliato speciale: una misura adottata nel 2001 per 2 anni e mezzo e che era ripresa dopo il 2003 perché la legge dice che ogni volta che si finisce in carcere, il provvedimento ricomincia daccapo. E lui una puntata a San Vittore l’aveva rifatta. Una panchina è sicuramente un domicilio singolare ma pare che ci siano altri casi di gente che ha fatto la stessa cosa con un’auto. Giuseppe - al quale spetta secondo la legge la scelta della dimora dove soggiornare dalle 21 alle 8 - ha indicato quella in prossimità del dormitorio pubblico di viale Ortles, quello stesso dove per un certo periodo ha soggiornato anche lui, prima che lo cacciassero per la sua indisciplina. E lì lo ricordano bene: la bandana sempre in testa, come Pantani, in bocca qualche dente in meno, l’accento napoletano, l’odore di alcol addosso. Ma sorridono quando sentono i reati che gli sono costati il carcere e la sorveglianza speciale. "Sembra il ritratto di uno della banda della Magliana - dicono - ma in realtà non ha per niente l’aria pericolosa". E quella panchina è il posto dove Giuseppe M. è ricaduto nelle maglie della giustizia. La polizia era arrivata, lui non c’era, non si poteva far altro che arrestarlo, una volta rintracciato. L’entrata in vigore del decreto Pisanu, fra l’altro, ha elevato la pena per chi commette il reato di inosservanza degli obblighi di sorveglianza speciale e ne consente l’arresto anche fuori flagranza. Il bagno non c’è e bisognava allontanarsi per forza: è stata, questa, la giustificazione che ha dato al giudice Oscar Magi che ha convalidato l’arresto e lo ha poi scarcerato, in attesa del processo. Per qualche giorno (la vicenda risale all’inizio di ottobre), Giuseppe è tornato alla sua panchina, poi deve aver pensato che rischiava una recidiva. E così, forse anche per l’arrivo della cattiva stagione, si è cercato una sistemazione che assomigliasse un po’ di più a una casa vera, e il 14 ottobre ha notificato alla polizia il suo trasferimento in un centro di accoglienza, con un tetto e un letto vero. Durerà? Viterbo: l’assessore Brachetti; umanizzare la vita carceraria
Il Campanile, 22 ottobre 2005
"Umanizzare il carcere ascoltando le competenze che si trovano nel territorio". L’assessore agli Affari Istituzionali, Enti Locali e Sicurezza della Regione Lazio, l’udeurrino Regino Brachetti nella sua visita in Tuscia ha fatto tappa anche al penitenziario di Mammagialla, accompagnato dall’assessore provinciale del Campanile Angelo Corsetti. Nel carcere viterbese, Brachetti ha incontrato non solo il direttore Pierpaolo D’Andria e l’ispettore Sergio Carloni, ma anche altri operatori. Nel corso dell’incontro l’assessore ha spiegato in cosa consisterà la nuova impostazione della politica inerente agli istituti di detenzione. "La nostra attenzione - ha spiegato l’assessore regionale al direttore di Mammagialla - è rivolta sia ai detenuti che al personale. Credo, infatti, che proprio per umanizzare la vita carceraria, bisogna curare anche la formazione della polizia giudiziari. Puntiamo non solo a creare corsi finalizzati al reinserimento dei detenuti, ma anche alla formazione del personale. Un personale che per sua natura ha una particolare attenzione per il sociale, altrimenti credo che difficilmente potrebbe fare questa attività". L’esponente dei Popolari-Udeur ha chiesto al direttore di esporre le problematiche del carcere di Mammagialla e di partecipare al lavoro di una commissione regionale che si occuperà del diritto alla salute dei detenuti, di cui faranno parte direttori sanitari, rappresentanti della regione, e direttori di istituti di detenzione. Un vero è proprio ribaltamento del consueto atteggiamento dell’amministrazione, con la Regione che si pone all’ascolto delle realtà locali, per risolvere i problemi reali. Brachetti ha chiesto una collaborazione fattiva del direttore D’Andria anche per l’elaborazione di una legge regionale. Il direttore, che si è detto disponibile a collaborare con la Regione, ha fatto presente le difficoltà in cui versa Mammagialla. "Abbiamo in istituto - ha spiegato D’Andria - circa 700 detenuti. Con un sovraffollamento del 40 per cento. Questo a fronte di una carenza di personale molto forte. Su un organico previsto di 540 unità, ne abbiamo solo 400. Per quanto riguarda l’aspetto sanitario, le 44 ore di servizio infermieristico settimanali bastano appena a somministrare le terapie. Anche perché sono circa 400 i detenuti in terapia". Una situazione di grande difficoltà, in sostanza. Il direttore si è detto sostanzialmente d’accordo con Brachetti per quanto riguarda l’impostazione di fondo. "L’assessore ha ragione. Se non c’è una vocazione al sociale - ha confermato il direttore - questo lavoro non si può fare. Anche perché in realtà il primo vero educatore è proprio il personale di polizia giudiziaria. Si tratta però di capire come tradurre questi principi concretamente". I problemi che si vivono a Mammagialla, sono dovuti anche al fatto che il carcere viterbese subisce gli sfollamenti degli altri carceri della regione. "Ed evidentemente i soggetti che ci vengono inviati sono i più problematici sia dal punto di vista sanitario che comportamentale", è stato spiegato. Brachetti ha ricordato che la Regione ha già stanziato 450 mila euro per il recupero dei detenuti. E che presto saranno investiti fondi per la formazione del personale. "L’Amministrazione Regionale - ha detto Brachetti - è intenzionata a promuovere in tempi brevi, per quanto di sua competenza, delle iniziative a favore degli agenti di Polizia Penitenziaria. Stiamo già lavorando ad un progetto di rilancio di misure già ipotizzate, ma mai avviate, che a giorni annunceremo, e siamo fermamente decisi a sostenere progetti di formazione professionale, d’intesa con il Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni, con il quale sono in stretto contatto". Tra i temi affrontati nell’incontro anche quello del volontariato. Dopo aver visitato l’infermeria del carcere e un reparto, Brachetti ha continuato la sua visita nella Tuscia, con un incontro con i responsabili delle diverse forze dell’ordine in prefettura per fare il punto sulla situazione per quanto riguarda la sicurezza. Il rappresentante del partito di Clemente Mastella si è successivamente recato anche negli uffici territoriali della Regione ed ha annunciato l’intenzione di rendere sempre più presente l’amministrazione anche creando un ufficio ad hoc nel quale potrà essere possibile incontrare assessori e tecnici periodicamente in modo da potergli sottoporre da vicino le svariate problematiche della Tuscia. Padova: nella Casa di Reclusione inaugurata una pizzeria
Redattore Sociale, 22 ottobre 2005
Il mestiere di pizzaiolo come strumento per il reinserimento socio lavorativo dei detenuti. È questo l’obiettivo di "Pizza take off", il progetto promosso dall’associazione no profit Art rock café di Abano Terme, che domani presenterà una nuova pizzeria: all’interno del carcere "Due Palazzi" di Padova. Gestita da due detenuti in regime di semilibertà, Marco e Luca, che hanno frequentato il corso professionale per pizzaiolo della scuola "Margherita 2000", la pizzeria ha iniziato a sfornare Capricciose e Quattro stagioni a giugno, dopo anni di tentativi. E a settembre il corso, giunto alla terza edizione e organizzato da Art rock café, ha consegnato il diploma a sette pizzaioli-detenuti: uno in affidamento ai servizi sociali e gli altri, tra cui Luca e Marco, in regime di semilibertà (ossia lavorano fuori dal carcere ma devono rientrare in cella la sera). "Imparare un mestiere, con tanto di attestato, può facilitare il reinserimento lavorativo dei carcerati ammessi alle pene alternative alla detenzione, anche e soprattutto in vista del momento in cui usciranno da dietro le sbarre, data la grande richiesta di pizzaioli professionisti e in genere di operatori specializzati nel settore dell’alimentazione", spiegano da Art rock café. Intanto, Marco e Luca sono stati regolarmente assunti dall’associazione per lavorare nella pizzeria del carcere, dove sono impegnati 9 ore alla settimana ciascuno, alternandosi nell’orario di apertura che va dalle 13.30 alle 17.30, tre giorni su sette. Ma il corso si è dimostrato qualificante anche per altri diplomati-carcerati, che hanno trovato nuove occasioni di lavoro: un detenuto tunisino, ad esempio, ha chiesto il trasferimento nel carcere di Vicenza dopo aver ricevuto un’offerta di assunzione nel settore della ristorazione. Al progetto ha partecipato anche l’associazione di Padova "Tangram", affiancando i detenuti che hanno frequentato la scuola di pizza con percorsi motivazionali, insegnando tecniche di negoziazione e di relazione interpersonale. La presidente di Tangram, Lara Scrittori, si augura che i corsi non vengano sospesi dopo questo triennio: "Sarebbe un peccato dopo le conquiste ottenute. Anzi, il nostro obiettivo è quello di permettere ai ragazzi di lavorare anche la domenica o la sera, ma la burocrazia è un ostacolo spesso difficile da superare". L’associazione Art rock café promette di continuare ad appoggiare l’iniziativa della pizzeria, anche se per ripetere i corsi di formazione sarà necessario il supporto degli enti pubblici (Irecoop Veneto, Regione e Provincia) che lo hanno sostenuto fin qui, ottenendo anche il finanziamento del Fondo sociale europeo. Milano: "Codice a sbarre", ecco la moda disegnata dalle detenute
La Stampa, 22 ottobre 2005
L’invito è un avviso di garanzia in piena regola. Formula discutibile, ma di sicuro effetto, per informare che oggi a Palazzo di Giustizia sfila la moda made in prison. Fra divise a righe da bagno penale - rivisitate e corrette con occhio fashion - e un rancio a base di pane e vino serviti nelle gavette militari. Realizzata da quattro delle quaranta detenute del Penitenziario di Vercelli, la linea carceraria si chiama Codice a Sbarre. Fa parte di un progetto sociale (nato nel 2002 dalla collaborazione tra il consorzio Armes, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Comune di Vercelli) che mira ad allargarsi coinvolgendo la prigione Delle Vallette e quella di Ivrea. Perché in Italia, a differenza degli Stati Uniti, il lavoro in galera è ancora considerato un grande privilegio, riservato a pochi. Le quattro ospiti-stiliste della casa circondariale vercellese sono state scelte, dopo un’attenta selezione dagli educatori e psicologi del carcere, fra quelle che non godono della libertà vigilata. E ancora per un decennio dovranno pagare il loro debito con la giustizia. Sono due italiane, una slava e una nigeriana. Età fra i 25 ei 45 anni. Tagliano e cuciono 30 ore alla settimana - hanno imparato il mestiere durante un corso di 16 mesi - con uno stipendio di 750 euro. Per contratto hanno diritto alle vacanze. Un dramma da consumare senza far niente dietro le sbarre, ma tant’è. A coordinare linea e prototipi, nonché filtrare le idee delle detenute, è Rocco Manco. Giovane designer vercellese ex collaboratore di marchi come Napapjiri, North Sails e Freddy. La fonte di ispirazione dei capi jailwear è lontana dagli stereotipi della moda, nasce guardando l’archivio delle divise carcerarie prima del 1975: niente metallo, solo cerniere in plastica. Stampe al posto delle pericolose etichette dove si potrebbero nascondere stupefacenti, culisse con fettucce corte per non farsi del male... Tutti i capi sono regolarmente in vendita, distribuiti dalla Age di Torino in 120 negozi italiani di target alto. Padova: Premio Emilio Vesce al TG del carcere "Due Palazzi"
Agenzia Radicale, 22 ottobre 2005
Si è tenuta ieri la manifestazione di premiazione della quinta edizione del premio intitolato a Emilio Vesce, organizzato dal Comitato Regionale per le Comunicazioni del Veneto (Corecom), che quest’anno aveva come tema: impegno morale e civile dell’informazione nel mondo carcerario. Il primo premio è andato alla redazione del TG 2 palazzi, il telegiornale interamente realizzato dai detenuti del carcere due palazzi di Padova e che fu fondato proprio da Emilio Vesce il quale diresse la prima redazione. Il riconoscimento al TG 2 Palazzi è particolarmente significativo in quanto premia un esperimento, unico nel suo genere all’interno del mondo carcerario, volto a fornire ai detenuti un autentico mezzo di espressione in grado da un lato di far acquisire delle conoscenze professionali moderne in grado di fornire una concreta possibilità di reinserimento nella società, dall’altro di portare fuori dal carcere la voce e le opinioni dei detenuti senza lasciarsi andare a un facile e comprensibile atteggiamento vittimistico, ma cercando di fare dell’autentico giornalismo di qualità al servizio dei cittadini. Il premio è un grande stimolo a continuare per riuscire a realizzare quei progetti che certo non mancano, ma che sono costretti a rimanere nei cassetti dei redattori, un aiuto a superare le mille difficoltà e qualche invidia che a volte hanno messo in forse la prosecuzione dell’attività, una speranza perché questa esperienza possa diffondersi anche in altre realtà carcerarie. Durante la premiazione sia i rappresentanti delle istituzioni che dei mezzi d’informazione hanno convenuto su come il mondo delle carceri sia purtroppo drammaticamente tenuto ai margine della società, sull’abitudine a considerare quanto avviene dietro le mura come qualcosa che non riguarda tutti i cittadini, sulla scarsa attenzione dei media per le vere problematiche carcerarie e, di contro, la troppa enfatizzazione dei casi limite, sulla situazione ormai insostenibile degli istituti penitenziari: sovraffollamento, strutture fatiscenti, percentuali altissime di detenuti in attesa di giudizio, necessità di pene alternative per tossicodipendenti, principi di reinserimento assolutamente disattesi, organici carenti sia come agenti di custodia che come operatori sociali, norme per la tutela delle detenute con bambini piccoli non rispettate... in certi momenti sembrava di essere ad un’incontro tra radicali! Davanti a questi discorsi pieni di attenzione e sensibilità resta sempre un po’ di amaro in bocca, troppo spesso le parole pronunciate nelle occasioni pubbliche non si traducono in atti concreti da parte di chi avrebbe il potere e il dovere, se non di eliminare, almeno ridurre il disagio del mondo carcerario. Continuano ad essere troppe le promesse che non mantenute lasciano le organizzazioni del volontariato sole a sobbarcarsi la maggior parte dello sforzo per cercare di trasformare il carcere da "semplice" luogo di pena in luogo di speranza per un futuro migliore. Speriamo non sia così anche questa volta. Il telegiornale attualmente messo in onda sull’emittente veneta Telechiara ogni sabato alle 13,15, fino all’anno scorso era anche pubblicato sul sito dell’associazione Veneto Radicale www.venetoradicale.it. Purtroppo la pubblicazione si è interrotta nel momento in cui Gabriella Vesce, che con grande forza e determinazione ha contribuito alla realizzazione e diffusione del TG, ha visto scadere il permesso che le consentiva di entrare nell’istituto e di portare fuori i testi da pubblicare in internet. Mi auguro che questo riconoscimento possa anche contribuire a trovare gli strumenti per riprendere la collaborazione con Veneto Radicale che resta a completa disposizione della redazione del TG 2 Palazzi.
Franco Fois, Segretario Associazione Veneto Radicale
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