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Pantelleria: 23enne arrestato per possesso marijuana s’impicca
Il Manifesto, 24 marzo 2005
I carabinieri gli piombano in casa, trovano alcuni vasetti con la marijuana appena germogliata e fanno scattare subito le manette. Il giorno dopo Giuseppe A. legge il suo nome sui giornali, assieme a quelli di altri ragazzi arrestati per qualche pasticca di ecstasy e di altri ancora che abitano in un’altra città al di là del Canale di Sicilia, che con lui hanno in comune solo l’età. L’impatto è micidiale. I genitori, anziani coltivatori, sono sconvolti. Il figlio è un "drogato". A Giuseppe crolla il mondo addosso. Prende una corda, la lega forte al soffitto e si lascia andare. Così muore un giovane di 23 anni. Così muore un ragazzo normale, con un diploma di geometra in tasca e una vita tutta ancora da vivere. Sette vasetti di marijuana coltivati in casa e una legge che crea tossicodipendenti e accomuna consumatori a trafficanti lo hanno ucciso. Giuseppe non ha retto all’onta, si è impiccato, soffocato dalla morale proibizionista che trasforma ragazzi normali in "mostri", che li sbatte sui giornali, accanto a mafiosi e criminali. Il corpo di Giuseppe è stato trovato domenica dal fratello, un ragazzino di appena 18 anni che probabilmente non si libererà facilmente di quell’immagine di morte. Agli anziani genitori rimarrà il rimorso di un figlio perso. Pantelleria è sotto choc. I suoi amici lo hanno pianto ai funerali che si sono svolti lunedì pomeriggio nella chiesa di Scauri, la contrada dove si trova la casa della famiglia di Giuseppe. "Era un ragazzo per bene, tranquillo (ricorda Walter Pane). Ho avuto modo di conoscerlo quando ha fatto alcuni lavoretti a casa mia. Era geometra, ma per guadagnare un pò di soldi a volte faceva il manovale. È assurdo che un ragazzo arrivi a questo punto per una legge sbagliata che demonizza tutti senza alcuna distinzione". Giuseppe lavorava in uno studio e si dava da fare per aiutare la famiglia e soprattutto il padre, rimasto senza una gamba a causa di un potente diabete. Negli occhi dei suoi genitori ha visto la delusione, dettata dall’ignoranza e da una cultura sbagliata alimentata anche da leggi che determinano false morali. Chiuso in casa, dov’era agli arresti domiciliari, è stato stritolato da un macigno di infamità e quando i carabinieri gli hanno comunicato che il giorno dopo sarebbe stato condotto a Trapani per il processo per direttissima, ha pensato di farla finita. Chissà cosa gli sarà passato per la testa. È uscito di casa, al bar ha incontrato alcuni amici, un modo per dare l’ultimo saluto, e rientrato in tempo per pranzare con gli anziani genitori. Poi nel silenzio e nella solitudine il gesto estremo. "Non si può morire a 23 anni per alcune piantine di marijuana - dice ancora un suo amico - Pantelleria è un’isola contadina, non è quella del turista che viene solo d’estate. Bisogna creare un movimento ampio di riflessione attorno a questi fenomeni. Da mesi sull’isola è in atto una caccia alle streghe". Nel 2004 come si legge nei bollettini dei carabinieri sono state arrestate 30 persone e 80 sono state segnalate alla prefettura come consumatori di droga. "Purtroppo quello di Giuseppe non è il primo caso - spiega Francesco Piobicchi, responsabile nazionale del Prc sulla questione delle droghe - La sua vicenda è frutto di una morale proibizionista creata dal centrodestra e contro cui il centrosinistra deve schierarsi con argomenti seri e non in maniera altrettanto morale come fanno coloro che parlano di consumo zero". E il problema non è fermare la legge Fini che inasprisce le pene, sostiene Rifondazione, ma contrastare "una cultura sbagliata alimentata anche dall’attuale legge". Alfredo Pecoraro Milano: maestro condannato per scappellotti agli alunni
Ansa, 24 marzo 2005
Per gli scappellotti agli scolari troppo vivaci, sei mesi di reclusione convertiti in una pena pecuniaria di 6.840 euro: questa la condanna che, la nona sezione del tribunale penale di Milano, ha inflitto a un maestro elementare, accusato di violenza privata su alcuni alunni. I fatti risalgono al 2000 e si verificarono in una scuola milanese dove insegnava Massimiliano Giuiusa, poi trasferito dietro sua richiesta in un istituto scolastico di Gela. Al processo, l’imputato era arrivato con l’accusa di abuso di mezzi di correzione per scappellotti, colpetti in testa con le nocche e tiratine d’orecchio agli scolari più vivaci. In aula però il pm, Laura Amato, aveva sostenuto la violenza privata, chiedendo per questa accusa la condanna a un anno. La difesa rappresentata dagli avvocati Salvatore Caci e Carla Delfino, aveva invece parlato di normali mezzi di correzione, chiedendo l’assoluzione dell’insegnante contro il quale il genitore di un alunno si era costituito parte civile, con il patrocinio dell’avvocato Marina Abbatangelo. Dopo 15 udienze, oggi il processo si è concluso con la condanna dell’ imputato per il reato contestato in via suppletiva a sei mesi di reclusione convertiti in pena pecuniaria, peraltro sospesa. Giuiusa, che ora svolge la sua attività a Gela senza problemi e senza contestazioni, dovrà anche risarcire il danno alla parte civile nella misura di 2.200 euro e pagare le spese della stessa pari a 1.200 euro. L’avvocato Caci ha annunciato ricorso in appello. Alessandria: rinnovato accordo per il polo universitario in carcere
Ansa, 24 marzo 2005
Accordo di cooperazione rinnovato per il "polo universitario" costituito presso il carcere di San Michele (Alessandria) con le facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, Scienze politiche e Giurisprudenza dell’Avogadro, Comune, associazioni di volontariato. L’accordo è stato sottoscritto oggi, i firmatari si impegnano a integrare l’attività garantita dai docenti, organizzando un servizio di assistenza e tutoraggio, sostenendo le spese per l’iscrizione all’università, mettendo a disposizione materiale didattico, strumenti di laboratorio, libri e cancelleria, promovendo azioni di sensibilizzazione presso enti pubblici e privati per favorire il percorso di risocializzazione dei detenuti che attraverso lo studio investono nel loro futuro. Sono otto gli studenti che frequentano l’area universitaria del "polo" allestito all’interno del carcere, che ne può accogliere complessivamente 12. Degli allievi degli scorsi anni, uno si è laureato in giurisprudenza, un altro in informatica, un terzo è laureando in legge. Uno studente che sta per laurearsi in informatica è stato già assunto a tempo determinato presso una ditta che crea software. Esce dal carcere al mattino e rientra al termine dell’orario di lavoro. E per venerdì alle 17, nella sala polivalente della casa di reclusione, è in programma un’altra iniziativa, la messa in scena della "Passione di Cristo" nell’ambito del progetto teatrale. Da novembre 50 detenuti si sono preparati per l’allestimento della sacra rappresentazione. Torino: On. Vietti; apprezzabili iniziative per il lavoro ai detenuti
Ansa, 24 marzo 2005
L’on. Michele Vietti, sottosegretario alla Giustizia, ha visitato oggi il carcere torinese delle Vallette. Una visita di routine, che è stata anche occasione per uno scambio di auguri pasquali con gli agenti di polizia penitenziaria e il personale in servizio nella casa di reclusione. "Ho particolarmente apprezzato (ha detto Vietti) il fiorire di numerose iniziative, che consentono ai detenuti di tenersi occupati. Tra queste, il corso di panificazione, seguito da un gruppo di maghrebini, organizzato dall’associazione panettieri di Torino, l’ampliamento delle attività di giardinaggio, con la cura di nuovi terreni, e l’attività di torrefazione del caffè, che sarà poi venduto attraverso cooperative". Il sottosegretario non ha invece avvertito casi di particolare disagio dovuto a sovraffollamento, al contrario di quanto denunciato nei giorni scorsi da esponenti Radicali: "La popolazione carceraria è di 1.400 detenuti (ha osservato il sottosegretario) un po' sopra il limite, ma si tratta di uno scarto fisiologico e non mi sembra attendibile il +15% di aumento negli ultimi sette mesi che qualcuno ha denunciato nei giorni scorsi". Ddl Meduri: preoccupata la Federazione delle Chiese Evangeliche
Redattore Sociale, 24 marzo 2005
Il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Gianni Long, ha espresso forte preoccupazione sul disegno di legge 5141 in materia di ordinamento carcerario; lo riferisce l’Agenzia Nev-Notizie evangeliche. Come già segnalato da varie organizzazioni impegnate nel lavoro carcerario, il provvedimento intitolato "Delega al Governo per l’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria", già approvato al Senato ed attualmente in discussione alla Camera, porta ad un cambiamento fondamentale dell’Ordinamento penitenziario italiano. Infatti, l’abrogazione dell’intero capo III dell’Ordinamento, di fatto cancella il volontariato penitenziario, previsto dall’art. 78, e cioè l’intervento importante dei volontari che operano nelle carceri per facilitare il reinserimento sociale dei detenuti. Inoltre il ddl prevede una riforma dell’art. 72 dell’Ordinamento penitenziario sulla funzione dei servizi sociali nel sistema penitenziario. In particolare, il capo III del Titolo II della legge 354 del 1975 viene trasformato da "Servizio sociale e assistenza" a "Esecuzione penale esterna" ed i "Centri di servizio sociale per adulti" diventano "Uffici di esecuzione penale esterna". Questo determinerebbe un depotenziamento della funzione di reinserimento sociale dei servizi e di conseguenza un rafforzamento esclusivo della pena. Si elimina infatti la previsione di legge che "i Centri provvedono a prestare la loro opera per assicurare il reinserimento nella vita libera dei sottoposti a misure di sicurezza non detentive". Inoltre i riferimenti al servizio sociale della legge del 1975 sono aboliti e si accentuano gli aspetti di controllo, mentre le figure professionali di aiuto degli assistenti sociali verrebbero sostituite con personale amministrativo genericamente definito. Milano: al Centro San Fedele incontri su giustizia e responsabilità
Comunicato Stampa, 24 marzo 2005
"Cammini di liberazione", il ciclo di incontri che si tiene ogni anno nella Chiesa di San Fedele nasce dal desiderio di creare uno spazio e un tempo di riflessione sui temi complessi della giustizia, della colpa, del perdono, della responsabilità. Ogni incontro prevede l’ascolto di brani tratti da diverse fonti e commentati dai relatori, mentre alcuni intermezzi musicali intendono favorire il clima di ascolto e la riflessione. Venerdì 25 marzo l’onorevole Olga D’Antona propone un’ampia e profonda riflessione a partire dalla memoria del male ricevuto, la risposta a questo male in termini di nuova responsabilità e la capacità di farsi carico del dolore. Nel libro scritto insieme a Sergio Zavoli "Così raro, così perduto" comunica la sua esperienza che avrà modo di riprendere nell’intervento in San Fedele. L’ingresso è libero. Il clima di accoglienza e di ascolto è un modo per abitare quegli spazi più profondi della nostra vita dove inizia ogni cammino di liberazione e di libertà. Per ulteriori informazioni: p. Guido Bertagna S.I., ufficio stampa Centro San Fedele, P.zza San Fedele 4 Milano, tel 02.86352306 Arezzo: il Vescovo, monsignor Bassetti, lava i piedi ai carcerati
Il Messaggero, 24 marzo 2005
Tra le mura del carcere di Arezzo gli apostoli non sono dodici, ma molti di più. E hanno il volto scavato di un immigrato dell’Est europeo, la pelle scura del clandestino arrivato dall’Africa, lo sguardo cupo del giovane del Mezzogiorno prigioniero della malavita. Sono gli apostoli del Giovedì Santo del Vescovo di Arezzo. Apostoli dietro le sbarre. Apostoli in cerca di riscatto. E a loro monsignor Gualtiero Bassetti oggi pomeriggio (alle 15) bagna i piedi vicino alle celle in cui passano le giornate. Senza mettere limiti: né di numero, né di appartenenza. Non fa differenza se si è musulmani, ortodossi o atei: basta farsi avanti per diventare i protagonisti di un’infinita lavanda dei piedi che da anni il Vescovo ripete nella casa mandamentale di Arezzo alla vigilia della Pasqua e che viene accompagnata dalla celebrazione della Messa. Una tradizione che monsignor Bassetti considera parte integrante della sua missione: "Chinarsi sugli ultimi serve a rinnovare la chiamata del Signore", spiega mentre supera i cancelli che si chiudono dietro di lui. L’altare è in fondo al corridoio, a pochi metri delle finestre sbarrate che si affacciano sul cortile. Sopra l’ultima inferriata la statua della Madonna, emblema di speranza. Quella stessa speranza che fa da filo conduttore alle parole del Vescovo. "Anche di fronte alle difficoltà che sembrano insormontabili – afferma Bassetti davanti ai detenuti – è necessario non avere paura". Perché oltre il buio c’è sempre la luce. "La luce della Pasqua per i credenti", sussurra il Vescovo nel silenzio freddo delle celle. Giustizia: appalti sulle carceri, indagato ex consulente di Castelli
Reuters, 24 marzo 2005
La procura di Roma ha indagato Giuseppe Magni, ex consulente del ministro della Giustizia Roberto Castelli, e altre cinque persone con l’ipotesi di reato di corruzione in relazione ad appalti per la ristrutturazione di sette carceri. Lo hanno riferito fonti giudiziarie, e lo stesso Magni - sindaco di Calco (Lecco) e candidato alle regionali per la Lega Nord in Lombardia - ha confermato di essere indagato insieme ad altri, aggiungendo di "sentirsi tranquillo" e negando ogni addebito. Le fonti hanno precisato che si tratta di un filone d’indagine partito da un’altra inchiesta in corso alla procura di Roma sui lavori di ristrutturazione alla terza università della capitale. Il Guardasigilli Castelli, a margine della presentazione della nuova moto Guzzi a Milano, ha detto di sperare "che tutto venga chiarito in breve tempo. Ho piena fiducia in Magni, che conosco da anni e di cui conosco l’onestà". Magni, specificando che si è dimesso dall’incarico di consulente di Castelli il 26 febbraio con decorrenza 28 febbraio, ha confermato al telefono che ieri 25 uomini della Guardia di Finanza hanno perquisito la sua abitazione romana, la sua casa di Calco, il suo ufficio in Comune e la sua ditta. Dall’abitazione "hanno portato via dei dischetti, alcuni modelli Cud e le agende personali mia e di mia moglie", ha detto Magni al telefono a Reuters. L’ex consulente, dopo aver precisato di "non saper bene di che cosa si tratti", ha confermato di sapere "di essere indagato con altri" e di conoscere l’imprenditore al centro della vicenda, non precisandone il nome. "Al ministero stanno facendo delle verifiche - ha detto - Pare che questo signore non abbia più appalti - col ministero della Giustizia - dal 2000". "Mi sorprende che io mi sono candidato quattro volte e tutte e quattro le volte mi sono arrivati gli avvisi di garanzia a pochi giorni dal voto - ha detto Magni al telefono -. Le prime tre volte è finito tutto in niente, ora vedremo questa volta". Reggio Calabria: reparto di osservazione psichiatrica nel carcere
Il Quotidiano della Calabria, 24 marzo 2005
L’amministrazione penitenziaria, in conformità al modus operandi della pubblica amministrazione, diretto al conseguimento di determinati obiettivi che incidono in modo consistente sia sul piano gestionale che sul piano normativo, ha predisposto tra i Programmi esecutivi d’azione per l’anno 2004 un programma per la tutela della salute dei detenuti che vede la realizzazione in ogni regione di un reparto di osservazione psichiatrica per l’accertamento delle infermità psichiche dei detenuti. L’attività progettuale in questo specifico ambito, al di là delle competenze inerenti gli Ospedali psichiatrici giudiziari, si incentra sulla gravosa problematica della "gestione" delle patologie mentali slatentizzate in fase di esecuzione della pena. L’azione proposta con la realizzazione di questi reparti di osservazione si focalizza nei confronti di quei detenuti che abbiano manifestato disturbi psicopatologici e per i quali sia necessario l’intervento specialistico del servizio psichiatrico intramoenia. La progettualità prevede interventi sia in fase diagnostico-clinica, ma anche durante l’azione di stretto trattamento, ove il detenuto possa arricchire la sua personalità favorendo il processo di recupero esistenziale. La commissione di questi due piani operativi - diagnostico/clinico e trattamentale - potrà garantire un percorso di compensazione dei disturbi psicopatologici, con il conseguente risultato di ridurre le risposte disfunzionali determinanti il disagio. Le finalità. Tra le finalità decongestionare gli Ospedali psichiatrici giudiziari; l’osservazione clinica e comportamentale effettuata nel reparto renderà l’eventuale ricovero in Opg più adeguato ed appropriato; armonizzare il principio della tutela della salute con quello della territorialità della pena evitando, anche se per un breve periodo, allontanamenti del ristretto dal nucleo familiare che, proprio nei momenti di fragilità psichica, potrebbero risultare ancora più destabilizzanti; ridurre il costo dei trasferimenti potendo difatti essere evitati spostamenti dei detenuti in altre regioni dove sono ubicati gli Ospedali psichiatrici giudiziari; semplificare, rendendolo più celere, l’iter di assegnazione dei detenuti di cui l’Autorità giudiziaria ha disposto l’osservazione, essendo il trasferimento in tali casi di competenza dei Provveditorati regionali. La normativa. L’attuale regolamento penitenziario stabilisce che l’accertamento delle infermità psichiche deve essere "espletato nel medesimo istituto in cui il soggetto si trova, o in caso di insufficienza di quel servizio diagnostico, in altro istituto della medesima categoria. L’autorità giudiziaria che procede o il magistrato di sorveglianza possono, per particolari motivi, disporre che l’accertamento sia svolto presso un ospedale psichiatrico giudiziario, un casa di cura e custodia, in un istituto o sezione per infermi o minorati psichici, ovvero presso un ospedale civile. Il soggetto non può comunque permanere in osservazione per un periodo superiore ai trenta giorni. All’esito dell’accertamento, l’Autorità giudiziaria che procede o il magistrato di sorveglianza, ove non adottino uno dei provvedimenti previsti dispone il rientro nell’Istituto di provenienza". L’iter procedurale. L’Ordinanza dell’Autorità giudiziaria o del magistrato di sorveglianza ed il successivo provvedimento di trasferimento al reparto di osservazione da parte del Provveditorato regionale, sono preceduti da una proposta di ricovero del responsabile sanitario dell’Istituto dove è ristretto il soggetto, il quale sentito il consulente psichiatra, ritiene opportuno il suo trasferimento nel Reparto di osservazione psichiatrica, contesto detentivo reputato al momento più idoneo al suo trattamento. L’organizzazione del reparto sarà improntata a quella tipica di un reparto clinico. Durante il ricovero il detenuto verrà seguito quotidianamente dagli psichiatri del reparto, dallo psicologo, quando si ritiene importante e significativo il suo intervento, dall’educatore, per quanto è di sua competenza, e da persone che operano in carcere con funzioni di assistenza sociale nell’ambito del volontariato. Gli operatori con cui i detenuti ricoverati entrano più strettamente in contatto saranno comunque gli agenti di polizia penitenziaria deputati alla custodia e gli infermieri deputati all’assistenza sanitaria. Al termine del periodo di osservazione l’équipe redigerà una relazione finale di dimissione, nella quale saranno indicati i risultati dell’osservazione clinica e diagnostica con eventuali prescrizioni e indicazioni terapeutiche e/o di trattamento, nonché indicazioni all’Autorità giudiziaria o al magistrato di sorveglianza in ordine alla necessità di un ulteriore periodo di osservazione e/o al ricovero del soggetto in Opg. La finalità principale di tutta l’attività sanitaria rimane dunque la "definizione" dell’eventuale patologia psichiatrica, della terapia psicofarmacologica più idonea, già attentamente monitorata grazie all’osservazione clinica giornaliera ed all’analisi delle interazioni con il contesto e l’individuazione degli elementi trattamentali che possano maggiormente facilitare il riadattamento del soggetto nel contesto penitenziario di provenienza. Presupposti organizzativi. La realizzazione del reparto prevede dei presupposti organizzativi quali: presenza quotidiana dello specialista in psichiatria con presa in carico dell’osservando dal momento dell’ingresso a quello delle dimissioni; presenza quotidiana di uno psicologo; costituzione di un team composto da psichiatra, medico incaricato, educatore, assistente sociale, psicologo, ispettore di polizia penitenziaria responsabile della gestione della sorveglianza. Il team, coordinato dal direttore dell’istituto o da un suo delegato, avrà il compito di pianificare gli interventi a favore dell’osservando in un’ottica di lavoro multifattoriale, al fine di garantire la massima continuità dell’assistenza e la migliore attenzione possibile a tutti i bisogni di cura emergenti; formazione specifica e continua di tutto il personale che opera nel predetto reparto; compilazione di una cartella dell’osservazione in cui trascrivere tutti gli interventi, non solo farmacologici, adottati nei confronti del soggetto; guardia medica ed infermieristica di 24 ore che sarà assicurata dal personale sanitario già operante nell’istituto. Con analoga modalità verrà assicurata l’attività di medicina specialistica e la presenza, ove richiesta, dell’assistente sociale. Rovigo: a primavera 2006 inizio costruzione del nuovo carcere
Il Gazzettino, 24 marzo 2005
Un anno per vedere il cantiere del nuovo carcere. Il sindaco Paolo Avezzù è tornato da Venezia non solo con le conferme dei finanziamenti dello Stato per costruire la casa circondariale fuori del centro storico, ma anche indicazioni sui tempi dell’opera. E a tutto ciò si aggiunge una novità: la struttura non sarà costruita in project financing dai privati, ma direttamente dallo Stato. All’appuntamento con l’ingegner Maria Giovanna Piva, direttore del Provveditorato alle Opere pubbliche del veneto presso il Magistrato alla Acque, Avezzù è andato accompagnato dall’assessore ai Lavori pubblici Nello Piscopo e dal dirigente dell’Urbanistica Giampaolo Ferlin. "Abbiamo avuto la conferma che sono arrivati i fondi - sorride il sindaco - tra l’altro sono arrivati stranamente prima i soldi dei documenti, a proposito di quando parlavamo di burocrazia romana...". Si tratta del milione e mezzo di euro del quale si diceva l’altro giorno, "che serviranno a pagare la progettazione - riprende il primo cittadino - mentre l’opera intera si stima verrà a costare 27 milioni di euro. Tra l’altro sarà una realizzazione diretta eseguita dal ministero delle Infrastrutture, non più un project financing". Negli anni scorsi, infatti, il Governo aveva sì inserito Rovigo tra le città che avrebbero avuto un nuovo carcere, ma a carico di privati che poi si sarebbero ripagati i costi e guadagnato gestendo servizi per la struttura di reclusione. Sarà una casa circondariale come l’attuale, in ogni caso, "perché ho ribadito che la volontà del consiglio comunale è che qui non si faccia un carcere di massima sicurezza", ribadisce Avezzù. Si presume che potrà ospitare circa 150 detenuti, ma nella fase progettuale "potremo partecipare a esaminare le esigenze - fa presente il sindaco - l’ingegner Piva vuole che ci sia un tavolo di confronto con il Comune e i tecnici. In questo modo si potranno pensare anche a prevedere laboratori e altri servizi, per esempio per ospitare i figli di carcerate e via così". L’area sulla quale sorgerà l’edificio è quella individuata con la variante votata a fine aprile del 2003, tra via Calatafimi e la tangenziale. "Entro una ventina di giorni, un mese al massimo, dovrebbe essere dato l’incarico di progettazione, come ci ha detto l’ingegner Piva - evidenzia il sindaco - entro l’anno il progetto stesso dovrebbe essere pronto già con l’esecutivo, in modo da avviare le procedure per il bando di gara e vedere il cantiere aprire a primavera del 2006. Sia chiaro che primavera significa dal 21 marzo al 21 giugno". Che ne sarà del vecchio carcere? "Bisogna discuterne, di sicuro il tribunale ha bisogno di un ampliamento e di un parcheggio. Il ministero, poi, vorrà incassare vendendo almeno parte dell’area, personalmente mi piacerebbe nascesse un parco". Luca Gigli Perugia: Paolo Dorigo; sì della Procura per la detenzione domiciliare
Il Gazzettino, 24 marzo 2005
Parere favorevole del procuratore generale di Perugia alla concessione della detenzione domiciliare per Paolo Dorigo, il maestro elementare di Mestre che nel carcere di Spoleto sta scontando una condanna a 13 anni di reclusione (due ancora da espiare) per un attentato alla Base Usaf di Aviano (Pordenone) al quale si è sempre proclamato estraneo.Il magistrato lo ha espresso durante l’udienza che si è svolta ieri davanti al tribunale di sorveglianza del capoluogo umbro. I giudici hanno infatti nuovamente esaminato le richieste avanzate dai difensori di Dorigo - gli avvocati Vittorio Trupiano e Sergio Simpatico - finalizzate a far scarcerare il loro assistito. Tra queste anche quella della detenzione domiciliare per permettere al maestro elementare di sottoporsi ad alcuni accertamenti medici. Dorigo ha infatti chiesto da tempo di poter verificare la presenza di corpi estranei nel suo condotto uditivo (una microspia alla quale attribuisce alcuni disturbi fisici). Per questo ha sollecitato una verifica con un sintonizzatore universale. Esami già disposti dallo stesso tribunale di sorveglianza "ma non ancora eseguiti", come ha più volte ricordato l’avvocato Trupiano. Al termine dell’udienza i giudici si sono riservati la decisione, che sarà resa nota entro i prossimi cinque giorni. Dorigo, presente all’udienza di ieri e apparso soddisfatto per il pronunciamento del magistrato, ha indicato la sua abitazione di Mira, in provincia di Venezia, come il luogo dove scontare la detenzione domiciliare. Ha inoltre chiesto al tribunale di sorveglianza di poter lasciare senza scorta il carcere di Spoleto, accompagnato solo dai suoi difensori, gli avvocati Trupiano e Simpatico. Questo - ha spiegato ai giudici - anche per poter meglio trasportare i tanti effetti personali (compresi numerosi scritti) accumulati in 11 anni e mezzo di carcere.Nel corso dell’udienza, il procuratore generale ha dato atto - hanno sottolineato gli avvocati Trupiano e Simpatico - che dagli accertamenti svolti dalla polizia di Napoli, Perugia, Udine e Venezia emerge che Dorigo non ha più legami con il mondo dell’eversione. Lo stesso magistrato non ha escluso che il maestro elementare possa anche tornare a lavorare. Nella loro istanza, già esaminata dal tribunale di sorveglianza di Perugia il 20 dicembre scorso, i difensori di Dorigo avevano presentato diverse opzioni: dal differimento della pena per motivi di salute agli arresti presso una struttura ospedaliera extracarceraria. Richieste che invece erano state inizialmente respinte da un magistrato di sorveglianza.Per sollecitare lo svolgimento degli esami medici richiesti, Dorigo ha anche a lungo attuato uno sciopero della fame (poi sospeso) che lo aveva ridotto in precarie condizioni fisiche. "Paolo Dorigo - avevano sottolineato ieri alla vigilia dell’udienza gli avvocati Trupiano e Simpatico - ha già abbondantemente espiato il reato di terrorismo ed è detenuto ininterrottamente da oltre 11 anni senza che mai sia stato celebrato un giusto processo (non ha mai potuto vedere in faccia il suo accusatore) in conformità con quanto più volte ingiunto all’Italia dal Consiglio d’Europa. Il suo fine pena attualmente è fissato per l’aprile del 2007, ma il protrarsi della sua carcerazione non ha oramai più alcun senso". Secondo l’avvocato Trupiano "certamente non può essere il tribunale di sorveglianza di Perugia, come nessun altro collegio, ad applicare la risoluzione del Consiglio d’Europa". Cremona: una serata con la "Compagnia della Fortezza"...
La Provincia di Cremona, 24 marzo 2005
È il teatro della festa quello che ha proposto ieri sera la Compagnia della Fortezza con I Pescecani, in una strepitosa serata di spettacolo per tutti e per nessuno, citando Nietzsche autore sotterraneo - ma non più di tanto - del cabaret nichilista orchestrato da Armando Punzo e agito dai suoi strepitosi ed energici attori/detenuti. Ne I pescecani ovvero quel che resta di Bertolt Brecht gli opposti s’attraggono, la retorica è condannata e frequentata con impudicizia, il messaggio è negato e portato di mano in mano con i cartelli brechtiani consegnati al pubblico. La distanza fra noi (normali e buoni) e loro (detenuti e cattivi) è marcata e alla fine annullata in un corale: "Siamo fuori dal tunnel". I Pescecani di Punzo è ruffiano fino al midollo, è una costruzione scenica e attorale, musicale e performativa che abbraccia il teatro, che contagia, invade il corpo non solo degli attori di Volterra, ma anche degli spettatori che applaudono, applaudono fino allo sfinimento, trasportati in un’allegra euforia che contagia tutti. Armando Punzo mostra senza ritegno il suo circo, sfrutta fino in fondo la fame voyeuristica di chi è venuto a vedere i reclusi a fare gli attori, lo fa consapevolmente e costruisce una grande lezione di teatro, quel teatro che non illude, che ti mette di fronte al non senso e finisce col rincorrere il non senso perché i valori sono inesistenti, perché dopo la morte di Dio il nulla è la dimensione con cui si deve confrontare l’uomo, con cui deve fare i conti l’arte. Ecco allora che quel cabaret nichilista cita Brecht, ma anche Fassbinder di Querelle, ci sono i borghesi tronfi ma emaciati di Grosz e l’attualità stringente dell’agitprop, c’è la voglia di dire e condannare ciò che non va del mondo e c’è il tango omosex sulle note di Krurt Weill. I Pescecani - sul ventre mobile di uno degli attori - divorano tutto, sono famelici, affamati di vita, perché "ciò che è buono è la potenza, ciò che è cattivo è la debolezza". Ed è ancora il Nietzsche degli aforismi di Al di là del bene e del male che fa capolino fra gli attori/detenuti che dichiarano contemporaneamente : "Ma chi é sto Brecht" e dopo un istante lo invocano come guida ad un mondo inafferrabile. Insomma I Pescecani gioca un continuo spiazzamento, ci vuole ribadire che fra chi è dentro e chi è fuori c’è una differenza, ma poi invade la platea, la occupa festosamente, sega le sbarre della diversità, esaltando la diversità stessa. I parametri consueti che portano ad esprimere un giudizio su un allestimento saltano, vanno in frantumi, perché solo"dal tradimento della forma può nascere la vita". Ciò che fa Armando Punzo con i suoi attori - semplicemente attori e null’altro - è mettere in scena il teatro, quel teatro che è e non rappresenta, che dice e non illude, che suda e non fatica, che danza perché al suo interno a danzare è il caos, il disordine, perché i suoi abitanti preferiscono essere satiri piuttosto che santi. E satiri sono davvero gli attori di Volterra, satiri del teatro in odore di santità. Rovigo: sovraffollamento, deciso trasferimento di alcuni detenuti
Il Gazzettino, 24 marzo 2005
Prime misure per riportare alla normalità la situazione all’interno del carcere di Rovigo. Si è svolto ieri in prefettura il summit fra il prefetto Elio Maria Landolfi, il direttore della struttura di via Verdi, Fabrizio Cacciabue, il provveditore dell’amministrazione penitenziaria di Padova, Felice Bocchino, il comandante del reparto di polizia penitenziaria, Umberto Zannarini, ed i rappresentanti sindacali del personale, Giampietro Pegoraro e Matteo Bisan. Come prima misura è stato deciso di trasferire alcuni detenuti dal carcere rodigino in altre strutture. Fino a ieri erano 108, un numero insostenibile per il personale, l’obiettivo è di farli scendere sotto le 100 unità. "Anche se in sofferenza - commenta Pegoraro - la situazione sarebbe più sopportabile". Il prefetto, inoltre, si è impegnato ad inoltrare una richiesta per aumentare l’organico del personale operante all’interno della casa circondariale: "Il problema - continua Pegoraro - è che di personale disponibile ce n’è poco. Si potrebbe far rientrare quegli agenti distaccati al Gom o nella struttura di Taranto". La situazione della struttura rodigina è all’ordine del giorno da mesi, nei giorni scorsi il sovraffollamento del carcere e la diminuzione del personale aveva costretto gli agenti ad operare fra mille disagi. Gli stessi detenuti faticavano a trovare una cella che potesse contenerli (si erano sistemate alcune brande nella sala giochi). Ma le proteste degli agenti non si fermano: "In aprile - aggiunge Pegoraro - ci saranno delle assemblee a livello regionale che potrebbero vedere la proclamazione dello stato di agitazione. Inoltre sempre per aprile è in programma un sit-in sotto il provveditorato di Padova. Dell’argomento abbiamo interessato anche i senatori Fabio Baratella e Massimo Donadi". Alberto Garbellini Viterbo: il garante regionale dei detenuti in visita al carcere
Tuscia Web, 24 marzo 2005
Ascoltare le esigenze dei detenuti e degli operatori, compresi gli agenti di polizia penitenziaria, per stabilire le priorità e i problemi più urgenti da affrontare e risolvere. Sono questi gli obiettivi della visita che il Garante regionale dei detenuti Angiolo Marroni svolgerà questa mattina presso il carcere di Viterbo. La visita di oggi rientra nel giro conoscitivo che il garante sta compiendo in queste settimane negli istituti di reclusione di tutto il Lazio al fine di tracciare una mappa delle urgenze e delle necessità da affrontare nei prossimi mesi di lavoro anche alla luce dei protocolli d’intesa firmati con organizzazioni sindacali e associazioni di volontariato. Vibo Valentia: detenuti della A.S. finanziano pubblicazione libro
Tg Com, 24 marzo 2005
Un libro scritto dai detenuti e pubblicato totalmente a loro spese. In quasi trecento pagine i prigionieri della sezione di Alta sicurezza del carcere calabrese di Vibo Valentia hanno descritto la loro condizione, raccogliendo nei nove capitoli dell’opera, interventi e testimonianze di magistrati ed esperti del settore. Gli autori, hanno specificato che con questo libro "intendono evidenziare tutte le incongruenze e i difetti del regime sanzionatorio del nostro Paese che trasformano il carcere in un’entità criminogena". Nel documento, non solo accuse al sistema giudiziario, ma anche tante idee con cui i detenuti si propongono di "presentare all’opinione pubblica una diversa organizzazione del settore penitenziario in vista di un futuro miglioramento dell’attuale situazione".
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