Rassegna stampa 14 luglio

 

Giustizia: Castelli; riforma entro la prossima settimana

 

Affari Italiani, 14 luglio 2005

 

La riforma dell’ordinamento giudiziario verrà approvata definitivamente dalla Camera "entro la prossima settimana, sempre che non vi siano imprevisti". È la previsione fatta dal ministro della Giustizia, Roberto Castelli, durante un confronto a Radio anch’io, con il presidente dell’Anm Ciro Riviezzo, nel giorno del quarto sciopero dei magistrati contro la riforma giudiziaria del governo Berlusconi.

La protesta dei magistrati, votata all’unanimità dal comitato direttivo dell’Associazione nazionale magistrati alla fine di giugno, ha riacceso il clima di contrapposizione fra il governo e i togati, che ritengono la riforma dell’ordinamento lesiva della propria indipendenza. Secondo un comunicato dell’Anm, ieri erano già "oltre 170 (le) adesioni di capi degli uffici" all’astensione del lavoro, tra cui i procuratori di Bologna, Firenze, Genova, Milano, Venezia.

I magistrati puntano il dito contro l’assenza di discussione e la "blindatura" di una legge su cui non c’è mai stata, a loro parere, discussione, rivendicando anche il mancato accoglimento dei rilievi di incostituzionalità mossi alla riforma sia dall’Anm che dal capo dello Stato. "Sul contenuto della riforma, in quattro anni, non si è mai realmente discusso, essendosi proceduto con blindature, maxi-emendamenti, voti di fiducia e contingentamento dei tempi", dice una nota dei magistrati, sottolineando che il dibattito parlamentare è stato compresso in poche ore.

Nel testo del ddl approvato il 28 giugno scorso dal Senato, il governo ha presentato emendamenti che accolgono in larga parte i rilievi di Ciampi, il quale temeva intromissioni del potere politico nell’azione della magistratura. Nel testo del ddl viene cancellata la norma che prevedeva uffici per il monitoraggio dell’esito delle sentenze, il ministro di Grazia e Giustizia non terrà più alle Camere un discorso sulle "linee di politica giudiziaria", e si limita fortemente il potere del Ministero di ricorrere al Tar contro le decisioni del Csm. L’Anm, tuttavia, ha ribadito la propria "ferma contrarietà ad una pessima legge che, al di là degli intenti chiaramente punitivi dei suoi promotori, non risolve uno solo dei problemi che affliggono la giustizia, nessun beneficio porterà ai cittadini ed anzi provocherà gravissime e immediate disfunzioni nell’organizzazione giudiziaria".

Sull’ultimo e più controverso punto dei poteri del Csm riguardo ai concorsi per la magistratura, il governo ha modificato il testo "nell’intento di assicurare al Consiglio superiore della magistratura il potere finale in ordine alla valutazione..., senza nel contempo comprimere la funzione della Scuola di formazione e delle commissioni esterne", ha spiegato in precedenza il relatore della legge al Senato Luigi Bobbio di An.

Giustizia: Castelli; quanto sciopero Anm, rischio lotta politica

 

Ansa, 14 luglio 2005

 

"Contro questo governo è già il quarto sciopero dei magistrati, rischiate di trasformarlo in una lotta politica contro un’altra istituzione, in questo caso il Parlamento". Così il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, si è rivolto al presidente dell’Anm Ciro Riviezzo nel corso della trasmissione Radio Anch’io. A chi gli domandava se lo sciopero dei magistrati fosse legittimo o meno dal momento che poteva considerarsi una protesta da parte di un potere dello Stato contro un altro potere, il Guardasigilli ha precisato: "Ho più volte sostenuto che lo sciopero è una lotta legittima di manifestazione. Ma - ha aggiunto - est modus in rebus.

Contro questo governo è già il quarto sciopero". Il presidente dell’Anm, Ciro Riviezzo, ha invece precisato che lo sciopero "è previsto dalla Costituzione, dalla legge e dal codice di autoregolamentazione". "Noi non scioperiamo contro un altro potere dello Stato ma - ha sottolineato - segnaliamo all’opinione pubblica una legge che lede l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e che presenta diversi aspetti di incostituzionalità". Il presidente del sindacato delle "toghe" ha poi ricordato che oggi, nel corso dello sciopero, verranno garantiti i servizi essenziali, per cui centinaia di magistrati lavoreranno per decidere sugli arresti, sulle richieste di misure cautelari e urgenti, e per garantire i processi e le istruttorie con detenuti.

Giustizia: Lumia; Cdl vuole giustizia asservita ai potenti

 

Apcom, 14 luglio 2005

 

"L’ennesimo sciopero nazionale dei magistrati è un segnale importante di disagio che un governo serio dovrebbe considerare con attenzione". Lo afferma il capogruppo dei Ds in Commissione Antimafia, Giuseppe Lumia, a proposito dello sciopero indetto dalle toghe per oggi.

"Il deliberato proposito di questo esecutivo - continua l’esponente diessino - è, con la sua controriforma dell’ordinamento giudiziario, di colpire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. La situazione è, quindi, grave. E questa testardaggine del Centrodestra è un ulteriore inquietante messaggio lanciato alla società sulla cultura e la filosofia di fondo che ispirano l’operato di questo governo".

"I veri problemi della giustizia - aggiunge Lumia -, com’è noto, sono ben altri. Vi è, infatti, una cronica mancanza di uomini e di risorse che rende ormai "eroica" l’amministrazione della giustizia da parte dei magistrati e del personale addetto. A questo si aggiunge il formarsi di un processo divenuto farraginoso, inutile ad accertare la verità giudiziaria per i più, ma utilissimo a chi ha mezzi in abbondanza per sfuggire alla giustizia". "Da tutto ciò si desume con chiarezza - conclude Lumia - che quella che il Polo vuole è solo una giustizia asservita ai potenti".

Sicurezza: Castelli; nessuna contrapposizione con Pisanu

 

Apcom, 14 luglio 2005

 

"Non ho affatto detto che le misure annunciate dal ministro Pisanu sono insufficienti". È quanto ha detto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, durante la trasmissione "Radio anch’io" (Rai) su Radio Uno. "Ho detto un’altra cosa e cioè che per quanto riguarda il ministro della Giustizia riunirò le forze della Cdl per esaminare quali possano essere tutti i passi più efficaci possibili, per combattere efficacemente il terrorismo".

"Non c’è nessuna azione in contrapposizione con il ministro Pisanu", ha ribadito quindi Castelli. "Il ministro Pisanu, come per altro ha dichiarato lui stesso in Parlamento, - ha proseguito Castelli - ha fatto delle proposte che non sono blindabili. Credo che su questo tema debba agire non solo il governo ma tutta la maggioranza". L’Italia, seguirà l’esempio della Francia e dell’Olanda che hanno deciso di sospendere temporaneamente gli accordi di Schengen? "Un tema così importante - ha risposto Castelli - dovrà essere discusso in consiglio dei Ministri".

Giustizia: Castelli-Anm; scontro su sciopero in diretta radio

 

Apcom, 14 luglio 2005

 

"Lo sciopero è una forma legittima di manifestazione. Ma attenzione: contro questo governo è il quarto sciopero". È quanto ha detto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, nel corso della trasmissione "Radio anch’io" nel corso della quale il ministro ha avuto un confronto con il presidente dell’associazione nazionale magistrati, Ciro Riviezzo. "Dico - ha aggiunto Castelli - che così si rischia di trasformarlo in una forma di lotta politica".

Il presidente dell’Anm ha tenuto a sottolineare che anche in una giornata di protesta come quella che avverrà oggi in tutti gli uffici giudiziari saranno centinaia i magistrati che garantiranno quei servizi necessari ai cittadini in base a quanto previsto dal codice di autoregolamentazione. Riviezzo ha quindi spiegato le ragioni del quarto sciopero dei magistrati in tre anni. "I problemi della giustizia sono soprattutto legati alla durata dei processi. Abbiamo dei codici che non risolvono questi problemi". Il presidente dell’Anm ha quindi puntato l’indice contro l’inadeguatezza delle risorse destinate al "malato" giustizia. "Sono sconcertato", ha poi aggiunto perché "nei prossimi mesi dovremo continuare ad occuparci di riforma e di attuazione di decreti delegati" nonostante con i problemi che restano irrisolti.

Dalla gerarchizzazione delle Procure alla carenza di personale, il faccia a faccia tra Castelli e Riviezzo è entrato nel vivo quando il ministro ha replicato sulla carenza dei mezzi e delle risorse. "Il personale è sempre carente - ha detto Castelli -. Questo è sempre vero ma noi abbiamo mezzi e personale in linea con altri Paesi europei. Oggi un processo dura meno di quanto durava nel 2000. C’è stata un’inversione di tendenza grazie all’impegno di tutti. Poi a proposito della riforma, Castelli ha aggiunto: "La Anm ha scelto la strada dello scontro frontale, per questo ci troviamo in questa situazione". "Io non bacchetto nessuno" ha poi aggiunto Castelli. "E quindi rifiuto la dietrologia secondo la quale il ministro sarebbe spinto da desideri maligni".

Giustizia: Ciampi dà il via libera al voto sulla riforma

 

Repubblica, 14 luglio 2005

 

Non è una sorpresa, ma infastidisce molto la Cdl (addirittura Follini) che comunque prosegue indisturbata per la sua strada. Ciampi autorizza il Csm a discutere il quarto parere sull’ordinamento giudiziario, ma solo poche ore dopo la maggioranza, se pure a fatica per via dei numeri, dà il via libera in commissione Giustizia alla contestata riforma.

Due fatti oggi si sovrappongono: da un lato le toghe scendono di nuovo in sciopero contro quella che hanno ribattezzato la "controriforma della giustizia", dall’altro a palazzo dei Marescialli i consiglieri togati e i laici del centrosinistra si preparano a bocciare l’emendamento Bobbio, la modifica introdotta al Senato per sbarrare la strada al pg di Torino Caselli che però rischia di essere l’iceberg contro cui impatterà la legge rischiando di affondare definitivamente.

Ciampi firma l’ordine del giorno, ma pone dei paletti al Csm che potrà discutere solo della "norma nuova", tutto il resto è precluso. Lo scrive il segretario generale del Colle Gifuni indirizzando la missiva al vicepresidente del Csm Rognoni. Ma la limitazione non basta ai laici della Cdl che minacciano di abbandonare in cinque la sala Bachelet bloccando i lavori per mancanza del numero legale.

Rognoni media tra i gruppi, ma oggi il centrodestra giocherà una battaglia di posizione, quella sui limiti del Csm. Cade lì il richiamo del segretario dell’Udc Follini che si "rammarica" per il passo del Consiglio e si chiede se "non sia un’eresia pretendere dal Csm lo stesso rispetto per l’autonomia e la sovranità del Parlamento". L’aennino Bobbio vede grida alla "scelta eversiva", l’azzurra Santelli contesta la "legittimazione" del Consiglio a discutere ancora sulla riforma, ma al Csm vanno avanti.

Il clima ormai è questo, tant’è che in commissione Giustizia alla Camera si passa sopra alle regole di fair play finora seguite per cui il presidente della commissione, il forzista Pecorella, e il rappresentante del governo, ieri era Valentino di An, di solito non votano per fare maggioranza. Ma quando erano sul 20 pari entrambi hanno votato tra le proteste del centrosinistra. Così l’ordinamento ha superato lo scoglio della commissione, e l’Udc dopo il voltafaccia sugli emendamenti non ha battuto ciglio. Martedì prossimo si profila la fiducia. Dopo solo Ciampi determinerà le sorti della riforma.

In compenso alla maggioranza dice male sulla Cirielli che si arena al Senato tra banchi vuoti e articoli bocciati. Cancellata la norma (hanno votato assieme Unione e Udc) che garantiva ai settantennni le circostanze attenuanti purché fossero incensurati, scritta su misura per Previti secondo il centrosinistra, la legge che taglia a metà i tempi di prescrizione dei reati dovrà tornare alla Camera.

Sfumano all’improvviso le speranze dei falchi di Forza Italia e il sottosegretario alla Giustizia azzurro Vitali si ritrova da solo, sui banchi del governo, a reggere lo smottamento della maggioranza. L’Udc si vanta di aver fatto bocciare il primo articolo, l’Unione grida alla vittoria. Ormai per la Cirielli luglio è diventato un mese "freddo".

Giustizia: oggi i magistrati scioperano contro la riforma

 

Ansa, 14 luglio 2005

 

Si ferma la giustizia. I magistrati tornano a incrociare le braccia contro la riforma dell’ordinamento giudiziario, che ha già ottenuto il via libera del Senato e che il 18 approderà in aula alla Camera, dopo aver incassato proprio il sì della Commissione Giustizia. Si tratta del quarto sciopero contro quella che le toghe ritengono una vera e propria "controriforma" in contrasto con la Costituzione e punitiva nei loro confronti; un provvedimento che, accusano i magistrati, non solo non servirà a migliorare ma avrà conseguenze negative sull’ efficienza della giustizia.

La protesta è stata preceduta anche stavolta da polemiche, che si sono spinte sino all’annuncio di denunce dei magistrati che sciopereranno e dell’Associazione nazionale magistrati da parte del ministro per le Riforma Roberto Calderoli e del senatore Luigi Bobbio. Iniziative che non spaventano il sindacato delle toghe che si aspetta anche in questa occasione, come è avvenuto negli scioperi precedenti, "un’adesione alta" da parte dei colleghi. Già oggi più di 170 capi degli uffici giudiziari hanno fatto sapere che sono intenzionati a incrociare le braccia.

E tra di loro ci sono anche il presidente aggiunto della Cassazione Vincenzo Carbone e il primo pg aggiunto presso la Suprema Corte Mario Delli Priscoli. Pronti a scioperare anche "diversi magistrati" dell’Ispettorato del ministero della Giustizia; mentre all’Anm arrivano "attestati di solidarietà" da parte di sindacati, associazioni della società civile e di magistrati europei.Un segnale che, sottolinea il presidente dell’Anm Circo Riviezzo "é diffuso il consenso alle preoccupazioni per l’indipendenza e l’autonomia della magistratura manifestate da noi".

Se le aspettative della vigilia saranno rispettate, ci sarà la paralisi dell’attività degli uffici giudiziari. Dovrebbero tenersi soltanto i processi assicurati dal codice di autoregolamentazione dei magistrati. Nelle principali sedi giudiziarie si terranno assemblee aperte alla cittadinanza e alle quali sono stati invitati a partecipare avvocati, costituzionalisti, ed esponenti della società civile.

LE ADESIONI - Incroceranno le braccia tutti i capi dei più importanti uffici giudiziari di Roma (il procuratore Giovanni Ferrara, il presidente della Corte d’appello Giovanni Lo Turco, il presidente del tribunale Luigi Scotti e il Pg Salvatore Vecchione); il procuratore Marcello Maddalena e il Pg di Torino Giancarlo Caselli; il procuratore di Palermo Piero Grasso e il presidente del tribunale della stessa città Giovanni Puglisi. Massiccia anche l’adesione dei vertici degli uffici giudiziari di Napoli:il Pg Vincenzo Galgano, il procuratore Giandomenico Lepore e il presidente della Corte d’appello Raffaele Numeroso. E ancora: si asterranno dal lavoro i procuratori di Verona Guido Papalia, di Venezia Vittorio Borraccetti, di Firenze Ubaldo Nannucci, di Genova Francesco Lalla. In sciopero anche il Pg di Venezia Ennio Fortuna e il presidente della Corte d’appello di Milano Giuseppe Grechi.

Il voto in Commissione Giustizia della Camera che ha licenziato la riforma bocciando tutti gli emendamenti è per il leader dell’Anm è l’ulteriore prova del rifiuto da parte della maggioranza del dialogo. "Lo sciopero intende sottolineare la chiusura assoluta della maggioranza a ogni confronto". Dei 9 mila magistrati italiani il 90 per cento è iscritto all’Anm. Ai tre precedenti scioperi contro la riforma dell’ordinamento giudiziario (il primo il 20 giugno del 2002, il secondo il 25 maggio e il terzo il 24 novembre dell’anno scorso) ha aderito l’85 per cento delle toghe.Quella di giovedì sarà la quindicesima astensione dal lavoro attuata dai magistrati negli ultimi 30 anni.

Nel penale saranno garantiti i processi con imputati detenuti e quelli nei quali è imminente la prescrizione. Nel civile quelli in materia di licenziamenti, condotte antisindacali e discriminatorie.

Enna: dentro il carcere corso di educazione alla legalità

 

Vivi Enna, 14 luglio 2005

 

Ottima la conclusione del corso di Educazione alla legalità tenuto presso la casa circondariale di Piazza Armerina dal sociologo e criminologo Santino Pecoraro. "E che dire delle vittime e dei loro cari… Spesso il dolore della tragedia va oltre, perdura ancora molto tempo dopo che i Tribunali hanno terminato il loro lavoro e l’accaduto non fa più notizia" questo è quanto si legge in una delle "lettere al professore", che i detenuti a conclusione del corso hanno scritto al sociologo e criminologo, Santino Pecoraro. Tema cardine delle lezioni, la Carta Costituzionale come strumento di legalità e di convivenza civile e democratica. Nel contesto degli incontri si è sviluppato un ampio dibattito, che ha coinvolto i detenuti e che non ha risparmiato momenti forti di riflessione, in un’analisi introspettiva.

Il corso è stato organizzato in collaborazione con il Centro Territoriale per l’Educazione Permanente coordinato dalla preside Adriana Rabita che ha espresso la piena soddisfazione anche in ordine al successo del corso di lingua italiana per stranieri rivolto ai detenuti e tenuto dalle insegnanti di lettere Giuseppina Napoli e Oriana Stefanizzi.

"La partecipazione al corso è stata piena - dichiara la dottoressa Concetta Rampello, responsabile dell’area pedagogica del carcere - grazie al contributo professionale qualificato del sociologo, ed ha visto i detenuti coinvolti in un percorso di riflessione che denota un incredibile anelito alla legalità. Anche se può sembrare una contraddizione, è un risultato positivo ottenere, da parte dei detenuti un livello di consapevolezza del danno arrecato alla società". "Parlare delle norme a partire dalla Costituzione e poi dei codici a persone che li hanno infranti, non era facile - dice Santino Pecoraro.

Ho dovuto vincere il senso di inadeguatezza che mi opprimeva dopo i primi incontri, fino all’idea vincente che è stata quella di ricordare che oltre al reato c’è una vittima. Era necessario fare arrivare ai miei interlocutori un messaggio che travalicasse il senso di colpa, sottolineando la differenza esistente tra l’errore e l’errante. Addirittura in uno degli elaborati prodotti si è raggiunto il risultato di una auto-condanna rispetto alla condotta tenuta, al punto da ritenere giusta la pena, come risarcimento alle vittime, guardando inoltre alla detenzione non solo come espiazione ma come crescita".

"È ovvio che l’orientamento dato dalla casa circondariale in ordine al tipo di trattamento dei detenuti, - aggiunge ancora Concetta Rampello - una new age promossa anche grazie alla direttrice Letizia Bellelli, posso definire positivi i risultati raggiunti per la loro valenza pedagogica. Questi hanno un effetto positivo in termini di ricaduta sul percorso individuale dei carcerati, nell’ambito del concetto più ampio di giustizia riparativa". L’obiettivo trasversale che si vuole trasmettere alla comunità è quello di rivedere il modo di pensare alla detenzione, sensibilizzando il sistema a guardare al carcere non solo come luogo di espiazione, ma di rieducazione che può avvenire all’interno dell’amministrazione penitenziaria, ma con il contributo esterno di tutta la società nella quale il reo dovrà rientrare.

Canada: vietato fumare nelle celle delle prigioni federali

 

Corriere Canadese, 14 luglio 2005

 

I detenuti non potranno più fumare nelle celle delle prigioni federali. È quanto ha deciso Ottawa, solo che il divieto andrà in vigore dall’inizio del prossimo anno. Pertanto ai detenuti rimane ancora qualche mese di "libertà" prima di essere ulteriormente penalizzati. Questo è un provvedimento che magari darà gran gioia agli altri reclusi non fumatori. Il Correctional Service of Canada (nella foto un particolare di un penitenziario) ha comunicato che il provvedimento entrerà in vigore dal 31 gennaio del 2006 e riguarderà tutti i penitenziari federali e le case di correzione. Ora nelle prigioni si può fumare solo in alcune aree destinate ai fumatori.

"La decisione che abbiamo preso - dice Cathy Stocki, portavoce del Csc - è soprattutto per ragioni di salute". Ma il fumo non sarà proibito del tutto ai reclusi: essi potranno fumare negli spazi all’aperto. Anziché prendere una boccata d’aria, prenderanno una boccata di fumo. "Non abbiamo alcun diritto di togliere loro tutto, a meno che non sia qualcosa pertinente alla loro condanna", ha aggiunto Stocki. In altre Province si è proceduto al bando totale ma ci sono state delle sommosse: è successo in British Columbia e in Saskatchewan dove ci sono state ribellioni durate quattro ore con incendi e vetri rotti e al Toronto West Detention Centre. Ma il provvedimento federale sembra voglia accontentare un po’ tutti, compresi anche i nativi che spesso usano il tabacco per le loro attività culturali e spirituali.

Reggio Calabria: detenuto morto nel 1997, denuncia contro i Gom

 

Quotidiano di Calabria, 14 luglio 2005

 

Potrebbe avere un seguito a Milano la vicenda della morte avvenuta nel 1997 nel carcere di Reggio Calabria di Francesco Romeo, all’epoca detenuto per omicidio. Il legale di parte civile si appresta infatti a presentare una denuncia a Milano contro alcuni uomini del Gom. In un primo tempo una trentina di agenti penitenziari furono iscritti nel registro degli indagati ma, vennero tutti assolti dal Gup grazie ad una ricostruzione dei fatti che aveva riqualificato l’episodio come un tentativo di evasione del detenuto, rimasto vittima di una caduta da un muro.

Dopo il secondo giudizio, anche la Cassazione ha ora chiuso il caso, assolvendo l’ultimo imputato, il comandante della Polizia Penitenziaria Giuliano Cardamone, accusato solo di agevolazione colposa e in precedenza condannato a un anno di reclusione. Secondo l’avvocato Ugo Gianangeli, patrono di parte civile per il fratello di Romeo, "questo omicidio sembra destinato a rimanere senza colpevoli, come altri avvenuti nelle carceri e nelle caserme".

"I familiari di Francesco Romeo - aggiunge l’avvocato Gianangeli, certo che quel detenuto sarebbe stato ucciso a botte - continueranno nella battaglia per la ricerca dei colpevoli: primo atto una denuncia che sarà presentata a Milano contro alcuni elementi dei Gom nella speranza di riaprire un caso che appare fin troppo chiaro nella individuazione dei responsabili in quanto assolutamente incredibile la tesi del tentativo di evasione".

Giustizia: ddl Meduri; il Sappe dichiara assoluta contrarietà

 

Comunicato stampa, 14 luglio 2005

 

"La Segreteria Generale del Sappe, appena appreso dell’approvazione del ddl Meduri al Senato della Repubblica, esprime la propria netta e totale contrarietà verso l’ennesimo provvedimento ingiusto e ingiustificato che va a privilegiare una piccola minoranza all’interno dell’Amministrazione Penitenziaria (500 persone circa) rispetto ai 60.000 e passa operatori del settore". A dichiararlo è la Segretaria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che con 13 mila iscritti ed il 40% di rappresentatività è l’Organizzazione più rappresentativa del mondo penitenziario, commentando la votazione di questa sera al Senato della Repubblica del disegno di legge Meduri sulle carriere dei direttori penitenziari.

"L’attuale maggioranza parlamentare, lo stesso Governo ed i vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che ne sono l’espressione, che hanno appoggiato il provvedimento hanno dimostrato, ancora una volta, di prestare più attenzione alle élite che non indistintamente a tutte le Categorie.

In particolare, si concedono tali ingiustificati privilegi di categoria in una situazione carceraria sull’orlo del collasso, dove entro fine anno più di 600 agenti ausiliari di Polizia Penitenziaria attualmente in servizio saranno licenziati, dove le carceri sono sovraffollate e fatiscenti, dove le carriere del Personale di Polizia sono statiche e mortificanti oltre che disallineate con le altre Forze di Polizia. Dove i trasferimenti per assistenza dei familiari disabili vengono rifiutati, dove ci si rifiuta anche soltanto di valutare un provvedimento di amnistia e i suicidi di detenuti sono in allarmante aumento e purtroppo altrettanto lo sono le evasioni.

E dove i Funzionari della Polizia Penitenziaria vengono mortificati e relegati in compiti e funzioni assolutamente insignificanti. In questa stessa situazione l’attuale maggioranza parlamentare si sta assumendo la responsabilità di regalare letteralmente privilegi economici e di carriera ad una parte di una categoria di dirigenti del Comparto Ministeri che, dall’oggi al domani, si troveranno ad essere equiparati alla carriera prefettizia e diplomatica, sottraendosi, senza alcuna giustificazione, ad ogni forma di contrattazione collettiva.

Il Sappe, nello stigmatizzare le scelte governative e del Dap, esprime tutta la propria delusione rispetto ad una maggioranza di centro-destra che, per assicurarsi 500 voti, ha sortito l’effetto di perderne sicuramente almeno 60 mila! La Segreteria Generale del Sappe, proclamando lo stato di agitazione della Polizia Penitenziaria, dichiara che farà riferimento a tutte le forze politiche e parlamentari che dimostreranno concreta attenzione e sensibilità a tutti quei problemi che l’attuale Governo ha ormai definitivamente disatteso".

Svizzera: "disturbatori" contro l'uso dei telefonini in carcere

 

Swiss Info, 14 luglio 2005

 

In carcere, eppure capaci di delinquere grazie ai cellulari. Per contrastare questo fenomeno, la Svizzera sta studiando il modo di disturbare le telefonate. Francia e Gran Bretagna hanno già introdotto dei disturbatori per cellulare nelle carceri. A fine luglio verrà portato a termine anche il progetto pilota in tre penitenziari elvetici.

L’uso di cellulari da parte dei criminali è stato più volte al centro della cronaca. In Svizzera, l’ottobre scorso ha fatto scalpore il caso di Mohamed Achraf, un presunto terrorista che, pur trovandosi in un carcere elvetico, avrebbe progettato con i suoi complici a piede libero un attentato alla Corte penale spagnola. Nei penitenziari, i telefoni cellulari sono ovviamente proibiti, ma "i detenuti danno prova di notevole iniziativa quando si tratta di procurarsene uno". Véronique Gigon, vice direttrice dell’Ufficio federale della comunicazione (Ufcom) non nasconde che la situazione è preoccupante. "In carcere c’è chi organizza l’evasione per telefono, chi minaccia le sue vittime e chi continua a curare i suoi affari occupandosi, per esempio, del traffico di stupefacenti", ha affermato Véronique Gigon nel corso del suo intervento all’incontro annuale dell’Ufcom con la stampa.

"Con i mezzi oggi a nostra disposizione è praticamente impossibile evitare che i cellulari arrivino nelle carceri", spiega a swissinfo Véronique Gigon. I pezzi che compongono un cellulare sono sempre più piccoli, non contengono praticamente più elementi rilevabili dai metaldetector e superano quindi i controlli.

Spesso vengono introdotti nel corpo e, anche in caso di sospetti giustificati, una perquisizione corporea può essere eseguita solo da un medico. Posti di fronte al problema, i direttori delle carceri hanno chiesto all’Ufcom il permesso d’introdurre dei disturbatori per rete GMS.

Questi dispositivi, chiamati Jammer, sono illegali in Svizzera, così come in Italia e in molti altri paesi, perché potrebbero provocare l’interruzione di un servizio pubblico, quello della telefonia per l’appunto. "Non bisogna sottovalutare la problematica tecnica", spiega la vice direttrice dell’Ufcom. "Questi dispositivi devono disturbare la zona del carcere, ma non avere influssi sulla rete GSM esterna. Se il campo d’azione non viene delimitato in modo adeguato potrebbe succedere che qualcuno che si trova per caso nelle vicinanze di un carcere non possa effettuare o essere raggiunto da una chiamata d’emergenza". Per andare incontro alla richiesta dei direttori delle carceri, l’Ufcom ha concesso un’autorizzazione transitoria. Per poter concedere l’autorizzazione, l’Ufcom ha dovuto trovare un accordo con i fornitori di servizi di telefonia mobile che hanno un diritto esclusivo sull’utilizzo delle frequenze Gsm. In futuro, parallelamente a quanto ha fatto l’Unione europea, nella legge sulle telecomunicazioni dovrebbero essere introdotte delle "eccezioni specifiche per ragioni di sicurezza pubblica". In Svizzera l’entrata in vigore della nuova legge è prevista per il 2006.

In Europa, i paesi che attualmente hanno già dei disturbatori in funzione nelle carceri sono la Francia, l’Inghilterra e il Lussemburgo. "Da noi sono in corso dei test in tre penitenziari", racconta Véronique Gigon. "La fase pilota termina alla fine di luglio. Analizzeremo i risultati con i rappresentanti delle prigioni e dei fornitori di servizi di telefonia mobile. Si tratta di stabilire l’efficacia dei perturbatori all’interno delle prigioni e di verificare quali sono gli effetti all’esterno".

Anche se i perturbatori di frequenza sono già in uso all’estero, la loro efficacia va valutata caso per caso. "Abbiamo constatato un certo numero di problemi tecnici legati al tipo di perturbatore, ma anche al tipo di prigione. È difficile applicare la stessa soluzione ad un edificio vecchio e a uno in cemento, a un penitenziario di città e a uno di campagna".

Quella dei perturbatori sembra comunque l’unica via percorribile. "Abbiamo preso in considerazione anche altre soluzioni", conclude Véronique Gigon, "ma si sono rivelate difficili da mettere in pratica o inefficaci".

I sistemi che individuano i cellulari quando questi emettono dei segnali non riescono a impedire ai detenuti di comunicare con l’esterno. "Prima che la guardia individui e arrivi alla cella da dove è partito il segnale, il cellulare viene fatto sparire, gettato dalla finestra, messo all’interno del corpo...".

Giustizia: modificata la "salva-Previti", ora tornerà alla Camera

 

Provincia di Sondrio, 14 luglio 2005

 

Rinviata a oggi, su stessa richiesta di Forza Italia, la votazione al Senato sulla "ex Cirielli", la cosiddetta legge "salva-Previti". "Non vi illudete... Non credo che si tratti di un atto di buon gusto legislativo o di lealtà istituzionale, perché i precedenti sono tutti di segno contrario. Credo invece che abbiano capito che l’ex-Cirielli sia uno strumento ormai consumato e impresentabile e quindi ci riproveranno con qualcosa di più "vergine"" ha subito commentato il responsabile Giustizia della Margherita, Giuseppe Fanfani. "Sono anche convinto - aggiunge - che ha ragione l’ex ministro Mancuso quando sostiene che Berlusconi non possa dire di "no" a Previti". Della stessa opinione è il vicepresidente dei senatori della Margherita Roberto Manzione: "Infatti il rinvio non è una resipiscenza operosa nell’eliminare una norma dannosa, ma semplicemente un escamotage per rallentare l’approvazione di una normativa palesemente incostituzionale.

La maggioranza era perfettamente consapevole che i vizi della Cirielli avrebbero potuto determinare un nuovo messaggio di Ciampi alle Camere che, fatto contestualmente all’approvazione della riforma dell’ordinamento giudiziario, avrebbe offuscato la valenza politica di quest’ultimo". Insomma, una volta modificata la ex Cirielli dovrà tornare alla Camera ma il sottosegretario Luigi Vitali si affretta a lanciare un appello alla maggioranza: "Se il voto che ha soppresso il primo articolo doveva dimostrare che questa legge non è blindata, ben venga. Ma vorrei chiamare i senatori - ammonisce l’esponente forzista - a non fare un assalto alla diligenza, ma a fare modifiche che rispettino l’impianto complessivo della legge". Quanto alla norma soppressa, quella sull’attenuante ex lege per chi ha oltre 70 anni, Vitali ricorda che alla Camera è stata votata anche da Luciano Violante: "Non credo - chiosa - che lo si possa definire un "agricoltore del diritto", per usare una espressione che ho sentito qui dentro".

Sicurezza: Lega e An vogliono misure più incisive

 

Gazzetta del Sud, 14 luglio 2005

 

"Per quanto riguarda la giustizia, non ci fermeremo alle proposte avanzate dal ministro Pisanu. Puntiamo a un ventaglio più ampio: convocherò i saggi della CdL. E non escludo di sottoporre le misure anche all’opposizione". Deciso a non mollare di un millimetro, il ministro Castelli sbarca a Bruxelles facendo sapere al titolare del Viminale che lo sgarbo della mancata consultazione sul pacchetto sicurezza presentato in Parlamento resta ed è destinato a pesare sulle norme antiterrorismo. L’uno-due del guardasigilli che boccia nel merito e nel metodo - al contrario del titolare dell’Interno, infatti, non parla di "pieno coinvolgimento" dell’opposizione - s’infrange contro la volontà del collega di stemperare il clima: "Castelli sa benissimo che il lavoro vero e proprio è ancora tutto da fare. Martedì sera i nostri capi gabinetto si sono sentiti e penso che in questo momento stiano lavorando insieme". Il giro di vite, intanto, s’osserva anche a Gallarate: chiusa la moschea "per motivi di carattere igienico-sanitario". Protesta dei musulmani: "È un centro frequentato solo il venerdì, per la preghiera, così si colpiscono i musulmani onesti". E nel giorno in cui si svolge in tutt’Italia l’"operazione prevenzione" (201 perquisizioni, 174 fermati) Pisanu usa toni cauti: consapevole, peraltro, che la decisione della Francia di ripristinare i controlli alle frontiere e il nervosismo del mondo politico costituiscono un ostacolo non del tutto previsto. Nel frattempo arriva uno stillicidio di dichiarazioni dalla Lega, decisa a cavalcare le paure degli italiani di fronte al terrorismo che bussa alle porte di casa: la ricetta del Viminale viene definita una "minestra riscaldata" (Vascon), "pannicelli caldi" (Calderoli), assolutamente in linea con il quotidiano del partito - la Padania - che l’etichettava come "un pacco". Toccherà a Berlusconi mediare, anche se pare difficile che stavolta darà una sponda al Carroccio visto che ieri ha messo in atto la strategia dell’attenzione all’Islam moderato cara al Viminale, incontrando l’emiro del Qatar, al Thani, a Palazzo Chigi con il quale ha espresso e "ferma condanna" del terrorismo, la convinzione che "serve collaborazione internazionale". Peraltro: è la linea che da giorni il capo dello Stato predica e rilancia nelle ore in cui la Lega alza la voce.

"È indispensabile operare con unitarietà di intenti nella prevenzione, nella repressione, nella rimozione delle cause profonde che alimentano la minaccia terrorista", dice a sua volta all’emiro del Qatar. Non ha dubbi, Ciampi: il confronto tra culture e civiltà "è indispensabile per radicare la consapevolezza dei valori comuni". Approccio antitetico quello del Carroccio che – con Castelli – ripete: "Credo che oggi gli ambienti islamici, anche moderati, costituiscono l’acqua in cui nuotano quei pesci fondamentalisti".

Né cadono nel vuoto le affermazioni rilasciate di primo mattino, quando afferma che "i terroristi potrebbero essere tentati di colpire l’Italia per incassare un risultato politico come avvenne in Spagna prima delle elezioni, magari tra febbraio e marzo". Taglia corto il ministro degli Esteri, Fini: "Non ho altri elementi se non quelli espressi da Pisanu alla Camera. L’Italia è tra i potenziali obiettivi del terrorismo". Corregge il tiro, il leader di An: il suo partito non esclude la linea del coinvolgimento dell’opposizione seguita da Pisanu ma sostiene la necessità di provvedimenti più incisivi. Malgrado qualche sferzata ("lo scontro fra i ministri conferma l’inaffidabilità della maggioranza", sottolinea il verde Cento) fervono i contatti fra maggioranza e opposizione, con Margherita e Ds pronti al confronto.

Sicurezza: Giovanardi; le proposte del governo le vara Cdm

 

Apcom, 14 luglio 2005

 

"Sarà il consiglio dei Ministri che valuterà e presenterà al Parlamento le proposte del Governo in quanto tale". Lo dice il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, durante la registrazione della puntata di "Primo Piano" che andrà in onda questa sera su Rai 3, quando gli viene chiesto cosa pensi della possibilità che il ministro della Giustizia Roberto Castelli possa presentare ulteriori misure contro il terrorismo, oltre a quelle che saranno messe a punto dal ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu. Quando gli viene chiesto cosa pensi della sortita della Lega, Giovanardi risponde: "Non c’è stata nessuna uscita, si tratta di riflettere sugli strumenti più efficaci da adottare".

Sicurezza: la Francia sospende gli accordi di Schengen

 

Ansa, 14 luglio 2005

 

Il Paese ha deciso di sospendere le disposizioni del Trattato di Schengen che facilitano la circolazione di persone e merci tra le nazioni che aderiscono all’Unione Europea. La Francia ha deciso di sospendere le disposizioni del Trattato di Schengen che facilitano la circolazione di persone e merci tra i Paesi dell’Unione Europea. La decisione è stata presa e annunciata per la Francia dal ministro degli Interni Nicholas Sarkozy, al vertice straordinario dei Ministri degli Interni e della Giustizia europei, in corso a Bruxelles. In un primo tempo si era anche diffusa la notizia che pure l’Olanda aveva preciso una identica decisione. Invece, al Consiglio di Giustizia Ue, che riunisce i ministri degli Interni dei 25 paesi dell’Unione, è stato smentito che l’Olanda abbia sospeso gli accordi di Schengen. L’unica cosa che è avvenuta, ha spiegato il coordinatore per la lotta al terrorismo dell’Ue, l’olandese Gijs de Vries, è il rafforzamento dei controlli all’aeroporto internazionale di Amsterdam.

Sicurezza: l’Italia non sospenderà gli accordi di Schengen

 

Ansa, 14 luglio 2005

 

 

Così il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu ha chiarito la posizione del nostro governo, dopo che la Francia ha deciso di bloccare l’efficacia degli accordi sulla liberalizzazione dei controlli alle frontiere, che permettono la circolazione delle persone e delle merci tra i Paesei aderenti all’Unione europea. "In Italia no". Così il ministro dell’ Interno Giuseppe Pisanu ha risposto alla domanda se c’è in programma una sospensione degli accordi di Schengen sulla liberalizzazione dei controlli alle frontiere, in conseguenza degli ultimi attacchi terroristici.

Alla domanda se questo potrà avvenire in Francia, Pisanu ha risposto: "Se la decideranno è nella loro autonoma facoltà e se lo faranno ovviamente noi asseconderemo questa decisione per la parte che ci compete. Credo - ha aggiunto il ministro - che se i francesi lo decidono abbiano le loro buone ragioni e le rispetto. In Italia non è necessario, ma i controlli alle vecchie frontiere li rafforzeremo senz’altro". Pisanu ha parlato brevemente con i giornalisti al suo arrivo al palazzo Justus Lipsius per la riunione dei ministri europei degli interni e della giustizia, dedicata alle misure da prendere contro il terrorismo. Il ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu, ha ribadito di "rispettare" la decisione della Francia di sospendere temporaneamente la soppressione dei controlli alle frontiere in base agli accordi di Schengen escludendo però che l’Italia possa fare lo stesso.

Nella conferenza stampa a margine del Consiglio straordinario dei ministri degli Interni e della Giustizia a Bruxelles, Pisanu ha osservato che quella francese "è una decisione sicuramente presa a ragion veduta e per la parte che ci compete noi la asseconderemo".

"Altri paesi hanno preso decisioni diverse - ha sottolineato il ministro - noi per esempio abbiamo deciso di rafforzare i controlli sulle vecchie zone di frontiera con l’Austria e con la Slovenia, mentre quella con la Francia, ovviamente, verrà controllata nelle forme che la sospensione di Schengen impone". Pisanu ha anche indicato che "noi abbiamo già con la Francia dei controlli molto intensi sulle vecchie linee di frontiera e un accordo bilaterale in virtù del quale le nostre polizie si possono spingere venti chilometri più in là del confine e facciamo insieme controllo del territorio. Queste forme di controllo sono abbastanza agevole e via via si stanno affinando con reciproca soddisfazione".

Giustizia: Follini; rammarico per l'iniziativa del Csm

 

Agi, 14 luglio 2005

 

"Il rispetto delle istituzioni e delle sfere di competenza di ciascun organo e potere dello Stato è un punto fermo nel nostro partito. Proprio per questo, esprimiamo il nostro rammarico per l’iniziativa del Csm di pronunciarsi domani su alcune parti del progetto di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario, già votato al Senato ed ora all’esame della Camera. Confermo il pieno rispetto per il Consiglio superiore della magistratura, ma non credo sia un’eresia pretendere dal Csm lo stesso rispetto per l’autonomia e la sovranità del Parlamento". Lo dichiara il leader dell’Udc, Marco Follini.

Pescara: abusi in comunità, minori legati al letto e violentati

 

Il Manifesto, 14 luglio 2005

 

Vagavano per le strade di Rosciano, minuscolo centro della provincia di Pescara, quando sono incappati in una pattuglia dei carabinieri. Gli adolescenti, di Roma e Cosenza, sono stati fermati. "Siamo scappati dalla comunità - era stato il loro racconto -. Non ci fate tornare lì, ci maltrattano. Lo fanno con tutti, non solo con noi". È cominciata così, un paio di mesi fa. Con due minorenni fuggiti dal centro di rieducazione e bloccati per caso dai militari a cui hanno supplicato, piangendo, di non farli tornare "nel postaccio". In quella casa delle streghe che li accoglieva, dove negli ultimi tempi si è concentrata l’attenzione di tre procure della repubblica (Chieti, Pescara e L’Aquila) e dei carabinieri della compagnia di Penne e della stazione di Rosciano. Il presidente dell’istituto, Dominique Quattrocchi, e diciotto tra operatori e dirigenti della struttura riabilitativa della cooperativa Cearpes con sede a Sambuceto di San Giovanni Teatino (Chieti), sono stati denunciati con accuse pesantissime: sequestro, maltrattamenti su minorenni e lesioni personali aggravate. I ragazzi - i "ragazzi difficili" come vengono definiti - in base agli accertamenti effettuati e alle testimonianze raccolte, venivano segregati, immobilizzati e resi innocui con adesivi da imballaggio. Sarebbero inoltre stati imbottiti di psicofarmaci "per non arrecare disturbo" e, per i più irrequieti, c’era il letto di contenzione dove venivano legati con cinghie particolari, di quelle in uso nelle cliniche per gravi malati psichiatrici.

Nel centro, di notte, si sarebbero consumati anche abusi sessuali di cui gli operatori erano a conoscenza, ma dei quali non si sarebbero mai interessati. Gli "ospiti", alla presenza di consulenti e psicologi, hanno confermato i soprusi e le umiliazioni, riferendo particolari agghiaccianti ed evidenziando che "certe pratiche erano diffuse e di uso corrente". I giovanissimi che hanno fatto scattare i controlli e le perquisizioni, eseguite a più riprese, sono stati immediatamente allontanati dall’istituto per decisione del sostituto della procura minorile di L’Aquila, Antonietta Picardi. Gli altri ventiquattro ragazzi rimasti nella coop. sono stati portati via ieri mattina su decreto firmato dal presidente del Tribunale per i minorenni, Giovanni Manera. Per gli inquirenti "l’inchiesta è ben lontana dalla sua conclusione".

"Gli sviluppi giudiziari delle ultime ore nei confronti della cooperativa Cearpes - commenta Franco Leone, segretario generale Cgil Abruzzo - aprono uno squarcio inquietante su una vicenda triste almeno quanto il comportamento omissivo delle autorità politiche e sanitarie alle quali il sindacato, in tempi non sospetti, si era rivolto per segnalare irregolarità e gravi inadempienze. I cittadini e i lavoratori - prosegue - pretendono dalle istituzioni rigore e solerzia nel prevenire e contrastare i più macroscopici illeciti e abusi nella gestione dei servizi di primaria importanza. Qui ci sono ipotesi di reato pesantissime e odiose".

"Non si può - è invece il commento del presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori, Antonio Marziale - non essere pervasi da incontenibili impulsi di rabbia nell’apprendere che un luogo di recupero sia stato mostruosamente convertito in una sorta di macabro set da film dell’orrore. Non si può rimanere insensibili davanti ad un simile raccapriccio. Il solerte lavoro di verifica - aggiunge - sia tradotto in azione giudicante che non ammetta attenuanti di sorta e, ad accertamento dei fatti, commini pene severissime. Per loro nessuna pietà, così come non ne hanno avuta nei confronti di creature già disgraziatamente sfortunate".

Sulmona: largo ai detenuti nelle industrie abruzzesi

 

Il Messaggero, 14 luglio 2005

 

Non più "carcere dei suicidi" ma laboratorio di un’inedita collaborazione tra imprenditori, struttura penitenziaria e detenuti intorno a concreti progetti produttivi. Lo ha anticipato ieri il direttore del carcere, Giacinto Siciliano: "In questo modo - ha spiegato - daremo loro la possibilità di lavorare e produrre economia. Attraverso un’adeguata preparazione dovranno dimostrare di essere pronti per tornare in società dopo aver espiato la pena". Gli imprenditori potrebbero avviare già da oggi la produzione di calzature e abbigliamento in virtù dei due laboratori presenti nel carcere: gli industriali sono particolarmente interessati all’iniziativa potendo contare su sgravi fiscali e finanziamenti, oltre all’abbassamento del costo della manodopera.

Padova: quando il carcere diventa anche aula di studio

 

Il Gazzettino, 14 luglio 2005

 

Trasferito per ragioni di studio. Potrebbe capitare ad un detenuto ospitato in una delle case di reclusione venete. Un protocollo d’intesa sottoscritto di recente a Padova dal provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria del Triveneto Felice Bocchino e dal direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale del Veneto Carmela Palumbo prevede il potenziamento dell’attività di alfabetizzazione nelle carceri, vale a dire non solo percorsi formativi di scuola elementare e media, già presenti ovunque, ma anche istituti superiori.

Sull’esempio di Padova e Treviso che hanno aperto dietro le sbarre sezioni tecniche, di Verona dove è operativo l’istituto alberghiero, di Venezia che presto ospiterà il professionale, tutti gli istituti di pena si doteranno di un qualche indirizzo di scuola superiore. Di qui dunque la possibilità, concessa ai detenuti, di scegliere la sede carceraria a loro più confacente, in base alla formazione culturale che in essa è svolta.

A suo modo è una rivoluzione che non ha pari in Italia e che si accompagna, come recita l’accordo, alla realizzazione di corsi di formazione integrata tra il personale degli istituti penitenziari - agenti, educatori, psicologi - e gli insegnanti che tengono lezione "dentro". A "Carcere e scuola" l’Ufficio scolastico del Veneto, il Centro servizi amministrativi di Padova e l’Amministrazione penitenziaria del Triveneto hanno dedicato tempo addietro un seminario di approfondimento, coordinato dal professor Paolo Damberger.

"L’accordo siglato dai due diversi enti ha un obiettivo comune: la tutela della persona che continua ad essere tale ovunque si trovi, sia in libertà sia in detenzione e questo - sottolinea Pierantonio Bertoli, dirigente tecnico del Miur - lo dice la nostra coscienza prima della Costituzione e dell’ordinamento carcerario". Perché insegnare in carcere significa, come evidenzia il professor Edoardo Albinati, da undici anni docente a Rebibbia, "riscattare il tempo del carcere, promuovendo la facoltà di astrazione che è la più alta chance di libertà e di comunità con gli altri offerta a un individuo". Durante il seminario è stato presentato il "Vademecum scuola carcere" recante informazioni utili sia per gli agenti penitenziari sia per il personale della scuola che si trovi ad entrare in uno dei dieci istituti di pena del Veneto (7 case circondariali, 2 case di reclusione e un istituto penale minorile) dove la presenza di detenuti è di gran lunga superiore alla capienza prevista (in alcuni casi si sfiora il doppio o addirittura il triplo), eccezion fatta della Giudecca dove, al 31 marzo scorso, c’erano 21 posti liberi.

Giustizia: Sappe; la legge Meduri regala privilegi a un’elite

 

Ansa, 14 luglio 2005

 

La legge Meduri di riforma dell’ordinamento della dirigenza penitenziaria è "ingiusta e ingiustificata", in quanto "regala privilegi" economici e di carriera ad una "piccola minoranza", una parte di una categoria di dirigenti del comparto ministeri, "che si troveranno ad essere equiparati alla carriera prefettizia e diplomatica, sottraendosi ad ogni forma di contrattazione collettiva". Così la segreteria generale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe), commenta il disegno di legge approvato ieri al Senato e proclama lo stato di agitazione.

Ammontano, secondo quanto riferisce il Sappe in una nota, a 500 i funzionari destinatari degli "ingiustificati privilegi" della nuova normativa, mentre sono circa 60 mila complessivamente gli operatori del settore penitenziario. Il sindacato mette sotto accusa il Governo e i vertici del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), che hanno "prestato più attenzione alle elite che non indistintamente a tutte le categorie", dimenticando una situazione carceraria "sull’orlo del collasso" e caratterizzata, tra l’altro, da 600 agenti ausiliari di polizia penitenziaria che a fine anno saranno licenziati, da carceri sovraffollate e fatiscenti, e da carriere del personale di polizia "statiche" e "mortificanti".

Amnistia: plausi dal centrosinistra alla proposta di Pecorella

 

Vita, 14 luglio 2005

 

A dire sì alla proposta, Paolo Cento, vicepresidente della commissione Giustizia della Camera "ma dica se il centro destra la sostiene. "Sì alla proposta Pecorella, ma non accetteremo l’ennesimo giochetto sulla pelle dei detenuti e i loro familiari". Paolo Cento, vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, è d’accordo a riprendere l’esame in sede referente già dalla prossima settimana delle proposte di legge su amnistia e indulto.

"I Verdi - sottolinea - sono favorevoli ad un provvedimento che intervenga contro l’emergenza carceraria e riduca i processi pendenti che non sono di allarme sociale: anzi è la premessa per una riforma radicale della giustizia nel nostro paese. A questo punto, però - conclude Cento - il centrodestra dica con chiarezza se supera le proprie pregiudiziali ed è disponibile a lavorare per approvare finalmente una legge in tempi rapidi".

 

 

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