Un tatuaggio contro la droga in carcere
Domani un convegno sulla prevenzione
il
34% dei detenuti ha problemi di tossicodipendenza
Il Gazzettino, 1 dicembre 2005
Favorire i comportamenti che possano limitare la trasmissione di malattie all'interno delle carceri. Sarà questo il tema principale del convegno La prevenzione secondaria in carcere: dai comportamenti a rischio alla promozione della salute che si terrà a Mestre domani, con inizio ore 8.45, al Ceis Don Lorenzo Milani. «Dal 1997 ci occupiamo di tossicodipendenti che, fuori dal carcere, sono senza le giuste motivazioni per uscire dal tunnel della droga - spiega Marino Costantini responsabile del servizio adulti dall'assessorato alle politiche sociali del Comune - Cerchiamo così di valorizzare le loro competenze per evitare che nuocciano a loro stessi e agli altri». Tra le 400 persone che ogni anno vengono seguite dal servizio, desta preoccupazione l'aumento dei giovanissimi tra i 14 ed i 25 anni. La necessità di dialogare anche in carcere con chi ha problemi di droga ha dato luce al progetto Questione di pelle, curato dall'attività "Riduzione del danno" dell'assessorato alle politiche sociali del Comune. In Veneto il 34\% della popolazione carceraria ha problemi legati alla dipendenza dalle droghe, una percentuale che risulta maggiore di quella nazionale attestata attorno al 30\%. Nel carcere veneziano di Santa Maria Maggiore, il progetto si è sviluppato attraverso laboratori di tatuaggio con i detenuti. «Quella dei tatuaggi è una pratica proibita ma molto diffusa - spiega Alberto Favaretto responsabile dell'attività "Riduzione del danno" - I metodi artigianali e le precarie condizioni igieniche con cui sono realizzati possono comportare rischi per la salute. Tuttavia, i laboratori sui tatuaggi sono stati il mezzo attraverso cui dialogare con i detenuti e far loro prendere coscienza dei pericoli legati ad altri comportamenti a rischio, in particolare della sfera sessuale».Da un'indagine effettuata nelle carceri del Veneto è emerso, infatti, che la percezione di tali rischi risulti ancora bassa. Per questo motivo, nell'ambito del progetto Questione di pelle, sono stati realizzati una guida per i detenuti ed un video destinato agli operatori socio-sanitari per offrire informazioni corrette sulla prevenzione dei comportamenti a rischio. Questi due strumenti innovativi saranno presentati ufficialmente al convegno.G.M.
Lucca: detenuto trovato morto in carcere, forse causa overdose eroina
Adnkronos, 1 dicembre 2005
Lucca. Un detenuto e' stato trovato morto la notte scorsa nel carcere di San Giorgio di Lucca. La vittima, Emanuele Lucchesi, 33 anni, era reclusa dal 3 novembre scorso per reati di droga. Secondo gli inquirenti ad ucciderlo potrebbe essere stata proprio un'overdose di eroina. Sara' l'autopsia, fissata per domani a chiarire le cause della sua morte.
Emergenza sicurezza: La violenza sessuale sia equiparata all'omicidio volontario
La Lega presenta una proposta di legge per chiedere un giro di vite.
L'ennesimo episodio a Trezzano sul Naviglio dove una donna è stata aggredita da un conoscente marocchino.
Un altro stupro, ma il violentatore è già in carcere
La Provincia di Lecco, 1 dicembre 2005
MILANO. «Non si può continuare a considerare la violenza sessuale un reato contro la morale. È un reato contro la persona che di fatto comporta un'uccisione psicologica della vittima. E come tale a nostro avviso deve essere trattato. Per questo chiediamo di equiparare il reato di violenza sessuale all'omicidio volontario». Con queste parole la responsabile Giustizia della Lega Nord Carolina Lussana ha illustrato ieri la proposta di legge del carroccio che, oltre all'equiparazione del reato di violenza sessuale con l'omicidio volontario, prevede che nei confronti dell'accusato, che sia già stato condannato in precedenza anche con sentenza non ancora passata in giudicato, si possa predisporre l'allontanamento dalla residenza della vittima. E, nel caso in cui questa disposizione non venga rispettata, possa scattare l'arresto dai due ai cinque anni. Oltre all'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. Nel testo si prevede anche che, in caso di minacce, si possa disporre l'arresto facoltativo nei confronti del sospettato. «Comunque - ha concluso la responsabile Giustizia della Lega - abbiamo presentato questa nuova proposta di legge che speriamo possa essere approvata in questa legislatura e in tempi rapidi visto la gravità dei fatti di cronaca e visto anche i dati allarmanti che ci arrivano come quello secondo il quale le violenze nei confronti delle donne sono tra le prime cause di mortalità, ancora prima di incidenti e malattie». E anche ieri si è avuta notizia di un'altra donna stuprata, un altro immigrato in carcere. È accaduto nel Milanese e l'episodio, che risale ad alcuni giorni fa, va ad aggiungersi ai numerosi che hanno contraddistinto quest'ultimo periodo, in varie parti d'Italia e che hanno destato un notevole allarme sociale, anche perché sono avvenute in pieno giorno. In questo caso vittima della violenza, verificatasi a Trezzano sul Naviglio, hinterland di Milano, è stata una donna italiana di 38 anni, sposata con un senegalese e madre di due figli. Il suo presunto aggressore, un marocchino di 25 anni, senza fissa dimora, è stato arrestato dai carabinieri di Corsico. Probabilmente la donna conosceva il suo aggressore, che pare sia stato in pessimi rapporti con il marito di lei (anche se l'ipotesi di un episodio di vendetta sembra trovare scarso credito). Al di là di ciò, su cui gli investigatori stanno compiendo accertamenti, la dinamica della violenza è abbastanza chiara. La donna, che aveva perso il treno per Milano, stava percorrendo una stradina nei pressi della stazione ferroviaria di Trezzano sul Naviglio quando ha visto passare il marocchino in auto. Questi le ha offerto un passaggio e lei ha accettato senza sospettare ciò a cui andava incontro. Invece di portarla a Milano, l'immigrato l'ha condotta in un palazzo semidiroccato e, minacciandola con un coccio di bottiglia, l'ha costretta ad un rapporto sessuale. Poi se n'è andato, non prima di averla minacciata: «Se mi denunci ti sciolgo nell'acido». Minacce che ha esteso anche ai suoi familiari. La donna è stata soccorsa per strada da una pattuglia dei carabinieri, la cui attenzione era stata attirata dagli abiti in parte strappati. Lei, inizialmente, ha detto di essere stata semplicemente aggredita ma il sospetto che fosse rimasta vittima di uno stupro ha indotto a ulteriori accertamenti alla clinica Mangiagalli di Milano. Sono emerse tracce della violenza sessuale subita e, a quel punto, la donna ha raccontato quanto era realmente accaduto. In breve i carabinieri sono riusciti a risalire al presunto responsabile, individuandolo proprio a Trezzano. Lo hanno arrestato mentre spacciava hascisc in strada. Una volta in carcere per il reato riguardante gli stupefacenti, il marocchino è stato raggiunto anche dal provvedimento riguardante la violenza sessuale.
Sofri, grazia già prima di Natale.
Castelli: «Ma Bossi non c'entra»
Il Guardasigilli si dice disponibile, ma nega interessamenti del «senatur»
Già al lavoro gli uffici del ministero per trasmettere il fascicolo a Ciampi
La Provincia di Como, 1 dicembre 2005
PISA. Sarà presa «molto prima di Natale» dal ministro della Giustizia Roberto Castelli la decisione sulla grazia ad Adriano Sofri. Ieri è stato lo stesso ministro a renderlo noto, a margine di un'audizione alla Camera. «Premesso che per me Sofri è un detenuto come tutti gli altri - ha sottolineato - sto riesaminando tutta la questione. Nei confronti di Sofri non voglio essere persecutorio né avere atteggiamenti di favore». Castelli ha invece definito «totalmente infondata» l'ipotesi di un presunto interessamento del leader della Lega Nord Umberto Bossi alla riapertura del fascicolo sulla grazia all'ex leader di Lotta Continua. E - da quanto si è appreso - gli uffici del Ministero della Giustizia sono già al lavoro sull'ipotesi della grazia, in una situazione atipica: Sofri in questo momento è libero dopo il differimento della pena; egli non ha mai chiesto un provvedimento di clemenza; ed, infine, vi è il doppio no alla grazia scritto a suo tempo dai magistrati chiamati ad esprimere un parere sul caso. Intanto, a Pisa, ieri per la prima volta si è parlato di un lieve miglioramento delle condizioni di Adriano Sofri anche se «il paziente è sempre in prognosi riservata». La novità è che l'ex leader di Lotta Continua ha superato il primo test effettuato sull'esofago dopo l'intervento di sabato scorso. È stato il professor Mauro Rossi, lo specialista che lo ha operato, ad inserire ieri mattina un liquido di contrasto «che non è fuoriuscito» come ha spiegato il figlio Nicola. In pratica hanno retto i punti di sutura con cui i medici hanno sistemato il terzo dell'esofago lacerato dalla sindrome di Boerhaave. «È certamente un buon segno» ha aggiunto Nicola e con il fratello Luca e Randi, la compagna di Sofri, non lascia l'ospedale Santa Chiara se non per brevi periodi durante queste giornate di attesa. Sempre lui ha confermato che i medici non hanno ancora iniziato le operazioni per la desedazione «che comunque dovrà essere lenta e graduale». Contemporaneamente i medici del reparto di anestesia e di rianimazione diretto dal professor Giuseppe De Iaco, dovrebbero cominciare a valutare anche l'autonomia respiratoria di Sofri, ancora attaccato alle macchine per la ventilazione. I sanitari del Santa Chiara continuano a parlare solo con il bollettino del mattino, ma sembra smentita qualsiasi ipotesi di un nuovo intervento a breve per Sofri. Nonostante i «lievi segni di miglioramento» tutti continuano a predicare cautela sia per i rischi di infezione possibili in questo tipo di intervento, sia per gli eventuali problemi respiratori che potrebbero sorgere. «Lunedì - ha confermato ancora Nicola - c'erano dei parametri respiratori che avevano superato la soglia di attenzione, poi tutto è rientrato nella norma». I familiari preferiscono non parlare delle ipotesi di grazia e del dibattito che, comunque, queste ipotesi stanno suscitando: «Ora ci interessano solo le condizioni di salute di mio padre», spiega Nicola che proprio ieri è stato al carcere Don Bosco, dove Sofri stava scontando i 22 anni di pena per l'omicidio del commissario Calabresi, a prendere le «ultime cose» dopo la sospensione della pena decisa lunedì.
Napoli: Detenuti-restauratori per le pedamentine
Il Mattino, 1 dicembre 2005
FABIO JOUAKIM. Riportare alla bellezza originaria, grazie al restauro e a una accurata pulizia, alcuni tra i luoghi più suggestivi della città. Sistemare panchine, apporre targhe di riferimento per i turisti, che spesso apprezzano le bellezze di Napoli più di noi stessi. Gli obiettivi individuati per il restyling sono le
«pedamentine», tesoro da troppo tempo abbandonato. Ma l’operazione ha anche un significato solidale: a restituire il meritato lustro agli antichi assi urbani, saranno infatti i detenuti che usufruiscono di misure alternative alla pena. Il progetto è ormai esecutivo: dovrebbe partire tra circa due mesi, una volta definito il numero dei detenuti da impiegare (potrebbero essere dieci per ogni progetto, anche per questioni di sicurezza), il tipo di mansioni che dovranno svolgere, l’impiego del personale di sorveglianza. Un’azione dal doppio effetto, il recupero alla collettività di un doppio patrimonio: quello delle pedamentine e quello dei detenuti riabilitati. L’idea nasce da due spinte che andavano nella stessa direzione: un progetto sulle pedamentine della Seconda Università (nato nel dipartimento di cultura del progetto di Architettura con i professori Carmine
Gambardella, Sabina Martusciello e Giuseppe Klain) e la volontà del Tribunale di sorveglianza, che ha chiesto la collaborazione della Provincia per elaborare un progetto, che potesse avvalersi di detenuti che usufruiscono di misure alternative alla pena. Il partenariato ha già visto incontrarsi i numerosi protagonisti, riuniti dall’assessore provinciale Giuliana Di Fiore: il Comune di Napoli (l’assessore Ferdinando Di Mezza e i consiglieri Mario Delfino e Giampaolo De Rosa), il presidente del Tribunale di sorveglianza Angelica Di Giovanni, il direttore dell’ufficio esecuzione penale Dolorosa
Franzese, il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Tommaso Contestabile, il direttore del carcere di Secondigliano, Laura Passeretti e quello del carcere di Poggioreale, Salvatore
Acerra. Il censimento svolto dalla Sun - oggi divenuto un dvd e disponibile anche in Internet - prende le mosse da una tesi di laurea di Anna Liliana Mazzitelli sull’analisi di alcune pedamentine napoletane in tre zone: San Martino (salita
Petraio, via Pedamentina di San Martino, calata San Francesco, salita
Cacciottoli, salita Sant’Antonio ai Monti), Posillipo (via del Fosso, via
Ricciardi, discesa Villanova, discesa Gaiola) e centro storico (Pendino di Santa Barbara,
Moiariello, calata S.S.Cosma e Damiano). Lo studio, concluso all’inizio del 2005, ricostruisce con fotografie e cartografie la storia delle
pedamentine, controllandone anche lo stato di degrado - comprese le opere abusive - ed elabora le possibilità di recupero architettonico e urbanistico e l’eventuale destinazione. «Quando l’amministrazione penitenziaria ci ha contattato - spiega Giuliana di Fiore - mi venne subito in mente quello studio sulle
pedamentine, un progetto che però stentava a decollare. Da lì siamo ripartiti». L’intenzione, spiega Di Fiore, «è cominciare dal
Moiariello, anche come scelta simbolica: restituire una zona bellissima a un quartiere considerato difficile». Ridare vita a importanti assi culturali e turistici, far comprendere agli operatori quanto si possa investire nel rispetto dell’ambiente. Inoltre il progetto potrà far assumere importanti competenze, in tema di restauro, ai detenuti riabilitati. «L’Università - spiega Gambardella - si candida a scegliere i target, a formare le maestranze e a ”dirigere” i lavori. Ora siamo alla fase del monitoraggio e della preselezione nell’istituto di Secondigliano. Se si comincia presto e si forniscono sicurezze, noi siamo disposti a recitare il proprio ruolo. Sperando che le competenze trasmesse vengano impiegate anche in futuro».
E per l’ex Cirielli scatta l’allarme: mancano i soldi
Il Mattino, 1 dicembre 2005
Roma. Castelli chiede più soldi per le carceri, Vietti dice no. Si è consumata ieri nella sala degli Arazzi della Rai un’altra puntata della storia di insofferenza reciproca che li ha divisi fin da subito. Fin da quando erano entrambi al dicastero della Giustizia, l’uno - Roberto Castelli - nelle vesti di ministro, vesti che conserva tutt’ora; l’altro - Michele Vietti - nelle vesti di sottosegretario, ora passato all’Economia. E così ieri c’è chi ha visto in quell’indiretto botta e risposta sull’emergenza-carceri una sorta di rivincita del sottosegretario centrista nei confronti del ministro. Castelli ha lanciato l’allarme fin da martedì, da quando il Senato ha dato il via libera definitivo alla ex Cirielli, che taglia i tempi per la prescrizione del reato ma al contempo prevede pene molto più severe per i recidivi. «Una stima prudenziale sugli effetti a medio termine della legge dimostra che potrebbero essere alcune migliaia di detenuti in più che andranno ad affollare le carceri. Sono mesi che sto chiedendo risorse finanziarie senza ottenere risultati: se continua così non mi assumo responsabilità per quanto potrà accadere», torna a ripetere il ministro. Parole pesanti, che lasciano presagire mesi grevi di tensione in istituti penitenziari già affollati, se accadrà - come cita Antigone - che «in un anno la norma sulla recidiva porterà a un aumento di 20mila detenuti rispetto ai 60mila oggi presenti». Il sottosegretario all’Economia Michele Vietti usa toni soft, ma il contenuto è crudo: «Servono risorse ma la legge finanziaria è una legge di tagli e sacrifici e, purtroppo, di questo fanno le spese anche le politiche giudiziarie e l’edilizia penitenziaria. Mi auguro che dalla prossima manovra economica, nella prossima legislatura, la sensibilità di tutte le forze politiche sia attenta a questo tema». Con Castelli concorda sulla vetustà degli edifici carcerari, tanto vecchi «che non si possono ristrutturare ma vanno costruiti ex novo». L’opposizione legge nell’allarme di Castelli l’ammissione «dell’incapacità di gestire il sistema giustizia». Giuseppe
Fanfani, Dl, è pungente: «Sulle carceri il ministro non ha mai avuto un pensiero organico, anzi arrivò addirittura a dire che erano alberghi a cinque stelle». Rifondazione comunista, con Giovanni Russo
Spena, rilancia il tema dell’amnistia e dell’indulto e accusa il ministro di non aver dato ascolto alle parole dell’Unione: «Per mesi abbiamo sostenuto che la ex Cirielli avrebbe aumentato il numero dei detenuti, ma la Cdl ha sempre negato». «È uno scandalo fare le leggi senza prevedere le risorse», aggiunge Oliviero
Diliberto, Pdci; «Il ministro ha sempre ignorato la questione, del resto l’irresponsabilità ha dominato tutte le politiche perseguite da questo governo in materia di giustizia», dice Massimo Brutti,
Ds. Francesco Rutelli, Dl, liquida la legge come «una vera schifezza». Preoccupazione anche tra i magistrati. Ciro
Riviezzo, presidente dell’Anm, ricorre all’analogia e l’immagine che ne risulta è agghiacciante: «I processi saranno ingestibili. E come se nella sanità per ridurre le spese di ricovero, si uccidesse una parte dei degenti». Carlo Nordio, pm veneziano, ne ha per entrambi i poli: «La ex Cirielli non è devastante come si sostiene da sinistra, non è utile come si dice da destra». m.p.m.
La moglie di
Cutolo: un solo bacio in 23 anni
Il Mattino, 1 dicembre 2005
Si sono baciati una volta in 23 anni. E in una sola occasione Immacolata Iacone ha potuto incontrare il marito, Raffaele
Cutolo, senza sbarre e vetri divisori. Ciò nonostante la moglie del fondatore della Nuova camorra organizzata (qui a fianco in una foto di qualche anno fa) difende il suo uomo e la scelta di sposarlo. «Non mi sono mai pentita del matrimonio», racconta a Vanity Fair, che nel numero oggi in edicola ripercorre insieme ad Immacolata la sua storia d’amore con l’ex padrino che sta scontando quattro condanne all’ergastolo e spera nella concessione della grazia. Si conobbero nel 1982. Lei aveva diciannove anni, lui quarantuno. Dopo sei mesi di fidanzamento si scambiarono il primo bacio, destinato a rimanere anche l’ultimo. Accadde, racconta Immacolata
Iacone, «in parlatorio, sporgendo il capo sopra il vetro». Tre anni più tardi giunsero le nozze. E fu nel giorno del matrimonio che la donna ebbe la possibilità di incontrare Cutolo come mai più dopo di allora: «È stata l’unica volta - ricorda Immacolata - che ho visto mio marito per intero, dalle scarpe ai capelli, senza sbarre o divisori a separarci». Da quel momento, i due si sono incontrati solo nelle occasioni previste dal regolamento penitenziario. Raffaele Cutolo in carcere, a scontare la sua pena, Immacolata sempre al fianco del marito pur tra le mille ristrettezze imposte dalla detenzione dell’uomo. d.d.p.
Fermo: “Noi, guardie carcerarie sempre in trincea”
Il direttore della struttura Maurizio Pennelli“Non bisogna piangersi addosso e nascondersi dietro la mancanza di mezzi”. Molti i corsi di specializzazione che sono serviti a formare personale sempre più efficiente
Tante le autorità che hanno preso parte alla cerimonia della polizia penitenziaria
Corriere Adriatico, 1 dicembre 2005
FERMO - Intesa, bellissima, con i mezzi schierati in Piazza del Popolo, tutti gli agenti in divisa ed una serie di candele che accompagnavano gli ospiti lungo lo scalone di Palazzo dei Priori, è stata la cerimonia annuale Corpo della Polizia penitenziaria di Fermo. Erano presenti le massime cariche civili, militari e religiose della nuova Provincia, il sindaco ed il presidente del consiglio di Fermo, gli assessori
fermani, rappresentanti della Provincia d'Ascoli Piceno, del Tribunale di Fermo (il Presidente Roberto de
Robertis), l'amministratore generale della Diocesi fermana don Armando Transatti, il cappellano del carcere don Damiano
Ferrini, il comandante del Reparto di polizia carceraria di Fermo ispettore superiore Andrea Tosoni ed i rappresentanti degli altri istituti della Regione.
Il direttore del carcere di Fermo, Maurizio Pennelli, ha ricordato come, ad ormai 15 anni dalla smilitarizzazione del corpo: “I compiti della polizia penitenziaria si siano via via andati delineandosi pur se con un processo lungo e faticoso. Sono compiti delicati che non si esauriscono nella semplice vigilanza di soggetti in espiazione di pena, grazie anche al settore formazione del nostro provveditorato”. Nel corso dell'anno, infatti, sono stati organizzati corsi di guida sicura, sul nuovo codice della strada, per la prevenzione dell'arresto cardiaco improvviso, per la formazione delle squadre antincendio, sulla falsificazione di documenti, per addetti alla emergenza di pronto soccorso, per la gestione del detenuto tossicodipendente con disagio psichico.
“In giorni in cui le risorse umane, strutturali e finanziarie si riducono sempre di più è indispensabile un processo di valorizzazione e qualificazione del personale -ha detto il direttore Pennelli -non si può e non ci si deve fermare e piangersi addosso, assumere un atteggiamento rinunciatario nascondendosi dietro la mancanza d'uomini e di mezzi”. Una dimostrazione di quest'ultimo assunto è, anche, la recente istituzione della sezione circondariale nella casa di reclusione
fermana. Si tratta di un piccolo spazio (solo 4 posti) che però è riuscito a stravolgere l'assetto organizzativo dell'istituto fermano con la necessità, ad esempio, d'avere un ufficio matricola aperto anche di pomeriggio e nei giorni festivi. Lo stravolgimento della casa di reclusione locale si è visto anche nella necessità di avere un'unità di polizia per tutte le 24 ore per la vigilanza della sezione circondariale ed in un incremento delle traduzioni.
“E' un modello organizzativo che ha bisogno di un maggior ricorso al lavoro straordinario, la necessità di centellinare ferie e riposi, l'accorpamento di più posti di servizio -ha concluso il direttore Maurizio Pennelli -eppure il personale dell'istituto fermano ha risposto con serietà e professionalità. Queste sono doti indispensabili e che si uniscono al tratto umanitario che necessariamente deve possedere chi quotidianamente si confronta con la sofferenza: lo sono perché il loro ed il nostro lavoro abbiano un senso”. Infine il direttore del carcere ha anche espresso un doveroso ringraziamento al Provveditore regionale del ministero che, soprattutto nei momenti difficili, non ha lesinato il sostegno di chi rappresenta
l'amministrazione.(ROLANDO CIRENEI)
Il carcere di Varese finisce sul tavolo della Commissione europea
«Datemi fondi o con l’ex Cirielli i penitenziari scoppieranno» ha chiesto oggi il ministro
Castelli. Ma a che punto è il progetto studiato per Bizzozero?
Varesenews, 1 dicembre 2005
«Da tempo chiedo fondi per far fronte all’emergenza delle carceri e tutto tace. Se non otterrò nulla non mi assumo la responsabilità di ciò che potrà accadere». L’appello è del ministro della Giustizia Roberto Castelli, il giorno dopo l’approvazione della ex Cirielli che prevede un giro di vite contro i recidivi e il taglio dei tempi di prescrizione (questi i punti della Legge riportati dal Corriere della Sera).
Secondo il ministro la legge è pessima e potrebbe portare, alla fine del 2006, a un vero sovraffollamento delle carceri: la popolazione detenuta potrebbe passare da 61 mila presenze, quelle attuali, a 80 mila a fronte di una disponibilità di 40 mila posti.
E Castelli ha lanciato un messaggio chiaro: «Servono più fondi, altrimenti il sistema
collasserà».
Il momento è propizio, quindi, per fare il punto della situazione sul carcere che dovrebbe sorgere a
Bizzozero. Carcere che, lo ricordiamo dovrebbe ospitare 200 detenuti ma che non va, almeno fino ad oggi, più in là di una bando di gara.
Il progetto viaggia in tandem con quello di Pordenone, molte vicende, anche giudiziarie sono accadute in un anno, e del carcere di Bizzozero da tempo non parla più nessuno.
Eppure è stato, tra le altre cose, anche un cavallo di battaglia dell’ex sindaco Fumagalli che aveva sventolato davanti agli occhi della città, e a quelli furiosi dei cittadini di Bizzozero e di Gazzada
Schianno, il successo ottenuto con il ministero della Giustizia. Niente ristrutturazione dei
Miogni, si era detto, troppo costoso meglio realizzare una struttura nuova a
Bizzozero, nel parco della zona sud della città.
Un solo partecipante al bando di concorso: la Ing Lease – Operleasing Spa con l’impresa
Pizzarotti. Ma qualcosa non funziona: passa il tempo e del progetto non c’è più traccia.
Il mistero è svelato dall’ingegnere Carmelo Cavallo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, responsabile del procedimento di Varese e Pordenone.
«E’ vero che i due progetti sono fermi: stiamo aspettando, infatti che la Commissione europea si pronunci in merito al leasing immobiliare. L’Associazione Nazionale Costruttori Edili ha presentato un ricorso ed ora abbiamo preparato una relazione che dovrà essere valutata dalla Commissione europea. Per ora non possiamo che aspettare».
Al centro della contestazione non il leasing immobiliare, ma la modalità con cui si è proceduto all'appalto. L’Associazione Costruttori Edili contesta, in parole poverissime, che la scelta dell'impresa costruttrice sia stata demandata alle banche in gara. Ora spetta alla Commissione europea stabilire se la procedura è lecita oppure no. Intanto niente si muove e l’offerta è scaduta. Ma l’ingegner Cavallo precisa: «Solo se la banca decidesse di fare marcia indietro perché è trascorso troppo tempo e non ritiene più validi i termini dell’offerta, il progetto tornerebbe ai nastri di partenza. Per ora, però non è così». Il ministro Castelli ha ancora qualche speranza.
La Cassazione ha cambiato orientamento sul patteggiamento
Il Gazzettino, 2 dicembre 2005
La Cassazione ha cambiato orientamento sul patteggiamento e, con una decisione delle Sezioni Unite penali destinata ad avere un vasto effetto specie sui pregiudicati, afferma che chi patteggia può perdere la condizionale ottenuta in precedenza. In pratica, chi sceglie di patteggiare otterrà pur sempre una sentenza che non è di condanna ma andrà incontro a conseguenze vicine a quelle della condanna, come quella di perdere il beneficio di schivare il carcere.
Per la Suprema Corte « la sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti può costituire causa di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena precedentemente concessa».
Cassazione: carcere preventivo per chi manda sulla strada baby mendicanti
Metronews, 1 dicembre 2005
Roma. Carcere preventivo per chi sfrutta i baby mendicanti mandandoli sulla strada a chiedere l'elemosina. La linea dura arriva dalla Corte di Cassazione che, nel confermare la custodia cautelare in carcere disposta dal gip nei confronti di Robert M., 34enne indagato per avere sfruttato l'accattonaggio di minorenni, ha chiarito che "la finalità di sfruttamento non e' esclusa dall'eventualità che un margine degli introiti dell'accattonaggio vada a beneficio delle persone offese dal reato".
Ex-Cirielli, gli effetti della legge vergogna
Giustizia. Sovraffollamento delle carceri e ingestibilità dei processi
Le prime conseguenze della nuova normativa approvata in senato
Aproleonline, 1 dicembre 2005
FRANCESCO CARBONI. Lunedì il Senato ha approvato definitivamente la proposta di legge presentata dal deputato Edmondo Cirielli di Alleanza Nazionale, dopo averla stravolta e modificata geneticamente nell’iter parlamentare tanto da indurre il presentatore ed altri deputati cofirmatari del centro destra a ritirare la propria sottoscrizione. Solo 24 ore dopo, però, il ministro della Giustizia Roberto Castelli ha battuto cassa: “Uno degli effetti della nuova normativa – dice – sarà un ulteriore sovraffollamento delle carceri. Ma, nessun nuovo finanziamento è stato previsto, fino ad ora, per farvi fronte”.
Negli stessi istanti arriva l'ennesima denuncia dell'associazione nazionale magistrati: “La ex Cirielli – afferma il presidente
dell'Amn Ciro Riviezzo – è una brutta legge non solo per quello che concerne la disparità del trattamento, ma per l'evidente ingestibilità dei processi, ed in particolare di quelli con numerosi imputati. È come se nella sanità per ridurre le spese di ricovero, si uccidesse una parte die degenti”.
Siamo, insomma, di fonte all’ennesima, speriamo ultima legge vergogna. La definizione anche questa volta è esatta ed appropriata poiché questa legge può essere inserita a pieno titolo nell’elenco che comprende nell’ordine degli atti di questa disastrosa e sciagurata legislatura la legge che ha soppresso le imposte sulle successioni e sulle donazioni, la legge sul falso in bilancio, la legge sulle rogatorie, il c.d. lodo
Schifani, la legge Cirami, la legge sul conflitto di interessi che permette al premier di abbandonare le riunioni del Consiglio dei ministri solo al momento della votazioni su provvedimenti che possono coinvolgere le sue aziende, la legge
Gasparri.
Tutte rivolte a paralizzare i procedimenti penali in corso nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei suoi coimputati o ad assicurargli vantaggi e posizioni di preminenza nei settori di attività delle sue aziende televisive ed editoriali.
La legge Cirielli nel testo presentato dal suo primo proponente interveniva sui tempi di prescrizione dei reati per i recidivi. Nell’iter parlamentare è stata modificata con la consueta tecnica utilizza dal centro destra in questa legislatura, particolarmente sui temi della giustizia: agganciandovi norme di interesse particolare; l’operazione non è stata facile ed indolore: infatti vi sono state che hanno portato alle dimissioni di due relatori. Da ultimo, l’incarico è stato conferito al deputato di Forza Italia Luigi Vitali, ora sottosegretario per i meriti acquisiti proponendo il testo approvato ieri dal Senato.
Questa legge inizialmente pensata per risolvere i problemi giudiziari dell’on.
Previti, riserva ancora una volta enormi vantaggi processuali all’on Berlusconi che lucrerà della settima ed ottava sentenza di prescrizione in riferimento ai due processi
(Mediaset e diritti cinematografici) pendenti nei suoi confronti in fase
predibattimentale.
La legge riduce i tempi di prescrizione, con esclusione dei processi riguardanti imputati recidivi, ed avrà effetti devastanti per molti processi nei confronti di deputati eccellenti: Parmalat e Cirio, Banca di Lodi ed altri; permetterà, inoltre, di cancellare un numero rilevante di processi con imputati per gravi reati quali usura, corruzione, concussione.
Al contrario, gli effetti saranno durissimi per i recidivi per reati connessi alla tossicodipendenza ed al disagio sociale. Conseguentemente, si avrà un ulteriore incremento del numero delle persone detenute. Se ne è avveduto anche il ministro Castelli che ha lanciato un allarme preoccupato quanto grottesco quando ha affermato di declinare in conseguenza le proprie responsabilità, se mai ne ha avvertito in riferimento ai problemi del sistema penitenziario.
Altro pesante effetto si avrà per la riduzione degli spazi di applicazione della legge Gozzini poiché la legge riduce considerevolmente il campo della sua applicazione escludendo, appunto, i recidivi.
Siamo, quindi, di fronte all’ennesima pessima legge prodotta dal centro destra: classista, discriminatoria, incostituzionale, antisociale, che allungherà i tempi dei processi per alcune categorie di privilegiati, che aggraverà la condizione del sistema penitenziario già al collasso per responsabilità del Ministro della giustizia.