Rassegna stampa 21 aprile

 

Amnistia: Pannella ha ripreso ieri lo sciopero della fame

 

La Gazzetta del Sud, 21 aprile 2005

 

La ripresa dello sciopero della fame di Marco Pannella e una maratona oratoria dentro una grande gabbia in piazza Montecitorio: queste le iniziative di Radicali italiani per continuare a sollecitare il Parlamento sull’ipotesi di un provvedimento di amnistia. Il sit-in, che si è svolto ieri in piazza Montecitorio alle 13, informa una nota dell’ufficio stampa radicale, è stato organizzato organizzato dall’Associazione "Il Detenuto Ignoto" e da Radicali Italiani, insieme ad altre 29 associazioni di volontariato e/o di studio delle realtà carcerarie, ai Garanti dei diritti dei detenuti, del Comune di Roma e della Regione Lazio. Alla manifestazione è stata portata una grande gabbia all’interno della quale si è svolta una maratona oratoria con i contributi dei rappresentanti dei soggetti partecipanti. È stato infine riproposto l’intervento di Papa Giovanni Paolo II al Parlamento nel quale il Pontefice chiedeva un atto di clemenza per i detenuti.

Cagliari: contro l’emergenza carcere serve l’amnistia

 

L’Unione Sarda, 21 aprile 2005

 

Lo spunto l’ha dato la scomparsa di Giovanni Paolo II perché "è tradizione che in casi come questi venga concessa un’amnistia". "È sempre stato così da quando l’Italia è diventata una Repubblica", sottolineano i rappresentanti del Comitato popolare di base per l’amnistia, che ieri sera hanno manifestato, con tanto di cartelli, volantini e immagini che documentavano di episodi agghiaccianti di violenza, davanti al carcere di Buoncammino. Il Comitato, sorto spontaneamente nel quartiere di Is Mirrionis, si presenta molto critico nei confronti di tutte le forze politiche: "Sembra che oggi politicamente paghi il giustizialismo repressivo", dice il portavoce Michele Pitzalis, "anche i Ds, per esempio, si sono pronunciati per un provvedimento minimo, che non risolverebbe l’emergenza carceraria". I numeri, d’altra parte, parlano chiaro: in Italia l’ultima amnistia è stata concessa nel 1990, subito dopo l’introduzione del nuovo Codice di procedura penale. Poi, a parte l’ indultino di qualche anno fa, che non ha dato i risultati sperati (da Buoncammino, per esempio, uscirono solo 5 detenuti), più nulla, nonostante la popolazione carceraria sia passata in 15 anni da 40 mila a 56 mila unità. Eppure le statistiche affermano che i reati di microcriminalità siano in forte calo. "Qui a Cagliari, per esempio, questa tipologia di reati è diminuita tantissimo rispetto agli anni ‘80 e ‘90", sottolinea Carlo Pistis, "penso per esempio ai furti d’auto, agli scippi, ai furti in appartamento. Però la popolazione carceraria è quasi raddoppiata. E, nella stragrande maggioranza dei casi, sono persone affette da malattie infettive, tossicodipendenti. Tutti incarcerati per piccoli reati". Sono i poveri e gli sfruttati, in poche parole, quelli che secondo il Comitato riempiono le galere sino a farle scoppiare e che muoiono dietro le sbarre. E in questo, le carceri sarde spiccano per un triste primato: ben 17 infatti i morti suicidi tra il 2002 e il 2003. Sotto accusa, come era prevedibile, la situazione ormai ingovernabile del carcere cagliaritano. Difficile, si legge nei volantini, trovare qualcosa di buono in una struttura vecchia, superata, che ospita in condizioni spaventose oltre 400 detenuti. I dati li snocciola direttamente Pitzalis, parlando esplicitamente di "ospedale Buoncammino": "Due terzi degli ospiti sono malati e quindi dovrebbero scontare la pena in istituti di detenzione attenuata. Inoltre anche sei persone per stanza devono vivere a strettissimo contatto 22 ore al giorno". Un edificio che risale all’Ottocento, che non può essere modificato se non con grande difficoltà e con costi enormi, anche se la Giunta regionale sta valutando l’ipotesi di realizzare in tempi brevi un nuovo assetto edilizio del sistema carcerario, con la sostituzione delle strutture di Cagliari, Oristano, Tempio e Lanusei, ormai irrecuperabili. Non solo. Si chiede anche maggior rispetto per i familiari dei detenuti, "costretti ad aspettare ore fuori dal carcere per far visita ai parenti", mentre sono arcinote le carenze di organico del personale: "È inutile che la struttura venga dotata di biblioteca e campi sportivi se mancano le guardie e i detenuti devono stare in cella dalla mattina alla sera" dicono i rappresentanti del Comitato. La soluzione sarebbe proprio dietro l’angolo: si chiama amnistia. Ma sembra che, esclusi i radicali di Pannella, in Parlamento la pensino diversamente. Mauro Caproni

Lodi: proteste in via Cagnola per chiedere l’amnistia

 

Il Cittadino, 21 aprile 2005

 

Anche nel carcere di Lodi i detenuti protestano per chiedere l’amnistia, un provvedimento che storicamente accompagnava eventi come la morte di un Papa e che dal 1946 a oggi è stato attuato in Italia in modo massiccio sette volte, per particolari categorie di reati, spesso legati alle contingenze storiche. "Tecnicamente, a Lodi sta avvenendo lo "sciopero del carrello", cioè il rifiuto di utilizzare il vitto fornito dall’amministrazione carceraria - chiarisce il direttore reggente della casa circondariale di via Cagnola, Fabrizio Rinaldi -. Questo non significa che ci siano detenuti che non mangiano nulla, anche perché hanno a disposizione viveri e piccole cucine nelle celle. L’adesione a questa forma di protesta, che si sta svolgendo anche in altre carceri italiane, non riguarda comunque la totalità degli ospiti di Lodi". La protesta, "che si sta svolgendo senza creare turbative all’organizzazione interna", sottolinea il direttore, è in corso da alcuni giorni. Rinaldi esclude inoltre che gli ospiti di via Cagnola stiano protestando per motivazioni interne alla struttura, che è affidata a un reggente a termine dalla fine di febbraio e che forse già nelle prossime settimane potrebbe tornare ad avere un direttore in pianta stabile. L’agitazione era partita giovedì scorso dal carcere romano di Rebibbia, per sottolineare l’empasse nel dibattito sull’amnistia, nonostante la pubblica emozione per la morte di Giovanni Paolo II, che aveva chiesto alle camere un gesto di clemenza. Un appello che era stato accolto da tutti i parlamentari con un applauso. Ma, anche per la concomitanza con la crisi di governo, tramutare in una disposizione normativa le dichiarazioni di buona volontà non è un’impresa facile e mancano soprattutto convergenze sul tenore del provvedimento. Anche se la casa circondariale di Lodi, che conta meno di ottanta detenuti, è considerata sotto questo profilo un’isola felice, a livello nazionale è evidente il problema del sovraffollamento, con oltre 56 mila persone ospitate in strutture che assommano invece a 41.700 posti. A Roma, tra l’altro, è in corso un sit in di protesta per il fatto che la discussione del provvedimento sull’amnistia in commissione Giustizia alla Camera è stata sospesa. Carlo Catena

Oristano: denunciò agenti, due anni per calunnia a un detenuto

 

L’Unione Sarda, 21 aprile 2005

 

Aveva dichiarato di essere stato malmenato da alcuni agenti di polizia penitenziaria di piazza Manno. Ma gli accertamenti svolti dimostrarono che quelle accuse non erano vere e così un detenuto sassarese di 34 anni, Massimiliano Pilo, è stato condannato per calunnia a due anni e due mesi di reclusione. Accogliendo la richiesta del pm, l’ha stabilito ieri una sentenza del giudice monocratico del Tribunale Paolo Corso. L’episodio rappresenta uno strascico del pestaggio dei detenuti del carcere sassarese di San Sebastiano, trasferiti nelle case circondariali di Macomer e Oristano. La vicenda che il 3 aprile di cinque anni fa aveva destato grande clamore finita in un’inchiesta della Procura della Repubblica di Sassari: secondo gli inquirenti, il carcere San Sebastiano era stato teatro di pestaggi, con file di detenuti picchiati e lasciati nudi per ore, ma da Sassari in giù la sera stessa nessuno avrebbe visto né sentito quanto sarebbe accaduto. E di conseguenza nessuno avrebbe denunciato. Sotto accusa una novantina di persone, fra vertici degli istituti penitenziari, medici e agenti di polizia penitenziaria: circa cinquanta erano stati assolti in primo grado col rito abbreviato, venti prosciolti precedentemente. È ancora in corso il filone degli indagati che avevano chiesto il dibattimento. L’imputato chiamato ieri mattina nell’aula del Tribunale era, appunto, uno dei detenuti arrivati dal carcere sassarese. Massimiliano Pilo (difeso dall’avvocato Carmine Manca) aveva affermato di essere stato pestato da alcuni agenti di polizia penitenziaria. Ma, come ha ricordato il pubblico ministero Marcello Floris nella ricostruzione della vicenda, quelle dichiarazioni si erano rivelate infondate. E per questo motivo al termine della requisitoria aveva sollecitato la condanna a due anni e due mesi. Richiesta accolta in pieno subito dopo dal giudice monocratico. Sotto inchiesta erano finiti anche direttori e medici delle carceri di Oristano e Macomer e il capo delle guardie di quest’ultima casa circondariale. I cinque indagati nello stralcio oristanese dell’inchiesta (i direttori Pierluigi Farci e Giovanni Monteverdi e il comandante delle guardie Antonio Cuccu, accusati di non aver segnalato all’autorità giudiziaria l’arrivo dal carcere sassarese di una ventina di detenuti pestati a Sassari, i medici Elisabetta Caredda e Maurizio Putzu erano invece accusati di omessa trasmissione dei referti medici) erano usciti successivamente dall’indagine: nel marzo di due anni fa il Gip del Tribunale aveva accolto la richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero. (p.m.)

Agrigento: prefetto e sindaco in progetto "spezzare le catene"

 

La Sicilia, 21 aprile 2005

 

Vasta eco, ma anche qualche polemica, ha registrato la manifestazione tenutasi sabato, in contrada Stretto, dove è stata inaugurata la cooperativa San Daniele Comboni, che ha per scopo l’avvio di attività con l’utilizzo di soggetti a cui la magistratura ha concesso l’alternativa al carcere. I soggetti che dalla fine dello scorso mese di settembre sono impegnati in attività prevalentemente agricole, su una vasta area messa a disposizione dalla Parrocchia di S. Barbara, al momento sono quattro. Quello avviato a Licata, su iniziativa del Centro 3P - Osservatorio cittadino, guidato da padre Gaspare Di Vincenzo, e finanziato in parte dalla Regione, costituisce un progetto pilota. E prendendo spunto da quest’ultimo aspetto, il prefetto Bruno Pezzuto ed il sindaco Angelo Biondi, nel prendere la parola, oltre ad assicurare la loro disponibilità personale ed istituzionale ad incentivare ogni iniziativa in merito avviata anche dalle associazioni di volontariato, hanno lanciato l’idea di poter utilizzare, in analoghe nuove proposte, i beni confiscati alla mafia perché siano destinati ad opere di rilevanza sociale e ad attività di rieducazione. Il progetto "Spezzare le catene" vede il coinvolgimento sinergico di tre soggetti: il Centro 3P, la cooperativa San Daniele Comboni e la Cgil. Il progetto, illustrato dal coordinatore, Roberto Di Cara, si muove su tre direttrici: la formazione, il recupero psicologico, il lavoro dei soggetti coinvolti: "Insegnare un mestiere legato all’attività edilizia ed alla filiera agro - alimentare. Intervenire con percorsi di risocializzazione personalizzata volti a ricostruire la persona e il suo rapporto con la società. Operare da incubatore occupazionale per i soggetti che concludono il percorso formativo e di risocializzazione". Tra i numerosi presenti alla manifestazione di sabato, figurava anche Lina Lombardi Cambiano, che è colei che ha donato il terreno alla parrocchia affinché venisse destinato a scopi sociali.

Palermo: i minorenni potranno scontare la pena in comunità

 

Asca, 21 aprile 2005

 

In Sicilia i minorenni sottoposti a provvedimenti penali dall’autorità giudiziaria potranno eseguire le misure disposte dalla Magistratura Minorile nelle comunità alloggio per giovani d’età compresa tra 14 e 18 anni, con una compartecipazione interistituzionale anche agli oneri finanziari. È quanto prevede l’accordo di programma firmato questa mattina a Palermo dal direttore del Centro per la giustizia minorile della Sicilia, Michele Di Martino, e dall’assessore regionale siciliano alla Famiglia e alle Politiche sociali, Raffaele Stancanelli. Si tratta del primo accordo di questo tipo che viene stipulato in Italia. In base all’intesa, le comunità alloggio individuate dovranno riservare fino a un massimo di due posti ai minori sottoposti a procedimenti penali, in applicazione di misure cautelari sostitutive, alternative e di sicurezza. A carico della Regione, le spese della quota fissa mensile, che verranno trasferite per il tramite dei comuni agli enti gestori delle comunità. Proprio oggi, l’assessore ha annunciato che proprio questa mattina ha firmato il decreto con cui vengono stanziati 12 milioni di euro per le comunità alloggio. Una parte di queste risorse potrà coprire la quota di spese a carico della Regione per l’accoglienza dei minori sottoposti a misure giudiziarie. Dal canto suo, il Cgm si impegna a corrispondere agli enti la retta giornaliera di mantenimento per ogni giorno di effettiva presenza nella comunità. Le comunità alloggio sono in tutto 18 e potranno accogliere 35 ragazzi inviati dai tribunali dei minorenni. L’assessorato e il servizio tecnico del Centro per la Giustizia Minorile della Sicilia avvieranno un monitoraggio congiunto sull’applicazione dell’accordo e per la verifica dei risultati. "Si tratta - dice l’assessore Stancanelli - di una forma di collaborazione e di integrazione tra diverse istituzioni il cui scopo è quello di migliorare i servizi resi ai soggetti svantaggiati per favorirne il recupero sociale. L’applicazione di forme di pena alternativa può favorire il reinserimento nella società di ragazzi per i quali non è necessaria la detenzione. La Regione guarda con favore e anzi auspica ulteriori forme di collaborazione di questo genere che rappresentano al meglio lo spirito della riforma dei servizi sociali che, in questi mesi, in Sicilia, sta ormai entrando a regime". "È un risultato unico - conferma il Direttore del Centro per la Giustizia Minorile, dr. Michele Di Martino - raggiunto in Italia per la prima volta e che vede la Giustizia Minorile e la Regione, congiunti al recupero dei giovani dell’area penale per il loro rientro nella società civile attraverso il collocamento in comunità, così come previsto dalla legge nei casi che ricorrono, con un patto che raccoglie l’etica delle varie normative nazionali, regionali rivolte ai giovani ed in ossequio alla modifica del Titolo V della Costituzione Italiana".

Bologna: Giudice di Pace sospende l'espulsione per 7 romeni

 

Redattore Sociale, 21 aprile 2005

 

A Bologna, per la prima volta, il Giudice di Pace ha sospeso un provvedimento di espulsione a carico di sette cittadini romeni, tutti lavoratori in nero. Una decisione inusuale, questa, poiché avviene prima della data dell’udienza, fissata per il prossimo 28 aprile. Un passo indietro: i sette migranti, dopo lo sgombero della scorsa settimana di alcune baracche lungo il fiume Reno, erano stati portati al Centro di permanenza temporanea di via Mattei, in attesa di essere espulsi. Grazie alla mobilitazione del Coordinamento migranti di Bologna, e alla solidarietà degli altri "ospiti" del Cpt, la scorsa settimana è stato organizzato uno sciopero della fame.

I migranti – come hanno scritto in un appello indirizzato al Comune e a tutta la cittadinanza – denunciavano "come la condizione di irregolarità è solo una delle molte leve che la legge Bossi-Fini produce per garantire lo sfruttamento del lavoro, un lavoro che diventa clandestino perché sempre più costretto al silenzio, all’impossibilità di reagire politicamente di fronte alla minaccia costante di espulsione".

I sette romeni sono riusciti così a contattare un gruppo di avvocati che hanno fatto ricorso contro la loro espulsione. "Nel ricorso – spiega l’avvocato Andrea Ronchi – abbiamo evidenziato alcune illegittimità: innanzitutto la natura collettiva del provvedimento, che è assolutamente illegittima, secondo quanto prevede la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti del lavoratori migranti e delle loro famiglie, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite". Un ricorso, dunque, che grazie a questa particolare Convenzione internazionale (risoluzione 45/158 del 18 dicembre 1990) è stato accolto dal Giudice di Pace. A una prima richiesta di immediata liberazione dei migranti dal Cpt (dove come vuole la legge Bossi-Fini sono stati portati in attesa dell’espulsione) la Questura di Bologna ha però dichiaro che i sette romeni non verranno rimessi in libertà. Questa mattina gli avvocati dei migranti hanno quindi presentato al Questore, al Prefetto e al responsabile dell’Ufficio stranieri di Bologna un’istanza di immediata liberazione: "se infatti il provvedimento di espulsione è stato sospeso – sottolinea l’avvocato Marina Prosperi – viene meno il trattenimenti dei sette romeni al Cpt: la Bossi-Fini prevede infatti il trattenimento dei migranti in attesa di essere espulsi".

Ora i due avvocati difensori, insieme al Coordinamento dei migranti cittadino, chiedono un intervento da parte del sindaco di Bologna e del Comune, perché facciano pressione per la liberazione immediata dei migranti e perché trovino loro una sistemazione una volta usciti dal Cpt, almeno fino alla data dell’udienza. "Restiamo di fronte a un buco nero, quello del Cpt, – sottolinea Neva Cocchi, a nome del gruppo migranti del Teatro polivalente occupato do Bologna –, che fa letteralmente sparire le persone. Sono dei nuovi veri campi di detenzione, in cui le persone entrano e se non hanno memorizzato il numero di telefono di un avvocato nel cellulare, è come se non esistessero, nessuno si occupa di loro. Ma le domande da porsi sono due: perché vengono rinchiusi dei lavoratori all’interno del Cpt? Perché se c’è bisogno di loro per lavorare, sono ogni giorno perseguitati?". (en)

Parma: manca personale per nuovo Centro diagnostico

 

Gazzetta di Parma, 21 aprile 2005

 

Stato di agitazione e interrogazioni parlamentari per l’apertura del nuovo reparto del carcere di via Burla destinati a detenuti disabili, ordinari e sottoposti al 41 bis, il regime speciale per reati di mafia. Lo stato di agitazione è stato proclamato dalla Fp Cgil provinciale e regionale, l’interrogazione arriva invece dalla parlamentare Ds Carmen Motta. Secondo il sindacato "oggi non ci sono le condizioni minime a che ciò avvenga.

È una decisione scellerata che mette in serio pericolo la sicurezza degli operatori interni del carcere e la sicurezza sul territorio di Parma in quanto il Ministero di Giustizia non ha previsto alcuna risorsa aggiuntiva rispetto alla già critica situazione esistente ad oggi" . E chiede di rinviare tale decisione a tempi migliori "in cui almeno la dignità dei lavoratori e la sicurezza venga garantita con risorse adeguate". In questo momento, ricorda la Cgil, al carcere di Parma mancano circa 150 dei 470 poliziotti previsti. E per aprire il nuovo reparto servono dunque "risorse aggiuntive". Risorse che chiede anche Carmen Motta nella sua interrogazione urgente al ministro Castelli, in cui si ricorda che "in queste condizioni l’apertura del nuovo reparto rischia di peggiorare sensibilmente la già pesante situazione del personale". Fin dalla fine del 2003, sottolinea il deputato Ds, in risposta a una sua precedente interrogazione, era stata garantita dal sottosegretario Valentino l’attribuzione di fondi e personale per garantire l’operatività del nuovo centro: "Non risulta che questi impegni siano stati onorati".

Amnistia: detenuti in sciopero della fame anche a Enna

 

Agi, 21 aprile 2005

 

Da ieri pomeriggio i detenuti del carcere di Enna hanno iniziato uno sciopero della fame, con il rifiuto del cibo dell’amministrazione penitenziaria, per sostenere così l’iniziativa di Marco Pannella in favore dell’amnistia. Oltre al digiuno, i reclusi hanno deciso di sottolineare la loro protesta battendo sulle sbarre ritmicamente. A Enna, come verificato anche dalla Commissione giustizia che ha visitato la struttura carceraria, i 120 reclusi sono costretti a vivere anche in sei in una cella. Un’ala del carcere è infatti in ristrutturazione e quella attualmente utilizzabile ha celle anguste che dispongono solo di bagni alla turca. Sovraffollamento anche nella sezione femminile con alcune celle chiuse a causa delle infiltrazioni di acqua e con le detenute in soprannumero che condividono quelle agibili.

Usa: pena di morte; esecuzioni nel Texas e nell’Indiana

 

Agi, 21 aprile 2005

 

Eseguite due nuove condanne a morte negli Stati Uniti. Nel penitenziario di Huntsville, in Texas, è stato giustiziato mediante iniezione letale Douglas Roberts, 42 anni, riconosciuto colpevole del sequestro e del successivo omicidio di un ispanico, accoltellato e poi travolto dall’assassino con l’auto nove anni fa. È stata la quinta esecuzione dell’anno nello Stato Usa, ove a breve ne sono in programma altre sei, e la numero 341 dal ‘76, quando la pena capitale fu reintrodotta nell’ordinamento federale. A Michigan City, nell’Indiana, è stato frattanto messo a morte con lo stesso metodo il 48enne Bill Benefiel, che nell’87 rapì una diciottenne, la tenne prigioniera per dodici giorni di fila sottoponendola a continui stupri e torture, e infine la soppresse versandole nelle narici colla istantanea, mentre le sigillava la bocca con nastro adesivo. Un’altra ragazza rinchiusa nella sua casa fu salvata in extremis dalla polizia. Benefiel è stato il secondo condannato a morte giustiziato nell’Indiana da gennaio, il tredicesimo in assoluto. Nel corso del 2004 negli Usa sono già stati soppressi sedici detenuti, 960 dal ‘76.

Usa: si inaspriscono le pene contro la pirateria informatica

 

Vnunet.it, 21 aprile 2005

 

Un Dvd pirata, non ancora uscito nelle sale, potrà costare fino a tre anni di carcere. Parola del Family entertainment and copyright act. Manca la firma del Presidente degli Stati Uniti e il cosiddetto Family entertainment and copyright act diventerà legge. Allora saranno guai seri per i pirati professionisti. Fino a tre anni di carcere per chi diffondesse in Rete anche solo una copia di un film non ancora uscito nelle sale cinematografiche. Oltre al reato penale, verranno inasprite le sanzioni pecuniarie: con multe salatissime, fino a 250mila dollari. Negli Stati Uniti si stanno tuttavia levando voci contrarie, in quanto il testo legislativo è vago. Anche senza aver commesso un download, la normativa sarà applicabili a chi abbia una cartella condivisa contenente il file incriminato. Infine l’atto non tratterà solo di film, ma anche di musica e software protetti da copyright. Nel frattempo i discografici britannici, riuniti nella Bpi e con il contributo di Tns-global.com, hanno calcolato perdite, a causa del file sharing illegale, per 650 milioni di sterline, solo nell’ultimo biennio.

Treviso: storie di detenuti raccontate a Casa Toniolo

 

Il Gazzettino, 21 aprile 2005

 

Un lavoro per la dignità del detenuto. La Caritas di Treviso rivolge la propria attenzione al carcere, sostenendo un progetto che consentirà ai detenuti di lavorare nella falegnameria della casa circondariale di Santa Bona. La nuova esperienza - presentata l’altra sera a casa Toniolo in un incontro sul tema "Famiglie e detenuti. Dentro e fuori il carcere" - avrà una durata biennale e coinvolgerà inizialmente solo pochi detenuti, nella realizzazione di semplici lavori: cassette per frutta e verdura e alveari. Le competenze formative e il supporto tecnico saranno offerti dalla cooperativa Alternativa, che si occupa del pianeta carcere da quindici anni. "La possibilità di lavorare rappresenta un mezzo di riscatto - ha commentato Antonio Zamberlan, presidente della cooperativa - serve a dare un barlume di speranza ai detenuti, alleviandone la pena". Il carcere di Treviso contiene circa 280 persone, invece delle 130 previste dalla capienza della struttura. Il problema del sovraffollamento unisce la realtà carceraria trevigiana a quella del resto del Paese. Il 60 per cento circa dei detenuti è straniero, quasi sempre senza permesso di soggiorno e senza documenti. Per molti il lavoro è una attività appetibile, anche in previsione di un reinserimento sociale, una volta scontata la pena. "Lavorare all’interno del carcere - spiega Belita Perissinotto, responsabile dell’area educativa nella casa circondariale di santa Bona - permette sia di guadagnare qualcosa, sia di cadenzare la giornata all’interno della prigione". La Caritas si fa inoltre promotrice di un progetto rivolto alle famiglie dei detenuti, perché i loro figli possano crescere in modo sano, lontani dalle difficoltà economiche e dall’emarginazione sociale.

L’iniziativa, denominata "Adozioni a vicinanza", tra luglio 2004 e aprile 2005, ha coinvolto diciotto minori. L’adozione consiste nel destinare risorse alla crescita di bambini, figli di detenuti, che soffrono in modo evidente la mancanza del genitore. "Un padre che entra in carcere - ha raccontato R.E., ex detenuto, ora lavoratore perfettamente integrato - subisce una lacerazione affettiva irreparabile. Non poter manifestare affetto alle mie figlie mi addolorava, tuttavia i bambini non dovrebbero mai mettere piede in un carcere; ricordo che le mie bambine mi mandavano disegni con scritto "ti voglio bene", grazie a mia moglie che è riuscita a mantenermi presente all’interno della famiglia, anche se non c’ero". Anna Girotto

Rossano: vademecum per galeotti, i detenuti a fumetti...

 

Quotidiano di Calabria, 21 aprile 2005

 

"Il Pen-Siero Nuovo di Rossano". In cui "Pen" sta per penitenziario e "Siero" per fonte della vita. Questo il titolo del giornale creato dai detenuti della casa circondariale di Rossano, che hanno ideato inoltre il vademecum del galeotto, che contiene una serie di fumetti ed un glossario che illustrano la vita dei detenuti. A presentare il prezioso foglio, all’interno della casa di Reclusione di località Ciminata Greco, sono giunti a Rossano ieri pomeriggio il professor Ercole Parini, docente di sociologia all’Unical, il neo consigliere regionale Franco Morelli, il Magistrato di Sorveglianza Luigi Tarantino ed il provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria Paolo Quattrone. A fare gli onori di casa la direttrice della Casa di Reclusione Angela Paravati.

Un giornalino pensato e lanciato da alcuni detenuti, guidati dalle giornaliste Gemma Paravati, Elena Sodano ed Emma Perri, con lo scopo di confrontarsi e leggersi dentro. La Paravati ha parlato di uno strumento che rientra nella vasta gamma di offerte dell’istituto. Tarantino ha definito il giornalino "un luogo in cui i detenuti possono rielaborare il loro vissuto ed essere comunità, affinché il carcere non diventi un parcheggio". Il sociologo Parini ha definito il giornalino come un tentativo di comunicare in situazioni in cui comunicare è difficile: "Un evento - ha sostenuto - che ci conferma che il carcere non è più visto come "totale".

Quattrone ha descritto la progettualità a tutto campo dell’amministrazione penitenziaria regionale: "Creiamo manodopera specializzata - ha spiegato - affinché l’imprenditore possa poi dare lavoro" al detenuto. Il consigliere Morelli ha informato la platea dell’interessamento della Cassa di Risparmio di Roma a finanziare l’iniziativa. A seguire è stata la volta degli interventi dei detenuti, molto intimiditi dal pubblico. A prendere le redini della comunicazione ci ha pensato il detenuto Nicola Liguori, studente di Sociologia a Urbino, che ha raccontato i motivi che hanno spinto la redazione a creare il vademecum e ha ricordato alcune massime del glossario. Un progetto che passa dal lavoro preciso di tutti i giornalisti-detenuti: Angelo Massaro, Antonio Pelle, Carlo Mastrochicco, Domenico Anemolo, Francesco Bernardi, Francesco Carranante, Gaetano Alabrese, Gennaro di Pierno, Giulio Saracino, Milco Patruno, Nicola Liguori, Rodolfo Caforio e Vincenzo Pisano. Francesco Sapia

Bologna: la Moratti taglia anche i prof del carcere…

 

Redattore Sociale, 21 aprile 2005

 

"I tagli all’organico della scuola bolognese colpiscono anche gli insegnanti che operano in carcere". A denunciare questa situazione è una dichiarazione congiunta degli assessori all’Istruzione di Provincia e Comune di Bologna, rispettivamente Paolo Rebaudengo e Milli Virgilio. "Si stanno definendo in queste settimane gli organici per la scuola bolognese: sono molte le situazioni di sofferenza, molte le esigenze dei ragazzi e delle famiglie che non saranno soddisfatte. Ma ancor più impensabile è il taglio di 5 insegnanti che operano nella casa circondariale della Dozza – dicono i due assessori -. Questa gravissima decisione, che non offrirà più ai detenuti la possibilità di frequentare la scuola interna al carcere, è lesiva del diritto all’istruzione obbligatoria, ma anche e soprattutto del diritto della persona sottoposta a esecuzione penale di accedere a percorsi di recupero e riabilitazione che le consentano un pieno reinserimento nella società".

Come assessori all’Istruzione della Provincia e del Comune di Bologna, continuano Paolo Rebaudengo e Milli Virgilio, "esprimiamo tutto il nostro sconcerto e chiediamo all’amministrazione scolastica di rivedere questa decisione che costituisce un inaccettabile scandalo e di ripristinare le risorse di organico necessarie per continuare l’attività di alfabetizzazione". Questa posizione è stata pienamente condivisa anche dai colleghi alle Politiche sociali, Adriana Scaramuzzino e Giuliano Barigazzi, che sottolineano la necessità di "garantire la possibilità di socializzazione e di istruzione: non va dimenticata la grande densità di cittadini stranieri che affollano oggi le nostre carceri. Chiediamo anche al ministro Moratti di non rinunciare a fare la propria parte". Anche il Comitato carcere-Città, presieduto oggi dalla stessa vicesindaco Scaramuzzino, si impegnerà a sua volta per assicurare ai detenuti dell’istituto penitenziario bolognese diritti e opportunità, compreso quello all’istruzione. (mt)

Parma: apre nuovo reparto per la degenza di detenuti disabili

 

Redattore Sociale, 21 aprile 2005

 

La Fp-Cgil (ovvero il reparto Funzione Pubblica del sindacato) giudica "scellerata" la decisione del direttore del carcere di Parma di aprire un nuovo reparto per la degenza di detenuti disabili, ordinari e 41 bis (cioè quelli a regime speciale per reati di mafia) , in quanto il Ministero di Giustizia "non ha previsto, per tale operazione, alcuna risorsa aggiuntiva rispetto alla già critica situazione esistente oggi". La notizia è stata comunicata agli agenti della polizia penitenziaria "senza il rispetto dei tempi contrattuali riservati all’informazione preventiva – denuncia il sindacato - né si è aperto un periodo di concertazione" per dare la possibilità ai lavoratori di esprimersi o confrontarsi con la direzione.

Ma cosa ancor più grave è che il Ministero non ha previsto né risorse umane né economiche né strumentali aggiuntive (come ad esempio l’adeguamento del parco ambulanze che permettano uno spostamento sicuro verso l’ospedale Maggiore di Parma) per "il pur delicato reparto che entro il 30 aprile dovrà essere pronto ad accogliere 20 detenuti ‘particolari’, ovvero disabili e 41 bis, provenienti da varie carceri del paese, che avranno bisogno di personale sanitario e di sicurezza ad hoc che invece non è previsto - accusa la Fp-Cgil. Anzi, verrà sottratto ad altri reparti in modo da garantire la sicurezza minima (8 persone rispetto alle 30 previste). La polizia penitenziaria nel carcere di via Burla è già sotto organico di circa 150 unità rispetto ai 470 agenti previsti dalla legge per una popolazione di 650 detenuti".

Tutto ciò si traduce per gli agenti "nella impossibilità di esercitare i diritti più elementari (dal turno di riposo compensativo all’eccezionalità del ricorso allo straordinario), ma soprattutto mette a rischio la sicurezza interna al carcere, l’incolumità degli agenti e degli operatori sanitari, la salute dei detenuti. Va inoltre considerato che si dovrebbe procedere anche al raddoppio del Centro diagnostico terapeutico dell’istituto penitenziario di Parma, cosa che comporterebbe un aumento fino a 700 detenuti". Per questo motivo la Fp-Cgil provinciale e regionale è contraria all’apertura del nuovo reparto, in quanto ad oggi non ci sono le condizioni minime perché ciò avvenga: "per queste ragioni ci opporremo in tutte le sedi e con tutti i mezzi opportuni – dicono dal sindacato -, chiedendo di rinviare la decisione a tempi migliori, quando almeno la dignità dei lavoratori e la sicurezza di agenti, detenuti e cittadinanza verrà garantita con risorse adeguate". (mt)

Brescia: per i detenuti accesso a 600 mila volumi delle biblioteche

 

Brescia Oggi, 21 aprile 2005

 

La permanenza in carcere come momento di riflessione e di arricchimento degli orizzonti culturali. Questo l’obiettivo della collaborazione tra il comune di Brescia, la civica biblioteca Queriniana e gli Istituti di pena cittadini. L’iniziativa consentirà a coloro che devono scontare una pena in carcere la possibilità di soddisfare le proprie esigenze di documentazione e di svago, attingendo al vastissimo patrimonio librario in possesso delle biblioteche bresciane.

Più di 600.000 testi ai quali i detenuti potranno accedere grazie ad una tessera omologata, già operativa e valida su tutto il territorio bresciano. Il progetto nasce da una richiesta degli stessi detenuti, che hanno manifestato il desiderio di occupare in modo costruttivo il proprio tempo libero. Maria Grazia Bregoli, direttrice della casa circondariale di Canton Mombello e Aldo Pirola, direttore della biblioteca Queriniana credono nella forte valenza sociale dell’iniziativa : "Attraveso la lettura il detenuto acquisisce delle abilità e delle competenze che faciliteranno il suo ingresso nella società civile".

Un’opinione fermamente condivisa dal Sindaco Paolo Corsini: "Il carcere non deve essere considerato un luogo di afflizione che mortifichi la dignità della persona. Coloro che scontano una pena, nonostante la sospensione temporanea della libertà personale, rimangono cittadini in possesso di diritti inalienabili. È necessario promuovere delle iniziative positive in vista del reinserimento del detenuto nella società".

Da tempo la casa circondariale di Canton Mombello si trova in una situazione gravosa: la struttura, pensata agli inizi del Novecento, sarebbe in grado di ospitare soltanto la metà degli ospiti attualmente presenti, ed il ministero della Giustizia non ha ancora risposto alle sollecitazioni del Comune per intervenire sugli stabili e per ampliare le sedi carcerarie. "Un progetto come questo - continua Corsini - consentirà al detenuto di trascorrere un periodo più piacevole all’interno del carcere: il gusto dell’apprendimento e il piacere della lettura devono essere considerati dei diritti dell’uomo contemporaneo".

Negli ultimi anni iniziative di questo tipo si sono moltiplicate a livello nazionale: nell’università statale di Milano è stato aperto un istituto che cura i rapporti tra le biblioteche pubbliche e quelle carcerarie, mentre il prossimo dicembre a Ravenna in un convegno si valuteranno le esperienze in atto. Annalisa Cavaleri

Pordenone: alcolismo, incontri sulla prevenzione in carcere

 

Il Gazzettino, 21 aprile 2005

 

Prosegue, senza soluzione di continuità, all’interno del carcere cittadino, l’opera di prevenzione del disagio sociale e delle principali patologie cliniche, da parte degli Alcolisti anonimi (0434.631630). In collaborazione con la Direzione dell’istituto e l’ufficio educatori, l’associazione - che festeggia il traguardo dei 16 anni di presenza al "Castello", attraverso la riunione settimanale del sabato - propone per stamani un incontro con la popolazione detenuta, ma anche col personale civile in servizio e gli agenti della polizia penitenziaria sul tema "Uso, abuso, dipendenza, stile di vita sano: fumo, alcol, droghe, malattie infettive", alla presenza del il professor Umberto Tirelli, primario al Cro di Aviano.

Durante l’incontro con i "ristretti" sarà presentato il decalogo europeo della prevenzione e si dibatterà dell’incidenza dell’alcol per quanto riguarda la mortalità: ogni anno circa 40 mila persone muoiono infatti per questa vera e propria piaga sociale. Cirrosi epatica, tumori, infarti, suicidi e omicidi, incidenti sul lavoro e domestici e, soprattutto, stradali, sono sempre più spesso provocati da comportamenti non corretti, alla cui base ci sta l’eccesso di assunzione di sostane alcoliche e/o stupefacenti. Rispetto agli incidenti stradali, poi, l’alcol è la causa di circa la metà degli 8 mila decessi conseguenti ad urti e investimenti vari, i quali, a loro volta, rappresentano la prima causa di morte per gli uomini al di sotto dei 40 anni. L’alcol, infine, rappresenta la prima causa di decesso tra i giovani tra i 15 e i 29 anni. Un quadro drammatico, del quale si occuperà il professor Tirelli, che ha accettato l’invito a relazionare in carcere in un’ottica di prevenzione che deve coinvolgere tutta la popolazione, senza esclusione alcuna, soprattutto delle fasce più deboli. Lorenzo Padovan

Vicenza: musica da sentire e da fare con la coop. Insieme

 

Cooperativa Sociale Insieme, 21 aprile 2005

 

Quando si tratta di fare musica, quando si tratta di ascoltarla c’è chi dice che la vecchia tecnologia è ancora la migliore. Sarà vero o saranno le solite "storie da bar" o una di quelle leggende metropolitane che passano di bocca in bocca, di e-mail in e-mail?

Per aiutarvi a definire il problema, la cooperativa Sociale Insieme si è messa nuovamente in moto nel raccogliere il vecchio e vecchissimo materiale da confrontare con le più moderne tecnologie. E sono proprio queste , le moderne tecnologie,che non troverete nella mostra mercato che apre presso la sede della cooperativa Insieme (in via dalla Scola 88 – zona san Pio X) sabato 23 aprile.

Infatti negli spazi della cooperativa i soci hanno organizzato una mostra mercato del suono e della musica, e qui esporranno tutto ciò che nell’ultimo anno su questo tema hanno recuperato in città. Facciamo un giro assieme.

Partiamo dai dischi a 78 giri e le radio a valvole, quelle nei cassoni di legno per intenderci, per arrivare al tavolo delle radio in bachelite bianca che viste da davanti sembrano tante piccole cadillac americane. Possiamo scegliere per noi una vecchia radiolina a transistor; una di quelle portatili che ancora adesso vediamo appoggiate all’orecchio dell’ascoltatore domenicale che segue le partite durante la passeggiata al parco.

Sono esposti hi-fi d’epoca, amplificatori stereo e piatti giradischi che gli intenditori cercano con passione e tra questi troneggia uno splendido impianto della SAE classe mega. Vi dice qualcosa la parola "fonovaligia" (valigie di cartone/legno con casse e giradischi incorporato sempre pronte all’uso) che furono poi soppiantate dai più pratici arancioni mangiadischi anni ‘70.

Dentro a quell’armadio ci sono invece dei registratori Geloso a bobina ancora funzionanti. Concentriamo l’attenzione ora sui dischi in vinile; Cercate da sempre tra i 33 giri il Benny Goodman today o il doppio album di Santana "Lotus"….l’avete trovato.

Tra i 45 giri cercate I Giganti che cantano "Io e il presidente" o "il ballo di Simone" del gruppo vicentino "Giuliano ed i notturni" che risale al 1968 o andare cercando l’intramontabile "per chi" cantata dai Gens che steccarono al Festival di Sanremo e furono ignobilmente eliminati? Ora li potete trovare, tutti in fila tra gli scaffali dove sono esposti più di mille dischi.

Qualche strumento musicale, una serie di pianole, qualche amplificatore da strumenti, un pianoforte dei primi del novecento, libri e spartiti (anche vecchissimi libretti d’opera) e in un angolo una sezione dedicata alla musica classica.

La mostra durerà fino al 27 aprile (orari 10/12.30 – 15/19 domenica e lunedì chiuso) ed alla sera di sabato alle ore 19 si esibirà il gruppo dei Sanmuruba, un gruppo composto da artisti di diversa provenienza con strumenti a percussione di varie forme e dimensioni. L’ensemble nasce a Mestre nel 1997 e continua la sua esperienza multi culturale fino ad oggi con artisti che attraverso il gruppo mettono insieme esperienze e passione per le percussioni.

Uno straordinario incontro tra le sonorità del djembe e le cose usate che potete trovare alla cooperativa Insieme con il loro bagaglio di racconti sempre attenti a fare musica ed ad ascoltare nuove storie.

 

Tra il dire e il comprare

Sede Cooperativa Sociale Insieme

Via dalla Scola 88

Vicenza (zona san Pio X)

 

Musica da sentire, musica da fare

Mostra mercato radio e hi-fi, radioline, dischi 33 e 45 giri, curiosità musicali

23/26/27 aprile 2005 - orario 10-12.30 15-19

Ingresso libero

 

Sanmuruba - Concerto di percussioni

Sabato 23 aprile - ore 19

Ingresso libero

Per informazioni: tel. 0444511562

email: riusare@insiemesociale.it

 

 

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