Rassegna stampa 30 settembre

 

Vibo Valentia: congresso della medicina penitenziaria

 

Quotidiano di Calabria, 30 settembre 2004

 

Inizia oggi all’hotel 501 il quinto congresso nazionale della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Sims.Pe) Onlus sul tema "Carcere: la salute obbligata". "È fin troppo facile comprendere perché abbiamo scelto questo tema - ha scritto nella sua presentazione il presidente della SimsPe, Giulio Starnini ­ Non credo infatti esista altra istituzione o altro luogo più costretto e limitato da obblighi come il carcere: obblighi fisici legati agli spazi limitati, agli orizzonti negati, obblighi di comportamento da piegare a leggi e regolamenti ma anche a codici interni, non scritti, ma ugualmente inviolabili, obblighi nelle scelte, del medico, dell’infermiere, a volte persino dei farmaci, obblighi di carattere economico che condizionano gli operatori nella loro attività in carcere".

Il presidente Starnini ha così continuato: "Esistono però anche altri obblighi che il medico e l’infermiere penitenziario non dimenticano, come la promessa di operare con professionalità e umanità nei confronti di chi loro si affida pur in assenza di alternative o l’obbligo morale di non rassegnarsi ad accettare una sanità inferiore, rispetto a quella offerta a tutti i cittadini liberi".

Non casuale la scelta della Calabria come sede del congresso. Essa costituisce un riconoscimento dell’intensa attività che in questa regione è stata portata avanti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal provveditorato Rregionale, diretto da Paolino M. Quattrone. Nel tormentato panorama del mondo carcerario, per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, la Calabria è infatti considerata fra quelle all’avanguardia nella integrazione funzionale con il servizio sanitario nazionale, grazie non solo alla sensibilità della Presidenza della giunta, dell’Assessorato alla Salute e delle direzioni generali delle 11 As, ma anche all’impegno concreto e costante delle direzioni dei dodici istituti penitenziari e del settore servizio sanitario del provveditorato, di cui è responsabile Luciano Lucanìa, noto e stimato professionista reggino.

Interessante ed innovativa la strutturazione del Congresso, che si apre discutendo in due tavole rotonde i temi più caldi del settore. Il Congresso proseguirà nelle due giornate successive con le sessioni dedicate alla "salute obbligata", alla medicina penitenziaria, al disagio psichico, alla dermatologia ed all’infettivologia.

In parallelo una sessione di formazione ed approfondimento per gli infermieri penitenziari. Oltremodo significativi i contributi del mondo accademico nazionale e della stessa sanità penitenziaria. Da sottolineare in particolare la presenza dalla Facoltà di Medicina dell’Università di Catanzaro, presso la quale da anni è attivo un Corso di perfezionamento in medicina penitenziaria. Infine verrà fatto il punto sulle nuove prospettive di esecuzione penale nei soggetti psichiatrici, sulle esperienze di continuità di trattamento e riabilitative, che vedranno nel progetto "Gerace" il primo momento di sperimentazione a livello nazionale.

Ariano: Commissione Giustizia visita il carcere irpino

 

Il Messaggero, 30 settembre 2004

 

È cominciato in Irpinia, nel carcere di Ariano Irpino, il "viaggio" del comitato carceri della Commissione Giustizia della Camera dei deputati al termine del quale verranno individuati una serie di interventi legislativi finalizzati, come ha sottolineato la parlamentare dell’Udc, Erminia Mazzoni, "ad incidere sul versante della programmazione dell’edilizia penitenziaria e sulla regionalizzazione della popolazione detenuta".

Il comitato si è intrattenuto per tre ore: insieme al direttore dell’istituto, Iuliani, e al provveditore regionale, i parlamentari hanno ispezionato la struttura, incontrando anche una rappresentanza degli agenti di polizia penitenziaria e si sono intrattenuti a colloquio con i detenuti. "Soddisfacente" il giudizio espresso dai parlamentari.

Cassazione: niente carcere per la droga a uso personale

 

Il Mattino, 30 settembre 2004

 

Non è legittimo arrestare i tossicodipendenti, al massimo si possono multare, ma non rinchiudere in carcere perché la dipendenza dalla droga non è una "colpa grave". Lo sottolinea la Cassazione affermando che "il mero stato di tossicodipendenza, pur costituendo illecito amministrativo in caso di importazione, acquisto o detenzione illecita di sostanze stupefacenti per uso personale, non può da solo dare causa al provvedimento privativo della libertà personale".

Il caso che ha portato la Suprema Corte a stabilire questo principio, è quello di Antonio G., un tossicodipendente di Nocera Inferiore arrestato perché trovato in possesso di tre bustine di eroina mentre camminava in una zona "che era ritrovo abituale di spacciatori e drogati". Antonio fu incarcerato e detenuto dal 20 dicembre 2001 al 31 maggio 2002, e in seguito fu assolto dall’accusa di essere uno spacciatore perché l’eroina era per uso personale.

Contro l’ingiusta carcerazione - dopo la totale assoluzione - Antonio (38 anni) ha fatto ricorso per ottenere l’indennizzo previsto a favore di chi viene privato della libertà senza validi motivi. Ma la Corte di appello di Salerno gli negò il risarcimento sostenendo che il suo stato di tossico, unito alle frequentazioni e al ritrovamento di dosi di eroina addosso, aveva giustificato il suo arresto. Contro questa decisione Antonio si è rivolto alla Cassazione protestando perché "lo stato di tossicodipendenza non può legittimare l’arresto, equiparandosi così il tossicodipendente allo spacciatore".

E la Suprema corte ha condiviso il suo punto di vista dicendo, appunto, che la condizione di tossicodipendenza è un "disvalore sociale" ma non è un comportamento che giustifichi l’arresto. Tuttavia ad Antonio, la Cassazione ha - a sua volta - negato il risarcimento per ingiusta detenzione in quanto la circostanza che lui fosse stato trovato con più bustine di eroina in una zona di spaccio (condotta "altamente imprudente", dice la Suprema corte) poteva aver tratto in inganno il pm che dispose l’arresto.

Napoli: Commissione Giustizia in visita a Poggioreale

 

Il Mattino, 30 settembre 2004

 

Oggi si recheranno in visita al carcere di Poggioreale i componenti del comitato carceri della commissione Giustizia della Camera presieduto da Enrico Buemi, dello Sdi. La delegazione sarà formata anche da Erminia Mazzoni (Udc), Francesco Carboni (Ds), Vincenzo Maria Siniscalchi (Ds) e Giuliano Pisapia di Rifondazione.

Il comitato si recherà anche all’ospedale psichiatrico giudiziario di Sant’Eframo. Ieri la delegazione parlamentare ha visitato invece l’istituto penale minorile di Nisida e il carcere di Ariano irpino. L’iniziativa rientra nel calendario di appuntamenti approntato dal comitato carceri della commissione Giustizia di Montecitorio nell’intento di prendere contatto diretto con i problemi e le carenze delle strutture presenti sul territorio. Nei giorni scorsi a Poggioreale si è recato anche il consigliere regionale dei Comunisti italiani, Francesco Maranta, che ha visitato il centro clinico San Paolo del penitenziario napoletano.

Sulmona: Camillo Valentini non fu mai ascoltato

 

Il Messaggero, 30 settembre 2004

 

L’indagine su Camillo Valentini sarebbe stata caratterizzata da fatti ed anomalie finiti nei giorni scorsi sul tavolo del Consiglio Superiore della Magistratura, su quello del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione e del ministro della Giustizia. Si tratta di un esposto denuncia, presentato dall’avvocato Ferdinando Imposimato, legale della famiglia Valentini. Trenta pagine nelle quali il legale ha in sostanza evidenziato quelli che a suo giudizio sarebbero stati gli atteggiamenti discutibili adottati dalla Procura di Sulmona nei confronti dell’ingegnere morto suicida in carcere.

Imposimato ha evidenziato innanzitutto un decreto di perquisizione mancante della natura e tipologia cui doveva riferirsi la documentazione da ricercare nell’abitazione di Valentini che si sarebbe messo subito a disposizione degli inquirenti. E ciò a tal punto da aver chiesto in più occasioni al Pm. Maria Teresa Leacche di essere sottoposto ad interrogatorio nonostante non avesse saputo nulla dei capi di imputazione a lui addebitati almeno fino al 15 luglio (la prima perquisizione risale al 29 giugno). Successivamente, Valentini apprese che il Pm era partito per gli Stati Uniti in apettativa per un anno. Quindi la richiesta per l’applicazione della misure cautelari - nonostante - si legge nell’esposto - Valentini non fosse stato mai ascoltato. Sempre Imposimato ha puntato poi il dito sul fatto che Valentini (nonostante fosse soltanto indagato) si fosse subito autosospeso dalle funzioni di sindaco e che non vi fossero i presupposti per la reiterazione dei reati visto che vi erano stati 3 anni di intercettazioni telefoniche ed ambientali e parecchio materiale che era stato sequestrato.

In riferimento alle accuse di concussione, Imposimato ha sottolineato come non emerge da tutta l’ordinanza un solo atto con il quale Valentini abbia esercitato o chiesto a terzi di esercitare alcuna forma di illegittima pressione o di minaccia sul Tironesi (costruttore al quale inizialmente era stata revocata la concessione in sanatoria per la palazzina Edilmonte) o sulla Marra (titolare di una ditta di giardinaggio alla quale il sindaco aveva chiesto fatture recanti nel dettaglio l’indicazioni delle forniture, dopo aver avuto notizie su un inspiegabile ritiro di materiali per conto del Comune da parte del maresciallo dei carabinieri Di Gioia).

Il legale ha chiuso l’esposto con la richiesta di un procedimento al fine di verificare se tutti i comportamenti posti in essere nella vicenda dai magistrati di Sulmona siano stati rispettosi della legge. Sulla vicenda di Valentini, il Presidente dell’Ordine degli Avvocati dell’Aquila, Paolo Vecchioli in un articolo apparso su "Giustizia Giusta" ha parlato di una magistratura che manda liberi gli infami che sciolgono nell’acido i bambini e che suicida in carcere i galantuomini.

Droghe: Corleone, quella della Cassazione ottima sentenza

 

Ansa, 30 settembre 2004

 

"È un’ottima sentenza quella della Cassazione perché ribadisce il fatto che per uso personale di droga non ci può essere carcerazione". A sostenerlo è il presidente di Forum droghe, Franco Corleone, che sottolinea come la decisione di Piazza Cavour "è frutto del risultato del referendum del 1993".

"Dalla sentenza della Cassazione emerge chiaramente -dice Corleone - come per casi di arresto per detenzione il cittadino ha diritto alla riparazione per ingiusta detenzione". Secondo l’ex sottosegretario alla Giustizia con questa sentenza la Cassazione ha voluto anche rivolgere un monito "a quei magistrati che violano la legge attribuendo l’onere della prova di spaccio a carico del consumatore". "È questa la ragione per cui - aggiunge - sono oltre 18 mila i tossicodipendenti nelle carceri italiane, criminalizzati anche per il solo consumo di cannabis".

Dunque, una sentenza "importante quella della Cassazione che arriva nel momento in cui la proposta di legge Fini prevede la penalizzazione con condanne da 6 a 20 anni anche per i possessori i pochi milligrammi di cannabis giudicandolo uno spacciatore". "Domani - annuncia Corleone - al Senato sarà presentata una proposta di legge alternativa a quella del Governo per la piena depenalizzazione del consumo di droga, in favore delle politiche di riduzione del danno e per misure alternative al carcere per i tossicodipendenti". "Il confronto tra due mondi e convinzioni giuridiche - conclude - è ormai aperto nel Paese".

Giustizia: niente appello del Pm dopo proscioglimenti

 

Ansa, 30 settembre 2004

 

Abolire l’appello del pubblico ministero per le sentenze di proscioglimento? dai penalisti viene un deciso sì. Un consenso che i vertici dell’Unione delle Camere penali hanno espresso oggi nel corso di un’audizione informale davanti alla Commissione Giustizia della Camera e che hanno ribadito in una conferenza stampa convocata per presentare il loro decimo congresso ordinario, in programma a Bari dall’8 al 10 ottobre prossimo; un appuntamento a cui ha già assicurato la propria partecipazione il ministro della Giustizia Castelli.

Gli avvocati sono stati ascoltati su una proposta di legge presentata dal presidente della Commissione Gaetano Pecorella e che stabilisce che solo le sentenze di condanna possono essere appellate, non più dunque quelle di proscioglimento; e che il divieto vale sia per il pubblico ministero sia per l’imputato. Sulla cancellazione dell’appello del pm il consenso dei penalisti è totale: "siamo assolutamente favorevoli", ha detto il presidente dell’Unione Ettore Randazzo, facendo notare come sulla proposta vi sia già "un grande consenso, almeno in Commissione Giustizia".

"No" deciso invece a quegli emendamenti, come quelli presentati da Fanfani, che finirebbero per "neutralizzare la proposta, introducendo eccezioni al divieto assoluto stabilito per il pubblico ministero". Nessun dubbio sull’appello dell’imputato: secondo l’Ucpi va mantenuto; o, se proprio si vuole intervenire, restringendolo, si deve limitare il divieto alle sole sentenze di assoluzione pronunciate "con formula pienissima: il fatto non sussiste o l’imputato non l’ha commesso".

E un altro aspetto su cui riflettere ancora, secondo gli avvocati, sono gli effetti civili delle sentenze penali, visto il rischio che questa innovazione danneggi le parti civili. Certo, ha ammesso Randazzo, "sarebbe preferibile un intervento organico su tutto il sistema delle impugnazioni, ma in mancanza il Parlamento non si fermi: meglio fare le leggi che non farle, a maggior ragione quando su una proposta c’è largo consenso".

L’occasione per fare il punto sulla questione dell’appello, è stata dunque la presentazione del prossimo appuntamento congressuale, al quale è prevista la partecipazione di 300 delegati in rappresentanza delle 128 Camere penali e degli 8500 iscritti all’Unione e che rinnoverà il mandato all’attuale presidente. Al centro dell’attenzione i temi che stanno a cuore da tempo ai penalisti: dal "rischio Europa" e cioè dal pericolo che la costruzione dello spazio giuridico comune porti ad "un’involuzione delle nostra garanzie costituzionali" ("abbiamo ragione di temere che la Costituzione europea si traduca in un testo unico di pubblica sicurezza: in 448 articoli si parla 319 volte di sicurezza"), alle riforme necessarie per dare attuazione al principio costituzionale del giusto processo, a cominciare dalla separazione delle carriere in magistratura. Su questo punto il dissenso con il ddl Castelli è totale: "nella riforma del governo la separazione delle carriere viene solo evocata ma di fatto negata con il concorso unico per giudici e pm - ha detto Randazzo -.

Il ministro Castelli sa che non è quella la separazione delle carriere, ma ritiene che oggi non vi siano le condizioni politiche per attuarla e che questo risultato sia comunque qualcosa. Noi non siamo d’accordo". Con Castelli è polemica anche per la Commissione di riforma del codice di procedura penale che, appena istituita, è stata sospesa, dicono i penalisti, per la questione economica "incredibile", rappresentata dal rimborso del gettone di presenza ai componenti: "bloccare una commissione per questa ragione è preoccupante.

Oltretutto visto che è stata istituita a fine legislatura difficilmente riuscirà a raggiungere i risultati che si prefigge". Tanti gli ospiti politici al congresso: tra gli altri ci saranno Castelli e Rocco Buttiglione, Commissario europeo per gli Affari Interni e la Giustizia; l’ex capo dello Stato Francesco Cossiga, i presidenti delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato e diversi responsabili Giustizia dei partiti, il segretario dei Popolari-Udeur Clemente Mastella.

Anche la magistratura sarà rappresentata: ci saranno il vice presidente del Csm Virginio Rognoni, il primo presidente della Cassazione Nicola Marvulli e il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Edmondo Bruti Liberati. E all’Anm i penalisti rinnovano la proposta di un confronto sull’ordinamento giudiziario: "con i magistrati siamo d’accordo nel contrastare la verticalizzazione delle procure e l’avocazione illimitata delle procure generali. E se la loro preoccupazione è che la separazione delle carriere possa portare alla sottoposizione del Pm all’esecutivo, che noi per primi non vogliamo, si possono trovare insieme dei paletti per scongiurare questo timore".

Giustizia: Anm, l’appello del Pm non va eliminato

 

Ansa, 30 settembre 2004

 

Abolire del tutto l’appello del pubblico ministero per le sentenze di proscioglimento? L’Associazione nazionale magistrati non è d’accordo. Pensa che si possa discutere di limitazioni all’appello ma non della sua cancellazione e comunque ritiene che un’iniziativa di questo tipo andrebbe inserita in una rivisitazione complessiva dei mezzi di impugnazione.

Questa la posizione illustrata dai vertici dell’Anm alla Commissione Giustizia della Camera che ha all’esame una proposta di legge del presidente Gaetano Pecorella che prevede l’abolizione dell’appello rispetto alle sentenze di proscioglimento, sia da parte del pubblico ministero, sia da parte dell’imputato. Una posizione che però non è unitaria, come hanno fatto presente gli stessi dirigenti del sindacato delle toghe.

"Il pm è portatore dell’interesse dell’accertamento della verità e tutela anche la parte civile" sottolinea il segretario dell’Anm Carlo Fucci, spiegando le ragioni a favore del mantenimento dell’appello. L’alternativa a una soluzione radicale, potrebbe essere, hanno suggerito i magistrati, il giudizio rescindente: l’appello del Pm resterebbe; ma se il giudice di secondo grado l’accogliesse, annullando la sentenza di assoluzione, dovrebbe rimettere gli atti per il nuovo giudizio di merito al giudice di prima istanza.

Bobbio: An punta scoraggiare sfruttamento dei clandestini

 

L’Opinione on line, 30 settembre 2004

 

"Il reato d’immigrazione clandestina è il punto più importante che verrebbe introdotto - ha spiegato Luigi Bobbio (senatore di An che presenta gli emendamenti alla Bossi-Fini) -. Ora si attende di sapere quali emendamenti saranno presentati del governo, per stabilire un punto d’incontro: l’immigrazione è la materia più sentita da An".

Alleanza nazionale si prepara a rendere ancora più efficace la legge sull’immigrazione, meglio nota come Bossi-Fini. Le finalità che propone An mirano a scoraggiare definitivamente lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, e gli emendamenti introducono sia il "reato d’immigrazione clandestina" sia un giro di vite esemplare per gli imprenditori colti nell’atto dello "sfruttamento dell’immigrato".

Per farla breve, pene pecuniarie e carcere toccheranno ai proprietari dei capannoni agricoli dove vengono stipati (peggio delle bestie) gli immigrati utilizzati per le raccolte agricole: extracomunitari a cui vengono corrisposti 10 euro settimanali procapite, un piatto di minestra giornaliero e non corrisposti né i contributi pensionistici né quelli per l’assistenza sanitaria. Stessa sorte toccherà ad artigiani ed industriali che utilizzano extracomunitari non in regola, ed in casi di recidiva scatterà la chiusura dell’attività. Ma pene severe toccheranno anche agli immigrati che s’introdurranno in Italia clandestinamente, o con evidenti collusioni criminali e per consumare reati: per loro scatterà il massimo della sanzione penale prevista dal "reato d’immigrazione clandestina".

A redigere la parte più robusta dell’apporto migliorativo alla Bossi-Fini ha provveduto Luigi Bobbio, senatore di An e già magistrato alla procura di Napoli. Ed oggi il coordinatore nazionale di Alleanza nazionale (Ignazio La Russa), il capogruppo alla Camera (Gian Franco Anedda), il responsabile per l’immigrazione (Giampaolo Landi di Chiavenna) ed il senatore Luigi Bobbio (membro della commissione Giustizia) presentano gli emendamenti migliorativi della Fini-Bossi. Gli emendamenti, che sono stati analizzati in una riunione tra gli esponenti di An, attengono anche al miglioramento sanitario dell’accoglienza: la costruzione in ogni regione di un centro di permanenza e assistenza.

An caldeggia anche l’istituzione del Ministro per l’immigrazione. Ma il punto focale è l’introduzione del reato di immigrazione e permanenza in clandestinità, che introduce non pochi paletti: la revoca del permesso di soggiorno per i produttori ed i contraffattori di merce, l’istituzione di un’anagrafe tributaria per extracomunitari, l’introduzione del permesso di soggiorno per apprendistato e la creazione del Fondo di garanzia per progetti di cooperazione ed integrazione degli stranieri regolari. Al decreto legge che modifica la legge Bossi-Fini sull’immigrazione, all’esame delle commissioni riuniti e Affari costituzionali e Giustizia del Senato, sono stati presentati circa 40 emendamenti, tra cui anche il pacchetto annunciato nei giorni scorsi dal relatore del provvedimento, il senatore Luigi Bobbio.

Il termine della presentazione degli emendamenti è scaduto alle ore 13 di ieri, ma non è escluso che anche il governo presenti alcune proposte di modifica al ddl. "Confermo di aver presentato un pacchetto di emendamenti al decreto, tra cui quelli annunciati sull’istituzione del ministero per l’immigrazione e l’introduzione del reato di immigrazione clandestina - precisa il senatore Bobbio.

Gli emendamenti presentati possono essere divisi in due gruppi: uno riguarda tutti gli aspetti attuativi relativamente al lavoro dell’immigrato regolare con tutta una serie di profili di garanzia, sia per il lavoratore sia per il datore di lavoro, e sia per la tenuta del sistema nel quale il lavoratore si va a inserire.

Altri emendamenti sono legati più strettamente al contrasto del fenomeno dell’immigrazione clandestina. Ribadisco - continua Bobbio - che non è cosa da poco aver presentato un emendamento per l’introduzione del nostro ordinamento del reato di immigrazione clandestina e un altro emendamento per l’istituzione del ministero per l’immigrazione, ed altri emendamenti che introducono aspetti del diritto sostanziale e procedurale".

 

 

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