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Roma: sospese le proteste a Rebibbia, restano i disagi
Vita, 30 ottobre 2004
Solo 8 educatori per 1.650 detenuti. Totale inadempienza dell’Area educativa e quindi del diritto al trattamento penitenziario, parte fondante del reinserimento sociale. Solo 8 educatori per 1.650 detenuti. Totale inadempienza dell’Area educativa e quindi del diritto al trattamento penitenziario, parte fondante del reinserimento sociale. Questi alcuni dei punti di una lettera, in cui si annuncia la sospensione delle proteste, che 1.600 detenuti del carcere di Rebibbia hanno inviato al presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una delegazione dell’Ufficio presieduto da Luigi Manconi, Garante per i diritti dei detenuti del Comune di Roma, ha incontrato, oggi nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, la rappresentanza di detenuti che coordina la mobilitazione cominciata il 18 ottobre scorso. I detenuti, che fino ad oggi hanno aderito alla mobilitazione con lo sciopero del carrello e delle attività culturali, hanno reso noto di aver inviato una lettera al direttore dell’istituto penitenziario per informare che sospendono, da oggi, la mobilitazione "in attesa di risposte dalle autorità politiche nazionali". Nella lettera si spiega che le proteste ricominceranno tra 15 giorni "se queste risposte tarderanno a venire". I detenuti, in particolare aspettano che un provvedimento di clemenza venga incluso nel pacchetto giustizia e che l’iter della proposta di legge per l’abolizione dell’ergastolo continui il suo percorso legislativo Ragusa: commissione Giustizia Senato visita Casa circondariale
La Sicilia, 30 ottobre 2004
"L’amministrazione comunale ritiene importante e significativa la presenza della delegazione della commissione Giustizia del Senato e in particolare nel carcere di Modica - ha detto il vice sindaco Enzo Di Raimondo, che ha incontrato i parlamentari in rappresentanza dell’amministrazione comunale - perché rileva da una parte la consapevolezza dell’attualità, della drammaticità e della complessità di un problema, quale quello della realtà penitenziaria, dall’altra la volontà di conoscere tale realtà in modo diretto con visita alla Casa circondariale. Ciò dimostra, con i fatti, di credere in una nuova filosofia che si fonda sulla sensibilità, sull’attenzione e sull’impegno nel mettere al centro della propria visione e azione politica la dignità della persona umana, cercando di migliorare o di creare le condizioni reali di riscatto e di recupero a livello umano e sociale". La delegazione era capeggiata dal presidente, senatore Leonzio Borea e dai componenti senatore Costantino Garraffa, Giuliano De e senatore Francesco Del Reno, quest’ultimo con mansioni di segretario, ed è stata accompagnata dal senatore Riccardo Minardo. Nella Casa circondariale di Piano del Gesù la delegazione parlamentare ha avuto modo di verificare le condizioni strutturali, la qualità della realtà penitenziaria e di vita dei detenuti e ovviamente di quanti operano nella struttura. Al centro della visita, come detto, c’è stato anche un confronto sul nuovo carcere previsto in contrada Catanzarello e per il quale il Comune sta operando predisponendo gli atti necessari per concretizzare il finanziamento. "La costruzione della nuova Casa circondariale di Modica - ha dichiarato il vice sindaco Di Raimondo - assume per noi un significato singolare, Esso innanzitutto rafforza la presenza dello Stato in una città che in fatto di amministrazione della giustizia vanta una gloriosa tradizione che affonda le radici nel XVI secolo con la presenza di gradi di giudizio, che solo poche città in Sicilia potevano vantare. Si consentirà anche di poter "liberare" l’attuale sito, la chiesa di Santa Maria del Gesù con annesso convento, che sarà restituito, ristrutturato alla città, ai turisti e ai visitatori. Esso costituisce, infatti, un patrimonio artistico-culturale di prima grandezza". Cagliari: incontro - dibattito sulla protesta dei detenuti
Unione Sarda, 30 ottobre 2004
Un incontro dibattito sul sistema carcerario italiano e il suo superamento è in programma oggi alle 17 alla Casa dello Studente di via Trentino (Teatro Nanni Loy). L’iniziativa è del Comitato 5 novembre che in questo modo vuole esprimere "piena solidarietà ai detenuti impegnati in lotte pacifiche e non violente con lo sciopero della fame" ma soprattutto "garantire la creazione di un percorso di integrazione e reinserimento sociale". Sul tema abbastanza complesso e delicato si svolgerà un dibattito aperto al pubblico. Cassazione: stipendi dei detenuti devono essere aggiornati
Ansa, 30 ottobre 2004
Lo stipendio del detenuto che lavora in carcere deve essere aggiornato alle nuove tabelle contrattuali. Lo ha disposto la prima sezione penale della Cassazione che ha accolto sul punto il ricorso presentato - contro la pronuncia in senso contrario del magistrato di sorveglianza di Roma - dagli avvocati Antonio Stellato e Riccardo Faranda per conto di Vittorio Speranza, 49 anni, che durante l’espiazione della pena ha lavorato a Rebibbia come falegname. La suprema corte, che ha annullato con rinvio l’ordinanza, ha preso in considerazione quanto segnalato dai legali e cioè che la commissione ministeriale incaricata di determinare lo stipendio di chi lavora in carcere non si riunisce da anni ed ha emesso le ultime decisioni nel ‘93. La corte ha stabilito che, pur non potendosi "prescindere dai deliberati della commissione, occorre adeguarli all’evoluzione della contrattazione collettiva nel tempo. Il magistrato di sorveglianza, partendo dall’ultima decisione della commissione e adeguandosi ai criteri dalla stessa esposti – si legge nelle motivazioni – dovrà aggiornarli cronologicamente, facendo riferimento appunto allo sviluppo avuto negli anni dai corrispondenti contratti di lavoro, al fine di determinare l’equa mercede spettante" a Vittorio Speranza. "È la prima volta - sottolinea l’avvocato Antonio Stellato - che si dichiara esplicitamente che i lavoratori detenuti hanno diritto a una remunerazione corrispondente alla quantità e qualità dell’attività prestata e che, quindi, va aggiornata. Visto che la commissione non si riunisce dal ‘93, gli stipendi sono rimasti "fermi" a dieci anni fa. Questo risultato rappresenta una vittoria dell’organismo "Nuovi diritti" della Cgil che si occupa di tutelare i soggetti più emarginati e deboli, privi normalmente di assistenza legale". Torino: seminario sui Centri di Servizio Sociale per Adulti
Ansa, 30 ottobre 2004
La Regione Piemonte e il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria - Ufficio dell’Esecuzione penale esterna - hanno organizzato un seminario sul tema "La progettazione nei Centri di Servizio sociale per Adulti", per mettere in luce i risultati dei percorsi formativi realizzati per gli operatori che si occupano della gestione delle misure alternative e del reinserimento socio - lavorativo dei detenuti. I Centri di Servizio sociale Adulti, cinque in Piemonte (Alessandria, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli) sono gli uffici territoriali dell’esecuzione penale esterna e curano l’applicazione ed esecuzione delle misure alternative, delle sanzioni sostitutive e delle misure di sicurezza, in coordinamento ovviamente con le istituzioni e i servizi sociali che operano sul territorio. Nel primo semestre 2004 i CSSA hanno seguito 2.159 misure alternative e 1.767 osservazioni in carcere e dalla libertà. Durante il Seminario sono stati presentati i risultati di due progetti di formazione del personale dei CSSA e degli educatori che operano in carcere: il percorso formativo D.O.M.I.N.O (Dinamizzare organizzazioni mobilitando investimenti per nuovi output) e F.AR.E (Formazione di assistenti sociali ed educatori sulle modalità di trattamento del reo in relazione alla riflessione critica sul reato commesso.) I due progetti sono stati realizzati nel periodo gennaio 2003-ottobre 2004 ed hanno coinvolto direttori ed assistenti sociali dei Centri di Servizio Sociali ed alcuni educatori degli Istituzioni Penitenziari di Cuneo, Asti, Vercelli e Verbania. Erano presenti oltre all’assessore regionale alle Politiche Sociali, Mariangela Cotto, il provveditore dell’ Amministrazione Penitenziaria, Angelo Zaccagnino, il presidente del Tribunale di Sorveglianza, Giuseppe Burzio. Per l’assessore Cotto "l’area penale esterna è stata spesso considerata il carcere invisibile; in realtà l’introduzione delle misure alternative alla detenzione fatto dal legislatore sottendeva un’idea di esecuzione penale articolata e flessibile per alcune forme di devianza, diversa da quella scontata nelle carceri. Le persone condannate, durante e dopo la pena, continuano a vivere nella propria comunità sociale che, se non si attuano interventi di recupero e reinserimento, si troverà di fronte a ricadute in percorsi devianti con costi umani e sociali molto alti. Dobbiamo pertanto chiederci come operare affinché le misure alternative non siano solo misure prescrittive, che limitano la libertà, ma offrano vere opportunità di cambiamento per le persone". Arezzo: detenuti in scena con un Beckett multilingue
Ansa, 30 ottobre 2004
Si chiama "Il Gabbiano", come l’uccello che vola libero tra mare e terra, a volte al seguito delle navi, ma spesso vivendo sopra le discariche. È la compagnia che da 12 anni recita in carcere ad Arezzo e che da oggi e per tre giorni mette in scena il nuovo spettacolo, una "Apocalisse secondo Beckett", rivista e corretta sulle esigenze non tanto del copione, ma degli attori. "Il Gabbiano" è un gruppo teatrale con un altissimo turnover, con tutte le difficoltà e i problemi che ciò comporta e che il regista deve affrontare. È la compagnia in cui si parlano più lingue per la presenze di attori di ogni nazionalità ed è formata quasi esclusivamente da carcerati. "Qui c’è un grande ricambio - ricorda il direttore Paolo Basco - e in genere ogni tre mesi cambia la stragrande maggioranza della popolazione carceraria". Così per il regista Gianfranco Pedullà il lavoro è ancora più arduo, ma anche più ricco. Il suo Beckett deve tener conto delle lingue, delle musiche, dei costumi e a volte anche delle religioni dei suoi attori. Una ricchezza che emerge con forza dallo spettacolo che rappresenta un appuntamento ormai irrinunciabile nella vita del carcere aretino. "Da quest’anno abbiamo deciso di dedicare un locale del carcere - ha detto ancora il direttore Basco - in modo permanente alla sala prove". Torino: alle Vallette progetto teatrale con Davide Ferrario
Ansa, 30 ottobre 2004
Attivo da 10 anni, dal 1993, il progetto teatrale "Scoprire il volto", interno al carcere delle Vallette di Torino, si è allargato coinvolgendo alcune centinaia di persone, tra cui anche il regista Davide Ferrario che potrebbe anche decidere di usare questa esperienza per un prossimo film. Stamani l’assessore comunale alla Cultura, Fiorenzo Alfieri (coinvolto personalmente, un venerdì al mese da due anni, nel lavoro con i detenuti), il direttore del carcere, Pietro Buffa e il regista Claudio Montagna (che segue il progetto dall’inizio) hanno raccontato le ultime esperienze fatte dai detenuti "teatranti", circa 30 persone della sezione Prometeo (nel blocco maschile A), ma soprattutto hanno reso noto che sono coinvolti al progetto almeno 400 cittadini. "Prima di tutto - hanno detto Alfieri e Buffa - vogliamo dire che non stiamo facendo nulla di speciale, ma qualcosa in cui crediamo molto e di cui stiamo raccogliendo i frutti, qualcosa che davvero sembra riuscire a mettere in contatto il mondo del carcere con la cosiddetta società civile". Il coinvolgimento della città ha toccato il suo culmine in questi ultimi mesi, dopo che l’anno scorso, erano stati invitati in carcere, ad assistere agli spettacoli, a gruppi, oltre mille persone, prima i commercianti, poi gli aderenti all’Unione Industriale di Torino e i rappresentanti del mondo universitario. "Di queste - ha detto Alfieri - 400 sono finite in una main list e le stiamo continuando a coinvolgere. Ne è venuto fuori un progetto in itinere che non sappiamo bene dove porterà, ma che sta entusiasmando chi lo ha pensato e realizzato, in primo luogo i detenuti". Nel corso di questi dieci anni, i detenuti hanno realizzato diversi spettacoli, tutti su temi molto vicini alla loro realtà quotidiana, compreso il disagio e la paura del ritorno alla "normalità", tra cui "Un varietà", nel 2002, e l’ultimo "Il paradiso terrestre". I detenuti coinvolti sono in buona parte sieropositivi (tra loro ci sono anche due extracomunitari) ma non solo. "Questa esperienza - ha detto Buffa - ha fatto emergere anche la volontà di coinvolgimento del personale del carcere, in primo luogo degli agenti penitenziari, e questo è un dato molto interessante per noi. Inoltre c’è da dire che per il pubblico esterno si tratta di un’esperienza molto forte emotivamente, che in genere lascia dei segni, tutti elementi, questi, che fanno pensare ad un bilancio nel complesso molto positivo di questo lavoro". Attivo da 10 anni, dal 1993, il progetto teatrale "Scoprire il volto", interno al carcere delle Vallette di Torino, si è allargato coinvolgendo alcune centinaia di persone, tra cui anche il regista Davide Ferrario che potrebbe anche decidere di usare questa esperienza per un prossimo film. Stamani l’assessore comunale alla Cultura, Fiorenzo Alfieri (coinvolto personalmente, un venerdì al mese da due anni, nel lavoro con i detenuti), il direttore del carcere, Pietro Buffa e il regista Claudio Montagna (che segue il progetto dall’inizio) hanno raccontato le ultime esperienze fatte dai detenuti "teatranti", circa 30 persone della sezione Prometeo (nel blocco maschile A), ma soprattutto hanno reso noto che sono coinvolti al progetto almeno 400 cittadini. "Prima di tutto - hanno detto Alfieri e Buffa - vogliamo dire che non stiamo facendo nulla di speciale, ma qualcosa in cui crediamo molto e di cui stiamo raccogliendo i frutti, qualcosa che davvero sembra riuscire a mettere in contatto il mondo del carcere con la cosiddetta società civile". Il coinvolgimento della città ha toccato il suo culmine in questi ultimi mesi, dopo che l’anno scorso, erano stati invitati in carcere, ad assistere agli spettacoli, a gruppi, oltre mille persone, prima i commercianti, poi gli aderenti all’Unione Industriale di Torino e i rappresentanti del mondo universitario. "Di queste - ha detto Alfieri - 400 sono finite in una main list e le stiamo continuando a coinvolgere. Ne è venuto fuori un progetto in itinere che non sappiamo bene dove porterà, ma che sta entusiasmando chi lo ha pensato e realizzato, in primo luogo i detenuti". Nel corso di questi dieci anni, i detenuti hanno realizzato diversi spettacoli, tutti su temi molto vicini alla loro realtà quotidiana, compreso il disagio e la paura del ritorno alla "normalità", tra cui "Un varietà", nel 2002, e l’ultimo "Il paradiso terrestre". I detenuti coinvolti sono in buona parte sieropositivi (tra loro ci sono anche due extracomunitari) ma non solo. "Questa esperienza - ha detto Buffa - ha fatto emergere anche la volontà di coinvolgimento del personale del carcere, in primo luogo degli agenti penitenziari, e questo è un dato molto interessante per noi. Inoltre c’ è da dire che per il pubblico esterno si tratta di un’ esperienza molto forte emotivamente, che in genere lascia dei segni, tutti elementi, questi, che fanno pensare ad un bilancio nel complesso molto positivo di questo lavoro". Attivo da 10 anni, dal 1993, il progetto teatrale "Scoprire il volto", interno al carcere delle Vallette di Torino, si è allargato coinvolgendo alcune centinaia di persone, tra cui anche il regista Davide Ferrario che potrebbe anche decidere di usare questa esperienza per un prossimo film. Stamani l’assessore comunale alla Cultura, Fiorenzo Alfieri (coinvolto personalmente, un venerdì al mese da due anni, nel lavoro con i detenuti), il direttore del carcere, Pietro Buffa e il regista Claudio Montagna (che segue il progetto dall’inizio) hanno raccontato le ultime esperienze fatte dai detenuti "teatranti", circa 30 persone della sezione Prometeo (nel blocco maschile A), ma soprattutto hanno reso noto che sono coinvolti al progetto almeno 400 cittadini. "Prima di tutto - hanno detto Alfieri e Buffa - vogliamo dire che non stiamo facendo nulla di speciale, ma qualcosa in cui crediamo molto e di cui stiamo raccogliendo i frutti, qualcosa che davvero sembra riuscire a mettere in contatto il mondo del carcere con la cosiddetta società civile". Il coinvolgimento della città ha toccato il suo culmine in questi ultimi mesi, dopo che l’anno scorso, erano stati invitati in carcere, ad assistere agli spettacoli, a gruppi, oltre mille persone, prima i commercianti, poi gli aderenti all’Unione Industriale di Torino e i rappresentanti del mondo universitario. "Di queste - ha detto Alfieri - 400 sono finite in una main list e le stiamo continuando a coinvolgere. Ne è venuto fuori un progetto in itinere che non sappiamo bene dove porterà, ma che sta entusiasmando chi lo ha pensato e realizzato, in primo luogo i detenuti". Nel corso di questi dieci anni, i detenuti hanno realizzato diversi spettacoli, tutti su temi molto vicini alla loro realtà quotidiana, compreso il disagio e la paura del ritorno alla "normalità", tra cui "Un varietà", nel 2002, e l’ultimo "Il paradiso terrestre". I detenuti coinvolti sono in buona parte sieropositivi (tra loro ci sono anche due extracomunitari) ma non solo. "Questa esperienza - ha detto Buffa - ha fatto emergere anche la volontà di coinvolgimento del personale del carcere, in primo luogo degli agenti penitenziari, e questo è un dato molto interessante per noi. Inoltre c’ è da dire che per il pubblico esterno si tratta di un’esperienza molto forte emotivamente, che in genere lascia dei segni, tutti elementi, questi, che fanno pensare ad un bilancio nel complesso molto positivo di questo lavoro". Lazio: Mezzabotta (Ds) "la situazione a Rebibbia è esplosiva"
Adnkronos, 30 ottobre 2004
"Siamo tornate a visitare la sezione femminile del carcere di Rebibbia e dobbiamo dire che la situazione è sempre più preoccupante". È quanto affermano il consigliere regionale del Lazio Loredana Mezzabotta e il consigliere provinciale di Roma dei Ds, Cecilia D’Elia. I due consiglieri ricordano che "da ormai 11 giorni va avanti la protesta delle detenute, che coinvolge 50 carceri in tutta Italia. Svizzera: due suicidi in cella, a Zurigo e a Kriens (LU)
Swissinfo, 30 ottobre 2004
Un uomo di 47 anni che aveva recentemente confessato di essere l’autore di una serie di gravi reati sessuali commessi fra il 1992 ed il 1996 su almeno cinque ragazzine si è suicidato la notte scorsa in una cella delle carceri per la detenzione preventiva di Zurigo. Un altro suicidio è stato registrato ieri pomeriggio in un carcere di Kriens (LU). L’uomo che si è tolto la vita a Zurigo era stato arrestato alla metà di settembre in seguito ad una violenta lite con la moglie, indica una nota della procura distrettuale di Bülach (ZH). La sua identificazione quale responsabile della serie di reati sessuali rimasti per anni irrisolti è avvenuta quasi per caso, in seguito ad un esame del DNA. Gli inquirenti zurighesi erano da anni alla ricerca dell’autore della serie di reati che hanno interessato ragazzine fra i 10 ed i 13 anni d’età in diversi comuni dei cantoni di Zurigo e Argovia. In tutti i casi l’uomo aveva adescato le ragazze all’uscita di scuola, ha indicato il giudice istruttore Christoph Naef. Nelle sue indagini la procura distrettuale di Bülach aveva controllato fra il 1997 ed il 2002 quasi 200 persone, ordinando un esame del DNA. Ma i confronti non hanno dato alcun risultato: fino all’arresto del 47enne, che dopo il risultato dell’esame del DNA ha finito col confessare tutti e cinque i casi oggetto dell’inchiesta e si è pure addossato la responsabilità di altri due casi analoghi, uno dei quali non era nemmeno noto alla polizia. Gli inquirenti precisano nella nota che l’uomo ha dichiarato di non aver più commesso delitti a sfondo sessuale dopo il 1996 e che la sua dichiarazione è ancora oggetto di verifiche. Tempio Pausania: agenti in agitazione, le ragioni della direttrice
L’Unione Sarda, 30 ottobre 2004
Ieri è saltata anche la festa della polizia penitenziaria che la direttrice Patrizia Incollu aveva organizzato prevedendo anche uno spettacolo dentro la Rotonda. Invece l’iniziativa è coincisa con l’inizio della protesta da parte di alcuni agenti della polizia penitenziaria che contestano l’organizzazione del lavoro dentro il carcere. Una situazione che difficilmente potrà andare avanti per lungo tempo. Da una parte c’è la direttrice, alla quale, comunque, il personale della polizia penitenziaria riconosce di essersi finalmente occupata dell’istituto, dall’altra i sindacati che non sono più disposti ad accettare le conseguenze delle drammatiche carenze di organico. E se diversi agenti ieri si sono astenuti dalla mensa pur rispondendo all’invito della Cisl, Patrizia Incollu ha voluto spiegare le sue ragioni. Alcune sigle sindacali contestano, in modo particolare, la scelta di reintrodurre il terzo turno, nell’organizzazione dei servizi. In pratica, questa decisione allunga di diverse ore il periodo di permanenza del personale dentro il carcere. I sindacati sostengono che le scelte dell’organizzazione del lavoro sono state prese senza il necessario coinvolgimento dei rappresentanti degli agenti. "Ci siamo trovati? spiega la direttrice Patrizia Incollu? in una situazione di emergenza. Il personale a disposizione, già ai minimi termini, è stato ulteriormente ridotto dalle malattie di una parte degli agenti. Parliamo di quasi un terzo degli uomini a disposizione. Ora, io devo garantire la sicurezza dell’istituto e per questo sono stata anche costretta a prendere delle decisioni urgenti. Non c’è nessuna volontà di escludere i sindacati dal confronto sull’organizzazione dei servizi. Ma questo è il quadro che ha portato alla introduzione del terzo turno". In pratica, secondo Patrizia Incollu, non c’erano alternative a questa decisione. La Cisl, invece, vede le cose molto diversamente. D’altra parte proprio per questo il sindacato ha chiesto agli agenti di non utilizzare la mensa interna. "E potremo anche continuare la protesta? dice il delegato Giovanni Villa? con altre forme ancora più incisive. Ci sembra che si vogliano risolvere problemi riguardanti altre questioni, con il discorso del terzo turno. Ma noi non siamo disposti ad accettare una imposizione di questo tipo". Alla fine, così come è successo in passato, alla Rotonda ognuno ha le sue ragioni. Episodi avvenuti nelle ultime settimane hanno convinto la direttrice del carcere a modificare l’organizzazione del lavoro. Gli agenti che possono garantire i turni di servizio sono veramente pochi. In caso di interventi urgenti nelle celle, il carcere va in tilt. I sindacati proclamano lo stato di agitazione, ma senza personale i miracoli sono veramente difficili. Milano: caldarroste e piante per i detenuti di San Vittore
La Provincia di Lecco, 30 ottobre 2004
"Coltivare la vita" in carcere, tra fiori e castagne. Una bella sorpresa per i detenuti di San Vittore, la visita degli alpini di Calolzio e dei membri della Polisportiva di Monte Marenzo. I due sodalizi sono stati protagonisti di una festa nel penitenziario milanese, dove hanno portato piantine di fiori e caldarroste, accolti da una parte dei 1200 ospiti e dei mille agenti penitenziari. "È stata un’esperienza esaltante, dal punto di vista umano – commenta Carlo Viganò, vice capogruppo delle penne nere calolziesi, intervenuto insieme a Bruno Mandelli, Aldo Valsecchi, Lino Raveglia, Dino Bonaiti, Claudio Spreafico e Luigi Girelli -. Abbiamo incontrato i detenuti del quarto raggio del carcere, denominato "La Nave". Si tratta di ragazzi che restano qui dai 2 agli 8 anni per reati di vario genere. Ma, in realtà, sembrava di essere in una caserma, per il clima cameratesco che abbiamo trovato. Pacche sulle spalle, scambi di battute, risate: davvero un’atmosfera calda". Giunti al quarto raggio, gli alpini hanno iniziato a sfornare caldarroste, gustate in quantità dagli ospiti (ne sono state preparate ben 170 kg). "La prima volta che sono entrato qui chiesi la vostra solidarietà in favore di Telethon – ha detto Angelo Fontana ai carcerati - e la risposta fu straordinaria". Così, "ha preso l’avvio il progetto "Coltivare la vita", per abbellire alcune aree interne alla casa circondariale con fiori, come invito a coltivare lo spirito affinché, non venga mai meno la speranza". "Abbiamo cercato di creare un’atmosfera legata alle stagioni, portando all’interno di queste mura i profumi e i sapori dell’autunno, preparando sul fuoco le caldarroste". Così, i detenuti hanno ricevuto la scorsa settimana cento vasetti contenenti bulbi di narciso, che fioriranno per il prossimo dicembre, pronti per essere al centro di altre iniziative di beneficenza. All’iniziativa hanno collaborato la direzione del carcere, con il direttore Francesco Fronterre e la sua vice Elisabetta Palù, le Province di Milano, rappresentata dall’assessore Francesca Corso, e di Lecco, presente con Emanuele Panzeri, la Regione Lombardia, con l’assessore Maiolo, L’Asl e il Comune di Milano. Legge su reato di diffamazione, una riforma da riformare
Il Barbiere della Sera, 30 ottobre 2004
Persino Jannuzzi, per il quale è stata fatta, la giudica liberticida. Pene triplicate se ci sono di mezzo politici e magistrati. La Giunta dell’Unione nazionale cronisti italiani, riunitasi a Roma, solidarizza con il collega Lino Jannuzzi (l’unico giornalista che abbia rischiato per davvero la galera in quasi 60 anni di democrazia), il quale giudica liberticida la riforma del reato di diffamazione a mezzo stampa varata in prima lettura dalla Camera: meglio il carcere che la sospensione dalla scrivere (l’interdizione dalla professione fino a sei mesi). L’UNCI ribadisce che la nuova normativa elimina lo spauracchio delle manette, ma rafforza il condizionamento del diritto dovere di cronaca, della professionalità e dell’autonomia di giudizio. Le pene sono triplicate quando a sentirsi offesi sono politici, magistrati e funzionari degli apparati pubblici. La condanna penale e l’interdizione sono a discrezione di un giudice monocratico (invece di un tribunale collegiale) e forse addirittura, secondo l’interpretazione di alcuni giuristi, di un giudice di pace che pronuncerebbe sentenze inappellabili. Si discriminano i giornalisti tra tutte le categorie professionali, perché nessun altra opera sotto la mannaia della pena all’interdizione tagliata su misura. Il processo è meno garantista, perché salta l’udienza preliminare, dove cadevano la maggior parte delle querele avventate; perché non è concessa al giornalista la facoltà di provare la verità dei fatti; perché non garantisce il rispetto del segreto professionale (un emendamento cancellato in commissione giustizia); perché non impone all’autorità giudiziaria il divieto di sequestri e intercettazioni telefoniche a tutela delle fonti di informazione e a freno delle querele facili; perché la scomparsa delle manette potrebbe produrre il giro di vite di sentenze esemplari; perché non costituisce esimente per le cause civili e anzi spiana la strada alle richieste di risarcimento il cui tetto di 30 mila euro può diventare una misura di routine, peraltro agevolmente scavalcabile in caso di recidiva. Infine, la tanto sbandierata alternativa della rettifica obbliga a ingoiare il rospo di possibili precisazioni fasulle, perché 2 giorni di tempo per pubblicarla con evidenza, non permettono una verifica approfondita sulla veridicità dei contenuti, perché sono vietati commenti ed obiezioni, ed inoltre, il risvolto più pericoloso, perché non è contestata al giornalista, bensì al suo direttore che potrebbe ignorarla determinando la condanna del cronista. L’UNCI confida che l’Ordine dei giornalisti e la Federazione della stampa concordino sull’opportunità di costituire un tavolo comune con i cronisti al fine di presentare un piattaforma di emendamenti in vista dell’esame della riforma al Senato. Fermo (AP): carcere più sicuro, evitato pure un suicidio
Il Messaggero, 30 ottobre 2004
"Con i lavori sul sistema di sicurezza appena effettuati il carcere è più sicuro che in passato". Con queste parole, Maurizio Pennelli, direttore della Casa di Reclusione di Fermo mette a tacere tutte le polemiche riguardanti la struttura che dirige e che si erano levate dopo che due detenuti (poi riacciuffati) erano riusciti ad evadere il giorno di ferragosto dell’anno scorso. Sessanta detenuti per quarantasei unità di Polizia Penitenziaria questa è la realtà fermana dove la sorveglianza è aumentata, nonostante, la carenza di organico. "Un tentativo di suicidio è stato sventato grazie al tempestivo intervento di un nostro agente - afferma il comandante della Polizia Penitenziaria del carcere, ispettore Andrea Tosoni. Un detenuto ha, infatti, tentato di impiccarsi e solo grazie alla tempestività di un agente e alle indubbie capacità professionali dimostrate in quell’occasione, l’insano gesto non è stato portato a compimento". L’occasione per parlare della realtà carceraria di via della Misericordia è stata la festa della Polizia Penitenziaria che si è tenuta mercoledì pomeriggio a Villa Vitali a Fermo. Tosoni è stato chiamato da circa un anno (proprio a seguito delle evasioni) a ricoprire nuovamente (avendolo già fatto in epoca precedente) le funzioni di comandante della sede fermana dove dirige l’attività di 44 uomini e 2 donne rispettivamente 2 ispettori, 6 sovrintendenti, 38 agenti ed assistenti. Ciò a fronte di un organico previsto pari a 49 unità. "Da questi numeri - dice ancora Tosoni - apparentemente confortanti rispetto ad altre situazioni di carenza, anche grave, sul territorio nazionale, si devono però detrarre diverse unità che soprattutto negli ultimi mesi sono chiamate a prestare servizi presso altre strutture dell’amministrazione penitenziaria anche fuori dai confini regionali. Ciononostante il servizio è disposto su 4 quadranti orari nell’arco delle 24 ore ed in linea con le vigenti disposizioni in materia di organizzazione del lavoro". "Anche se lavoriamo con tre quarti della forza, riusciamo - precisa il direttore Pennelli - comunque ad offrire un servizio a tutto tondo". Dal carcere di Fermo sono state svolte 310 "traduzioni" per un totale di 350 detenuti tradotti ed è stato effettuato un piantonamento in luoghi esterni alla casa circondariale impiegando in questi servizi ben 1.056 unità. La Polizia Penitenziaria ha anche effettuato un arresto nei confronti della moglie di un detenuto, la quale dopo un controllo risultava inottemperante all’ordine del Questore di Livorno a lasciare il territorio nazionale. Una vera forza di polizia, dunque, come ha sottolineato il tenente colonnello Ernesto Cimino, Capo ufficio regionale del reparto traduzioni e piantonamenti. Nelle Marche questo Ufficio ha 60 unità, di cui 5 a Fermo. Regionalmente la Polizia Penitenziaria ha in uso 79 automezzi di cui 13 blindati per il trasporto dei detenuti, cui vanno aggiunte 6 auto blindate e vari altri mezzi. Nel 2003 nelle Marche si sono svolte 3.082 "traduzioni" che hanno movimentato 4.268 detenuti di cui 1.463 davanti all’autorità giudiziaria ed utilizzando 1.896 agenti. Da una previsione in base alle statistiche vi è, nel 2004, un incremento del 30% delle traduzioni e un 40% delle giornate di degenza dei detenuti presso strutture esterne. Civitavecchia: Angiolo Marroni in visita all’istituto di pena
Adnkronos, 30 ottobre 2004
Attivare una commissione interna per dialogare con la direzione dell’Istituto penitenziario e risolvere i problemi più urgenti che affliggono la popolazione del carcere di Civitavecchia. Sono queste le richieste presentate dai detenuti al Garante regionale per le persone sottoposte a limitazioni della libertà personali Angiolo Marroni, che questa mattina si è recato in visita al carcere di Civitavecchia. La visita era stata sollecitata nei giorni scorsi dagli stessi detenuti, che avevano inviato un telegramma a Marroni. Viterbo: Polizia Penitenziaria proclama stato di agitazione
Ansa, 30 ottobre 2004
Stato di agitazione alla casa circondariale del capoluogo. Lo hanno proclamato - al termine di un’assemblea alla quale partecipato gli agenti della Polizia penitenziaria - le organizzazioni sindacali confederali. La decisione è stata assunta alla luce "delle gravi carenze di personale in servizio che comportano una impossibile gestione dell’istituto e comprimono i diritti dei lavoratori (sospensione dei congedi ordinari, continui provvedimenti di distacco di personale destinate ad altre sedi etc.)". In una nota indirizzata alla direzione di Mammagialla e al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, i sindacati annunciano che a breve "saranno comunicati i tempi e i modi della protesta". L’Osapp non sarà all’incontro il 3 novembre con il Provveditore Ettore Zecchino, al contrario di Cgil-fp, Csil, Uil e Seppe. "Il 3 alle ore 9.30, una nostra delegazione - afferma il segretario regionale Proietti Consalvi - porterà il presidio a Porta Tarquinia per far conoscere alla città i problemi della Polizia Penitenziaria". Cremona: la Polizia penitenziaria in festa...
La Provincia di Cremona, 30 ottobre 2004
Al servizio del paese. Con professionalità, dedizione, sacrificio. Perché il carcere non è solo il luogo della pena, ma anche quello della redenzione. Dove ogni uomo, soprattutto quello che sbaglia, merita rispetto, affetto, attenzione. Come gratitudine infinita deve andare al Corpo della Polizia Penitenziaria che ieri mattina in sant’Omobono, presenti le massime autorità civili e militari (dal prefetto Oreste Iovino al questore Aniello Sciavicco, dal presidente della provincia Giuseppe Torchio all’assessore comunale Caterina Ruggeri) ha festeggiato il patrono san Basilide. Una cerimonia insieme intensa e familiare, austera e partecipata, resa solenne dal suono dell’organo con il maestro Isidoro Gusberti. Agenti schierati in piazza, con unità cinofile, automezzi, bandiera, ordine. Regia perfetta dell’ispettore Alvaro Capuano. In chiesa la messa presieduta dal vescovo Dante Lafranconi affiancato dal cappellano don Felice Bosio (pioniere del dialogo tra carcere e città), don Carlo Manfredini, don Luca Bosio e don Antonio Pezzetti, direttore della Caritas (presente a Cà del Ferro con molte iniziativa). Il vescovo, nella sua incisiva omelia, ha ricordato che ogni uomo, anche quello che sbaglia, deve avere attenzione, stima,ascolto. Perchè ogni uomo, ha aggiunto Lafranconi, ha dignità e possibilità di riscatto. Infine il vescovo ha ringraziato la Polizia penitenziaria per il lavoro duro che fa. Al termine della messa, dopo la lettura dei messaggi del ministro Castelli e del direttore Dap Giovanni Tinebra, due significativi interventi: quello della direttrice reggente Maria Gabriella Lusi e del comandante Roberto Re. La direttrice ha elogiato la capacità e la professionalità degli uomini e delle donne del Corpo, che sanno far fronte ad ogni emergenza. Il comandante, visibilmente commosso, si è detto fiero dei suoi agenti che fanno bene e fanno del bene. Nonostante carenze di organico e nuovi quotidiani compiti. Applausi convinti e fiori per la direttrice e le agenti. E simpatico rinfresco conclusivo al Cattaneo.
I numeri del carcere
Agenti in servizio: 159 Detenuti: 300. Italiani: 182. Capienza massima: 310. Traduzioni: 920. Detenuti entrati quest’anno: 433. Detenuti usciti e trasferiti: 352 (13 per l’indultino). Operazioni unità cinofila: 17. Operazioni polizia giudiziaria: 246. Direttore reggente: Maria Gabriella Lusi. Cappellano: don Felice Bosio (parroco di sant’Agostino). Volontariato: Zona Franca, Caritas, preti diocesani. Teramo: festa degli agenti di custodia, i dati sull’attività
Il Tempo, 30 ottobre 2004
In un anno ventiquattro tentativi di suicidio in carcere. Droga, 120 denunciati tra cui 4 familiari di detenuti che hanno provato a introdurre stupefacenti oltre le sbarre. Tradizionale appuntamento con la festa annuale degli agenti di polizia penitenziaria nel carcere di Castrogno. Ieri mattina l’arcivescovo di Teramo Atri, monsignor Vincenzo D’Addario, ha celebrato la messa alla presenza delle autorità civili e militari, del direttore Giovanni Giammaria, il quale al termine della celebrazione eucaristica ha letto i messaggi del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, del Ministro della Giustizia Roberto Castelli e del Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Tinebra. Subito dopo è stata presentata la relazione dell’attività annuale svolta dal corpo di Polizia penitenziaria. Sono 197 gli agenti nel carcere di Castrogno a fronte di una popolazione di 380 detenuti. Sotto l’organico previsto, come più volte evidenziato dalle organizzazioni sindacali. Nel corso degli ultimi dodici mesi sono state 120 le denunce per spaccio di sostanze stupefacenti all’interno del carcere e quattro gli arresti di familiari di detenuti che hanno cercato di introdurre droga oltre le sbarre. 24 sono stati i detenuti salvati dopo che avevano tentato di suicidarsi tagliandosi le vene o impiccandosi. Un dato quest’ultimo sicuramente preoccupante. Il nucleo traduzioni ha effettuato ben 453 accompagnamenti. In tutto i detenuti transitati nel carcere di Castrogno sono stati 1.200, settecento in seguito ad arresti e la parte rimanente proveniente da altri istituti detentivi.
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