Rassegna stampa 17 novembre

 

Antigone: il taglio delle libertà nelle carceri italiane

 

Il Manifesto, 17 novembre 2004

 

Dossier di Antigone: penitenziari affollati, Italia al quarto posto in Europa. Raddoppiano anche le misure alternative e si prepara la privatizzazione. E il 25 la legge Fini sulle droghe va in Parlamento.

Le carceri rimangono sovraffollate come non mai e l’Italia si piazza in un poco onorevole quarto posto nella classifica europea del sovraffollamento, preceduta solo da Grecia, Ungheria e Bielorussia. Tutto ciò nonostante il ricorso a misure alternative alla detenzione sia letteralmente raddoppiato negli ultimi due anni. E, sebbene per la prima volta da dieci anni a questa parte la crescita costante della popolazione carceraria subisca una battuta d’arresto, la situazione nei penitenziari italiani rimane di assoluto degrado.

Trovano così conferma quelle parole del ministro della Giustizia Roberto Castelli, "le carceri non sono hotel a cinque stelle", che a Stefano Anastasia, autore della prefazione al rapporto sullo stato della condizione carceraria in Italia che sarà presentato questa mattina a Roma, suonano come un vero e proprio programma politico. Il dossier dell’associazione si sofferma a più riprese sulle politiche del governo Berlusconi, indicando nella riduzione delle risorse pubbliche uno dei principali responsabili dello sfacelo, che si può sintetizzare in "vivibilità ridotta delle celle, insufficienza degli spazi e delle attrezzature da destinare al trattamento e alla socialità, obsolescenza o fatiscenza dei fabbricati, assenza di manutenzione, precarietà di condizioni igieniche, poca attenzione verso i bisogni abitativi del personale di polizia penitenziaria". Ma non c’è solo questo.

Se l’indultino non ha fatto registrare risultati apprezzabili per quanto riguarda lo sfoltimento della popolazione carceraria, viceversa per Antigone il ricorso sempre più massiccio alle misure alternative, rimanendo stabile il numero di carcerati, si configura sempre più come uno strumento di controllo sociale per rispondere a problemi sociali specifici come l’immigrazione o per criminalizzare determinati tipi di condotte. Un esempio? Il disegno di legge Fini sulle droghe, che comincerà il suo iter parlamentare il 25 novembre, configura la nascita di "strutture detentive speciali, a metà tra il carcere e la comunità di recupero, da destinare al contenimento dei consumatori di sostanze stupefacenti, affidate alla gestione del terzo settore". Ma il controllo è solo un aspetto delle politiche del centrodestra.

L’altro riguarda il cosiddetto "business penitenziario", con la costituzione di una società ad hoc, la Patrimonio spa, "che dovrebbe gestire la costruzione dei nuovi istituti penitenziari" e che "lascia presagire l’ingresso dei privati nella costruzione e nella gestione delle carceri, introducendo anche nella sfera penale i criteri del profitto, dell’efficienza e del contenimento dei costi". A questo punto, si chiede Antigone, "che fine faranno i diritti?"

Il processo di privatizzazione è stato avviato nel maggio del 2003 quando il consiglio di amministrazione della Patrimonio spa, società controllata dal ministero del Tesoro e creata per gestire "il processo di dismissione del patrimonio pubblico", deliberava la costituzione di una nuova società per la realizzazione dei piani di edilizia penitenziaria, la Dike aedifica spa, della quale veniva nominato presidente il professore Adriano de Maio, rettore dell’università confindustriale Luiss.

Consigliere delegato è invece Vico Valassi, ex presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili. Scopo della società è "di contribuire allo sviluppo del sistema carcerario utilizzando l’edilizia penitenziaria storica quale leva di finanziamento per le infrastrutture carcerarie moderne, riducendo così anche gli oneri a carico della finanza pubblica", recitava il comunicato ufficiale. In poche parole, nell’edilizia carceraria viene introdotta una nuova figura contrattuale, il leasing, comunemente usato nelle transazioni private e che consente a un soggetto di utilizzare un bene pagando una quota per poi magari riscattarlo, e per la realizzazione delle nuove opere la Dike ha individuato 80 vecchi istituti di pena da consegnare alla Patrimonio spa (per 11 di questi la cessione è già avvenuta), che dovrà curarne la vendita per finanziare la costruzione di nuove carceri.

 

I detenuti? Soprattutto meridionali e senza istruzione

 

Per la prima volta da alcuni anni a questa parte, la crescita della popolazione carceraria ha subito un rallentamento. Raggiunto un picco di 56.751 detenuti nell’agosto del 2003, infatti, c’è stata una piccola e graduale decrescita, fino ai 54.237 del dicembre, anche se già a febbraio erano risaliti a 55.392. Ma ciò non è bastato a migliorare la vivibilità né il sovraffollamento nei penitenziari italiani, superiore del 30% alla loro capienza. Le regioni più sovraffollate sono la Lombardia, il Piemonte, la Valle d’Aosta, l’Emilia Romagna e la Puglia.

Quasi tutte del nord, a fronte del fatto che la maggioranza dei detenuti provengono dal sud. Nell’ordine, da Campania, Sicilia e Calabria. La percentuale più alta di detenuti (il 30%) è in carcere per reati contro il patrimonio, con una crescita del 5%. Seguono le violazioni alla legge sulle armi (17,6%), con un aumento del 10%; lo spaccio di stupefacenti (15,3%), con una riduzione del 5%; e i reati contro la fede pubblica (4,1%).

Aumentano i condannati definitivi, che sono oltre il 60%, con il conseguente decremento dei detenuti in attesa di giudizio. Il dossier di Antigone sottolinea anche come i dati confermino con chiarezza "quanto le fasce meno istruite della popolazione siano rappresentate in carcere". Oltre il 35% dei detenuti non ha infatti terminato la scuola dell’obbligo, con un 1,4 di analfabeti dichiarati e un 6,3 che non hanno alcun titolo. Quelli in possesso di un titolo di scuola media superiore, professionali incluse, non raggiungono l’8%. La percentuale di laureati è "insignificante".

Ravenna: consiglieri in carcere, una visita di solidarietà

 

Corriere della Romagna, 17 novembre 2004

 

Visiteranno il carcere di Ravenna e di altre città emiliano romagnole, parleranno con i detenuti ma anche con le guardie. Una visita solo parzialmente annunciata che avrà come protagonisti tre consiglieri regionali: Daniela Guerra (Verdi), Rocco Giacomino (Pdci) e Leonardo Masella (Rifondazione).Il loro status di consiglieri gli permetterà di entrare evitando le "leggendarie" trafile burocratiche. Quelle che di fatto isolano le strutture detentive dai mezzi d’informazione e, inevitabilmente, anche dall’attenzione dell’opinione pubblica.

Le visite si terranno nei prossimi giorni, ma la data esatta non è ancora stata resa nota, proprio per rendere più veritiera la loro "ispezione di solidarietà". L’iniziativa è stata presentata ieri a Bologna. Cinque le carceri coinvolte. Tra queste, come detto, la casa circondariale di Ravenna.Port’Aurea verrà infatti visitata da Daniela Guerra, che definisce la struttura "una tra le più inadeguate in regione insieme a quella di Rimini"."Ma non sarà una vera e propria ispezione - chiarisce il consigliere - perché noi non abbiamo certi poteri. Sarà una visita per solidarizzare con i carcerati e fargli capire che in un momento come questo siamo con loro e vogliamo tenere alta l’attenzione sui loro problemi"."Non visiteremo solo le celle - continua la Guerra - ma entreremo anche nelle mense. Anche il cibo è un indice di qualità di trattamento dei detenuti. Poi studieremo nuovi progetti per scontare le pene in maniera alternativa".

I tre consiglieri di fatto hanno risposto all’appello dell’associazione "Papillon-Rebibbia" che da tempo sta cercando di stigmatizzare a livello nazionale la situazione delle carceri italiane. Una situazione difficile, culminata con la protesta pacifica che ha coinvolto 205 strutture in tutto il Paese e anche i 5.000 detenuti della nostra regione.Sovraffollamento e mancanza di misure alternative al carcere, questi i problemi più gravi. Acuiti dalle attese tradite di un indulto "vero", più volte annunciato ma mai prodotto nel periodo di gestione "castelliano" del ministero di Grazia e giustizia.Del caso ravennate se ne interessò, nel febbraio del 2002, anche il sottosegretario Michele Vietti, durante una visita a Palazzo di Giustizia.

L’idea di "pensionare" Port’Aurea fu più volte caldeggiata dall’amministrazione locale, disposta anche ad inserire un’area ad hoc nel nuovo Prg. Ma se nel 2002 l’ipotesi di un nuovo carcere a Ravenna sembrava possibile, nel 2004 appare del tutto tramontata. Perché? Lo spiega il vicesindaco Giannantonio Mingozzi: "Il finanziamento deve essere garantito dal governo - specifica - e purtroppo al momento non è possibile. A noi piacerebbe destinare l’area di Port’Aurea (a due passi dal Duomo ndr) ad altro uso, ciò garantirebbe migliori condizioni ai detenuti, ma non possiamo farlo. Purtroppo il problema è solo uno: mancano i fondi".

L’ultima volta che un parlamentare entrò a Port’Aurea fu invece il 19 marzo scorso. Allora s’interessò della struttura Maurizio Turco, eurodeputato radicale, accompagnato nella sua visita dai consiglieri comunali Cesare Sama e Valentina Morigi.

La "radiografia" che ne venne fuori fu a dir poco problematica: "112 detenuti, contro gli 88 previsti. 60 stranieri, 62 tossicodipendenti. 61 in attesa di giudizio. Celle con letti a castello di tre piani e appena 3 docce per più di cento carcerati".Turco definì il carcere ravennate come "intollerabile"."Da allora non è cambiato niente - spiega Cesare Sama (Giovine Italia) - circa il 70 per cento dei carcerati prima o poi rientra dentro. I secondini li conoscono per nome.

È per questo che bisogna evidenziare l’esigenza di pene alternative, di progetti di prevenzione per evitare il sovraffollamento. Dobbiamo poi considerare che da noi il gran numero dei detenuti deve scontrare pene minori, su di loro un’opera di rieducazione sarebbe ancora possibile e necessaria".Un carcere nuovo? "Non serve solo un carcere nuovo, serve un carcere aperto. Bisogna capire che la prigione è parte di noi e non un luogo da dimenticare, a cui consegnare il peggio della società".Tra le ipotesi formulate quel giorno, anche quella di istituire la vecchia "Commissione carcere città", per reinserire Port’Aurea nell’agenda politica di Palazzo Merlato. Ma l’idea è in parte sfiorita. I motivi li spiega Valentina Morigi che, insieme allo stesso Sama, ha ripetuto la visita anche lo scorso settembre per raccogliere firme sulla procreazione assistita".

Esiste un atto d’indirizzo regionale che di fatto evita la ricomposizione della commissione - specifica la consigliera di Rifondazione - adesso al massimo possiamo affidarci al cosiddetto "Comitato carcere", cosa ben distinta". Ovvero?"Si tratta di un gruppo di lavoro composto da dirigenti comunali, dipendenti della struttura e associazioni di volontariato, ma questo significa sostituire un momento di discussione con un incontro tra tecnici. Tuttavia, grazie alla collaborazione di Daniele Perini, siamo riusciti a convocare una Commissione Sanità che abbia all’ordine del giorno il tema carcere". Ma perché parlare di prigioni è così difficile? "Questa è una domanda per psicologi non per politici. Ma credo che farlo sia ancora tabù. Uno strumento statistico mutuato dagli Usa il "nimby" (acronimo di not in my back yard, ovvero "non nel mio giardino" ndr) ci insegna che gli argomenti più temuti dai cittadini sono proprio due: la costruzione di inceneritori e di carceri. Ci siamo mai chiesti cosa contengono?".

Bossi-Fini: aumentano espulsioni di detenuti stranieri

 

La Padania, 17 novembre 2004

 

Sono stati 2.414 i detenuti stranieri espulsi finora dall’Italia in base alla legge Bossi-Fini. A renderlo noto è lo stesso ministero della Giustizia, precisando che è anche grazie alle espulsioni disposte dal gennaio 2002 a oggi che il numero dei detenuti negli istituti di pena risulta stabile. Il trend delle espulsioni - aggiunge il ministero - è in crescita: nel mese di gennaio 2002 ne erano state eseguite 29; nello scorso mese di settembre si è passati a 76.

Il ministero della Giustizia risponde così anche ai dati sul sovraffollamento delle carceri diffusi ieri da Antigone che "dipingono una situazione stazionaria". Anche per i suicidi è poi "difficile parlare di quadro di peggioramento, visto che sono in calo".

È quanto afferma il ministero di via Arenula riferendosi al rapporto sulla condizione carceraria italiana illustrato ieri dall’associazione. "Nel suo rapporto 2001 sulla situazione nelle carceri -ricorda il ministero in una nota - Antigone scriveva: "Il 31 dicembre del 2001 erano detenute nelle carceri italiane 55.275 persone". Nel suo rapporto 2004 scrive che i detenuti sono 55.392. Il dato, quindi, è per ammissione della stessa Antigone pressoché identico.

Non si capisce, allora, come si possa dire che la situazione è precipitata in un "pozzo senza fondo". Nella peggiore delle ipotesi, infatti, la situazione è stazionaria". "Il numero dei detenuti - precisa ancora via Arenula - è stabile anche grazie alle 2.414 espulsioni di detenuti stranieri finora disposte in base alla legge Bossi-Fini. Quanto ai suicidi, si è passati dai 62 casi registrati da gennaio a novembre del 2001 ai 42 registrati dal gennaio di quest’anno a oggi. Anche in questo caso, è difficile parlare di un quadro in peggioramento, visto che i suicidi sono in netto calo".

Asinara: la Regione, "niente prigione nel parco"…

 

L’Unione Sarda, 17 novembre 2004

 

Dai sussurri al silenzio più totale, sull’ipotesi di riportare a Fornelli, nell’ex cayenna sarda, un mandamento carcerario. Chi non tace è invece l’assessore regionale all’ambiente Tonino Dessì, che allarmato dalla notizie diffusesi sull’ipotesi di realizzare un carcere all’Asinara, emette un diktat: "Giù le mani dell’Asinara: l’isola è della Regione".

Intanto, dopo l’annuncio, dato alla presenza di rappresentanti sindacali, che sembrava riportare alla luce il vecchio progetto del ministro Roberto Castelli, che aveva espresso l’opinione di creare nel mandamento di Fornelli un carcere per detenuti condannati per reati minori, sull’ipotesi ministeriale è calato nuovamente il sipario.

Non si capisce se a chiusura di un atto o a conclusione della commedia. L’unico risultato certo, è quello rappresentato da un comunicato ufficiale del sindaco di Porto Torres, nel quale si afferma che "la visita del dottor Nello De Cesari aveva come unico obiettivo quello di rinsaldare i rapporti con le istituzioni comunali, provinciali e regionali". Insomma, secondo la nota del sindaco Gilda Usai Cermelli, il provveditore regionale per le carceri avrebbe iniziato, con tappa a Porto Torres, un tour isolano per consegnare personalmente un invito a partecipare ad una serie di convegni, organizzati dal provveditorato, per far conoscere "la nuova tipologia con la quale si vuole intervenire nel sistema carcerario sardo".

Sull’Asinara e sulle voci che si erano diffuse nei giorni scorsi, di una ripresa dell’idea di riportare i detenuti nell’isola, neanche una parola. "Il dottor De Cesari - conferma il sindaco - mi ha consegnato personalmente l’invito al convegno Carcere e territorio: idee e progetti per un nuovo rapporto istituzionale, che si terrà a Mamone il 23 novembre". L’occasione consente inoltre al sindaco di respingere al mittente le accuse di arrendevolezza, rivoltegli sull’argomento del carcere all’Asinara, ai rappresentanti dell’opposizione nel consiglio comunale, definendosi fautore di idee, di fatti e di azioni, non di polemiche. Punto e basta.

Non altrettanto convinto della situazione di stallo, in cui sembra essere stato sistemato l’argomento, l’assessore regionale all’Ambiente che, chiarisce subito la propria posizione: "Sia chiaro - spiega con forza Tonino Dessì - che la Regione è contraria a qualunque ipotesi di ripristino carcerario nell’isola dell’Asinara. Il riordino del mandamento di Fornelli è compito della Regione sarda e nessuno può sottrarre, dalla sua destinazione a Parco, alcun sito del territorio dell’isola. Nessuna deroga è stata accordata e niente sarà concesso". Insomma sull’isola e sui suoi beni, unico responsabile patrimoniale è la Regione, in accordo con l’ente di gestione.

Papillon: audizione straordinaria Parlamento dentro carcere

 

Liberazione, 17 novembre 2004

 

Una "audizione straordinaria" da svolgersi all’interno di un istituto penitenziario della capitale e aperta anche a detenuti provenienti da altre regioni. È quanto chiede Vittorio Antonini, portavoce dell’associazione Papillon - Rebibbia, denunciando come "un parlamento ormai impegnato nel quotidiano rito elettorale del "tutti contro tutti", si ritrovi unito soltanto nel fare le classiche orecchie da mercante davanti alla protesta pacifica, partita lo scorso 18 ottobre, di decine di carceri che chiedono semplicemente il rispetto dei diritti e della dignità dei cittadini detenuti: 56mila voci sepolte e mortificate dall’immobilismo dei gruppi parlamentari e dal silenzio dei media".

Papillon - Rebibbia, spiega Antonini, "nel mentre invita ancora una volta tutti i detenuti a non cedere alla disperazione e a conservare il carattere assolutamente pacifico della nostra battaglia, rinnova l’appello ai presidenti delle commissioni giustizia di camera e senato e al presidente del comitato carceri della camera, affinché si stabilisca un calendario certo per intraprendere la discussione sull’ipotesi di un provvedimento di indulto e amnistia, iniziando magari dalle proposte di legge che mirano a ricondurre al 51% il quorum necessario per approvare tali provvedimenti". Papillon chiede l’avvio urgente di procedure "per una limitazione degli abusi che si compiono nell’uso della custodia cautelare in carcere e immediate modifiche legislative che impongano un’applicazione piena e integrale della legge Gozzini e di tutte le misure alternative in tutti i tribunali di sorveglianza e per tutti i detenuti, italiani o stranieri, malati o in buona salute, ristretti nelle sezioni normali o in quelle speciali".

Della drammaticità in cui versano le patrie galere racconta il Terzo rapporto di Antigone presentato ieri a Roma. Un lavoro durato due anni, portato avanti da 25 osservatori attivamente impegnati nelle visite a 92 istituti carcerari. Secondo le stime disponibili, risalenti al febbraio 2004, le persone detenute sono 55.392. Un terzo delle quali straniere: 2.493 le donne, il 4,6% del totale. Scontano condanne definitive il 61,15%, mentre il 38,85% è in attesa di giudizio.

Il sistema carcerario fotografato da Antigone è un "pozzo senza fondo", con istituti sovraffollati e in alcuni casi oltre la soglia di tolleranza, dove l’"immobilismo legislativo" ha raggiunto livelli preoccupanti, l’indultino ha prodotto effetti "assolutamente non apprezzabili", i suicidi continuano ad essere in numero preoccupante e gli interventi per la salute dei detenuti sono soltanto un ricordo.

Il problema principale resta il sovraffollamento, in Europa, solo Grecia, Ungheria e Bielorussia fanno peggio e in alcune regioni si superano anche le condizioni di "tollerabilità", che innalzano il numero della capienza a 60mila posti. Il 28% è tossicodipendente, 1.500 i sieropositivi e circa 130 in Aids conclamato. Quanto ai suicidi, nel 2003 sono stati 65 secondo Antigone e 57 per l’amministrazione penitenziaria; mentre nel 2004, nei primi sette mesi se ne erano verificati 39, nove dei quali nel solo mese di giugno.

Emilia Romagna: chiesta risoluzione a sostegno protesta

 

Liberazione, 17 novembre 2004

 

La Regione si impegni ad attivare una ricognizione sulle effettive condizioni di disagio denunciate dai detenuti e dagli agenti di custodia in tutte le carceri dell’Emilia Romagna. Questo il sollecito contenuto in risoluzione presentata all’assemblea regionale dai consiglieri Daniela Guerra (Verdi), Rocco Giacomino (Pdci) e Leonardo Masella (Prc), in seguito all’appello lanciato dall’associazione Papillon-Rebibbia, che dallo scorso 18 ottobre sta organizzando forme di protesta pacifica in oltre 100 istituti di pena su tutto il territorio nazionale.

Al fine di tastare il polso ad una situazione che si è ormai fatta di emergenza, i consiglieri proponenti la risoluzione, già dalla prossima settimana si recheranno in visita nelle 13 carceri della regione, a cominciare da Ravenna, Rimini, Reggio Emilia, Parma e Piacenza, per ispezionare i luoghi di detenzione, dalle cucine alle sezioni immigrati, dai reparti di massima sicurezza a quelli di transito, fino alle infermerie.

Benevento: i ragazzi ex detenuti? sono operai modello

 

Il Denaro, 17 novembre 2004

 

L’avvicinamento dei minori a rischio al mondo del lavoro è stato al centro del seminario su "Inserimento al lavoro e impresa accogliente" organizzato all’ istituto penale per minorenni di Airola diretto da Mariangela Cirigliano. nell’ambito del Progetto Jonathan da Merloni elettrodomestici ed Italia Lavoro. Vi hanno preso parte i rappresentanti dell’Associazione Jonathan, della Merloni, il capo del Dipartimento giustizia minorile, Rosario Priore, ed il sottosegretario al Lavoro, Pasquale Viespoli.

Il progetto ha dato la possibilità a 10 ragazzi napoletani, provenienti da esperienze critiche, di svolgere un tirocinio di sei mesi presso la Merloni Elettrodomestici di Fabriano (Ancona) con lo scopo di diventare operai specializzati. Al termine del percorso di formazione, per i giovani si sono aperte le porte dell’assunzione, intanto a tempo determinato, in fabbrica.

Ma il risultato più sorpredente - come rileva Massimo Ruffini, responsabile per il progetto ‘SudNord-NordSud" dell’iniziativa "I ragazzi di Jonathan alla Merloni Elettrodomestici"-, è "nella fiducia che l’azienda ha acquisito nei confronti dei tirocinanti".

La Merloni da anni collabora con gli istituti di pena minorile, con il ministero del Welfare e con l’ associazione onlus "Jonathan" per inserire nel mondo lavorativo i minori ritenuti a rischio e quelli che escono dagli istituti di pena. Superata la prima fase di naturale disorientamento i ragazzi rispondono benissimo, tanto che nessuno di loro è tornato più a delinquere.

L’ unico rammarico - viene sottolineato nel corso dei lavori - è che sono troppo poche le aziende, anche vicine agli istituti di pena, che danno un chance ai detenuti. "Questo progetto - afferma il giudice Priore - è stata una grande vittoria".

Altrettanto sintetico il commento di Viespoli: "Il segnale che è stato dato oggi è positivo non solo per avere fornito una professionalità a dieci ragazzi, ma anche per intensificare le iniziative di inclusione da parte del ministero del Welfare".

Per Ruffini i risultati ottenuti sono la dimostrazione tangibile "che un adeguato inserimento professionale può essere una concreta soluzione per il recupero di persone provenienti da realtà disagiate e di marginalità sociale".

Milano: più omicidi e rapine, meno criminalità organizzata

 

Corriere Della Sera, 17 novembre 2004

 

Omicidi volontari e rapine in banca tornano ad aumentare sia in città che in provincia, fino a raggiungere e addirittura superare i livelli del 1999, l’anno che fu segnato dalle polemiche sull’emergenza criminalità a Milano. A documentare la nuova escalation dei "delitti di maggior allarme sociale" è la relazione-bilancio che il procuratore aggiunto Giuliano Turone ha trasmesso al capo dei 90 pm milanesi, Manlio Minale, in vista dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.

Un dossier che conferma il ritorno della criminalità violenta e denuncia un vero boom dei nuovi "reati informatici". PIÙ OMICIDI - Il periodo considerato dalle statistiche giudiziarie, come sempre, va dal primo luglio 2003 al 30 giugno 2004. In questi dodici mesi, secondo i dati forniti da polizia e carabinieri alla Procura, a Milano sono state assassinate 37 persone: 23 in città e 14 in provincia.

Il numero di omicidi, annota Turone, è "sensibilmente superiore" a quello dei due anni precedenti (31 nel 2002-03; "solo" 22 nel 2001-02) e torna così ai "livelli allarmanti" del 1999-2000 (35 delitti) e del 2000-2001 (ben 42). Come 5 anni fa, peraltro, i dati restano molto lontani dalle medie di 100-120 omicidi all’anno registrate negli anni ‘70 e ‘80, l’epoca del terrorismo politico e delle guerre di mafia. Mentre oggi "nessun delitto appare riconducibile a un contesto di criminalità organizzata di grande livello".

Rispetto ad altre città (compresa Roma) a Milano magistrati e polizia confermano una tradizione di efficienza: solo tre omicidi restano irrisolti (procedimenti contro ignoti), mentre per gli altri 34 ci sono già indagati e arrestati. L’inchiesta più grave, quella sul quadruplice omicidio di Rozzano, è chiusa da tempo e la sentenza è imminente. Riconfermato l’allarme per le violenze in famiglia, sfociate in tre omicidi-suicidi.

Il procuratore aggiunto è di nuovo costretto a segnalare la scarsa affidabilità delle statistiche su questa categoria di reati di gravità diversa (dall’assalto armato di banditi professionisti allo scippo improvvisato da giovanissimi). I magistrati conoscono solo il numero generale di procedimenti "pervenuti" (cioè già registrati formalmente): tra luglio 2003 e giugno 2004 sono stati 4.433 (di cui 3.489 contro ignoti), quasi 500 in più dell’anno precedente (3.935).

Il dato è in linea con il "deciso aumento" delle più gravi "rapine consumate in banca": la polizia ne ha denunciate 144, contro le 117 dell’anno precedente. Il pm Turone avverte peraltro che "le statistiche fornite dalle forze di polizia sono compilate secondo criteri non omogenei rispetto agli anni precedenti": una novità che ostacola la ricostruzione del reale andamento del problema. Bilancio "soddisfacente" per il primo nucleo di investigatori specializzati nell’esame delle immagini delle tv a circuito chiuso, che hanno risolto 122 rapine gravi su 210.

Tra le 37 vittime di omicidi si contano 22 italiani e 15 stranieri. In crescita i casi di violenza tra albanesi e romeni, che spesso si accompagnano alle "nuove schiavitù": prostituzione e sfruttamento dei minori. Un fenomeno nuovo è la nascita di "bande di giovanissimi" che organizzano "con sistematicità rapine, estorsioni, sequestri, incendi a negozi, ferimenti e talvolta omicidi all’interno della comunità cinese": reati contro connazionali che spesso non li denunciano per paura di ritorsioni o perché i colpevoli sono imprendibili "clandestini in trasferta dal Nord Europa". Per rimediare alle difficoltà di queste indagini la Procura ha organizzato "una banca dati anagrafica e fotografica" affidata a "due magistrati specializzati".

La relazione di Turone parla di "vera e propria deflagrazione" di queste nuove forme di delinquenza. In crescita sono sia i reati informatici in senso stretto (come le frodi e intrusioni via Internet o i furti di codici delle carte di credito) sia gli illeciti comuni che ora vengono commessi con i computer: dallo spionaggio industriale alla pedo-pornografia fino alle minacce o estorsioni. Secondo il pm, i mezzi informatici tendono anche a favorire il salto dall’azione individuale alla "gestione associata e organizzata" dei reati.

Parma: consiglieri regionali in visita ispettiva…

 

Gazzetta di Parma, 17 novembre 2004

 

C’è anche il carcere di via Burla tra quelli che i consiglieri regionali Daniela Guerra (Verdi), Rocco Giacomino (Pdci) e Leonardo Masella (Prc), hanno annunciato di volere visitare in un giro di visite ispettive per controllare tra l’altro le condizioni di sovraffollamento e di preparazione dei pasti. Le carceri (oltre a quella di Parma, saranno coinvolte quelle di Ravenna, Rimini, Reggio Emilia e Piacenza) saranno visitate dalla prossima settimana: sotto la lente, in particolare, i reparti massima sicurezza, cucina, infermeria, transito e le sezioni immigrati. "Sono circa 5.000 - ha spiegato Valerio Guizzardi dell’associazione Papillon - Rebibbia i detenuti dei 13 istituti di pena dell’Emilia - Romagna".

Orvieto: la musica rock entra in carcere…

 

Il Messaggero, 17 novembre 2004

 

La Musica arriva in carcere. È stata attivata una collaborazione tra la cooperativa " Il Quadrifoglio" di Orvieto, già presente all’interno della casa di reclusione, e l’associazione P 285 che gestisce il Centro di Aggregazione Giovanile "Tamburino". L’idea era quella di proporre ai vari gruppi musicali orvietani, che gravitano nel centro giovanile, di esibirsi di fronte ad un pubblico particolare come quello dei detenuti della Casa di Reclusione di Orvieto e offrire così loro anche alcuni momenti ricreativi.

La proposta è piaciuta e molti gruppi hanno dato la loro disponibilità ad esibirsi gratuitamente nel teatro del carcere. Il 9 giugno scorso si è esibito il gruppo dei Rockover e lo scorso 11 novembre hanno replicato i Pedro Ximenex. Altri concerti, con altri gruppi, sono previsti nei prossimi mesi.

Milano: un punto d’incontro tra aziende e cooperative B

 

Redattore Sociale, 17 novembre 2004

 

L’unione fa la forza, anche su internet. Il sito www.unopiuno.it, realizzato da Sodalitas in collaborazione con Confcooperative e Legacoop Lombardia, è un nuovo punto d’incontro tra le aziende di Milano e provincia che cercano fornitori di servizi esterni e le oltre 130 cooperative sociali di tipo B presenti sul territorio. Almeno il 30% del personale di queste cooperative è costituito da soggetti svantaggiati che vengono inseriti in organico ed avviati al lavoro.

Le cooperativa sociale di tipo B, enti che si occupano del reinserimento lavorativo di fasce deboli della popolazione che faticano ad accedere autonomamente al mercato del lavoro (persone con disabilità fisiche o mentali, minori a rischio, detenuti, ex tossicodipendenti), da oggi avranno una nuova opportunità per farsi conoscere a Milano e provincia, offrendo i loro prodotti e servizi professionali.

Il sito www.unopiuno.it consente alle aziende in cerca di fornitori esterni di poter acquistare un prodotto competitivo o un servizio di qualità fornito da queste cooperative, compiendo un gesto solidale. Visitando il sito è possibile consultare una banca dati di servizi specifici, non sempre facilmente reperibili sul mercato, con la possibilità di identificare in tempo reale il fornitore più adatto alle proprie necessità.

Il sito www.unopiuno.it non vuol essere solo una vetrina elettronica, ma intende proporre un modello di collaborazione tra le imprese e le oltre 130 cooperative di tipo B di Milano e provincia, che occupano 3.200 persone, di cui 1.250 svantaggiate, con un fatturato annuo complessivo di oltre 75 milioni di euro. I servizi offerti sono tra i più vari: si va dalla progettazione e manutenzione delle aree verdi alla lavanderia industriale, dall’organizzazione di eventi al catering, dalla legatoria e stampa ai servizi informatici.

Perugia: niente differimento della pena per Paolo Dorigo

 

Il Gazzettino, 17 novembre 2004

 

Il magistrato di sorveglianza di Spoleto ha rigettato ieri l’istanza di differimento provvisorio dell’esecuzione della pena per Paolo Dorigo, detenuto nel carcere spoletino in seguito a una condanna a 13 anni di reclusione per un attentato alla base Nato di Aviano e che da 56 giorni sta attuando lo sciopero della fame. Lo ha reso noto il suo difensore, l’avvocato Vittorio Trupiano.

Secondo quanto affermato dallo stesso legale, nel provvedimento si sottolinea "come lo stato di debilitazione fisica volontariamente indotto dal detenuto attraverso gesti autolesionistici, come l’astensione dal cibo, non possa in nessun caso integrare quella grave infermità fisica che costituisce il parametro di valutazione per il rinvio dell’esecuzione della pena".

Lo stesso magistrato - riferisce ancora l’avvocato Trupiano - afferma inoltre che "le attuali condizioni di salute del condannato, nonostante il protrarsi dell’astensione volontaria dal cibo, appaiono buone". La decisione ha già suscitato vivaci reazioni. Per la deputata veneziana dei Verdi Luana Zanella "c’è un accanimento inaccettabile" nei confronti di Paolo Dorigo. Assieme al legale di Dorigo, Zanella denuncia la "gravità di una decisione incomprensibile sul piano umano e giuridico".

Ascierto (An): sistema giustizia fa acqua, niente sconti di pena

 

Il Gazzettino, 17 novembre 2004

 

"L’emergenza sicurezza c’è ed è stabile da alcuni anni, ma segue l’andamento degli arresti. Aumenta quando escono i detenuti, diminuisce quando restano in galera, mi riferisco alla criminalità nostrana e a quella extracomunitaria.

Il problema è che in Italia manca la certezza della pena". Filippo Ascierto, deputato di An, ha fatto della sicurezza una bandiera e non nega l’esistenza dell’allarme sociale neppure adesso che il centrodestra sta al governo. Ma scarica la colpa sui magistrati.

E all’obiezione che le toghe applicano le leggi del Parlamento, replica: "Il sistema giustizia fa acqua: come mai tra il minimo e il massimo della pena applicano sempre il minimo?". Ascierto propone una ricetta con tre ingredienti.

Primo: recuperare 4.500 uomini delle forze dell’ordine da servizi sedentari e impiegarli sul territorio. Secondo: "Serve un giro di vite sulla carcerazione, ad esempio per reati di violenza, come la rapina, non ci devono essere né sconti, né patteggiamenti". Terzo. Rendere legittimo l’uso delle armi nella propria abitazione per difesa: "Se uno sconosciuto entra in camera da letto, come faccio a sapere se è armato o no?".

Milano: raccogliere i vecchi VHS e donarli ai carcerati…

 

Vita, 17 novembre 2004

 

Per il IX Festival internazionale Filmmaker - Doc, a Milano, dal 17 al 23 novembre, la sede Fnac di Milano invia le vecchie videocassette alla Seconda Casa di Reclusione di Milano.

La Fnac, catena internazionale specializzata nella vendita di prodotti culturali e tecnologici, sostiene la nona edizione del Festival internazionale Filmmaker - Doc, che si svolgerà dal 17 al 23 novembre allo Spazio Oberdan della Provincia di Milano e promuove, anche quest’anno, la campagna di raccolta VHS per facilitare il passaggio al nuovo supporto DVD. Le VHS originali raccolte verranno donate alla Seconda casa di Reclusione di Milano.

Fin dalla sua fondazione - oltre alla più ampia offerta di libri, dischi, cinema e tecnologie - la Fnac offre un’intensa attività culturale fatta di dibattiti, presentazioni di libri, show case di musicisti e mostre fotografiche: un programma di eventi liberamente fruibile nei Forum, spazi appositamente dedicati alla cultura all’interno dei negozi Fnac. La quotidiana attività culturale, di primaria importanza nella filosofia dell’azienda, contribuisce a creare un’atmosfera inconfondibile: una volta entrati in Fnac si possono leggere libri, ascoltare Cd, incontrare musicisti, scrittori e registi, conoscere le proposte tecnologiche più innovative o prendere un caffè.

La Fnac promuove da lungo tempo il cinema - oltre che con un’ampia offerta di Dvd e Vhs,- ospitando: conferenze stampa ufficiali dei più importanti Festival cinematografici italiani; organizzando proiezioni in anteprima e corsi sul cinema; presentazioni di libri e cataloghi dedicati al cinema; anteprime cinematografiche, incontri con registi; pubblicando I percorsi Fnac alla scoperta del grande cinema (distribuiti in copia gratuita nelle 5 Fnac italiane e nelle sale cinematografiche); sponsorizzando eventi legati al cinema.

Questo è l’impegno che Fnac porta avanti per tradizione in Francia come negli altri paesi dove è presente - Belgio, Brasile, Portogallo, Spagna, Svizzera, Taiwan - e in Italia nei cinque punti vendita di Genova, Milano, Napoli, Torino e Verona.

La Fnac sostiene attivamente il Festival Internazionale Filmmaker - Doc, promulgando un premio Fnac, del valore di 1250 euro, che verrà attribuito nell’ambito della sezione concorso internazionale per film e video su "lavoro e temi sociali".

Inoltre, per ribadire l’impegno culturale e sociale a favore del cinema, la Fnac rilancia in questa occasione la campagna di raccolta e donazione di film in VHS, promuovendo e diffondendo il nuovo supporto DVD.

Un’iniziativa nazionale, giunta con grande successo alla terza edizione che la Fnac organizza per promuovere le nuove tecnologie, diffondere la passione per il cinema e dare nuova vita alle videocassette. Tutte le VHS raccolte, infatti, verranno devolute a biblioteche, ospedali, carceri e centri di accoglienza delle città in cui la Fnac è presente.

Dal 5 al 28 novembre 2004, tutti coloro che consegneranno una Vhs alla Fnac di Milano - Duomo, Via Torino - riceveranno in cambio un buono sconto di 4€, utilizzabile fino al 28 novembre, per l’acquisto di un DVD dal prezzo di almeno 15€. Al termine dell’operazione, le VHS raccolte verranno donate dalla Fnac di Milano, con la collaborazione del Comune di Milano e del Festival Internazionale Filmmaker - Doc, alla Seconda Casa di Reclusione di Milano.

"Dal tuo sangue": teatro dietro le mura di Bollate

 

Vita, 17 novembre 2004

 

Dal 17 al 20 novembre nella seconda Casa di Reclusione di Milano-Bollate, in via Cristina Belgioioso ore 20.30 (ingresso dalle ore 20). L’associazione Estia presenta "Dal tuo sangue", liberamente ispirato all’opera "Nel Tuo Sangue" di Giovanni Testori. Da mercoledì 17 a sabato 20 novembre nel carcere di Bollate, si terranno alcune repliche straordinarie dello spettacolo realizzato dall’associazione Estia cui partecipano venti detenuti attori-danzatori.

Lo spettacolo si inserisce nel progetto Creami - primo Festival della Creatività Giovanile promosso dall’assessorato allo Sport e Giovani del Comune di Milano. Il percorso dell’associazione Estia nasce nel carcere di San Vittore nel 1992 e si è spostato nel nuovo carcere sperimentale di Milano Bollate nel marzo 2001 dando vita ad un laboratorio permanente di teatro danza composto da persone detenute e professionalità esterne.

L’associazione svolge interventi formativi in contesti sociali fra i più diversi: ambiti detentivi, psichiatrici, centri giovani, periferie. L’ambito teatrale si è rivelato uno strumento idoneo a stimolare percorsi che sappiano promuovere autonomia e rapporti realistici. Le scene sono di Maddalena Ferraresi; i costumi Lucia La polla. Regia e adattamento Michelina Capato Sartore.

Estia - Via Torricelli 5, Milano. Prenotazioni obbligatorie esclusivamente on line al sito www.cooperativaestia.it. Informazioni 3488092688. Ingresso riservato ai soci di Estia - associazione culturale cui è possibile. Associarsi all’ingresso dell’Istituto di pena al costo di 10 euro. Per facilitare le procedure di ingresso si suggerisce di portare solo lo stretto necessario (chiavi, portafogli) è proibito entrare con il telefono cellulare.

 

 

Precedente Home Su Successiva