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Firenze: detenuti in sciopero della fame a oltranza
Nove da Firenze, 12 giugno 2004
Da sabato scorso i detenuti di Sollicciano sono in sciopero della fame a oltranza per chiedere il rispetto del regolamento penitenziario e il ripristino dei dettami costituzionali. La notizia è appresa solo oggi sugli organi di stampa. Da molte settimane, dopo l’evasione di gruppo dal carcere, i detenuti hanno dovuto sottostare a alla sospensione di alcune prerogative. Se a ciò aggiungiamo le carenze di organico che ricadono con gravi conseguenze sia sui detenuti che sul personale penitenziario, quella del carcere fiorentino si configura sempre più come una situazione a rischio. Per esprimere solidarietà ed essere d’aiuto a questa iniziativa nonviolenta dei detenuti -commentano i radicali Antonio Bacchi e Donatella Poretti - che in queste forme riteniamo utile anche allo stesso personale del carcere, abbiamo deciso di recarci a votare presso l’istituto di Sollicciano, com’è nelle prerogative dei candidati alle elezioni europee. Il tutto con l’intenzione di far seguire a questo gesto altre iniziative concrete nei prossimi giorni". Cagliari: "aiutarli con l’esempio", di Ettore Cannavera
L’Unione Sarda, 12 giugno 2004
Una denuncia è sempre un fatto estremo, doloroso, lacerante. È l’ultima spiaggia che si porta appresso un disagio profondo, un disagio che va capito e possibilmente superato. Cosa ha spinto questi nostri figli, questi adolescenti oristanesi a rubare nelle proprie case, dunque a violare la legge? I genitori hanno la patria potestà, e sono i soli responsabili davanti al giudice. Ma circoscrivere il problema al Codice penale serve davvero a poco. Perché il loro gesto ha radici nell’educazione, non coinvolge soltanto i genitori - spesso lasciati soli - ma anche la scuola, le associazioni, la società in quanto entità capace di dettare comportamenti, di stabilire bisogni e regole di convivenza, di suggerire una scala di valori. Come educatore davanti a fatti del genere sono portato a cercare di capire subito la loro origine. Partendo da un concetto: non punire per educare ma educare per non punire. La prevenzione - quindi - come antidoto. E questo vale sempre, anche se la punizione in sé non è un fatto grave se presa alla fine di un percorso, quanto ormai i genitori hanno tentato tutto, ma proprio tutto, senza riuscire a cambiare i comportamenti dei propri figli. La denuncia penale si inquadra così in uno stop deciso, brusco, per far imboccare la strada che porta al senso della realtà smarrito. Si tratta tuttavia di tradurre in positivo questa tappa della crescita dei nostri ragazzi. Di far capire - con pazienza, con modelli ed esempi positivi e senza perdere la speranza - che bisogna comportarsi correttamente, nella legalità, nella pace. Dobbiamo riprendere per mano i nostri ragazzi, fargli comprendere che si sono resi protagonisti di un fatto grave, aiutarli a riflettere, stargli vicino. Soprattutto adesso. La devianza minorile è un fenomeno diffuso che non riguarda soltanto Oristano e che va affrontata da tutti. Istituzioni in prima linea. Le famiglie, certo, possono fare tanto, ma i giovani vivono anche nella scuola, si cibano di televisione e assorbono i comportamenti degli adulti. Da questo bisogna ripartire. Bari: progetto "Crisalide", per reinserimento ex detenuti
Gazzetta del Mezzogiorno, 12 giugno 2004
È stato presentato, presso il palazzetto dello sport, il progetto "Crisalide", ideato dalla cooperativa "Handik - Help". Il progetto prevede l’istituzione di una sezione interna alla cooperativa, che avrà il compito di riunire tutti i soggetti sottoposti alle varie forme di detenzione, allo scopo di garantire loro un futuro dignitoso, attraverso un onesto lavoro. Il progetto prevede, infatti, che possano offrire le prestazioni in tutti quei lavori di ordinaria manutenzione, di cui la città ha bisogno, come la cura del verde pubblico, la manutenzione delle strade, la pulizia dei siti archeologici. Nel corso della cerimonia di presentazione del progetto è stata sottolineata l’importanza dell’iniziativa "la prima esperienza del genere in città, mirata ad affrontare un tema così spinoso come quello del reinserimento sociale e lavorativo dei soggetti detenuti ed ex-detenuti". La cooperativa sociale "Handik - Help" opera, infatti, da cinque anni in favore di anziani, disabili e soggetti svantaggiati. All’interno di quest’ultima categoria, particolare attenzione è stata posta verso i soggetti sottoposti alle varie forme di detenzione. Nella cooperativa operano, difatti, già da tempo, tre soggetti che svolgono un servizio di volontariato, avendo usufruito del cosiddetto "indultino". Da più di un anno, inoltre, un detenuto semilibero è divenuto parte integrante della vita della cooperativa, offrendo quotidianamente il suo prezioso servizio. Il progetto "Crisalide", così come è stato ideato, si prefigge di ampliare proprio l’interesse per questi soggetti. Alla manifestazione erano presenti il vice sindaco, Giovanni Patruno, la responsabile dei servizi sociali comunali, Dina Matarrese e la responsabile dei servizi sociali per adulti del Ministero della giustizia, Mirella Malcangi. "Alla manifestazione - ha commentato il presidente della cooperativa, Angela Patruno - erano assenti, nonostante che fossero stati regolarmente invitati, i rappresentanti delle parrocchie della città e quasi tutte le associazioni. Ne sono addolorata, anche perché dovrebbero essere proprio lori i primi a promuovere, veicolare e supportare queste iniziative". Roma: Bernardini (Lista Bonino) voterà nel seggio di Rebibbia
Radicali Italiani, 12 giugno 2004
"Avrei voluto votare a Pisa, dove è recluso Adriano Sofri, ma stamattina ho scoperto che sono solo due i detenuti che hanno fatto richiesta di voto e che il seggio sarà "volante". Allora ho telefonato al Direttore del carcere di Rebibbia maschile - come sempre disponibile e gentilissimo - che mi ha detto che il seggio sarà aperto alle 15.15 di oggi e che lo sarà per poco, visto che i detenuti che hanno fatto richiesta sono solo sei. Mi chiedo, va bene che i cosiddetti "definitivi" non hanno diritto al voto così come gli extra-comunitari, va bene che non hanno potuto ricevere gli sms di Berlusconi sui telefonini, ma non sono troppo pochi 6 detenuti su 1.500?" Pesaro: un convegno per capire il mondo del carcere
San Benedetto Oggi, 12 giugno 2004
Il 18 e 19 giugno si terrà all’Università di Urbino un convegno sul carcere dal titolo "Voci sul carcere, voci dal carcere", organizzato dalla Cattedra di Psicologia Giuridica della Prof. Daniela Pajardi. Il carcere è una realtà allo stesso tempo poco e molto presente nel dibattito sociale e scientifico. Poco presente per le sue problematiche umane, professionali e organizzative quotidiane, molto presente per le situazioni eclatanti e gravi che svegliano l’opinione pubblica, politica e sociale e aprono improvvisi, e talvolta improvvisati, dibattiti su questa realtà. La psicologia è una delle discipline che si occupano scientificamente e professionalmente di questa realtà, attraverso il ruolo degli psicologi penitenziari, i cosiddetti esperti ex art. 80. Non è certo sola né sola può operare e cercare di spiegare una realtà tanto complessa. Quest’anno è stato attivato all’Università di Urbino il 1° Corso di Perfezionamento Universitario in Psicologia Penitenziaria rivolto, con diverse e specifiche finalità formative, a psicologi e operatori. A conclusione di questa esperienza si è pensato di organizzare un momento di riflessione e di discussione aperto all’esterno del Corso, rivolto ad altri operatori del mondo del carcere, a coloro che vorrebbero cominciare ad occuparsi professionalmente di questo tema, a tutti coloro, professionisti di varie discipline e studenti in formazione, che vorrebbero conoscere meglio questa realtà. In questi due giorni daranno il loro contributo figure professionali di diverse discipline, appartenenti al mondo accademico ed al mondo del carcere. Interverranno con la loro esperienza anche alcuni psicologi e operatori che hanno partecipato al Corso di Perfezionamento. Non potevano restare esclusi da questo dibattito coloro che vivono nel carcere: i detenuti. La loro voce verrà portata attraverso due rappresentazioni teatrali al Teatro Sanzio di Urbino (che saranno aperte anche al pubblico) e attraverso la testimonianza di alcuni di loro che partecipano ad esperienze di giornalismo in carcere. Cagliari: dal carcere minorile alla scuola di sci nautico
L’Unione Sarda, 12 giugno 2004
Otto giovani detenuti del carcere minorile di Quartucciu sono da ieri a La Maddalena ospiti del campione del mondo di sci nautico per diversamente abili Gianfranco "Jeff" Onorato. Un’occasione davvero importante per dare forza e rilevanza all’iniziativa dell’Associazione Sportiva Saint Tropez di cui Jeff è presidente, nonché del progetto Fly for Life, che intende dare carattere sociale alla propria attività sportiva finalizzata alla all’apprendimento dello sci acquatico. L’iniziativa ha preso corpo dopo un incontro con i ragazzi a Quartucciu nel corso del quale furono proiettati filmati sull’attività di sci nautico commentati dallo stesso Onorato. "L’interesse dei ragazzi è stato entusiasmante - ha affermato Jeff Onorato - così è venuta fuori l’idea di condurre alcuni di loro a La Maddalena". L’associazione di sci nautico Saint Tropez e il Fly for Life Project si pongono infatti come obbiettivo - ha affermato il campione del mondo - di dimostrare come sia possibile, attraverso il fortunato possesso di alcuni valori, abbattere il muro dei pregiudizi e superare ogni difficoltà della vita, sia fisica che sociale". Ai ragazzi è stata offerta ospitalità, con il consenso della direzione del Dipartimento di Giustizia Minorile di Quartucciu, presso il centro nautico per due giorni avendo la possibilità di assistere a lezioni teoriche e pratiche di sci nautico nell’incantevole panorama di Caprera. Verona: professori e detenuti recitano poesie
L’Arena di Verona, 12 giugno 2004
La poesia come strumento capace di valicare la più difficile delle barriere, quella che separa l’esistenza di chi è, almeno formalmente, libero e di chi invece vive chiuso all’interno di un istituto penitenziario ed è pertanto, come inequivocabilmente avvertono le numerose porte che al suo ingresso gli vengono chiuse alle spalle, "prigioniero". Una divisione resa ancora più forte dalla diversa percezione di una dimensione fondamentale dell’esistenza, quella del tempo: chi sta fuori ne ha sempre troppo poco, chi sta dentro invece avverte il trascorrere dei giorni come un rosario lento e arduo da sgranare. Ecco, per questo ieri è stato un giorno importantissimo per i circa 750 detenuti della casa circondariale di Montorio: perché ieri si è svolta la "Prima giornata della poesia" che rientra nel progetto di Accademia Letteraria portato avanti sia nella sezione maschile che in quella femminile durante i mesi invernali nell’ambito delle attività della scuola che in carcere si svolge e che rientra sotto la direzione didattica del VII circolo come Centro territoriale permanente per l’istruzione e la formazione in età adulta. E la presenza dei docenti e della direttrice didattica Luciana Marconcini, del direttore del carcere Salvatore Erminio, del sindaco Paolo Zanotto e dell’assessore Tito Brunelli, del professor Ernesto Guidorizzi, che ha condotto questa Accademia di poesia alla quale sono intervenuti anche due colleghi dell’Università di Venezia, di Elisa Zoppei, dell’avvocato Guariente Guarienti, di Giovanni Pontara, responsabile dell’ex Provveditorato, di rappresentanti del Cestim e della Cgil, ha significato per i detenuti la possibilità di sperimentare davvero la forza della poesia come mezzo di unione: di vedere che c’è una città intorno a loro e che questa città non vive un’esistenza separata. La giornata ha visto infatti dal mattino fino a metà pomeriggio detenuti e ospiti riuniti insieme in una stanza comune della sezione maschile, impegnati nella lettura di testi poetici sia della più alta tradizione letteraria sia di liriche scritte dagli stessi carcerati: sul palco, uno dopo l’altro, si sono alternati professori, detenuti, guardie, sindaco, direttore dell’istituto di Montorio, volontari, tutti animati da una semplicità che era però consapevole che quello che si stava facendo era qualche cosa di eccezionale, qualche cosa di nuovo davvero. La prima grande novità di ieri è stato proprio il fatto che per la prima volta si sono potuti incontrare per un’attività comune detenuti della sezione maschile e detenute del femminile: tra le due sezioni solitamente la separazione è netta, e dunque questo è un segnale importante. E poi l’iniziativa di ieri ha mostrato che, come ha affermato il direttore Erminio, "attualmente c’è una vasta gamma di attività all’interno di Montorio, tra le quali anche l’opportunità di un corso alberghiero triennale e altre iniziative ancora in via di definizione che verranno diffuse a breve termine". Un passo avanti fondamentale dunque: dato che proprio i detenuti in altri incontri dei mesi passati ci avevano confidato che una delle restrizioni da loro maggiormente patite era la totale cessazione delle attività entro le 15.30: limite che a dire il vero è scattato anche ieri. Ma il sentimento dominante è stato quello della fiducia: come ha detto per tutti il professor Guidorizzi aprendo la giornata, "l’incontro otterrebbe il suo scopo se ci inducesse al racconto: se, cioè, ciascuno potesse trasmettere qualche cosa di sé ad un altro che lo ascolta, nella consapevolezza che questo non è un luogo di felicità, anche se quella odierna è una festa, ma un luogo in cui non deve comunque mai mancare la speranza". Brescia: teatro, solidarietà e comunicazione oltre le sbarre
Giornale di Brescia, 12 giugno 2004
Sono 107, su 206, le carceri italiane che hanno attivato laboratori teatrali o musicali e 1676 su 54.237 i detenuti che vi partecipano, tra cui un piccolo gruppo di detenute del carcere bresciano di Verziano. Sono questi i numeri del "teatro sociale" in Italia forniti ieri da Francesca Angonova (che sul tema ha svolto una ricerca) durante l’incontro promosso da Università Cattolica, Comune di Brescia e la Provincia, con la consulenza scientifica di Claudio Bernardi, dal titolo "Il morso di Eva, esperienze femminili di teatro in carcere". I dati sottolineano la varietà di offerta, a livello nazionale, all’interno di luoghi di reclusione, di momenti di teatro dalla spiccata utilità umana e sociale. A partire proprio da un’esperienza locale che ha visto nella casa circondariale di Verziano, nel giugno dello scorso anno, venire alla luce un inedito spettacolo teatrale in carcere (nella foto, un momento dello spettacolo). Dopo il saluto delle autorità (Luigi Morgano direttore di Sede dell’università, Laura Castelletti presidente del consiglio comunale, e Paola Vilardi presidente del consiglio provinciale) Giulia Innocenti Malini, docente di teatro sociale in Cattolica e coordinatrice dell’incontro, ha passato la parola a Paola Carmignani autrice del testo "Qui... al circo", la pièce che ha debuttato e stupito in quell’afosa giornata estiva. "Il senso del progetto, nella realizzazione tutta al femminile e nato per volontà di due donne dell’Amministrazione comunale e provinciale, Castelletti e Vilardi - ha specificato la giornalista - era di ricreare una sorta di circo metaforico dove gli equilibrismi e i contorsionismi fossero quelli della vita delle sette detenute-attrici, intercalati da siparietti di teatro-verità sulla realtà delle carceri. Tutto trattato con estrema leggerezza, dettata dalla volontà di entrare in una realtà altra da noi in punta di piedi, rispettandola. Quest’anno - ha continuato Paola Carmignani - abbiamo deciso di ripetere l’esperienza: a novembre, in due repliche, dodici detenute porteranno in un teatro cittadino uno spettacolo nuovo, "L’isola di Verziano", teso a valorizzare le individualità all’interno della metafora dell’isola, del naufragio e della nave all’orizzonte". "Perché continuiamo? Per l’impatto emotivo che lo spettacolo ha avuto lo scorso anno", segnando "un prima e un dopo 15 giugno per Verziano" ha commentato Gloria Manzelli, direttrice di Verziano e di Canton Mombello, che ha ribadito la soddisfazione per l’esperienza "non solo perché finalizzata a sette detenute che hanno aumentato così la comunicazione tra loro e la solidarietà ma, soprattutto, perché legata ad un risvolto benefico. La devoluzione degli incassi ad un progetto a sostegno delle donne e bambini affetti da Aids nel Burkina Faso ha restituito piena dignità alle detenute che, abbattendo metaforicamente ogni barriera, hanno raggiunto dalla piccola sezione di Verziano addirittura un altro continente". La seconda parte del convegno è stata poi dedicata al confronto con esperienze analoghe, testimoniate da Michelina Capato Sartore, attiva nel carcere di Bollate, Elena Chiesa del Centro Europeo Teatro e Carcere e Ola Cavagna, bresciana, regista di uno spettacolo nel carcere Le Nuove di Torino. Al termine dell’incontro è stato distribuito un volumetto del Comune sull’esperienza di Verziano.
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