Don Luigi Ciotti

 

La droga non si combatte con la doppia morale

 

Europa, 4 febbraio 2004

 

Don Luigi Ciotti: "La droga non si combatte con la doppia morale. Bisogna investire sui giovani"

  

"Fu una grande battaglia che deve riproporsi oggi in modo più allargato". Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e coordinatore di Libera, commenta così la lotta che il movimento "Educare non punire" - da lui voluto e promosso nell’89 quando ancora era presidente del Cnca - fece contro gli aspetti più repressivi della legge Jervolino – Vassalli. "Oggi chi è contro la logica della punizione deve mantenersi unito. Perché abbiamo sostanzialmente tutti la stessa preoccupazione, che nel trattare le tossicodipendenze si smetta di porre al centro la sostanza e non si dimentichi la persona".

 

Don Ciotti, che cosa pensa del disegno di legge Fini?

Trattare con argomenti semplici un problema complesso, proponendone la soluzione con misure drastiche e accusando di permissivismo chi cerca di far valere le evidenze scientifiche, è un semplificare che non incontra la realtà.

Senza dimenticare, fra l’altro, che il mondo dei giovani è stanco di essere incontrato a partire da proposte politiche che, da una parte, incentivano il massimo dei consumi e dall’altra, considerano da punire e incarcerare chi consuma sostanze proibite. Una pericolosa e nociva incoerenza che non aiuta chi cresce e che testimonia una doppia moralità nei confronti della quale nessuno si assume le sue responsabilità. Pensiamo all’utilizzo dell’alcol e del tabacco, alla diffusione capillare di sale da gioco d’azzardo legali, al videopoker, e, di contro, alla massima severità sui consumi di droghe illegali.

 

Non è un paradosso?

Con la sua proposta Fini fa rientrare dalla finestra il concetto di dose media, definita "massima" consentita… Stabilire per legge, secondo un’unica variabile, la quantità di stupefacente in base alla quale distinguere se si è consumatori e (o) spacciatori, impedisce al giudice di approfondire ogni singolo caso, in base anche ad altri elementi che concorrono a definire l’intenzionalità della detenzione.
Per ogni persona dipendente non è sempre facile stabilire il fabbisogno giornaliero senza il quale il soggetto sta male e incontra crisi di astinenza. E non si possono ignorare altre variabili: l’abitudine, la tolleranza sviluppata con l’uso continuativo, ma anche la "qualità" della sostanza acquisita, la sua "purezza", il principio attivo contenuto, i "tagli" di altri prodotti a cui è stata sottoposta. Infine, le circostanze per cui avviene il possesso: ritorna a essere accusato di reato anche chi acquista, dopo aver fatto colletta, il "fumo" per i propri amici.

 

La soglia di quantità a seconda delle quali si è considerati consumatori o spacciatori cambia in base alle sostanze…

Stupisce la variabilità dei criteri con cui le soglie vengono stabilite. E ancor di più emerge l’intenzione di voler colpire il consumo più ancora della dipendenza. Fissare il confine per l’imputazione di spaccio per l’hascisc a 250 mg, vuol dire che con due, tre spinelli si può essere considerati spacciatori. Paradossalmente sono più tutelati i consumatori di cocaina, che possono avere fino a 500 mg di sostanza. Se si tiene conto delle maggiori quantità di sostanze da taglio presenti in questa droga, si possono probabilmente detenere fino a 5 grammi di cocaina senza incorrere nel penale. Perché questo trattamento privilegiato del consumatore di cocaina, sicuramente molto più pericolosa dell’hascisc. Ecco un altro paradosso.

 

In che modo si può affrontare per via di legge il problema delle sostanze stupefacenti?
Mentre il nostro paese segue l’illusione dell’efficacia di un intervento repressivo, nella speranza che colpendo l’ultimo anello - il più esposto e il più fragile della catena del narcotraffico - sia possibile contenere il fenomeno con la punizione, negli altri paesi europei, anche di centro destra, ci si sta orientando verso la cosiddetta politica dei "quattro pilastri": lotta al narcotraffico, prevenzione, cura e riduzione del danno. Strade collaudate che solo insieme possono portare a risultati efficaci. Togliere anche uno solo di questi pilastri significa far crollare l’intero edificio preventivo. Con un’ulteriore sfumatura che non vorrei perdere di vista. Non possiamo illuderci di raggiungere risultati educativi per la sola via della legge. Oltre alla legge bisogna investire sui giovani e con i giovani. Continuare a rincorrere la fascia giovanile sul versante delle emergenze senza offrire concrete opportunità di casa, lavoro, tempo libero, aggregazione, informazione, formazione, è perdente dal punto di vista delle politiche sociali. Prima di chiederci divieti, i nostri ragazzi ci chiedono capacità di ascolto, soluzioni concrete ai loro problemi, protagonismo e coerenze, credibilità.

 

Non è banale…

Si può fare. E senza dimenticare che la realtà che fa più uso di droghe nel nostro paese è il mondo adulto. Se andiamo a leggere le dipendenze, come molte indagini stanno facendo, sono gli adulti, più che i giovani, ad avere comportamenti di dipendenza da cose, persone, situazioni.

 

 

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